Rivista della Pro Civitate Christiana Assisi periodico quindicinale Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post. dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Perugia e 2.70 06 15 marzo 2016 l’avvento del cyborg TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE ISSN 0391 – 108X Cina una politica di grande potenza biennio Renzi la fine delle ideologie fatta governo scuola abilitare al mondo reale natura e cultura l’origine della moralità come cambia la democrazia sorvegliati e contenti Umberto Eco la profondità dell’umano teologia l’amore nella evoluzione creatrice Rocca 4 7 sommario 11 13 15 16 19 20 23 24 26 15 marzo 2016 29 34 37 06 40 43 Ci scrivono i lettori Anna Portoghese Primi Piani Attualità Vignette Il meglio della quindicina Maurizio Salvi Cina Una politica di grande potenza 46 49 50 52 Romolo Menighetti Oltre la cronaca Camilo Torres: guerrigliero per amore Ritanna Armeni Biennio Renzi La fine delle ideologie fatta governo Tonio Dell’Olio Camineiro Le radici cristiane dell’Europa? Fiorella Farinelli Scuola Dal sapere alla produzione? Oliviero Motta Terre di vetro Sotto ipnosi Maria Chiara Prodi Italiani all’estero Progetti di speranza Pietro Greco Natura e cultura L’origine della moralità Paolo Benanti L’avvento del cyborg Verso una nuova umanità? Rosella De Leonibus I volti del disagio Lettera ai genitori Come cambia la democrazia Daniele Doglio Sorvegliati e contenti Giovanni Sabato Salute La lezione di ebola Brunetto Salvarani Umberto Eco La profondità dell’umano 54 56 57 58 58 59 59 60 60 61 62 63 Marco Gallizioli Che cos’è la religione Induismo: gli dèi come immagine dell’Assoluto Lidia Maggi Qohelet Fare memoria di Dio Carlo Molarii Teologia L’amore nell’evoluzione creatrice Stefano Cazzato Maestri del nostro tempo Karl Reinhardt Dove c’è logos c’è mithos Giuseppe Moscati Nuova Antologia Tomas Tranströmer Parole incastrate «nella fessura tra veglia e sonno» Vincenzo Andraous Violenza Mettersi di traverso Paolo Vecchi Cinema Il caso Spotlight Roberto Carusi Teatro Le sillabe girate Renzo Salvi Rf&Tv Downton Abbey Mariano Apa Arte Bodini Michele De Luca Fotografia Marina Miraglia Alberto Pellegrino Fumetti Per la prima volta in libreria Giovanni Ruggeri Siti Internet IoT: gli esclusi Libri Carlo Timio Rocca Schede Organizzazioni in primo piano Ola (Ufficio Affari Legali) Luigina Morsolin Fraternità Betlehem: ricamare una stella a punto croce COME CAMBIA LA DEMOCRAZIA NATURA E CULTURA l’origine della moralità Pietro Greco L i hanno trovati a Nataruk, in Kenya. Erano in dieci, compreso un bambino e una donna incinta. Sono morti diecimila anni fa, o giù di lì. Tutti uccisi. Gli antropologi che lo scorso mese di gennaio ne hanno parlato sulla rivista Nature concordano: si tratta della prima strage documentata compiuta da Homo sapiens e falsifica una teoria nata debole, secondo cui l’uomo ha acquisito la capacità di compiere stermini di massa solo dopo essere diventato agricoltore e allevatore ed aver acquisito il concetto di proprietà. Gli assassini di Nataruk erano raccoglitori e cacciatori. Ed, evidentemente, conoscevano il male. Sapevano che il loro comportamento era immorale. un monumento mostruoso ROCCA 15 MARZO 2016 In un libro, Naturalmente buoni, pubblicato qualche anno fa, l’etologo cognitivo Frans de Waal (v. Rocca n. 3/2016) racconta di un grosso serpente, IM, cui un infortunio genetico aveva fatto crescere due teste. La mostruosità stava nel fatto che la testa di sinistra, battezzata Istinto da Gordon Burghardt, lo psicologo ed etologo dell’Università del Tennessee che lo aveva preso in cura, e la testa di destra, Mente, lottavano strenuamente tra loro per procurare il cibo al medesimo corpo. IM aveva due teste in perpetua guerra tra loro, ma non conosceva il male. O, almeno, questo è ciò che pensano in molti, convinti, come Immanuel Kant, che il mondo della natura non ha alcuna connessione diretta col mondo della morale. Cosicché, a costoro, IM appare come un monumento, mostruoso, che la natura ha voluto erigere alla sua stupida amoralità. Al contrario, l’umanità sarebbe l’unica specie che sa essere umanitaria. La moralità, sosteneva alla fine dell’800 Thomas Henry Huxley, il biologo noto come «il mastino di Darwin», è la spada forgiata da Homo sapiens per uccidere il drago del suo passato animale. Il senso morale distingue il mondo degli uomini dal mondo naturale. In natura non esistono né Francesco d’As26 sisi, che ha dedicato la sua vita al bene, né gli assassini efferati di Nataruk, che hanno perpetrato il male. In natura esiste solo IM, che magari ha due teste ma non ha un senso morale. la moralità non appartiene solo all’uomo Ma hanno davvero ragione Kant e Huxley? La moralità appartiene solo all’uomo ed è sconosciuta al resto della natura? Frans de Waal ha speso alcune centinaia di pagine per dimostrare che la moralità, il senso del bene e del male, non appartiene solo all’uomo, ma è piuttosto diffuso in molte specie animali. La natura conosce l’altruismo e l’egoismo. La generosità e la crudeltà. Prendiamo, a esempio, i nostri cugini più prossimi, gli scimpanzé. Tra quelli comuni (Pan troglodytes) non è infrequente l’assassinio: ovvero l’uccisione, a volte efferata, di membri della propria specie. Tra i bonobo (Pan paniscus) non esiste violenza e ogni controversia viene risolta in allegria con il sesso (etero e omo). Entrambi sembrano avere uno spiccato senso di ciò che è bene e di ciò che è male. Dove e quando nasce, dunque, la moralità, inclusa quella capacità di esprimere giudizi morali che consente di distinguere il bene dal male? l’antropologia di Darwin Il tema è affrontato dallo stesso Charles Darwin, che cerca di inquadrarlo nella sua teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto. Darwin lo considera così delicato da evitare di affrontarlo direttamente nell’Origine delle specie. Preferisce prendere tempo e ne parla esplicitamente solo nel 1871, quando pubblica l’Origine dell’uomo. L’idea di Darwin è che l’uomo non rappresenti in alcun modo un’eccezione, ma sia completamente interno alla natura. Frutto per intero dell’evoluzione biologica. Ne deriva che anche le sue capacità mentali non rappresentano un’eccezione: non differiscono in genere (in kind) rispetto a quelle di altre Non meraviglia, dunque, che la pericolosa idea di Darwin abbia avuto molti nemici. I più facili da individuare sono coloro che, come alcuni movimenti religiosi (per esempio gli evangelici), negano in toto l’evoluzione biologica e propongono un «creazionismo ingenuo». Tuttavia le schiere dei nemici di Darwin non si limitano ai «soldati di Dio», ai creazionisti militanti del mid-west americano che ancora credono nella creazione del mondo realizzata da Dio poco più di 6.000 anni fa. Sono su posizioni non darwiniane anche coloro che, pur accettando l’evoluzione biologica nel tempo profondo e il ruolo centrale della selezione naturale, pongono le capacità mentali umane «fuori dalla natura» e considerano la moralità – come sosteneva persino Thomas Henry Huxley, il «mastino di Darwin» – la spada forgiata dall’uomo per uccidere il drago del suo passato animale. Anche oggi molti evoluzionisti, credenti e non, pongono come Huxley le capacità morali di Homo sapiens al di là dei processi adattativi della selezione naturale e «fuori dalla natura». Restituendoci, in maniera più o meno sofisticata, l’idea che le qualità morali siano state conferite all’uomo con un atto miracoloso da qualcosa (o da qualcuno) di trascendente. Ma sono nemici di Darwin anche coloro che sembrano accettare l’idea che l’uomo è «dentro la natura» e che, proprio per questo, considerano Homo sapiens naturalmente cattivo. La natura tutta sarebbe intrinsecamente cattiva. E l’uomo, che ne fa parte per intero, non sfuggirebbe a questo tragico carattere. specie, anche se differiscono infinitamente per gradazione (immensely in degree). Persino le capacità di esprimere giudizi morali di Homo sapiens sono frutto dell’evoluzione biologica e non sono in kind diverse da quelle di altre specie, anche se a maggior ragione lo sono immensely in degree. Tutto ciò non mina alla base le fondamenta etiche della società umana, perché l’uomo non è (non deve essere) buono contro natura. L’uomo, come tante specie animali, è per dirla con Frans de Waal, «naturalmente buono». L’antropologia di Darwin è difficile da accettare: la rifiutavano tra gli altri sua moglie Emma, il suo maestro Adam Sedgwick, l’altro grande padre della teoria evoluzionistica, Alfred Russel Wallace. In realtà la natura sfugge a queste categorizzazioni. Non è né buona né cattiva. In natura non sono scolpiti, come sulle tavole di Mosé, i comandamenti del bene: ma neppure quelli del male. In natura molte specie hanno acquisito, mediante processi adattativi di selezione naturale, la capacità di esprimere giudizi morali. In natura che non è né buona né cattiva esiste la moralità. Quando uno scimpanzé uccide un suo simile sa di commettere una trasgressione di tipo etico. Ma, se esiste una moralità in natura oltre l’uomo, allora esiste una morale naturale che può legittimamente aspirare a farsi riconoscere come universale? Giovanni Boniolo, filosofo della scienza, in un suo libro di qualche anno fa, Il limite e il ribelle, mostra come, per molti versi, hanno ra27 ROCCA 15 MARZO 2016 esiste la moralità naturale? NATURA E CULTURA gione sia coloro che, come Kant e Huxley, parlano di una specifica moralità dell’uomo, sia quelli che, come Frans de Waal, sostengono che la moralità non è disgiunta dalla biologia. capacità morale e sistema morale nel n. 5 abbiamo pubblicato un disegno relativo ad Einstein e le onde gravitazionali senza la citazione della fonte. Ne è autore Antonio Sileo: ci scusiamo con lui e con i colleghi della Rivista Left, che l’aveva già pubblicata dello stesso Autore BIOTECNOLOGIE scienza e nuove tecniche biomediche verso quale umanità? pp. 124 - i 15,00 ROCCA 15 MARZO 2016 (vedi Indice in RoccaLibri www.rocca.cittadella.org) per i lettori di Rocca •10,00 anziché • 15,00 spedizione compresa richiedere a Rocca - Cittadella 06081 Assisi e-mail [email protected] 28 Il fatto è che bisogna distinguere tra capacità morale e sistema morale. La prima, la capacità morale, consiste nella capacità di formulare e applicare un qualsivoglia giudizio morale. Se volete, la capacità di distinguere tra un bene e un male. Questa capacità ha una chiara origine biologica. È il frutto dell’evoluzione per selezione naturale. La capacità di formulare giudizi morali è emersa, a un certo punto dell’evoluzione biologica, come un nuovo carattere adattivo, capace di conferire un vantaggio nella lotta per la sopravvivenza. Se mi comporto bene e divido regolarmente il cibo che ho raccolto con tutto il mio gruppo, le possibilità di sopravvivenza di tutti – me compreso – aumentano. Il sistema morale è invece l’insieme dei giudizi morali specifici che vengono formulati nell’ambito di una società, umana e non umana. I sistemi morali (il plurale è di rigore) non hanno un’origine biologica. Ma, come sostenevano Kant e Huxley, sono una costruzione dell’uomo. Frutto della sua evoluzione culturale. Frutto della sua storia. In alcune situazioni e in alcune società animali (incluse quelle umane) è giudicato un bene la divisione equanime del cibo con tutti gli altri componenti del gruppo. In altre situazioni e in altre società la comunione dei beni è giudicata meno bene e in altre ancora è giudicata un male. evoluzione culturale Tutti gli uomini hanno la capacità di formulare giudizi morali. Ma i giudizi morali formulati differiscono da uomo a uomo, da gruppo sociale a gruppo sociale. Persino da religione a religione. Perché una così grande variabilità? Perché gli uomini formulano i loro giudizi morali non attingendo a una fonte naturale che non esiste, ma sulla base di processi cognitivi espliciti e socialmente negoziati. Per questo i giudizi morali e i sistemi morali (gli insiemi di giudizi morali tipici di un gruppo, di un popolo, di una cultura) evolvono nel tempo. Ma non si tratta di un’evoluzione adattiva (evoluzione darwiniana), bensì di un’evoluzione culturale. Se, dunque, non esiste una morale naturale, se non esiste una morale assolu- ta, allora crollano i fondamenti etici della nostra società? Niente affatto. Perché proprio l’assenza di una fonte universale di norme morali aumenta la nostra responsabilità individuale. E proprio l’esistenza di diversi insiemi morali, tutti legittimi ma non sempre con lo stesso grado di legittimità, rende la tolleranza di tutti nei confronti di tutti se non un principio morale (questo sì) assoluto, quanto meno una pratica razionale e necessaria. Riassumendo. In natura esiste la categoria, piuttosto diffusamente, la categoria della capacità morale. Questa capacità l’uomo l’ha ricevuta in quantità ben più grande (immensely in degree) rispetto ad altre specie. Con questa capacità è in grado di definire griglie valoriali e di considerare bene il comportamento che rispetta quella griglia e male il comportamento che non la rispetta. Ma «quali» giudizi morali esprime, come sono costituite di volta in volta queste griglie valoriali, questo è sotto la completa responsabilità dell’uomo. La costruzione di queste griglie valoriali è determinata dalla storia. Ed è questa la ragione per cui di griglie valoriali diverse le comunità umane ne ha elaborate molte, in diversi luoghi e in diversi tempi. Ciò non significa affatto cadere in un relativismo totale: per cui ogni e qualsiasi comportamento umano va bene. La gran parte delle griglie valoriali elaborate dall’uomo nel corso della sua storia tendono a premiare gli «istinti sociali» e a condannare gli «istinti antisociali». saggezza eco-solidale In definitiva, il fatto che dopo Darwin l’uomo sa di essere tutto e per intero «dentro la natura» non determina affatto, come temeva il reverendo Adam Sedgwick, lo sgretolamento delle fondamenta etiche della società. Al contrario, cementa la società: perché, come scriveva lo stesso Darwin, gli uomini saggi sentono che «la massima soddisfazione deriva loro dal seguire certi impulsi e precisamente gli istinti sociali». Oggi la ragione e il sentimento inducono gli uomini saggi a trarre la massima soddisfazione perseguendo sia il bene della società sia il bene della biosfera, peraltro strettamente intrecciati. Cosicché la consapevolezza di essere completamente «dentro la natura» obbliga l’uomo a essere sapiente e razionale. Lo obbliga, come sostiene il filosofo Orlando Franceschelli, a una «saggezza eco-solidale». Pietro Greco