“DEPRIVAZIONE UDITIVA PROF .SSA GENEROSA MANZO

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“DEPRIVAZIONE UDITIVA”
PROF.SSA GENEROSA MANZO
Università Telematica Pegaso
Deprivazione uditiva
Indice
1
L’ANATOMIA DELL’ORECCHIO --------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
LA SORDITÀ INFANTILE -------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3
I DEFICIT UDITIVI E LA PROTESIZZAZIONE -------------------------------------------------------------------- 14
3.1.
4
LA SORDITÀ E IL LINGUAGGIO --------------------------------------------------------------------------------------- 17
4.1.
4.2.
5
LA PROTESIZZAZIONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------14
LA COMUNICAZIONE DEI SORDI --------------------------------------------------------------------------------------------18
LA LINGUA ITALIANA DEI SEGNI -------------------------------------------------------------------------------------------19
DIAGNOSI FUNZIONALE DEL BAMBINO SORDO --------------------------------------------------------------- 23
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 25
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 L’anatomia dell’orecchio
L’organo dell’udito è costituito dall’orecchio che raccoglie le sensazioni acustiche prodotte
da vibrazioni dell’atmosfera.
L’orecchio anatomicamente parlando comprende tre parti distinte: l’orecchio esterno,
l’orecchio medio, l’orecchio interno.
Immagine 1. Anatomia dell’orecchio.
L’orecchio esterno è composto dal padiglione dell’orecchio e dal condotto uditivo esterno.
Il padiglione auricolare serve per capire i suoni e localizzarne esattamente la provenienza.
Nel mezzo del padiglione si apre un condotto uditivo, rappresentato da un canale, che ha la funzione
del condotto uditivo esterno ed è essenzialmente quella di proteggere la membrana del timpano. La
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membrana del timpano è una formazione arrotondata e con la sommità è rivolta verso l’esterno che
chiude ermeticamente, il fondo del canale uditivo esterno e isola completamente l’orecchio medio.
Immagine 2. Orecchio esterno
L’orecchio medio, costituito principalmente dalla cassa del timpano dove si trovano le
catene degli ossicini, composta dal martello, dall’incudine e dalla staffa.
L’ orecchio interno è composto da una cavità divisa in molti canali che formano il labirinto;
tale cavità è piena di liquido ed è qui che le onde sonore, trasformate in vibrazioni urtano le fibre
del nervo acustico e determinano le sensazioni uditive.
Dall’orecchio interno si dipartono vari cordoni nervosi che si fondono nel nervo uditivo, o
acustico, i quali trasmettono al cervello due tipi di sensazioni: quelle uditive e quelle che ci aiutano
a stare in equilibrio.
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L'orecchio interno è divisibile in due porzioni, definite "labirinti":
 Labirinto osseo;
 Labirinto membranoso.
Il labirinto osseo è composto da una parte centrale cava detta scala vestibolare, essa
comunica anteriormente con la coclea e posteriormente con i tre canali semicircolari, in cui si
trovano i ricettori dell’equilibrio.
Il labirinto membranoso è composto da tre componenti:
 Utricolo;
 Canali semicircolari membranosi;
 Condotto cocleare membranoso.
La cassa timpanica comunica con l’esterno mediante la tromba di Eustacchio, che non è
altro che una presa d’aria che ha il compito di eguagliare le due pressioni esercitate sul timpano.
L’onda sonora s’inoltra nell’orecchio lungo il condotto uditivo esterno fino a raggiungere la
membrana del timpano. La membrana timpanica vibra e trasmette questa sua vibrazione alla catena
degli ossicini. La staffa, ultima della catena degli ossicini, trasmette le vibrazioni alla finestra ovale,
al quale segue fedelmente tutte le oscillazioni della membrana timpanica e le trasmette ai liquidi che
si trovano nell’orecchio medio.
Secondo i suoni che riceve, la staffa si comporta in modo diverso, aumentando o
diminuendo la pressione verso la finestra ovale. In tal modo è possibile proteggere la coclea da
rumori troppo violenti o aumentare l’acutezza uditiva per i suoni debolissimi.
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La vibrazione sonora provoca uno spostamento dei liquidi contenuti e si propaga alla
membrana basilare, si crea un’eccitazione nervosa che, tramite il nervo cocleare viene trasmessa
alla corteccia cerebrale, dove è trasformata in sensazione acustica.1
Immagine 3. L’orecchio medio
1
Del BoM., Cippone A., De Fillipis, La sordità infantile grave, Armando, Roma 1993, p. 30.
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2 La sordità infantile
Il problema della genesi della sordità infantile riveste una importanza essenziale sia d un
punto di vista scientifico come da quello pratico.
In genere si usa suddividere le sordità infantili in:
 Sordità ereditarie;
 Sordità acquisite
La forme ereditarie provengono da un corredo cromosomico trasmessogli dai genitori;
mentre le sordità acquisite vengono distinte a seconda dell’epoca nella quale ha agito l’elemento
patologico responsabile del danno uditivo e cioè in:
 Sordità prenatali;
 Sordità neonatali,
 Sordità postnatali.
Nella sordità prenatale l’agente lesivo può agire o sull’embrione o dopo il terzo mese di
gravidanza sul feto. L’azione lesiva può espletarsi direttamente sul feto attraverso la placenta,
oppure indirettamente.
Nelle sordità neonatali i fattori determinanti possono essere:
 Traumatismo ostetrico: le conseguenze sono prevalentemente costituite da fattori emorragici
auricolari o meningei;
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 Prematurità: modesto peso alla nascita ed un lungo periodo di incubazione:
 Anossia: l’assenza o la scarsità di ossigeno
 Grave emolisi e secondario ittero neonatale: incompatibilità del fattore RH o dei gruppi A B
0, in questi casi si manifesta una grave emolisi con conseguente ittero emolitico, pur esso
grave.
Nella sordità postnatale le cause possono essere:
 traumatismi;
 malattie infettive (come la meningite cerebro-spinale, l’encefalite);
 intossicazioni derivanti ad esempio da antibiotici.
Il bambino che nasce sordo o che lo diventa nei primi due anni di vita non avrà avuto
l’opportunità di acquisire per via uditiva la lingua materna e quindi andrà incontro al fenomeno del
“sordomutismo” mentre il bambino che diventa sordo dopo i tre anni di vita sarà già in possesso del
linguaggio articolato e si troverà in una situazione più favorevole per la sua educazione mediante la
parola e per il mantenimento dei comuni rapporti sociali.
Nessun bambino è completamente sordo (salvo rare eccezioni) , cioè privo di residui di
cellule nervose capaci di trasmettere impulsi sonori.
Nel considerare la possibilità di rieducazione bisogna prestar attenzione ad una serie di
specifici aspetti come l’epoca della comparsa, lo sviluppo linguistico e le capacità di adattamento
alle situazioni2.
2
Vitale C., I percorsi dell’Educazione Speciale: Teoria e prassi nella Scuola dell’autonomia, Edisud, Salerno 2001.
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Vi sono degli strumenti elettronici, capaci di emettere segnali acustici di altezza e intensità
differente che permettono di misurare la perdita uditiva, consentendo di costruire grafici
(audiogrammi) dalla cui lettura è possibile distinguere i vari tipi di sordità e le relative strategie da
mettere a punto sul piano didattico3.
Quanto prima viene diagnosticata la sordità del bambino, tanto più velocemente si possono
prendere i provvedimenti necessari per il suo recupero, specialmente oggi che le tecnologie e le
apparecchiature diagnostiche consentono di praticare esami piuttosto attendibili.
L’esame audiometrico determina con esattezza la capacità uditiva di un soggetto e ci
permette di tracciare una soglia uditiva.
Ad ogni frequenza vengono inviati stimoli sonori ad intensità decrescente, a seconda delle
risposte fornite dal soggetto in esame, si calcola l’intensità obiettiva alle varie frequenze.
L’audiogramma è il grafico in cui vengono riportate le risposte del soggetto ad ogni
frequenza, la frequenza viene misurata in Hz e l’intensità in dB, più sono alti i valori dei dB e
maggiore risulta la caduta: i punti di intersezione tra la frequenza e l’intensità vengono collegati e si
forma una curva definita appunto curva audiometrica.
L’esame audiometrico completo permette di valutare l’effettiva soglia dei due orecchi solo
se essi sono analizzati separatamente.
3
Gosciu G., Pratelli M., L’insegnante specializzato, Editrice Tresei Scuola, Ancona 2000.
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Immagine 4. Esempio di audiogramma.
Nell’esame audiometrico viene effettuato anche il rilievo per via ossea , tale misurazione si
realizza contemporaneamente a quella per via aerea, con un vibratore appoggiato all’osso mastoide.
Con questo metodo, i suoni raggiungono direttamente le cellule sensoriali dell’orecchio interno,
senza essere mediati attraverso l’apparecchio di trasmissione. L’analisi per via ossea conferisce
molte informazioni sulla effettiva capacità di percezione di un orecchio, confermando in questo
modo, il risultato ottenuto per via aerea.
Per ottenere un esame audiometrico attendibile, è importante la collaborazione del soggetto
in esame. Dato che con i bambini, questo non è sempre possibile, soprattutto se sono piccoli, si
utilizzano mezzi di condizionamento atti a stimolare il bambino alla ricerca di una sorgente sonora e
di una luminosa tra esse correlate. Tali mezzi di condizionamento consistono in una fonte luminosa,
un giocattolo ad esempio, che l’operatore abilmente illumina o mette in moto alla risposta del
bambino. Bisogna osservare tutti gli atteggiamenti del bambino e dopo vari tentativi tradurli in
risposta: girare la testa , sorridere, chiudere gli occhi ecc4.
4
Gosciu G., Pratelli M., op.cit., p.8.
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Gli esami che si effettuano sui bambini sono il C.O.R, in cui l’operatore gestisce la
situazione, e il PEEP-SHOW, dove il bambino partecipa attivamente, attraverso un pulsante che fa
partire le immagini .
Gli esami audiometrici sui bambini al di sotto dei 4 anni, vengono effettuati in campo libero
e quindi senza le cuffie, questo metodo non consente di raggiungere la reale soglia uditiva del
soggetto, e di questo se ne deve tener conto quando se ne interpreta il relativo audiogramma.
Quando si analizzano i bambini, per stabilire la soglia uditiva più attendibile sono necessari
numerosi controlli ripetuti nel tempo.
Quando un deficit uditivo è congenito o insorge dalla nascita, acquisizione del linguaggio è
fortemente compromessa.
Il bambino sordo fin dalla nascita , non è capace di controllare con l’orecchio la sua
produzione verbale. Non comprende la funzione dei movimenti buccali eseguiti dagli altri ma
soprattutto non sa farlo in modo adeguato, ovvero usando la sua voce.
Le conseguenze di una sordità insorta alla nascita sono certamente più gravi rispetto a quelle
comparse dopo i 3-4 anni.
Dopo questa età gli effetti sulle capacità di comprensione del linguaggio parlato ma, anche
nei casi in cui è moderata, può avere conseguenze non indifferenti: lo sviluppo del linguaggio
avviene in un arco di tempo estremamente ridotto, tanto da richiedere l’integrità di tutti gli apparati
coinvolti5.
La valutazione della funzione uditiva può essere effettuata prima dei sei mesi, ricorrendo ad
un esame
5
che fornisce indicazioni di tipo
qualitativo: la reattometria. Si tratta di
Gosciu G., Pratelli M., op.cit., p.8.
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un’apparecchiatura elettromeccanica che eroga frequenze e di un altoparlante, lo stimolo è inviato al
neonato in entrambe le orecchie e si osservano le reazioni comportamentali del bambino.
Il neonato deve essere osservato in un prima situazione ideale, che generalmente si realizza
40 minuti prima o 40 minuti dopo i pasti, questo perché prima è agitato e immediatamente dopo
dorme. Se le risposte risultano dubbie o negative, è necessario riesaminare a breve il bambino, per
scoprire con maggiore profondità le reali capacità uditive.
L’attenta valutazione delle capacità uditive del neonato non è sempre possibile al genitore,
perché il bambino è troppo piccolo per dare delle risposte inequivocabili, per questo di fronte ad
ogni dubbio è importante rivolgersi ad uno specialista.
Dopo i sei mesi si può effettuare una valutazione di tipo quantitativo e qualitativo del danno
acustico, perché la comparsa dei riflessi di orientamento permette di stabilire con più precisione la
situazione uditiva del bambino.
Il Boel test consente una valutazione di questo tipo e rappresenta la seconda indagine per i
casi sospetti di sordità rilevati attraverso lo screening neonatale.
Il test è costituito da un bastoncino rosso, da alcuni campanelli argento e da piccoli cerchi
che contengono oggetti in miniatura che si muovono. Il bastoncino e i cerchi servono per attirare
l’attenzione , mentre i campanelli, dosati per frequenza, si mettono ad anello nelle mani, e si fanno
sentire al bambino, Non appena la sua attenzione è concentrata sugli altri due oggetti.
I campanelli si scuotono dalla parte opposta in cui il bambino fissa gli oggetti e si osservano
le reazioni: generalmente le risposte son abbastanza evidenti.
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Tale test è utile per la valutazione della funzione uditiva, ma anche per quella visiva,
motoria e quella attentiva.
Se vi è l’esistenza di una sordità di tipo familiare è necessario svolgere accurate indagini fin
dalla nascita e ripetere controlli nel corso dei primi due anni.
L’ittero, la rosolia contratta dalla mamma in gravidanza, il peso inferiore al chilogrammo,
l’anossia durante il parto, sono possibile causa di sordità nel nascituro.
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3 I deficit uditivi e la protesizzazione
Dopo aver effettuato la diagnosi è necessario stabilire anche il grado di deficit uditivo
posseduto dal soggetto. Ciò può essere fatto in relazione alla caduta di dB, perché quest’ultima può
fornire un dato indicativo sulle reali possibilità uditive.
Pertanto si parla di
 Deficit lieve 20/40 dB. In tal caso non tutti i fonemi vengono percepiti e il bambino chiede
ad esempio di ripetere la domanda o aumenta il volume della tv e sembra particolarmente
distratto.
 Deficit medio 40/70 dB. La conversazione viene percepita appena a livello di soglia, se c’è
rumore il soggetto non è in grado di percepirla.
 Deficit severo 70/90 dB. La percezione del linguaggio diventa progressivamente peggiore
fino ad annullarsi.
 Deficit profondo oltre i 90 dB. La percezione del linguaggio è annullata completamente,
talvolta sono presenti piccoli residui uditivi ma non è possibile usarli.
3.1.
La protesizzazione
La protesi acustica ha lo scopo di colmare le deficienze uditive, in modo che la percezione
dei suoni sia portata il più vicino possibile ai valori normali. Essa può essere usata se il deficit non
supera i 30-40 dB di intensità e deve essere bilaterale.
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Le protesi acustiche sono, dunque degli apparati amplificatori che si interpongono fra la
sorgente sonora e l’orecchio di chi ascolta aumentando in grado maggiore o minore il livello sonoro
del messaggio acustico che giunge alla coclea.
Le parti essenziali di una protesi sono rappresentate da un microfono, un amplificatore ed un
ricevitore.
Il microfono è messo in attività dal movimenti di una membrana predisposta a captare le
onde sonore. Il ricevitore ha il compito di trasformare l’energia elettrica in energia sonora mediante
il procedimento opposto a quello sfruttato dal microfono. In sostanza la protesi trasforma il segnale
sonoro in energia elettrica che successivamente viene trasformata in segnale sonoro.
Poiché esistono diverse forme di sordità, occorrerà utilizzare la protesi acustica che meglio
si adatta al tipo di deficit uditivo. La prescrizione di una protesi deve essere fatta da un audiologo e
da un audio terapista.
Nelle sordità accertate l’utilizzo della protesi deve avvenire al più presto , se il deficit è
presente fino dalla nascita possibilmente entro i tre anni.
L’accettazione della protesi da parte del bambino è un momento molto delicato,
l’adattamento richiede un po’ di tempo e non si deve mai forzare.
Il bambino va sostenuto e guidato, perché possa rendersi conto che gli stimoli sonori che gli
giungono sono gradevoli. Superata questa fase il bambino riconosce l’efficacia dello strumento
protesico fino ad affezionarsi ad esso.
La protesi acustica va controllata periodicamente perché potrebbe non essere efficace,
soprattutto in un primo periodo.
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L’uso esclusivo della protesi è totalmente inutile, se esso non è affiancato da una adeguata
rieducazione ortofonica.
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4 La sordità e il linguaggio
Per far si che un bambino sordo apprenda la lingua parlata sono indispensabili tre cose:
 L’impegno della famiglia e la sua collaborazione con specialisti;
 Un metodo naturale ed amplificato;
 Un inizio quanto più precoce possibile della rieducazione.
I primi educatori per un bambino piccolissimo sono i genitori essi devono essere aiutati da
specialisti su come usare la loro capacità naturale di insegnare ai figli a parlare anche quando sono
audiolesi.
I medici devono diagnosticare la sordità e prescrivere la protesi più adatta, i logopedisti
devono collaborare con i genitori per promuovere il linguaggio. Il ruolo della famiglia è
preponderante perché il grosso del lavoro deve essere svolto a casa , durante tutto il giorno, nelle
situazioni di vita quotidiana.
Per quanto riguarda il come insegnare il linguaggio, basta guardare la mamma con il suo
bambino fin dalla nascita, ella per ogni cosa che fa e quando si prende cura di lui non usa un
metodo specifico, ma un metodo naturale. Quando il bambino è sordo bisogna però, aggiungere
qualcosa a questo metodo naturale:
 la protesi acustica;
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 l’aumento della frequenza e dell’intensità delle stimolazioni acustiche rivolte al bambino
con voce più sostenuta, guardandolo in viso6.
Si devono in ogni modo far percepire le vibrazioni degli organi vocali durante il parlare, in
qualsiasi modo, ad esempio attraverso il parlare guancia a guancia con il piccolo, facendo accostare
la manina alla gole o alle labbra ecc.
I genitori devono avere fiducia in se stessi e si devono impegnare perché ciò che possono
fare e devono fare, non può essere fatto da nessun altro.
Oggi è possibile stabilire se il soggetto è sordo sin dalla nascita e ciò vuol dire sfruttare i
primi anni di vita per l’acquisizione naturale del linguaggio. Se si lascia, al contrario passare troppo
tempo, tutto diventa più difficile o impossibile, ma per riuscirci ci vogliono le persone adatte e i
metodi giusti.
4.1.
La comunicazione dei sordi
Il sordo deve sostituire quanto più possibile, l’udito con la vista cercando così, di leggere le
parole sulla bocca di chi parla. Questa operazione per alcuni fonemi risulta piuttosto semplice, ma
per altri è addirittura impossibile.
Nella lingua italiana il 30-40% dei fonemi sono difficili da leggere sul labiale; per essi non
basta un rallentamento della pronuncia né diminuire la distanza tre gli interlocutori, tali soggetti
devono essere aiutati mediante l’orolessia. Essa è costituita da configurazioni della mano che
indicano specifici fonemi, la cui pronuncia non è visibile o è confondibile con quella di altri.
6
Vitale C., op.cit, p.8.
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Da tempo molti paesi sono ricorsi a sistemi di configurazione della mano per rendere visibili
tutti i fonemi in America il C.S (Cued Speech), in Francia l’ L.P.C ( langue Parles Completee).
In Italia, si ritiene indispensabile che tutti i sordi e tutti gli operatori dei sordi conoscano la
dattilologia internazionale. Infatti all’interno dei discorsi è facile che capiti un nome proprio, una
parola scientifica o straniera e allora, i sordi troveranno la loro comunicazione nella dattilogia.
Per l’orolessia sono stati seguiti tre principi affinché essa diventi un mezzo per agevolare la
pronuncia:
 la facilità: si ricorre alla configurazione della mano della dattilogia internazionale;
 l’ortofonicità: le configurazioni delle mani devono essere realizzate in vicinanza o a contatto
dei punti di articolazione o delle cavità di risonanza propria di quei fonemi che si vanno
pronunciando e che si vogliono indicare;
 la semplicità: è sufficiente pronunciare quei pochi fonemi la cui pronuncia è invisibile o
confondibile perché la lingua italiana è composta per circa il 60-70% da fonemi visibili7
4.2.
La lingua italiana dei segni
“In Italia, come in altri paesi, le persone sorde, anche se educate al linguaggio parlato,
dialogano spesso tra loro in forma di comunicazione visivo-gestuale da quella acustico-vocale degli
udenti. Nella maggior parte dei casi, il mondo degli utenti ha ignorato questo sistema di
comunicazione usato dai sordi, oppure l’ha aspramente combattuto”8.
7
8
Cfr. Rivista, L’educazione dei sordi, Istituto “T.Pendola “, n.1, Siena, 1991.
Caselli, Maragna, Rampelli, Volterra, Linguaggio e sordità, La Nuova Italia, Firenze 1994.
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La L.I.S., afferma Pigliacampo “è come un bel fiore in un giardino recintato da filo spinato:
tutti lo ammirano e plaudono ma nessuno si fa avanti con coraggio per coglierlo e farsene dono,
oppure regalarlo ad un interlocutore”9
Parlare di L.I.S. significa parlare di “un sistema di segni non verbali organizzato in modo
tale da permettere la comunicazione, generalmente, fra persone sorde. Come tutte le lingue, anche la
L.I.S. ha il suo lessico formato da cheremi, ossia gesti indicanti unità significative e la sua
grammatica.
La grammatica della L.I.S. è molto diversa dalla grammatica della lingua italiana.
Ai fonemi corrispondono determinati cheremi, che sono:
 15 luoghi o spazi dove vengono eseguiti i segni;
 31 configurazioni della mano;
 6 orientamenti del palmo o delle dita delle mani;
 32 movimenti delle mani.
La morfologia è data da gesti che indicano il maschile, il femminile, il plurale il singolare, la
congiunzione dei verbi, il diminutivo, il superlativo, ecc.
Merita particolare attenzione è anche l’ordine con cui si eseguono i gesti secondo la
grammatica della L.I.S., ad esempio: Il libro è sul tavolo = tavolo libro sopra.
Questo ordine non è casuale ma risponde a una logica precisa, cioè, alla percezione visiva
anziché uditiva.
9
Pigliacampo R., Appunti di semiotica, Edizioni Il Sordudente, porto Recanati, 1987, p. 23.
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La LIS non è unica ma ne esistono tante quante sono le comunità dei sordi che le usano:
lingua dei segni americana, inglese, francese, danese. Ciascuna lingua collegata alla cultura della
comunità che le usa, ogni segno ha la sua etimologia e collegato con la storia e con la cultura della
comunità. Pertanto, studiare i segni può essere un modo indiretto per studiare la cultura e la storia
della comunità.
Un esempio può essere sintetizzato in questa immagine:
I segni vengono eseguiti con una o due mani. Una può stare ferma e costituisce la base
d’appoggio per la mano che si muove e che può assumere svariate configurazioni; quando si
muovono entrambe, tendono ad essere simmetriche, assumendo la stessa configurazione ed
eseguendo lo stesso movimento.
Un segno può essere scomposto in quattro parti:
 La configurazione della mano;
 Il luogo;
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 Il movimento;
 L’orientamento del palmo.
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5 Diagnosi funzionale del bambino sordo
L’intervento riabilitativo ed educativo nei confronti di un bambino sordo dipende in gran
parte dall’intervento precoce, ma anche dalla diagnosi funzionale, dalla collaborazione fattiva della
famiglia.
La diagnosi funzionale permette anche alla famiglia di ridefinire il suo atteggiamento nei
confronti del proprio bambino solitamente iperprotetto o iperstimolato. Il genitore potrà così
riconoscere il proprio figlio audioleso nella globalità esistenziale ed il bambino divenire parte attiva
e responsabile del sistema familiare.
Quindi c’è uno stretto rapporto tra integrazione familiare e integrazione scolastica: un
processo di integrazione scolastica che non si basi sull’integrazione familiare difficilmente darà
luogo all’integrazione sociale e culturale della persona sorda.
In sostegno alla formulazione della diagnosi funzionale ci sono delle schede guida che
serviranno per raccogliere osservazioni e informazioni su specifiche aree comportamentali del
bambino sordo.
Mediante le schede si evidenziano le sue aree di efficienza uditiva residua e le sue
potenzialità percettive e cognitive, si chiariscono in maniera circostanziata i suoi punti di debolezza.
Questi dati vengono utilizzati per favorire lo sviluppo armonico dei processi simbolici,
operativi ed emotivi del bambino.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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Infatti non verrà esaminata solo la capacità uditiva ma anche:
 La capacità discriminativa;
 La memoria uditiva;
 La motricità;
 L’integrazione intermodale senso-motoria;
 L’intelligenza;
 L’elaborazione percettiva;
 Il comportamento sociale ed emozionale10.
10
Vitale C., I percorsi dell’Educazione Speciale: Teoria e prassi nella Scuola dell’autonomia, Edisud, Salerno 2001.
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Bibliografia
 Caselli, Maragna, Rampelli, Volterra, Linguaggio e sordità, La Nuova Italia, Firenze 1994.
 Gosciu G., Pratelli M., L’insegnante specializzato, Editrice Tresei Scuola, Ancona 2000.
 Pigliacampo R., Appunti di semiotica, Edizioni Il Sordudente, porto Recanati 1987.
 Rivista, L’educazione dei sordi, Istituto “T. Pendola “, n.1, Siena 1991.
 Vitale C., I percorsi dell’Educazione Speciale: Teoria e prassi nella Scuola dell’autonomia,
Edisud, Salerno 2001.
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