Prof. Paolo Raimondi Università di L’Aquila Facoltà di Scienze Motorie Sintesi della lezione per gli studenti Meccanismo e concetto di dolore Il dolore è la risposta caratterizzante del BP ed è l’unica essenza tangibile. Il collegamento fra midollo spinale e la periferia avviene tramite i nervi spinali che escono dai forami vertebrali. Questi sono di modeste dimensioni e occupano quasi completamente la sezione del nervo. Qualsiasi alterazione della geometria del sito (becco artr. erniazione disc.) provoca facilmente una compressione del nervo con conseguente generazione di sensazione algica accompagnata da disturbi sensitivi e motori. Il midollo spinale deve considerarsi un prolungamento dell’encefalo; è più corto della CV e raggiunge solo il livello L2. Pertanto il rachide lombare contiene esclusivamente fibre nervose. Dopo essere uscite dal canale rachidiano, le singole radici si raggruppano per dare origine ad un nervo periferico, il nervo sciatico, formato dalla confluenza delle radici L4 fino alla 3° sacrale. Il collegamento fra il midollo spinale e la periferia avviene tramite i nervi spinali che escono a coppie dai forami intervertebrali posti ai lati del rachide. In realtà la radice nervosa sana, soggetta ad irritazione meccanica, può produrre facilmente parestesia, analgesia, paralisi motoria ma raramente il dolore. La produzione di dolore è stato attribuito alla fibrosi della radice nervosa equiparandolo ad una infiammazione conseguente ad erniazione del disco o stenosi del forame. La sensazione soggettiva del dolore deriva dalla stimolazione chimica, termica, meccanica ed elettrica delle strutture nervose periferiche dette “recettori sensitivi” o anche nocicettori, capaci di trasdurre gli stimoli nocivi in sensazione dolorosa. I nocicettori sono diffusi nell’organismo e in particolar modo nel rachide, in quanto esiste, in tal sito, una elevata presenza di fibre muscolari, inserzioni di legamenti e capsule articolari. Lo stimolo dolorifico viene trasmesso da questi sensori periferici alle radici posteriori dei nervi spinali, risale al cervello attraverso il midollo, dove viene captato dalla corteccia che lo riconosce come tale e lo attribuisce alla zona interessata allo stimolo primario. L’AREA SOMATOSENSORIALE E’ LA BASE NEUROFISIOLOGICA DELLA PERCEZIONE HOMUNCULUS In quest’area giungono tutte le sensazioni provenienti dalla superficie del corpo. Tali sensazioni confluiscono in sottoregioni diverse e disposte in modo non casuale. E’ come se agiata lungo quest’area ci fosse una microrappresentazione del nostro corpo, un HOMUNCULUS riverso e a gambe all’aria con i piedi penzolanti nei due emisferi celebrali. Nel caso specifico della CV il disco non è in grado di generare o percepire dolore se non nella parte più esterna dell’anello; il corpo intervertebrale è anch’esso insensibile agli effetti meccanici (non a patologie metaboliche o metastatiche). La massima sensibilità è riservata al periostio, dotato di buona innervazione. Per i legamenti, il long. ant. e il post. sono sensibili al dolore causato da stimoli irritativi, meccanici, chimici ed elettrici. Il leg. giallo non sembra presentare innervazioni quindi è insensibile, però può produrre dolore quando si rende lasso e sviluppa protrusione nel forame intervertertebrale. I legamenti posteriori superiori e quelli intertrasversari, essendo innervati con fibre nervose, possono generare dolore in seguito a stiramento eccessivo. Le superfici delle articol. interapofisarie posteriori sono ricche di nocicettori e reagiscono alle mutue pressioni dei contatti delle faccette. I muscoli scheletrici sono riccamente innervati con fibre sensoriali nocicettive all’interno delle masse muscolari, nelle guaine fasciali, nei setti intramuscolari ed alle inserzioni tendinee nell’osso. Nel complesso svolgono la funzione della sensibilità propriocettiva e di quella dolorifica. La contrazione muscolare protratta nel tempo, oppure eventi traumatici producono, riducendo l’efficienza del ricambio metabolico, l’accumulo di metaboliti che producono la sensazione algica tipica della contrattura muscolare. Di fatto, oltre alla componente neurologica del dolore ne esiste una di natura psichica, che è responsabile della valutazione soggettiva degli stimoli dolorosi (intensità, tipologia,localizzazione). La componente psichica decide del comportamento dell’individuo nei confronti del dolore, che può spaziare dalla intolleranza alla iper-reazione allo stimolo. Il tipo di dolore spesso fornisce le caratteristiche: dolore locale: origine neuromuscolare; dolore riferito: deriva dai visceri pelvici o addominali e non cambia con la postura; dolore con origine da regione rachidea: riferito a inguine, regione anteriore della coscia, a natiche, regione posteriore della coscia; dolore radicolare: si irradia dal rachide alle gambe seguendo il territorio di una radice nervosa; dolore associato a contrazione muscolare: di origine non chiara, si associa a molte patologie del rachide; Il BP ha sempre seguito i popoli della terra fin dal passaggio della postura quadrupedica a quella eretta. Il primo riferimento scritto è quello di Giacobbe cap. 32 della Genesi. Da quando l’uomo ha abbandonato la sua posizione quadrupedica, la sua colonna vertebrale non si è ancora adeguata alla postura verticale. La base è rimasta inclinata di 30° in avanti, a volte di più, caratteristica che la rende fragile. Il dolore lombare è quindi un male “ereditario”. La vita degli uomini si sta allungando. Nell’antica Roma la durata della vita media era di 22 anni. Duemila anni dopo, nel 1931, la durata media era di 56 anni per le donne e 54 per gli uomini. Oggi la vita media è di 84 anni per le donne e 75 per gli uomini. Ne consegue che moltissimi anziani sono portatori di BP ma la patologia assai spesso si è sviluppata in precedenza e la sua genesi non è correlata direttamente all’età avanzata. Dato che tale patologia si diffonde sempre di più con l’avanzare dell’età, col passare del tempo essa degrada la qualità della vita e pur considerando che è sufficientemente benigna, nel senso che con essa non si muore, non costituisce grande consolazione. Negli anni 60, il dolore lombare non trovava alcun interesse clinico e solo negli ultimi 30 anni, quando le statistiche hanno dimostrato che almeno l’ 80% della popolazione mondiale soffre o ha sofferto almeno una volta di mal di schiena e che tale problema incide sull’economia, si è sviluppata una corsa per individuarne le cause. La “prima” ricerca sul dolore lombare che risale al 1555 definiva questa patologia una malattia dovuta al liquido cerebro-spinale e solo con l’avvento delle tecnologie degli ultimi 40 anni, dopo aver scoperto quasi tutto, rimane ancora un punto interrogativo: quali sono le cause della lombalgia cronica!! Le cause spesso invocate per motivare il BP sono le posture scorrette, il sovrappeso, lo stress psicologico ma dal punto di vista biomeccanico tutte queste cause si riducono a semplici eccessi della contrazione muscolare, rispetto alle necessità contingenti (quindi, forze e sforzi anormali) e ad una incapacità di controllo energo-motorio, strategico, del movimento (unite a contingente menomazione delle proprietà biomeccaniche dei tessuti coinvolti derivanti da alterazioni degli apparati metabolici). La diagnosi sicura di BP si raggiunge solo in presenza di tumori, fratture, infezioni osteoporosi diffuse, lesioni palesi di tessuti molli. E’ esperienza comune, dei sofferenti di BP, che gli episodi acuti si recuperano generalmente entro un mese anche in assenza di intervento terapeutico, per poi ripresentarsi a distanza di tempo; è un fenomeno frequente ed è parte tipica e caratterizzante del meccanismo biomeccanico che regola il BP. Infatti rimuovendo lo stato di sforzo che ha indotto la crisi, il restauro tissutale si sviluppa nell’ambito dei 20/30 giorni pur se è possibile che una condizione di carico sfortunata riproduca lo sforzo d’intensità capace di riattivare la problematica algica. Per questo, il paziente non deve ritenere il manifestarsi di ricadute algiche come la sintomatologia che dimostra un continuo aggravamento della patologia di cui è sofferente. Un tale atteggiamento mentale è deleterio perché porta il paziente a sviluppare un comportamento rinunciatario, ad una riduzione del motorio della vita di relazione. Negli ultimi anni è aumentato l’interesse dello studio sulla lombalgia considerando alcuni difetti meccanici della sacro-iliaca. Alcune manovre manipolative indicano che il dolore deriva anche da sovraccarico meccanico o sub-lussazione proprio dell’articolazione sacro-iliaca. L’aspetto biomeccanico delle lombalgie è stato chiarito circa 15 anni fa da Cyron, Hutton. Attualmente, per i ricercatori, i quesiti principali sono: •è possibile definire le alterazioni strutturali che determinano il dolore? •Quali alterazioni strutturali si determinano con l’età e con una lesione traumatica? •Quali forze possono lesionare i vari elementi della colonna vertebrale? •In caso di degenerazione del disco, la stabilità intersegmentaria è ridotta? Può questo causare dolore? •Cosa è più importante: un trauma che altera la struttura e, quindi, la funzione o piuttosto delle continue sollecitazioni? STUDI E RICERCHE Una problematica è sicuramente la riduzione del contenuto idrico dei dischi intervertebrali. Püschel dimostrò che il contenuto del liquido nel nucleo polposo, dalla nascita si riduceva del 20% a 18 anni, del 30% a 77 anni 18 anni 100% 77 anni -20% -30% Nachemson ha dimostrato che il meccanismo di stabilizzazione e di protezione da parte della muscolatura addominale, della fascia lombo-sacrale, è molto importante. La contrazione degli addominali fanno aumentare la pressione endocavitaria toracica e addominale che permette di ridurre il carico a livello vertebrale nei casi di maggior impegno funzionale. Sono state fatte ricerche biochimiche che evidenziano l’importanza del movimento nel mantenere una normale nutrizione del disco. Di conseguenza l’importanza dell’attività motoria per il mantenimento della normale omeostasi del disco e gli effetti dannosi della riduzione del movimento sulla nutrizione dei dischi sono stati scientificamente dimostrati. PROGRESSI DELLA RICERCA CLINICA Per valutare i trattamenti occorre differenziare il dolore in: •dolore vertebrale acuto a breve termine; •dolore vertebrale con dolore all’arto; •dolore vertebrale cronico. Gli studi hanno evidenziato che con il trattamento conservativo moltissimi pazienti con dolore acuto guarivano qualunque fosse il metodo usato. Gli studi epidemiologici mostrano che il dolore lombare cronico diminuisce considerevolmente a 4 anni dal suo inizio. Si possono avere pazienti con gravi ernie, completamente asintomatici e pazienti con nessuna indicazione radiologica con sintomi fortissimi di dolore. Gli studi sulla storia naturale dell’ernia discale hanno mostrato la tendenza naturale alla risoluzione in un’alta percentuale di casi. A volte queste patologie possono essere date dalla incongruenza fra le dimensioni del canale spinale e il suo contenuto. Nella lombalgia spesso si hanno remissioni spontanee entro due settimane. In genere il decorso risolutivo è il buona percentuale nella prima settimana, poi in un mese o massimo entro due mesi anche se non si effettua alcun trattamento. Il 74% riconducibili all’attività lavorativa permette la ripresa del lavoro entro quattro settimane. Il dolore lombare recidiva in un’alta percentuale dei casi. Esattamente nel 60/80% dei casi. Questa percentuale andrà incontro a 2 o più ricadute. I dolori lombari spesso evolvono in sciatica nel 35/45% dei casi. Il 5/10% delle lombalgie divengono croniche. Nella lombalgia cronica è frequente la mancanza di relazione fra la lesione dei tessuti, i sintomi dolorosi e l’inabilità. La lombalgia ha una incidenza massima fra la terza e la quinta decade di vita. La degenerazione del disco lombare è più rara nella popolazione in cui si usa la posizione seduta in assetto accovacciato che comporta una riduzione della curva lombare. Sia la lombalgia che il dolore agli arti, in quasi tutti i pazienti, perdurano per 3-4 anni. E’ la causa più frequente di disabilità sotto i 45 anni. Negli Stati Uniti 10 milioni di persone sono assenti quotidianamente dal lavoro a causa di una lombalgia. FATTORI DI RISCHIO COSTITUZIONALI I principali fattori di rischio sono: •patrimonio genetico; •l’età (maggior rischio 30/55 anni); •il sesso (maggior rischio sesso maschile e nel sesso femminile dopo 55 anni; •la statura (più rischio nelle persone alte; •le dimensioni del canale spinale FATTORI DI RISCHIO OCCUPAZIONALI •postura seduta protratta; •postura seduta nella guida automezzi; •postura eretta protratta; •movimentazione di carichi; •posture lavorative in flesso-rotazione. •frequenti sollevamenti in flesso/rotazione; • movimenti e attività vibratorie. FATTORI LEGATI ALLO STILE DI VITA •il fumo •la sedentarietà •alcune attività ricreative se effettuate in flessione come nel giardinaggio •alcune attività sportive che inducono la struttura a microtraumi, contraccolpi, rotazioni forzate (equitazione, corsa, motocross, golf, tennis, ginnastica artistica, nuoto delfino) FATTORI PSICO-SOCIALI •Fattori psicologici associati alla disabilità sono evidenti nel lombalgico, stressato dai propri disturbi fisici; •l’insoddisfazione del luogo di lavoro; •il ritmo di lavoro stressante; •stress psicologico ansia, ecc. LE CAUSE IN LETTERATURA •80% ha causa muscolare la maggior parte è di origine legamentosa •90/95% ha causa discale e molte hanno causa miofasciale •50% ha causa di disfunzione articolare •50/70% ha causa psicologica UN NUOVO MODELLO CLINICO PER IL TRATTAMENTO DEL DOLORE LOMBARE E’ stato osservato che: •su tutta la popolazione, l’80% ha sofferto di lombalgia almeno una volta; •di tutti i pazienti con dolore lombare il 90% recupera nel giro di 6 settimane indipendentemente da come vengono trattati. La lombalgia colpisce in special modo la popolazione lavorativa con un picco intorno ai 40 anni. La maggior parte della popolazione affetta da lombalgia convive con essa senza alcun trattamento medico. Il trattamento medico della lombalgia ha fallito e va rivista la scienza medica. PRINCIPI DI TRATTAMENTO LOMBALGIA MECCANICA Obiettivo di trattamento ginnastico: migliorare la distribuzione dei carichi Non significa solo diminuire la pressione discale, per esempio lo scarico posturale, ma di utilizzare movimenti unidirezionali in modo da ridurre il dolore. Si utilizzeranno movimenti in estensione nel caso di disfunzione discale posteriore e in flessione nel caso di disfunzione discale anteriore. La direzione e l’ampiezza di movimento è in rapporto alla risposta sintomatica. Il miglioramento delle posture per una distribuzione dei carichi è utile. Occorre ripristinare le posture corrette e proteggere il soggetto dai movimenti peggiorativi. Occorre insegnare le autoposture in caso di ricomparsa del dolore, supporti ergonomici, prevenzione, esercizi di mantenimento. DISFUNZIONE DISCALE IRREVERSIBILE Bene il trattamento conservativo e la capacità del soggetto di convivere con la “disfunzione motoria”. La storia dell’ernia, infatti, porta verso una diminuzione del volume, il riassorbimento totale o parziale a causa della rivascolarizzazione alla periferia del disco, la formazione di cicatrice fibrosa. Il trattamento motorio consiste nel riposo e scarico posturale quando il dolore è vivo, esercizi attivi, esercizi pluridirezionali, attività ricreativa, ripresa della statica più equilibrata, ginnastica segmentaria, esercitazioni propriocettive e di stabilizzazione lombare, programma di ripresa dell’attività lavorativa. DISFUNZIONE POSTURALE Occorre innanzitutto valutare la postura ed individuare lo squilibrio in rapporto al dolore. La ginnastica preventiva mira a migliorare la morfologia, la postura durante le attività lavorative, le posture sedute ed erette. La ginnastica sensomotoria è utile, così come esercizi di allungamento in caso di retrazioni, volti ad automatizzare la postura del nuovo assetto motorio. DISFUNZIONE DINAMICA E’ fondamentale il recupero dei corretti automatismi statodinamici. In caso di ipomobilità sono utili esercizi mobilizzanti di allungamento e di recupero dell’ampiezza del movimento e rieducazione posturale. Nel caso di instabilità, quando il soggetto non è in grado di controllare correttamente l’attivazione dei vari distretti muscolari la rieducazione motoria si articola: -controllo della posizione neutra articolare; -controllo dinamico nella direzione della instabilità (riallenando il soggetto a compiere i movimenti che riproducono i sintomi, controllando il cedimento articolare); -esercizi controresistenza, movimenti lenti della colonna e dei cingoli, movimenti a velocità sempre maggiori. TRATTAMENTO SECONDO LA FASE TEMPORALE •Fase acuta: medica o fisioterapica. •Fase sub-acuta: rieducazione posturale, educazione della colonna, studio delle posture pericolose, attività motoria di mantenimento. Attività motorie sensoriali, attività motorie di equilibrio, attività motorie blande, in scarico e in carico. •Fase cronica: programmi motori generici adatti per il paziente lombalgico. STRATEGIA DI TRATTAMENTO DEL MAL DI SCHIENA Cercare di mantenere il paziente più attivo possibile. Fare in modo che il paziente ritorni al lavoro al più presto. Rassicurare il paziente che si tratta di un semplice mal di schiena. Evitare parole come artrosi, degenerazione, distrazione dolore reumatico o muscolare. In caso di fortissimo dolore i pazienti hanno bisogno di una cura medica. Assicurarsi che non sussistano condizioni patologiche gravi. Rassicurare il paziente che presto riprenderà a muoversi. Solo attacchi acuti prevedono il riposo a letto per 1-2 giorni. Incoraggiare i pazienti ad una mobilizzazione precoce e sempre entro 2 settimane al massimo anche se ciò è doloroso. Usare qualunque modalità di trattamento purché aiuti il pazienti a riprendere le attività. Spingere il paziente a riprendere il lavoro prima possibile. Il lavoro fa bene alle persone che soffrono il mal di schiena. Quando occorre è idonea una ortesi dinamica Le nostre teorie e i nostri studi, da molti anni, ci hanno portato (confortati da notevoli riscontri) ad affermare come la scarsa integrazione corpo-mente sia una conferma che dimostra come semplici eccessi della contrazione muscolare, rispetto alle necessità contingenti e l’ incapacità di controllo energo-motorio strategico del movimento, scateni il mal di schiena. Le motivazioni più comuni dei pazienti sono: •stavo prendendo una maglia nel cassetto; •mi sono alzato da tavola; •stavo salendo le scale; •stavo insaponandomi sotto la doccia; •ho preso un oggetto dal portabagli; •mi sono alzato dal letto; •scendevo l’ultimo gradino delle scale; •ho preso una pentola dallo scaffale; •mi stavo lavando i denti; •stavo per perdere l’equilibrio; •spostavo il televisore; ecc.ecc. Analizzando queste attività dal punto di vista relazionale, esse risultano attività comuni. Dal punto di vista cinesiologico o meccanico, non presentano alcuna contro indicazione. Tutto sembra una contraddizione motoria, specialmente se siamo sicuri che nell’aspetto biochimico, neurofisiologico o biomeccanico nessun movimento fatto durante l’attività giustifica un BP. Se però, osserviamo le azioni sotto l’aspetto neuro-psicologico, si aprono altri scenari che porremo in discussione dopo la citazione di alcune premesse. •Si premette che nell’ambito del BP, esistono giovani pazienti con colonne sane che denunciano mal di schiena e anziani con colonne disastrate che confermano di non aver avuto mai mal di schiena. •Si premette che nell’ambito del movimento esistono almeno 250 gradi di libertà di movimento. •Si premette che ogni movimento scaturisce da una programmazione già schematizzata o da costruire. •Si premette ancora che in ogni movimento è importante il rapporto spazio-tempo. •Si premette che fra il tempo di azione e di reazione trascorre un certo tempo. •Si premette che durante un’azione avvengono infiniti aggiustamenti dei campi di movimento generati dai propriocettori articolari e tendinei in rapporto alle coordinate spaziali. •Si premette che ogni esecuzione deve raggiungere uno scopo. •Si premette ancora che azioni di disturbo, di qualsiasi genere, possono generare asinergie muscolari. RICHIAMI NEUROFISIOLOGICI. Non dobbiamo dimenticare che tutti i movimenti dipendono dalle multiple afferenze sensoriali con la partecipazione delle afferenze ambientali con le quali si legano in uno stretto rapporto. Il controllo permanente del movimento (azione, gesto e altro) avviene tramite afferenze che hanno lo scopo di dare avvio al movimento di controllarlo, di inibirlo qualora questo risulti dannoso per le strutture. Inoltre sono sempre queste informazioni che permettono di identificare la riuscita o meno del movimento con l’anticipazione (modello futuro), di individuare alternative durante l’esecuzione e proporre schemi motori alternativi al programma qualora, in corso d’opera, si senta l’esigenza di modificarlo per evitare l’errore. E’ quanto si verifica in molte azioni in cui, ad esempio, oltre a non tener conto dello spostamento dinamico del baricentro, non si tiene conto del repertorio delle ulteriori coordinate che scaturiscono dalla velocità, dallo spostamento e dalla forza di spostamento. In un quadro molto elementare della realtà quotidiana è fondamentale cogliere moltissime relazioni corpo-ambiente per farne una rappresentazione mentale, anticipare l’azione e applicare le modalità di controllo in relazione al tipo di movimento affinchè questo giunga a buon fine. Ciò significa che la nostra mente deve compiere delle operazioni, farle proprie e riversale nelle attività ambientali al fine di dominare l’ambiente stesso. Se cerco di fare un tiro a canestro, ogni volta che ripeto il tiro correggo le varie traiettorie fino a quando, supportato dalle varie correzioni, giungo a fare un tiro perfetto. Paradossalmente, se fosse possibile adeguare e ripetere i movimenti della vita di relazione, correggerli in tutte le variabili che si pongono, correggere quindi tutti i movimenti che possono scatenare dolore lombare, corticalizzarli e renderli automatici al fine di evitarli, molto probabilmente questa patologia (ma anche tante altre) non esisterebbe. Questo però non è possibile proprio perché le variabili di ogni movimento sono infinite. Provate a portare più volte un braccio in fuori; vi accorgerete che ogni volta, pur portando il braccio in fuori, l’esperienza spaziale sarà diversa. Le citazioni fatte ci portano a discutere di BP in una visione diversa da quella meramente meccanica tenendo conto, appunto, dei rapporti esistenti fra il corpo e l’ambiente quali: •rapporto del corpo con il suo mondo interno; •rapporto fra mondo interno e mondo esterno; •rapporto interno ergonomico-comportamentale. CATTIVO RAPPORTO DEL CORPO CON IL MONDO INTERNO Nel caso di problemi lombari che rientrano nella categoria del cattivo rapporto con il mondo interno evidenzio una esperienza propriocettiva del paziente molto scarsa mentre, invece, sono proprio le informazioni propriocettive che possono modificare l’andamento degli impulsi effettori introducendo la correzione dell’apparato effettore ai mutamenti delle condizioni periferiche. Le nostre azioni sono educate in rapporto all’immagine personale che abbiamo costruito del corpo ma anche in rapporto alla capacità anticipatoria cinetica cioè alla costruzione dell’ipotesi dinamica del movimento. Una immagine alterata produce un’azione fallimentare. In questi soggetti manca l’input attivo che deve determinare quale parte del corpo deve entrare in azione, quale parte deve compensare l’azione, quale parte del corpo deve produrre lavoro, quali motori sinergici devono essere attivati ecc. Se le immagini mentali non sono multisensoriali, se le stesse sono deboli di riferimenti e sono deboli le immagini di riproduzione e di anticipazione cinetica, altresì, sono deboli l’elaborazione corpo-corpo, i vissuti del processo costruttivo dell’azione e i modelli di risposta. E’ infatti dal repertorio dei messaggi e dalla loro qualità e quantità che le informazioni assumono significato soprattutto dall’ordine dei modelli cibernetici, attraverso i quali, i modelli di risposta consentono di trarre conclusioni finalizzate. CATTIVO RAPPORTO FRA MONDO INTERNO E MONDO ESTERNO Scaturisce dalla mancanza di conoscenza delle posture in rapporto alle forze gravitazionali, della resistenza, ecc., dalla cattiva integrazione corpo-ambiente, per cui il movimento viene utilizzato indiscriminatamente facendo riferimento a dati casuali. Il dominio dello spazio esterno non si esprime solo con una forma cognitiva ma valutando anche la differenza fra l’immagine del movimento fondamentale e quella del “movimento” dell’oggetto. Allora, la forza di gravità, le incidenze esterne, non vengono più controllate (dominate) e si genera un’azione che scatena dolore lombare conseguente l’azione. Variazioni anche insignificanti, nel compimento di un’azione, se non vengono valutate, registrate, compensate istantaneamente inficiano l’intera azione. IL CATTIVO RAPPORTO ERGONOMICO-COMPORTAMENTALE E’ collegato all’ambito relazionale e legato a due componenti. La prima di origine somatica legata a rapporti fra stati d’ansia e stato psichico che si riflette continuamente sul mantenimento sull’equilibrio posturale. La seconda componente è legata alle azioni che gravano negativamente sulla struttura o a movimenti abitudinari integrati a comode ma disorganizzate posture che nel corpo produce più danni di quanto possano produrli un giusto modo di agire che richieda un certo impegno mentale. Si possono sintetizzare due variabili. Posture mantenute per lungo tempo: diminuiscono i processi neuromotori attivi con conseguente sovraccarico delle strutture, per cui, le stesse sono soggette a stress meccanici che, a loro volta, innescano ulteriori sollecitazioni. Movimenti “comodi” ma scorretti generano compensazioni che si consolidano grazie alla ripetizione continua e accelerano i processi degenerativi. Ossa, muscoli, articolazioni, durante questi movimenti demoltiplicano certe sollecitazioni e ne moltiplicano altre, alterando le aliquote d’impegno e di reciprocità muscolare, imponendo sollecitazioni abnormi a muscoli e legamenti che non sono “pronti” a riceverle. Tutto ciò, in maniera diretta o indiretta si ripercuote sul corpo che per ricercare un nuovo equilibrio, nel disequilibrio procurato, innesca il circolo vizioso dell’affaticamento muscolare con conseguenti alterazioni delle componenti osteo-artro-muscolari.