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Prof. Paolo Raimondi
Università di L’Aquila
Facoltà di Scienze Motorie
Sintesi della lezione
per gli studenti
Meccanismo e concetto di dolore
Il dolore è la risposta caratterizzante del BP ed è l’unica essenza
tangibile. Il collegamento fra midollo spinale e la periferia avviene
tramite i nervi spinali che escono dai forami vertebrali. Questi
sono di modeste dimensioni e occupano quasi completamente la
sezione del nervo. Qualsiasi alterazione della geometria del sito
(becco artr. erniazione disc.) provoca facilmente una
compressione del nervo con conseguente generazione di
sensazione algica accompagnata da disturbi sensitivi e motori. Il
midollo spinale deve considerarsi un prolungamento dell’encefalo;
è più corto della CV e raggiunge solo il livello L2. Pertanto il
rachide lombare contiene esclusivamente fibre nervose. Dopo
essere uscite dal canale rachidiano, le singole radici si
raggruppano per dare origine ad un nervo periferico, il nervo
sciatico, formato dalla confluenza delle radici L4 fino alla 3°
sacrale. Il collegamento fra il midollo spinale e la periferia avviene
tramite i nervi spinali che escono a coppie dai forami
intervertebrali posti ai lati del rachide.
In realtà la radice nervosa sana, soggetta ad irritazione
meccanica, può produrre facilmente parestesia, analgesia,
paralisi motoria ma raramente il dolore. La produzione di
dolore è stato attribuito alla fibrosi della radice nervosa
equiparandolo ad una infiammazione conseguente ad
erniazione del disco o stenosi del forame.
La sensazione soggettiva del dolore deriva dalla
stimolazione chimica, termica, meccanica ed
elettrica delle strutture nervose periferiche dette
“recettori sensitivi” o anche nocicettori, capaci di
trasdurre gli stimoli nocivi in sensazione dolorosa. I nocicettori
sono diffusi nell’organismo e in particolar modo nel rachide, in
quanto esiste, in tal sito, una elevata presenza di fibre muscolari,
inserzioni di legamenti e capsule articolari. Lo stimolo dolorifico
viene trasmesso da questi sensori periferici alle radici posteriori
dei nervi spinali, risale al cervello attraverso il midollo, dove viene
captato dalla corteccia che lo riconosce come tale e lo attribuisce
alla zona interessata allo stimolo primario.
L’AREA
SOMATOSENSORIALE
E’ LA BASE
NEUROFISIOLOGICA
DELLA PERCEZIONE
HOMUNCULUS
In quest’area giungono tutte le sensazioni provenienti dalla
superficie del corpo. Tali sensazioni confluiscono in sottoregioni
diverse e disposte in modo non casuale. E’ come se agiata lungo
quest’area ci fosse una microrappresentazione del nostro corpo,
un HOMUNCULUS riverso e a gambe all’aria con i piedi
penzolanti nei due emisferi celebrali. Nel caso specifico della CV
il disco non è in grado di generare o percepire dolore se non nella
parte più esterna dell’anello; il corpo intervertebrale è anch’esso
insensibile agli effetti meccanici (non a patologie
metaboliche o metastatiche).
La massima sensibilità è riservata al periostio, dotato di buona
innervazione. Per i legamenti, il long. ant. e il post. sono sensibili
al dolore causato da stimoli irritativi, meccanici, chimici ed elettrici.
Il leg. giallo non sembra presentare innervazioni quindi è
insensibile, però può produrre dolore quando si rende lasso e
sviluppa protrusione nel forame intervertertebrale. I legamenti
posteriori superiori e quelli intertrasversari, essendo innervati con
fibre nervose, possono generare dolore in seguito a stiramento
eccessivo. Le superfici delle articol. interapofisarie posteriori sono
ricche di nocicettori e reagiscono alle mutue pressioni dei contatti
delle faccette. I muscoli scheletrici sono riccamente innervati con
fibre sensoriali nocicettive all’interno delle masse muscolari, nelle
guaine fasciali, nei setti intramuscolari ed alle inserzioni tendinee
nell’osso. Nel complesso svolgono la funzione della sensibilità
propriocettiva e di quella dolorifica. La contrazione muscolare
protratta nel tempo, oppure eventi traumatici producono,
riducendo l’efficienza del ricambio metabolico, l’accumulo di
metaboliti che producono la sensazione algica tipica della
contrattura muscolare. Di fatto, oltre alla componente
neurologica del dolore ne esiste una di natura psichica, che è
responsabile della valutazione soggettiva degli stimoli
dolorosi (intensità, tipologia,localizzazione). La componente
psichica decide del comportamento dell’individuo nei
confronti del dolore, che può spaziare dalla intolleranza alla
iper-reazione allo stimolo. Il tipo di dolore
spesso fornisce le caratteristiche:
dolore locale: origine neuromuscolare;
dolore riferito: deriva dai visceri pelvici o addominali e non
cambia con la postura;
dolore con origine da regione rachidea: riferito a inguine, regione
anteriore della coscia, a natiche, regione posteriore della coscia;
dolore radicolare: si irradia dal rachide alle gambe seguendo il
territorio di una radice nervosa;
dolore associato a contrazione muscolare: di origine non chiara,
si associa a molte patologie del rachide;
Il BP ha sempre seguito i popoli della terra fin dal passaggio della
postura quadrupedica a quella eretta. Il primo riferimento scritto è
quello di Giacobbe cap. 32 della Genesi. Da quando l’uomo ha
abbandonato la sua posizione quadrupedica, la sua colonna
vertebrale non si è ancora adeguata alla postura verticale. La
base è rimasta inclinata di 30° in avanti, a volte di più, caratteristica che la rende fragile. Il dolore lombare è quindi un male
“ereditario”. La vita degli uomini si sta allungando. Nell’antica
Roma la durata della vita media era di 22 anni. Duemila anni
dopo, nel 1931, la durata media era di 56 anni per le donne e 54
per gli uomini. Oggi la vita media è di 84 anni per le donne e 75
per gli uomini. Ne consegue che moltissimi anziani sono portatori
di BP ma la patologia assai spesso si è sviluppata in precedenza
e la sua genesi non è correlata direttamente all’età avanzata.
Dato che tale patologia si diffonde sempre di più con l’avanzare
dell’età, col passare del tempo essa degrada la qualità della vita e
pur considerando che è sufficientemente benigna, nel senso che
con essa non si muore, non costituisce grande consolazione.
Negli anni 60, il dolore lombare non trovava alcun interesse clinico
e solo negli ultimi 30 anni, quando le statistiche hanno dimostrato
che almeno l’ 80% della popolazione mondiale soffre o ha sofferto
almeno una volta di mal di schiena e che tale problema incide
sull’economia, si è sviluppata una corsa per individuarne le cause.
La “prima” ricerca sul dolore lombare che risale al 1555 definiva
questa patologia una malattia dovuta al liquido cerebro-spinale e
solo con l’avvento delle tecnologie degli ultimi 40 anni, dopo aver
scoperto quasi tutto, rimane ancora un punto interrogativo:
quali sono le cause della lombalgia cronica!!
Le cause spesso invocate per motivare il BP sono le posture
scorrette, il sovrappeso, lo stress psicologico ma dal punto di
vista biomeccanico tutte queste cause si riducono a semplici
eccessi della contrazione muscolare, rispetto alle necessità
contingenti (quindi, forze e sforzi anormali) e ad una incapacità di
controllo energo-motorio, strategico, del movimento (unite a
contingente menomazione delle proprietà biomeccaniche
dei tessuti coinvolti derivanti da alterazioni degli apparati
metabolici). La diagnosi sicura di BP si raggiunge solo in
presenza di tumori, fratture, infezioni osteoporosi diffuse, lesioni
palesi di tessuti molli. E’ esperienza comune, dei sofferenti di BP,
che gli episodi acuti si recuperano generalmente entro un mese
anche in assenza di intervento terapeutico, per poi ripresentarsi a
distanza di tempo; è un fenomeno frequente ed è parte tipica e
caratterizzante del meccanismo biomeccanico che regola il BP.
Infatti rimuovendo lo stato di sforzo che ha indotto la crisi, il
restauro tissutale si sviluppa nell’ambito dei 20/30 giorni pur se è
possibile che una condizione di carico sfortunata riproduca lo
sforzo d’intensità capace di riattivare la problematica algica. Per
questo, il paziente non deve ritenere il manifestarsi di ricadute
algiche come la sintomatologia che dimostra un continuo
aggravamento della patologia di cui è sofferente. Un tale
atteggiamento mentale è deleterio perché porta il paziente
a sviluppare un comportamento rinunciatario, ad una
riduzione del motorio della vita di relazione.
Negli ultimi anni è aumentato l’interesse dello studio sulla
lombalgia considerando alcuni difetti meccanici della sacro-iliaca.
Alcune manovre manipolative indicano che il dolore deriva
anche da sovraccarico meccanico o sub-lussazione proprio
dell’articolazione sacro-iliaca. L’aspetto biomeccanico delle
lombalgie è stato chiarito circa 15 anni fa da Cyron, Hutton.
Attualmente, per i ricercatori, i quesiti principali sono:
•è possibile definire le alterazioni strutturali
che determinano il dolore?
•Quali alterazioni strutturali si determinano
con l’età e con una lesione traumatica?
•Quali forze possono lesionare i vari elementi della
colonna vertebrale?
•In caso di degenerazione del disco, la stabilità intersegmentaria
è ridotta? Può questo causare dolore?
•Cosa è più importante: un trauma che altera la struttura e, quindi,
la funzione o piuttosto delle continue sollecitazioni?
STUDI E RICERCHE
Una problematica è sicuramente la riduzione del contenuto
idrico dei dischi intervertebrali. Püschel dimostrò che il
contenuto del liquido nel nucleo polposo, dalla nascita si
riduceva del 20% a 18 anni, del 30% a 77 anni
18 anni
100%
77 anni
-20%
-30%
Nachemson ha dimostrato che il meccanismo di stabilizzazione
e di protezione da parte della muscolatura addominale, della
fascia lombo-sacrale, è molto importante. La contrazione degli
addominali fanno aumentare la pressione endocavitaria toracica
e addominale che permette di ridurre il carico a livello vertebrale
nei casi di maggior impegno funzionale. Sono state fatte ricerche
biochimiche che evidenziano l’importanza del movimento nel
mantenere una normale nutrizione del disco. Di conseguenza
l’importanza dell’attività motoria per il mantenimento della
normale omeostasi del disco e gli effetti
dannosi della riduzione del movimento sulla nutrizione dei dischi
sono stati scientificamente dimostrati.
PROGRESSI DELLA RICERCA CLINICA
Per valutare i trattamenti occorre differenziare il dolore in:
•dolore vertebrale acuto a breve termine;
•dolore vertebrale con dolore all’arto;
•dolore vertebrale cronico.
Gli studi hanno evidenziato che con il trattamento conservativo
moltissimi pazienti con dolore acuto guarivano qualunque fosse il
metodo usato. Gli studi epidemiologici mostrano che il dolore
lombare cronico diminuisce considerevolmente a 4 anni dal suo
inizio. Si possono avere pazienti con gravi ernie, completamente
asintomatici e pazienti con nessuna indicazione radiologica
con sintomi fortissimi di dolore. Gli studi sulla storia naturale
dell’ernia discale hanno mostrato la tendenza naturale alla
risoluzione in un’alta percentuale di casi. A volte queste patologie
possono essere date dalla incongruenza fra le dimensioni del
canale spinale e il suo contenuto.
Nella lombalgia spesso si hanno remissioni spontanee entro due
settimane. In genere il decorso risolutivo è il buona percentuale
nella prima settimana, poi in un mese o massimo entro due mesi
anche se non si effettua alcun trattamento. Il 74% riconducibili
all’attività lavorativa permette la ripresa del lavoro entro quattro
settimane. Il dolore lombare recidiva in un’alta percentuale dei
casi. Esattamente nel 60/80% dei casi. Questa percentuale andrà
incontro a 2 o più ricadute. I dolori lombari spesso evolvono in
sciatica nel 35/45% dei casi. Il 5/10% delle lombalgie divengono
croniche. Nella lombalgia cronica è frequente la mancanza di
relazione fra la lesione dei tessuti, i sintomi dolorosi e l’inabilità.
La lombalgia ha una incidenza massima fra la terza e la quinta
decade di vita. La degenerazione del disco lombare è più rara
nella popolazione in cui si usa la posizione seduta in assetto
accovacciato che comporta una riduzione della curva lombare.
Sia la lombalgia che il dolore agli arti, in quasi tutti i
pazienti, perdurano per 3-4 anni.
E’ la causa più frequente di disabilità sotto i 45 anni. Negli Stati
Uniti 10 milioni di persone sono assenti quotidianamente
dal lavoro a causa di una lombalgia.
FATTORI DI RISCHIO COSTITUZIONALI
I principali fattori di rischio sono:
•patrimonio genetico;
•l’età (maggior rischio 30/55 anni);
•il sesso (maggior rischio sesso maschile e nel sesso
femminile dopo 55 anni;
•la statura (più rischio nelle persone alte;
•le dimensioni del canale spinale
FATTORI DI RISCHIO OCCUPAZIONALI
•postura seduta protratta;
•postura seduta nella guida automezzi;
•postura eretta protratta;
•movimentazione di carichi;
•posture lavorative in flesso-rotazione.
•frequenti sollevamenti in flesso/rotazione;
• movimenti e attività vibratorie.
FATTORI LEGATI ALLO STILE DI VITA
•il fumo
•la sedentarietà
•alcune attività ricreative se effettuate in flessione come nel
giardinaggio
•alcune attività sportive che inducono la struttura a microtraumi,
contraccolpi, rotazioni forzate (equitazione, corsa, motocross, golf,
tennis, ginnastica artistica, nuoto delfino)
FATTORI PSICO-SOCIALI
•Fattori psicologici associati alla disabilità sono evidenti
nel lombalgico, stressato dai propri disturbi fisici;
•l’insoddisfazione del luogo di lavoro;
•il ritmo di lavoro stressante;
•stress psicologico ansia, ecc.
LE CAUSE IN LETTERATURA
•80% ha causa muscolare la maggior parte è di origine
legamentosa
•90/95% ha causa discale e molte hanno causa miofasciale
•50% ha causa di disfunzione articolare
•50/70% ha causa psicologica
UN NUOVO MODELLO CLINICO PER IL
TRATTAMENTO DEL DOLORE LOMBARE
E’ stato osservato che:
•su tutta la popolazione, l’80% ha sofferto di lombalgia
almeno una volta;
•di tutti i pazienti con dolore lombare il 90% recupera nel
giro di 6 settimane indipendentemente da come vengono
trattati. La lombalgia colpisce in special modo la popolazione
lavorativa con un picco intorno ai 40 anni.
La maggior parte della popolazione affetta da lombalgia convive
con essa senza alcun trattamento medico. Il trattamento medico
della lombalgia ha fallito e va rivista la scienza medica.
PRINCIPI DI TRATTAMENTO LOMBALGIA MECCANICA
Obiettivo di trattamento ginnastico:
migliorare la distribuzione dei carichi
Non significa solo diminuire la pressione discale, per esempio
lo scarico posturale, ma di utilizzare movimenti unidirezionali in
modo da ridurre il dolore. Si utilizzeranno movimenti in estensione
nel caso di disfunzione discale posteriore e in flessione
nel caso di disfunzione discale anteriore.
La direzione e l’ampiezza di movimento è in rapporto alla risposta
sintomatica. Il miglioramento delle posture per una distribuzione
dei carichi è utile. Occorre ripristinare le posture corrette e
proteggere il soggetto dai movimenti peggiorativi. Occorre
insegnare le autoposture in caso di ricomparsa del dolore,
supporti ergonomici, prevenzione, esercizi di mantenimento.
DISFUNZIONE DISCALE IRREVERSIBILE
Bene il trattamento conservativo e la capacità del soggetto di
convivere con la “disfunzione motoria”. La storia dell’ernia, infatti,
porta verso una diminuzione del volume, il riassorbimento totale o
parziale a causa della rivascolarizzazione alla periferia del
disco, la formazione di cicatrice fibrosa. Il trattamento motorio
consiste nel riposo e scarico posturale quando il dolore è vivo,
esercizi attivi, esercizi pluridirezionali, attività ricreativa, ripresa
della statica più equilibrata, ginnastica segmentaria, esercitazioni
propriocettive e di stabilizzazione lombare, programma
di ripresa dell’attività lavorativa.
DISFUNZIONE POSTURALE
Occorre innanzitutto valutare la postura ed individuare lo squilibrio
in rapporto al dolore. La ginnastica preventiva mira a migliorare
la morfologia, la postura durante le attività lavorative,
le posture sedute ed erette.
La ginnastica sensomotoria è utile, così come esercizi di
allungamento in caso di retrazioni, volti ad automatizzare la
postura del nuovo assetto motorio.
DISFUNZIONE DINAMICA
E’ fondamentale il recupero dei corretti automatismi statodinamici. In caso di ipomobilità sono utili esercizi mobilizzanti di
allungamento e di recupero dell’ampiezza del movimento
e rieducazione posturale. Nel caso di instabilità, quando il
soggetto non è in grado di controllare correttamente l’attivazione
dei vari distretti muscolari la rieducazione motoria si articola:
-controllo della posizione neutra articolare;
-controllo dinamico nella direzione della instabilità (riallenando il
soggetto a compiere i movimenti che riproducono i sintomi,
controllando il cedimento articolare);
-esercizi controresistenza, movimenti lenti della colonna e dei
cingoli, movimenti a velocità sempre maggiori.
TRATTAMENTO SECONDO LA FASE TEMPORALE
•Fase acuta: medica o fisioterapica.
•Fase sub-acuta: rieducazione posturale, educazione della
colonna, studio delle posture pericolose, attività motoria di
mantenimento. Attività motorie sensoriali, attività motorie di
equilibrio, attività motorie blande, in scarico e in carico.
•Fase cronica: programmi motori generici adatti
per il paziente lombalgico.
STRATEGIA DI TRATTAMENTO DEL MAL DI SCHIENA
Cercare di mantenere il paziente più attivo possibile.
Fare in modo che il paziente ritorni al lavoro
al più presto.
Rassicurare il paziente che si tratta di un semplice mal di
schiena. Evitare parole come artrosi, degenerazione,
distrazione dolore reumatico o muscolare.
In caso di fortissimo dolore i pazienti
hanno bisogno di una cura medica.
Assicurarsi che non sussistano condizioni
patologiche gravi.
Rassicurare il paziente che presto
riprenderà a muoversi.
Solo attacchi acuti prevedono il
riposo a letto per 1-2 giorni.
Incoraggiare i pazienti ad una mobilizzazione
precoce e sempre entro 2 settimane al massimo
anche se ciò è doloroso.
Usare qualunque modalità di trattamento purché
aiuti il pazienti a riprendere le attività.
Spingere il paziente a riprendere il lavoro prima
possibile. Il lavoro fa bene alle persone che soffrono
il mal di schiena.
Quando occorre è idonea una ortesi dinamica
Le nostre teorie e i nostri studi, da molti anni, ci hanno portato
(confortati da notevoli riscontri) ad affermare come la scarsa
integrazione corpo-mente sia una conferma che dimostra
come semplici eccessi della contrazione muscolare, rispetto alle
necessità contingenti e l’ incapacità di controllo energo-motorio
strategico del movimento, scateni il mal di schiena.
Le motivazioni più comuni dei pazienti sono:
•stavo prendendo una maglia nel cassetto;
•mi sono alzato da tavola;
•stavo salendo le scale;
•stavo insaponandomi sotto la doccia;
•ho preso un oggetto dal portabagli;
•mi sono alzato dal letto;
•scendevo l’ultimo gradino delle scale;
•ho preso una pentola dallo scaffale;
•mi stavo lavando i denti;
•stavo per perdere l’equilibrio;
•spostavo il televisore; ecc.ecc.
Analizzando queste attività dal punto di vista relazionale, esse
risultano attività comuni. Dal punto di vista cinesiologico o
meccanico, non presentano alcuna contro indicazione. Tutto
sembra una contraddizione motoria, specialmente se siamo sicuri
che nell’aspetto biochimico, neurofisiologico o biomeccanico
nessun movimento fatto durante l’attività giustifica un BP.
Se però, osserviamo le azioni sotto l’aspetto neuro-psicologico,
si aprono altri scenari che porremo in discussione
dopo la citazione di alcune premesse.
•Si premette che nell’ambito del BP, esistono giovani pazienti con
colonne sane che denunciano mal di schiena e anziani con
colonne disastrate che confermano di non aver
avuto mai mal di schiena.
•Si premette che nell’ambito del movimento esistono
almeno 250 gradi di libertà di movimento.
•Si premette che ogni movimento scaturisce da una
programmazione già schematizzata o da costruire.
•Si premette ancora che in ogni movimento è
importante il rapporto spazio-tempo.
•Si premette che fra il tempo di azione e di
reazione trascorre un certo tempo.
•Si premette che durante un’azione avvengono infiniti
aggiustamenti dei campi di movimento generati dai propriocettori
articolari e tendinei in rapporto alle coordinate spaziali.
•Si premette che ogni esecuzione deve raggiungere uno scopo.
•Si premette ancora che azioni di disturbo, di qualsiasi
genere, possono generare asinergie muscolari.
RICHIAMI NEUROFISIOLOGICI.
Non dobbiamo dimenticare che tutti i movimenti dipendono dalle
multiple afferenze sensoriali con la partecipazione delle afferenze
ambientali con le quali si legano in uno stretto rapporto.
Il controllo permanente del movimento (azione, gesto e altro)
avviene tramite afferenze che hanno lo scopo di dare
avvio al movimento di controllarlo, di inibirlo
qualora questo risulti dannoso per le strutture. Inoltre sono
sempre queste informazioni che permettono di identificare la
riuscita o meno del movimento con l’anticipazione (modello
futuro), di individuare alternative durante l’esecuzione e proporre
schemi motori alternativi al programma qualora, in corso d’opera,
si senta l’esigenza di modificarlo per evitare l’errore. E’ quanto si
verifica in molte azioni in cui, ad esempio, oltre a non tener conto
dello spostamento dinamico del baricentro, non si tiene conto del
repertorio delle ulteriori coordinate che scaturiscono dalla
velocità, dallo spostamento e dalla forza di spostamento.
In un quadro molto elementare della realtà quotidiana è
fondamentale cogliere moltissime relazioni corpo-ambiente per
farne una rappresentazione mentale, anticipare l’azione e
applicare le modalità di controllo in relazione al tipo di movimento
affinchè questo giunga a buon fine. Ciò significa che la nostra
mente deve compiere delle operazioni, farle proprie e riversale
nelle attività ambientali al fine di dominare l’ambiente stesso. Se
cerco di fare un tiro a canestro, ogni volta che ripeto il tiro
correggo le varie traiettorie fino a quando, supportato dalle varie
correzioni, giungo a fare un tiro perfetto. Paradossalmente, se
fosse possibile adeguare e ripetere i movimenti della vita di
relazione, correggerli in tutte le variabili che si pongono,
correggere quindi tutti i movimenti che possono scatenare dolore
lombare, corticalizzarli e renderli automatici al fine di evitarli, molto
probabilmente questa patologia (ma anche tante altre) non
esisterebbe. Questo però non è possibile proprio perché le
variabili di ogni movimento sono infinite. Provate a portare più
volte un braccio in fuori; vi accorgerete che ogni volta, pur
portando il braccio in fuori, l’esperienza spaziale sarà diversa.
Le citazioni fatte ci portano a discutere di BP in una visione
diversa da quella meramente meccanica tenendo conto, appunto,
dei rapporti esistenti fra il corpo e l’ambiente quali:
•rapporto del corpo con il suo mondo interno;
•rapporto fra mondo interno e mondo esterno;
•rapporto interno ergonomico-comportamentale.
CATTIVO RAPPORTO DEL CORPO CON IL MONDO INTERNO
Nel caso di problemi lombari che rientrano nella categoria del
cattivo rapporto con il mondo interno evidenzio una esperienza
propriocettiva del paziente molto scarsa mentre, invece, sono
proprio le informazioni propriocettive che possono modificare
l’andamento degli impulsi effettori introducendo la
correzione dell’apparato effettore ai mutamenti delle condizioni
periferiche. Le nostre azioni sono educate in rapporto
all’immagine personale che abbiamo costruito del corpo ma anche
in rapporto alla capacità anticipatoria cinetica cioè alla costruzione
dell’ipotesi dinamica del movimento. Una immagine alterata
produce un’azione fallimentare. In questi soggetti manca l’input
attivo che deve determinare quale parte del corpo deve entrare in
azione, quale parte deve compensare l’azione, quale parte del
corpo deve produrre lavoro, quali motori sinergici devono essere
attivati ecc. Se le immagini mentali non sono multisensoriali, se le
stesse sono deboli di riferimenti e sono deboli le immagini
di riproduzione e di anticipazione cinetica, altresì, sono deboli
l’elaborazione corpo-corpo, i vissuti del processo costruttivo
dell’azione e i modelli di risposta. E’ infatti dal repertorio dei
messaggi e dalla loro qualità e quantità che le informazioni
assumono significato soprattutto dall’ordine dei modelli
cibernetici, attraverso i quali, i modelli di risposta
consentono di trarre conclusioni finalizzate.
CATTIVO RAPPORTO FRA MONDO INTERNO
E MONDO ESTERNO
Scaturisce dalla mancanza di conoscenza delle posture in
rapporto alle forze gravitazionali, della resistenza, ecc., dalla
cattiva integrazione corpo-ambiente, per cui il movimento viene
utilizzato indiscriminatamente facendo riferimento a dati casuali. Il
dominio dello spazio esterno non si esprime solo con una forma
cognitiva ma valutando anche la differenza fra l’immagine del
movimento fondamentale e quella del “movimento” dell’oggetto.
Allora, la forza di gravità, le incidenze esterne, non vengono più
controllate (dominate) e si genera un’azione che scatena
dolore lombare conseguente l’azione.
Variazioni anche insignificanti, nel compimento di un’azione,
se non vengono valutate, registrate, compensate
istantaneamente inficiano l’intera azione.
IL CATTIVO RAPPORTO ERGONOMICO-COMPORTAMENTALE
E’ collegato all’ambito relazionale e legato a due componenti. La
prima di origine somatica legata a rapporti fra stati d’ansia e stato
psichico che si riflette continuamente sul mantenimento
sull’equilibrio posturale. La seconda componente è legata alle
azioni che gravano negativamente sulla struttura o a movimenti
abitudinari integrati a comode ma disorganizzate posture che nel
corpo produce più danni di quanto possano produrli un giusto
modo di agire che richieda un certo impegno mentale.
Si possono sintetizzare due variabili.
Posture mantenute per lungo tempo:
diminuiscono i processi neuromotori attivi con conseguente sovraccarico delle strutture, per cui, le stesse sono soggette a stress
meccanici che, a loro volta, innescano ulteriori sollecitazioni.
Movimenti “comodi”
ma scorretti generano compensazioni che si consolidano grazie
alla ripetizione continua e accelerano i processi degenerativi.
Ossa, muscoli, articolazioni, durante questi movimenti
demoltiplicano certe sollecitazioni e ne moltiplicano altre,
alterando le aliquote d’impegno e di reciprocità muscolare,
imponendo sollecitazioni abnormi a muscoli e legamenti che non
sono “pronti” a riceverle. Tutto ciò, in maniera diretta o indiretta si
ripercuote sul corpo che per ricercare un nuovo equilibrio, nel
disequilibrio procurato, innesca il circolo vizioso dell’affaticamento
muscolare con conseguenti alterazioni delle
componenti osteo-artro-muscolari.
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