lucia iantomasi - Edizioni del Faro

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LUCIA IANTOMASI
ENGLISH
LANGUAGE AND LITERATURE
TEACHING
Suggestions for language testing and for
literature lesson plans
Gli Specchi
Lucia Iantomasi, English Language & Literature Teaching
2016 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizionidelfaro.it – [email protected]
Gli Specchi – Collana di Selfpublishing – NIC 19
Prima Edizione: marzo 2016 – Printed in EU
ISBN 978-88-6537-462-7
Con questa collana diamo spazio a quelle voci letterarie che desiderano
pubblicare autonomamente il proprio lavoro senza vincoli e con massima
libertà espressiva. Ogni aspetto della pubblicazione viene curato dall’autore che
ne è artefice esclusivo.
CONTENTS
Introduzione
Pag.
1. L’apprendimento delle lingue
1.1 Teoria comportamentistica
1.2 Teoria cognitivista o mentalistica
1.3 Teoria costruttivistica basata sulla
formazione di ipotesi
1.4 Il processo di apprendimento della
lingua materna
1.5 Il processo di apprendimento di una
lingua non materna
2. Motivating students
3. How to test the four skills
3.1 Tests of grammar and usage
3.2 Testing vocabulary
3.3 Listening comprehension tests
3.4 Oral production tests
3.5 Testing reading comprehension
3.6 Testing the writing skills
3.7 Criteria and types of tests
3.8 Interpreting test scores
4. Teaching literature
4.1 Disciplinary-didactic Path
4.2 Module
4.2a A detailed teaching unit
5. Some suggestions
5.1 Module title: The double theme in the
English Literature
5.2 Module title: A XX century writer:
W.S.Maugham
5.3 Module title : English prose and
poetry of XVIII century
5.4 Module title: The Victorian literature
5.5 Module title: The Stream of
Consciousness
5.6 Module title: From Nonsense to the
Absurd
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6. Methodology
7. Evaluation grid
Appendices
References
Web Sites
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INTRODUZIONE
Ogni volta che si affronta il tema dell’insegnamento delle
lingue straniere non si può fare a meno di far riferimento a
teorie che riguardano la natura del linguaggio e la natura
dell’apprendimento. Dai teorici del comportamentismo a
quelli del cognitivismo o del costruttivismo, tutti hanno
espresso le loro ipotesi riguardo ai processi di
apprendimento di una L2.
La didattica dell’insegnamento linguistico risente di
influenze
di
tipo
pedagogico.
Temi
quali
l’individualizzazione dell’insegnamento, la centralità del
discente nel processo di insegnamento, il rapporto tra
approcci metodologici e contenuti di insegnamento,
problemi come quelli riguardanti la valutazione e la
verifica sono tutti di chiara matrice pedagogica.
Se si passa poi al contesto letterario, il concetto di
letteratura non indica più una sintesi limitata di opere
classiche la cui lettura sia finalizzata al puro godimento
estetico. Significa, invece, analisi pratica dei testi a partire
dai testi stessi che sono intesi come documenti culturali
“vivi”, in quanto parti integranti della cultura del popolo di
cui si studia la lingua. La conoscenza della letteratura a
partire dal testo è infatti volta ad un accrescimento della
competenza comunicativa del discente, oltre allo sviluppo
delle abilità di analisi e di “appreciation” del testo.
Dopo un excursus su quelle che sono state le principali
teorie in campo psico-pedagogico, ci addentreremo nel
campo delle strategie utili per motivare il discente
all’apprendimento sia della lingua inglese che della cultura
inglese proponendo spunti per la realizzazione di test volti
a verificare le quattro abilità e alcuni esempi di literary
lesson plan da utilizzare in classe.
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1. L’APPRENDIMENTO DELLE LINGUE (L1 – L2)
La capacità di comprendere e comunicare è uno dei
maggiori traguardi raggiunti dall’essere umano. Una
caratteristica sorprendente dello sviluppo del linguaggio è
la velocità con cui esso viene acquisito:
1 mese
segni di risposta ai suoni
2 mesi
suoni vocalici
4 mesi
lallazione
6 mesi
balbettio
15 mesi
dalle 4 alle 6 parole
21 mesi
circa 50 parole
24 mesi
prima grammatica
27 mesi
interrogazioni e negazioni
36 mesi
60 mesi
circa 250 parole e frasi di 3 parole
costruzioni rare e complesse
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Partendo dal presupposto che è quasi impossibile
stabilire il numero di frasi che si possono costruire
all’interno di una lingua, è certo comunque che i bambini
cominciano a utilizzare proposizioni sintatticamente
corrette fin dall’età di tre anni e frasi altamente complesse
all’età di cinque.
Dei processi di apprendimento in generale sappiamo
poco e ancor meno sappiamo dei processi di
apprendimento linguistico.
Lo studio dei processi che governano la acquisizione del
linguaggio da parte degli esseri umani si è infatti enucleato
per strade diverse che hanno portato ad ipotesi spesso del
tutto contrastanti.
In questo campo si sono notate, in particolare, due
posizioni
nettamente
contrapposte:
quella
comportamentistica e quella mentalistica o cognitivista.
1.1 TEORIA COMPORTAMENTISTICA
Le prime teorie sull’apprendimento sono state
elaborate all’interno della psicologia comportamentista,
nata nella prima metà del XX secolo e fondata sull’assunto
di base che la psicologia deve limitarsi a studiare i
comportamenti osservabili, in quanto ciò che avviene
all’interno della mente è inconoscibile. Dunque, i
comportamentisti studiano l’apprendimento esclusivamente
in termini di modificazioni comportamentali. Essi
affermano l’esistenza di leggi universali che regolano sia
l’apprendimento umano sia quello animale.
Il Comportamentismo, di tipo nettamente
meccanicistico, ha oggi il suo più illustre rappresentante
nello psicologo statunitense B. F. Skinner secondo cui
esistono due tipi di comportamento: il comportamento
rispondente, formato dalle risposte riflesse da uno stimolo,
causate da collegamenti neurali innati (condizionamento
classico); il comportamento operante, che è volontario e
rappresenta la maggior parte del comportamento umano. I
comportamenti operanti non sono indotti dagli stimoli che
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li precedono, ma da quelli che li seguono e che sono
conseguenza del comportamento stesso. Skinner dimostrò
che quando una risposta era seguita da un certo risultato,
era più facile che si ripetesse di nuovo. Chiamò questo
processo “condizionamento operante”.
Per
il
comportamentismo
l’apprendimento
linguistico non differisce dall’apprendimento in genere. Il
linguaggio umano cioè non è considerato come un’attività
regolata da meccanismi diversi da quelli che regolano le
attività delle altre specie animali.
Secondo la teoria comportamentistica, il bambino nasce
senza alcuna predisposizione innata all’acquisizione del
linguaggio: la sua mente è una tabula rasa che l’ambiente
segna e riempie con i suoi stimoli e che viene incisa e
modellata dalle esperienze a cui il bambino è esposto.
Per i linguisti e gli psicologi comportamentisti tutta
l’attività umana, compresa la lingua, è una catena di
sequenze materiali di cause ed effetti che si estrinseca
attraverso un meccanismo di stimoli e risposte (S-R).
Anche le locuzioni quindi vengono prodotte in risposta a
determinati stimoli - verbali e non verbali - offerti sia
dall’ambiente che da necessità interne dell’organismo
(bisogni fisiologici, ricordi, associazioni, ecc.).
La molecola dell’apprendimento è infatti
descrivibile con la
formula S-R (Stimolo-Risposta)
per la quale l’apprendimento ha luogo associando
particolari risposte agli stimoli che vengono forniti al
soggetto.
Apprendere il linguaggio vuol dire quindi sviluppare una
catena di risposte (responses) in base a determinati stimoli.
Perché si abbia effettivo apprendimento è necessario che
tali risposte vengano rinforzate dall’ambiente, cioè
premiate in quanto riconosciute giuste. È necessario inoltre
che le medesime condizioni che hanno portato ad associare
uno stimolo ad una certa risposta si ripetano più volte.
Ogni frase detta è la risposta ad uno stimolo, e viene
assimilata tramite il rinforzo positivo dell’interlocutore. Se,
ad esempio, un bambino fornisce una risposta appropriata,
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la madre lo gratifica con qualche segno di approvazione.
Questo rinforzo fa sì che tale risposta venga prodotta
nuovamente in occasioni future. Se invece la risposta del
bambino è inadeguata, la madre non la rinforza, o la
corregge, in modo che la risposta originaria non venga più
usata. Un altro rinforzo negativo può essere rappresentato
dalla punizione, anche se Skinner non si mostra a favore
del rinforzo negativo e raccomanda invece l’uso frequente
del rinforzo positivo.
Quindi le risposte sbagliate vengono corrette; le risposte
corrette vengono rinforzate mediante conferme e
gratificazioni; le risposte imperfette vengono corrette e poi
consolidate. Il risultato sarà quello di migliorare
gradualmente le risposte del soggetto così da avere delle
prestazioni linguistiche sempre più vicine ai modelli
nativi.
Nell’apprendere il linguaggio il bambino procede
tentativamente, provando e riprovando. Ogniqualvolta egli
produce una locuzione che viene compresa, questa sarà
rinforzata dall’approvazione dei genitori o dagli adulti a lui
vicini. Nella misura in cui le stesse condizioni si
ripeteranno, aumenteranno le probabilità che egli produca
la stessa locuzione. Allo stesso modo, se dirà qualcosa che
non viene compreso, gli mancherà il rinforzo dell’ambiente
e quindi verrà scoraggiato dal ripeterlo.
Perché vi sia apprendimento, un solo rinforzo della
risposta corretta non è sufficiente. Bisogna invece che, per
fissarsi nella mente del bambino, la risposta sia ripetuta e
rinforzata più volte. Tanto più è ripetuta e rinforzata,
quanto più verrà acquisita come abito mentale e linguistico.
Questa teoria influenzò notevolmente la didattica
delle L2. L’apprendimento delle lingue venne visto
principalmente come acquisizione meccanica di
automatismi verbali tramite un processo continuo di
stimoli e rinforzi. Essendo tale apprendimento
essenzialmente meccanico ed essendo l’aspetto semantico
scarsamente rilevante, non si sarebbe dovuto dedicare
alcun tempo alle spiegazioni. Per evitare l’insorgere di
errori, l’alunno non avrebbe avuto alcuna possibilità di
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produrre frasi in modo originale, ma si sarebbe dovuto
limitare ad usare le frasi incontrate nei testi o dette
dall’insegnante. Gli esercizi avrebbero richiesto quindi un
uso prevalentemente manipolativo delle frasi proposte e
seguito lo schema stimolo-risposta-rinforzo.
Il problema del significato viene visto anch’esso
come fatto meccanico e quindi, in certo senso,
minimizzato. Secondo i comportamentisti, il bambino non
apprende i significati mediante processi cognitivi, ma
acquisisce soltanto l’abilità a produrre determinate risposte
appropriate a dati stimoli. Ciò vuol dire che il significato
viene appreso automaticamente come risposta condizionata
dagli stimoli, senza che vi sia alcuna attività mentale
cosciente. La lingua scritta non interessa i
comportamentisti in quanto è considerata un’attività
secondaria e derivata che nulla ha a che fare con
l’apprendimento del linguaggio come fatto naturale.
1.2 TEORIA COGNITIVISTA O MENTALISTICA
A partire dal 1980 circa, la teoria cognitivista
propone un ulteriore punto di vista sull’apprendimento. A
differenza del comportamentismo, il cognitivismo è
fortemente interessato ai processi mentali, tanto da
affermare che un cambiamento a livello comportamentale è
sempre connesso e spiegabile in base a un cambiamento a
livello cognitivo. In quest’ottica, l’apprendimento sarebbe
il risultato della complessa interazione tra fattori interni ed
esterni, e in particolare dei processi mentali attraverso cui
vengono elaborati gli input esterni. L’apprendimento non
consisterebbe quindi nel semplice trasferimento
dell’informazione esterna all’interno, ma sarebbe piuttosto
il risultato di una sua complessa trasformazione a livello
cognitivo. Il soggetto è dunque un attivo costruttore delle
sue conoscenze. Questa concezione dell’apprendimento
come processo costruttivo attivo prevede inoltre che
l’acquisizione di nuove conoscenze produca una
modificazione di quelle già possedute.
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