Comunicato stampa I Stagione ADRIANO OLIVETTI

Il Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di Architettura
della Biennale di Venezia
LE QUATTRO STAGIONI Architetture del Made in Italy da Adriano Olivetti
alla Green Economy
I stagione: Adriano Olivetti nostalgia di futuro
A cura di Massimo Locci (Coordinamento) e Federico Bilò
In collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti
L'esperienza di Adriano Olivetti spazia dall'imprenditoria al pensiero sociale e politico, dal design
alla grafica, dall'urbanistica all'architettura, dall'arte alla letteratura. L'azione di Adriano Olivetti
ha prefigurato scenari allora inediti nella conduzione d'impresa, sia come sperimentazione
progettuale e come ricerca di maggiore efficienza produttiva, sia come creazione di efficaci
modelli di welfare. La sua visione è stata definita ‘utopistica’ ma appare, viceversa,
concretamente finalizzata al miglioramento complessivo della società e al conseguimento degli
obiettivi dell’impresa. Coinvolse letterati, sociologi, economisti, artisti e architetti - tutti molto
giovani - nell'attività produttiva dell'azienda e nelle sue iniziative socio-culturali, impegnandoli in
settori a loro apparentemente estranei e definendo una strategia vincente che ancor oggi appare
innovativa e proiettata verso il futuro.
Negli anni della sua guida, la Olivetti ha costantemente aumentato, in Italia e all’estero, quantità
e qualità dei prodotti, fatturati, numero di addetti e fabbriche. Il successo commerciale si basava
sia sulla qualità dei prodotti e sulla sperimentazione del processo, sia su una efficace
comunicazione pubblicitaria e su un design innovativo. Molti prodotti Olivetti di quegli anni hanno
ricevuto il Compasso d’Oro e sono entrati a far parte delle collezioni permanenti del MOMA. Lo
stesso Adriano nel 1954 riceve il Grand Prix d'Architecture e nel 1955 il Compasso d’Oro: in
sintesi possiamo affermare che ha inventato uno stile e un valore complessivo che oggi definiamo
'Made in Italy'.
Adriano Olivetti non è stato solo un imprenditore illuminato, ma anche un intellettuale che
credeva in una fattiva relazione tra impresa e società civile e che si è dedicato, anche per questo,
a temi come la progettazione di un ordine politico, l’organizzazione amministrativa dello Stato e la
pianificazione dei territori (Piano Regolatore della Valle d’Aosta, Piano Regolatore di Ivrea).
Chiedeva all'architettura e all'urbanistica di recuperare il valore civico della propria finalità, di
essere capace di organizzare la città come luogo di incontro sociale, come struttura di
comunicazione e di confronto culturale.
Alla costruzione di questa idea ha chiamato a partecipare numerosi architetti: tra gli italiani Figini
e Pollini, Annibale Fiocchi, Ignazio Gardella, Marcello Nizzoli, Gian Antonio Bernasconi, Piero
Bottoni, Ludovico Quaroni, Mario Ridolfi, Franco Albini e Franca Helg, i BBPR, Marcello Nizzoli,
Eduardo Vittoria, Luigi Cosenza, Pietro Porcinai, Marco Zanuso, Carlo Scarpa, Roberto Gabetti e
Aimaro Isola, Iginio Cappai e Pietro Mainardis, Vico Magistretti, Gae Aulenti, Marcello Fabbri,
Ettore Sottsass, Michele De Lucchi, Gino Valle. Molti i maestri internazionali: Kenzo Tange, Louis
Kahn, Egon Eiermann, Le Corbusier, James Stirling, Richard Meier.
Negli anni ’50 l'azione di Olivetti si è spostata anche nel mezzogiorno con la realizzazione di un
bellissimo complesso industriale a Pozzuoli che comprendeva residenze e servizi sociali capaci di
offrire ai dipendenti le migliori condizioni di vita sociale e culturale.
Nel primo dopoguerra, come Vice Presidente dell’UNRRA-CASAS ha promosso un laboratorio
interdisciplinare con antropologi, sociologi, urbanisti ed esperti di programmazione, coordinato da
Frederick Friedmann, per lo studio delle condizioni di vita degli abitanti dei Sassi di Matera,
ponendo così Matera al centro del dibattito urbanistico, teorico e metodologico. La conseguenza
di questo studio fu la realizzazione di una serie di Borghi agricoli a corona della città: il più noto è
la Martella, progettata da un gruppo di architetti coordinati da Ludovico Quaroni, che si ispirava
all'urbanistica inglese dei Neighbourhood Unit.
Importantissimo, infine, il suo contributo nel settore editoriale, con i suoi scritti, come direttore
e/o come editore di numerose riviste, tra le altre Comunità, Metron, Zodiac, Sele-Arte, ma
soprattutto attraverso la NEI (Nuova Editrice Ivrea) trasformatasi nelle Edizioni di Comunità, che
è stata da lui fondata e diretta, alla quale si deve la pubblicazione dei testi dei più importanti
pensatori del ‘900.
I materiali presenti nella sezione introduttiva del Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di
Architettura della Biennale di Venezia ci forniscono una misura parziale ma emblematica della
quantità delle iniziative e della qualità dei livelli raggiunti. La lettura dell’esperienza di Adriano
Olivetti non è improntata sul dato storico, ma concretamente rivolta al presente, quale visione
ancora
strategica e capace di determinare nuovi sviluppi per la società e l'architettura
contemporanea.
Descrizione sintetica dell’allestimento:
a) Verranno realizzati due grandi piani orizzontali, una sorta di scrivanie operative, per la
consultazione sia dei materiali in originale (manifesti, disegni, oggetti della produzione Olivetti,
maquettes), sia una serie di touch-screen per approfondimenti tematici.
b) Sulla superficie bianca del piano saranno proiettati spezzoni dell'intervista di Emilio Garroni
realizzata alla fine del 1959 in modo che sia direttamente Adriano Olivetti a illustrare le strategie
dell'azienda, il ruolo dell'architettura, dell'urbanistica, del design e della comunicazione, nonché la
sua visione sociale e politica.
c) Sulle pareti saranno proiettati un'opera video realizzata appositamente per la sezione da
Francesco Mattuzzi e una serie di immagini di Alessio Guarino della ex fabbrica Olivetti di Pozzuoli
di cui sarà inoltre visibile il plastico originale. Alcuni banner verticali consentiranno di ospitare
riproduzioni fotografiche ingrandite di disegni e di testi significativi. Ci saranno, infine, proiezioni
di video d'epoca (1960) e inediti, appositamente realizzati da Monica Maggioni mentre
la Fondazione Adriano Olivetti presenterà l’anteprima del documentario di Andrea De Sica “Città
dell’uomo“, realizzato per Rai 150 – La Storia siamo noi di Giovanni Minoli.
d) tavolo n.1: PROGETTO IMPRENDITORIALE E PROGETTO SOCIALE
d.1-L’impresa Olivetti e la sua espansione (1908-1968)
d.2-La visione sociale e politica
d.3-La politica della cultura (l’elevazione spirituale)
d.4-L’architettura della produzione
d.5-Il prodotto industriale
d.6-Lo stile Olivetti (e l’invenzione del Made in Italy)
d.7-La Comunità Concreta: il Canavese
e) tavolo n.2: PROGETTO DELL’URBANISTICA E PROGETTO DELLA POLITICA
e.1-Il piano della Val d’Aosta
e.2-Il piano territoriale della Campania
e.3-AO e l’UNRRA-Casas
e.4-La Presidenza dell’INU
e.5-L’azione politica in prima persona
Adriano Olivetti domani
di Laura A. Olivetti, Presidente della Fondazione A. Olivetti
Adriano Olivetti è morto cinquantadue anni fa, e mai come ora il suo nome e la sua storia
vengono evocati come un modello per affrontare la crisi che il nostro Paese sta attraversando
e, più in generale, per un nuovo modo di guardare alla relazione tra mondo produttivo, società
civile e cultura.
L’articolazione del suo pensiero e le attività attraverso cui questo si espresse sono talmente
complesse e apparentemente irregolari che individuare un motivo preciso, circoscritto, per il
quale è utile, direi inevitabile, ripercorrere oggi quell’esperienza, diventa un compito
difficilissimo.
Adriano Olivetti è stato un grande imprenditore: ha sviluppato la fabbrica ereditata da suo
padre Camillo facendone un’impresa internazionale di primissimo livello; ha avuto l’intuizione
dello sviluppo dell’elettronica nei primissimi anni cinquanta, perseguendo quella strada
d’innovazione tecnologica con determinazione e successo; ha, primo fra tutti, acquistato una
grande fabbrica di macchine per scrivere negli Stati Uniti, e ancora si potrebbero ricordare
tante iniziative che ormai sono diventate tessuto della storia industriale italiana.
Adriano Olivetti è però ricordato anche come urbanista, poliedrico uomo di cultura, e come
politico: un pensatore, un intellettuale organico che attraverso il suo Movimento Comunità ha
reso concreta l’idea di una comunità coesa attorno alla consapevolezza dell’inalienabilità dei
valori spirituali dell’esistenza dell’uomo e capace di volgere a favore di questi le sfide portate
dall’affermarsi della civiltà industriale e le infinite opportunità del progresso tecnologico.
La comprensione profonda di questa identità tra forze spirituali e forze materiali, rappresentate
da Olivetti in un modello politico capace di garantirle in modo sintetico, è la chiave di volta per
comprendere e accogliere oggi l’esperienza olivettiana nella sua complessa interezza, la
scientifica precisione organizzativa, davvero unica, con cui tale opera di sintesi venne
perseguita, e, infine, la consapevolezza di fini che la guidavano, come i due passi seguenti
testimoniano:
“Parlando di forze spirituali, cerco di essere chiaro con me stesso e di riassumere con una
semplice formula le quattro forze essenziali dello spirito: Verità, Giustizia, Bellezza e
soprattutto Amore. Una società che non crede nei valori spirituali non crede nemmeno nel
proprio avvenire e non potrà mai avviarsi verso una meta comune”.
E ancora: “La fabbrica di Ivrea, pur agendo in un mezzo economico e accettandone le regole,
ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all’elevazione materiale, culturale, sociale
del luogo ove fu chiamata ad operare, avviando quella regione verso un tipo di comunità nuova
ove non sia più differenza sostanziale di fini tra i protagonisti delle sue umane vicende, della
storia che si fa giorno per giorno per garantire ai figli di quella terra un avvenire, una vita più
degna di essere vissuta. [...] Questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto
della bellezza [...], fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo
ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza”.
Mentre il primo scritto serve a perimetrare il limite escatologico della proposta olivettiana, il
secondo, pronunciato per l’inaugurazione della fabbrica Olivetti di Pozzuoli nel 1955, introduce
in modo convincente uno tra gli architravi essenziali sul quale si costruisce l’intera proposta
olivettiana: il territorio, l’intreccio senza recinti tra questo e il mondo della produzione
materiale, allora era la fabbrica, la configurazione urbanistica che deve regolare tale complessa
relazione e, infine, il suo aspetto architettonico.
L’architettura, come ogni altro elemento operativo di riforma olivettiana, non doveva, infatti,
assolvere solo una funzione estetica. Seguiva piuttosto la convinzione che questa
rappresentasse la forma dentro la quale esprimere un’idea di società e di civiltà, ed era quindi
organica agli altri sforzi imprenditoriali messi in atto da Adriano Olivetti, a Ivrea e altrove.
Nel rispetto di questa esigenza di organicità e di coesione, la Biennale ha inteso dedicare una
sezione del Padiglione italiano a Adriano Olivetti, mostrando non solo il committente di edifici
industriali all’avanguardia e di moderni complessi architettonici per i servizi sociali, ma anche
l’urbanista, l’editore, il politico. Così, nell’articolazione espositiva di tale indirizzo interpretativo,
le discipline attraversate da Olivetti, le esperienze, il laboratorio comunitario, se così si può
dire, sono divise e sezionate solo per ragioni di opportunità divulgativa.
Una scelta che la Fondazione che presiedo non ha potuto far altro che incitare e supportare
attraverso il contributo scientifico e organizzativo che ci è stato chiesto. La Biennale di
Architettura di Venezia presenta, e rappresenta, il nuovo e, oltre che emozionarmi, riempie di
un po’ di sincero orgoglio l’istituzione che porta il suo nome e me personalmente, sapere che
un signore che oggi avrebbe 111 anni venga ancora identificato come una delle punte più alte
e più attuali dell’innovazione sociale. In questo 2012 la nostra Fondazione compie
cinquant’anni di attività, la proposta dell’INARCH e questa mostra sono per noi il
riconoscimento migliore agli sforzi che, insieme con le consuete attività di sperimentazione
negli ambiti tradizionali che contraddistinguono le nostre iniziative, abbiamo compiuto in questi
anni, con tanti amici e collaboratori, per tenere viva la memoria di questa storia. Da poche
settimane le architetture olivettiane a Ivrea sono ufficialmente candidate a essere riconosciute
Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Un progetto che, insieme con il Comune di Ivrea, abbiamo
lanciato nel 2008 in occasione del centenario della Società Olivetti, ritenendo che il vero
patrimonio da salvaguardare fosse quello del progetto sociale, rappresentato oggi dai
manufatti architettonici. L’adesione e il supporto del MiBAC a una candidatura costruita su tale
premessa e l’approvazione alla proposta dell’INARCH per questa sezione del Padiglione, ci
danno fiducia perché la storia di Adriano Olivetti venga riconosciuta, prima ancora che un
patrimonio di questo paese, un patrimonio dell’intelligenza e dell’umanità, appunto.
Per questo ringrazio ancora chi ha voluto rendere questo onore a Adriano Olivetti, che sono
certa avrebbe reso felice anche lui perché, lontano dalle celebrazioni, vi avrebbe visto il seme
per progettare un mondo nuovo e di speranza.