Università di Pisa Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Sistemi Elettrici e Automazione CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA “ Elettrotecnica e Macchine Elettriche ” Appunti del Prof. Lucio Taponecco Tel. 050 2217317 - 340 9173120 e-mail: [email protected] Anno Accademico 2009-2010 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco PREMESSA. Qualunque sviluppo tecnologico e industriale é, come noto, strettamente connesso alla disponibilità di energia. L'energia, che é presente in natura sotto varie forme (fossile, nucleare, idraulica, geotermica, eolica, solare, ecc.), perchè sia utilizzabile deve però essere trasportata nei luoghi dove occorre e trasformata nella forma che interessa. Questo problema é attualmente risolto, nella maggior parte dei casi, trasformando le energie primarie disponibili in energia elettrica, in quanto tale tipo di energia può essere trasportato a lunghe distanze con basse perdite e costi accettabili e presenta una tale flessibilità da consentirgli di essere facilmente trasformato nella forma desiderata (meccanica, luminosa, termica o chimica). L'energia elettrica é pertanto alla base della moderna civilizzazione industriale e dell'attuale stile di vita dei paesi avanzati; basti pensare che il consumo pro capite di energia elettrica é utilizzato come un indicatore dello sviluppo industriale e del livello di benessere di una nazione. Circa il 60-65% di tutta l'energia elettrica prodotta viene poi trasformata in meccanica mediante motori elettrici, che possono essere collegati alla linea di alimentazione direttamente o tramite dispositivi di conversione statica dell'energia. In questo secondo caso si parla di azionamenti elettrici, il cui principale pregio è quello di ottenere una energia meccanica pregiata con coppia e velocità regolabili. Essi consentono inoltre un più efficiente utilizzo dell'elettricità e conseguente riduzione dell'inquinamento, delle pioggie acide e dell'effetto serra prodotti dalle emissioni delle centrali elettriche a combustibile. Per fornire una idea della diffusione dell'utilizzo dell'energia elettrica riportiamo alcune delle molteplici applicazioni in ambiente civile e industriale e nei sistemi di trasporto. Applicazioni di tipo civile: -illuminazione (lampade a incandescenza, alogene, fluorescenti, a vapori di sodio, a led...); -climatizzazione (ventilatori, stufe, condizionatori, pompe di calore…); -movimentazione (scale mobili, ascensori, elevatori...); -elettrodomestici (scaldabagno, asciugacapelli, lavatrici, ferri da stiro, frigoriferi, robot da cucina, lavastoviglie, trapani…); -alimentatori per PC, gruppi di continuità, caricabatterie...; -tetti fotovoltaici. Applicazioni di tipo industriale: -spostamento materiali (nastri trasportatori, paranchi, argani, carriponte, gru...); -trattamento liquidi e gas (pompe, compressori, aspiratori...); smerigliatrici, seghe a nastro, trapani, fresatrici, torni, rettificatrici, presse, robot...; -processi tecnologici elettrici (forni ad arco e a induzione, saldatura, elettroerosione, trattamenti elettrochimici…); generazione dell'energia elettrica da fonti non convenzionali (parchi eolici, campi fotovoltaici, impianti solari termoelettrici, centrali geotermoelettriche. Applicazione nei sistemi di trasporto terrestri, maritmi e aerospaziali. Anche in un sistema strettamente meccanico come ad esempio l'automobile con motore a combustione interna sono presenti molti azionamenti elettrici e linee elettriche (lunghezza cavi 4-5 km), per consentire varie azioni sia elementari (tergicristalli, alzavetri, ecc.) che più complesse per il controllo della dinamica del veicolo (frenatura assistita, ABS, tenuta, stabilità, ecc.). 1 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco PARTE PRIMA – ELETTROTECNICA Capitolo E1 - RICHIAMI sui CIRCUITI ELETTRICI in CORRENTE CONTINUA. E1-1. Introduzione. La teoria dei circuiti elettrici si sviluppa come naturale e logica conseguenza della teoria dei campi elettromagnetici basata sulle equazioni di Maxwell, cioè di un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali, la cui soluzione presenta notevoli difficoltà. Lo scopo è semplificare notevolmente la struttura matematica del problema utilizzando un modello idealizzato, denominato circuito elettrico, costituito da uno o più elementi concentrati (resistori, condensatori, induttori) ognuno dei quali rappresenta un aspetto della realtà fisica (presenza di fenomeni dissipativi, di campi elettrici e di campi magnetici). Trattandosi di un modello (tra l'altro estremamente semplificato) il circuito elettrico non può ovviamente rappresentare tutti i fenomeni elettrici nella loro completezza, ne consente però una buona approssimazione nella stragrande maggioranza dei casi pratici. 2 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-2. Campo elettrico. Tutti i fenomeni elettrici derivano dalla presenza negli atomi della materia di alcune particelle elementari (elettroni e protoni - fig. E1-1), che possiedono una proprietà fisica, denominata carica elettrica, rappresentabile attraverso un valore scalare pari a 1,6⋅10-19C e che può essere negativo (elettrone) o positivo (protone), e dalle conseguenti forze che interagiscono fra di esse. Fig. E1-1 Fra due cariche elettriche puntiformi q1 e q2, isolate ed immobili una rispetto all'altra, si manifesta infatti una forza attrattiva o repulsiva, a seconda che le cariche siano di segno opposto o dello stesso segno (fig. E1-2). Fig. E1-2 L'intensità di tale forza elettrostatica è diretta lungo la retta che congiunge le due cariche ed è (legge di Coulomb) proporzionale al prodotto delle due cariche ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza r: F= q1 q2 4πε 0ε r r 2 [N] con ε0 = 8,859 10-12 [F/m] costante dielettrica del vuoto e εr (≅1÷10) costante dielettrica relativa del mezzo isolante nel quale si trovano le due cariche. Ogni carica elettrica produce quindi in ogni punto dello spazio circostante un campo elettrico K=F/q [N/C o V/m], che è un vettore definito come rapporto tra la forza che si esercita su di una carica positiva q (che si suppone non perturbi il campo preesistente) posizionata nel punto considerato e la carica medesima. 3 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Se tale carica è libera di muoversi le traiettorie da essa descritte rappresentano le linee di forza del campo (fig. E1-3) (cioè linee la cui tangente in ogni punto è diretta come il campo in quel punto). Fig. E1-3 Alla carica unitaria si dà il nome di Coulomb [C]; tale carica unitaria se è posta di fronte ad una uguale alla distanza di 1 metro, è sottoposta alla enorme forza di (circa) 9 ⋅109 newton. Nel movimento della carica q da un punto A ad un punto B in generale viene compiuto lavoro dalle forze del campo; il rapporto tra la conseguente energia spesa WAB e la carica q si definisce tensione o differenza di potenziale VAB : = VAB WAB = q ∫ B A K ⋅ dl Si definisce infatti potenziale elettrico in un punto dello spazio il valore dell'energia potenziale posseduta da una carica elettrica unitaria positiva disloccata in quel punto; esso si misura in Joule/Coulomb = Volt [V]. Negli atomi gli elettroni sono vincolati a muoversi su date orbite per la forza di attrazione esercitata dei protoni del nucleo. A seguito dell'applicazione di una forza esterna alcuni degli elettroni più esterni possono uscire dalla loro orbita (elettroni liberi) lasciando dei vuoti che vengono riempiti da altri elettroni liberi uscenti dall'orbita di un altro atomo. Una corrente elettrica si produce quando degli elettroni liberi si muovono da un atomo all'altro (fig. E1-4). Fig. E1-4 4 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Ai fini delle applicazioni pratiche è di grande importanza sia poter realizzare facilmente il trasferimento delle cariche elettriche da un punto ad un altro punto, sia poterlo impedire. Entrambe queste possibilità vengono sfruttate nella tecnica utilizzando nel primo caso i cosiddetti materiali conduttori (argento, rame, alluminio, grafite, ecc.), nel secondo caso i materiali isolanti (quarzo, vetro, porcellana, mica, gomme, resine, carta, legno, ecc.). Un cavo elettrico (fig. E1-5) è un esempio di utilizzo di materiali conduttori e isolanti. Fig. E1-5 L'impedimento con cui qualsiasi materiale si oppone, in misura più o meno elevata (in relazione a caratteristiche chimiche e temperatura) allo spostamento delle cariche elettriche al suo interno si chiama resistività e viene designata con il simbolo ρ. Ιl suo inverso si chiama conduttività γ. La resistività assume quindi valori molto bassi per i materiali conduttori (ad esempio: rame ≅ 0,017 [µΩ·m = Ωmm2/m]), molto elevati per i materiali isolanti (ad esempio: porcellana ≅ 2⋅1019 [µΩ·m]). Oltre ai materiali conduttori e isolanti, in campo elettrico sono molto diffusi anche i materiali semiconduttori, quali il silicio, che si comportano sia da conduttori che da isolanti (a seconda che una forza esterna sia applicata in una direzione o in quella opposta); questi materiali sono utilizzati per realizzare i vari dispositivi allo stato solido dell'elettronica industriale (diodi, tiristori, transistori). Vi sono poi dei materiali isolanti o cattivi conduttori, che a temperature bassissime diventano superconduttori. 5 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-3. Generatori elettrici. Un generatore elettrico è un dispositivo che trasforma un qualsiasi tipo di energia primaria (termica, meccanica, chimica, solare, eolica, ecc.) direttamente (pile, generatori fotovoltaici) o indirettamente (dinamo, alternatori) in energia elettrica, creando una separazione di cariche. La sua funzione è infatti quella di spostare (utilizzando un processo elettrochimico o di induzione magnetica) degli elettroni da uno dei suoi due estremi (morsetto positivo) all'altro (morsetto negativo). Tale azione cessa quando la forza di attrazione tra le cariche positive e negative dislocate sui due morsetti uguaglia la forza sviluppata dal generatore, determinando tra essi una differenza di potenziale (d.d.p.) o tensione equivalente al lavoro sviluppato per effettuare tale spostamento. Fig. E1-6a Fig. E1-6b Fig. E1-6c Tutti i generatori di tensione sono caratterizzati quindi (fig. E1-6a) da un eccesso di elettroni ad uno dei suoi morsetti (−) e da una mancanza all'altro (+). Se i morsetti del generatore sono isolati, la d.d.p. tra essi equivale alla forza elettromotrice (f.e.m.), indicata in genere con la lettera E, cioè al valore dell'energia che le azioni intrinseche del generatore forniscono alla carica unitaria positiva. Se invece i morsetti vengono connessi ad un circuito esterno la d.d.p. tra di essi determina uno scorrimento continuo di cariche. Infatti non appena degli elettroni lasciano il morsetto negativo del generatore per rientrare, attraverso il circuito esterno, nel morsetto positivo si determina, in conseguenza del minore numero di cariche disloccate sui morsetti, una riduzione della forza coulombiana di attrazione e pertanto la forza intrinseca del generatore torna a prevalere e produce lo spostamento di altrettanti elettroni nel circuito interno. La quantità di carica che attraversa la sezione di un conduttore nell'unità di tempo (i=dq/dt) si definisce corrente elettrica. Per convenzione si assume che la corrente scorra nel circuito esterno dal morsetto positivo a quello negativo del generatore, come se si muovessero i protoni anzichè gli elettroni. In relazione al verso convenzionale della corrente si fissa il verso convenzionale della f.e.m. dei generatori, assumendo che essi agiscano nel senso di spostare, nel circuito interno, le cariche positive dal morsetto negativo a quello positivo, 6 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco che pertanto viene mantenuto ad un potenziale elettrico maggiore di quello del morsetto negativo, e quindi nel circuito esterno da quello positivo a quello negativo. La tensione e la corrente si dicono continue quando il loro valore è costante nel tempo, mentre si dicono variabili se cambiano in modulo e/o segno. L'unità di misura della tensione è il volt [V] e lo strumento idoneo alla sua misura (voltmetro) deve essere inserito connettendo i suoi morsetti ai due punti tra i quali si vuole misurare la d.d.p. (fig. E1-7). L'unità di misura della corrente è l'ampère [A], che corrisponde ad 1 Coulomb al secondo (cioè a circa 6,24 x 1018 elettroni che in un secondo attraversano una sezione del conduttore), e lo strumento idoneo alla sua misura (amperometro) deve essere inserito in modo da essere attraversato dalla corrente da misurare (fig. E1-7). Fig. E1-7 Poiché l'inserimento degli strumenti di misura non deve perturbare per quanto possibile il funzionamento del circuito in esame, il voltmetro deve essere tale che sia trascurabile la corrente che lo attraversa (deve cioè avere una resistenza interna molto grande), mentre l'amperometro deve essere tale che sia trascurabile la d.d.p. tra i suoi morsetti (deve cioè avere una resistenza interna molto piccola). In figura E1-8 sono riportate le rappresentazioni grafiche e le caratteristiche tensione-corrente di un generatore ideale di tensione continua e di un generatore ideale di corrente continua. b) a) Fig. E1-8 7 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Il primo (fig. E1-8a) mantiene tra i suoi morsetti una d.d.p. assegnata costante qualunque sia il valore dell'intensità della corrente erogata. Le prese di tensione per uso domestico ed industriale forniscono una tensione che è indipendente, entro larghi limiti, dalla corrente erogata e quindi sono equivalenti ad un generatore ideale di tensione. Il secondo (fig. E1-8b) eroga una corrente assegnata costante qualunque sia il valore della tensione tra i suoi morsetti e deve essere sempre usato a circuito chiuso. Il pallino rappresenta convenzionalmente la polarità positiva della f.e.m. o il verso della corrente. Nelle figure E1-9a e E1-9b sono riportate le rappresentazioni grafiche e le caratteristiche tensione-corrente rispettivamente di un generatore reale di tensione continua e di un generatore reale di corrente continua. I generatori reali differiscono da quelli ideali per la presenza di una resistenza interna Ri , che è connessa in serie al generatore ideale di tensione e in parallelo al generatore ideale di corrente. La tensione ai morsetti di un generatore reale di tensione decresce quindi proporzionalmente alla intensità di corrente da cui è attraversato e la corrente erogata da un generatore reale di corrente decresce proporzionalmente alla intensità di tensione presente ai suoi morsetti. Pertanto la tensione ai morsetti dei generatori di tensione (che rappresentano la maggior parte dei generatori elettrici) rispettivamente ideali e reali è: VAB = E0 − RiI VAB = E0 e la corrente erogata dai generatori di corrente ideali e reali è: I = Icc − VAB/Ri I = Icc a) b) Fig. E1-9 8 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-4. Resistori. In un generico materiale di resistività ρ (o conducibilità γ=1/ρ) percorso da corrente il vettore campo elettrico K è proporzionale al vettore densità di corrente J = dI/dS: K = ρ J (legge di Ohm per grandezze specifiche). Ricordando che la d.d.p. tra due sezioni A e B di un generico materiale può valutarsi integrando il campo elettrico lungo un qualsiasi percorso che ha inizio in A e termine in B, nell'ipotesi di distribuzione uniforme della corrente si ottiene: B VAB = Kd l ∫= A B (l )d l I ∫ ρ J= A B ∫ A ρ udl = IR S (l ) legge di Ohm con u versore del vettore J(l). Il parametro R (resistenza) è rappresentato con il simbolo riportato in figura E1-10 e nel caso, molto comune in elettrotecnica, di sezione costante risulta pari a ρl/S. Esso caratterizza l'attitudine di un resistore ad opporsi al passaggio della corrente quando è sottoposto all'azione di una tensione e si misura in ohm [Ω]. Un ohm è la resistenza di un resistore che viene percorso dalla corrente di un ampere quando ai suoi morsetti è applicata la tensione di un volt. Fig. E1-10 L'inverso della resistenza G=1/R si chiama conduttanza e si misura in siemens [S]. Sperimentalmente la resistenza si ottiene dal rapporto tra il valore di una generica tensione continua applicata ai capi di un materiale ed il valore dell'intensità della corrente che lo percorre: R = V/I . E' noto che ogniqualvolta una forza di qualsiasi tipo causa del moto, viene compiuto lavoro; ad esempio viene fatto del lavoro quando una forza meccanica è usata per sollevare un peso, oppure quando in un circuito elettrico la tensione (forza) applicata ad un conduttore provoca un flusso di elettroni (moto). L'unità di misura dell'energia nel sistema internazionale è il Joule: [J] = [Ws] = [Nm] = [kgmassa m2 s-2]. Esistono però altre unità pratiche per particolari forme di energia: il chilowattora [kWh] usato nelle applicazioni elettriche; la chilocaloria [kcal] usata in termodinamica; il chilogrammetro [kgm] usato talvolta in campo meccanico; il BTU usato nel mondo anglosassone; la tonnellata equivalente di petrolio [tep] in uso nei bilanci energetici globali, che equivale al calore prodotto dalla combustione di una tonnellata di petrolio, assunto convenzionalmente pari a 10 milioni di kcal. 9 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Se mediante un generatore di tensione si applica una differenza di potenziale v(t) ai morsetti di un generico bipolo (elemento circuitale con due morsetti) resistivo, l'energia elementare che il generatore deve erogare nel tempo dt per muovere una carica elementare dq vale: dw = v(t) dq = v(t) i(t) dt [J] e quindi la potenza istantanea (lavoro nell'unità di tempo) erogata dal generatore e assorbita dal resistore è: 2 2 p(t) = dw/dt = v(t) i(t) = R i (t) = v (t)/R [W = J/sec], e l'energia WR assorbita dal resistore R nell'intervallo di tempo (t1÷t2): = WR t2 t2 t1 t1 p(t) dt R ∫ i 2 (t) dt ∫= Tale energia si trasforma in calore per effetto Joule [1 kWh produce 860 kCal]. Questo effetto viene utilizzato negli apparecchi di riscaldamento a resistenza (ferri da stiro, scaldabagni, stufe), nelle lampade ad incandescenza e in alcuni forni industriali. La potenza è una caratteristica di un dato apparecchio utilizzatore (lampada 100 W, stufetta 2kW), mentre l’energia è il lavoro che tale apparecchio sviluppa nel tempo. 10 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-5. Condensatori. Se i morsetti di un generatore di tensione costante vengono collegati a due corpi conduttori (armature) separati da un materiale isolante (dielettrico), il morsetto positivo del generatore attira elettroni dall'armatura a cui è collegato (e questa si carica quindi positivamente), mentre l'altra armatura attira un uguale numero di elettroni dal morsetto negativo del generatore (e si carica negativamente) e nel dielettrico si forma un campo elettrico (fig. E1-11a). Le cariche, di uguale entità ma di segno opposto, che si accumulano sulle due armature e quindi la d.d.p. tra di esse e l'energia immagazzinata nel campo elettrico all'interno del dielettrico aumentano man mano che si verifica questo movimento di elettroni, il cui numero decresce gradualmente fino ad annullarsi quando la d.d.p. tra le armature assume un valore uguale a quello della f.e.m. del generatore. Il dispositivo costituito dalle due armature separate dal dielettrico si definisce condensatore e nei circuiti elettrici viene rappresentato con il simbolo riportato in figura E1-11b. b) a) c) Fig. E1-11 I condensatori una volta caricati se scollegati dalla rete tendono a mantenere nel tempo la carica e quindi l'energia accumulata e il valore di tensione che avevano al momento del distacco. Si può così creare per le persone una situazione di pericolo, che deve essere eliminata mediante un circuito di scarica che provveda a ridurre la tensione ad un valore residuo non superiore a 50 V in un tempo prefissato. Tale dispositivo non elimina l'obbligo di cortocircuitare i morsetti del condensatore tra loro e a terra prima di maneggiarli [si realizza un cortocircuito tra due punti collegandoli con un conduttore avente idealmente resistenza nulla, in tale caso la differenza di potenziale tra i due punti è nulla qualunque sia l'intensità di corrente del collegamento]. 11 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Il tempo di carica di un condensatore è pari a 4÷5 volte la costante di tempo τ = RC, prodotto della resistenza dei conduttori che collegano il generatore al condensatore per la sua capacità. Infatti dopo ogni periodo di tempo pari a τ la d.d.p. tra le armature si incrementa sempre di un valore pari al 63% della tensione residua successivamente applicata. Analogamente la scarica del condensatore su di una resistenza, con conseguente annullamento della d.d.p. e dissipazione per effetto Joule dell'energia elettrica immagazzinata, si può considerare praticamente conclusa in un tempo pari a 4÷5 τ. Sperimentalmente si verifica che la quantità di carica q(t) distribuita su ciascuna armatura di un condensatore è proporzionale alla d.d.p. v(t) tra le sue due armature secondo un coefficiente costante: C=q(t)/v(t) . Tale coefficiente, che è funzione dell'estensione, della forma e della posizione reciproca delle armature e della costante dielettrica ε=ε0εr del materiale isolante interposto tra di esse e rappresenta una misura della abilità del condensatore ad immagazzinare cariche elettriche, costituisce una grandezza fisica caratteristica del condensatore denominata capacità, che si misura in farad [F]. Il farad è la capacità di quel condensatore che assume tra i suoi morsetti una d.d.p. di un volt se caricato con 1 coulomb. Dato che la capacità di un farad è una capacità enorme, si utilizzano quasi sempre i suoi sottomultipli (µF=10-6 F, nF=10-9 F, pF=10-12 F). Nel caso più comune di condensatori con armature piane parallele, di area S sufficientemente estesa e poste ad una distanza δ, molto piccola rispetto alle dimensioni lineari delle armature (fig. E1-11c), la capacità è: C = ε S/δ . Quando si applica una d.d.p. ad un condensatore si ha circolazione di corrente tra generatore e armature, ma non nel condensatore, in quanto gli elettroni non riescono a passare da una armatura all'altra per la qualità di isolante del materiale dielettrico interposto. Le cariche elementari presenti negli atomi dei materiali dielettrici sono infatti reciprocamente vincolate in maniera tale che la forza derivante da un campo elettrico esterno può solo determinarne un leggero scorrimento conseguente alla deformazione delle orbite elettroniche (fenomeno della polarizzazione). Solo nel caso in cui il campo elettrico assuma una intensità tale da superare la resistenza offerta da detti vincoli (cioè la rigidità dielettrica del materiale isolante) si verifica una scarica disruptiva di corrente nel dielettrico, che determina la distruzione del condensatore. Dato che la corrente di spostamento attraverso il dielettrico, corrisponde alla variazione di accumulo di cariche sulle armature del condensatore, la relazione costitutiva tensione-corrente dei condensatori è: dq(t ) dv (t ) i (t ) = =C dt dt da cui si deduce: 12 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco = v (t ) ∫ 1 1 = i (t ) dt C C ∫ t t0 i ( t ) dt + V ( t0 ) cioè la tensione ai capi di un condensatore nel generico istante t è uguale alla somma della tensione V(t0) nell'istante considerato iniziale e della variazione prodotta dalla corrente da tale istante fino all'istante generico t. Il condensatore è quindi un elemento circuitale con memoria, che, se alimentato con tensione continua costante, si comporta a regime come un circuito aperto. L'energia elettrostatica, immagazzinata in un condensatore e localizzata nel materiale dielettrico interposto fra le armature, è pari al lavoro fatto per caricarlo. Per muovere un elemento di carica dq(t)=i(t)dt da una piastra all'altra sotto l'azione della differenza di potenziale v(t), il lavoro necessario è dw=v(t)i(t)dt. Se in un dato intervallo di tempo (t1÷t2) si aumenta la tensione applicata ai morsetti di un condensatore ideale, nel suo campo elettrico viene immagazzinata l'energia: = WC ∫ t2 t1 = v(t ) i (t ) dt ∫ t2 t1 dv(t ) 1 v(t ) C= dt C v 2 (t2 ) − v 2 (t1 ) [J] . dt 2 che rimane disponibile allo stato di energia potenziale del campo e viene restituita quando la tensione diminuisce. Tale energia dipende quindi dalla capacità del condensatore e dai valori assunti dalla d.d.p. tra i suoi morsetti negli istanti estremi dell'intervallo; pertanto se all'istante iniziale il condensatore è scarico l'energia immagazzinata vale: WC (t ) = 1 2 Cv (t ) 2 [J] . Il condensatore è quindi un elemento reattivo, perché può restituire al circuito in cui è inserito l'energia che in precedenza aveva ricevuto, ed è passivo perché l'energia restituita non può eccedere quella precedentemente fornitagli. I condensatori hanno molte applicazioni nei campi dell'elettrotecnica e dell'elettronica. Sono usati, oltre che per immagazzinare energia, per rifasare i carichi induttivi, per consentire l'avviamento dei motori asincroni monofasi, per bloccare correnti continue, per filtrare, ecc. Sono disponibili in commercio molti tipi di condensatori, con capacità che spaziano da pochi picofarad a diversi farad e tensioni di funzionamento da pochi volt fino a molte migliaia di volt. In generale, maggiore è la tensione e la capacità, maggiori sono le dimensioni, il peso ed il costo del condensatore. In funzione della tecnologia costruttiva e degli impieghi specifici, i condensatori si presentano nelle forme più diverse, dai grossi contenitori cilindrici dei condensatori elettrolitici alle minuscole pastiglie dei condensatori ceramici o alla forma a goccia di quelli al tantalio. 13 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco I condensatori, in base al tipo di dielettrico (che può essere liquido, solido o gassoso), sono classificati in: - Condensatori ceramici (fig. E1-12): hanno in generale piccole dimensioni e vengono utilizzati di preferenza nella tecnica delle alte frequenze. Presentano diverse caratteristiche a seconda del tipo di materiale ceramico [vetro: altamente stabili ed affidabili; carta impregnata di olio: per l'avviamento di motori elettrici e il rifasamento; mylar: per gestione di segnale, circuiti integratori ecc.; mica argentata: per applicazioni di precisione, nei circuiti risonanti, nei filtri di frequenze e negli oscillatori ad alta stabilità, ideali per applicazioni radio]. - Condensatori elettrolitici (con armature di alluminio o di tantalio - fig. E1-13). In tali condensatori, che sono i più comuni ed hanno un elevatissimo valore di capacità per unità di volume rispetto a tutti gli altri tipi, l'isolamento è dovuto alla formazione di uno sottilissimo strato di ossido metallico, dello stesso materiale dell'armatura (dell'ordine di 0,001µm) e con elevata costante dielettrica, sulla superficie dell'armatura che costituisce l'anodo. Il catodo è costituito da un secondo elettrodo metallico che, nella maggior parte dei casi, coincide con il caratteristico involucro metallico di forma cilindrica che fa da contenitore. Tra armatura positiva (anodo) e armatura negativa (catodo) viene interposto un elettrolita (fluido elettricamente conduttore di solito costituito da una soluzione salina) con il compito di assicurare la permanenza dello strato di ossido sull'armatura positiva. La sottigliezza dello strato di ossido consente di ottenere molta più capacità in poco spazio, per contro il condensatore non può sopportare tensioni molto alte e per conservare l'ossido stesso è necessario rispettare una precisa polarità nella tensione applicata, altrimenti se il condensatore viene collegato al circuito con le polarità invertite l'isolamento cede e si ha distruzione del condensatore. Tra i diversi tipi di condensatori elettrolitici, che trovano impiego principalmente negli alimentatori, per il livellamento della tensione e la riduzione del ripple, quelli ad ossido di alluminio sono compatti ma con elevate perdite; quelli supercondensatori e ultracondensatori presentano capacità estremamente elevate fino rispettivamente a decine e centinaia di farad. Fig. E1-12 condensatori ceramici Fig. E1-13 condensatori elettrolitici - Condensatori variabili. Una applicazione tipica di tali condensatori si ha nei circuiti di sintonia delle radio, dove la capacità è variata mediante cambiamento meccanico della distanza tra le armature o della superficie sovrapposta delle armature. Un'altra applicazione si ha nei microfoni a condensatore, dove una membrana, che costituisce un'armatura, è posta in vibrazione dai suoni e la conseguente variazione di distanza dall'armatura fissa provoca una variazione di capacità e quindi di tensione ai capi del condensatore. In campo industriale i condensatori variabili sono usati in alcuni sensori di pressione, nei sensori di prossimità capacitivi e in alcuni sensori di livello di liquidi in cisterne. - Condensatori ad aria: altamente resistenti agli archi ma non consentono capacità elevate. I condensatori variabili più grandi sono di questo tipo, ideale nei circuiti risonanti delle antenne. Il posizionamento del condensatore deve prevedere lo spazio necessario per la dissipazione termica del componente e se necessario si deve provvedere con circolazione di aria forzata mediante ventilazione. 14 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-6. Induttori. Come si è ricordato al paragrafo E1-2 le cariche elettriche producono un campo di forze, rappresentato dal vettore campo elettrico K [V/m], che agisce su altre cariche elettriche presenti nello spazio circostante. Anche le correnti elettriche creano un campo di forze, rappresentato dal vettore campo magnetico H [A/m], che agisce su altri conduttori percorsi da corrente e su magneti permanenti presenti nello spazio circostante. In figura E1-14a è rappresentato il campo magnetico creato da un conduttore rettilineo percorso da corrente; tale campo è costituito da circonferenze concentriche disposte su piani normali a quest'ultimo; su tutti i punti della generica circonferenza il campo H è uguale in valore, la sua direzione è quella della tangente alla circonferenza ed il verso è quello con cui si deve girare una vite destrorsa affinché avanzi nel verso della corrente. In figura E114b è rappresentato il campo magnetico creato da una bobina percorsa da corrente. Fig. E1-14a Fig. E1-14b Ciò premesso definiamo: - vettore induzione magnetica B=µH [Wb/m2]; corrispettivo di J=γK [A/ m2]; - permeabilità magnetica µ=µ0µr [H/m], con µr permeabilità magnetica relativa del materiale e µ0=4π⋅10-7 permeabilità magnetica del vuoto; - flusso magnetico Φ=S B(S)n dS [Wb] ; corrispettivo di I=SJ(S)n dS [A] ; - flusso magnetico concatenato Ψ [Wb] con un avvolgimento percorso da corrente la somma dei flussi concatenati con le varie spire dell'avvolgimento Ad esempio, nel caso della bobina di N spire di figura E1-15, percorsa dalla corrente i(t), il flusso concatenato è: Ψ = NΦN + n1Φ n1 +n2Φn2. Se Φ' è il flusso magnetico equivalente concatenato totalmente con tutte le N spire, si ha: Ψ = NΦ' . Fig. E1-15 - induttanza L il rapporto tra il flusso concatenato con un conduttore percorso da corrente e l'intensità della corrente che lo produce: L = Ψ / I . L'induttanza è il parametro che caratterizza un induttore; essa, oltre che del numero di spire del conduttore, è funzione, come anche i parametri R e C, delle 15 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco dimensioni geometriche e dalle caratteristiche (µr) del mezzo con cui è stato realizzato il circuito magnetico. L'unità di misura è l'henry [H] = [Wb/A] = [Vs/A] = [Ωs]; come per la capacità dei condensatori, anche in questo caso si usano spesso i sottomultipli dell'henry [mH]. Poiché un induttore è un componente circuitale che produce un campo magnetico nello spazio circostante, qualsiasi conduttore percorso da una corrente è un induttore. Chiameremo però induttore preferibilmente un componente appositamente realizzato per produrre un dato campo magnetico, disponendo un avvolgimento attorno ad un nucleo di materiale ferromagnetico. Mentre la resistenza si oppone al flusso di corrente, l'induttanza, che nei circuiti elettrici viene rappresentata con il simbolo riportato in figura E1-16, si oppone alle variazioni della corrente. Fig. E1-16 Le principali relazioni relative ai campi magnetici sono: - teorema di Ampère; l'integrale del vettore campo magnetico esteso ad una linea chiusa l (circuitazione) sulla quale è fissato un verso positivo è uguale alla somma algebrica delle correnti che attraversano una superficie S che ha l come contorno: ∮H⋅dl = ∑k Nkik dove Nk il numero dei concatenamenti della corrente ik (la corrente concatenata si considera positiva se attraversa S in verso concorde a quello di avanzamento di una vite destrorsa che gira secondo il verso scelto come positivo lungo l); - forza magnetomotrice (f.m.m.); in analogia alla d.d.p. la caduta di tensione magnetica fra due punti A e B in un campo magnetico è: ℑ= AB ∫ B A H ⋅ dl , quindi per il teorema di Ampère la somma delle cadute di tensione magnetica lungo un percorso chiuso è uguale alla f.m.m. totale concatenata al percorso stesso: f . m. m. = ∑ k N k ik l'unità di misura della f. m. m. e della tensione magnetica è l'ampère-spira. - legge di Hopkinson; nel caso di un avvolgimento di N spire percorso dalla corrente I disposto su un circuito magnetico di sezione S(l) e permeabilità magnetica µ(l), in generale variabili lungo l, essendo nel generico punto di una linea di forza del campo magnetico nel nucleo: 16 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Φ u µ ( l )S( l ) B nell'ipotesi di induzione costante nella sezione, applicando il teorema di Ampère si ottiene: H( l ) = uB ⋅ dl = Φℜ l µ ( l )S( l ) NI = ∫ H ⋅ dl =Φ ∫ l dove il versore uB è tangente alla linea di forza e normale ad S(l) e il parametro uB ⋅ dl l µ (l )S(l ) ℜ= ∫ prende il nome di riluttanza e si misura in [H-1] e nel caso di permeabilità e sezione costante lungo tutto il circuito chiuso vale l /µ.S . La relazione NI = ℜΦ nota come legge di Hopkinson è formalmente uguale alla legge di Ohm per i circuiti elettrici (E=RI); dove la f.m.m. NI ha un ruolo analogo a quello della f.e.m. E, la riluttanza ℜ a quello della resistenza R e il flusso Φ a quello della corrente I. Pertanto nel caso di un flusso Φ totalmente concatenato con N spire si ha: ψ ( t ) Nϕ ( t ) N 2 L = = = i (t ) i (t ) ℜ Dove ℜ in molti casi pratici (circuito magnetico formato da più tronchi in ciascuno dei quali permeabilità magnetica e sezione sono costanti) si calcola come: ℜ = ∑k lk µk Sk dove lk, Sk e µk indicano rispettivamente la lunghezza, la sezione e la riluttanza del tronco k-esimo del circuito magnetico. Nella figura E1-17 è rappresentato un circuito magnetico costituto da tre tronchi: uno di ghisa di sezione S1 , lunghezza l1 e permeabilità µ0µg, uno di lamiere normali di sezione S2 , lunghezza l2 e permeabilità µ0µln e uno di aria di sezione Sr di lunghezza lr e permeabilità µ0 ; su tale circuito sono disposte due bobine: una di N1 spire percorse dalla corrente I1 e una di N2 spire percorse dalla corrente I2 . Fig. E1-17 17 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Nella pratica i circuiti magnetici sono realizzati utilizzando materiali con elevata permeabilità magnetica relativa, che hanno la proprietà di concentrare nel loro interno le linee di forza del campo d'induzione magnetica. - legge di Lenz; se un induttore di induttanza costante L è percorso da una corrente variabile i(t) si induce in esso, a causa della variazione del flusso concatenato, una tensione (f.c.e.m.) di polarità tale da produrre effetti che si oppongono a tale variazione e di valore proporzionale alla rapidità della variazione e pertanto la relazione costitutiva di un induttore è: d Ψ d [ Li (t )] di (t ) v= (t ) = = L ; dt dt dt questa opposizione comporta un ritardo nel raggiungimento di un nuovo valore di regime da parte della corrente; l'induttanza è cioè l'equivalente in campo elettrico dell'inerzia in campo meccanico. Dalla relazione della f.c.e.m. si deduce: 1 = v(t ) dt L∫ = i (t ) 1 t v(t ) dt + i (t0 ) L ∫ t0 cioè la corrente in un induttore nel generico istante t è uguale alla somma della corrente i(t0) nell'istante considerato iniziale e della variazione prodotta dalla tensione applicata da tale istante fino all'istante generico t. L'induttore è quindi un elemento circuitale con memoria che si comporta come un cortocircuito quando la corrente che lo attraversa è costante. Per costituire il campo magnetico concatenato con un circuito si deve spendere una certa energia. L'energia magnetica che nell'intervallo di tempo (t1÷t2) viene immagazzinata nel campo magnetico di un induttore lineare ideale è: = WL ∫ t2 = p(t ) dt t1 ∫ t2 t1 di (t ) 1 2 L = i (t ) dt L i (t2 ) − i 2 (t1 ) dt 2 [J] , essa dipende cioè dai valori assunti dalla corrente agli estremi dell'intervallo di tempo (t1÷t2); pertanto in qualunque istante t successivo all'inizio del passaggio di corrente in un induttore l'energia immagazzinata vale: WL (t ) = 1 2 L i (t ) 2 [J] e la densità di energia è w = LI2/2l3 = ΨI/2l3 = Bl2Hl/2l3 = B2/2µ [J/m3]. L'induttore ideale restituisce poi al circuito parzialmente o integralmente l'energia immagazzinata, quando la corrente si riduce o si annulla. Anche l'induttore, come il condensatore, è quindi un elemento circuitale reattivo passivo. Gli induttori sono usati per immagazzinare energia e filtrare. 18 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-7. Circuiti mutuamente accoppiati. Due circuiti sono mutuamente accoppiati se, quando uno dei due è percorso da corrente, una parte più o meno rilevante delle linee di induzione da esso generate si concatena anche con l'altro. In tale caso ogni variazione di corrente nel primo circuito induce nel secondo una f.e.m. di mutua induzione, la cui entità dipende, oltre che dalla entità di variazione della corrente, dalla conformazione e dalla posizione reciproca dei due circuiti. Ogni coppia di circuiti viene perciò caratterizzata da un coefficiente di mutua induzione M (misurato in henry) che dà la misura del flusso che si concatena con ciascuno di essi, quando l'altro è percorso dall'unità di corrente. Si considerino (fig. E1-18a) due avvolgimenti di N1 e N2 spire disposti su di un circuito magnetico di permeabilità costante; la corrente i1 (i2) che percorre l'avvolgimento di induttanza L1 (L2) genera un flusso una parte del quale ϕ21 (ϕ12) va a concatenarsi con le spire N2 (N1) dell'induttore di induttanza L2 (L1). Il flusso ψ21 (ψ12) totalmente concatenato con l' avvolgimento di induttanza L2 (L1) causato dalla corrente i1 (i2) è definito flusso di mutua induzione ed è proporzionale ad i1 (i2) secondo il coefficiente di mutua induzione: M= 21 ψ 21 N 2ϕ 21 i1 i1 = φ*2 1 i1 + v1 _ M= 12 L1 N 1 φd2 φd 1 ψ 12 N1ϕ12 i2 i2 = i2 N2 L2 + v2 _ φ1*2 a) i1 + v1 _ M L2 L1 i2 + v2 _ b) Fig. E1-18 La mutua induzione tra due avvolgimenti viene normalmente rappresentata negli schemi elettrici come in figura E1-18b. I pallini corrispondono ai principi dei due avvolgimenti supposti avvolti nello stesso senso. Se la corrente che entra dal pallino di un avvolgimento è crescente, la tensione indotta nell'altro avvolgimento è positiva dalla parte del pallino. Si dimostra che: M12=M21=M=k√(L1L2) e che il coefficiente di accoppiamento k è in modulo sempre minore di 1, perché non tutto il flusso magnetico prodotto dalla corrente che circola in un avvolgimento si concatena con l'altro. Mentre l'induttanza è un parametro positivo, la mutua induttanza può assumere valori positivi o negativi a seconda dei versi scelti per le correnti; se il verso delle linee di flusso d'induzione magnetica generate dalla corrente in un avvolgimento che vanno a concatenarsi con l'altro è concorde con il verso delle linee di flusso che in quest'ultimo avvolgimento sono generate dalla corrente che lo percorre quando assume valore positivo, la mutua induttanza è positiva. 19 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Se entrambi i due avvolgimenti sono percorsi da corrente, il flusso magnetico totalmente concatenato con ognuno dei due è dato, in condizioni di linearità, dalla somma algebrica dei flussi di auto e di mutua induzione: ψ1 = L1i1 + Mi2 ψ2 = L2i2 + Mi1 Se le correnti i1 e i2 nei due induttori variano nel tempo, variano anche i flussi di autoinduzione e di mutua induzione; di conseguenza le cadute di tensione ai loro morsetti (nel caso di coefficienti di auto e mutua induttanza costanti) risultano: d L1i1 ( t ) + Mi2 ( t ) dψ 1 ( t ) di ( t ) di ( t ) v1 ( t ) = = = L1 1 + M 2 dt dt dt dt d L2i2 ( t ) + Mi1 ( t ) dψ 2 ( t ) di ( t ) di ( t ) v2 ( t ) = = = M 1 + L2 2 dt dt dt dt L'energia fornita ad un circuito costituito da due induttori mutuamente accoppiati è pari alla somma delle energie fornite agli stessi induttori. Supponendo il sistema energeticamente scarico per t=0, per induttori lineari ideali l'energia fornita fino al generico istante di tempo t risulta: t t t t t di di WM =∫ v1 i1 dt + ∫ v2 i2 dt = L1 ∫ i1 di1 + L2 ∫ i2 di2 + M ∫ i1 2 + i2 1 dt = 0 0 0 0 0 dt dt = 1 1 L1 i12 + L2 i22 + Mi1i2 2 2 [J] Anche nel caso di due induttori ideali mutuamente accoppiati l'energia immagazzinata nel campo magnetico viene restituita integralmente al circuito, durante la fase di estinzione delle correnti. Nella tabella E1-1 sono riassunte le relazioni fondamentali relative a resistori, condensatori e induttori. RESISTORE ρl v = S i R = v = Ri i= v R ∫ t2 t1 pdt ε 0ε r S q = v δ [Ω] = C = v [V] [A] p= vi= Ri 2 WR = CONDENSATORE [W] [Wh] 1 C = i ∫ t t0 dq dv = C dt dt N2 ψ = i ℜ L = v=L i dt + v (t0 ) p= vi= vC = WC [F] INDUTTORE = i se v=cost i=0 ⇒ circuito aperto dv dt 1 L di dt ∫ t t0 energia che esce dal circuito energia immagazzinata nel campo elettrico. sotto forma meccanica, termica, luminosa, chimica. = WL ℜ= l µ0 µ r S [H-1] se i=cost v=0 ⇒ cortocircuito v dt + i ( t0 ) p= vi= L 1 2 1 2 = Cv C v ( t2 ) − v 2 ( t1 ) 2 2 [H] di i dt 1 2 1 2 = Li L i ( t2 ) − i 2 ( t1 ) 2 2 energia immagazzinata nel campo magnetico. Tabella E1-1 20 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E1-8. Caratteristica esterna. Prendiamo in esame il caso un generatore di tensione con resistenza interna RS che alimenta attraverso una linea di resistenza trascurabile un carico, costituito da un resistore lineare di resistenza R*. v(t) R= e(t) α tg α = -R s v*(t) R=0 β tg β =R* 0 i*(t) icc(t) i(t) Fig. E1-19 Si definisce caratteristica esterna di tale generatore il grafico (fig. E1-19) che riproduce l'andamento della tensione ai suoi morsetti in funzione della corrente erogata: v(t) = e(t) − Rs i(t) . Le intersezioni di tale caratteristica esterna con gli assi v e i forniscono rispettivamente la f.e.m. del generatore o tensione a vuoto e la corrente di cortocircuito. La caratteristica del carico (R*) alimentato è una retta passante per l'origine degli assi inclinata di un angolo β la cui tangente è pari a R*: v(t) = R* i(t) . L'intersezione tra la caratteristica esterna del generatore e la caratteristica del carico alimentato rappresenta il punto di funzionamento del sistema [v*(t) i*(t)]. 21 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Capitolo E2 - CIRCUITI EQUIVALENTI. L'analisi dei circuiti elettrici spesso è resa più semplice se una parte di circuito viene sostituita con un'altra equivalente; tale cioè che a seguito di tale sostituzione le correnti e le tensioni nella rimanente parte del circuito non subiscano variazioni. E2-1. Equivalenza di reti attive e passive. Due reti (fig. E2-1a) una attiva, costituita da resistenze e da generatori ideali di tensione e/o di corrente comunque connessi, e l'altra passiva costituita solo da resistenze comunque connesse, possono essere sostituite con due circuiti equivalenti rispettivamente uno attivo e l'altro passivo (fig. E2-1b), tali che i valori di tensione e di corrente nel collegamento esterno non cambino. Fig. E2-1a Il circuito equivalente della rete attiva (fig. E2-2) è costituito da un generatore di tensione (generatore di Thevenin) o da un generatore di corrente (generatore di Norton) . Il circuito equivalente della rete passiva è costituito da un bipolo resistivo. Fig. E2-1b Fig. E2-2 La determinazione del valore della resistenza di tale bipolo si ottiene in genere individuando eventuali bipoli connessi in serie e/o in parallelo e sostituendoli con idonei bipoli equivalenti; tale operazione viene ripetuta più volte fino ad ottenere un solo bipolo di tutta la parte di rete passiva di interesse. Più bipoli si dicono connessi in serie quando sono percorsi dalla stessa corrente, in parallelo quando sono sottoposti alla medesima tensione. Nei seguenti due paragrafi E2-2 e E2-3 sono riportate le relazioni per determinare il circuito equivalente di più bipoli passivi (di tipo resistivo, induttivo e capacitivo) connessi in serie e in parallelo; nel paragrafo E3-6b quelle per determinare i generatori equivalenti di Thevenin e di Norton. 22 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E2-2. Circuiti equivalenti serie. - resistori in serie i i R1 R2 + R3 _ v R eq _ v + ⇒ v = R1 i + R2 i + R3 i = (R1 + R2 + R3 ) i = Req i Req = R1 + R2 + R3 - induttori in serie i i L3 _ L2 v L1 + L eq _ v + ⇒ v = (L1 + L2 + L3 ) di/dt = Leq di/dt Leq = L1 + L2 + L3 - induttori mutuamente accoppiati in serie i + i L1 M v L2 _ L eq _ v + ⇒ v = (L1 di/dt + L2 di/dt + 2M di/dt) = (L1 + L2 + 2M) di/dt = Leq di/dt Leq = L1 + L2 + 2M - condensatori in serie i C1 + v= i C2 v C3 _ 1 1 1 1 1 1 1 idt + idt + ∫ idt = + + ∫ idt = idt ∫ ∫ C1 C2 C3 C eq ∫ C1 C 2 C3 + C eq _ v ⇒ C eq = 1 (1 / C1 ) + (1 / C2 ) + (1 / C3 ) Tutti i condensatori assumono la stessa carica elettrica, mentre la tensione ai capi di ogni condensatore è inversamente proporzionale al valore della sua capacità. 23 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E2-3. Circuiti equivalenti parallelo. - resistori in parallelo + i v i1 _ i= R1 i2 R2 i3 + i v _ R3 R eq ⇒ v v v v + + = R1 R2 R3 Req Req = 1 (1 / R1 ) + (1 / R2 ) + (1 / R3 ) - induttori in parallelo + i v i1 _ i= i2 L1 i3 L2 L3 1 1 1 1 1 1 1 vdt + ∫ vdt + ∫ vdt = + + ∫ vdt = ∫ vdt L1 ∫ L2 L3 L L L L 2 3 eq 1 + v _ i ⇒ Leq Leq = 1 (1 / L1 ) + (1 / L2 ) + (1 / L3 ) - condensatori in parallelo + i v i1 _ i C1 2 i C2 3 C3 + i v _ i = dq1/dt + dq2/dt + dq3/dt = C1dv/dt + C2dv/dt + C3dv/dt = (C1+C2+C3) dv/dt = Ceq dv/dt Ceq ⇒ Ceq = C1+C2+C3 Tutti i condensatori hanno applicata, ai loro capi, la stessa tensione v, mentre la carica elettrica q è direttamente proporzionale al valore della capacità. 24 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E2-4. Collegamenti a stella e a triangolo. Nel procedimento per la determinazione del circuito equivalente di una parte di rete passiva, nel caso in cui vi siano più bipoli non connessi né in serie né in parallelo, si ricorre alle trasformazioni triangolo-stella (∆-Y) o stella-triangolo (Y-∆) e quindi si procede con serie e parallelo. Una stella è un tripolo costituito da tre bipoli aventi un morsetto comune mentre i tre morsetti liberi sono collegati a punti di diverso potenziale. Un triangolo è un tripolo costituito da tre bipoli collegati uno di seguito all'altro in modo da formare una figura chiusa e i tre punti di connessione sono collegati a punti di diverso potenziale. Nelle figure E2-3a e E2-3b sono rappresentati i collegamenti rispettivamente a stella e a triangolo di tre bipoli resistivi. Fig. E2-3 Le equazioni che consentono di effettuare le trasformazioni (∆-Y e Y-∆) si ricavano estendendo ad un tripolo il concetto di equivalenza espresso per un bipolo. Un tripolo è equivalente ad un altro se, considerati due qualsiasi morsetti dell'uno, la relazione tra tensione applicata ai morsetti e corrente entrante è la stessa di quella che si ottiene considerando i morsetti corrispondenti dell'altro tripolo. Ciò equivale, imponendo l'equivalenza fra i due tipi di collegamento per ognuna delle tre coppie di nodi, ad impostare il seguente sistema di equazioni: R12 (R23 + R31 ) = R1 + R2 R12 + R23 + R31 R23 (R12 + R31 ) = R2 + R3 R12 + R23 + R31 R31 (R12 + R23 ) = R3 + R1 R12 + R23 + R31 25 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco che risolto assumendo come incognite R 1 , R 2 , R 3 fornisce la terna di equazioni che definiscono la trasformazione triangolo-stella (∆-Y): R1 = R12 R 31 R12 + R 23 + R 31 R2 = R 23 R12 R12 + R 23 + R 31 R3 = R 31 R 23 R12 + R 23 + R 31 mentre risolto assumendo come incognite R 12 , R 23 , R 31 si ottiene la terna di equazioni che definiscono la trasformazione stella-triangolo (Y-∆): R12 = R1R 2 + R 3R1 + R 2 R 3 R3 R 23 = R1R 2 + R 3R1 + R 2 R 3 R1 R 31 = R1R 2 + R 3R1 + R 2 R 3 R2 Nel caso di tre resistenze uguali, posto R12=R23=R31=R∆ e R1=R2=R3=RY , le sei precedenti relazioni si riducono alla seguente: R∆ = 3RY. N.B. In generale la resistenza equivalente di una qualsiasi parte di rete elettrica si può determinare come rapporto fra la tensione applicata tra i suoi due morsetti e la corrente entrante da uno dei due. La rete deve però essere passiva o resa tale disattivando tutti gli eventuali generatori presenti. 26 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Capitolo E3 - METODI DI RISOLUZIONE DELLE RETI E3-1. Definizioni. In figura E3-1 è rappresentata una generica rete elettrica composta da vari rami, nodi e maglie. Definiamo: - ramo un circuito caratterizzato da un dato valore dell'intensità di corrente; - nodo una qualsiasi superficie chiusa in cui confluiscono tre o più rami; - maglia un insieme di rami che formano una figura chiusa; - rete un insieme di maglie aventi rami in comune. Fig. E3-1 Le direzioni convenzionali di riferimento della tensione (il morsetto a potenziale maggiore è contrassegnato col segno +, l'altro col segno -) e della corrente (una freccia indica il verso in cui si muovono le cariche positive quando la corrente è positiva) associate ad ogni circuito vengono prefissate in maniera arbitraria e indipendentemente l'una dall'altra. Tuttavia ai fini pratici risulta conveniente scegliere il verso della corrente entrante dal morsetto contrassegnato col + quando il circuito è utilizzatore, il verso opposto quando il circuito è generatore. La distinzione è fondamentale ai fini della potenza elettrica; il prodotto v⋅i se ha segno positivo nella convenzione dell'utilizzatore fornisce la potenza assorbita dal circuito, in quella del generatore fornisce la potenza erogata dal circuito. 27 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E3-2. Principi di Kirchhoff. Primo principio di Kirchhoff: la somma delle correnti entranti in un nodo è uguale alla somma delle correnti uscenti; ciò in quanto in un nodo in condizione di regime stazionario non può aversi né accumulo né sottrazione di cariche elettriche. Più in generale la somma algebrica di tutte le correnti entranti in un nodo è zero. ∑ i k k (t ) = 0 Per il nodo N di figura E3-2a si ha: i1+i2+i5 = i3+i4 ; per la superficie chiusa di figura E3-2b si ha: iC−iA−iF = 0. Fig. E3-2a Fig. E3-2b Secondo principio di Kirchhoff: la somma algebrica delle f.e.m. che agiscono nei rami di una maglia di una rete elettrica è uguale alla somma algebrica delle cadute di tensione lungo i rami della stessa maglia: ∑ e (t ) = ∑ k k k Rk ik ( t ) Le cadute di tensione Ri sono assunte positive se la corrente, nel ramo considerato, circola nel verso di percorrenza della maglia, negative in caso contrario; le f.e.m. sono assunte positive se, seguendo il verso di percorrenza della maglia, si entra dal morsetto negativo del generatore, negative in caso contrario. Le tensioni di lato incognite si calcolano poi successivamente con le equazioni costitutive. 28 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E3-3. Albero e coalbero. Se i rami di una rete (fig. E3-3a) vengono vengono sostituiti con linee si ottiene il cosiddetto grafo della rete (fig. E3-3b). Due reti diverse ma con lo stesso grafo sono caratterizzate dalle stesse equazioni di Kirchhoff. Un percoso che collega tutti i nodi del grafo, senza formare maglie, viene chiamato albero; i lati del grafo, che non fanno parte dell'albero, costituiscono il coalbero. In figura E3-3c sono rappresentati un albero (lati a tratto continuo) ed il coalbero (lati tratteggiati) del grafo di figura E3-3b. Fig. E3-3a Fig. E3-3b Fig. E3-3c Man mano che ad un albero si aggiunge un lato del coalbero si forma una maglia; le maglie così individuate hanno la proprietà di avere un lato in esclusiva cioè non appartenente ad altre maglie. Come esempio si consideri la rete di figura E3-4a. Le 3 maglie indipendenti vengono individuate aggiungendo, ad uno degli alberi della rete, i lati del coalbero (figg. E3-4b e E3-4c). Fig. E3-4a Fig. E3-4b Fig. E3-4c Se nella rete sono presenti generatori ideali di corrente, il criterio di scelta delle maglie indipendenti non cambia ma è opportuno che i generatori di corrente si trovino inseriti in lati del coalbero. Le equazioni alle maglie comprendenti generatori di corrente servono solo al calcolo della tensione ai morsetti di tali generatori. 29 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E3-4. Analisi dei circuiti. L'analisi di una rete con sollecitazioni e parametri noti consiste nel determinare le correnti che circolano nei vari rami e le differenze di potenziale tra punti generici. Per risolvere tale problema si possono utilizzare varie metodologie, tra cui: - il metodo delle correnti di ramo, - il metodo delle correnti di maglia, - il principio di sovrapposizione degli effetti, - il generatore equivalente di Thevenin. E3-4a. Metodo delle correnti di ramo. Un modo per effettuare l'analisi di una rete comunque complessa, costituita da n nodi e r rami, consiste nell'impostare un sistema di r equazioni linearmente indipendenti, applicando i due principi di Kirchhoff, dopo aver attribuito arbitrariamente i versi convenzionali di riferimento per le correnti incognite. Il primo principio di Kirchhoff si applica a n−1 nodi della rete. Il nodo n-esimo a cui non applicarlo (in quanto la relativa equazione non sarebbe significativa) è completamente arbitrario. Il secondo principio di Kirchhoff si applica, dopo aver stabilito un verso di percorrenza positivo, a r−(n−1) maglie, scelte in modo che le equazioni risultino tra loro linearmente indipendenti; a tal fine è sufficiente che ogni maglia contenga almeno un lato non appartenente ad altre maglie. Per la scelta delle maglie conviene individuare un albero e quindi aggiungere i lati del coalbero. Si può anche usare il seguente procedimento: applicato il secondo principio di Kirchhoff ad una generica maglia, si interrompe un suo ramo prima di scegliere la successiva maglia a cui applicarlo e così di seguito finché nella rete sono presenti percorsi chiusi. I rami che contengono generatori di corrente vanno interrotti prima di applicare il metodo poiché in essi la corrente è nota e pari a quella imposta dal generatore. Risolvendo il sistema così impostato, si ricavano tutte le r correnti incognite della rete; le correnti che risultano negative scorrono in senso opposto a quello inizialmente attribuito in modo arbitrario. 30 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco Esempio. Per risolvere il circuito di figura E3-6 costituito da 6 rami e 4 nodi utilizzando i due principi di Kirchhoff dovremmo scrivere n −1= 3 equazioni ai nodi e r−(n−1) = 3 equazioni alle maglie. Nel caso di funzionamento a regime stazionario però, dato che sono nulle le d.d.p. tra i morsetti degli induttori percorsi da corrente costante (cortocircuiti) e le correnti nei condensatori alimentati a tensione costante (circuiti aperti), i6 = 0 e quindi i3 = i5 = −i4 ed è perciò sufficiente scrivere 1 equazione ai nodi e 2 equazioni alle maglie: i1 + i3 = i2 e1 = R1 i1 + R2 i2 e5 = (R3+R4+R5) i3 +R2 i2 Fig. E3-6 Risolvendo tale sistema si ricavano le correnti nei rami della rete e quindi si possono determinare le d.d.p. tra i vari nodi. 31 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E3-4b. Metodo delle correnti di maglia. Il metodo delle correnti di ramo permette di risolvere qualsiasi rete comunque complessa. Se però il numero delle incognite è elevato per abbreviare il procedimento di calcolo conviene utilizzare il metodo delle correnti di maglia. Tale metodo consente infatti di impostare, utilizzando il secondo principio di Kirchhoff, un sistema ridotto costituito da r-(n-1) equazioni, aventi come incognite delle correnti fittizie che fluiscono nelle singole maglie indipendenti della rete; in funzione di tali correnti fittizie si ricavano poi in maniera semplice e rapida tutte le r correnti incognite reali. Operativamente si procede nel seguente modo: - si individuano tutte le maglie indipendenti e si attribuiscono loro correnti fittizie aventi (non obbligatoriamente) tutte lo stesso verso (orario o antiorario) convenzionalmente scelto come positivo; - si scrivono le equazioni alle maglie in funzione di tali correnti fittizie (nelle maglie in cui è presente un generatore di corrente la corrente è quella imposta dal generatore stesso) e si risolve il sistema ottenuto; - si determinano infine le correnti reali in ogni ramo, effettuando la somma algebrica delle correnti fittizie relative a quel ramo. L'equazione relativa ad ogni singola maglia è strutturata nel seguente modo: - il primo membro è costituito dalla somma algebrica delle tensioni dei generatori di tensione presenti nella maglia, il cui segno è positivo o negativo a seconda che la loro polarità sia tale da fare circolare la corrente di maglia nel senso convenzionalmente assunto come positivo o no; - il secondo membro è costituito da un termine positivo, ottenuto dal prodotto della corrente fittizia circolante nella maglia per la somma di tutte le resistenze presenti nella maglia, e da tanti termini negativi, ottenuti come prodotti delle correnti fittizie circolanti nelle maglie contigue per le resistenze dei rami a comune. Ad esempio, nel caso del circuito di figura E3-7 per determinare le sei correnti di ramo, è sufficiente risolvere il seguente sistema di tre equazioni che ha come incognite le correnti di maglia ia ib ic . e1 = (R1+R2) ia − R2 ib −e5 = (R2+R3+R4+R5) ib−R2 ia−R5 ic e5 − e6 = (R5+R6) ic − R5 ib Fig. E3-7 Ciò fatto le correnti di ramo valgono: i1 = ia i2 = i a - i b i3 = -ib i4 = i b i5 = i c - i b i6 = i c . 32 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E3-4c. Principio di sovrapposizione degli effetti. In una rete composta da elementi lineari dove agiscono più generatori di tensione e/o corrente la corrente in un ramo (o la d.d.p. tra due punti) è pari alla somma delle correnti (o delle d.d.p.) che i singoli generatori vi produrrebbero agendo separatamente. E' possibile quindi determinare l'intensità della corrente in un ramo (o della d.d.p. tra due punti generici) di una rete procedendo nel seguente modo: 1) si scompone la rete in esame in tanti reti parziali (quanti sono i generatori) aventi ciascuna tutti i generatori disattivati tranne uno; 2) si calcola per ognuna di queste reti la corrente nel ramo desiderato (o la d.d.p. tra i due punti di interesse); 3) si sommano algebricamente i valori parziali delle correnti in quel ramo (o delle d.d.p. tra quei due punti). Un generatore ideale di tensione è disattivato quando tensione ai suoi morsetti è nulla, ossia quando è in corto circuito; pertanto per annullare l'azione di un generatore di tensione reale si deve cortocircuitare la sua forza elettromotrice lasciando inserita la sua resistenza interna in serie. Un generatore ideale di corrente è disattivato quando eroga corrente nulla, ossia quando è un circuito aperto; pertanto per annullare l'azione di un generatore di corrente reale si deve aprire il ramo che lo contiene lasciando inserita la sua resistenza interna in parallelo. E3-4d. Generatore equivalente di Thevenin. In base al teorema di Thevenin, una parte di rete lineare comunque complessa, comprendente resistori e generatori di tensione e/o di corrente, e con due morsetti accessibili (A e B) può essere sostituita con un generatore reale di tensione, detto generatore di Thevenin, la cui f.e.m. ETh è uguale alla d.d.p. tra i morsetti A e B a vuoto (cioè in assenza della restante parte della rete o circuito esterno) e la cui resistenza interna RTh è uguale a quella vista dagli stessi morsetti A e B sempre in assenza del circuito esterno e con la rete resa passiva disattivando tutti i generatori presenti. Spesso non è necessario effettuare una analisi di tutta la rete ma interessa determinare una sola grandezza, ad esempio la corrente assorbita da un certo utilizzatore. I teoremi citati costituiscono un mezzo potente per l'analisi dei circuiti; possono determinarsi molto rapidamente applicando il teorema di Thevenin. 33 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco E3-5. Analogia tra circuiti magnetici e circuiti elettrici. Nella tabella E3-1 sono poste in corrispondenza grandezze e leggi relative a circuiti elettrici e magnetici, da cui si possono notare le notevoli analogie esistenti tra tali circuiti. GRANDEZZE Elettriche Magnetiche Simbolo e nome U.M. K [V/m] Campo elettrico j [A/m2] [Ω m] -1 [V] Forza elettromotrice H [Aspire/m] K = ρ.J B [T]=[Wb/m2] µ ℑ AB [H.m]-1 [Wb/Am] ℑ = H.l [A]=[C/s] V = K.l Φ [Wb]=[V.s] I= J dS ΣaI = 0 Φ=B. dS per un nodo per un nodo Flusso magnetico [Ω]=[S]-1 Resistenza elettrica E J = γ.K Tensione magnetica [A] Corrente elettrica R=ρl/S=l/γS B=µ.H U.M. Permeabilità magnetica Tensione elettrica I Magnetiche Induzione magnetica . Conducibilità elettrica V AB Elettriche Simbolo e nome Campo magnetico Densità di corrente γ LEGGI ℜ=l/µS Riluttanza [V] N.I [H]-1=[Ω. s]-1 [A spire/Wb] [A] (amperspire) Forza magnetomotrice . ΣaΦ = 0 V = R.I ℑ = ℜ.Φ. Legge di Ohm Legge di Hopkinson P = R.I2t W = (1/2).ℜ.Φ2 Energia dissipata (J) ΣE = ΣRI Per una maglia Energia immagazzinata (J) Σ NI = Σ ℜ Φ Per una maglia Tabella E3-1 Così ad esempio: - note le dimensioni geometriche e le caratteristiche magnetiche di un generico circuito magnetico, è possibile scomporlo in più tronchi (regioni a permeabilità e sezione costante) ognuno caratterizzato da una propria riluttanza che nell'analogia magneto-elettrica corrisponde ad una resistenza; 34 Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco - note poi il numero di spire delle varie bobine disposte sul circuito magnetico e l'ampiezza e il verso delle correnti che le percorrono è possibile determinare entità e polarità delle varie f.m.m. che nell'analogia magneto-elettrica corrispondono a generatori di tensione. Determinato perciò il circuito elettrico equivalente (fig. E3-8), l'analisi di un circuito magnetico può essere effettuata utilizzando leggi e relazioni analoghe a quelle dei circuiti elettrici (legge di Ohm, principi di Kirchhoff, circuiti equivalenti serie parallelo, ecc.). Fig. E3-8 Una differenza fondamentale tra circuiti magnetici ed elettrici deriva dalle differenti caratteristiche funzionali determinate rispettivamente dalla permeabilità magnetica µ dei materiali ferromagnetici e dalla conducibilità γ dei materiali conduttori: - la permeabilità µ è infatti molto variabile al variare della f.m.m., mentre la conducibilità γ è praticamente costante al variare della d.d.p.; - non esistono materiali magnetici la cui permeabilità possa ritenersi praticamente nulla rispetto a quella dei materiali ferromagnetici, mentre la conducibilità degli isolanti può ritenersi praticamente nulla rispetto a quella dei materiali conduttori; per cui la presenza di un tratto in aria in un circuito magnetico comporta una riduzione del flusso, mentre in un circuito elettrico l'annullamento della corrente. 35