La terapia cognitiva per il panico e agorafobia in soggetti con

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Studi sperimentali
La terapia cognitiva per il panico e agorafobia in soggetti
con Funzionamento Intellettivo Limite
Cognitive therapy for panic and agoraphobya with
Limited Intellective Functioning subjects
GIAN LUIGI DELL’ERBA
Servizio di Psicologia Clinica, ASL LE/2 Maglie (Lecce)
Associazione Psicologia Cognitiva, Roma
RIASSUNTO. Introduzione. Lo scopo del lavoro è quello di studiare la possibilità della terapia cognitiva a trattare soggetti
classicamente resistenti alle terapie psicologiche come i soggetti con Funzionamento Intellettivo Limite (FIL). La terapia cognitiva è già un trattamento di scelta per la maggior parte dei disturbi d’ansia e dell’umore, e ha risultati almeno uguali ad altri nelle altre condizioni cliniche. Materiali e Metodo. L’Autore effettua uno studio controllato di 46 soggetti con panico e
agorafobia e FIL nel Quoziente Intellettivo (QI). Risultati e Conclusioni. I risultati dimostrano che il trattamento cognitivo, sia combinato con farmaci sia senza, se reso pedagogicamente orientato è efficace in queste condizioni cliniche.
PAROLE CHIAVE: terapia cognitiva, Funzionamento Intellettivo Limite (FIL), panico.
SUMMARY. Introduction. The aim of this work is to analyse the goodness of cognitive therapy to treat psicological treatment resistant patients as the Limited Intellective Functioning (LIF). Cognitive therapy is just a choice treatment for most
mood and anxiety disorders, and it has same or often more results as compared with others therapy. Material and Method.
The Author explain a controlled study with 46 patients with panic, agoraphobia and limited QI. Results and Conclusions.
Results demonstrate that cognitive therapy, both drug combined and no drug, pedagogically oriented is efficacy with these
clinical conditions.
KEY WORDS: cognitive therapy, Limited Intellective Functioning (LIF), panic.
INTRODUZIONE
Il trattamento cognitivo e cognitivo-comportamentale è, tra le psicoterapie, il più supportato e viene indicato come il trattamento di scelta nei disturbi d’ansia(1-4).
La psicoterapia cognitiva (TC) per i disturbi d’ansia, ed in particolare per il panico, ha avuto negli
ultimi 10 anni un crescente supporto di evidenze (2,5)
ed è diventata la scelta più indicata nel trattare l’ansia.
Sia la ricerca sperimentale sia la ricerca clinica hanno visto nel trattamento cognitivo un trattamento fondato sui dati e supportato scientificamente (1,6).
In numerosi studi, sia pazienti trattati con SSRI sia
con BDZ sia con entrambi sia senza farmaci hanno
raggiunto una condizione senza sintomi nel corso del-
la terapia, per un periodo che va in media dalle 5 settimane ai 5 mesi, nelle diverse condizioni di ricerca tra
diversi gruppi (3).
Nelle valutazioni dei trattamenti, la TC è risultata
anche superiore agli SSRI, al tofranil, alle BDZ in un
periodo di follow-up superiore all’anno, in cui i pazienti trattati solo con farmaci subivano ricadute in
una percentuale fra il 70 e il 95% (4).
La TC ha sempre avuto, nei diversi studi, un tasso di
ricadute relativamente basso pari al 15-30% (2,4,6-8).
Tutti gli altri trattamenti si rivelano indadeguati verso i disturbi d’ansia in genere e, in particolare, verso il
panico (3,4). Nei pazienti con comorbilità con altri disturbi d’ansia e depressione anche i trattamenti con
farmaci sono meno efficaci, e si riscontrano molte ricadute (3,4).
E-mail: [email protected]
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La terapia cognitiva per il panico e agorafobia in soggetti con Funzionamento Intellettivo Limite
I trattamenti con TC per il panico e i disturbi d’ansia rimangono abbastanza buoni nei risultati (1,4,5).
Uno degli aspetti classicamente più deboli dei trattamenti psicoterapeutici, a differenza dei trattamenti
farmacologici, era rappresentato dai pazienti non indicati per la terapia psicologica. Uno di questi criteri di
non indicazione era la valutazione dell’intelligenza (5).
Soggetti con intelligenza deficitaria sono stati visti
come non adeguati alla psicoterapia, o tuttalpiù da
orientare verso applicazioni ristrette di tecniche comportamentali (2,5).
In questo lavoro si vuole mettere in luce la capacità
della TC di essere flessibile e adeguata per trattare i
pazienti con intelligenza FIL.
La terapia cognitiva standard per i disturbi d’ansia
Sulla base di molteplici evidenze, si può dire che la
TC è diventata la terapia di scelta per i disturbi d’ansia
(4,5). Negli ultimi 15 anni le ricerche che indicano l’efficacia della TC per l’ansia e il panico, in particolare,
sono state progressive e sempre più chiare (3).
Le caratteristiche del trattamento cognitivo hanno
le seguenti caratteristiche comuni (9-11):
– socializzazione al paziente del modello ABC;
– esame degli episodi problematici stabilendo un collegamento tra stimoli, pensieri e risposte emotive;
– identificazione di un costrutto o schema significativo responsabile di un certo pattern di interpretazioni tipiche del paziente;
– modificazione di inferenze, valutazioni e schemi legati a risposte disfunzionali del paziente;
– promozione di condotte legate all’acquisizione di
scopi costruttivi;
– interruzione dei circoli viziosi legati agli evitamenti,
protezioni e rassicurazioni che il paziente mette in
atto attraverso l’esposizione in vivo e la ristrutturazione delle cognizioni disfunzionali.
La terapia cognitiva del panico e agorafobia
Il modello cognitivo del disturbo di panico con agorafobia pone grande enfasi sull’interpretazione errata
dell’ansia che il paziente elabora (12,13). Secondo
questo modello, il primo attacco di panico può essere
dovuto a numerosi fattori come una vulnerabilità biologica a certi stressor fisiologici oppure a una temporanea modificazione fisiologica dovuta a fattori biologici variamente casuali (14-16). Questo attacco inaspettato viene interpretato dal paziente in modo catastrofico: “Ho un infarto”, “Sto diventando pazzo”. Co-
me conseguenza di questo processo mentale, il paziente diventa ipersensibile e allarmato su numerosi segnali interni di attivazione, arousal e sensazioni “estreme”. Non appena egli focalizza questi stimoli propriocettivi (sensazioni psicofisiologiche), egli interpreta
come pericolose normali sensazioni: “Il mio cuore sta
pulsando troppo forte” o “Mi sento debole, forse ho un
collasso”.
Queste interpretazioni errate evolvono in sensazioni sempre crescenti di arousal, collasso e desiderio impellente di fuga. L’agorafobia si sviluppa come risultato di un evitamento condizionato, di un apprendimento focalizzato, non appena il paziente apprende a evitare quelle situazioni che crede possano portare ad altre situazioni minacciose e temute. L’elemento chiave,
quindi, non è strettamente il sintomo acuto di una
qualche causa biologica, ma la paura di avere un nuovo attacco. Questa è la caratteristica della sindrome da
attacchi di panico, nella quale le aspettative catastrofiche e l’ansia di anticipazione sono l’elemento emergente (7,9,10,17-20).
Molti pazienti con agorafobia presentano, dopo un
certo tempo, una diminuita quantità di attacchi di panico in quanto essi evitano sempre più le situazioni “a
rischio”.
Possono essere indicati i seguenti punti fondamentali e caratteristici del trattamento (10):
1) Nell’assessment il terapista deve informarsi di tutti i
possibili modi attivati dal paziente per evitare di
avere gli attacchi e che, secondo la sua prospettiva,
lo proteggono dall’ansia acuta. La valutazione degli
evitamenti è fondamentale per la pianificazione del
trattamento.
2) Il paziente deve essere informato del modello cognitivo ABC, e devono essere brevemente ma chiaramente affrontati gli eventuali punti oscuri o di
dubbio. In questa fase, il terapista pone in risalto il
meccanismo di evitamento e illustra il suo naturale
contrario, l’esposizione, privilegiando una modalità
graduale di applicazione. Si illustrano, inoltre, con
una certa approssimazione, alcuni tipici sintomi degli stati di stress. Al paziente viene illustrato, in particolare, il meccanismo della iperventilazione, del
suo ruolo nella produzione dei principali sintomi di
allarme, e il modo per bloccare o prevenire tale atteggiamento respiratorio, anche mediante la respirazione addominale frazionata o diaframmatica. Esso viene spiegato senza però indurre un comportamento protettivo (21).
3) Il terapista aiuta il paziente a raccogliere informazioni sulle inferenze e sulle altre cognizioni disfunzionali, con l’uso di diari e schede, e inizia a guidare il soggetto verso un atteggiamento di verifica
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Dell’Erba GL
empirica e critica delle cognizioni catastrofiche. In
questa fase, il paziente può iniziare un’attività di
graduale ristrutturazione, spesso con l’uso delle
spiegazioni alternative e la determinazione del
grado di convinzione (anche con altre varianti).
Viene particolarmente chiarito il tentativo del paziente a fuggire ed evitare come un retaggio naturale di sopravvivenza che spesso può essere errato,
e che i tentativi di sfuggire alle stesse sensazioni di
attivazione (lieve stress quotidiano) sono uno scopo non adeguato; si illustra la via più diretta che è
l’esposizione alle sensazioni interne, anche per verificare che non sono catastrofiche o preliminari a
un attacco.
4) Una volta avviato il trattamento, il paziente viene
motivato a esporsi gradualmente mediante un piano
gerarchico di luoghi o situazioni temute o “a rischio”. In questa fase è spesso opportuno che anche
qualche membro della famiglia collabori o sia almeno informato del significato di tali prescrizioni, in
quanto spesso le relazioni familiari sono tese o compromesse, anche sulla base della sintomatologia del
paziente e delle sue richieste di appoggio e supporto (a volte nella forma di “pretese” e “doverizzazioni”) (11,16,20,22).
5) Il paziente viene incoraggiato a tenere bene in vista
il compito graduale dell’esposizione, e a porsi come
obiettivo la crescente autonomia rispetto ai luoghi e
alle attività trascurati a causa del disturbo. Si incoraggia il soggetto a effettuare letture indicate sul
proprio disturbo e sul modello ABC (vi sono numerosi fascicoli scritti per questo scopo).
6) A volte, il paziente desidera porsi obiettivi più a lungo termine e che riguardano il proprio atteggiamento generale; in questo caso l’obiettivo del trattamento deve essere modificato e conseguentemente
anche la pianificazione della psicoterapia assume
una forma differente; il paziente, in pratica, non fa
più un trattamento mirato al disturbo da panico, ma
intraprende una psicoterapia di modificazione degli
schemi (personalità).
Il Funzionamento Intellettivo Limite
Quando un soggetto presenta un Quoziente Intellettivo (QI) che è compreso tra 71 e 84 punti ponderati in una misura del QI, la sua condizione viene denominata Funzionamento Intellettivo Limite (FIL). Il
FIL non è un vero disturbo, ma una “condizione” che
merita l’attenzione del clinico e che può essere collegata a situazioni di vulnerabilità o ad aspetti clinici, come chiarito nel DSM-IV TR (23).
Le caratteristiche del FIL sono ancora poco definite e poco studiate dai clinici e ricercatori in campo psicologico e psichiatrico. Gli aspetti più comuni sono
certamente un lieve concretismo, un certo stile pratico,
una certa “ottusità” generale, un certo aspetto pedante
e poco “intuitivo” nello stile relazionale, un lieve deficit nelle abilità metarappresentative legate alla capacità di comprendere bene la propria mente, quella altrui e la relativa condotta, l’abilità di rappresentarsi in
modo più sofisticato il mondo sociale, e la relativa
semplicità nella comprensione dei propri stati fisici.
Tutti questi aspetti metacognitivi e rappresentativi sono stati studiati per diversi disturbi (3,22,24,25). Il FIL
come condizione legata alla clinica ha avuto poca attenzione.
Il nostro studio vuole colmare soltanto un limitato
aspetto di questo settore. Si rimanda a successivi lavori e studi l’approfondimento dettagliato di tale condizione.
Il trattamento cognitivo per l’ansia nei soggetti con FIL
Gli aspetti del trattamento cognitivo con soggetti
aventi un QI più limitato sono caratterizzati dall’avere
una veste semplice ed educazionale; inoltre, ogni punto del processo terapeutico è sempre corredato da applicazioni pratiche rese semplici e ripetitive.
Le caratteristiche del trattamento cognitivo con FIL
sono le seguenti:
– condivisione del modello ABC con vari e numerosi
esempi;
– decatastrofizzazione e normalizzazione dei sintomi
ansiosi;
– educazione dei meccanismi biologici sulle emozioni
e funzioni biologiche del corpo umano;
– esposizione graduale in vivo quasi sempre con l’aiuto materiale del terapeuta;
– accento sulle autogiustificazioni e i comportamenti
protettivi visti ed esplicitati in forma scritta come
“evitamenti”;
– accento e spiegazione sulla natura dei meccanismi
delle preoccupazioni e la relazione con le emozioni;
– accento sui comportamenti legati alla fretta e all’affanno, e spiegazione e illustrazione del meccanismo
della iperventilazione collegata alla correzione mediante respirazione frazionata addominale;
– ristrutturazione di assunzioni relative alla debolezza, fragilità, inadeguatezza;
– forte accento sulle cognizioni relative al controllo di
sé e alla preoccupazione di “perdita di controllo”;
– follow-up lungo ed esauriente.
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La terapia cognitiva per il panico e agorafobia in soggetti con Funzionamento Intellettivo Limite
Scopi
Per studiare la flessibilità della TC a trattare efficacemente i soggetti ansiosi con disturbi di panico e agorafobia con FIL, ci si è posti lo scopo di valutare l’andamento di 46 soggetti trattati presso un ambulatorio
del servizio pubblico aventi le caratteristiche prescelte.
L’obiettivo del lavoro è dimostrare che il trattamento cognitivo per l’ansia può essere reso flessibile per
trattare in modo valido e affidabile soggetti tradizionalmente poco trattabili.
MATERIALI E METODO
Campione
Il campione della ricerca è costituito da 46 soggetti
afferenti a un ambulatorio del Servizio di Psicologia
Clinica di una ASL. La selezione dei soggetti è stata
caratterizzata da un criterio casuale temporale, vale a
dire tutti i soggetti con tali caratteristiche in un anno.
Il campione è risultato composto da 34 soggetti di sesso femminile e 12 di sesso maschile. L’età è risultata
compresa tra i 19 e i 51 anni, con una media di 35 anni e
una deviazione standard di 8,2 anni. Il grado di scolarità
era compreso tra 6 e 12 anni, con una media di 7 anni.
Tutti i soggetti avevano una diagnosi di disturbo di panico con agorafobia e FIL. Alcuni soggetti presentavano
una comorbilità con altri disturbi di asse I. Due soggetti
evidenziavano distimia, 2 soggetti presentavano un disturbo ossessivo compulsivo, 3 soggetti evidenziavano
un disturbo d’ansia generalizzato. Gli altri soggetti non
avevano comorbilità né in asse I né in asse II. Di questi
46 soggetti, alcuni assumevano una terapia farmacologica. Di tutti i pazienti, 12 soggetti assumevano degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)
in associazione con benzodiazepine (BDZ) mirate al panico (prevalentemente alprazolam), 8 soggetti assumevano, invece, solo degli SSRI, 7 soggetti solo BDZ, e gli
altri 19 non assumevano alcun farmaco. Tutti i pazienti
assumevano la terapia farmacologica da circa 2 mesi
considerato il primo incontro di assessment, 1 solo paziente aveva assunto i farmaci solo un giorno prima.
Strumenti
Come strumenti di valutazione sono stati impiegati
sia l’intervista clinica strutturata per la diagnosi SCID-I
(26) più gli altri accertamenti di rito (intelligenza, funzioni mentali, disturbi attuali, personalità, funzionamento globale) sia alcuni metodi di monitoraggio cli-
nico. Un primo strumento è stato il PSI che, essendo
un’evoluzione del SCL90, valuta alcuni fattori clinici
attuali ed è composto da 90 sintomi. Le caratteristiche
psicometriche di questo strumento, che si sono rivelate molto buone, sono discusse altrove (27). Inoltre, è
stato impiegato un metodo di valutazione del numero
di episodi che si è rivelato utile non solo per capire la
cessazione degli episodi di panico, ma anche per seguire l’andamento del miglioramento durante il processo
terapeutico.
Un altro metodo molto caratteristico della terapia
cognitivo-comportamentale è la valutazione soggettiva
dei livelli di ansia durante gli episodi problematici
(28). L’andamento dei valori di tali indici, infatti, è un
indicatore del miglioramento clinico (10,29). I risultati
si riferiscono a un monitoraggio mensile.
RISULTATI
Come si può notare dalla Figura 1, i risultati del
monitoraggio mensile sono non soltanto altamente significativi, ma anche progressivamente tendenti alla risoluzione dei sintomi. La differenza tra sesso maschile
e femminile non è risultata statisticamente significativa, come neanche il grado scolare, il QI e l’età. Neppure le differenze tra soggetti che assumevano farmaci e
i soggetti senza terapia farmacologica sono risultate significative statisticamente. Inoltre, neanche le differenze tra i soggetti nei tre raggruppamenti farmacologici (SSRI+BDZ, SSRI, BDZ) sono state significative.
I soggetti, almeno matematicamente, sono risultati
appartenenti a un unico insieme, vale a dire soggetti
che hanno intrapreso un trattamento cognitivo (che è
la variabile fissa) monitorato nel tempo.
Considerando i risultati in ogni fattore clinico, i 3
cluster più elevati risultano essere l’attivazione somatica, l’ansia generale, i sintomi fobici, e questo sarebbe
in linea con un profilo medio dei pazienti aventi un disturbo di panico e agorafobia senza comorbilità (27).
Le maggiori differenze sono quelle relative al 1° incontro e al mese successivo. Questo potrebbe essere
l’impatto positivo della TC, anche nella sua versione
PsicoEducazionale. Per i soggetti che assumevano farmaci, certamente, ha giovato il primo periodo di assunzione, ma come si è detto le differenze tra soggetti
con farmaci e soggetti senza medicine non sono coglibili statisticamente, quindi sarebbe improbabile formulare cause differenti per i due diversi gruppi.
Un altro periodo molto positivo come miglioramenti è stato dal 3° al 4° mese per l’ansia generale e dal 4°
al 5° per i sintomi fobici. Questo risultato potrebbe essere un differente timing nella procedura degli inter-
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60
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Att. So- Osses- Ipersen- Sint. De- Ansia
Ostilità
matica
sività
sibilità pressivi Generale
Sint.
St. Alter.
Paranoia
Fobici
Psicotici
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3
0
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0
0
Figura 1. Grafico e tabella dei punteggi del PSI relativi al monitoraggio mensile nel corso del trattamento. Il primo con l’ultimo sono significativi statisticamente per p=0.001 e p=0.05.
venti e una diversa capacità di sviluppare coping e fare progressi. Le esposizioni per combattere gli evitamenti sono state più durature rispetto ai progressi verso le preoccupazioni generali. Questo indicherebbe
una maggiore difficoltà di tali soggetti a mettere in
pratica e a giovarsi delle procedure probabilmente più
subdole (comportamenti protettivi e rassicurazioni di
altri significativi) rispetto alla tranquillizzazione più
generale. Alla fine del trattamento i soggetti non avevano più i criteri del disturbo. Di tutti i soggetti, il 92%
ha mantenuto i risultati dopo un anno. Dei 19 soggetti
senza farmaci, 1 ha avuto una breve ricaduta dopo 16
mesi. Dei 27 soggetti che assumevano farmaci, 2 hanno
avuto una ricaduta dopo 14 mesi.
Il trattamento cognitivo per il disturbo di panico e
agorafobia potrebbe senz’altro candidarsi a essere il
trattamento di scelta anche in soggetti con un QI più limitato vale a dire una condizione FIL.
DISCUSSIONE
Una considerazione a parte deve essere fatta per i
problemi nel trattamento con questo tipo di soggetti
difficili. Affermare e dimostrare che la terapia cognitiva è efficace per i soggetti FIL che hanno il panico non
vuol dire che essi effettuino il trattamento senza incontrare problemi. Per lo psicoterapeuta conoscere i
tipici ostacoli può essere molto utile per individuare
nel modo migliore le strade per superarli.
I problemi più caratteristici sono stati i seguenti:
– la non condivisione del modello ABC e la difficoltà
a capire che le emozioni sono attivate da valutazioni e pensieri (nel modello ABC, che i C sono determinati dai B);
– una certa difficoltà a tenere conto dei propri comportamenti di prudenza che chiamiamo “protettivi”,
delle autogiustificazioni, delle preoccupazioni rela-
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La terapia cognitiva per il panico e agorafobia in soggetti con Funzionamento Intellettivo Limite
tive al controllo di sé, e la tendenza a chiedere continuamente rassicurazioni in modo esplicito o implicito;
– probabilmente a causa della comorbilità con il DAG
e il DOC, il lavoro sulle metapreoccupazioni (le
preoccupazioni di avere le preoccupazioni) è stato
più duro (22,25);
– la tendenza a non effettuare le esposizioni è stato un
problema che è stato risolto con una partecipazione
attiva del terapeuta o con il coinvolgimento attivo dei
familiari o persone significative nella vita del paziente;
– tipicamente, questi soggetti tendono a non prendere
la responsabilità per il tipo di problemi che sperimentano e quindi la caratteristica di non essere
troppo abili a rendersi conto che un certo tipo di valutazioni e cognizioni hanno effetto pratico sulla
condotta e sulle reazioni emotive, ma al contrario
coinvolgono i familiari o le persone significative in
episodi che vedono questi ultimi solo spettatori o
presenti per caso (30).
La risoluzione di tali ostacoli e difficoltà adottando
un formato della psicoterapia come quella psicoeducazionale e partecipativa ha reso questi pazienti difficili
trattabili in modo soddisfacente ed efficace.
CONCLUSIONI
Il trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia è tradizionalmente un ambito in cui la maggior parte delle ricerche sulla efficacia dei trattamenti ha visto questo
modello psicoterapeutico valido, affidabile ed economico come anche appropriato (2,4,5). In particolare, il
trattamento mirato al disturbo di panico è stato un territorio particolarmente fortunato per la terapia cognitiva standard (3).
Particolari pazienti classicamente resistenti a ogni
tipo di trattamento psicologico si sono dimostrati trattabili adottando un formato più flessibile e pedagogicamente orientato. I risultati promettenti, anche se limitati, lasciano sperare che altri ricercatori si confrontino su pazienti difficili ai trattamenti efficaci per i casi ordinari.
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