Dott. Luca Cipriani INDICE INTRODUZIONE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI • • • • INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE COMORBIDITA’ ED AUTOSUFFICIENZA RUOLO DELLE PATOLOGIE CRONICO DEGENERATIVE IMPATTO SOCIALE DELLE DEMENZE LA DEMENZA DI ALZHEIMER DEMENZA VASCOLARE E DEMENZA DI ALZHEIMER LA DEMENZA SU BASE VASCOLARE • DEFINIZIONE • CLASSIFICAZIONE • DATI EPIDEMIOLOGICI • FATTORI DI RISCHIO • QUADRO CLINICO • MECCANISMI PATOGENETICI • QUADRO NEUROPATOLOGICO • QUADRO NEURORADIOLOGICO APPENDICE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE Nei paesi industrializzati nell'ultimo trentennio si è potuta osservare una transizione demografica che ha comportato il passaggio da un'alta ad una bassa fertilità e mortalità con il conseguente invecchiamento della popolazione. Ma oltre a ciò la stessa popolazione anziana invecchia con un aumentato numero in termini percentuali ed assoluti di "grandi vecchi", ultraottantacinquenni COMORBIDITA' E AUTOSUFFICIENZA Con l'età aumenta anche l'incidenza delle malattie, molte delle quali a carattere cronico, per cui nell'anziano si configura spesso un quadro di polipatologia. Studi epidemiologici su vasta scala hanno oramai definitivamente dimostrato che l'età è un importante fattore di rischio di comorbidità non autosufficienza. D’altronde questa affermazione, compresa dalla maggior parte degli operatori sanitari come un dato di fatto, ha bisogno di un’importante spiegazione. L'età di per se non è un indicatore epidemiologico di disabilità se non in quanto legato strettamente alla comorbidità. Con l'avanzare dell'età aumentano in maniera direttamente proporzionale il numero di malattie di cui un singolo paziente può essere portatore: sono queste ultime ed il loro numero ad essere, a loro volta, direttamente correlate con il rischio di non autosufficienza. IL RUOLO DELLE PATOLOGIE CRONICHE E DEGENERATIVE Circa il 20% degli anziani al di sopra dei 65 anni di età è affetto da più patologie capaci di limitare l'autonomia personale. In questo gruppo di anziani vi è il maggiore rischio di perdita dell'autonomia e l'anziano in tali condizioni viene definito appunto per questo "fragile", mutuando tale appellativo dal termine anglosassone "frail”. Tra le patologie più frequenti in questa classe di età vi sono le patologie cardiovascolari, le neoplasie e le demenze. Lo scompenso cardiaco e la demenza senile sono due patologie assai frequenti nell'anziano. La loro incidenza, rispettivamente del 2.5 % e del 1 % al di sotto dei 65 anni, aumenta con l'età facendo sì che nei grandi vecchi con una relativa frequenza siano presenti al contempo entrambi i disturbi (34,203). La relazione tra invecchiamento demografico e i dati epidemiologici delle demenze evidenziano un aumento esponenziale della prevalenza di demenza con l'avanzare dell'età tale che attualmente si parla addirittura di epidemia di demenza. Un deficit cognitivo è presente nel 15% della popolazione ultrasessantacinquenne per crescere fino al 25-50% degli ultraottantacinquenni. Dalla prima definizione di Haschinski di demenza vascolare del 1974 come demenza multiinfartuale ad oggi il concetto di demenza vascolare è stato sottoposto a successive reinterpretazioni sulla base delle nuove acquisizioni epidemiologiche, anatomopatologiche e neuroradiologiche ed è tutt'oggi soggetto ad ampie revisioni e critiche. IMPATTO SOCIALE DELLE DEMENZE La diffusione della demenza è legata allo scenario demografico di questi ultimi anni: l'aumento della spettanza di vita alla nascita e in età avanzata che si è verificato nei decenni scorsi. L’aumento della prevalenza degli anziani ha parallelamente indotto quella delle persone affette da demenza; anche se le coorti più recenti presentano minore morbilità rispetto al passato. Non vi è un rapporto diretto tra invecchiamento e demenza; la malattia è età-specifica, con meccanismi patogenetici propri. A tale proposito sono di grande interesse i dati sulla prevalenza negli ultra novantenni, quando sembra compaia un plateau (o addirittura una riduzione negli ultra novantacinquenni). La demenza è diventata una malattia a forte impatto sociale non solo per le sue complessive dimensioni, ma anche perché è mutato il microambiente nel quale viene gestita. Nel passato, anche recente, la famiglia e le comunità locali avevano dimensioni e consistenza che permettevano di supportare condizioni anche gravi di disagio e di malattia, senza che al loro interno avvenissero drammi o gravi squilibri. Oggi, invece, la presenza di un ammalato, che nei molti anni di storia clinica presenta fasi di lunga durata nelle quali ha bisogno di un forte supporto, si scontra con una delle caratteristiche centrali della società contemporanea, cioè la crisi delle microaggregazioni, la ricerca di forme nuove di aggregazione, fondate su ciò che resta della famiglia, su nuovi rapporti di vicinato, sulle libere espressioni di generosità individuale e sul contributo determinante di servizi formali, in grado di consentire all'ammalato di rimanere il più a lungo possibile nel proprio luogo naturale di residenza. Tra gli aspetti da osservare con attenzione, nonostante vi sia stato dedicato molto interesse in questi ultimi anni, è il rapporto tra l'ammalato e la sua famiglia, al fine di comprendere i fattori che da ambo le parti permettono il mantenimento del rapporto di caregiving e quali invece portano all'esplosione del sistema (con conseguenze per il paziente). Infatti, a un'osservazione superficiale, sembra una dinamica semplice: ha, invece, una serie di determinanti altamente complesse di ordine sanitario, psicologico, sociale, economico, che ancora non sono state comprese, rendendo così difficile ogni razionale programma di interventosupporto che non voglia essere generico e assistenzialistico. Nel campo delle demenze si è assistito nell'ultimo decennio a un enorme sviluppo delle ricerche di base e cliniche. Le scienze biomediche contemporanee hanno dedicato particolare attenzione alle demenze, che sono sempre più studiate nei laboratori e nelle strutture cliniche. Dalla metà degli anni Ottanta si è iniziato a conoscere qualche dato sulla genetica della malattia e sui meccanismi di formazione di particolari sostanze a livello encefalico. Allo stesso tempo sono stati messi a punto protocolli diagnostici precisi, fondati sulle conoscenze neuropsicologiche e sulle tecnologie di imaging. Pur non volendo svuotare di significato prospettico quanto è stato ottenuto; allo stesso tempo è un segno di crisi, comune ad altre malattie cronico-degenerative, la difficoltà di trasferire dal laboratorio all'ammalato le conoscenze raggiunte. in grado di riparare il danno indotto dalla malattia. Anche l'enfasi che è stata dedicata alle tecnologie di imaging (TAC, risonanza magnetica, SPECT, tomografia a emissione di positroni) corrisponde a un progresso solo parziale; questi strumenti non permettono una diagnosi di certezza di demenza e aiutano soltanto nella diagnosi differenziale o per esclusione. Allo stesso modo 1'imaging funzionale come strumento per l'identificazione in vivo nell'uomo dei meccanismi che portano al danno neuronale non ha permesso di comprendere i rapporti causali tra eventi biologici ed eventi clinici. Su questo tema ha grande rilevanza lo studio delle cosidette fasi precliniche della demenza. Il problema diagnostico mette in luce anche l'eterogeneità clinica delle demenze: questo aspetto pone problemi non solo di diagnostica differenziale, ma interpretativi sulla fenomenologia dei sintomi cognitivi e non cognitivi, per esempio quale sia l'importanza della componente vascolare nell' Alzheimer. Dati recenti suggeriscono che gli infarti cerebrali giocano un ruolo incisivo nell'aumentare la gravità dei sintomi, aprendo un ampio spazio di ricerca sull'importanza dell' aterosclerosi nello sviluppo della demenza di Alzheimer. Sembra un ritorno indietro rispetto ad alcuni anni fa, quando si riteneva di separare nettamente sul piano patogenetico, oltre che clinico, le due condizioni.Qual'è da un lato il rapporto fra la biologia, la storia individuale, la personalità 1'ambiente, le patologie somatiche e l'espressione clinica delle demenze? Qual'è dall'altro l'impatto di una riduzione delle funzioni cognitive sulla sopravvivenza dell'individuo? LA DEMENZA DI ALZHEIMER La demenza è una sindrome caratterizzata dal deterioramento di abilità intellettuali precedentemente acquisite, che interferisce con il comportamento sociale o professionale. La prevalenza della demenza nei soggetti al di sopra dei 65 anni di età varia dal 5 al 11% a seconda dei vari studi di popolazione. Tale percentuale cresce con l'aumentare dell'età sino a colpire il 50% dei pazienti con più di 85 anni . L'invecchiamento della popolazione nelle nazioni industrializzate rende il problema della terapia e dell'assistenza a questi pazienti sempre più vivo. All'interno di tutte le demenze la malattia di Alzheimer è responsabile di circa il 65% di tutti i casi di demenza nei soggetti adulti. In assenza di marcatori biologici certi della malattia la diagnosi è di norma basata su criteri diagnostici clinici derivati per lo più o dal DSM IV o da NINCDS-ADRDA. Anche se negli ultimi dieci anni si è avuta una vera e propria esplosione di conoscenze relativamente ai meccanismi eziopatogenetici della malattia di Alzheimer, che è il prodotto della combinazione delle classiche tecniche neuropatologiche con le metodiche di derivate dalla biologia molecolare, l'eziologia della demenza di Alzheimer rimane tuttora incerta. Molti dati sperimentali sembrano individuare nella deposizione delle placche senili il primum movens nello sviluppo delle alterazioni della malattia di Alzheimer; la chiave per decodificare l'enigma costituito da questa malattia gravissima per l'enorme costo sociale e per l'impatto distruttivo sulle famiglie che essa comporta. Le alterazioni neuropatologiche nella malattia di Alzheimer sono molto caratteristiche: comparsa intracerebrale e nelle pareti dei vasi cerebrali e meningei di depositi extracellulari di amiloide (placche senili) e di alterazioni neurofibrillari all'interno del citoplasma neuronale, associate a cospicuo depauperamento della popolazione neuronale cerebrale. Alterazioni di minore importanza sono costituite dalla degenerazione grano-vacuolare dei neuroni piramidali dell'ippocampo e dalla comparsa di corpi di Hirano. Le alterazioni neurodegenerative presentano una caratteristica distribuzione anatomica interessando in maniera specifica le aree associative della corteccia cerebrale (lobi parietali, frontali e temporali) ed i nuclei sottocorticali che proiettano alla corteccia stessa. L'area cerebrale maggiormente colpita nel morbo di Alzheimer è l'ippocampo sia in termini di perdita neuronale che di perdita di connessioni con la corteccia circostante. Questa può essere una spiegazione dei deficit di memoria nelle fasi iniziali della malattia. Le basi neurobiologiche della memoria dichiarativa sono in via di comprensione. Le lesioni dell'ippocampo producono amnesia a livello della memoria dichiarativa ma non a livello di quella procedurale. Studi elettrofisiologici e di neuroimaging mostrano chiaramente che cambiamenti dell'efficienza sinaptica nell'ippocampo e nella rinocorteccia circostante mediano la memoria dichiarativa. È tuttora improbabile che i vari tipo di memoria vengano accumulati nell'ippocampo, dal momento che danni a questa regione tendono a limitare l'accumulo delle informazioni recenti, ma non il richiamo di memorie a lungo termine precedentemente accumulate. E' probabile piuttosto che l'accumulo della memoria avvenga nella corteccia (104, 126). L'anatomia della degenerazione neuronale, con l'interessamento preferenziale delle aree limbiche ed associative e la deafferentazione colinergica della corteccia indicano una selettiva vulnerabilità dei sistemi che presiedono alla memoria ed ai processi cognitivi, che è puntualmente confermata dal quadro clinico. Non si sono osservati pattern di degenerazione neurotrasmettitoriale nettamente definiti, ad eccezione della compromissione dei neuroni somatostatinergici e della selettiva vulnerabilità dimostrata dai neuroni colinergici dei nuclei della base. In particolare, gli assoni colinergici e le loro cellule d'origine nei nuclei della base vanno incontro a gravi alterazioni di carattere degenerativo. La deafferentazione colinergica è massiva in molte aree della corteccia cerebrale ed avviene precocemente nel corso della malattia. IPOTESI COLINERGICA L'ipotesi colinergici della malattia di Alzheimer deriva in particolare da una serie di rilievi basati su studi post-mortem e su biopsie che dimostrano deficit della sintesi di acetilcolina, dell'attività della colino acetiltransferasi e della captazione ad alta affinità di colina, ridotto rilascio di acetilcolina, perdita di recettori nicotinici ma non muscarinici. Numerosi studi morfometrici, istopatologici e di neuroimaging in vivo confermano tali dati(66). I difetti colinergici nella demenza di Alzheimer derivano dalla perdita consistente di terminazioni colinergiche della corteccia, nell'amigdala e nell'ippocampo dovuta a degenerazione dei neuroni colinergici del proencefalo basale, della banda diagonale di Broca e del nucleo basale di Meynert. Dal punto di vista neurochimico si possono riscontrare diverse anomalie della materia grigia cerebrale dei pazienti afflitti da malattia Alzheimer. I marker delle terminazioni nervose del sistema colinergico indicano l'esistenza di un grave disturbo a carico di questo trasmettitore. Vi è una riduzione marcata di Acetilcolinesterasi e di Acetilcolina nell'ippocampo e neocorteccia attribuita all perdita di cellule nei nuclei basali da cui inizia la maggior parte delle terminazioni colinergiche neocorticali. La colina acetiltransferasi, l'enzima che sintetizza l'acetilcolina che è considerata uno dei migliori indicatori del sistema colinergico, presenta infatti un'attività notevolmente ridotta in numerose aree cerebrali mentre variazioni di concentrazione dei recettori muscarinici e nicotinici sono meno consistenti (169, 182). A livello del tessuto cerebrale o del liquido cerebrospinale in pazienti affetti da demenza di Alzheimer si osservano specifiche variazioni neurochimiche della trasmissione colinergica. Nella corteccia e nell'ippocampo quest'ultima appare ridotta sia in termini di riduzione della captazione di colina che di riduzione complessiva dell'acetilcolintransferasi. Recettori nicotinici appaiono ridotti nella corteccia, mentre sono aumentati quelli muscarinici. Meno caratteristici appaiono le alterazione della trasmissione catecolaminergica, serotoninergica e degli altri trasmettitori che appaiono comunque sostanzialmente ridotti. I dati disponibili indicano quindi nel complesso l'esistenza di una disfunzione colinergica, confermata dai dati biochimici e di immunoistochimica, dovuta alla riduzione numerica dei neuroni colinergici che dai nuclei della base proiettano alla corteccia ed all'ippocampo. La perdita dell'acetilcolina è ritenuta centrale all'espressione di alcuni sintomi della malattia, soprattutto i disturbi cognitivi e la perdita di memoria. Vi sono, infatti, numerose prove sperimentali e cliniche che la trasmissione colinergica medi tali funzioni superiori. DEMENZA DI ALZHEIMER E DEMENZA VASCOLARE Numerosi sono i punti in comune fra la malttia di Alzheimer e la demenza vascolare. Alcuni fattori di rischio quali l’età, l’ipertensione arteriosa, l’allele epsilon 4 dell’apolipoproteina E elevati livelli di omocisteina sono in comune sia alla demenza vascolare che salla malattia di Alzheimer (180). Studi anatomo-patologici hanno dimostrato che la presenza di lesioni ischemiche in soggetti con malattia di Alzheimer definita è frequente e si correla con un’espressione clinica più severa della demenza stessa (183). E’ possibile che le due condizioni coesistano in una. La maggior parte degli studi epidemiologici si sono rivolti alla valutazione della prevalenza della malattia di Alzheimer e della demenza vascolare, che sono le forme più comuni di demenza nei paesi industrializzati. La demenza di Alzheimer rappresenta per lo più la causa più frequente di demenza nei paesi occidentali con significative variazioni da paese a paese, legati sia a fattori locali che probabilmente a un differente uso dei criteri diagnostici. La demenza vascolare rappresenta la seconda forma di demenza in ordine di frequenza, tranne che in Giappone. Un importante fattore da considerare è che il rischio per la malattia di Alzheimer e la patologia cerebrovascolare è direttamente legato all'età. La possibilità che quindi un paziente possa essere portatore di entrambe le patologie contemporaneamente è un'ipotesi sempre da valutare. Da una metanalisi di 32 studi di prevalenza la frequenza della demenza di Alzheimer è del 57%, mentre quella della demenza vascolare è del 13%. Le forme cosiddette miste, in cui coesiste una demenza di Alzheimer con una forma vascolare rappresentano circa l'1% di tutte le forme. Recenti lavori tendono a sottolineare l'importanza della patologia cerebrovascolare anche nel condizionare la gravità dei sintomi della malattia di Alzheimer. La diversità di espressione clinica della malattia di Alzheimer potrebbe dipendere infatti non solo da gradi diversi di interessamento neuropatologico specifico, ma anche dalla gravità di un concomitante interessamento cerebrovascolare. Infarti localizzati a livello di aree cerebrali di importanza strategica sembrano accentuare i sintomi della malattia di Alzheimer. Un interessamento anatomopatologico minimo da malattia di Alzheimer determina una demenza grave se associata ad infarti sottocorticali dei gangli della base e del talamo. In tal caso la terapia per la patologia cerbrovascolare e per il morbo di Alzheimer, e viceversa, potrebbero divenire sinergiche. Osservazioni recenti suggeriscono che le modalità di progressione del declino cognitivo nella demenza vascolare non sono uniformi, ma vi possono essere soggetti con un quadro clinico relativamente stabile per periodi molto lunghi, anche di anni, nei quali l’evoluzione avviene con il caratteristico andamento, accanto a soggetti nei quali la progressione del quadro clinico e simile a quello che si riscontra nella malattia di Alzheimer. Si ritiene che questo secondo gruppo sia rappresentato da forme in cui la malattia cerebrovascolare coesiste con la malattia di Alzheimer. Gli studi più recenti tendono sempre più a dimostrare che la malattia di Alzheimer non è un'entità singola. Nonostante i precisi criteri di diagnosi clinica e le più recenti tecniche di neuroimaging consentano di formulare con maggior accuratezza la diagnosi di malattia di Alzheimer probabile, con la rapida esclusione di forme secondarie e di quelle di natura chiaramente vascolare, non dimeno le nuove conoscenze sulla malattia fanno emergere sempre di più con chiarezza l'esistenze di forme atipiche, che pur potendo rappresentare varianti della malattia di Alzheimer possono anche configurarsi come forme a sè stanti sotto il profilo anatomopatologico. Oltre a ciò il legame tra malattia di Alzheimer e patologia cerbrovascolare deve essere ancora del tutto chiarito. L'età come fattore di rischio principale per entrambe le malattie può rappresentare un fattore confondente nella diagnosi differenziale precisa di queste due forme così come possono embricarsi l'una nell'altra. La mancanza di criteri clinici diagnostici più sensibili di quelli attuali nella diagnosi di demenza vascolare rende ancora più difficile la risoluzione del problema. Appare chiaro che la terapia delle varie patologia cronico degenerative rappresenta un caposaldo della terapia e di una corretta gestione assistenziale dei pazienti affetti da demenza e politologia. La correzione dei fattori di rischio insieme alla terapia antiaggregante, il corretto controllo dei valori della pressione arteriosa e dei valori glicemici rappresentano la conditio sine qua non per la cura di questi pazienti. Come già accennato nei pazienti affetti da demenza vascolare il danno anatomopatologico può essere assai vario, diffuso sottocorticale o corticale o con entrambe le manifestazione oppure legato a singole lesioni strategiche. L'alterazione conseguente a livello della neurotrasmissione sarà quindi conseguente all'entità ed al tipo di aree cerebrali coinvolte. Il danno sicuramente è di tipo più vario e diffuso dal punto di vista del danno recettoriale e di neurotrasmissione. Come ampiamente presentato in precedenza patologia cerebrovascolare e degenerativa primaria cerebrale possono coesistere. Possono rappresentare l'1% delle demenze o possono accompagnare la diagnosi di demenza di Alzheimer probabilmente accelerandone e complicandone il decorso. Alcune casistiche autoptiche riportano una prevalenza di coesistenza di malattia di Alzheimer con malattia cerebrovascolare intorno al 17%. Egualmente la scarsa sensibilità dei criteri diagnostici per demenza vascolare permette che in una discreta percentuale tale diagnosi venga omessa. L'interfaccia tra disordini vascolari e demenza degenerativa è un'area critica della ricerca ancora da approfondire. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato addirittura l'esistenza di una "Alzheimerized vascular dementia" che potrebbe costituire un sottotipo di demenza vascolare non infartuale (156). Nei pazienti in cui la diagnosi esclusiva di demenza su base vascolare non può essere posta ed in cui l'andamento temporale, pur in presenza di una patologia cerebrovascolare, non depone per una diagnosi di demenza vascolare può far porre il sospetto di una quota degenerativa primitiva nella genesi della demenza. Se quindi è chiaro ed irrinunciabile porre ogni sforzo terapeutico nell'impedire, attraverso misure di prevenzione, che il danno cerebrale si instauri o progredisca in presenza di una malattia cerebrovascolare, appare lecito in quei pazienti, in cui può comunque essere posta l'ipotesi diagnostica di un danno degenerativo primitivo cerebrale, instaurare una terapia che porti ad un aumento della trasmissione colinergica. L'ipotesi di una componente mista degenerativa e vascolare, la presenza di demenze vascolari da infarto in regioni strategiche, in cui spesso sono coinvolte le regioni ippocampali, talamo e gangli basali, il danno delle regioni colinergiche comunque ipotizzabile in tale tipo di demenza rende corretto l'approccio terapeutico mirato all'aumento del tono colinergico centrale, ottenibile con i nuovi inibitori dell'acetilcolinesterasi quali il donepezil. LA DEMENZA SU BASE VASCOLARE DEFINIZIONE Un recente aforisma afferma che il concetto di demenza vascolare ha una ricca storia, un confuso presente ed un futuro incerto (207). Sembra, infatti, apparentemente facile definire la demenza vascolare, ma in realtà è un concetto assai difficile da applicare nella pratica clinica, proprio per l’uso dei termini “vascolare” e demenza”. (86, 87,145). All'inizio del secolo la malattia cerebrovascolare era considerata la più comune causa di demenza nell'anziano ed il termine di "arteriosclerosi cerebrale" è stato a lungo il più usato per definire tale sindrome. La "demenza arteriosclerotica" o semplicemente "l'arteriosclerosi cerebrale" ha rappresentato la condizione clinica sotto la quale erano racchiuse tutte le situazioni caratterizzate da declino cognitivo nell'anziano, indipendentemente dall'eziologia, mentre la malattia d’Alzheimer era considerata rara e caratteristica dell'età presenile. A tutt'oggi c'è ancora una grande incertezza anche sul termine nosologico più appropriato da utilizzare in questa sindrome. Sebbene "demenza vascolare" sia il termine descrittivo più largamente utilizzato, molti hanno sollevato le loro perplessità sulla sua correttezza. A fede dell'acceso dibattito in corso, gli stessi autori che per primi coniarono il termine di "demenza multi-infartuale" ne riconoscono oggi la solo parziale efficacia, tanto da proporre un nuovo termine, più generico ma più ampio, di "deficit cognitivo vascolare". Infatti, a partire dalla definizione di demenza, che non può sempre essere applicata, richiedendo un deficit di memoria non sempre presente (88), la definizione di "vascolare" appare ancora più complessa da definire e delimitare. I criteri di riferimento per definire il tipo, la localizzazione e l’estensione delle lesioni richiedono ancora un consenso internazionale, così come anche la stretta definizione del criterio temporale che leghi i due eventi (39, 118, 148) E' molto difficile, data la complessità delle patologie che vanno sotto il nome di demenza vascolare, identificare e tipizzare in modo univoco questa malattia nel paziente in vita. Oggi appare quindi chiaro, rispetto a venti anni fa come la demenza vascolare rappresenti un’entità eterogenea diversa per la possibilità di più forme, differenziate per tipo, sede, numero e meccanismo. E' bene dunque parlare di demenze vascolari, e non di una singola forma patologica, in cui l'insieme dei possibili meccanismi patogenetici non è ancora del tutto chiarito. Le demenze vascolari rappresentano, sul piano eziologico, un gruppo eterogeneo di patologie aventi come momento fisiopatologico comune un danno cerebrale di natura ischemico ipossica, che si manifesta sul piano clinico con sintomi e segni riferibili ad un quadro di demenza. La demenza vascolare può essere definita come una sindrome clinica (demenza) d’indebolimento acquisito delle funzioni intellettive, conseguenza di un insulto cerebrale dovuto ad un disordine vascolare (malattia cerebrovascolare). Demenza vascolare è perciò un termine generico per indicare tutte le demenze causate da un danno cerebrale ischemico, emorragico e ipossico-ischemico, sebbene sia generalmente accettato che il danno cerebrale ischemico sia il più importante meccanismo di stroke. In maniera semplice, la definizione di demenza vascolare richiede sia la presenza di una sindrome dementigena che, nello stesso tempo, segni e sintomi d’interessamento vascolare del sistema nervoso (16). CENNI STORICI Ripercorrendo a ritroso la storia della nosografia della demenze vascolare e dei ripetuti cambiamenti della sua definizione, si può notare quello che può essere considerato un errore costante metodologico: quello cioè di identificare la definizione di "demenza vascolare" di volta in volta con uno dei suoi probabili sottotipi (59), senza mai porre la definizione di "demenza vascolare" nella posizione gerarchica di superordinata che le compete. Durante la metà di questo secolo, la definizione di "demenza vascolare" è stata a lungo utilizzata in maniera intercambiabile con i termini di "psicosi arteriosclerotica" o "arteriosclerosi cerebrale" (59, 125). Seguendo tale interpretazione la prima edizione del Diagnostic and Satistic Manual of Mental Disorders aveva classificato la demenza vascolare all'interno del capitolo "sindromi cerebrali croniche con arteriosclerosi cerebrale"(6). La seconda edizione del Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, pur mantenendo sostanzialmente inalterata la classificazione, ne aveva cambiato la terminologia definendola "psicosi con arteriosclerosi cerebrovascolare", e descrivendo la malattia come "un disordine cronico attribuibile all'arteriosclerosi cerebrale che può essere impossibile da differenziare dalla demenza senile o presenile, che può coesistere" (7). Il DSM-II inoltre includeva una seconda categoria nosologica di demenza vascolare definita "psicosi con altri disturbi cerebrovascolari", in cui erano inclusi "i disturbi circolatori come la trombosi cerebrale, l'embolia cerebrale, l'ipertensione arteriosa, la malattia cardiorenale e le malattie cardiache", aumentando in certo senso lo spettro delle possibili forme di demenza arteriosclerotica. Un fondamentale "ripensamento critico " sulla natura ed eziopatogenesi della demenza vascolare avvenne quando Fisher prima, nel 1968 e Hachinski, in seguito, proposero la teoria che la demenza avesse come origine degli infarti cerebrali multipli. Su tale assunto Hachinski coniò così nel 1974 il termine di "demenza multi-infartuale" da sostituire al precedente di "arteriosclerosi cerebrale", utilizzando una scala quantitativa, l’Hachinski ischemic score, per la diagnosi differenziale tra forme vascolari e malattia di Alzheimer (89). Tale definizione è stata quindi universalmente accettata, con poche eccezioni nel corso degli anni, tanto da divenire a sua volta sinonimo di demenza vascolare (170). Come conseguenza di tale stato dell'arte sia la terza edizione del Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders che la terza edizione rivista definivano la demenza vascolare come identica alla demenza multi-infartuale e limitata solo a questa forma (8,9). Nelle sezioni riguardanti la diagnosi di demenza vascolare il DSM-III e il DSM-III-R pur differenziando tra infarto cerebrale singolo ed infarti multipli, non menzionavano altre forme di demenza vascolare se non la sola demenza multi-infartuale. Il DSM I ed il DSM II hanno equiparato la demenza vascolare a quello che probabilmente è solo un sottotipo: la demenza arteriosclerotica. Il DSM-III ed il DSM-III-R più specificatamente, hanno equiparato la demenza vascolare con la sola demenza multi-infartuale, che anch'essa ora considerata solo un sottotipo di demenza vascolare. Il National Instute of Neurological and Communicative Disorders and Stroke NINCDS,, nella sua classificazione delle malattie cerebrovascolari, riconosceva due differenti sottogruppi di disordini vascolari: una "disfunzione cerebrale focale" ed una "disfunzione cerebrale generale". Sebbene i criteri del NINCDS si riferissero a disordini vascolari piuttosto che alla demenza vascolare di per sé, tali criteri erano però ampi abbastanza da permettere di classificarvi sia le sindromi vascolari infartuali che quelle non infartuali (144). NUOVE CLASSIFICAZIONI La quarta edizione del Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders include sia criteri per la demenza che i criteri vascolari. La diagnosi di demenza richiede deficit di memoria ed in almeno un’altra funzione cognitiva nonché il declino delle attività della vita quotidiana. I criteri vascolari includono sia segni e sintomi neurologici focali che la presenza di evidenze strumentali di malattia cerebrovascolare, giudicata temporalmente collegata alla demenza. Questa nuova definizione ed i nuovi criteri correggevano in parte l'interpretazione troppo restrittiva del precedente manuale, attraverso un importante cambiamento nella terminologia utilizzata, definendo più appropriatamente la categoria della demenza vascolare come "demenza vascolare (precedentemente detta multi-infartuale)” (10). Nonostante ciò rimane in tale classificazione lo stretto legame con lo stroke, rendendo nuovamente demenza vascolare e demenza multi-infartuale sinonimi. Ulteriore punto debole della classificazione del DSM IV è che essa non comprende alcun criterio per stabilire un nesso causale tra demenza e malattia cerebrovascolare, lasciando il giudizio sulla correlazione eziologica alla discrezione del medico. La quarta edizione del "The Educational Annotation of International Classification of Diseases ICD-9-CM, Hospital Version", ancora oggi ampiamente usata, definisce la demenza vascolare come "condizione organica psicotica, demenza arteriosclerotica" ed inserisce la demenza multi-infartuale all'interno di questa classificazione (158). La nuova classificazione la ICD-10 classifica la "demenza vascolare" sotto i " disordini mentali su base organica" ed usa il termine "demenza vascolare (precedentemente arteriosclerotica) " ed include i seguenti sottotipi (206): • demenza vascolare ad esordio acuto, • demenza multi-infartuale, • demenza vascolare sottocorticale, • demenza vascolare mista corticale e sottocorticale, • altre forme di demenza vascolare e • demenza vascolare non ulteriormente specificata. In una successiva versione dei criteri diagnostici utilizzata a fini di ricerca (Diagnostic Criteria for Research DCR-10), sebbene le categorie nosologiche non siano state modificate, i criteri diagnostici precisi per porre diagnosi di demenza vascolare sono interpretati in maniera più rigida e sono legati al concetto di infarto. Per l'ICD-10 infatti è necessaria "l'evidenza clinica di danno focale cerebrale" cosa che rende impossibile includere in tale classificazione una demenza che non sia strettamente infartuale (206). Se da una parte i criteri utilizzati dal ICD-10 cercavano di andare oltre la precedente classificazione della ICD-9-CM,questa, definendo in maniera generica la demenza vascolare come demenza arteriosclerotica, permetteva di includere anche le forme con evidenza di malattia arteriosclerotica, severo deficit cognitivo ma senza infarti cerebrali. Al contrario di ciò sebbene l'ICD-10 abbia posto nella sua classificazione formale la demenza vascolare nella sua corretta posizione superordinata, con un numero di sottotipi correlati, le nuove classificazioni proposte dall'ICD-10, nei suoi recenti criteri di ricerca clinica, la equiparano alla demenza vascolare con infarti. Inoltre sebbene l'ICD-10 permetta di differenziare tra vari tipi di demenza vascolare, anche esso non fa menzione ad alcun nesso causale tra malattia cerebrovascolare e demenza, né accenna alle possibili cause eziopatogenetiche o alle tecniche di neuroimmagini Due nuovi sistemi classificativi sono stati recentemente sviluppati: quello del gruppo del Neuroepidemiology Branch of the National Institute of Neurological Disorders and Stroke e dell'Association Internationale pour la Recherch et l'Einsegnement en Neuroscience (NINDSAIREN) (172) e quello dell'Alzheimer's Disease Diagnostic and Treatment Centers (ADDTC) (38). In entrambi i casi i requisiti di base per porre diagnosi di demenza vascolare sono la presenza di demenza, l’evidenza di malattia cerebrovascolare dimostrata dalla storia clinica, dall’obiettività neurologica e dalle neuroimmagini e dalla stretta correlazione tra i due disturbi. I criteri NINDS-AIREN sono comunque più restrittivi rispetto a quelli ADDTC che non specificano il numero ed il tipo delle funzione cognitive necessarie per la diagnosi di demenza. Entrambi i criteri includono le definizione di diagnosi “possibile”, “probabile” e “definitiva”. I criteri NINDS-AIREN sono i più utilizzati al momento e utilizzano in forma adattata la definizione di demenza dell’ICD-10. La diagnosi di demenza vascolare si fonda sulla presenza di demenza, di vasculopatia cerebrale e sulla stretta connessione temporale tra le due. Il sistema di classificazione della demenza vascolare del gruppo del NINDS-AIREN elenca i seguenti sottotipi di demenza: • demenza multi-infartuale, • demenza da singolo infarto strategico, • demenza emorragica e • demenza da altri meccanismi. I criteri NINDS-AIREN definiscono la demenza come un declino cognitivo rispetto ad un precedente livello funzionale più elevato, caratterizzato da alterazione della memoria e di due o più funzioni corticali superiori. I deficit devono essere gravi abbastanza da compromettere le attività della vita quotidiana. Per cerebrovasculopatia viene inteso una presenza di segni neurologici focali compatibili con una diagnosi di ischemia cerebrale e dall'evidenza neuroradiologica di lesioni cerebrali di origine vascolare (infarti multipli da occlusione dei grossi vasi, singoli infarti strategici del giro angolare del talamo, della base del tronco encefalico, dei territori della cerebrale anteriore o posteriore, lacune ischemiche della sostanza bianca sottocorticale, leucoaraiosi periventricolare). Tra i due eventi vi deve essere una stretta correlazione temporale con insorgenza di demenza nei tre mesi successivi dalla diagnosi di ictus, oppure storia di esordio brusco, l'andamento fluttuante e andamento a scalino del deficit cognitivo. Vengono infine riconosciuti dei criteri aggiuntivi quale la presenza precoce di disturbi dell'andatura e della minzione ed altri sintomi urinari non attribuibili a malattie urologiche; paralisi pseudobulbare; modificazioni della personalità e dell'umore con abulia, depressione, incontinenza emotiva; alterazioni di natura sottocorticale quali ritardo psico-motorio, anormalità delle funzioni esecutive. Non è necessario per la diagnosi di demenza vascolare che all'anamnesi emerga una storia di precedente ictus o TIA anche se ovviamente la loro presenza rappresenta un'ulteriore conferma diagnostica. Nonostante le novità apportate da tale classificazione, che riconosce la demenza vascolare come una categoria superordinata comprendente numerosi sottogruppi ampliando così il concetto di tale sindrome, la caratteristica principale per la diagnosi di demenza vascolare è ancora una volta "l'evidenza di malattia cerebrovascolare" di nuovo identificata dalla "presenza di segni neurologici focali legati ad ictus". In fine la classificazione NINDS-AIREN ciononostante lega ancora una volta la diagnosi al concetto di infarto cerebrale. Un recente studio ha studiato la concordanza tra i valutatori nell’uso di questi criteri. L’interrater reliability è stata di accordo moderato-sostanziale (statistica kappa tra .46 e .72), con i punti di maggiore disaccordo nella diagnosi differenziale tra demenza di Alzheimer possibile con malattia cardiovascolare e probabile malattia di Alzheimer. Laddove la difficoltà è stata nel decidere correttamente il peso di patologie cardiovascolari nella genesi della demenza. La valutazione dei criteri diagnostici per la demenza ischemica vascolare proposti dall'Alzheimer's Disease Diagnostic and Treatment Centers (ADDTC) (38) dimostrano che sia la diagnosi probabile che quella definitiva di demenza richiedono la dimostrazione di un pregresso ictus cerebri. Quindi anche i criteri ADDTC sono anch'essi contingenti all'infarto cerebrale, riguardano solo i disturbi cognitivi causati da lesioni di tipo ischemico e non quelle di tipo anossico od emorragico né è incluso alcun cenno ad un eventuale declino della memoria. Inoltre questi criteri richiedono almeno la presenza di due stroke diagnosticati attraverso la anamnesi, segni neurologici o le neuroimmagini Su un campione di 167 anziani affetta da demenza valutati con i diversi criteri presentati, ICD-10, DSM-IV, NINDS- AIREN ed ADDTC, soltanto in 5 casi tutti i criteri giungevano concordemente alla stessa conclusione diagnostica di demenza vascolare (206). Le ragioni citate dagli autori per spiegare questo sostanziale disaccordo sono nelle differenti definizioni di demenza, differenti criteri per lo stroke, e la eziologia multi-fattoriale della demenza vascolare e la difficoltà nel classificare le lesioni della sostanza bianca. In uno studio dal disegno simile sono stati paragonati i criteri HIS, NINDS- AIREN e ADDTC ottenendo anche qui come risultato un sostanziale disaccordo tra i vari criteri. A parziale spiegazione di tale risultato vengono sottolineate l’importanza della relazione temporale e dei criteri neuroradiologici (204). Uno studio con criterio di confronto neuropatologico ha paragonato l’efficacia dei criteri HIS, NINDS- AIREN e ADDTC utilizzando come golden standard il dato anatomopatologico. I risultati hanno dimostrato i limiti diagnostici dei criteri presi in considerazione che sono risultati poco sensibili benché altamente specifici per la diagnosi di demenza vascolare (76). Inoltre la presenza di forme miste di malattia di Alzheimer e demenza vascolare sono state frequentemente valutate in maniera erronea: più della metà dei pazienti con demenza mista sono stati classificati come dementi vascolari utilizzando i criteri ADDTC, mentre più di un quarto con i criteri NINDSAIREN (76). Sensibilità e specificità dei criteri diagnostici di demenza vascolare Criterio diagnostico Sensibilità Specificità HIS 43 .88 NINDS- AIREN 58 80 ADDTC 63 64 Altro punto di profondo maggiore dibattito di questi criteri è proprio la definizione di demenza (60, 88, 166). Viene infatti sottolineato come questa definizione, che si basa sulle modalità di esordio e di decorso della malattia di Alzheimer, risulta non idonea per i pazienti con deficit cognitivi su base vascolare. Per la sua diversa patogenesi infatti la demenza vascolare può avere un andamento peculiare, legato al tipo ed alla sede delle lesioni ischemiche che danno luogo a quadri di deterioramento fra loro disomogenei e non riconducibili in maniera semplicistica ed automatica alla definizione classica di demenza, rappresenta il primo, dove il deficit di memoria rappresenta il primo elemento caratterizzante. Per questa serie di considerazioni è stato recentemente proposto da più parti di sostituire il termine di "demenza vascolare" con quello di "deterioramento cognitivo su base vascolare" al fine di includere quei pazienti che, pur presentando alterazioni cognitive di origine vascolare non soddisfano tutti i criteri necessari per porre diagnosi di demenza vascolare (167). CRITERI DIAGNOSTICI Prima di prendere in considerazione i differenti criteri diagnostici proposti dalla letteratura internazionale appare necessario introdurre la scala quantitativa introdotta nel 1975 da Hachinski al fine di distinguere la demenza multi-infartuale da quella degenerativa primaria. Oltre all'importanza storica di tale scala essa continua ad avere una sua certa validità, complice in parte l'attuale mancanza di un goal standard di riferimento per la diagnosi di demenza vascolare. L'ischemic score di Hachinski si basa su una combinazione di segni e sintomi neurologici e di fattori di rischio cardiovascolare cui viene dato un differente punteggio. Un punteggio maggiore di sette indica la possibile natura multi-infartuale dei sintomi cognitivi (89). Questa scala presenta sicuramente numerosi limiti: per esempio non contiene una definizione di demenza, la storia di malattia vascolare è semplicemente ricavata dalla storia e dall'esame fisico, e non vi sono criteri per riconoscere la relazione causale tra demenza e malattia vascolare. Nonostante questi ed altri limiti. Molti studi anche se non tutti in maniera univoca hanno dimostrato l’efficacia dell'HIS nel differenziare la diagnosi di demenza multi-infartuale dalla malattia di Alzheimer (96, 135, 173). Una recente metanalisi ha dimostrato che l'hachinski ischemic score possiede una alta sensibilità e specificità, rispettivamente dell’89% e del 89.3% (140). Permette di diagnosticare correttamente l’89% dei casi di malattia di Alzheimer e il 71% di quelli con demenza vascolare (134). Inoltre sono state proposte modifiche per inserirvi anche i dati delle neuroimmagini per migliorarne l'affidabilità. Proposto per differenziare le forme multi-infartuali dalla malattia di Alzheimer L’HIS non ha mostrato risultati affidabili nel differenziare le forme di demenza su base mista e forme sottocorticali come la malattia di Biswanger (17,149). HACHINSKI ISCHEMIC SCORE; Esordio brusco Deterioramento a gradini Esordio brusco Deterioramento a gradini Esordio brusco Deterioramento a gradini Fluttuazione dei sintomi Confusione notturna Conservazione relativa della personalità Depressione Arteriosclerosi in altri distretti Disturbi somatici Labilità emotiva Storia di ipertensione Pregresso ictus cerebrale Sintomi focali Segni focali 2 1 2 1 2 1 2 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 CRITERI PER LA DEMENZA VASCOLARE SECONDO L'ICD-10 I CRITERI PER LA DEMENZA 1 PRESENZA DI CIASCUNO DEI SEGUENTI CRITERI: A- Deficit mnesico che comporta difficoltà nelle attività quotidiane. Il deficit è più evidente nell'acquisizione di nuove informazioni, ma sono anche interessati il richiamo di informazioni precedentemente acquisite e la memoria a breve termine, specialmente negli stadi più tardivi. Il deficit riguarda materiale verbale e non verbale, deve essere verificabile e non basato su lamentele soggettive. Ciò può essere ottenuto sia attraverso l'intervista ad un informatore sia attraverso test neuropsicologici. Il grado del deficit dovrebbe essere determinato nel seguente modo: Deficit lieve. Deficit mnesico sufficiente ad interferire con le attività quotidiane, m non così grave da essere incompatibile con un esistenza indipendente. La principale funzione colpita è l'acquisizione di nuovo materiale. Ad esempio il soggetto ha difficoltà a registrare, immagazzinare e richiamare elementi quotidiani come la posizione di cose che gli appartengono, posizione sociale o informazioni recentemente impartitegli dai familiari; ha difficoltà a ricordare i nomi di persone importanti o eventi precedentemente ben impressi in memoria. Deficit moderato. Compromissione mnesica più importante. Il paziente può richiamare soltanto cose molto familiari o ben impresse nella memoria. Le nuove informazioni sono ricordate solo occasionalmente e per un periodo molto breve. Il soggetto è incapace di richiamare informazioni basilari sul luogo dove vive, su cosa ha fatto di recente o il nome di persone familiari. Il problema mnesico costituisce un grave handicap per una esistenza indipendente. Può essere associata una perdita intermittente del controllo sfinterico. Deficit grave. Grave deficit mnesico: rimangono solo frammenti di informazioni precedentemente acquisite, il soggetto sbaglia nel riconoscere anche parenti stretti. Non memorizza nuove informazioni. Incapace di vivere in comunità senza stretta supervisione. Grave deficit nella cura personale e perdita del controllo sfinterico. B- Deficit delle capacità intellettive Caratterizzato da deterioramento nel pensiero e nell'elaborazione delle informazioni, di grado tale da creare difficoltà nelle attività della vita quotidiana. Quando possibile ciò può essere ricavato da un informatore e da un esame neuropsicologico. Sarebbe auspicabile avere entrambi i riscontri. Deve essere comunque presente un calo intellettivo rispetto ad un precedente livelli. Il grado di deficit viene valutato come segue. Deficit lieve Il declino intellettivo provoca difficoltà nelle attività quotidiane, ma non ad un livello tale da rendere il soggetto dipendente dagli altri; ci può essere un declino nelle performance lavorative (incluso il lavoro in casa) tale da essere rilevante per altre persone. Attività più complesse, anche di tipo ricreativo, non possono essere svolte. Deficit moderato Il declino intellettivo è tale da rendere l'individuo incapace di svolgere senza assistenza le attività quotidiane, compreso fare la spesa e maneggiare denaro. In casa, svolge faccende semplici. Gli interessi sono moto ridotti, con scarsa partecipazione. Non può lavorare fuori casa o deve essere seguito attentamente nel lavoro. Deficit grave Il deficit implica no solo una totale dipendenza dagli altri, ma anche un'assenza di ideazione intelligibile. La gravità della demenza viene espressa dal livello più grave di deficit di memoria o intellettivo 2 ASSENZA DI OBNUBILAMENTO DEL SENSORIO Deve essere assente durante un tempo sufficientemente lungo da permettere una inequivocabile dimostrazione del punto 1. In caso di sovrapposizione di delirio, la diagnosi di demenza dovrebbe essere rimandata. 3 DETERIORAMENTO DEL CONTROLLO EMOTIVO E DEL COMPORTAMENTO. Può manifestarsi come stato depressivo, indifferenza o aumentata irritabilità. Il comportamento sociale può diventare volgare, con noncuranza per le comuni regole nel vestire e nel mangiare o inusuale volgarità nel linguaggio. Può manifestarsi inerzia o apatia. 4 I disturbi del punto 1 dovrebbero chiaramente presenti da sei mesi. Se il periodo è più breve la diagnosi può essere solo presunta. II CRITERI PER LA DEMENZA VASCOLARE 1 Evidenza di una demenza di specificato livello di gravità, come stabilito secondo i criteri generali di demenza. 2 Ineguale distribuzione dei deficit nelle più alte funzioni cognitive, con alcune interessate ed altre relativamente risparmiate. Così la memoria può essere piuttosto compromessa mentre le capacità di ragionamento, di pensiero e di elaborazione delle informazioni possono mostrare solo un lieve declino. 3 evidenza di un danno cerebrale focale manifesto in uno dei seguenti modi: debolezza spastica unilaterale degli arti riflessi tendinei unilateralmente aumentati risposta in estensione plantare paralisi pseudobulbare. 4 Evidenza dalla storia, dall'esame clinico, dai test di una malattia cerebrovascolare significativa, che ragionevolmente, possa essere collegata eziologicamente alla demenza (storia di ictus, evidenza di infarto cerebrale). SOTTOTIPI DI DEMENZA VASCOLARE SECONDO L'ICD-10 Demenza ad esordio acuto: si sviluppa rapidamente (generalmente in un mese, non più di te mesi) dopo una successione di ictus o, raramente, dopo un singolo grosso infarto. Demenza multi-infartuale: lo sviluppo è più graduale tra i 3 ed i 6 mesi, e segue un numero di episodi ischemici minori. Si suppone che ci sia un accumulo di infarti nel parenchima cerebrale. Tra gli episodi ischemici, ci possono essere periodi di momentaneo miglioramento clinico. Demenza sottocorticale: deve esserci una storia di ipertensione ed un'evidenza, dall'esame clinico o da indagini specifiche, di una malattia vascolare localizzata nella sostanza bianca profonda, con corteccia cerebrale conservata. Demenza mista (corticale e sottocorticale) può essere sospettata da segni clinici, da risultati di analisi o da entrambi. Altre demenze vascolari Demenza vascolare non specificata. CRITERI DIAGNOSTICI PER LA DEMENZA VASCOLARE SECONDO IL DSM-IV Criterio A (deficit cognitivi): Sviluppo di deficit cognitivi multipli che si manifestano con: 1 diminuzione della memoria (diminuita capacità di apprendere nuove informazioni o di richiamare informazioni precedentemente apprese) 2 Almeno uno o più dei seguenti disturbi cognitivi Afasia Aprassia Agnosia Disturbi nel funzionamento esecutivo (per esempio la capacità di astrazione, di pianificazione e di organizzazione). CRITERIO B Il deficit cognitivo deve essere abbastanza severo da causare una diminuzione significativa nelle attività sociali o lavorative e deve rappresentare un declino da un precedente livello di funzionalità CRITERIO C Segni o sintomi focali neurologici (ad esempio esagerazione dei riflessi tendinei, risposta estensoria plantare, paralisi pseudobulbare, disturbi dell'andatura, debolezza di un'estremità) o evidenza di laboratorio indicativa di malattia cerebrovascolare (ad esempio infarti multipli interessanti la corteccia o la sottostante sostanza bianca) che sia giudicata essere eziologicamente correlata al disturbo. CRITERIO D Demenza non può essere diagnosticata se questi sintomi compaiono esclusivamente nel corso di delirio. Tuttavia, nel caso che un delirio si sovrapponga ad una preesistente demenza, ambedue le diagnosi dovrebbero essere formulate. CRITERI PER LA DEMENZA VASCOLARE ISCHEMICA DEL ADDTC DEMENZA VASCOLARE ISCHEMICA PROBABILE A) Devono essere presenti tutte le seguenti condizioni: 1) demenza 2) evidenza di due o più ictus ischemici (dalla storia, dai segni neurologici, dalle immagini TC o RM T1 pesate),oppure, insorgenza di un singolo ictus con una documentata relazione temporale con l'esordio della demenza 3) evidenza di almeno un infarto fuori dal cervelletto alla TC o RM T1 pesata. B) la diagnosi è supportata da 1) evidenza di infarti multipli in regioni cerebrali riconosciute come importanti per le facoltà cognitive, 2) storia di attacchi ischemici transitori multipli, 3) storia di fattori di rischio vascolari (ipertensione, cardiopatia, diabete mellito), 4) elevato punteggio alla scala di Hachinski (originale o modificata), C) elementi clinici che sono ritenuti in relazione con L'IVD ma che attendono ulteriori ricerche 1) compresa relativamente precoce di disturbi dell'andatura ed incontinenza urinaria. 2) alterazioni della sostanza bianca periventricolare e profonda alla RM t2 pesata che siano eccessive per l'età 3) alterazioni focali agli studi elettrofisiologici (EEG, potenziali evocati) o agli studi funzionali di neuroimmagine quali la SPECT, PET, NMR, spettroscopia D) altri elementi clinici che non costituiscono una forte prova né a favore né contro la diagnosi: 1) periodi di sintomi lentamente progressivi 2) illusioni, psicosi, allucinazioni 3) crisi convulsive E) segni clinici che mettono in dubbio la diagnosi di IVD probabile: 1) afasia sensoriale transcorticale in assenza di lesioni corrispondenti alle neuroimmagini 2) assenza di segni e sintomi neurologici centrali, diversi dal disturbo cognitivo. DEMENZA ISCHEMICA VASCOLARE POSSIBILE Una diagnosi clinica di Demenza vascolare ischemica possibile può essere fatta in presenza di 1) Demenza ed uno o più delle seguenti 2a) una storia o l'evidenza di un singolo ictus (non multipli) senza una relazione temporale con l'esordio della demenza documentata chiaramente oppure 2b) sindrome di Biswanger (senza ictus multipli) che include tutte le seguenti incontinenza urinaria di precoce insorgenza non spiegata da malattie urologiche o disturbi dell'andatura (andatura a piccoli passi, aprassica, magnetica o senile) non spiegati da disturbi periferici fattori di rischio vascolari alterazioni estese della sostanza bianca alle neuroimmagini DEMENZA VASCOLARE ISCHEMICA DEFINITIVA Una diagnosi di Demenza vascolare ischemica definita richiede sia un esame istopatologico dell'encefalo sia: evidenza clinica di demenza conferma patologica di infarti multipli alcuni dei quali fuori dal cervelletto DEMENZA MISTA Una diagnosi di demenza mista dovrebbe essere formulata in presenza di uno o più disordini sia cerebrali che sistemici che possano essere messi in relazione causale con la demenza. CRITERI NINDS-AIREN PER LA DIAGNOSI DI DEMENZA VASCOLARE I DEMENZA A declino cognitivo da un precedente livello superiore di funzionalmente che si manifesta attraverso: indebolimento della memoria deficit in due o più altri campi cognitivo comprendenti l'orientamento, l'attenzione, il linguaggio, le funzioni visuo-spaziali, le funzioni esecutive, il controllo motorio e la prassia. I deficit devono essere abbastanza gravi da interferire almeno in una qualche misura con le attività della vita quotidiana ma non devono essere dovuti agli effetti fisici del solo stroke. Criteri di esclusione casi con disturbo dello stato di coscienza, delirio, psicosi, afasia severa o grave indebolimento senso-motorio che precluda l'effettuazione dei test neuropsicolgici e casi con patologie sistemiche o cerebrali che possano da sola essere causa dei deficit mnesici e cognitivi II MALATTIA CEREBROVASCOLARE Devono essere presenti entrambe le seguenti condizioni Presenza di segni neurologici focali coerenti con lo stroke (con o senza storia di stroke) come emiparesi, segno di Babinski, deficit sensitivo, emianopsia, disartria. Evidenza di reperti rilevanti nelle neuroimmagini (TC o RM) infarti muiltipli estesi, Infarti in sede strategica, Lacune multiple nei gangli della base e nella sostanza bianca, Lesioni estese della sostanza bianca periventricolare, Una combinazione delle precedenti. III RELAZIONE TRA MALATTIA CEREBROVASCOLARE E DEMENZA Deve essere presente almeno uno dei seguenti condizioni: A) sviluppo di demenza entro tre mesi da uno stroke riconosciuto B) brusco deterioramento delle funzioni cognitive oppure progressione, fluttuante a scalini dei deficit cognitivi CONDIZIONI COERENTI CON LA DIAGNOSI DI DEMENZA VASCOLARE A) presenza precoce di disturbi dell'andatura (andatura a piccoli passi, aprassica, magnetica o parkinsoniana) B) storia di irregolari e frequenti cadute non provocate C) pollachiuria, urgenza minzionale ed altri sintomi urinari non spiegati da patolgie urinarie D) paralisi pseudobulbare E) alterazioni della personalità e dell'umore, abulia, depressione, labilità emotiva o altri deficit sottocorticali come il ritardo psicomotorio ed alterate funzioni esecutive. CONDIZIONI CHE RENDONO IMPROBABILE O INCERTE LA DIAGNOSI DI DEMENZA VASCOLARE A) insorgenza precoce di deficit mnesici e declino progressivo della memoria e delle altre funzioni cognitive come linguaggio, la prassia e la percezione in assenza di corrispondenti lesioni visibili alle neuroimmagini. B) assenza di segni neurologici focali Assenza di lesioni cerebrovascoalri alla TAC o RM. DEMENZA VASCOLARE POSSIBILE DEMENZA CEREBROVASCULOPATIA ASSENZA DEL CRITERIO TEMPORALE TRA DEMENZA E CEREBROVASCULOPATIA, oppure nessuna evidenza alla TAC o RM di lesioni cerebrali ischemiche; oppure insorgenza subdola e decorso variabile DEMENZA VASCOLARE CERTA Dimostrazione autoptica in soggetto con diagnosi clinica di demenza vascolare. CLASSIFICAZIONE DELLA DEMENZA VASCOLARE La più recente classificazione tiene conto delle lesioni neuropatologiche (3,173, 191, 193). Secondo il NINDS-AIREN la demenza vascolare può essere suddivisa in diversi sottogruppi: • • • • • • demenza multi-infartuale, demenza da singoli infarti strategici, demenza da patologia dei piccoli vasi, demenze emorragiche, da ipoperfusione, da altri meccanismi . Infarti corticali territoriali multipli o infarti di confine, superficiali o profondi, da configurano il quadro di Demenza multi-infartuale. La demenza multi-infartuale è caratterizzata dalla ricorrenza di attacchi ischemici transitorio o episodi ictali seguiti a breve tempo dall'insorgenza di demenza. Gli infarti sono multipli, completi, spesso estesi, derivano solitamente dall'occlusione di grossi rami arteriosi, e sono localizzati prevalentemente a livello corticale, anche se possono essere presenti e talora prevalere gli infarti sottocorticali o lacunari. La causa di tali infarti è il tromboembolismo. Alla TAC o RM vengono rilevate aree infartuali multiple, prevalentemente corticali. Possono coesistere lesioni ischemiche sottocorticali, stati lacunari o modificazioni della sostanza bianca sottocorticale che a volte si rendono responsabii di un quadro clinico prevalentemente sottocorticale. La Demenza da singolo infarto in sede strategica è dovuta a singole lesioni corticali o sottocorticali in strutture cerebrali ben definite, tale forma di demenza si ritrova con una certa frequenza quando la lesione ischemica interessa il giro angolare, l'ippocampo la porzione anteromediale del talamo, il nucleo caudato il ginocchio della capsula interna. A seconda del territorio coinvolto, oltre il deficit neuropsicolgico del quadro demenziale, si assoceranno segni neurologici focali diversi. La Demenza da patologia dei piccoli vasi comprende sia alterazioni diffuse della sostanza bianca che infarti lacunari multipli. Le lesioni possono essere corticali o sottocorticali: queste ultime possono essere lacune o lesioni della sostanza bianca che frequentemente si osservano anche in cervelli di soggetti anziani normali. Le manifestazioni cliniche possono essere comprese nella “Demenza sottocorticale”, caratterizzata da disturbo della memoria, deficit delle funzioni esecutive e rallentamento psicomotorio accompagnata da alterazioni della personalità. L’eziologia della sindrome di demenza sottocorticale è vaia e comprende diverse malattie che colpiscono i nuclei del talamo dorso-mediale, il nucleo caudato, la corteccia frontale dorso-laterale e le fibre bianche di connessione tra queste strutture. Alcuni autori comprendono sotto tale capitolo due entità diverse, ma che condividono come momento fisiopatologico un danno della sostanza bianca sottocorticale per alterazione del circolo cerebrale profondo: la malattia di Biswanger e lo Stato lacunare (170). La prima è un'entità clinico-patologica caratterizzata dalla comparsa di demenza ed alterazioni motorie in pazienti che presentano uno stato ischemico cronico della sostanza bianca corticale, con assottigliamento e degenerazione ialina delle arteriole penetranti, presenza di aree infartuali complete od incomplete con demielinizzazione e degenerazione assonale e proliferazione astrocitaria reattiva: è quasi presente sempre un idrocefalo di vario grado. Clinicamente tali pazienti possono presentare segni pseudobulbari, abulia, cambiamento del carattere e del tono dell’umore (agitazione, irritabilità, depressione euforia), segni piramidali bilaterali, inattenzione, disturbo della memoria, rallentamento psico-motorio ed altri segni sottocorticali, come disturbi della marcia, della minzione e parkinsonismo. Lo stato lacunare è caratterizzato da piccoli infarti cerebrali le cui dimensioni non superano il centimetro e mezzo di diametro: sebbene possano localizzarsi in qualsiasi zona sottocorticale, le manifestazioni cliniche più frequenti che si accompagnano alla demenza sono quelle proprie della sindrome pseudobulbare, quelle che conseguono al danno extrapiramidale quando le lacune interessano prevalentemente i nuclei della base o il ponte, oppure quelle indicative di danno frontale se a essere prevalentemente colpita è la sostanza bianca sottocorticale dei lobi frontali. La Demenza da ipoperfusione può conseguire ad una ischemia globale secondaria ad arresto cardiaco o ad ipotensione profonda o ad una ischemia localizzata in territori spartiacque che comprendono la sostanza bianca periventricolare. Alterazioni diffuse della sostanza bianca ed infarti lacunari multipli da patologia delle piccole arterie e delle arteriole parenchimali (Demenza sottocorticale). Fistole durali e malformazioni artero-venose cerebrali che possono determinare ischemia stagnante o ipoperfusione regionale da furto ematico intracerebrale. Anche se raramente, alterazioni cardiovascolari acute o croniche possono essere alla base di una sindrome dementigena, conducendo ad una cronica o ripetuta diminuzione del flusso cerebrale con ipossia-anossia cerebrale, anche senza la presenza di vasculopatia cerebrale arteriosclerotica critica. Sulla base di tale meccanismo patogenetico, l'ipotensione arteriosa sistemica e le aritmie cardiache sono state proposte nella patogenesi di alcune casi di demenza. La effettiva possibilità di una demenza secondaria ad una malattia cardiaca è comunque un tema dibattuto da anni ma mai oggetto di studi approfonditi. Gli studi che hanno osservato in alcuni episodi dementigeni un'origine aritmica ed ipotensiva si sono basati sulle osservazioni dei brevi tempi di latenza tra gli episodi di aritmia cardiaca e l'insorgenza del disturbo cognitivo (4, 50, 57, 58, 100, 188). A supporto di tale ipotesi vi sono i recenti lavori che dimostrano un che un deficit cognitivo è indipendentemente associato sia con l’età avanzata che con la diminuzione della funzione ventricolare sistolica sinistra e che le performance cognitive migliorano dopo impianto di pace-maker o trapianto cardiaco (109, 168, 175, 209).E' ipotizzabile quindi che l'effetto di alterazioni emodinamiche croniche di lunga durata, quali quelle legate allo scompenso cardiaco o ad altre malattie cardiache, possano egualmente alterare, con un meccanismo simile, le capacità cognitive ed essere causa di "demenza vascolare non infartuale" (159), non necessariamente cioè legata ad una arteriosclerosi "cerebrale grave.Sulla scorta di tale premessa alcuni autori sono giunti persino a definire una demenza vascolare di "tipo Emodinamico" (62). La demenza da altri meccanismi può essere legata ad una combinazione di più meccanismi oppure ad altri fattori. Di questi la demenza da vasculite è un evento raro, ma sia pur descritto. Con il termine di vasculite vengono classificate un insieme eterogeneo di patologie che sono accomunate dal meccanismo patogenetico centrale dell'infiammazione delle pareti dei vasi sanguigni. Il lume vasale viene di norma compromesso con conseguente ischemia dei territori irrorati e poiché vasi sanguigni di qualsiasi tipo, dimensioni e localizzazione possono essere coinvolti, da questo processo possono quindi risultare un ampio e molteplice gruppo di sindromi. La classificazione delle vasculiti tiene in conto della complessità sino ad ora descritte. Le vasculiti vengono quindi divise in quattro grandi gruppi comprendenti: le vasculiti necrotizzanti sistemiche, le vasculiti da ipersensibilità, le vasculiti granulomatose ed infine le altre sindromi vasculitiche. Il coinvolgimento del sistema nervoso centrale nelle vasculiti è una caratteristica clinica assai variabile. La sua frequenza varia dalla completa assenza, come nella sindrome di Kawasaki, alla presenza in tutti i casi come nella vasculite isolata del sistema nervoso centrale La frequenza delle anomalie neurologiche nelle vasculiti sistemiche necrotizzanti varia dal 20 al 40%, in quelle da ipersensibilità intorno al 10%, nella granulomatosi di Wegener dal 23 al 50%, nell'arterite temporale è del 10%, la granulomatosi linfoide dal 20 al 30%, nell'arterite di Takayasu dal 10 al 36%, nella malattia di Behcet dal 10 al 29%, nella Sindrome di Sjogren dal 25 al 67% e nei pazienti affetti da LES circa del 50%. Le alterazioni variano da disfunzioni corticali diffuse comprendenti disturbi della memoria, alterazioni comportamentali, encefalopatia diffusa, attacchi epilettici a disturbi focali quali l'ictus ischemico, emorragie intracraniche o subaracnoidee, irritazione meningea alterazione dei nervi cranici o del midollo spinale. Inoltre l'incidenza delle anomalie delle funzioni cognitive superiori nelle patologie del sistema nervoso centrale è strettamente correlata all'accuratezza nella loro ricerca diagnostica tramite approfondite batterie di test neuropsicologici (52, 68, 138, 139, 146, 160, 205). La Demenza post-emorragica le emorragie cerebrali singole o multiple, compresi l’ematoma subdurale cronico, le sequele di un’emorragia subaracnoidea, l’ematoma cerebrale Forme miste come quella in cui è possibile riscontrare la contemporanea presenza di infarti territoriali e lesioni dovute alla patologia dei piccoli vasi. INCIDENZA E PREVALENZA DELLA DEMENZA VASCOLARE La prevalenza e l’incidenza della demenza vascolare nella popolazione generale varia a seconda della popolazione studiata, della metodologia di screening, dei criteri diagnostici (189). La mancanza di criteri diagnostici comuni limita la comparabilità dei risultati dei vari studi epidemiologici. In Europa la prevalenza negli ultrasessantacinquenni è compresa tra il 1.2 ed il 9% a secondo dell’età dei soggetti (88, 165). Negli stati Uniti e in Europa la demenza vascolare è la causa del 10-20% di tutte le forme di demenza, mentre la malattia di Alzheimer è ritenuta la principale causa di demenza progressiva ed irreversibile (dal 50 al 60% dei casi). Il rapporto tra malattia di Alzheimer e demenza vascolare sembra quindi essere di 2:1. La frequenza della demenza vascolare è direttamente correlato con l’età con un tasso di prevalenza che raddoppia ogni 5.1 anni in maniera esponenziale (91, 165, 193). Una metanalisi di studi europei ha mostrato l’aumento della frequenza della demenza vascolare con il progredire dell’età: dal 3% a 75 anni al 12% ad 85 anni (165). La prevalenza sia della malattia di Alzheimer che delle demenza vascolare aumenta con l’età; alcuni studi hanno dimostrato che oltre gli 85 anni la prevalenza della demenza vascolare tende ad essere simile o lievemente più elevata di quella della malattia di Alzheimer (180). In Italia la demenza vascolare ha mostrato una prevalenza maggiore rispetto alla malattia di Alzheimer nei soggetti di età pari o superiore a settanta anni (165) Risultati simili sono stati riscontrati in una coorte di soggetti ottantacinquenni in Svezia (180). In Giappone ed in Cina la demenza vascolare risulta invece più comune della malattia di Alzheimer, probabilmente per il maggiore rischio di stroke in questa area, anche se l’andamento epidemiologico si sta modificando negli ultimi anni (16,23, 202). Tabella x: Prevalenza della demenza vascolare e del morbo di Alzheimer in diversi studi (16) Studio Campione Disegno Anno Referenza Criteri di; Prevalenza Prevalenza Diagnosi Vd Ad Rotterdam 7528 età porta a 90-93 1995Ott et DSM-III, 1.05 4.5% >55 porta al NINCDS3 fasi ADRDA Aquila 968 età > porta a , 92-93 Prencipe et 2.2% 5.2% 64 porta; al, 1996 NINDS2 fasi AIREN Appignano 778 età > porta a 87 Rocca et DSM-III 2.2% 2.6% 59 porta; al. 1990 2 fasi Canadian 1835; 2 fasi 90-92 Ebly et ICD-10, 3.8% 21.5% età > 84 al1994 NINCDSADRDA Sweden 1810; 2 fasi Fratiglioni 87 DSM-IIIR, 2.9% 6.7% età > 74 et al, 1994 HIS VD: Demenza vascolare; AD: malattia di Alzheimer. L’incidenza della demenza vascolare tra gli ultrsessantacinquenni è intorno all’1% nella maggior parte degli studi (22, 93). Come la prevalenza anche l’incidenza aumenta marcatamente sopra i 65 anni. Il tasso annuale di incidenza sulla popolazione totale è di circa 0.1% (91). L’incidenza annua è di 6-10 casi per 1.000 persone oltre i 70 anni (93). Non esistono dati di popolazione sulla proporzione delle forme sottocorticali, in passato considerate meno frequenti di quelle associate ad infarti multipli su base aterosclerotica. Studi neuropatologici recenti suggeriscono invece che le forme più frequenti potrebbero essere quelle sottocorticali, legate alla patologia dei piccoli vasi ed a meccanismi locali di ipoperfusione cerebrale (24, 63). La durata media della malattia è di circa 5 anni, e la sopravvivenza è inferiore sia a quella della popolazione generale sia a quella con malattia di Alzheimer. Questo dato insieme con l’aumento dell’incidenza di demenza vascolare nelle classi di età più anziane, e quindi con possibili quadri di sovrapposizione tra forme vascolari e degenerative primarie, pone il problema che la reale prevalenza della demenza vascolare possa in realtà essere sottostimata. FATTORI DI RISCHIO I principali fattori di rischio per la demenza vascolare sono sicuramente lo stroke e l’età. Vengono considerati importanti fattori di rischio per la demenza vascolare oltre l'età avanzata, l'ipertensione arteriosa, il diabete, le patologie cardiache (5, 69, 180, 194). Ciò premesso, in realtà la difficoltà nella diagnosi definitiva di demenza vascolare, la mancanza di studi prospettici sui fattori di rischio così come la mancanza di serie autoptiche di controllo rendono la definizione dei fattori di rischio e la loro importanza ancora incerta. La complessità della materia trattata è sottolineata dal fatto che molti di questi fattori, secondo numerosi studi internazionali, rappresentano in realtà veri e propri possibili fattori eziologici diretti di una sindrome dementigena. Per comprendere l'ulteriore complicazione nello studio dei fattori coinvolti nella genesi della demenza vascolare si prenda il caso dell'ipertensione arteriosa: dopo i 75 anni questa assumerebbe, secondo dati recenti, addirittura un effetto protettivo, permettendo un adeguato flusso cerebrale in pazienti con arteriosclerosi cerebrale grave, ma al contempo è proprio l'ipertensione arteriosa uno dei maggiori fattori di rischio per patologie cardiache ed ictus, a loro volta fattori di rischio per la demenza vascolare. Uno studio sui fattori di rischio in pazienti affetti da demenza vascolare e sulla loro frequenza ha mostrato che questi pazienti risultano essere affetti in quasi un terzo dei casi da polipatologia. Nel 60% dei casi sono affetti da ipertensione arteriosa, nel 20% sono affetti da diabete mellito e nel 35% sono forti fumatori affetti da broncopneumopatia, nel 30-50% sono affetti da cardiopatia ischemica, nel 21% da iperlipemia (130, 201). Data l’importanza dello stroke come fattore di rischio per la demenza vascolare ne consegue che i fattori di rischio per l’ictus cerebri possono essere considerati essi stessi fattori di rischio per la demenza. Rischio di demenza dopo stroke. In uno studio prospettico il rischio di demenza dopo stroke in popolazione ospedalizzata per stroke ischemico è stato stimato in 8.4/100 anni persona contro 1.3/100 anni persona dei controlli. Nei quattro anni successivi allo stroke il follow-up di tali pazienti ha dimostrato una percentuale di demenza del 23.7% rispetto al 9.7 dei controlli (196). In un altro studio il 13.6% dei pazienti mostravano segni di demenza a distanza di tre mesi dall’ictus, con una frequenza di demenza sino al 24% nei pazientri con lesioni sopratentoriali (113, 195). Fattori di rischio collegati allo stroke. I fattori collegati allo stroke sono stati largamente definiti attraverso numerosi studi i più recenti dei quali hanno utilizzato la TAC e la RMN dell’encefalo per spiegare le sequele dello stroke in relazione alla demenza (171).Un importante studio clinicopatologico già venti anni fa aveva chiarito l’importanza del volume e della sede dell’infarto cerebrale nella genesi della demenza (199).Gli studi seguenti, per lo più sulla base di tecniche di neuroimaging, hanno dimostrato l’mportanza di alcune altre sequele esiti dell’ictus coinvolti nello sviluppo della demenza. Sono positivamente correlati con la genesi della demenza il numero degli infarti cerebrali, la loro sede, la grandezza del territorio interessato, l’atrofia cerebrale residua misurata dalla grandezza dei ventricoli, l’area degli spazi subaracnoidei e dalla grandezza del terzo ventricolo (31, 78-80, 95, 117, 119, 191, 193). Fattori di rischio legati all’arteriosclerosi. Le modificazione del ritmo circadiano della pressione arteriosa, con perdita del fisiologico calo nictemerale (198).Secondo alcuni autori l’ipotensione arteriosa potrebbe essere una conseguenza del processo dementigeno, oppure in condizioni di ipertensione arteriosa, soprattutto quando fanno seguito a stati di ipertensione, possono predisporre allo sviluppo del deficit cognitivo (84).Recentemente un trial multicentrico ha permesso di dimostrare che il trattamento dell’ipertensione sistolica nell’anziano è in grado di prevenire la comparsa di demenza: per ogni 1000 soggetti trattati per cinque anni si previene la comparsa di 19 casi di demenza (65). Uno studio recente ha confermato che numerosi fattori di rischio cardiovascolare sono associati anche con la demenza vascolare (78, 180). Questi includono l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigarette, l’infarto del miocardio, la fibrillazione atriale, il diabete mellito e l’ipercolesterolemia (51, 78, 111, 151, 190, 208). Il rapporto tra ipertensione arteriosa e demenza vascolare e complesso e come già accennato per taluni versi non ancora completamente chiarito (116). L’ipertensione è sicuramente associata a un maggior rischio di sviluppare demenza vascoalre seconadaria a malattia delle piccole arterie e lesioni della sostanza bianca, anche se dati epidemiologici indican che l’ipertensione arteriosa è anche associata allo sviluppo della malattia di Alzheimer (84, 181). Alcuni studi hanno evidenziato l’importanza anche della deregolazione della pressione arterosa caratterizzata da oscillazione marcate e fasi di ipotensione o da ipotensione sisto diastolica. In questi pazienti è stata osservata una modificazione del ritmo circadiano della pressione artriosa, con perdita del fisiologico calo nictemerale. Secondo alcuni autori l’ipotensione arteriosa potrebbe essere una conseguenza del processo dementigeno, oppure in condizioni di ipertensione arteriosa, soprattutto quando fanno seguito a stati di ipertensione, possono predisporre allo sviluppo del deficit cognitivo. Recentemente un trial multicentrico ha permesso di dimostrare che il trattamento dell’ipertensione sistolica nell’anziano è in grado di prevenire la comparsa di demenza: per ogni 1000 soggetti trattati per cinque anni sipreviene la comparsa di 19 casi di demnza (30, 65, 84, 198). Il diabete mellito è causa di complicanze sia acute che croniche, quest'ultime sono state messe in relazione con la durata della malattia e con il grado del controllo metabolico ottenuto. Numerosi sono i dati riguardanti l'incidenza, la prevalenza e il decorso delle più note complicanze (micro e macroangiopatia, nefropatia, retinopatia, neuropatia), un numero minore di studi è stato indirizzato alla valutazione dei danni sul sistema nervoso centrale (SNC) di tipo cronico. In genere è ben conosciuto l'effetto del DM sulla prevalenza e decorso degli accidenti vascolari cerebrali, al contrario solo negli ultimi decenni si è posta l'attenzione sui difetti cognitivi in corso di diabete mellito. La presenza di deficit cognitivi legati al diabete mellito sono stati messi in relazione alla durata, all'età d'insorgenza e al grado del controllo metabolico. Sono stati segnalati deficit di memoria, soprattutto a breve, di capacità di concentrazione, di coordinamento spazio-visivo, da ciò alcuni autori hanno tratto la convinzione che fosse possibile coniare il termine di encefalopatia diabetica cronica. Tale patologia riconoscerebbe, come ipotesi, una causa microvascolare e/o un deficit nel funzionamento della barriera emato-encefalica, oltre a ciò viene segnalata la presenza, da studi su animale, di neurotrasmettitori e/o di sostanze anomale a livello encefalico. Inoltre studi sperimentali hanno suggerito un possibile contributo dell'iperinsulinismo nella genesi delle eventuali disfunzioni a livello del sistema nervoso centrale (36, 37). Una recente review della letteratura internazionale ha comunque evidenziato come in realtà il problema sia ancora ben lontano da una sua completa definizione. Risultati discordi infatti sono stati segnalati da numerosi studi che non hanno evidenziato alterazioni cognitive nei pazienti affetti da diabete mellito tipo 2, in contrasto con quanto precedentemente segnalato da altri. Inoltre vari problemi di metodica e di potenza statistica rendono difficile un'univoca interpretazione dei dati presenti in letteratura. ( 128, 136, 137, 157, 163,187). Altri fattori sono risultati correlati con la demenza vascolare sono l’ematocrito elevato, anormalità dell’emostasi, arteriosclerosi periferica, etilismo ed elevati livelli di omocisteina. Il reale significato di questi fattori e la loro indipendenza rimane comunque ancora da chiarire (78, 180). Un discorso a parte merita la presenza di leucoaraiosi al neuroimaging. Questa quando presente in particolare quando è estesa eo confluente rappresena un fattore di rischio per la comparsa di deficit cognitivi. Ma l’iperintensità della sostanza bianca è osservabile anche in un terzo dei soggetti affetti da malattia di Alzheime ma anche in soggetti completamenti integri cognitivaente. L’interpretazione di questo quadro rimane pertanto ancora incerto(64, 120, 152, 153). Fattori di rischio demografici. L’età, il sesso maschile e la razza sono fattori correlati con un’aumentata incidenza di stroke. Tutti questi fattori sono considerati fattori di rischio per la demenza vascolare (77, 78, 180). Ulteriori studi sui fattori di rischio hanno dimostrato un’assocazione tra demenza vascolare e basso grado di istruzione (194, 196). Altri fattori ancora sono lo stress psichico durante l’età giovanile, attività lavorativa come operaio o manovale, esposizione professionale a pesticidi, diserbanti, lavoro nella fabbricazione della gomma o della plastica e personalità premorbosa suscettibile agli stress ed alle reazioni psicosomatiche (115, 180). Rimane ancora da dimostratre se questo rappresenta una variabile indipendente o secondaria ad altri fattori socioeconomici quali il tipo di lavoro o il tipo di vitaFattori di rischio genetici. Anche fattori genetici sembra possano essere correlati ad un aumentato rischio di stroke e di demenza vascolare. Sono state descritte due rare forme di encefalopatia vascolare su base familiare a trasmissione autosomica dominante: la emorragia cerebrale con amiloidosi Dutch-type ereditaria (HCWA-DT) e la arteriopatia con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia (CADASIL). Nel primo caso è stata riconosciuta una sostituzione del residuo di glutammato in posizione 692 con una glutammina nel gene della proteina precursore dell’amiloide (APP) sul cromosoma 21, in prossimità del sito di clivaggio dell’alfa secretasi dell’APP. Nel secondo caso il gene riconosciuto come causa di tale patologia è il gene Notch3 sul cromosoma 19q12. (85, 123, 184). Recenti lavori innoltre hanno permesso di chiarire le strette relazioni tra la presenza di ApoE allele epsilo4 nella popolazione e l’incidenza di demenza vascolare e malattia di Alzheimer (71, 174). Sembra infatti che al pari della malattia di Alzheimer, la presenza di tale allele si attesti intorno al 45% dei pazienti affetti da demenza vascolare, un dato questo che se confermato con ulteriori studi, permetterebbe di riconoscere l’ApoE allele epsilon4 come un importanrte fattore di rischio per le demenze su base vascolare permettendo di segnare un punto di incontro tra forme degenerative e forme vascolari (71). QUADRO CLINICO La presentazione clinica della demenza vascolare tende a differire rispetto a quella della malattia di Alzheimer, sebbene non sempre i due quadri clinici siano facilmente distinguibili sul piano esclusivamente clinico. Mentre la demenza di Alzheimer colpisce le diverse aree cognitive in maniera relativamente stereotipata, nella demenza vascolare si possono riscontrare multipli deficit focali e differenti quadri sintomatologici e clinici. La demenza vascolare è tipicamente ad esordio acuto, anche se nelle forme prevalentemente sottocorticali l’inizio della malattia può essere insidioso. L’evoluzione caratteristica “a gradini” si osserva soprattutto nelle forme multiinfartuali, ma non sono infrequenti i casi in cui l’evoluzione è progressiva, con lunghi periodi di stabilità della malattia. Tali casi sono stati interpretati come possibili forme a genesi mista (60, 61). QUADRO NEUROPSICOLOGICO Nella demenza vascolare si possono osservare un’ampia varietà di modificazioni neuropsicologiche. Le caratteristiche cliniche dipendono dalla localizzazione, dal numero, dalla grandezza e dalla causa delle lesioni vascolari (172). Tra i deficit neuropsicologici viene spesso sottolineata la presenza di disordini cognitivi e del comportamento che rammentano quelli dei pazienti con lesioni della corteccia prefrontale (75). Apparentemente rispetto alla malattia di Alzheimer i pazienti affetti da demenza vascolare presentano più spesso deficit della concentrazione , dell’attenzione e delle funzioni esecutive, quali la velocità dell’elaborazione cognitiva, la capcità di astrazione, la categorizzazione e l’astrazione mentre è relativamente meno compromessa la memoria (105). Il deficit mnesicoa differenza di quelo tipico delle forme degenerative primarie tipo Alzheimer è più evidente nel richiamo di nozioni precedentemente apprese che nel’acquisizione di nuove informazioni. Tali risultati non sono comunque sempre stati confermati. Questo dato è in parte legato alla dificoltà di recrutare popolazioni omogenee, alla mancanza di criteri univoci di diagnosi di demenza vascolare e alla stessa eterogenicità di presentazione della sindrome (73, 74, 127). Per meglio definire l’esistenza di un profilo neuropsicologico peculiare sono stati testati, in una serie di studi successivi, pazienti affetti da demenza vascolare, diagnosticata seguendo i criteri ADDTC, ed evidenza di lesioni sottocorticali della sostanza bianca, confrontati con pazienti affetti da demenza di Alzheimer, diagnosticata seguendo i criteri NINDS-ADRDA, con la stessa età, grado di istruzione e livello di demenza e impatto funzionale. Rispetto ai pazienti affetti da demenza di Alzheimer i pazienti affetti da demenza vascolare hanno dimostrato una minore alterazione della memoria dichiarativa, testata attraverso il California Verbal Learning Test varables, maggiore compromissione della memoria procedurale testata attraverso un compito procedurale standardizzato, maggiore presenza di errori perseverativi testati al Graphicl sequence Test, peggiori performance al test di fluenza verbale per lettere ed al test della copia dell’orologio. Paragonando inoltre questi due gruppi di soggetti affetti da demnza con pazienti affetti da morbo di Parkinson e demenza, questi ultimi hanno mostrato un andamento delle risposte alla valutazione neuropsicologica simile a quella dei pazienti affetti sìda demenza vascolare e diverso da quello dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer, come se le due patologie demenziale sottocorticali avessero un medesimo profilo neuropsicologico. Di frequente riscontro sonole alterazioni del tono dell’umore sia in senso depressivo che disforico, l’apatia, l’abulia e l’irritabilità. La depressione è comune nei pazienti affetti dalle sequele di ictus con tassi di prevalenza che variano dal 18 al 54% secondo i vari studi (41, 42, 56, 164). Il tasso di depressione nei pazienti affetti da demenza vascolare è maggiore dei pazienti affetti da demenza di Alzheimer. Anche la percentuale di altri sintomi neuropsichiatrici quali l’ansietà e le turbe comportamentali sono più frequenti nei pazienti affetti da demenza vascolare piuttosto che nei pazienti affetti da demenza di Alzheimer sovrapponibili per età, scolarità e severità della demenza (15, 41, 44). DEMENZA PREVALENTEMENTE CORTICALE Dal punto di vista clinico è utile suddividere la demenza vascolare informe a prevalente coinvolgimento corticale e forme sottocorticali. Sia le forme multi-infartuali che quelle da infarto singolo insede strategica della classificazione NINDS-AIREN si presentano con un quadro di demenza Prevalentemente corticale. L’esordio frequentemente è acuto con un andamento fluttuante o a gradini conperiodi di stabilità e poi improvviso peggioramento del deterioramento cognitivo. L’esame clinico rileva segni neurologici focali che variano da paziente a paziente in relazione all adiversa sede degli infarti. Frequentemente si riscontrano segni clinici da alterazione del lobo frontale, quali perdita di iniziativa, labilità emotiva, deambulazione a piccoli passi, disartria, incontinenza urinaria fenomeno della prensione forzata ed altri segni di liberazione segni piramidali , fnomeno della triplice retrazione e mutismo acinetico. Altri segni neurologici focali comprendono deficit visivi, disturbi delle funzioni visuo-spaziali, afasia, aprassia, amnesia. DEMENZA PREVALENTEMENTE SOTTOCORTICALE Il concetto clinico di demenza sottocorticale è stato introdotto per la prima volta nel 1974 per descriver un caso di deterioramento mentasle in un paziente affetto da malattia di Huntington e paralisi sopranucleare progressiva (2). In seguitoquesto concetto è stato esteso ad altre sindromi extrapiramidali. Nel 1983 si è avuta la prima descrizione dei particolari aspetti qualitativi neuropsicologici nella demenza vascolare di tipo sottocorticale. legata cioè a malattia dei piccoli vasi in contrasto con le forme prevalentemente corticali dovute a malattia dei grandi vasi (41). Le demenze da alterazione dei piccoli vasi ed alcune forme di demenza multi-infartuale in cui le lesioni ischemiche si estendono in profondità nella sostanza bianca si presentano con un quadro clinico di demenza sottocortcale. In un terzo dei casi l’esordio è acuto, da ricondurre ad un evento ictale nei restanti due terzi subacuto. Circa la metà dei pazienti manifesta un deterioramento cognitivo progressivo, che evolve in 5-10 anni; nell’altra metà il decadimento assume un andamento tipicamente “a gradini” caratterizzato da periodi di stabilizzazion, a volte di apparente miglioramento, a cui seguono improvvisi peggioramenti, quali espressione del ripetersi di piccoli episodi ictali per eventi clinicamente silenti (13). In questa forma di demenza vascolare può mancare l’esordio brusco e può mostrare invece un corso progressivo e talvolta può essere confusa con la malattia di Alzheimer. Il profilo neuropsicologico presenta un rallentamento dei processi mentali e problemi nel richiamo più che non nell’immgazzinamento. Le sue caratteristiche fondamentali sono rappresentate da smemoratezza sopratutto caratterizzata nella difficoltà nel mantenere materiale recentemente appreso, rallentamento dei processi mentali e motori, deterioramento mental caratterizzato dalla compromissione nel gestire conoscenze precedentemente acquisite incompiti di problem solving, compromissione dell’arousal, attenzione e motivazione con cambiamento del tono affettivo in senso depessivo e difficolta del cambiamento di scelta e riprogrammazione (42). Questra sindrome si riscontra oltre che nella demenza vascolare anche nella Paralisi Sopranucleare Progressiva, Nella Corea di Huntington, e nel morbo di Parkinson. Questa sindrome ha delle caratteristiche simili anche alla Demenza Fronto temporale ma il rallentamento motorio e mentale è assai più tardive in quest’ultima (55, 154). Nella malattia di Biswanger si è rinvenuta una maggiore disturbo nella concettualizzazione rispetto alla malattia di Alzheimer (15). La più comune alterazione cognitiva e comportamentale è rappresentata da una diminuzione di attività ed interessi in cui predominano l’apatia e l’inerzia. Molti pazienti divengono francamente abulici e presentano una prolungata latenza di risposta a domande e comandi con riduzione della spontaneità. Il paziente raramente inizia una conversazione, il linguaggio appare povero e laconico, peggiorato a volte dalla presenza di disartria. Comune è il riscontro di depressione. Nel corso della malattia un terzo dei pazienti presenta un’ideazione delirante soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, mentre meno frequenti sono le manifestazioni comiziali. Le capacità di giudizio si riducono, presentando spesso un’ottusità affettiva. Le alterazioni della memoria, del linguaggio, delle funzioni visuospaziali sono variabili e comunque non così predominanti come nella malattia di Alzheimer. Sono state riportati differenza tra malattia di Alzheimer e demenza vascolare nelle funzioni esecutive e motorie, nel linguaggio, nella parola nell’attenzione, nella fluenza verbale e nella memoria episodica. I pazienti affetti da demenza vascolare eseguono meglio prove di denominazione e commettono un numero minore di errori di intrusione rispetto ai pazienti con Alzheimer. Le abilità semantico-lessicali sono meglio preservate, ma gli aspetti sintattici e motori del linguaggio sono più compromessi ( 97). Le facilitazioni semantiche nei test di memoria verbale sono di maggiore aiuto nel richiamo nei pazienti affetti da demenza vascolare rispetto ai pazienti affetti da demenza di Alzheimer, in accordo con una maggiore disfunzione frontale sottocorticale piuttosto che meramente ippocampale. (49). Le anormalità motorie del linguaggio comprendono la disartria, rallentamento della parola e della prosodia. All’esame neurologico il quadro clinico è caratterizzato da segni motori focali, disturbiu della deambulazione, incontinenza sfinterica e sindrome pseudo-bulbare. Spesso coesistono segni piramidali ed extrapiramidali. Disfunzioni del tratto piramidale comprendonodebolezza, iperriflessia, spasticità e riflessi plantari estensori. Nella demenza vascolare sottocorticale possono essere frequentemente osservati disturbi motori caratteristici quali l’aprassia della marcia, disartria, disfagia, deficit focali di forza, tremore, rigidità, distonie e distubi della minzione con incontinenza o minzione imperiosa. Particolarmente comuni sono i segni pseudobulbari con incontinenza emotiva e riso e pianto spastico. MECCANISMI PATOGENETICI VOLUME E SEDE DEGLI INFARTI CEREBRALI Numerosi studi hanno tentato di precisare attraverso l’esame neuropatologico o le neuroimmagini le caratteristiche volumetriche o topografiche degli infarti ceebrali associati a demenza. L’importanza del volume parenchimale distrutto era stato segnalato già a partire dagli anni ‘70 (199), con osservazioni che ponevano in 100 ml di tessuto necrotico la soglia del danno capace di generare una sindrome demenziale. Gli studi successivi non sono stati concordi nel confermare questi dati seganlando in alcuni casi anche quantità inferiori di tessuto infartuato cerebrale nella genesi della demenza (48, 61, 119, 191). Anche la sede della lesione gioca un ruolo importante, ma anche in questo caso i dati della letteratura sono lontani dall’avere dato risultati omogenei e conclusivi suula frequenza e l’importanza di lesioni in strutture ben definitie. Alcuni dati sottolineano l’importanza di lesioni sottocorticali, altrti ancora al contrario insistono sulla necessità di lesioni corticali nella genesi della demenza (46-48, 61, 117, 119, 190, 199). Si ritiene che il quadro neuropsicologico della demenza vascolare possa almeno essere secondario alla disfunzione dei circuiti cognitivi subcorticofrontali puttosto che ai circuiti temporo mesiali, maggiormente compromessi nelle demenza corticali Tre di questi circuiti, che connettono in parallelo rispettivamente òa corteccia prefrontale dorso-laterale,la corteccia orbito-frontale ed il cingolo anteriore con alcune delle strutture nucleari (caudato, nucleo accubens, globo pallido e talamo)potrebbero essere particolarmente rilevanti ai fini del quadro clinico. Il circuito a partenza dalla corteccia pre-frontale dorso-laterale sembra maggiormente implicato nei disturbi dell’umore. Il circuito a partenza dalla corteccia orbito-frontale potrebbe essere coinvolto nei disturbi della personalità,soprattutto irritabilità e disinibizion, mentre l’apatia sarebbe spiegata da un’alterazione della via cingolo-sottocorticale. Il circuito sottocorticale a partenza pre-fronatale dorso-laterale ha anche funzione di mediare il richiamo della memoria di nozioni precedentemente apprese: sarebbero lelesioni di tale struttura a produrre il deficit selettivo delrichiamo con acquisizionne relativsamente conservata (42, 43, 152). La molteplicità e la bilateralità degli infarti, benché frequenti, non sono condizioni né necessarie né sufficienti allo sviluppo della demenza. Molti pazienti con lesioni lacunari multiple non presentano alcun deficit cognitivo, mentre altri con una sola lesione in una sede strategica possono presentare un quadro demenziale. ANOMALIE DELLA SOSTANZA BIANCA La fisiopatologia delle anomalie della sostanza bianca non è ancora completamente conosciuta. L’ipotesi patogenetica più abitualmente invocata attualmente è l’ischemia cronica delle zone più distali delle arteriole penetranti che irrorano la sostanza bianca (54, 170). A partire da questa ipotesi si deve quindi ammettere che possano esistere lesioni di origine ischemica che acquistino l’aspetto non proprio corrispondente ad un infarto cerebrale nel senso abituale del termine (122). UN APPROCCIO MULTIFATTORIALE Se in certi casi la demenza origina da un evento precedente preponderante quale il volume di distruzione del parenchima cerebrale, la sede strategica delle lesioni o la leucoencefalopatia vascolare, a volte il quadro non è così chiaro ma sembra semmai risultare dalla somma e dal potenziamento di altri fattori. In uno studio recente la sede delle lesioni ischemiche a tre mesi dopo un evento ictale è risultata positivamente correlata con l’origine della demenza. Gli infarti emisferici sinistri in particolare quelli situati nel territorio della arteria cerebrale anteriore e posteriore che colpiscono le regioni frontali o temporali interne o i piccoli infarti sottocorticali sono indipendentemente correlati con lo sviluppo di demenza. Egualmente altri fattori come l’età ed il livello culturale sono risultati indipendentemente correlati con l’insorgenza di demenza. Da questo studio appare una nuova ipotesi che l’insorgenza della demenza sia il risultato di più fattori indipendenti. Le lesioni di volume sufficiente per distruggere le strutture strategiche per il funzionamento intellettivo, in particolare il sistema limbico e le cortecce associative o le loro connessioni attraverso i circuiti nella sostanza bianca, possono essere necessarie ma non sufficienti per lo sviluppo della sindrome demenziale (190, 192). Altri fattori quali l’età, il livello culturale, altre lesioni degenerative o vascolari silenti possono facilitare o all’inverso limitare l’espressione della sindrome demenziale. Risultati simili sono stati ottenuti da studi di neuroimaging che hanno dimostrato come il volume totale delle alterazioni della sostanza bianca, la sede parietale sinistra dell’ictus, il volume totale degli infarti, l’atrofia sottocorticale ma anche un parametro clinico quale l’età sono significativamente ed indipendentemente correlati con la presenza di una demenza (117). Il volume del tessuto ipometabolico è sicuramente un altro fattore ancora poco indagato ma che dai primi studi appare un fattore importante nel determinismo della demenza. Oltre alle zone distrutte dell’infarto infatti vi sono zone di infarto incompleto e zone morfologicamente intatte ma oramai deconesse dal restante parenchima attivo. Un recente studio utilizzante la camera a positroni ha dimostrato che il volume delle zone ipometaboliche è correlato con la severità della demenza sia nelle forme vascolari che in quelle dovute alla malattia di Alzheimer. (132). Sebbene in questi anni siano stati fatti enormi passi in avanti nello studio delle demenze in tutti i settori della ricerca, al momento attuale per quanto riguarda la demenza vascolare non esistono ancora precisi criteri volumetrici o topografici di demenza vascolare. Altre patologie, quali la bronchite cronica e l’insufficienza respiratoria, possono essere causa di defict cognitivi, in parte in relazione all’ipossia in parte alle modificazioni della circolazione sistemica a questa legate (12). QUADRO NEUROPATOLOGICO CARATTERISTCHE DELLA CIRCOLAZIONE ARTERIOSA SOTTOCORTICALE La vascolarizzazione sottocorticale comprende due sistemi di arterie perforanti: i rami perforanti profondi destinati ai gangli della base, al talamo ed alla capsula interna ed i rami perforanti superficiali destinati alla sostanza bianca degli emisferi cerebrali. Vasi arteriosi di piccolo calibro vengono anche considerati i rami paramediani e circonferenziali dell'arteria basilare destinati al tronco cerebrale. Le arterie perforanti presentano un diametro di 50-400 micron, le perforanti profonde originano ad angolo retto dal tratto iniziale, quelle superficiali dal tratto piale delle arterie cerebrali media, anteriore e posteriore e dall'arteria coroidea anteriore. Vascolarizzano una piccola quantità di tessuto nervoso di forma grossolanamente cilindrica e sono rami terminali senza possibilità di compenso collaterale ad eccezione delle arterie talamiche. Le arterie perforanti profonde, dette anche midollari irrorano la sostanza bianca profonda e danno pochi o nessun ramo collaterale e terminano in prossimità della parete ventricolare. L'apporto ematico della sostanza bianca periventricolare è quasi interamente legato a questi vasi terminali. Per questo motivo la sostanza bianca periventricolare da 3 a 10 mm dalla parete ventricolare rappresenta un ultimo prato estremamente sensibile all'ischemia. Gli infarti sottocorticali possono essere suddivisi in base al territorio di vascolarizzazione in infarti nel territorio delle arterie perforanti profonde (capsula interna, talamo e gangli della base), infarti nel territorio delle arterie perforanti superficiali (sostanza bianca del centro semiovale), infarti lacunari del tronco cerebrale, situati prevalentemente nella parte ventro-mediale del ponte e del mesencefalo. In base alle dimensioni ed entità della lesione ischemica si distinguono due tipi di infarto sottocorticale: infarti di piccole dimensioni con diametro inferiore a 10-15 mm, corrispondono all'infarto lacunare vero e proprio in quanto conseguono all'occlusione di una singola arteria perforante, ed infarti di maggiori dimensioni con diametro superiore a 10-15 m; tali "lacune giganti" comprendono gli infarti striatali estesi, gli infarti conseguenti all'occlusione dell'arteria coroidea anteriore e buona parte degli infarti della sostanza bianca emisferica . In accordo con gli studi istopatologici l'eziopatogenesi dell'infarto lacunare è riconducibile essenzialmente a due meccanismi. la lipoialinosi e la microateromatosi. A livello microscopico la lipoialinosi o arteriolosclerosi comporta la sostituzione della membrana elastica e muscolare da parte del collagene, deposito di materiale ialino subintimale e di fibrina (fibrolipoialinosi) ed aree di dilatazione focale, corrispondenti agli aneurismi di CharcotBouchard. In questo caso l'occlusione del vaso interessa il segmento medio-distale dell'arteria perforante, quando il vaso presenta un calibro di 40-200 micron. La microateromatosi è espresione di un'ateromasia diffusa interessante i vasi extracranici che si propaga a livello intracranico coinvolgendo il tratto iniziale delle arterie circonferenziali, nel settore in cui originano le arterie perforanti. L'ateroma può obliterare più vasi perforati contemporaneamente provocando la formazione di infarti lacunari di maggiori dimensioni. Meno frequente nel meccanismo degli infarti lacunari è l'occlusione embolica. Negli infarti lacunari della regione striato-capsulare una occlusione embolica è assai rara in quanto difficlmente le particelle emboliche riescono ad infilare le piccole arterie lenticolo-striate che si dipartono ad angolo retto. CARATTERISTICHE NEUROPATOLOGICHE Criteri neuropatologici certi per la diagnosi di demenza vascolare devono ancora essere definiti (77). Vari criteri classificativi neuropatologici sono stati proposti a scopo di ricerca quali quelli del NINDS-AIREN e del CERAD ma debbono ancora essere validati attraverso un attento studio clinico-patologico che correli le lesioni vascolari cerebrali con il declino cognitivo ( 98, 172). Nell'ambito delle lesioni ischemiche riscontrabili all'esame istologico del cervello si possono riscontrare: • infarti territoriali, in vario stadio di evoluzione, costituiti da cicatrici gliali con o senza cavitazione, • infarti lacunari, di diametro inferiore a 1,5 cm sottocorticali, • necrosi laminare, costituita da perdita di neuroni e gliosi della corteccia, come risultato di un danno ischemico globale ma transitorio in strati o segmenti della corteccia selettivamente vulnerabili alle alterazioni della perfusione, • atrofia corticale granulare, costituita da piccole cicatrici corticali multiple risultato di piccoli infarti multipli e di un processo di gliosi focale, generalmente localizzata nelle zone di confine tra i territori delle arterie cerebrali anteriore e media, • gliosi ischemica incompleta, cioè una distruzione neuronale selettiva con simultanea attivazione astrocitaria che fa seguito a danni ischemici incompleti, • leucoencefalopatia sottocorticale, comprendente alterazioni della sostanza bianca quali pallore delle fibre mieliniche con contemporanee anomali e nucleari delle cellule gliali, cavitazione con o senza la presenza di macrofagi carichi di lipidi aree focali di gliosi reattiva. Le alterazioni della sostanza bianca periventricolare e dei centri semiovali può essere altresì caratterizzata da diffusa rarefazione delle fibre mieliniche non associata a necrosi coagulativa, vacuolizzazione causata da piccole aree di necrosi o da aumento di liquido nello spazio extracellulare, astrogliosi reattiva, con aumento del volume citoplasmatico e proliferazione dei processi astrocitari. Altra caratteristica lesione della sostanza bianca è l'angiopatia dei piccoli vasi arteriosi di diametro inferiore ai 500 micron con caratteristica perdita di cellule muscolari liscie e deposizione di materiale ialino, fibroialino o lipidico nella tunica dei vasi. QUADRO NEURORADIOLOGICO Le alterazioni neuroradiologiche sono rappresentate da tre tipi di lesioni: gli infarti territoriali, gli infarti lacunari e la leucoaraiosi. Alla Tac dell'encefalosi possono quindi osservare ipodensità diffusa e simmetrica delle regioni periventricolari e/o dei centri semiovali, oppure piccole lesioi ipodense rotonde o ovalari sottocorticali a limiti netti rappresentati dagli infarti lacunari. Alla risonanza Magnetica le corrispondenti lesioni sono caratterizzate da aree di iperintensità nelle sequenza T-2 pesate di estensione diversa, a volte discrete a volte confluenti o addirittura diffuse situate nella sostanza bianca sottocorticale. Gli infarti lacunari hanno invece dimensioni molto più piccole, forma rotonda o ovalare a limiti netti. Criteri ulteriori sono la presenza di atrofia corticale e la dialtazione delle cavità ventricolari e l'allargamento dei solchi. Recentemente è stata proposta una scala di valutazione neuro-radiologica basata sulla presenza e sull'estensione del volume degli infarti cerebrali, della malattia della sostanza bianca e sulla atrofia che si è dimostrata inizialmente efficace a correlarsi con la presenza e la severità della demenza vascolare. LESIONI PERIVENTRIVCOLARI DELLA SOSTANZA BIANCA: LA LEUCOARAIOSI C'è tutt'ora un vivo dibattito in corso sulle lesioni periventricolari della sostanza bianca a causa del loro incerto significato clinico. La recente introduzione del termine leucoaraiosi (dal greco λευκοσ - bianco, e αραιοσ - rarefazione) è stata utilizzata per indicare la rarefazione o l'assottigliamento della sostanza bianca, rilevato all'esame neuroradiologico che appare come una zona di aumentata lucentezza alla TAC, nelle aree periventricolari o una diminuzione dell'intensità del segnale in fase T2 alla RMN. Le lesioni sono simmetriche, diffuse o focali multiple e colpiscono sia la sostanza bianca periventricolare che quella profonda. Si distinguono dalle lesioni infartuali per la mancanza di dilatazione omolaterale del ventricolo e dei solchi). All'esame anatomopatologico corrispondono spazi perivascolari dilatati, arteriosclerosi dei vasi cerebrali, ectasia vascolare, demielinizzazione perivascolare e diffusa, piccoli infarti sottocorticali e altre aree di necrosi. La patogenesi di tale alterazione è ancora sconosciuta ma si pensa debba essere messa in correlazione ad un meccnismo vascolareEpisodi di ipotensione arteriosa collegati ad aritmie cardiache o a episodi parossistici negli anziani possono provocare ischemia nelle aree cerebrali più profonde irrorate dai vasi terminali. La sostanza bianca profonda è estremamente sensibile all'ischemia e disordini ipossico-ischemici come l'arresto cardiopolmonare, lo scompenso cardiaco possono aumentare i rischi di demenza vascolare. I dati di frequenza della leucoaraiosi nella popolazione normale e nei pazienti affeti da demenza sono contradditori e non permettono di associare un significato clinico certo a questo rilievo neuroradiologico. I dati di incidenza e prevalienza della letteratura sono assai vari a seconda dei criteri neuroradilogici adottati per la definizione di leucoaraiosi. La leucoaraiosi può essere riscontrata dal 50 al 60% degli ultrasessantacinquenni sani. In pazienti affetti da demenza vascolare la sua prevalenza varia dal 40 al 100% con l’uso della TAC e dal 60 al 100% con la RMN. In pazienti affetti da demenza di Alzheimer varia invece dal 20 al 60% e dal 20 al 100% utilizzando la Tac o la RMN. Tra i fattori di rischio identificati per la leucoaraiosi sono stata riconosciuti l'età, l'ipertensione, l’anamnesi positiva per crisi ipotensive ed ipotensione posturale,le malattie cardiache, la fibrillazione atriale, il fumo di sigaretta, i bassi livelli serici di vitamina E, la presenza di infarti lacunari, il basso grado di istruzione (82, 153, 159). PARTE PRIMA: LA DEMENZA VASCOLARE INTRODUZIONE La demenza a genesi vascolare è seconda per frequenza alla sola forma degenerativa primaria tipo Alzheimer. Il termine "demenza multi-infartuale", originariamente coniato da Hachinski, è nella pratica comune sinonimo di demenza vascolare dovuta ad arteriosclerosi cerebrale. In realtà sotto la definizione di demenza vascolare devono essere incluse più forme che non la sola e più frequente demenza multi-infartuale propriamente detta, secondaria cioè a ripetuti infarti cerebrali con progressiva perdita del parenchima cerebrale. Più raramente, infatti, demenze su base vascolare possono derivare da lesioni non di tipo chiaramente ictale, ma da alterazioni cardiovascolari che conducono ad una cronica o ripetuta diminuzione del flusso cerebrale e quindi a ipossia-anossia cerebrale, senza la presenza di vasculopatia cerebrale arteriosclerotica critica. Sulla base di tale meccanismo patogenetico le vasculiti, l'ipotensione arteriosa sistemica e le aritmie cardiache sono state proposte nella patogenesi di alcuni casi di demenza. L’effettiva possibilità di una demenza secondaria ad una malattia cardiaca è un tema dibattuto da anni ma mai oggetto di studi approfonditi. Gli studi che hanno osservato in alcuni episodi dementigeni un'origine aritmica ed ipotensiva si sono basati sulle osservazioni dei brevi tempi di latenza tra gli episodi di aritmia cardiaca e l'insorgenza del disturbo cognitivo. E' ipotizzabile quindi che l'effetto di alterazioni emodinamiche croniche di lunga durata, quali quelle legate allo scompenso cardiaco o ad altre malattie cardiache, possano egualmente alterare, con un meccanismo simile, le capacità cognitive ed essere causa di "demenza vascolare non infartuale", non necessariamente cioè legata ad un’arteriosclerosi cerebrale grave. Sulla scorta di tale premessa alcuni autori sono giunti persino a definire una demenza vascolare di "tipo Emodinamico". A sostenere l'ipotesi dell'origine cardiaca di alcune demenze vascolari vi sono i recenti studi tramite la Tomografia Assiale Computerizzata e la Risonanza Magnetica Nucleare sulle lesioni della sostanza bianca cerebrale che hanno permesso di approfondire ulteriormente questo campo. E’ definita WMLA (White Matter Low Attenuation) o Leucoaraiosi il quadro radiologico osservabile alla TAC di ipodensità più o meno diffusa della sostanza bianca. Questo quadro radiologico è presente nel 70% dei pazienti affetti da demenza vascolare e nel 30% dei pazienti affetti da demenza di Alzheimer e tra questi nel 76% delle forme "late onset". La presenza di tale rilievo anche in pazienti sani ha portato alcuni autori ad ipotizzare che questo tipo di lesioni possano rappresentare un segno precoce di demenza. In molti casi tali lesioni radiografiche hanno mostrato di avere un corrispettivo anatomopatologico di leucoencefalopatia periventricolare ischemica simile a quello presente nella malattia di Biswanger. Il quadro anatomopatologico di questo tipo di lesioni della sostanza bianca, presenti anche tipicamente nello Stato Lacunare, è caratterizzato da lesioni arteriosclerotiche dei vasi della sostanza bianca, con sclerosi e ialinosi delle arterie midollari. Il quadro è completato dalla presenza di infarti ischemici periventricolari con o senza cavitazioni o lacune, con perdita di mielina e assoni e reazione astrogliale, ed eventuale dilatazione ex vacuo dei ventricoli. Tali lesioni della sostanza bianca hanno una genesi vascolare ischemica a partire dalle lesioni arteriosclerotiche dei vasi midollari. Le alterazioni emodinamiche sistemiche provocando ialinosi delle pareti dei piccoli vasi cerebrali conducono ad una riduzione del lume ed ipoperfusione cerebrale. Numerosi studi hanno messo in relazione la presenza della WMLA con le alterazioni della pressione arteriosa; inoltre le lesioni periventricolari della sostanza bianca sono risultate correlate sia alla bassa gittata cardiaca sia alle aritmie, agli episodi acuti di scompenso cardiaco, alle sincopi od ad episodi ricorrenti di ipotensione dovuti ad alterazione del sistema autonomico, o ad eccessivo trattamento antiipertensivo. Quadri inoltre di vera e propria leucomalacia periventricolare sono stati associati a severi disturbi emodinamici. E' stato ipotizzato che l'ischemia della sostanza bianca periventricolare possa influenzare la funzione cognitiva causando una disconnessione di zone di corteccia cerebrale relativamente intatte, dando luogo ad una "demenza sottocorticale" con specifiche caratteristiche dal punto di vista neuropsicologico. Tale forma di demenza vascolare sarebbe dovuta ad alterazioni della perfusione cerebrale (CBF) nei territori irrorati da arterie terminali. Alcuni studi hanno dimostrato che la performance cognitiva è correlata alla CBF. Sia quadri franchi di demenza che episodi reversibili di disfunzione cognitiva sono stati segnalati associati ad una diminuzione della CBF. Tale osservazione potrebbe supportare studi sull'ipotesi patogenetica dello scompenso cardiaco nell'insorgenza di alcune forme di demenza vascolare, in presenza di un’alterata autoregolazione del CBF, ed al contempo prefigurare degli spazi di prevenzione ed intervento, operando sulla regolazione ed il controllo della CBF. A favore di questa tesi possono inoltre essere interpretati i risultati degli interventi di cardiochirurgia di by-pass coronarico o di sostituzione valvolare che hanno mostrato, infatti, un miglioramento complessivo delle performance cognitive post operatorie. Infine i dati recentemente pubblicati dello studio SOLVD hanno dimostrato come alcuni test cognitivi peggiorino parallelamente alla gravità clinica dello scompenso cardiaco (Digit span e Trails making A), ciò, oltre a confermare l'esistenza di un legame tra stato cognitivo e scompenso cardiaco,