“MUSICA ED EMOZIONI (PARTE PRIMA PROF . MAURIZIO

“MUSICA ED EMOZIONI
(PARTE PRIMA)”
PROF. MAURIZIO PISCITELLI
Università Telematica Pegaso
Musica ed emozioni (parte prima)
Indice
1
COME LA MUSICA TRASMETTE EMOZIONI----------------------------------------------------------------------- 3
2
COME LA MUSICA CREA EMOZIONI --------------------------------------------------------------------------------- 6
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Musica ed emozioni (parte prima)
1 Come la musica trasmette emozioni
Sloboda sostiene che il motivo per cui la maggior parte delle persone intraprende attività
musicali (componendo, eseguendo o semplicemente ascoltando melodie) è determinato dal fatto che
la musica riesce a suscitare emozioni profonde e significative per l’uomo. La musica influenza le
persone perché la loro mente avvia automaticamente un processo di decodificazione dei suoni di
diversa altezza e durata a cui attribuisce dei significati; in tal modo suscita diverse e distinte
emozioni come la gioia, la tristezza, il piacere, la noia, ecc1 . Ovviamente le emozioni e i relativi
significati che l’individuo attribuisce a un brano musicale non sono universali ma cambiano in base
alla cultura sociale, al tipo di cultura musicale che l’uomo possiede e al contesto ambientale ed
emotivo in cui si trova al momento dell’ascolto.
Sono diversi gli aspetti della musica che ci portano a sentire un’emozione. È possibile osservare,
infatti, una relazione fra l’intensità e la qualità delle emozioni provate e la struttura del brano
musicale. Questa relazione permette di spiegare perché ad esempio un brano che all’inizio ci dà una
sensazione di calma divenga, poi, gioioso per finire con un tono malinconico2 . La risposta emotiva
ha effetti su tutto il corpo, includendo la tensione muscolare, la frequenza respiratoria e cardiaca, la
sudorazione, l'attività gastrica, la produzione di ormoni, ecc3 . Gli studi sul funzionamento cerebrale
hanno mostrato l’esistenza di una forma di specializzazione dell'emisfero destro per l'elaborazione
delle emozioni musicali. Alcune ricerche hanno invece indicato una specializzazione emisferica con
preferenza della corteccia frontale sinistra per l’elaborazione di brani musicali gioiosi e allegri, e
della corteccia frontale destra per l’elaborazione di brani musicali tristi e inquietanti4 .
Tuttavia secondo Ball, quando si suona non sempre si provano emozioni, spesso infatti durante le
prove i musicisti dichiarano di non avvertirle. Ball ricorda che il musicista Hindemith era solito
affermare che le reazioni suscitate dalla musica non sono emozioni autentiche, ma immagini, ricordi
di emozioni5 . Per questo Ball ribadisce che una melodia potrebbe commuoverci un giorno e
lasciarci del tutto indifferenti in un altro.
Secondo Schön, infatti, una parte importante dell’emozione in musica è influenzata dall’esterno,
ovvero dall’esperienza e dalla conoscenza del soggetto. Una melodia può essere legata a un evento
importante nella nostra vita oppure potrebbe essere stata per un certo periodo la “nostra musica”
preferita, ascoltata e riascoltata compulsivamente. Pertanto le reazioni musicali sono condizionate
in parte dal contesto6 .
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Musica ed emozioni (parte prima)
Ball sottolinea la differenza tra l’emozione e lo stato d’animo (mood). «Rispetto al mood, le
emozioni hanno generalmente una durata più breve, si accompagnano spesso a espressioni facciali
diverse e, cosa più importante, sono suscitate da stimoli specifici e identificabili piuttosto che da un
ambiente generalizzato. Un brano musicale non deve necessariamente conservare a lungo una
singola caratteristica emotiva. Alcuni passano dal dolore alla gioia e alla calma nel giro di pochi
minuti e affinché le nostre emozioni possano tenergli dietro seriamente, come ha osservato
Hindemith, occorre qualcosa di prossimo al disordine mentale. Ma è proprio il carattere polivalente
della musica a renderla attraente»7 .
Secondo i due psicologi della musica Juslin e Västfjäll, spesso il modo in cui viene suscitata
l’emozione musicale presenta meccanismi psicologici in comune con le emozioni della vita
quotidiana dell’uomo. Ad esempio, le pulsazioni dell’individuo possono aumentare per effetto delle
caratteristiche acustiche di base del suono, come un improvviso aumento di volume8 . A tal riguardo
sono stati svolti diversi studi che hanno mostrato come la frequenza cardiaca possa essere
modificata dall'ascolto musicale. Musiche rapide e gioiose mostreranno una tendenza a far
aumentare la frequenza cardiaca, mentre musiche tristi o lente produrranno la tendenza a ridurla9 .
Un aspetto interessante da considerare in questo contesto riguarda la capacità della musica di
trasmettere emozioni, anche e soprattutto attraverso brani non particolarmente complessi. A tal
proposito, Ball sostiene che molti ritmi e strutture armoniche della musica rock possano essere
considerati grezzi in confronto ad altri generi musicali ma ciononostante possono scatenare
profonde emozioni nei soggetti. Non bisogna valutare il grado di fruibilità emozionale della musica
in base alla sua qualità. Va inoltre considerato che non si può sapere a priori quale tipo di emozione
possa scaturire dall’ascolto di una determinata musica. Il tutto è fondamentalmente soggettivo.
Quando si guarda un film o si legge un libro triste, sottolinea Ball, è possibile commuoversi, anche
solo per empatia con i personaggi del racconto o del film; le emozioni in musica, invece, sono
spesso riconducibili a eventi particolari che una determinata canzone ricorda: una specifica melodia
può riportarci a un evento del passato che abbiamo vissuto, come una sorta di colonna sonora di un
determinato evento. Secondo Ball, si tratta di emozioni per associazione che possono comprendere
«risposte che non si riferiscono a eventi o caratteristiche extramusicali, ma che sono radicate nella
musica in seguito a un processo di acculturazione»10 .
Contrariamente a tale teoria si colloca la posizione della scuola assolutista, secondo la quale
«qualsiasi cosa la musica comunichi, essa è intrinseca alla musica stessa e non dipende da qualcosa
di esterno»11 .
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I formalisti, invece, sostengono che «l’inclinazione per la musica è soprattutto intellettuale: si
apprezzano i rapporti formali tra note, armonie, ritmi e così via, come un osservatore esperto può
trarre soddisfazione da una partita di scacchi ben giocata»12 .
In contrasto con le teorie precedenti vi è anche la posizione degli espressionisti, secondo i quali «la
musica comunica emozioni autentiche, ma può farlo senza riferimenti a fattori extramusicali o
risposte apprese. Qualcosa nell’altezza, nel ritmo e nella combinazione delle note possiede la
capacità intrinseca di commuoverci»13 .
Mentre per il pensiero formalista la musica viene apprezzata solo da chi la comprende
tecnicamente, l’orientamento assolutista ed espressionistico si basa su modelli appresi e non innati,
nonostante tale processo di apprendimento sia inconsapevole e lontano dall’istruzione formale14 .
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2 Come la musica crea emozioni
Il rapporto musica-emozioni presenta almeno un duplice livello: la musica può, da un lato,
rappresentare delle emozioni e, dall'altro, indurre delle emozioni. Il punto di vista “rappresentativo”
per cui la musica si limiterebbe a delineare le emozioni, piuttosto che a indurle, è stato sostenuto
con particolare enfasi da alcuni filosofi della musica come Kivy (1980) e Davies (1994), che hanno
mostrato come la musica riproduca in maniera analogica la forma, il contorno delle emozioni.
Per Kivy (1980), alcuni brani musicali sono espressivi di una certa emozione perché è possibile
percepire che certi loro tratti sono “strutturalmente simili a quelli della nostra voce” quando questa
esprime tale emozione nella vita quotidiana. Quindi diciamo “questa musica è espressiva di
tristezza” perché assomiglia al nostro tono vocale nei momenti di tristezza.
Per Davies (1994) la frase “questa musica è triste” rimanda ad un’analogia tra il movimento
percepito ascoltando un brano musicale e i movimenti di una persona ritenuta triste: la lentezza, gli
andamenti vacillanti, esitanti e irregolari del corpo verrebbero riprodotti in musica per descrivere la
tristezza.
Per entrambi gli autori esiste, quindi, un legame tra espressione musicale e schemi espressivi umani
nella voce e nel movimento che sembrerebbero avere un'origine molto antica. L’ipotesi che la
musica rappresenti le emozioni piuttosto che crearle consente senza dubbio di capire perché la
musica (che è una configurazione astratta, non un essere vivente) possa contenere al suo interno un
contenuto emotivo.
Ricorrendo ad un’analogia (o ad una metafora), il linguaggio musicale riprodurrebbe la forma delle
emozioni in maniera non dissimile da quanto ci suggerisce la visione di un cane sanbernardo o un
salice piangente: entrambi hanno una forma che ricorda l'espressione della tristezza e ciò,
naturalmente, non vuol dire che essi siano tristi.
Partendo dal presupposto che la maggior parte degli uomini considera la musica lenta come triste, si
può affermare che lo stesso vale per il linguaggio, ossia, una persona triste tende a muoversi e a
parlare in modo lento e a bassa voce. Allo stesso modo si penserà che una musica gioiosa tenda ad
essere più rapida e con un volume più alto. A tale proposito, secondo le teorie del biologo e teorico
sociale Hebert Spencer, citato da Ball, il linguaggio e la musica hanno aspetti emotivi in comune.
Egli sostiene che «gli indicatori acustici delle principali emozioni, come la gioia, la tristezza, la
rabbia e la paura, siano comuni agli schemi linguistici di molte culture, forse per via degli effetti
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fisiologici che tali emozioni esercitano sull’apparato vocale. Ad esempio, un discorso rabbioso
sembra essere universalmente pronunciato con rapidità e a voce alta; uno triste, con lentezza e con
calma; uno lieto, con rapidità, ma a volume medio»15 . Nello specifico, oltre ad avere un tempo
veloce e un volume alto, una musica allegra utilizza una melodia abbastanza semplice, mentre la
tristezza riduce la velocità e abbassa il volume. Invece, attraverso ritmi complessi, con cambiamenti
di velocità e di volume, la musica trasmette rabbia; l’angoscia è evocata da tempi lenti ma con
melodie complesse.
Abbiamo visto, dunque, che in base al ritmo e alle altezze delle melodie è possibile interpretare e
provare quando un brano è triste, allegro o noioso. È stato anche riscontrato che i musicisti della
nostra cultura occidentale ritengono che la scala maggiore e minore siano rispettivamente una
allegra e l’altra triste16 . In particolare, Peter Kivy ipotizza che trasformare una terza maggiore in
minore provochi un effetto di tristezza, di caduta e che quando, invece, entrambi gli intervalli della
triade maggiore calano di un semitono si avverte una sensazione ancora più angosciante17 . Tuttavia
Ball afferma che non c’è alcun motivo stringente di associare gli accordi minori alla tristezza, e
viceversa.
1
J. Sloboda, 2002. La mente musicale, op. cit.
2
Ivi, p. 85.
3
Ivi, pp. 88, 89.
4
Ivi, p. 90.
5
P. Ball, 2010. L’istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro, op. cit., p. 311.
6
D. Schön, L. Akiva-Kabiri, T. Vecchi, 2007. Psicologia della musica, op. cit.
7
P. Ball, 2010. L’istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro, op. cit., p. 312.
8
Ibidem.
9
D. Schön, L. Akiva-Kabiri, T. Vecchi, 2007. Psicologia della musica, op. cit.
10
P. Ball, 2010. L’istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro, op. cit., p. 326.
11
Ivi, p. 327.
12
Ibidem.
13
Ivi, p. 328.
14
Ibidem.
15
Ivi, p. 320.
16
La scala è «una successione ascendente o discendente di note comprese in un intervallo di un’ottava. L’ottava è l’intervallo tra una
nota musicale e un’altra che ha lo stesso nome e la cui frequenza è doppia» (Schön, 2007).
17
P. Ball, 2010. L’istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro, cit., p. 329.
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