“LA SCUOLA FRANCESE: DURKHEIM” PROF. SSA GRAZIA GADDONI Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim Indice 1 LA SCUOLA FRANCESE: DURKHEIM --------------------------------------------------------------------------------- 3 2 LE RAPPRESENTAZIONI COLLETTIVE ------------------------------------------------------------------------------ 5 3 LA DIVISIONE SOCIALE DEL LAVORO ------------------------------------------------------------------------------ 7 4 IL SUICIDIO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10 5 LA RELIGIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim 1 La Scuola francese: Durkheim La tradizione centrale della sociologia, che ha coniato il termine stesso, nasce in Francia ed è legata al nome del suo fondatore: Emile Durkheim (1858 – 1917). Egli e la sua scuola, diversamente da quella americana, contribuirono alla costituzione dell’antropologia, infatti, utilizzarono i dati etnografici ricavati dalle società più semplici per formulare una teoria generale dell’origine e della funzione delle rappresentazioni collettive e del simbolismo sociale. In realtà Durkheim non distingueva antropologia e sociologia in base all’oggetto di studio. L’antropologia rappresentava la descrizione empirica delle società primitive. Sulla base dei dati etnografici, la sociologia doveva poi produrre un’analisi teorica, formulare leggi generali capaci di spiegare il funzionamento della società nel suo complesso, fosse questa tribale o moderna. La distinzione non riguardava allora il campo di indagine, ma il tipo di analisi. Durkheim era convinto che le società “primitive” fossero le più semplici perché le cose superflue non erano ancora intervenute a modificarne l’essenza. I dati raccolti dagli etnografi rappresentavano quindi un materiale importantissimo perché consentivano di mettere a nudo i rapporti tra società e religione, di individuare il funzionamento della religione. Le religioni primitive, infatti, vengono studiate non per cogliere la particolarità e la varietà delle credenze e pratiche culturali, ma per mettere a fuoco gli elementi permanenti della religione (pag. 29). L’autore, pur non usando mai il termine cultura, le attribuisce tuttavia un ruolo fondamentale nella sua riflessione. Non solo perché studia la religione, le forme di classificazione, i valori e la morale ma soprattutto perché per lui, la società, qualunque tipo di società, ha fondamentalmente un carattere simbolico. Egli arriva a tale conclusione quando risponde a un quesito al quale molti studiosi del suo tempo cercavano di rispondere: perché la società sta insieme e non si disintegra nella lotta di tutti contro tutti? I pensatori liberali avevano teorizzato che ciò fosse dovuto al fatto che la società scaturisse dall’incontro spontaneo tra individui razionali che perseguono i propri interessi sulla base di contratti liberamente stipulati. Durkheim riteneva questa risposta fragile e poco convincente. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim La società si può basare sui contratti dei singoli individui solo se questi sono disposti a rispettarli. In altri termini ciò richiede la presenza di una fiducia reciproca tra i contraenti, ossia l’esistenza di una solidarietà precontrattuale. Non sono la razionalità e gli interessi a tenere unita la società ma qualcosa che viene prima e che costituisce il loro fondamento. Simboli sono le credenze e i rituali condivisi, in quanto svolgono la duplice funzione di raffigurare la società, di rappresentarla, e di consentire la comunicazione tra i suoi membri. Essi generano un consenso morale e cognitivo che unisce gli individui, crea vincoli reciproci e consente loro di identificarsi in una collettività che li trascende: la coscienza collettiva. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim 2 Le rappresentazioni collettive Nelle opere successive l’autore sostituirà al concetto di coscienza collettiva, quello di “rappresentazioni collettive”. Simboli sono le credenze e i rituali condivisi, in quanto svolgono la duplice funzione di raffigurare la società, di rappresentarla, e di consentire la comunicazione tra i suoi membri. Essi generano un consenso morale e cognitivo che unisce gli individui, crea vincoli reciproci e consente loro di identificarsi in una collettività che li trascende. Il moderno individualismo perde la sua ambiguità in quanto si presenta come una vera e propria norma morale che orienta i comportamenti degli individui. Le rappresentazioni collettive si distinguono da quelle individuali, che sono stati mentali di natura psicologica, per il fatto che hanno caratteristiche sui generis, relativamente autonome. Egli sostiene che esiste una parte non del tutto cosciente della rappresentazione che è sentita come obbligatoria, che si impone cioè in maniera costrittiva e vincolante. Questi caratteri, esteriorità e obbligatorietà, che definiscono ciò che per Durkheim sono fatti sociali, costituiscono la prova che questi modi di pensare e agire non sono opera dell’individuo, ma derivano da una fonte di autorità che lo oltrepassa. Il substrato da cui derivano non è il singolo individuo ma la dinamica specifica che si viene a creare quando più individui si associano, entrando in relazione reciproca. Mauss riprende l’idea durkheimiana del carattere istituzionale e oggettivo del mito e, accostandolo al linguaggio, ne fa un sistema simbolico istituzionalizzato, un comportamento verbale codificato che trasmette, come la lingua, modi di classificare e di organizzare l’esperienza. Per D. e la sua scuola la cultura assume un posto centrale nell’intera teoria sociologica. Se ne mette in luce il duplice carattere, cognitivo e morale; si introduce l’idea che i concetti e le credenze operino entro contesti sociali da cui dipendono; si insiste sul fatto che essi non esistono isolatamente ma sono il frutto di un’attività cooperativa; se ne sottolinea il carattere istituzionale; si elabora la nuova idea che le norme e le categorie mentali hanno bisogno del sostegno dei rituali per diffondersi e mantenersi. Durkheim non è interessato a stabilire la verità o falsità di un concetto, diversamente da Comte pensava che le credenze comuni a una società non contassero per il loro grado di verità, ma per il fatto di costituire un elemento ordinatore e regolativo del comportamento individuale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim Con la scuola durkheimiana, la cultura assume una consistenza sua propria, che rende inutile o accessoria l’analisi delle motivazioni, degli interessi, del significato soggettivo che l’attore sociale vi attribuisce. Tuttavia l’autore non dà alla cultura un significato autonomo in quanto crede che la società non esista senza gli individui e che le rappresentazioni collettive non esistano senza individui che le pensano. Piuttosto metteva in evidenza che queste ultime hanno assunto un’oggettività e un’esteriorità del tutto particolare rispetto agli individui che ne fanno uso e in parte le producono e le modificano. Gli oggetti culturali sono rappresentazioni collettive, e rappresentano l'esperienza sociale. Per Durkheim la cultura è una rappresentazione collettiva in due sensi: • gli oggetti culturali sono prodotti da gente relazionata ad altra gente; • nei loro prodotti culturali le persone rappresentano le loro esperienze di lavoro, di gioia, di paura e di amore. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim 3 La divisione sociale del lavoro In questo scritto del 1893, Durkheim analizza passaggio dalla solidarietà meccanica a quella organica Ne “La divisione del lavoro sociale” Durkheim sostiene che il processo di differenziazione sociale, che determina il passaggio da società di tipo meccanico a società di tipo organico, non comporta il deperimento della dimensione simbolica della comunità sociale, ma soltanto un suo cambiamento. Le società di tipo “meccanico” sono formate da piccole unità chiuse, tra loro simili, in cui l’individualità è poco sviluppata e l’integrazione è garantita dal prevalere della coscienza collettiva, ossia da forti sentimenti, norme e valori comuni. Nelle società di tipo “organico” predominano la specializzazione dei compiti e le regole impersonali del mercato. In questo passaggio la coscienza collettiva subisce una trasformazione sia nella forma sia nel contenuto, ma non scompare. Più si sviluppa la divisione del lavoro più la coscienza collettiva diminuisce in volume, intensità e grado di determinatezza. Essa diventa più debole e meno capace di uniformare i comportamenti individuali e di esercitare un rigido controllo sociale. Le regole di condotta e i modelli di pensiero sono più generali e indeterminati. Cambia anche il contenuto della coscienza collettiva che diventa sempre più secolarizzata, ossia meno definita da orientamenti religiosi e centrata su valori individualistici. Inoltre divengono importanti quelle norme la cui violazione non prevede sanzioni di tipo repressivo, ma implica misure di tipo restituivo, volte a riportare le relazioni turbate alla situazione precedente. Prima della vita moderna, affermava Durkheim, la gente era integrata perché aveva vite simili. Nei primi tempi ogni membro di una società svolgeva lo stesso tipo di lavoro, seguiva la stessa religione, pensava e credeva più o meno allo stesso modo degli altri. Le credenze e le cognizioni condivise di un popolo costituivano la sua coscienza collettiva, e questa coscienza governava i suoi pensieri, i suoi atteggiamenti e le sue pratiche. Il cambiamento si verificò quando la società crebbe in dimensioni e densità e la gente cominciò a specializzarsi. Le istituzioni moderne separarono i processi vitali della famiglia, ma anche uno dall'altro. Durkheim credeva che ogni società dovesse avere qualche tipo di rappresentazione collettiva che dimostri ai membri della società di essere tra loro interconnessi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim Solidarietà meccanica: • Si fonda su somiglianza tra forme di vita degli individui • Essi vivono allo stesso modo, nello stesso ambiente, sono esposti agli stessi stimoli idali in quanto simili • Sempre esistita nella storia delle società umane • Basata sulla morale e sull’omogeneità sociale In questa struttura domina la tradizione, manca totalmente l’individualismo e la giustizia è nettamente orientata verso la subordinazione dell’individuo alla coscienza collettiva Vincoli di parentela, localismo e del sacro danno solidità al tutto Solidarietà organica: • Basata su divisione del lavoro, sulla crescente interdipendenza di tutti gli individui • Individuo libero da restrizioni del passato, da conformismo sociale • Religione diventa individuale e rapporto con collettività riflessivo, caratterizzato da una “coscienza critica” Durkheim afferma poi che la solidarietà organica (cioè la divisione del lavoro) può essere patologica e distingue due forme di patologia: 1. la divisione coercitiva del lavoro – che si ha quando ad un individuo è assegnato un certo lavoro in virtù della posizione sociale che egli occupa e non in base ai suoi meriti o alle sue capacità (in questo caso le regole possono anche esserci ma non sono giuste: l’autore risolve questo problema affermando, in modo sorprendente, che non vi sarebbe più coercizione se i singoli individui esercitassero funzioni superiori o inferiori le une alle altre che fossero adatte alle loro inclinazioni individuali. Se la società, nella sua dinamicità, consente agli strati inferiori di migliorare le proprie condizioni gli individui più dotati non accettano più lo stato di cose in atto). 2. la divisione anomica del lavoro - che è una condizione patologica caratteristica della società capitalistica conseguenza della esasperata specializzazione del lavoro nelle industrie anche se non è corretto pensare che sia la stessa divisione del lavoro a creare una situazione di disgregazione della solidarietà sociale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim E’ per spiegare questa situazione che Durkheim espone la sua teoria dell’anomia Egli inzia con l’affermare ciò che costituisce l’unità delle società organizzate è il consensus spontaneo delle parti, è la solidarietà interna che non solo è altrettanto indispensabile quanto l’azione regolatrice dei centri superiori, ma anzi ne è la condizione necessaria poiché essi non fanno altro che tradurla in un altro linguaggio e consacrarla. Le parti di una società che svolgono funzioni lavorative differenziate per la loro stessa vicinanza reciproca e perché intrecciano rapporti tra di loro creano con il tempo le norme che regolano questi loro rapporti. La norma non precede i rapporti coordinati ma, al contrario ne è semplicemente l’espressione. Sono le parti che con il tempo individuano le modalità migliori per i loro rapporti, modalità che meglio si confanno alla natura delle cose tanto che, alla fine, esse diventano regole generali. Se nel lavoro industriale e nella scienza si crea anomia è perché i mutamenti sociali e scientifici verificatisi sono stati troppo rapidi per consentire che si formassero norme adeguate per il loro buon funzionamento. Le società moderne posso restare in equilibrio soltanto se in esse il lavoro è diviso: “l’attrazione del simile per il simile” basta sempre meno a produrre la solidarietà capace di garantire la coesione di una società differenziata funzionalmente Ma qual è il limite della divisione del lavoro? Primo dovere degli uomini moderni è quello di costruire una morale su basi diverse da quelle delle società tradizionali dove la solidarietà è garantita dal fatto che tutti gli individui sono simili. Punto chiave: concetto di anomia = una società moderna può progredire solo se l’efficienza è di tutte le sue parti, perché la divisione del lavoro aumenta l’interdipendenza. Essa infatti disintegrerebbe la società se non fosse regolata da norme condivise. Se conflitto tra capitale e lavoro non si trasformerà in un conflitto consensualmente regolato, la società perderà efficienza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim 4 Il suicidio Concetto di anomia applicato in modo esemplare nel secondo grande libro di Durkheim, dedicato al suicidio: "Le suicide" (1897) Tesi di partenza: le aspirazioni individuali alla felicità devono essere limitate dalla coscienza collettiva altrimenti producono un disagio incontrollabile. L’ Uomo è soggetto ad un freno non fisico, ma morale, cioè sociale. Egli riceve la sua legge non da un ambiente materiale ma da una coscienza superiore alla sua e di cui sente la superiorità. Quando la società entra in crisi, il limite che la società pone agli appetiti individuali s’indebolisce e l’individuo si trova in contrasto con le sue possibilità reali. L'obiettivo del libro è quello di dimostrare che le scienze sociali possono prendere in esame un importante problema sociale. Durkheim scelse il suicidio per 3 motivi: • 1. Il termine "suicidio" è facile da definirsi (anche se, in seguito, egli stesso dimostrerà che ciò non è sempre vero) • 2. Su questo argomento c'erano diverse statistiche disponibili • 3. Il suicidio era un problema sempre più attuale. "Le Suicide" fu il primo studio fondato su basi empiriche intrapreso da Durkheim. Il proposito di Durkheim era quello di diminuire l'importanza di determinati fattori sui quali, a suo parere, si era davvero insistito troppo. Durkheim intraprese lo studio del suicidio spinto dal desiderio di mutare la società e di eliminare i mali. Con il testo "Le Suicide" del 1897 egli intese confutare le cause psicologiche del suicidio, dimostrando l'esistenza di tendenze "suicidogene" all'interno di ogni società: in quelle tradizionali si assiste a suicidi di tipo altruistico, causati dalla pressione collettiva e meccanica, mentre in quelle moderne si manifesta il suicidio egoistico, cagionato dalla mancanza di solidarietà organica. Il libro è strutturato in tre parti: • I fattori extrasociali è dedicata all'analisi dell'influenza delle cause extrasociali e delle cause propriamente sociali • Cause sociali e tipi sociali indaga la natura delle cause sociali e i loro rapporti con gli stati individuali corrispondenti alle diverse specie di suicidi • Il suicidio come fenomeno sociale in genere ha carattere di sintesi e approfondimento dei rapporti tra suicidio ed altri fatti sociali, e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim propone un nuovo atteggiamento nei confronti del male del nostro tempo: l'anomia. I fattori extrasociali Lo studio di Emile Durkheim sul suicidio viene tuttora considerato il più completo e valido tentativo di analisi sociologica del fenomeno. Questa è la corretta definizione di suicidio: "Il suicidio è qualsiasi tipo di morte che derivi direttamente o indirettamente da un atto positivo o negativo compiuto dalla vittima stessa, la quale sapeva che esso doveva produrre tale risultato". Il suicidio è un "fatto sociale", cioè una funzione della società in questione. Durkheim non farà ricerche dirette, ma esaminerà con attenzione una serie di statistiche per diversi paesi e periodi. Durkheim sostiene che due siano le cause extra-sociali alle quali si attribuisce, a priori, la capacità d'incidere sul tasso dei suicidi: • le disposizioni organico-psichiche (costituzione individuale) • la natura dell'ambiente fisico (clima, temperatura e via dicendo). Durkheim giudica la follia una malattia e, in parte, un fenomeno sociale. È una malattia variabile, sensibilmente, a seconda dei popoli. Tuttavia, sulla base dei rilievi statistici campionati dallo studioso francese, è difficile stabilire una stretta connessione tra alienazione e suicidio. Non necessariamente l'alienato è un suicida. La ricerca di Durkheim non può che enfatizzare l'assenza di connessione tra quella che giudica una malattia (la follia) ed il suicidio. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim 5 La religione Nell’ultima grande opera “Le forme elementari della vita religiosa” cerca di dimostrare che nella religione “c’è qualcosa di eterno, destinato a sopravvivere a tutti i simboli particolari di cui il pensiero religioso si è successivamente circondato” Funzione della religione: rinsaldare attraverso culto e rituali la coscienza collettiva della società come un tutto unitario. Lo Stato passato era ad integrazione elevata e bassa specializzazione, caratterizzato da solidarietà meccanica. Finito con la progressiva specializzazione del lavoro e delle istituzioni.Cosa tiene insieme questa moderna società in fase di atomizzazione? E' necessario trovare forme di rappresentazione collettiva, come collante. La religione offre quindi un importante legame sociale Durkheim concepiva la religione come il legame fondamentale tra la gente in tempi antichi. Durkheim analizzò quella che considerava la più primitiva forma di religione: il totemismo. Iniziò con un postulato funzionalista: un'istituzione umana come la religione non può riposare sull'errore e sulla superstizione; essa risponde a profondi bisogni umani. Egli individuò tre ragioni per studiare le religioni primitive: -cogliere gli "elementi costitutivi", o le forme più semplici, della religione; -trovare i fondamenti di tutte le religioni; -scoprire il bisogno umano che causa la credenza e la pratica religiosa. L'analisi si basa su quattro idee chiave: 1. La rappresentazione collettiva. La religione è alla base di tutte le categorie del pensiero, e la religione e le categorie di pensiero sono tutte "rappresentazioni collettive che esprimono realtà collettive". Gli esseri umani non possono concepire il tempo e lo spazio indipendentemente da distinzioni socialmente condivise, anche se sappiamo che sono arbitrarie e innaturali. Tutte le categorie di pensiero sono sociali. Come Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim spiegazione di ciò Durkheim sosteneva che gli esseri umani fossero duplici, una parte biologica individuale ed una sociale, condivisa; data dalla nostra partecipazione ad una coscienza collettiva che produce le nostre categorie di pensiero.(grazie alle quali comprendiamo concetti anche astratti come spazio e tempo). Pertanto le nostre categorie di pensiero derivano dalla seconda componente. 2. La distinzione tra sacro e profano. Tutte le credenze religiose dividono il mondo in sacro e profano. Il cuore del fenomeno religioso sta in questa separazione. Ciò che caratterizza il sacro è che esso non può essere avvicinato impunemente. La divisione tra sacro e profano organizza e classifica tutti gli esseri sociali e naturali. 3. Le origini del sacro. Il mondo sacro è carico di energia e di eccitazione. 4. Le conseguenze sociali delle religioni. La società fa sorgere il senso del divino negli esseri umani attraverso: Il suo potere, il suo controllo su di noi, che si manifesta nella sua abilità di causare o inibire le nostre azioni; La sua forza positiva, per "l'azione rinforzante e vivificante della società". La forza religiosa deriva dall'esperienza del sociale. La religione è il sistema di idee attraverso cui le persone rappresentano la loro società. Poiché la religione è la radice delle classificazioni attraverso cui apprendiamo il mondo, tutte le culture umane diventano una rappresentazione del sociale. Spesso gli individui hanno la percezione che la propria vita sia divisa in due fasi, in quella sacra si produce uno stato di effervescenza collettiva che nel caso dei clan australiani avviene durante il corroboree, in queste occasioni il totem (rappresentante i vari clan) diventa rappresentazione collettiva delle forti emozioni provate nonchè della scena. In sunto la forza morale esiste...ma non è divina...è originata dalla società. La religione non è che il sistema di idee attraverso le quali le persone rappresentano la loro società. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim Concludendo, la dimensione di costruzione della realtà sociale non è solo un fatto che riguarda l’individuo nelle sue relazioni con figure di prossimità, riguarda più in generale tutti i processi culturali e di significazione sociale. In altre parole il nostro linguaggio, le nostre categorie, le nostre idee, le nostre convinzioni sono sempre in qualche misura debitrici di un pensiero collettivo. Èmile Durkheim, fu il primo a prestare attenzione a questo aspetto introducendo la nozione di “coscienza collettiva” e di “rappresentazioni collettive”. Durkheim si riferiva ad un ampio insieme di forme intellettuali quali la religione, la morale, il diritto, la scienza, il mito. La riflessione di Durkheim sulle rappresentazioni collettive rischiava però di essere troppo rigida, poiché presupponeva delle conoscenze sovra individuali che si impongono dall’esterno con una forma di coercizione, che pur non escludendo il ruolo della personalità individuale, tende a enfatizzare l’aspetto statico su quello dinamico. Psicologi contemporanei come Serge Moscovici hanno sviluppato in senso più fenomenologico e dinamico l’idea di “rappresentazioni sociali” che ci guidano nella lettura o nella definizione della realtà e nella nostra azione in tale realtà. Come scrive Moscovici: «Nessuna mente è libera dagli effetti del condizionamento precedente che viene imposto attraverso le rappresentazioni, il linguaggio e la cultura che le sono proprie. Noi pensiamo per mezzo di una lingua; organizziamo i nostri pensieri in base ad un sistema che è condizionato, sia dalle nostre rappresentazioni sia dalla nostra cultura; e vediamo solo quello che le convenzioni sottostanti ci permettono di vedere, senza essere consapevoli di tali convenzioni» (Moscovici, 2005, pp. 13-14.). Da questo punto di vista – sottolinea Moscovici - la nostra posizione non è diversa da quella di una qualsiasi tribù a cui attribuiamo un sistema di “credenze”. Noi possiamo naturalmente divenire più consapevoli dell’aspetto “convenzionale” dei nostri linguaggi, idee, rappresentazioni ma non potremo mai sottrarci completamente al loro condizionamento. Una strategia migliore, ci dice Moscovici, è quella di scoprire, riconoscere e tentare di rendere esplicite queste rappresentazioni in modo da poterle in qualche modo vedere e discutere. Insomma non essere Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 15 Università Telematica Pegaso La Scuola francese: Durkheim passivamente succubi. Durkheim si ricollega alla tradizione del positivismo comtiano, che a sua volta aveva a fondamento il compito di ristabilire l’ordine messo in crisi dalla Grande Rivoluzione pur condannando come impossibili i tentativi reazionari: Durkheim si pone lo stesso compito in relazione alla Francia del suo tempo. Tanto Comte quanto Durkheim si opponevano all’individualismo e vedevano nella solidarietà sociale un valore superiore a quello del singolo e a cui quest’ultimo si doveva sottomettere. La critica agli economisti classici, costituisce, paradossalmente, il punto comune di pensieri tra loro tanto diversi quanto quello di Marx da un lato e Comte e Durkheim dall’altro. Durkheim rimprovera all’economia politica di aver creduto che l’unica realtà sia l’individuo dal quale tutto promana e al quale tutto ritorna. Durkheim a Comte riconosce il merito di aver avvertito la necessità di una scienza naturale della società contro le precedenti speculazioni astratte; a Spencer riconosce il carattere più analitico della sua sociologia (però Comte è superiore a Spencer perché ha compreso il carattere sui generis e di superiorità della società contro i vari tentativi individualistici). Entrambi sono rimasti però filosofi in quanto hanno voluto forzare i fatti entro un’unica legge generale anziché muovere da ipotesi più specifiche e verificarle poi empiricamente. Durkheim, dunque, fa dipendere l’individuo dalla società e sostiene che non vi può essere moralità al di fuori di ogni regola sociale. La moralità non si identifica con la libertà individuale ma ha bisogno, al contrario, di un potere regolatore esterno, che si trova nella società. Nell’opera La divisione del lavoro sociale (1893) egli considera la società come dotata di un certo, pur mutevole e imperfetto grado di solidarietà, di integrazione, di “consensus” (come diceva Comte). Il consensus, per Comte consisteva nel buon funzionamento dell’insieme, nello stato di salute di una società in cui ogni sua singola parte agisca in armonia con le altre per il buon andamento dell’insieme e non si tratta di un atteggiamento psicologico in quanto esso agisce come forza autonoma rispetto all’individuo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 15