l`origine della moralità

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COME CAMBIA LA DEMOCRAZIA
NATURA E CULTURA
l’origine della moralità
Pietro
Greco
L
i hanno trovati a Nataruk, in Kenya. Erano in dieci, compreso un
bambino e una donna incinta.
Sono morti diecimila anni fa, o giù
di lì. Tutti uccisi. Gli antropologi
che lo scorso mese di gennaio ne
hanno parlato sulla rivista Nature concordano: si tratta della prima strage documentata compiuta da Homo sapiens e falsifica
una teoria nata debole, secondo cui l’uomo ha acquisito la capacità di compiere
stermini di massa solo dopo essere diventato agricoltore e allevatore ed aver acquisito il concetto di proprietà. Gli assassini
di Nataruk erano raccoglitori e cacciatori.
Ed, evidentemente, conoscevano il male.
Sapevano che il loro comportamento era
immorale.
un monumento mostruoso
ROCCA 15 MARZO 2016
In un libro, Naturalmente buoni, pubblicato qualche anno fa, l’etologo cognitivo
Frans de Waal (v. Rocca n. 3/2016) racconta di un grosso serpente, IM, cui un infortunio genetico aveva fatto crescere due teste. La mostruosità stava nel fatto che la
testa di sinistra, battezzata Istinto da Gordon Burghardt, lo psicologo ed etologo dell’Università del Tennessee che lo aveva preso in cura, e la testa di destra, Mente, lottavano strenuamente tra loro per procurare il cibo al medesimo corpo. IM aveva
due teste in perpetua guerra tra loro, ma
non conosceva il male.
O, almeno, questo è ciò che pensano in
molti, convinti, come Immanuel Kant, che
il mondo della natura non ha alcuna connessione diretta col mondo della morale.
Cosicché, a costoro, IM appare come un
monumento, mostruoso, che la natura ha
voluto erigere alla sua stupida amoralità.
Al contrario, l’umanità sarebbe l’unica specie che sa essere umanitaria. La moralità,
sosteneva alla fine dell’800 Thomas Henry Huxley, il biologo noto come «il mastino di Darwin», è la spada forgiata da Homo
sapiens per uccidere il drago del suo passato animale. Il senso morale distingue il
mondo degli uomini dal mondo naturale.
In natura non esistono né Francesco d’As26
sisi, che ha dedicato la sua vita al bene, né
gli assassini efferati di Nataruk, che hanno perpetrato il male. In natura esiste solo
IM, che magari ha due teste ma non ha un
senso morale.
la moralità non appartiene solo all’uomo
Ma hanno davvero ragione Kant e Huxley? La moralità appartiene solo all’uomo
ed è sconosciuta al resto della natura?
Frans de Waal ha speso alcune centinaia
di pagine per dimostrare che la moralità,
il senso del bene e del male, non appartiene solo all’uomo, ma è piuttosto diffuso in molte specie animali. La natura conosce l’altruismo e l’egoismo. La generosità e la crudeltà. Prendiamo, a esempio,
i nostri cugini più prossimi, gli scimpanzé. Tra quelli comuni (Pan troglodytes)
non è infrequente l’assassinio: ovvero l’uccisione, a volte efferata, di membri della
propria specie. Tra i bonobo (Pan paniscus) non esiste violenza e ogni controversia viene risolta in allegria con il sesso
(etero e omo). Entrambi sembrano avere
uno spiccato senso di ciò che è bene e di
ciò che è male.
Dove e quando nasce, dunque, la moralità, inclusa quella capacità di esprimere
giudizi morali che consente di distinguere il bene dal male?
l’antropologia di Darwin
Il tema è affrontato dallo stesso Charles
Darwin, che cerca di inquadrarlo nella sua
teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto. Darwin lo
considera così delicato da evitare di affrontarlo direttamente nell’Origine delle specie.
Preferisce prendere tempo e ne parla esplicitamente solo nel 1871, quando pubblica
l’Origine dell’uomo. L’idea di Darwin è che
l’uomo non rappresenti in alcun modo
un’eccezione, ma sia completamente interno alla natura. Frutto per intero dell’evoluzione biologica. Ne deriva che anche le sue capacità mentali non rappresentano un’eccezione: non differiscono in
genere (in kind) rispetto a quelle di altre
Non meraviglia, dunque, che la pericolosa idea di Darwin abbia avuto molti nemici. I più facili da individuare sono coloro
che, come alcuni movimenti religiosi (per
esempio gli evangelici), negano in toto
l’evoluzione biologica e propongono un
«creazionismo ingenuo».
Tuttavia le schiere dei nemici di Darwin
non si limitano ai «soldati di Dio», ai creazionisti militanti del mid-west americano che ancora credono nella creazione del
mondo realizzata da Dio poco più di 6.000
anni fa. Sono su posizioni non darwiniane anche coloro che, pur accettando l’evoluzione biologica nel tempo profondo e il
ruolo centrale della selezione naturale,
pongono le capacità mentali umane «fuori dalla natura» e considerano la moralità
– come sosteneva persino Thomas Henry
Huxley, il «mastino di Darwin» – la spada
forgiata dall’uomo per uccidere il drago del
suo passato animale. Anche oggi molti evoluzionisti, credenti e non, pongono come
Huxley le capacità morali di Homo sapiens
al di là dei processi adattativi della selezione naturale e «fuori dalla natura». Restituendoci, in maniera più o meno sofisticata, l’idea che le qualità morali siano
state conferite all’uomo con un atto miracoloso da qualcosa (o da qualcuno) di trascendente.
Ma sono nemici di Darwin anche coloro
che sembrano accettare l’idea che l’uomo
è «dentro la natura» e che, proprio per
questo, considerano Homo sapiens naturalmente cattivo. La natura tutta sarebbe
intrinsecamente cattiva. E l’uomo, che ne
fa parte per intero, non sfuggirebbe a questo tragico carattere.
specie, anche se differiscono infinitamente per gradazione (immensely in degree).
Persino le capacità di esprimere giudizi
morali di Homo sapiens sono frutto dell’evoluzione biologica e non sono in kind
diverse da quelle di altre specie, anche se
a maggior ragione lo sono immensely in
degree.
Tutto ciò non mina alla base le fondamenta etiche della società umana, perché l’uomo non è (non deve essere) buono contro
natura. L’uomo, come tante specie animali, è per dirla con Frans de Waal, «naturalmente buono».
L’antropologia di Darwin è difficile da accettare: la rifiutavano tra gli altri sua moglie Emma, il suo maestro Adam Sedgwick, l’altro grande padre della teoria
evoluzionistica, Alfred Russel Wallace.
In realtà la natura sfugge a queste categorizzazioni. Non è né buona né cattiva. In
natura non sono scolpiti, come sulle tavole di Mosé, i comandamenti del bene: ma
neppure quelli del male. In natura molte
specie hanno acquisito, mediante processi adattativi di selezione naturale, la capacità di esprimere giudizi morali. In natura
che non è né buona né cattiva esiste la
moralità. Quando uno scimpanzé uccide
un suo simile sa di commettere una trasgressione di tipo etico.
Ma, se esiste una moralità in natura oltre
l’uomo, allora esiste una morale naturale
che può legittimamente aspirare a farsi riconoscere come universale? Giovanni Boniolo, filosofo della scienza, in un suo libro di qualche anno fa, Il limite e il ribelle,
mostra come, per molti versi, hanno ra27
ROCCA 15 MARZO 2016
esiste la moralità naturale?
NATURA E
CULTURA
gione sia coloro che, come Kant e Huxley,
parlano di una specifica moralità dell’uomo, sia quelli che, come Frans de Waal,
sostengono che la moralità non è disgiunta dalla biologia.
capacità morale e sistema morale
nel n. 5 abbiamo
pubblicato un
disegno relativo ad
Einstein e le onde
gravitazionali senza
la citazione della
fonte. Ne è autore
Antonio Sileo: ci
scusiamo con lui e
con i colleghi della
Rivista Left, che
l’aveva già
pubblicata
dello stesso Autore
BIOTECNOLOGIE
scienza
e nuove tecniche
biomediche
verso
quale umanità?
pp. 124 - i 15,00
ROCCA 15 MARZO 2016
(vedi Indice in RoccaLibri
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Il fatto è che bisogna distinguere tra capacità morale e sistema morale. La prima, la
capacità morale, consiste nella capacità di
formulare e applicare un qualsivoglia giudizio morale. Se volete, la capacità di distinguere tra un bene e un male. Questa
capacità ha una chiara origine biologica.
È il frutto dell’evoluzione per selezione
naturale. La capacità di formulare giudizi
morali è emersa, a un certo punto dell’evoluzione biologica, come un nuovo carattere adattivo, capace di conferire un vantaggio nella lotta per la sopravvivenza. Se mi
comporto bene e divido regolarmente il
cibo che ho raccolto con tutto il mio gruppo, le possibilità di sopravvivenza di tutti
– me compreso – aumentano.
Il sistema morale è invece l’insieme dei
giudizi morali specifici che vengono formulati nell’ambito di una società, umana
e non umana. I sistemi morali (il plurale è
di rigore) non hanno un’origine biologica.
Ma, come sostenevano Kant e Huxley, sono
una costruzione dell’uomo. Frutto della
sua evoluzione culturale. Frutto della sua
storia. In alcune situazioni e in alcune società animali (incluse quelle umane) è giudicato un bene la divisione equanime del
cibo con tutti gli altri componenti del gruppo. In altre situazioni e in altre società la
comunione dei beni è giudicata meno bene
e in altre ancora è giudicata un male.
evoluzione culturale
Tutti gli uomini hanno la capacità di formulare giudizi morali. Ma i giudizi morali formulati differiscono da uomo a uomo,
da gruppo sociale a gruppo sociale. Persino da religione a religione.
Perché una così grande variabilità? Perché
gli uomini formulano i loro giudizi morali
non attingendo a una fonte naturale che
non esiste, ma sulla base di processi cognitivi espliciti e socialmente negoziati.
Per questo i giudizi morali e i sistemi morali (gli insiemi di giudizi morali tipici di
un gruppo, di un popolo, di una cultura)
evolvono nel tempo. Ma non si tratta di
un’evoluzione adattiva (evoluzione
darwiniana), bensì di un’evoluzione culturale. Se, dunque, non esiste una morale
naturale, se non esiste una morale assolu-
ta, allora crollano i fondamenti etici della
nostra società? Niente affatto. Perché proprio l’assenza di una fonte universale di
norme morali aumenta la nostra responsabilità individuale. E proprio l’esistenza
di diversi insiemi morali, tutti legittimi ma
non sempre con lo stesso grado di legittimità, rende la tolleranza di tutti nei confronti di tutti se non un principio morale
(questo sì) assoluto, quanto meno una pratica razionale e necessaria.
Riassumendo. In natura esiste la categoria, piuttosto diffusamente, la categoria
della capacità morale. Questa capacità
l’uomo l’ha ricevuta in quantità ben più
grande (immensely in degree) rispetto ad
altre specie. Con questa capacità è in grado di definire griglie valoriali e di considerare bene il comportamento che rispetta quella griglia e male il comportamento
che non la rispetta. Ma «quali» giudizi
morali esprime, come sono costituite di
volta in volta queste griglie valoriali, questo è sotto la completa responsabilità dell’uomo. La costruzione di queste griglie
valoriali è determinata dalla storia. Ed è
questa la ragione per cui di griglie valoriali diverse le comunità umane ne ha elaborate molte, in diversi luoghi e in diversi
tempi. Ciò non significa affatto cadere in
un relativismo totale: per cui ogni e qualsiasi comportamento umano va bene. La
gran parte delle griglie valoriali elaborate
dall’uomo nel corso della sua storia tendono a premiare gli «istinti sociali» e a condannare gli «istinti antisociali».
saggezza eco-solidale
In definitiva, il fatto che dopo Darwin l’uomo sa di essere tutto e per intero «dentro
la natura» non determina affatto, come
temeva il reverendo Adam Sedgwick, lo
sgretolamento delle fondamenta etiche
della società. Al contrario, cementa la società: perché, come scriveva lo stesso
Darwin, gli uomini saggi sentono che «la
massima soddisfazione deriva loro dal seguire certi impulsi e precisamente gli istinti sociali». Oggi la ragione e il sentimento
inducono gli uomini saggi a trarre la massima soddisfazione perseguendo sia il bene
della società sia il bene della biosfera, peraltro strettamente intrecciati. Cosicché la
consapevolezza di essere completamente
«dentro la natura» obbliga l’uomo a essere sapiente e razionale. Lo obbliga, come
sostiene il filosofo Orlando Franceschelli,
a una «saggezza eco-solidale».
Pietro Greco
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