Ouverture de `Comunicazione e mercati globali`

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© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2006
www.unimib.it/symphonya
Ouverture de
‘Comunicazione e mercati globali’
*
Silvio M. Brondoni
Abstract
La comunicazione è un fenomeno complesso, con numerose dimensioni scientifiche ed operative, tra cui assumono prioritario rilievo: la psicologia, la sociologia, la tecnologia, il diritto, l’etica, l’economia politica e l’economia d’impresa. In una
dimensione economico-¬aziendale, la comunicazione individua un ‘corpus’ teorico relativamente recente, che si è sviluppato
per contribuire a delineare con rigore di metodo un complesso di innovative esperienze delle imprese ed in particolare delle
organizzazioni impegnate nei processi competitivi di globalizzazione. Negli ultimi anni, le comunicazioni digitali hanno profondamente modificato i rapporti tra azienda e mercato, annullando i vincoli spaziali di relazione e influenzando la gestione del
tempo di azione/reazione di concorrenza. La moderna corporate communication delle imprese globali prevede: da un lato,
comunicazioni analogiche (con un predominio gerarchico della fonte e con un interesse passivo delle audience), per realizzare politiche di comunicazione one-way, rivolte a generiche audience (push strategy communication); e dall’altro, comunicazioni digitali per stimolare l’interesse attivo di destinatari profilati singolarmente, che cessano di essere solo ricettori passivi di messaggi e per contro attivano processi di comunicazione a due vie (pull strategy communication).
Keywords: Economia della comunicazione aziendale; Global Corporate Communication; Business Communication; Comunicazione digitale; Interesse attivo; Comunicazione analogica; Interesse passivo; Comunicazione subliminale; Push/Pull
Communication
1. Overture
La comunicazione è un fenomeno complesso, con numerose dimensioni
scientifiche ed operative, tra cui assumono prioritario rilievo: la psicologia, la
sociologia, la tecnologia, il diritto, l’etica, l’economia politica e l’economia
d’impresa.
La psicologia e la sociologia, in particolare, hanno rappresentato le aree tematiche primigenie dello studio teorico ed
applicativo della pubblicità e quindi della moderna comunicazione d’impresa. L’interesse per l’approfondimento psicologico
e sociologico conseguiva soprattutto dalla ‘spinta’ determinante delle agenzie di pubblicità nord-americane – cui si affiancarono, dalla seconda metà degli anni ‘50, le agenzie pubblicitarie europee più professionali – che finalizzavano i risultati delle ricerche psicologiche e sociologiche allo sviluppo della comunicazione commerciale. Proprio in quegli anni, le imprese
nord-americane sperimentavano la fine dei consumi indifferenziati (fondati sulla crescita della domanda primaria e indotti
dallo sviluppo della prima industrializzazione di massa) e iniziavano a competere per acquisire quote di mercato, passando da una price competition ad una non-price competition basata su una molteplicità di strumenti di comunicazione commerciale (advertising, sales promotion, publicity, public relations, ecc.).
L’approfondimento della comunicazione in una dimensione economicoaziendale individua un ‘corpus’ teorico relativamente recente, che si è sviluppato per contribuire a delineare con rigore di metodo un complesso di
innovative esperienze delle imprese ed in particolare delle organizzazioni
impegnate nei processi competitivi di globalizzazione.
* Editor-in-Chief Symphonya. Emerging Issues in Management
Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
ISSN: 1593-0300
Brondoni Silvio M., Ouverture de ‘Comunicazione e mercati globali’, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it
/symphonya), n. 2, 2006, pp. 7-14
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In effetti, gli stimoli ‘cross cultural’ dei mercati globali – che palesano
un’articolazione di ideologie, bisogni e valori – impongono una gestione dei
fenomeni di offerta e di domanda più sofisticata di quanto consenta la consolidata concettualizzazione di marketing e pubblicitaria. In una prospettiva
di confronto globale, infatti, la comunicazione d’impresa deve affrontare una
società dove i valori simbolici si intrecciano con bisogni multidimensionali,
con confini tra impresa e società fluidi e permeabili, per cui occorre ripensare la funzione della comunicazione, rispetto alla realtà che esisteva negli anni ‘30 o negli anni ‘60, od anche fino ai primi anni ‘80.
L’evoluzione e la diffusione delle tecnologie digitali hanno infine determinato un crescente utilizzo di soluzioni multimediali per lo scambio di informazioni e di esperienze, con un importante impatto sulla società, sulle
relazioni con la domanda e sulle dimensioni di concorrenza.
Negli anni più recenti, la comunicazione ha registrato lo
sviluppo di numerosi, nuovi settori disciplinari e professionali,
proponendo sistemi e applicazioni complessi di flussi informativi, tra cui si possono ricordare: la medicina, le scienze della
formazione e l’organizzazione del lavoro (telelavoro, apprendimento a distanza, ecc.).
I profondi mutamenti intervenuti nel concetto di offerta globale, i nuovi
rapporti spazio-temporali di competizione, l’evoluzione nella progettazione
dei prodotti ed infine i trends di innovatività dei modelli di consumo, nel loro complesso hanno contribuito a valorizzare il ruolo della comunicazione.
In sistemi economici sempre più aperti, le imprese enfatizzano un moderno concetto di comunicazione, inteso come strumento di concorrenza e
sviluppo, in cui comporre armonicamente le diverse finalità di organizzazioni globali con struttura a network e una molteplicità di strumenti, da utilizzare in modo coordinato e sinergico nei confronti di pubblici esterni, interni e «co-makers».
L’analisi della comunicazione secondo una visione economico-aziendale
presuppone che il ‘focus’ di sintesi si sposti dal sistema economico generale alla gestione d’azienda, privilegiando uno specifico ‘corpus’ di caratteri identificativi, che tipicamente riguardano: la pianificazione secondo una
logica costi/benefici; l’ottimizzazione vincolata delle scelte pianificate; la
verifica dei risultati.
Secondo una concezione economico-aziendale, quindi, la comunicazione individua un processo specificamente orientato al raggiungimento
delle finalità d’azienda, rovesciando, in particolare, il ‘nesso di causaeffetto’, per cui l’impresa decide di avvalersi degli strumenti di comunicazione proprio per divenire ‘motore’ dello sviluppo di un dato sistema economico, anziché subire passivamente il condizionamento derivante da
confini di concorrenza definiti e non modificabili.
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2. Corporate Communication e mercati globali
Nei mercati globali, il tempo e lo spazio costituiscono fattori critici di
competizione. Con la globalizzazione, lo spazio competitivo aziendale non
può più essere ricondotto a confini fisici e amministrativi, ma occorre considerare lo spazio come una variabile strategica di competizione. Le tecnologie digitali, in particolare, hanno permesso il superamento dei vincoli
spaziali di competizione, permettendo che ricevente e destinatario dei
flussi di comunicazione non debbano più essere presenti contemporaneamente nello stesso luogo fisico, potendo essere a grande distanza
l’uno dall’altro. L’abbattimento dei vincoli spaziali ha avvalorato la flessibilità per quando riguarda la gestione dei flussi di comunicazione, dando la
possibilità di spaziare su orizzonti molto ampi per la scelta di partner che
altrimenti, con mezzi di comunicazione tradizionale, non si sarebbero mai
potuti raggiungere. In sintesi, le tecnologie digitali hanno modificato drasticamente la gestione dello spazio nei rapporti con il mercato, e così sarà
sempre più possibile raggiungere gli stakeholder critici in qualsiasi luogo
essi si trovino senza difficoltà di veicolazione del messaggio, a costi decrescenti, in qualsiasi momento e con un mix crescente di strumenti utilizzabili, poiché le tecnologie digitali offrono canali e strumenti sempre nuovi
per comunicare efficacemente.
Le tecnologie digitali di comunicazione hanno rivoluzionato anche la gestione del tempo di concorrenza. Il tempo è un’altra variabile critica per
competere a livello globale e per acquisire un vantaggio competitivo. In effetti, con la comunicazione digitale il tempo di avvio della veicolazione di un
messaggio coincide perfettamente con il tempo di ricezione dello stesso, ed
inoltre è possibile conoscere in tempo reale la reazione del destinatario a cui
si è inviato il flusso informativo. Le tecnologie digitali di comunicazione, abbattendo i limiti temporali, hanno rivoluzionato il processo di comunicazione,
dal momento che i tempi di veicolazione si contraggono e l’invio del messaggio e della risposta avvengono praticamente in contemporanea con
meccanismi di comunicazione interattiva.
In sintesi, le tecnologie digitali hanno profondamente modificato i rapporti tra azienda e mercato, annullando i vincoli spaziali di relazione e influenzando la gestione del tempo di azione/reazione. In virtù di una comunicazione sempre più interattiva ed iterativa, che produce nuove tempistiche di approccio a mercati vasti e complessi, si annullano le distanze spaziali con la possibilità di capire e soddisfare in tempo reale le esigenze degli stakeholder critici. La comunicazione digitale consente inoltre una
compressione del tempo a disposizione delle aziende per l’attività concorrenziale ed al contempo permette una valorizzazione del tempo stesso
(scelta del tempo di azione/risposta). Con la comunicazione digitale, quindi, il tempo assume il ruolo di fattore competitivo, spingendo le aziende ad
agire prima e meglio dei competitor nella soddisfazione dei bisogni della
clientela, per acquisire continui ed instabili vantaggi competitivi, soprattutto
con la gestione di bolle di domanda.
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3. Comunicazione digitale e rapporti di spazio e tempo con il mercato
Lo sviluppo delle tecnologie digitali ha determinato un radicale cambiamento dei mezzi di comunicazione e delle relazioni che intercorrono tra le
aziende e il mercato.
In effetti, i tradizionali mass media – come TV, radio, quotidiani e periodici – esprimono processi analogici di trasmissione dei flussi informativi,
ed in tal senso dati e informazioni formano specifici insiemi di proprietà
fisiche che possono essere diffusi o conservati solo mediante altre forme
fisiche analogiche di veicolazione e di archiviazione. Con i media in forma
analogica, inoltre, le aziende possono comunicare con il mercato solo assumendo una massa indistinta di destinatari, senza poterli individuare singolarmente. Infine, i media analogici impongono che prima si formino i
supporti (media) e poi si determinino contenuti e destinatari (‘First Business, Second Community’). Per contro, i media digitali prevedono che
prima si definiscano i contenuti, da veicolare poi ai destinatari (‘First
Community, Second Business’).
La digitalizzazione della comunicazione (trasformando dati, testi, suoni,
immagini in sequenze di zero e uno) ha completamente modificato i processi di trasmissione e di conservazione di ogni tipo di informazione, mediante: la dematerializzazione del messaggio; la compressione di grandi
quantità di dati in spazi molto piccoli; la possibilità di integrare contenuti di
natura differente, senza doverli riprodurre su supporti fisici; l’accessibilità
ai flussi informativi ad alta velocità, anche in condivisione multipla e in
condizioni wireless; la manipolazione e la duplicazione in tempi rapidi, a
costi decrescenti e senza vincoli di localizzazione fisica; ed infine, lo sviluppo di processi di comunicazione a due vie, senza vincoli gerarchici tra
fonte e destinatario. In sintesi, la comunicazione digitale ha eliminato i limiti spaziali e temporali tipici della comunicazione analogica e si caratterizza per: velocità di trasmissione dei contenuti; economicità di veicolazione e di conservazione dei flussi informativi; multimedialità di accesso contemporaneo a differenti strumenti e canali di comunicazione; interattività di
gestione di processi di comunicazione a due vie.
Le relazioni di spazio e tempo che caratterizzano i mercati globali impongono alle imprese di utilizzare la comunicazione digitale come uno strumento fondamentale per rapportarsi con il mercato stesso, utilizzando modalità
di relazione innovative che presuppongono flussi circolari di informazioni,
diretti dall'impresa al mercato e viceversa, senza poter facilmente individuare l'avvio e la conclusione dei singoli flussi. La comunicazione digitale permette quindi di sviluppare comunicazioni a due vie, tra l'azienda e singoli
destinatari, con la possibilità di ottenere risposte immediate. Inoltre, l'enorme
quantità di dati, che possono essere raccolti ed elaborati, permettono di conoscere il profilo di ogni singolo interlocutore e quindi di gestire ogni relazione in termini di unicità aggiornata e progressivamente qualificata.
La digitalizzazione dei media e degli strumenti di comunicazione ha indotto le aziende a riformulare le relazioni di spazio e di tempo verso il
mercato anche in termini di multimedialità interattiva. I nuovi mezzi digitali
di comunicazione (Internet, telefonia cellulare, wireless, ecc.) hanno infatti
generato il fenomeno della ‘convergenza’, che tende a superare i limiti di
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integrazione analogica dei mezzi di comunicazione tradizionali (si pensi,
ad esempio, a televisione, radio e stampa quotidiana/periodica), secondo
cui ogni medium impone una gestione dei contenuti (redazionali e pubblicitari) sulla base di specifiche caratteristiche fisiche. Per contro, con la
‘convergenza’ i mezzi digitali (potendo avvalersi di un identico standard) si
fondono, interagiscono e sviluppano nuove potenzialità molto velocemente
(ad esempio, oggi è possibile vedere un programma televisivo sul cellulare, navigare in internet con il televisore, ascoltare la radio dal cellulare o
dal computer), e questo comporta una gestione della comunicazione integrata nei confronti dei primi destinatari (che ad evidenza non sono necessariamente i destinatari finali del messaggio, dal momento che questi ultimi possono essi stessi assumere il ruolo di fonte verso destinatari ulteriori, e cosi via). In altri termini, una gestione molto complessa che comporta
un forte coordinamento tra i vari mezzi e strumenti utilizzati, i contenuti e
le modalità di fruizione. E non è certamente un caso che l’innovazione e la
‘convergenza’ digitale siano state ‘capite’ ed acquisite, prima e soprattutto,
dalle aziende della grande distribuzione, che, per la loro collocazione ‘naturale’ nella catena delle transazioni, hanno un rapporto molto stretto con i
consumatori finali. I grandi retailer, infatti, grazie al massiccio utilizzo della
comunicazione digitale, hanno potuto rafforzare i rapporti con la domanda
finale, profilandone le aspettative di consumo con informazioni di gran
lunga superiori a quelle dei grandi produttori di marca, acquisendo un vantaggio competitivo particolarmente rilevante nei mercati ad elevata intensità competitiva.
4. Interesse attivo e interesse passivo nella comunicazione d’impresa
Con gli strumenti ed i mezzi digitali, la comunicazione d’impresa sviluppa una relazione a due vie. I destinatari dei flussi informativi spesso attivano peraltro flussi informativi verso l'azienda, proprio per soddisfare un
crescente bisogno di informazione, con la creazione di un ruolo pro-attivo
nelle relazioni tra azienda e mercato. Ruolo pro-attivo che è ancora più
evidente nelle relazioni che intercorrono tra la domanda finale e il trade.
Sulla base del patrimonio informativo aziendale, la comunicazione digitale permette di veicolare flussi informativi personalizzati a masse – anche
enormi – di soggetti profilati individualmente, con messaggi in grado di
stimolare l'interesse attivo dei riceventi.
Lo stimolo dell'interesse attivo individua il carattere distintivo della comunicazione digitale. Da un lato, infatti, non è più possibile diffondere
messaggi ai destinatari senza adattarne i contenuti in relazione al singolo
individuo sulla base delle informazioni in possesso delle aziende; d’altra
parte, la comunicazione aziendale in forma digitale consente al mercato
(clienti, fornitori, azionisti, opinion leader, ecc.) di partecipare attivamente
alla creazione dei contenuti comunicativi, sviluppando flussi di risposta
(anche immediati), sulla base di un interesse attivo che per l’azienda rappresenta il punto di partenza per coinvolgere il mercato, instaurando relazioni di valore e durature.
La comunicazione diretta e a due vie con il mercato, basata su un interesse attivo nelle relazioni, è invece del tutto assente nei ‘tradizionali’
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strumenti e media analogici, la cui operatività si confronta con un interesse passivo, da suscitare e possibilmente ‘indirizzare’ verso definiti comportamenti (in genere di consumo oppure di consenso), da massimizzare
con la ripetizione del messaggio e la copertura della audience.
Nel processo di comunicazione, d’altra parte, i meccanismi di sollecitazione dell’interesse passivo hanno sempre caratterizzato l’efficacia e
l’efficienza dei canali, dei media e degli strumenti di informazione analogici.
Addirittura, a ben vedere, il ciclo di rilevanza sociale dei diversi media (ad
esempio, la fine del teatro come fenomeno di comunicazione di massa al
comparire del cinema) può essere esaminato osservando l’evoluzione delle
varie fasi di vita di un mass media (nascita, sviluppo, splendore, maturità e
decadenza) rispetto all’interesse (passivo) suscitato dal medium stesso
presso determinate audience, cioè in termini di attenzione (passiva) dedicata ai contenuti veicolati da lettori (stampa), spettatori (teatro, cinema, TV) e
ascoltatori (radio).
‘…per il balletto la matrice fu lombarda, dal tempo di Bergonzio Botta che nel 1489, a Tortona, organizza uno spettacolo coreografico per le nozze di Galeazzo Sforza e Isabella
d’Aragona…Lombarda fu anche la grande editoria dell’Ottocento.
Ricordi, Lucca, Sonzogno, furono dominatori dello spettacolo lirico e acuti impresari, gelosi dei loro diritti e dei loro autori’.
(Giampiero Tintori, Introduzione a Teatri della Lombardia,
Nuove Edizioni, Milano 1980).
‘…Nel 1977, in Lombardia esistevano e funzionavano 208
teatri…La decadenza del melodramma prima e poi del teatro
di prosa ha finito per vanificare l’esigenza del grande teatro,
della grande sala per spettacoli che, per tutto l’Ottocento e il
primo Novecento univano alle funzioni specifiche quelle di
rappresentanza della città. La comunità non ambisce più rispecchiarsi nel teatro che, dopo la Cattedrale e il Palazzo era
un tempo una sorta di bandiera civica’. (Graziella de Florentiis, L’attività teatrale in Lombardia, in Teatri della Lombardia,
Nuove Edizioni, Milano 1980, p.36).
‘…col venir meno di quella capillare articolazione territoriale
della vita operistica che aveva caratterizzato il XIX secolo e gli
esordi del XX secolo, si è inevitabilmente determinato un concentramento delle risorse a vantaggio delle realtà di maggior
spicco…Il teatro d’opera, nel collocarsi ai giorni nostri entro
l’universo dell’industria culturale, conserva forse una soltanto
delle straordinarie caratteristiche cui deve il suo antico fascino:
l’elevatissimo – e dunque grandemente selettivo – costo di allestimento e di rappresentazione’. (Luigi Ferrari, La cultura lombarda e le nuove vie dell’opera, in Vita teatrale in Lombardia,
CARIPLO, Milano, 1982, p.163).
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‘Come si comportava il pubblico a teatro? Assai diversamente, a seconda dell’epoca…l’attenzione che oggi viene
prestata agli spettacoli, non si riscontrava nei teatri minori e
neppure alla Scala…nei ridotti del teatro e nei salottini riservati si muoveva la vita notturna del giuoco d’azzardo e delle avventure galanti…Ogni palchetto era fornito di un retropalco o
salottino in cui si poteva persino far cucina.’ (Graziella de Florentiis, I teatri lombardi e il pubblico, in Vita teatrale in Lombardia, CARIPLO, Milano, 1982, p.264-265).
Nei primi anni del secolo scorso, il cinema conobbe una
straordinaria affermazione. Fu sostanzialmente tra i tendoni
delle fiere che le prime proiezioni si fecero conoscere al pubblico più vasto.’…Accanto al circo equestre, a un’esposizione
orientale, a un’altalena napoletana e ad altre attrazioni spunta
pure il tendone di un cinematografo’. (La Provincia, febbraio
1903).
In sintesi, l’interesse passivo rappresenta il parametro-chiave per la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei processi one-way di comunicazione
analogica (nel cui ambito assumono specifica importanza i processi di comunicazione pubblicitaria). La centralità dell’interesse passivo nelle stime di
validità degli strumenti e dei media analogici permette anche di verificare la
vacuità del cosiddetto interesse subliminale nelle politiche di comunicazione
aziendale, e specificamente nella pubblicità di natura analogica.
L’interesse per le percezioni subliminali risale a ‘voci’ su alcuni esperimenti cinematografici che sarebbero stati condotti sulle truppe USA – con
alcune proiezioni, durante l’occupazione in Europa – per inculcare sentimenti di ostilità verso i soldati nemici. Di questi esperimenti non vi sono
tuttavia notizie ufficiali, né riscontri scientifici; e parimenti non vi è evidenza scientifica dell’esperimento cinematografico citato dal Marketing Manager nord-americano James Vicary (1957) per illustrare le potenzialità
commerciali della pubblicità subliminale, che prospetta addirittura di condizionare le scelte dei consumi delle persone proponendo messaggi di cui
le persone stesse rimanevano ignare. Il dibattito etico sulla legittimità delle
comunicazioni subliminali dilagò nell’opinione pubblica (anche con toni folcloristici) quando, sempre nel 1957, Vance Packard pubblicò il libro ‘I persuasori occulti’, che in realtà presentava un’esasperata critica sulla presunta ‘forza persuasiva’ delle agenzie pubblicitarie USA. Comunque, nel
1958, per bloccare i timori di possibili condizionamenti subliminali, la Federal Communication Commission e la Federal Trade Communication
(cioè le massime autorità istituzionali americane), in modo preventivo e
senza alcuna prova scientifica di effettivi utilizzi a fini manipolatori, vietarono la pubblicità subliminale, esortando le agenzie di pubblicità e i media
ad assumere comportamenti etici e professionalmente corretti.
La comunicazione subliminale ha pertanto attirato una certa curiosità del
mondo professionale e politico nel secolo scorso, ma in concreto ha ricoperto un ruolo operativo nullo; infatti, i casi noti di messaggi subliminali sono
stati ‘scoperti’ (su indicazione degli autori) sempre e solo con la tecnica del
backmasking, cioè esaminando i filmati al rallentatore ed al contrario (conEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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fermando la debolezza della tecnica, cioè che i messaggi potessero raggiungere il livello cosciente dell’audience). In verità, la inconsistenza della
pubblicità subliminale si era già rivelata alla fine degli anni ’60, quando i consumi di massa si stabilizzarono, i sedicenti ‘persuasori occulti’ svanirono nel
nulla e le comunicazioni commerciali si dovettero confrontare prima con la
dura realtà della concorrenza (per la conquista delle quote di mercato) e poi
con gli indici di affollamento pubblicitario dei media.
In conclusione, la moderna corporate communication delle imprese operanti su mercati globali è gestita: da un lato con mass media analogici (caratterizzati da un predominio gerarchico della fonte e da un interesse passivo delle audience), realizzando politiche di comunicazione one-way, rivolte a destinatari costituiti da masse indistinguibili e identificabili solo con
stime di audience (push strategy communication); e dall’altro, spesso in
forma integrata con le comunicazioni analogiche, attivando comunicazioni
di natura digitale per stimolare l’interesse attivo di destinatari profilati singolarmente, che cessano di essere solo ricettori passivi di messaggi e
proposte aziendali e per contro attivano processi di comunicazione a due
vie, talvolta addirittura partecipando concretamente alla progettazione delle offerte aziendali e comunque selezionando le informazioni da accettare
(pull strategy communication).
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