Storia della Matematica - Lezione 3

Storia della Matematica
Lezione 3
E NRICO R OGORA1
1
Dipartimento di Matematica
”Sapienza”, Università di Roma
Roma, 11 Marzo 2014
E NRICO R OGORA
Storia della Matematica
Il primo libro degli degli elementi
Nei primi quattro libri degli elementi si tratta delle proprietà della
geometria elementare del piano che non dipendono dalla teoria delle
proporzioni.
Il primo libro si conclude con la dimostrazione del teorema di Pitagora
(prop. 47) e del suo inverso (prop. 48). La dimostrazione viene
attribuita allo stesso Euclide. È probabile che fosse nota una
dimostrazione più semplice basata sulla teoria delle proporzioni, ma
Euclide fa vedere come si tratti di un risultato più elementare,
indipendente dalla teoria delle proporzioni.
Cominiciamo con il consigliare la lettura della dimostrazione originale
di Euclide del teorema di Pitagora.
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La dimostrazione euclidea del teorema di Pitagora
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Osservazioni sulla dimostrazione del teorema di
Pitagora
L’approccio di Euclide è costruttivo. Per esempio, egli si riferisce
al quadrato su un segmento solo dopo aver esplicitamente
descritto come si può realizzare la sua costruzione con riga e
compasso e aver dimostrato che tale costruzione fornisce un
oggetto con le proprietà volute.
Nella dimostrazione vengono esplicitamente indicate tutte le
proposizioni i postulati e le nozioni comuni utilizzat. È quindi
facile costruire la mappa delle dipendenze logiche tra le diverse
proposizioni, assiomi e nozioni comuni, nacessarie per
dimostrare il teorema di Pitagora. Questa rete copre buona parte
del libro primo.
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Definizioni, postulati e nozioni comuni
Vonsigliamo di proseguire la lettura delle prime pagine degli elementi,
dove sono riportate definizioni, postulati e nozioni comuni.
È chiaro che la pretesa di definire ogni termine utilizzando termini già
noti porta a un circolo vizioso. È necessario quindi assumere, senza
definirli, un piccolo numero di concetti primitivi, a partire dai quali
definire tutti gli altri. Secondo la visione moderna di una teoria
assiomatica, come sviluppata interamente da Hilbert, gli assiomi
hanno anche lo scopo di definire implicitamente i concetti primitivi,
delimitandone l’uso.
Negli Elementi non viene seguito questo percorso. Non sono
selezionati i concetti primitivi e quindi il sistema di definizioni degli
elementi sono criticabili dal punto di vista logico.
Alcuni storici hanno avanzato l’ipotesi che alcune definizioni degli
Elementi, tra cui quella particolarmente oscura di retta, non siano di
Euclide ma si tratti di aggiunte di commentatori successivi, e che
l’esposizione originale di Euclide fosse più vicina a quella di una
moderna teoria assiomatica (Cfr. Russo, la rivoluzione dimenticata,
par. 10.15).
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Sui concetti di punto e di retta
Il termine greco utilizzato da Euclide per denotare il punto è σεμειον
che significa anche segno. È ipotizzabile che per Euclide un punto di
un segmento non fosse un costituente elementare, ma come una
struttura aggiunta attraverso operazioni, quali l’intersezione di due
segmenti, e di conseguenza un segmento non venisse concepito
come unione di punti ma come ente elementare.
Euclide non introduce il concetto di retta illimitata ma postula che ogni
segmento possa essere allungato indefinitamente. In questo senso la
retta illimitata è per Euclide un oggetto potenziale.
Questo fatto è stato utilizzato per sostenere che la matematica
ellenica ed ellenistica bandisce l’infinito attuale e considera solo
infiniti potenziali.
Passi di Apollonio, citati in Russo, La rivoluzione dimenticata, p. 67,
sembrano indicare che gli antichi, pur preferendo, quando possibile,
evitare l’uso diretto dell’infinito attuale, non ne fossero affatto atterriti.
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Il quinto postulato
La formulazione originale del quinto postulato è diversa da quella
insegnata oggi, che è dovuta a Playfair nel 1795 e fu scelta da Hilbert
per i Grundlagen.
Formulazione di Euclide
E che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli
interni e dalla stessa parte minori di due retti, le due rette prolungate
illimitatamenteverranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli
angoli minori di due retti.
Formulazione di Playfair
In un piano, data una retta e un punto esterno ad essa, esiste al più
una retta parallela alla retta data e passante per il punto dato.
Dagli infruttuosi tentativi, compiuti nell’arco di duemila anni, di
dimostrare il quinto postulato dagli altri, sono nate le geometrie non
euclidee. Per questa affascinante storia rimandiamo alla lettura di un
classico.
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Osservazioni sulla Proposizione 1
Leggiamo l’enunciato e la dimostrazione della proposizione 1.
È stato osservato fin dai primi commentatori che Euclide tralascia di
dimostrare che i due cerchi si intersecano. Nella trattazione moderna,
si è riconosciuta la necessità di aggiungere un nuovo assioma per
arrivare a questa dimostrazione.
Un’esposizione della geometria euclidea ritenuta soddisfaciente
secondo i criteri moderni è quella data da Hilbert nel 1899 nei
Grundlagen der geometrie (fondamenti di geometria), di cui è
disponibile una versione elettronica in inglese, liberamente
scaricabile. In essa viene formulata una lista completa di assiomi per
la geometria euclidea.
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Osservazioni sulla Proposizione 2
Questa proposizione permette di precisare il contenuto del postulato
III. Il compasso euclideo è un compasso collassabile, nel senso che
quando viene staccato da centro non è possibile garantire che
mantenga l’apertura fissata. È quindi in grado di tracciare
circonferenze il cui raggio è specificato da un segmento avente un
estremo coincidente con il centro della circonferenza.
la proposizione 2 dimostra come sia possibile il trasporto rigido di un
segmento con il compasso collassabile. In virtù di questa
proposizione il compasso euclideo permette di tracciara una
circonferenza di centro fissato e di raggio uguale ad un segmento che
non ha necessariamente un estremo coincidente con il centro della
circonferenza da tracciare.
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Disegni con riga e compasso
Gli Elementi di Euclide si possono intendere come la teoria
scientifica dei disegni con riga e compasso.
La riga e il compasso sono, per gli antichi, efficaci strumenti di
calcolo. Quando un problema si riconduce alla costruzione di un
segmento, esso puù venire misurato con una precisione
sufficiente alle applicazioni tecnologiche e maggiore di quella
ottenibile con il regolo calcolatore. Un miglioramento della
precisione dei calcoli fatti con riga e compasso è stato possibile
solo con l’avvento dei logaritmi e successivamente delle
macchine calcolatrici. La ricerca di soluzioni con riga e
compasso non è quindi un pregiudizio ma risponde anche a
un’esigenza pratica.
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Costruzioni impossibili con riga e compasso
Molti problemi non sono risolubili con riga e compasso. Tra questi
sono famosi i problemi:
Duplicazione del cubo
Trisezione dell’angolo
Quadratura della circonferenza
I tentativi di risoluzione con riga e compasso si protrassero per secoli
e solo nel diciannovesimo secolo, con le ricerche di Gauss, Abel e
Galois, fu definitivamente dimostrata l’impossibilità di trovare una
soluzione con riga e compasso.
Erano ben note ai greci anche soluzioni di problemi geometrici
attraverso la costruzione di apparati meccanici per il disegno di curve
trascendenti, come la trisettrice di Ippia, utilizzando la quale si può
trisecare un angolo e quadrare la circonferenza. Queste soluzioni
venivano dette sofistiche ma non erano tenute in grande
considerazione anche perchè non si prestavano ad effettuare calcoli
approssimati precisi, caratteristica fondamentale delle soluzioni con
riga e compasso.
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