La responsabilità sociale nelle reti d`impresa

© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 2, 2007
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La responsabilità sociale
nelle reti d’impresa
*
Antonella Zucchella
Abstract
La value proposition dell’impresa non è solamente il risultato di un’ “estrazione di valore” su scala globale, attraverso lo sfruttamento delle differenziate capacità e risorse locali, ma per un crescente numero di
imprese è un insieme di valori e proposte di valore, basate su un comportamento socialmente responsabile. La catena del valore sposta l’attenzione dalla pratica della responsabilità sociale a livello di singola impresa (cioè la corporate social responsibility), a quella di network social responsibility. Il coordinamento
della catena del valore di network, da un lato migliora le prestazioni aziendali e dall’altro delinea una politica strategica dell’impresa, in grado di garantire ai clienti finali il rispetto delle aspettative, comprese le attese di responsabilità sociale.
Keywords: Responsabilità sociale di network; catene del valore globali; Governo del network; Gestione del
network; Responsabilità sociale d’impresa; Etica; Mercati globali
1. Le catene del valore globali
L’obiettivo della creazione del valore caratterizza differenti attività economiche in tutto il mondo e la organizzazione e gestione della catena di
valore a livello globale rappresenta uno dei mezzi più comunemente utilizzati per raggiungere tale finalità in un contesto competitivo internazionale.
Quest’ultimo implica che l’impresa oggi debba confrontarsi con le minacce
e le opportunità derivanti dalle molteplici potenziali localizzazioni delle attività della catena del valore in tutto il mondo. Identificare la miglior localizzazione, i migliori partners con cui realizzare queste operazioni – quando
non sono attuate internamente attraverso investimenti diretti esteri – e gestire sistemi di value creation, che sono dispersi in diversi paesi, sono tutti
diventati le decisioni ed attività strategiche sulle quali è costruito il posizionamento competitivo dell’ impresa.
Quando Porter (1985) scrisse il suo contributo sulla catena del valore, il
fenomeno era ancora agli inizi e nel suo lavoro si può percepire la fondamentale ipotesi di una catena del valore ‘internalizzata’. Analogamente le
decisioni di localizzazione delle attività, così come le scelte di realizzare
partnership, non rappresentavano il tema principale.
Nei vent’anni successivi, la globalizzazione ha evidenziato progressivamente la sua natura di forza trasformatrice (Nordhaug, 2002); le opportunità di fare business si sono estese sia a livello settoriale che geografico,
insieme alle minacce della competizione globale. Le decisioni riguardanti il
dove localizzare le attività della catena del valore e il chi, cioè i partner
eventuali per lo svolgimento di date attività, diventano fondamentali al fine
di mantenere e accrescere la competitività e la creazione di valore.
Più recentemente, una crescente attenzione è stata rivolta alla responsabilità sociale dell’impresa e alla sua necessità di comportarsi come
‘buon cittadino’ in uno scenario globale. Nell’approccio alle decisioni strategiche, l’esigenza di orientamento verso i consumatori è risultata essere
complementare alla necessità di orientamento sociale (Maloni, Brown,
*
Professore Ordinario di Marketing, Università degli Studi di Pavia
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2006). Quest’ultima considerazione si è manifestata in conseguenza di
differenti motivazioni: probabilmente la più importante è rappresentata dalla crescita della domanda, da parte dei consumatori, di imprese e di prodotti socialmente responsabili (demand-pull motivation), anche se alcune
aziende hanno perseguito questo comportamento come risultato di una
tensione etica interna (organisation-push motivations). Anche fattori ‘ambientali’ hanno avuto un impatto rilevante (Gereffi, Sturgeon, Humphrey,
2005), come la pressione dei movimenti politici, delle ONG, dell’opinione
pubblica, del quadro normativo, ecc.
La value proposition dell’impresa non è solamente il risultato di un’
‘estrazione di valore’ su scala globale, attraverso lo sfruttamento delle differenziate capacità e risorse locali, ma per un crescente numero di imprese è un insieme di valori e proposte di valore, basate su un comportamento socialmente responsabile.
Questo contributo ha l’obiettivo di esplorare questo tema e di analizzare la
sua potenziale rilevanza per la competitività aziendale. In particolare questo
lavoro si propone di integrare il concetto teorico di catena del valore con
quello di catena dei valori, che significa implica fornire una evidenza circa il
rispetto dei valori dichiarati dall’impresa (rispetto dei diritti umani, corrette
condizioni di lavoro, pari opportunità, rispetto dell’ambiente, contributo al benessere delle comunità locali, ecc.) lungo l’intera catena del valore nelle sue
diverse localizzazioni e per le attività svolte dai diversi partners (fornitori
esterni, alleati strategici, filiali, agenti, e così via). La catena del valore sposta l’attenzione dalla pratica della responsabilità sociale a livello di impresa
individuale (la tradizionale CSR), a quella di network social responsibility
(NSR, ovvero reti di responsabilità sociale). È ampiamente riconosciuto che
l’azione economica avviene sempre più attraverso reti di imprese, ma la
questione della responsabilità sociale è ancora trattata principalmente a livello di impresa singola e raramente a livello di network (McGuire, Sundgren, Schneeweis, 1988; Wheeler, Colbert, Freeman, 2003).
Questo approccio non dovrebbe essere considerato dalle imprese come
un costo aggiuntivo o come un limite all’azione imposto da vincoli esterni e
interni (i consumatori, i movimenti di opinione, i sindacati, i partiti politici,
ecc), ma come un’opportunità per fornire innovative proposte di valore al
mercato, dove la questione del ‘value for money’ è integrata con quella del
‘value for values’ e come un’opportunità per l’intera organizzazione di condividere i valori dell’azienda.
2. Le caratteristiche emergenti della catena del valore
Il mondo della produzione è cambiato profondamente nel corso degli ultimi tre decenni. La produzione di beni finali è sempre più il risultato di catene del valore che sono:
a) disperse in tutto il mondo;
b) distribuite tra diverse organizzazioni.
La dispersione delle attività della catena del valore potrebbe essere vista
come il principale elemento di competitività per l’impresa, perché è il risultato della scelta delle migliori localizzazioni per alcune attività (basso costo
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del lavoro, alta produttività, risorse e competenze uniche, e così via) e dei
migliori partners per la creazione di valore (i più efficienti o più economici
subfornitori, i soggetti in possesso di risorse e competenze uniche per
quel business, soggetti caratterizzati da ‘ottima’ distanza cognitiva e così
via). Da questo punto di vista, la dispersione e l’eterogeneità, sia in termini
di localizzazione geografica che in termini di tipologie di partners coinvolti,
contribuisce alla creazione di valore e rafforza il posizionamento competitivo internazionale (Nohria, Ghoshal, 1997).
Alcuni autori si riferiscono a queste catene anche come ‘commodity chain’:
‘una commodity chain consiste in un insieme di reti inter-organizzative raggruppate intorno a quelle di commodities o prodotti che collegano famiglie,
imprese e Stati gli uni agli altri all’interno dell’economia mondiale’ (Gereffi et
al., 1994).
Il network è una caratteristica strutturale delle attuali catene di valore
globali: una significativa quota di scambi commerciali nell’economia mondiale (sebbene sia difficile quantificarla con precisione) è realizzata attraverso transazioni tra società controllate e filiali di imprese transnazionali. È
ancora meno quantificabile il commercio organizzato tramite reti di imprese giuridicamente indipendenti, che utilizzando una varietà di relazioni
transazionali. Trenta anni fa, Richardson (1972) ha descritto questo fenomeno come ‘la fitta rete di cooperazione e di affiliazione con la quale le
imprese sono interconnesse’. Recenti ricerche suggeriscono che tali rapporti sono sempre più diffusi nel commercio internazionale. La ricerca riguardante la catena del valore globale, in particolare, mira a comprendere
la natura di queste relazioni e le loro implicazioni per lo sviluppo aziendale
(Nohria, Ghoshal, 1997; Humphrey, Schmitz, 2001).
La dispersione delle catene del valore e l’esistenza delle strutture di
network richiedono il coordinamento di queste attività disperse e implicano
costi di coordinamento così come dei rischi. I primi sono principalmente
costi organizzativi relativi alla gestione di differenti organizzazioni localizzate in diverse località. Gli ultimi sono rappresentati da una varietà di fattori di rischio: questo contributo si focalizza principalmente sui rischi associati a società controllate/partners stranieri che non sono allineati con la
responsabilità sociale dell’impresa (se c’è). Un partner del Terzo Mondo
che impiega bambini o una filiale estera che sfrutta le risorse locali, quali
ad esempio l’acqua, o inquina l’ambiente, sono comuni esempi di comportamenti di partners stranieri che possono seriamente danneggiare la reputazione di un’organizzazione.
Da questo punto di vista, il coordinamento della catena del valore non è
solo una questione di migliorare le prestazioni aziendali, ma si trasforma
in un problema strategico di garantire ai clienti finali il rispetto delle loro
aspettative, comprese le attese di responsabilità sociale. Per la maggior
parte dei consumatori l’interesse verso la catena di produzione che sta
dietro ogni prodotto è cresciuta notevolmente.
In realtà l’emergente questione della tracciabilità si sta muovendo dal
suo originale campo di applicazione (quello alimentare) verso qualsiasi
prodotto/servizio (Maloni, Brown, 2006). Nel suo più ampio significato, la
tracciabilità implica che il venditore del bene finale dovrebbe garantire
l’acquirente/utente non solo per quanto riguarda la realizzazione fisica del
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prodotto/servizio, ma anche con riferimento alla qualità e all’etica dei processi sottostanti, compresi quelli che dipendono da differenti organizzazioni localizzate in parti diverse del mondo.
Questo implica una considerazione delle aspettative dei consumatori
lungo due differenti dimensioni: la sicurezza e la qualità del prodotto,
compresi gli aspetti estetici ed emotivi (individualismo) e l’impatto della
sua catena del valore sull’ambiente esterno, ad esempio in termini di inquinamento, condizioni di lavoro, sviluppo locale e il benessere delle comunità coinvolte (collettivismo).
La rilevanza di tali questioni, che influenzano il comportamento dei consumatori, varia tra i diversi segmenti di mercato, ma è cresciuta in maniera significativa nel corso degli ultimi decenni. Per alcuni gruppi di consumatori (militant customers, consumatori militanti), le scelte di consumo
rappresentano il nuovo diritto di voto nel panorama politico globale. La ricerca di marketing deve scoprire la rilevanza quantitativa di questi segmenti e, ancora più importante, la sua influenza sul comportamento delle
altre categorie. Un più ampio e ancora più influente segmento è rappresentato dai consumatori socialmente responsabili (socially responsible
consumers): anche in questo caso, la loro rilevanza non è limitata solamente alle dimensioni del segmento, ma anche alla loro capacità di influenzare progressivamente il comportamento di categorie meno socialmente sensibili (Antil, 1984).
Le pressioni esterne nel perseguire pratiche di business socialmente responsabili non provengono solo dalle tendenze dei comportamenti dei consumatori, ma anche dal lato degli investitori finanziari. Secondo una serie di
ricerche, sembra dimostrato un positivo o almeno neutrale rapporto tra CSR
(Cusoumer Social Responsibility) e redditività aziendale e/o il valore del titolo azionario (McGuire, Sundgren, Schneeweis, 1988; Hamilton, Jo, Statman,
1993). Inoltre, i cosìddetti investitori militanti stanno diventando una categoria significativa, che oggi gestisce un importante portafoglio di titoli. Insieme
agli investitori che finanziano le imprese socialmente responsabili, vi è un
grande e crescente numero di investitori che non finanziano attività che rientrano in determinate categorie o le imprese che hanno incontrato problemi di
scarsa responsabilità sociale.
Perseguire un progetto di tracciabilità della qualità del prodotto esteso al
tema della responsabilità sociale e dispersa lungo la rete dei partners è
una sfida per le imprese, ma rappresenta anche un’opportunità per esprimere sia il valore per il cliente sia i valori per il sistema, aggregando proposte di valore innovative.
3. Governance e gestione delle reti come fattore-chiave per la responsabilità sociale
I networks sono una fondamentale forma di organizzazione per combinare
risorse e competenze uniche (Powell, 1990; Eisenhardt, Schoonhoven,
1996) e non solo un’alternativa al mercato o alla gerarchia. Le reti rappresentano la forma prevalente di organizzazione della produzione mondiale,
sia per le piccole che per le grandi imprese, come precedentemente detto.
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Come qualsiasi altra struttura, le reti rafforzano e limitano l’ azione (Giddens,
1984; Nooteboom, 2004). Nello scenario precedentemente esposto sono in
crescita le pressioni esterne verso comportamenti socialmente responsabili
da parte dei consumatori, dell’opinione pubblica e degli investitori.
La risposta dell’impresa dovrebbe in primo luogo affrontare il problema
della governance della rete (Nooteboom, Gilsing, 2004).
Prima di tutto, ‘il concetto di governance è centrale nell’approccio della
catena del valore globale. Noi utilizziamo il termine nel senso che alcune
aziende nella catena definiscono e/o fanno rispettare i parametri in base ai
quali gli altri operano nella catena’ (Humphrey, Schmitz, 2001). In generale, a livello di network – tra agenti indipendenti – la governance fa riferimento a ‘relazioni tra imprese e meccanismi istituzionali attraverso i quali
viene realizzato il coordinamento delle attività non di mercato Tale coordinamento viene realizzato attraverso la definizione e l’applicazione di parametri di processo e di prodotto che devono essere soddisfatte dagli attori della catena’(Humprey, Schmitz, 2001).
Queste ipotesi evidenziano le significative differenze rispetto al caso di
governance all’interno di una singola impresa. Contrariamente ad alcune
credenze, le imprese coinvolte in un network non sono boundaryless
(Ashkenas e altri, 1995), il che significa che ogni azienda mantiene i suoi
elementi distintivi (core elements) in termini di valori aziendali e cultura
(soprattutto incorporati in culture e sistemi di valore locali). Una rete dispersa impone sfide rilevanti quando la condivisione dei valori necessita di
essere rafforzata o addirittura costruita. La governance dei network affronta questa sfida e svolge un ruolo fondamentale per quanto riguarda
l’adozione di alcuni valori condivisi tra i partner, e l’implementazione di
comportamenti di allineamento rispetto a tali valori, soprattutto perché i
tradizionali meccanismi gerarchici sono piuttosto deboli nel caso di collaborazioni transnazionali tra agenti indipendenti.
Secondo Fichter e Sydow (2002) le condizioni che condizionano la network governance sono:
1) la dimensione della rete;
2) la natura dei legami (Krackhardt, 1992);
3) la presenza di un nodo centrale.
In questo contributo aggiungeremo il tema della dispersione geografica
come un ulteriore fattore di complessità. Una domanda cruciale quando
noi muoviamo dalla CSR (Corporate Social Responsability) alla NSR
(Network Social Responsibility) è la seguente: la condivisione dei valori è
una condizione di entrata o un output della rete stessa?
Se essa rappresenta un pre-requisito significa che la governance e la gestione del network riguardano in primis la selezione dei partner sulla base di
determinati criteri (Geringer, 1991; Denicolai, 2008). Un’impresa che costruisce la sua catena del valore internazionale sceglie sulla base della convenienza economica, le performance tecniche, le competenze organizzative
dei partners e pre-definisce gli standard della responsabilità sociale.
Se la NSR è un output dedotto da appropriati meccanismi di governance
e pratiche di management, significa che i partner del network sono allineati progressivamente su alcuni valori condivisi e corrispondenti a ‘buone
pratiche ‘ di responsabilità sociale.
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Questo comporta un ruolo più forte dell’’impresa madre’, che implica
condivisione di conoscenza e formazione.
Tra le diverse pratiche di network management ricordiamo le seguenti:
-
-
presenza di strumenti di selezione dei partner (Geringer, 1991);
impegno significativo di risorse da parte dell’impresa centrale: presenza estera, integrazione delle procedure, creazione di un ufficio
di CSR, sistemi di reporting coerenti (Waddock e altri, 2002);
utilizzo di codici di condotta: supporto al coordinamento del network
nel definire valori e standards condivisi, attivazione di forme di auditing (Nooteboom, 2004).
La prima opzione – selezione dei partner – limita la scelta e non supporta
direttamente l’azione della ‘casa madre’ nel migliorare le condizioni lavorative e ambientali nei paesi stranieri. Le ultime due condizioni potrebbero coesistere perché si rinforzano reciprocamente: l’impegno di risorse coinvolge
le imprese-guida, i codici di comportamento implicano anche l’impegno di
altri partner (attraverso investimenti relationship-specific) e sviluppano un
impegno reciproco nel lungo periodo (Currall, Inkpen, 2002).
I codici di condotta comportano lo sviluppo di fiducia reciproca, la formazione dei partners e attività di audit e non solo la pubblicazione di alcune linee guida,a scopo di comunicazione interna/esterna. Il codice etico è
considerato una risposta a livello di impresa, che a volte comprende alcuni
partners principali. Mentre molte grandi imprese (e talvolta anche di piccole e medie dimensioni) hanno adottato codici di condotta, la pratica dei
codici etici di rete è molto meno diffusa, anche se potrebbe essere uno
strumento opportuno nel passaggio da CSR a NSR.
L’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha rinvenuto attraverso una indagine 246 codici (OCSE, 2000, Scherrer, Greven, 2001) e questa pratica è apparentemente in crescita. Il codice di condotta solleva sia entusiasmi che critiche: per alcuni esso è ‘… un
mosaico di dichiarazioni unilaterali di policy da parte di singole imprese …’
(Fichter, Sydow, 2002).
Alle risposte aziendali si possono accompagnare risposte istituzionali:
ad esempio la normativa SA800, le norme ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sono indicati come strumenti che prevedono standards
che potrebbero essere adottati da parte delle imprese e dalle loro reti,
senza la necessità di complesse contrattazioni tra partners in riferimento a
regole e standards comunemente accettati.
La questione sollevata da Kant (1795) è oggi più attuale che mai. Istituzioni come l’ILO e organismi analoghi sono stati definiti ‘tigri senza denti’.
In mancanza di efficaci politiche globali e istituzioni normative, le imprese
(piccole e grandi) sono il principale strumento di regolazione, non solo in
campo economico. Secondo alcuni autori (Sabel et al., 2000), la forza della concorrenza potrebbe lavorare nell’interesse della responsabilità sociale. Questa è una caratteristica tipica di una rete globale, in cui la concorrenza e la cooperazione coesistono. Questa questione è particolarmente
importante quando le imprese competono perseguendo una strategia di
orientamento al cliente ed i consumatori sono sensibili alle questioni di reEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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sponsabilità sociale dietro i prodotti che acquistano. Abbiamo commentato
l’argomento della crescente sensibilità sociale nei mercati di consumo e,
in particolare dei segmenti di mercato (i militanti e i socialmente sensibili)
che potrebbero agire come precursori per classi di consumatori più ampie.
Ma per diversi segmenti di mercato in tutto il mondo e per i nuovi gruppi di
consumatori delle economie emergenti, la sensibilità al prezzo può ancora
superare ogni problema di responsabilità sociale. Questo implica che un
insieme di azioni istituzionali più forti sono necessarie per garantire
un’auspicabile diffusione della NSR in tutto il mondo.
Le imprese sono organizzate in reti globali di produzione in misura crescente, in cui sorgono problemi di coordinamento, che riguardano in gran
parte le questioni economiche e la creazione di valore, ma raramente la
condivisione di valori. Le pratiche di responsabilità sociale d’impresa sono
spesso più una ‘bandiera’ che una pratica per le imprese e tendono ad
essere delimitate all’interno della stessa. La responsabilità sociale come
pratica implica l’esistenza di meccanismi di governance e di gestione della
rete dal punto di vista dei comportamenti socialmente responsabili. Le
pratiche di gestione della rete sono ancora nella loro infanzia, nonostante
la diffusione del network come mezzo dominante di creazione di valore.
La presenza di network manager e di routines inter-organizzative sono
ancora difficili da trovare anche nelle grandi multinazionali (Denicolai,
2008). Lo stesso vale per i sistemi di monitoraggio delle reti e le forme di
reporting di rete.
4. Conclusioni
Quando si considera la CSR, si ha la sensazione che non di rado le
azioni di corporate responsability siano operazioni di facciata e inoltre che
tendano ad essere delimitate all’interno dell’impresa. Questo contributo
propone un modello di tracciabilità di prodotti/servizi a livello di rete di imprese, basata sui seguenti aspetti:
- presenza di valori condivisi, incorporati in codici di condotta;
- implementazione dei valori condivisi e dei codici di condotta tramite
lo sviluppo di pratiche di governance e di gestione del network.
Queste ultime dovrebbero svilupparsi nell’interesse non solo della
NSR ma più generale, al fine di garantire un efficace ed efficiente
funzionamento della rete anche per la creazione di valore e la
competitività. Queste pratiche variano dalle procedure di selezione
dei partner, al monitoraggio della partnership, alle procedure per la
gestione del conflitto, al controllo di allineamento degli obiettivi e infine alla valutazione della relazione e delle prestazioni (sia economiche che sociali) della rete. Una adeguata impostazione organizzativa è necessaria per lo sviluppo di queste pratiche, procedure e
routines. Ad esempio la creazione di un manager di rete e di una
apposita unità organizzativa potrebbe essere utile.
Il ruolo dell’ impresa guida è molto importante, specialmente durante la
fase di avvio della rete, perché un modello di coordinamento quasi gerarchico di governance rende più facile implementare valori e norme comuni.
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