Riassunto Marketing: LEZIONE 1 (Cos’è il marketing) L’obiettivo di chi fa marketing è realizzare un profitto soddisfacendo prima di tutto i bisogni di gruppi di clienti, per questo motivo tutto si basa sul CRM (Customer Relationship Management), ovvero la gestione del rapporto con il cliente come punto fisso da mantenere mentre si opera, che ha dimostrato nel tempo riuscire a mantenere un rapporto duraturo di scambio con il cliente. Marketing: E’ il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività di ideazione, determinazione del prezzo, promozione e distribuzione di idee, beni e servizi, al fine di creare uno scambio che soddisfi sia l’azienda che l’individuo che ad essa si rivolge. In breve è lo studio del mercato e dell’analisi dell’interazione del mercato, degli utilizzatori con l’impresa. Marketing relazionale: Il marketing moderno può essere utilizzato sia nei confronti dei consumatori finali (ambiente B2C) e verso le imprese (B2B). Essendo la tendenza del marketing quella di avere un approccio relazionale (121), il successo sta nell’identificare chi sono i miei clienti. Nel B2C marketing acquirente e venditore perseguono due obiettivi diversi: il profitto e la soddisfazione personale. Nel B2B invece acquirente e venditore solitamente perseguono gli stessi obiettivi e presentano strutture organizzativi e processi decisionali analoghi, ovvero quelli tipici di un’impresa. Il marketing si frappone all’interno del processo di vendita al termine del processo produttivo prima dell’immissione nell’ambiente esterno (dall’inglese to market -> rendere adatto per il mercato). Le attività di marketing partono dallo studio del consumatore e in generale dallo studio della domanda e dell’offerta. Il fallimento del marketing moderno sta nel fatto che tutti gli obiettivi che emergono dagli studi sono da perseguire nel medio lungo termine ed il recente periodo di crisi dei mercati ha portato gli imprenditori a diffidare di qualsiasi cosa non dia risposta nell’immediato. E’ fondamentale che il piano di marketing non coincida con il piano strategico dell’impresa, poiché quest’ultimo si occupa della produzione, mentre il marketing ha come fine quello della corretta ed ottimizzata gestione della distribuzione. Le 3 fasi del processo di marketing management: 1. Fase Analitica – Fare l’analisi dell’ambiente e dell’impresa 2. Fase Strategica – Elaborare la strategia con la quale competere 3. Fase Operativa – Applicazione della strategia Fase Analitica: Studio dell’ambiente esterno: Che tipo di ambiente è -> identifico fornitori, distributori e stakeholder Studio del business (segmento) specifico in cui l’azienda compete: analisi di domanda ed offerta Studio del singolo consumatore e del suo comportamento d’acquisto Grazie a questa fase si riescono a creare i sistemi informativi utili alla raccolta dei dati, i sistemi di supporto alle decisioni; un modo semplice per ottenere questi valori e perfezionare ciò che già abbiamo sono le ricerche di mercato. Fase Strategica: Decido in questa fase “cosa fare” e “come”, ovvero come differenziarsi dalla concorrenza. 1 Fase Operativa: Sfrutto le 4 P che costituiscono le leve del marketing mix per mettere in atto la mia strategia: 1. 2. 3. 4. Product (Prodotto): Beni, servizi ed idee che soddisfino i consumatori Promotion (Comunicazione): Informare il cliente sul prodotto e sull’impresa Price (Prezzo): Definire le politiche che portano alla formazione del prezzo Placement (Distribuzione): Rendere disponibile il prodotto in luoghi, tempi e modalità adeguati al consumatore. Queste 4 variabili, opportunamente combinate costituiscono il marketing mix che l’impresa impiega al fine di conseguire gli obiettivi predefiniti nell’ambito del mercato obiettivo Il piano di marketing è il documento che include tutti i metodi e tutte le procedure da intraprendere al fine di riuscire nelle azioni di marketing prefissate. La struttura del piano di marketing è: Premessa generale Situazione attuale di marketing Analisi di opportunità è minacce Obiettivi di marketing Strategie di marketing Piani d’azione 2 L’imprenditore che si appresta a redigere il piano di marketing deve rispondere ad alcune domande fondamentali che consentiranno di sviluppare facilmente il piano stesso: Chi è il mio cliente? Cosa vogliono i miei clienti? Quanto pagano? A chi si rivolgono per acquistare? Come si informano, ovvero cosa influenza le loro scelte? Uno sguardo ad oggi: La crisi ha significato grossi tagli per quello che era il marketing su carta stampata in favore dell’utilizzo delle nuove tecnologie che indubbiamente hanno significato un cambiamento d’interesse verso un canale promozionale completamente nuovo (Online marketing e Direct marketing) Tipologie di strategie di marketing: Direct marketing: Sistema interattivo che usa uno o più media pubblicitari per generare una risposta misurabile o una transazione in qualsiasi parte del sistema distributivo. Marketing one-to-one: Offerta che corrisponde il più possibile alle caratteristiche di segmenti di mercato sempre più definiti ed omogenei (questo per la teoria: “Se faccio prezzi, e quindi prodotti, personalizzati, riesco a far pagare ogni consumatore esattamente il proprio prezzo di riserva, massimizzando quindi i profitti dell’impresa”). Permission marketing: Strategia che ha l’obiettivo di ottenere dal consumatore il permesso di comunicare con lui, così che in futuro possa dare più attenzione al nostro messaggio (non classificandolo come SPAM puro). E-mail marketing: Messaggio non fortemente personalizzato, ma che prevede comunque una sottoscrizione, ovvero il consenso dell’utente a ricevere una mail contenente il messaggio pubblicitario/comunicazione dell’azienda. Rispetto ad un annuncio pubblicitario “classico”, l’email va verso il canale diretto e personalizzato. Ricerca di mercato: Strumenti che permetto la raccolta l’analisi e la descrizione di dati ed informazioni rilevanti per una specifica situazione di mercato. Interruption marketing: Interrompere il flusso di pensieri e delle attività del prospect (cliente), più il messaggio è invasivo più è efficace al fine di portare l’attenzione all’invito finale ad agire/acquistare/interessarsi al prodotto celato dietro all’interruzione (es. autobus con bilanciere come appiglio e pubblicità palestra in vista “dietro”). Marketing tribale: Basato su di una comunità collegata al prodotto o servizio che si intende promuovere, volto alla creazione di interesse tramite l’attrattività di una comunità di utilizzatori o di una serie di valori che identificano chi possiede un determinato prodotto. Social marketing: Basare le proprie azioni sulla ricerca di soddisfazione di bisogni e desideri non solo di un singolo ma anche della società intera (es. Cause related marketing – Product Red™) Viral marketing: La divulgazione di un messaggio stimolante è affidata agli utenti già presenti che tramite il passaparola volontario portano l’attenzione ai prospect del messaggio di marketing, la diffusione è per l’appunto virale. Di per se il messaggio che fa scattare l’azione virale è semplice ed è una azione volta unicamente a far parlare. 3 Guerriglia: Strategia competitiva che le piccole imprese spesso intraprendono al fine di incrementare le loro quote di mercato nei confronti delle imprese più grandi, azioni che sono dunque volte non tanto a promuovere sé stessi direttamente, ma a “rubare” quote di mercato ai concorrenti. Ambient: Rientra nell’interruption marketing, sfrutta l’ambiente circostante al fine di interrompere il flusso di pensieri portando l’attenzione al messaggio di marketing. Web marketing: Più facile acquisire i clienti (chi visita è un potenziale cliente, non devo andare io alla ricerca), bassi costi di operazione rispetto alle azioni off-line. Consente di gestire in maniera automatica e nativa la relazione con il cliente (es. autenticazione), le operazioni di ricerca sono svolte tramite la web analytics. E-Commerce: L’acquisto di beni e servizi attraverso il World Wide Web ricorrendo a server sicuri, al fine di tutelare le transizioni dei clienti. Anche la gestione dei servizi di pagamento è del tutto on-line, così da poter rendere semplici anche le operazioni di tracciabilità e pagamento. Search Engine Marketing: Insieme di attività di marketing che si facilitano il perseguimento degli obiettivi strategici tramite l’uso dei motori di ricerca: ovvero attività che consentono la gestione della visibilità dell’attività di un sito tra i risultati di posizionamento, questo è realizzabile tramite collegamenti sponsorizzati (keyword advertising) o iscrizione dell’attività sui contenuti pay per clic. LEZIONE 2 (Comportamento d’acquisto) Rapporto B2C Il consumatore (quindi comportamento d’acquisto B2C) è un soggetto che segue un cosiddetto processo decisionale che lo porta a finalizzare una scelta d’acquisto, banalmente questo processo potrebbe essere esprimibile come: Riconoscimento del bisogno Ricerca di informazioni e alternative Cognizione – LEARN Valutazione delle alternative Sviluppo delle preferenze Affettività – FEEL Decisione d'acquisto Impressioni dopo l'acquisto Comportamento – DO FCB Grid: Questa matrice analizza un determinato prodotto in base a quello che è il suo coinvolgimento e la natura del processo decisionale, il risultato finale aiuta a catalogare l’acquisto in un determinato quadrante al quale corrisponde un preciso ordine di processo di acquisto. Coinvolgimento: Intensità del bisogno, rischio d’acquisto Alto: ricerca attiva di informazioni, interesse per effettuare un acquisto il più consapevole possibile, poiché si tratta di un acquisto “importante” Basso: Acquisto routinario, abitudinario, facile da effettuare Natura del processo decisionale: Cognitivo – Utilitaristica: guidata da una scelta di natura tecnica e dalla logica Affettivo – Edonica: acquisto emozionale, per fini sociali e non in termini di utilità pratica 4 Combinando questi aspetti si forma una matrice in cui posso collocare gli acquisti Come e dove ipotizzare il marketing per i settori appena descritti: Apprendimento [Learn - Feel - Do] Affettività [Feel - Learn - Do] Routine [Do - Learn - Feel] Edonismo [Do -Feel - Learn] •Come: dimostrare uso e benefici; trasmettere informazioni dettagliate •Dove: riviste specializzate, mailing, inserzioni lunghe •Come: valorizzare elementi emotivi, coinvolgere, richiamare ego ed autostima •Dove: mezzi coinvolgenti, TV •Come: Indurre alla prova del prodotto, farsi ricordare •Dove: Ovunque •Come: attirare l'attenzione sui gusti personali, enfatizzare la socializzazione •Dove: Grandi affissioni, insegne E si riesce a racchiudere all’interno di 3 tipologie di acquisto: Estensivo Contesto di scelte limitate Routine Il processo che porta a realizzare l’acquisto è influenzato da fonti di diversa natura: Stimoli che il consumatore può ricevere: Viscerale: indipendente dal prezzo e dall’utilità, nasce una attrazione verso il prodotto a priori Comportamentale: comprendo la natura del prodotto, la sua utilità e quindi posso pensare di acquistarlo Riflessivo: serve unicamente ad esprimere l’immagine del prospect, che trova nel prodotto un qualcosa che sintetizza le caratteristiche del consumatore stesso e le esprime appieno rendendole visibili anche agli altri (es. prodotti per “Status Symbol”). 5 Influenze: Sociali Di Marketing Situazionali Psicologiche (incidono sull'uso che faccio delle precedenti influenze) •Famiglia •Religione •Scuola •Trend e tendenze sociali •Effetti generazionali •Classe sociale •Gruppi di riferimento: •Primari: Famiglia ed amici stretti •Secondari: Associazioni o altro •Influenze percepite del prodotto (differenziazione, design, emozioni) •Prezzo •Comunicazione (Pubblicità e promozioni) •Della distribuzione •Ambiente fisico •Ambiente sociale •Prospettiva temporale (es. periodo dell'anno) •Definizione del compito dell'acquirente (regalo, mamma che compra per figlio) •Condizioni antecedenti al processo d'acquisto (vai a fare la spesa senza aver mangiato) •Product knowledge •Product involvement Influenze psicologiche: Product Knowledge: Conoscenza del prodotto in termini di forma, aspetto, marchio, modello, modo d’acquisto, sono tutta una serie di informazioni che influiscono sulla rapidità del processo d’acquisto (favoriscono la scelta, o la complicano). Product Involvement: La percezione di un consumatore in merito all’importanza o all’interesse personale di un bene. Le 5 fasi del processo decisionale: Riconoscimento del bisogno: Maslow classifica i bisogni come: Fisiologici Di sicurezza Di appartenenza e amore Di stima Di realizzazione Ricerca delle alternative: Fonti interne (qualcosa che già si ha) Fonti sociali Di marketing Pubbliche Esperienza 6 Valutazione delle alternative: Approcci utilitaristici “ponderati” Componenti razionali ed emotive Generalmente si tende a pensare la mente del consumatore come una scatola nera, poiché a fianco di questi comportamenti facilmente riconoscibili, intervengono anche aspetti irrazionali che fanno sì che questa stima di valutazione delle alternative risulti difficile. Decisione d’acquisto: In fase d’acquisto l’unico pensiero del cliente è lo stimare l’eventuale rischio derivante dal procedere con l’acquisizione del prodotto Le impressioni post-uso: Soddisfazione e dissonanza cognitiva Importanza chiave per il riacquisto Confirmation e Disconfirmation paradigm Aspettative e percezione Ruolo chiave della pubblicità nel creare aspettative Ruolo chiave del post-vendita per il futuro Rapporto B2B Il consumatore procede all’acquisto con il fine di saziare un proprio bisogno, poiché il rapporto fra aziende (B2B) è differente (entrambe le organizzazioni operano per il profitto), bisogna analizzare diversamente il comportamento d’acquisto delle organizzazioni. Innanzitutto occorre determinare la tipologia di organizzazione che opera l’acquisto: Produttori: Trasformazione di input in output differente Intermediari: grossisti o rivenditori al dettaglio Enti pubblici: il marketing in questo caso è molto delicato, poiché le istituzioni di questo tipo devono sottostare a normative molto rigide Altre istituzioni (no profit) Poi viene esaminata la tipologia di acquisto effettuata dall’organizzazione: Riacquisto invariato: servizio di routine effettuato quasi sempre presso lo stesso fornitore, rapido e poco costoso Riacquisto modificato: viene a modificarsi qualche aspetto lato fornitore che rendeva di routine il riacquisto, a questo punto anche chi compra deve cambiare il proprio modello al fine di adattarsi alla nuova routine. Nuovo acquisto: poco frequenti e molto costosi, tempi lunghi di consegna. Utilizzato per richieste molto specifiche, che richiedono un impiego di forze inusuale. Infine occorre valutare il comportamento del singolo acquirente cercando di comprendere il più possibile la sua struttura organizzativa: Ruoli del processo d’acquisto: quali sono le figure che intervengono, lato azienda cliente al fine di portare al termine la transazione (initiators, users, influencers, deciders, gatekeeper o individui preposti al controllo delle informazioni). Fattori specifici dell’organizzazione: conosciamo la tipologia (punto 1), occorre vedere anche la dimensione, l’orientamento e l’accentramento dell’azienda, per capire se abbiamo a che fare con un “pesce piccolo” o meno. Politiche e procedure d’acquisto Categorie di organizzazioni: qual è lo spirito che anima l’organizzazione (innovativa, adattiva, routinaria) 7 Il processo d’acquisto di una azienda diventa pertanto: Bisogno dell'organizzazione Analisi del fornitore Procedura d'acquisto Valutazione dopo l'acquisto I consumatori 3.0 (dell’era digitale e social): Con l’avvento dei social network, la tendenza dei consumatori è diventare veri e propri comunicatori digitali, sia nei confronti dell’impresa che nei rapporti con gli altri utenti della rete, al fine di poter creare una community di consumatori facendo posting online. I consumatori di quest’era sono stati identificati in 5 categorie in base a quello che è l’atteggiamento d’uso del canale social: 1. Ostentativo “Social me”: Attività solo sui social network, di gestione del profilo e poco più. 2. Sociale “Social Fun”: Interazione continua con il social al fine di scoprire novità, solitamente presente su più di una piattaforma. Sfrutta le potenzialità del canale per fini di divertimento. 3. Pragmatico “Opinion Seeker”: Frequenta, ricerca, all’interno di canali più complessi e meno diffusi del social network, per esempio blog/forum al fine di conoscere le opinioni della rete. 4. Di fruizione “E-ntertaiment”: Ricerca dei contenuti all’interno di tutta la rete 5. Interpretativo “Co-Generation”: Contribuisce attivamente all’arricchimento dei contenuti della rete. Con l’avvento della rete, diventa indispensabile rivedere gli strumenti di analytics utilizzati per il processo “off-line”, soprattutto in un periodo di crisi non sempre l’informarsi di un prodotto è collegato alla ricerca di soddisfazione di un bisogno. L’arrivo al “first moment of truth”, ovvero l’acquisto, non è il primo punto a cui guardare. Per cui rientrano nel valore accumulato dall’impresa (ROI) anche le interazioni che l’impresa ha sui canali social che portano a conversione (acquisto). Google ZMOT: Grazie alla rete è possibile gestire “in a social way” tutti quegli aspetti che prima erano legati all’esperienza d’uso del singolo, basti pensare al fenomeno di social TV (più facile ottenere un feedback dagli utenti, spesso usa canali social in rete per l’interazione del pubblico, così che si possa confezionare il prodotto “proprio come vuole il cliente” -> Data Driven). 8 Perché fino ad oggi questo meccanismo sulle social TV, è parecchio screditato: Le competenze necessarie, ovvero esperti di social media, advertising, esperti di mobile sono difficili da reperire Scarso interesse: il budget che le imprese prevedono per il digital è una piccola percentuale del totale, Norme sulla privacy molto restrittive, che spaventano chiunque voglia avere a che fare con i dati dei clienti soprattutto perché gli utenti solitamente prestano eccessiva attenzione alla questione privacy, vivendo comunque nell’inconsapevolezza di essere completamente tracciati da servizi che usano “spensieratamente” Il web è sempre considerato la seconda scelta Paura di investire in campi sconosciuti. Lezione 3 (La segmentazione del mercato) La segmentazione Segmentare il mercato significa studiare i bisogni ed i desideri dei consumatori al fine di ottenere dei gruppi di utenti accomunati da alcuni aspetti, ai quali poter offrire un prodotto differenziato in base al gruppo di appartenenza. La segmentazione è l’insieme delle attività che servono a determinare la suddivisione del mercato in gruppi di consumatori simili. La segmentazione più forte è quella identificata dal rapporto 121 con il singolo cliente. Se servire un determinato gruppo con un prodotto differenziato porta ad un profitto, allora quel gruppo è un buon candidato per essere un segmento. Le 5 fasi della segmentazione: 1. 2. 3. 4. 5. Determinazione dei bisogni del consumatore Divisione del mercato in segmenti significativi (sia in termini di dimensione che di profitto) Sviluppo del posizionamento del prodotto Decisione della strategia di segmentazione Progettazione della strategia di marketing mix, ovvero come sfruttare le leve del marketing mix (4P) Come operare la segmentazione: Innanzitutto occorre scegliere la tipologia di segmentazione da utilizzare per definire i cluster: a priori, a posteriori. Scegliere le basi per la segmentazione Scegliere la descrizione opportuna per il segmento La formazione dei cluster: La segmentazione basata su cluster prevede l’identificazione di gruppi di individui. E’ si un processo molto oneroso in termini di tempo e costi, ma se ben organizzata ci permette di identificare nuove tendenze che affidandoci unicamente ad un approccio “globale” non noteremmo. Segmentazione a priori: Effettuata dal management su scelte dettate dall’esperienza e dal buon senso senza prima aver effettuato una ricerca di mercato, il limite fondamentale di questa azione è il bisogno successivo di approfondire i bisogni e le motivazioni che spingono all’acquisto il consumatore. Generalmente possiamo dire che l’approccio a priori è il primo passo da fare per operare la segmentazione 9 Segmentazione a posteriori: Chi opera questo tipo di segmentazione non si deve far guidare dalla propria idea di marketing, ma si deve affidare alla ricerca sul campo, lasciando che siano le tecniche di analisi a far emergere i criteri di segmentazione. Con questi accorgimenti è più facile ottenere informazioni rilevanti sulle caratteristiche degli acquirenti. Conviene utilizzare un approccio a priori se si ha una conoscenza sufficiente del mercato in cui si lancia il prodotto, magari perché esso stesso è una evoluzione di qualcosa che è già pre-esistente (quindi è stata fatta nel passato un’operazione a posteriori). Se il prodotto è totalmente nuovo, bisogna invece operare a posteriori al fine di ottenere un feedback dagli early adopters al fine di poter migliorare le successive release. Scelta delle basi di segmentazione: La scelta può essere effettuata sui seguenti aspetti: In base ai benefici: identificare i bisogni e i desideri dei consumatori al fine di soddisfare il cliente con prodotti che siano offrano esattamente i benefici ricercati (es. dentifrici differenti per rispondere ai differenti bisogni dei clienti). Demografica: variabili caratteristiche della popolazione (età sesso, etnia, reddito, educazione, occupazione, religione, classe sociale) Psicografica: basata sulle caratteristiche personali del consumatore, orientata al suo stile di vita (credenze, valori, modo di trascorrere il tempo); questi dati possono essere raccolti tramite indagini campionarie su attività, interessi ed opinioni dei consumatori. E’ una variabile molto delicata da utilizzare, poiché non sempre attendibile. Geodemografica: Emergono dai bisogni dei consumatori che possono essere influenzati dal clima, dalla densità della popolazione urbana, dalla tipologia abitativa in cui ci si trova (urbana vs. rurale). Variabili che consentono la classificazione in relazione a macroaree/microaree in cui la gente vive e fa acquisti, queste aree devono essere reali ed individuabili su di una mappa. Comportamentali Creare nuovi cluster oggi è molto facilitato dalle attività di data mining che un’impresa può operare per ottenere variabili di segmentazione sempre più particolareggiate e soggettive (come sempre questa attività è sempre volta verso il 121 marketing). Conosco informazioni extra -> segmento meglio. Un primo esempio di data mining volto alla creazione di cluster più dettagliati è data dalla basket analysis (ovvero lo studio del carrello), tramite il quale senza dover perdere tempo ad intervistare il soggetto, si riesce a profilare la tipologia d’acquirente e quindi il potenziale candidato per un nuovo segmento. Variabili utilizzate come predittori: Nonostante per alcuni prodotti alcune variabili “old-style” restino un ottimo predittore (ovvero variabile che contribuisce molto e molto bene alla profilazione), l’uso di data mining ha introdotto altre variabili altrettanto valide che aiutano ancora di più la profilazione. La descrizione del segmento: Dopo aver individuato le variabili che lo contraddistinguono occorre verificare che il segmento risultante non sia troppo specifico, ovvero che la segmentazione sia stata talmente tanto perfezionata e studiata approfonditamente da aver lasciato fuori dai segmenti considerati qualche potenziale consumatore che non rientra nella nostra analisi. Per far sì che il segmento acquisisca consistenza, occorre dare una risposta ad alcune domande che ci consentono di fare una profilazione accurata: Chi sono i miei acquirenti? Cosa comprano oltre al mio prodotto? Che uso fanno del mio prodotto? Quando comprano? (early adopter/comprano sotto promozione/svendita) Perché fra tutti i competitor scelgono me? Il livello di customer satisfaction è sufficiente a convincerli di comprare ancora da me? Quanto sono sensibili all’uso che ho fatto delle leve del marketing mix? (Product/Price/Promotion/Placement) 10 Il fine ultimo di questa fase è il raggiungimento di una descrizione delle caratteristiche del segmento in relazione agli obiettivi dell’impresa. Un esempio pratico degli strumenti di profilazione è la “cross tabulation”: Segmento Under 30 single Sesso Prevalentemente maschile Reddito Sopra i 1200€/mese Stato sociale Geek Con una formattazione dei dati di questo tipo è molto più semplice controllare quali sono i valori delle variabili di segmentazione. Caratteristiche fondamentali dei segmenti: Misurabilità: ovvero tutte le sue variabili di segmentazione devono essere misurabili. Accessibilità Significatività Differenzialità Esaustività Stabilità Un segmento è attrattivo se è in grado di offrire un prodotto di successo, ovvero un segmento in cui la domanda è sempre in crescita è c’è sempre un alto profitto. Tanto più la concorrenza è blanda, tanto più un segmento di questo tipo risulta un “pollo da spennare”. A volte, da una analisi a posteriori possono venire alla luce anche dei segmenti inaspettati o del tutto nuovi per quel genere di prodotto, spesso questo fenomeno, detto dei segmenti emergenti, si manifesta quando avviene una modifica delle convenzioni sociali (es alfabetizzazione informatica per gli anziani è un meccanismo che ha modificato l’avvicinamento alla tecnologia da parte di soggetti che dapprima sembravano del tutto estranei e non attrattivi per il mercato). Saper sfruttare per primi, e quindi saper riconoscere, questi segmenti comporta un vantaggio notevole in termini di profitto. Dopo aver identificato i segmenti l’impresa deve iniziare a valutare le ipotesi di Posizionamento, nella maggior parte dei casi una PMI è obbligata a focalizzare la sua strategia su un singolo semento a causa delle risorse limitate, che obbligano ad avere una mission molto specifica. Si parla di posizionamento competitivo, quando un’azienda opera volutamente contro la concorrenza cercando di differenziare il prodotto aggiungendo al prodotto standard un beneficio ulteriore per il cliente. Il marketing One to One: Il primo approccio verso una soluzione relazionale è conoscere quanto più possibile il cliente con il quale abbiamo a che fare, un buon modo per carpire informazioni circa le sue preferenze è invitarlo alla progettazione dei prodotti personalizzati (es. “Il Mulino che vorrei”). Il fulcro del 121 è trattare in maniera diversa i diversi clienti con i quali abbiamo a che fare, proponendo loro soluzioni o prodotti che possono anche differire al fine di aderire il più possibile al profilo del consumatore. La tecnologia è di grande aiuto in questo processo, consentendoci, oltre al risparmio di comunicazioni cartacee spesso giudicate poco attrattive, di memorizzare i profili dei clienti in vere e proprie banche dati digitali (software di CRM – Customer Relationship Management). E’ importante investire sul 121 quando si ha come obiettivo la massimizzazione del possesso della quota di quel cliente, la ricerca di un rapporto durevole (life time value) e in generale massimizzare la soddisfazione dei clienti. Riassumendo concetti chiave per una buona relazione sono la valutazione di User Generated Content e la differenziazione di prodotto. 11 Come instaurare una relazione di 121: Conoscenza Orientamento Relazione • Acquisizione di dati interni ed esterni: • Profiling e Customer Satisfaction Model • Brainstorming (per capire le preferenze) • Piano di azioni 121 • CRM Tools • Treat differently different customers Perché oggi è più semplice gestire le relazioni 121 ed in generale ottenere informazioni sul cliente? Molte informazioni che prima erano giudicate private, o comunque destinate solo a ridotti sottogruppi, oggi sono disponibili a tutti, esempi come gli open data e la propensione all’uso (e alla lettura) di infografiche hanno acceso la curiosità anche ai non addetti al settore. La modalità stessa con cui sono visualizzati i dati non è trattata più solo da esperti “matematici”, ma nel campo della visualizzazione oggi giocano un ruolo rilevante anche esperti di grafica, che sanno rendere accattivanti quelle che una volta erano semplici tabelle. Il fenomeno Social, soprattutto coadiuvato dall’avvento del mobile ha consentito al consumatore di poter esprimere al meglio le proprie scelte in un contesto più ricco del semplice “shop”, ma il vero vantaggio dato da questa evoluzione del sistema è stato quello della Visual Intelligence, che grazie a questa raccolta di dati sempre fresca e spontanea riesce a compiere delle scelte di business più accurate. L’unica accortezza da adoperare consiste nel saper fare un buon data mining, che filtri dal mastodontico flusso di dati che la rete offre solo quanto è realmente usabile per il business. Il dato di per se non costa niente ed è facilmente acquisibile, se trasformato propriamente allora diventa un qualcosa di valore. Come presentare dati/pubblicità in maniera efficace: Più i nostri dati sono presentati in maniera “eye-friendly” più saranno immediati da comprendere ed avranno dunque più valore, la tendenza ad avere molte informazioni non deve andare a complicare quelle che sono le azioni di visualizzazione dei dati, anzi la regola base è “keep it simple”. Come fare una buona campagna di advertising: Per massimizzare il rendimento bisogna essere in grado di gestire contemporaneamente più campagne differenti, non ci dobbiamo focalizzare sul valore di una singola campagna, poiché non è solo investendo sul massimo della qualità che si ottiene profitto (es. scelgo che la mia campagna debba girare solo su adWords e non tramite la pubblicità di facebook, così facendo rinuncio ad una fetta di possibili visualizzatori, che probabilmente avrei catturato se avessi scelto una distribuzione più capillare sui canali di advertising). Spesso il consumatore che converte (ovvero acquista), non effettua l’intero processo di acquisto dopo aver ricevuto un solo tipo di stimolo, ma si verifica un fenomeno di “First Touch – Last Touch” che mostra come il cliente abbia 12 ricevuto stimoli con lo stesso obiettivo da sorgenti differenti allora la nostra campagna di advertising ha ancora più forte la necessità di essere su più canali perché i nostri canali possono giocare ruoli diversi per il consumatore in tempi diversi: Starters -> accendono lo stimolo Players -> ravvivano lo stimolo Closers -> conducono alla conversione Sta poi a noi vedere chi ha giocato quale ruolo al fine di ottimizzare gli investimenti futuri, ma resta spesso controproducente chiudere del tutto un canale. Lezione 4 (CRM – Customer Relationship Management) Il CRM è innanzitutto un processo aziendale, spesso supportato dall’impiego di strumenti tecnologici, finalizzato alla creazione e al mantenimento di relazioni che fidelizzino il cliente, ottenendo così il massimo del suo lifetime value. In una prima versione lo sfruttamento del CRM era solo di tipo client server, ovvero unicamente concentrato sulle banche dati contenenti informazioni ritenute importanti su di un determinato cliente. Oggi l’accesso alla rete largamente diffuso ha consentito l’evoluzione del CRM in e-CRM, basato anche su strumenti completamente online accessibili anche lato cliente; i vantaggi si concentrano nel: Fornire all’impresa nuovi canali di comunicazione con il cliente prima impensabili (esempio pagina dell’azienda sui social network) Fornire al cliente nuovi strumenti per ottenere servizi che non prevedano specificatamente un tecnico dell’impresa come intermediario. Tale facilitazione snellisce il lavoro e ci permette di gestire in maniera ottimale la relazione con il cliente. E’ fondamentale che il CRM sia distribuito su tutti i livelli dell’impresa, sia nel front-end che nel back-office, se tutta l’impresa non condivide all’unanimità il progetto di cura del cliente, allora quasi sicuramente il CRM non porterà alcun risultato utile. Al fine di garantire la Customer loyality (e quindi un lifetime value per quel cliente) il CRM deve essere pienamente integrato con la strategia dell’azienda. Cinque motivi per cui le imprese dovrebbero adottare un sistema CRM: Acquisizioni di clienti potenziali Portare avanti le relazioni con i clienti più importanti e coltivabili Ridurre i costi attraverso lo sviluppo di processi di business Fidelizzazione longeva dei clienti che interagiscono maggiormente con l’azienda (clienti di primo piano) I clienti attuali vengono trasformati in procuratori ovvero evangelisti dell’azienda. Possiamo analizzare tre componenti del CRM: CRM analitico: studia gli sviluppi del marketing relazionale, analizza i dati dei clienti e confeziona nuove azioni di contatto della clientela, con un risultato sempre più tendente verso la personalizzazione perfetta (a seguito di una buona profilazione) e tempestività. CRM operativo: Esegue le attività di interazione con il mercato, per automatizzare processi di business. CRM Collaborativo: nasce dal bisogno di gestire il contatto con il cliente, si occupa quindi di definire tecnologie e metodologie integrate con gli strumenti di comunicazione disponibili all’impresa Il ciclo di collaborazione fra i due componenti deve essere continuativo, le attività devono funzionare in maniera sinergica garantendo un buon livello di integrazione. I compiti del CRM operativo: il contact center Il “Contact Center” è il centro del CRM Operativo, si occupa di gestire le interazioni con la clientela acquisita ed i nuovi clienti potenziali attraverso molteplici canali di comunicazione. Lo strumento fondamentale con cui opera il contact center è il Customer Database in cui vengono memorizzati i dati relativi ai contatti, al fine di favorire una miglior profilazione che semplicemente potrebbe consistere nel creare dei target (gruppi di clienti con caratteristiche simili). 13 Schema iterativo di contatto: 1. Comunicazione tramite un canale (Telefonia, Video, Social Network, Sistemi di self-service, ecc…) 2. Interazione con un cliente (Servizi di Pre-Vendita/Vendita/Post-Vendita/Gestione della relazione/Fidelizzazione e Recupero) 3. Processo di workflow management per carpire i dati ottenuti dall’interazione e diffonderli correttamente a tutti gli interessati. 4. Salvataggio dei dati all’interno del data base del CRM system che si occuperà dido raccogliere, classificare, valutare le informazioni pertinenti, al fine di semplificare il lavoro degli operatori di decisioni di mercato. Il sistema di CRM Analitico: Tramite il CRM operativo l’impresa ottiene un patrimonio informativo che il CRM analitico ha il compito di sfruttare e valorizzare nelle forme di Customer Warehouse e CRM intelligence (e-intelligence). La Customer Warehouse si occupa di mantenere un archivio evoluto dove affluiscono i dati da diverse fonti (se pensiamo ad un sistema di CRM diviso in maniera funzionale, i dati possono provenire da canali differenti, quindi in modalità del tutto differente, compito della warehouse è immagazzinare questi dati in maniera coerente per renderli di facile accesso da chi ne è interessato). Una volta immagazzinati i dati possono essere applicate analisi al fine di ottenere informazioni utili per l’impresa, in seguito i dati vengono aggregati da sistemi software atti alla visualizzazione e alla simulazione di sistemi per consentire ai manager del CRM di creare azioni relazionali di valore. Fondamentali per il CRM analitico sono i KPI (Key Performance Indicators) per esempio: ROI, quota cliente, pressione competitiva Il CRM può essere sviluppato da una azienda in 3 differenti modi: Make -> completamente organizzato ed implementato “in-house” ovvero, tutto il processo operativo ed analitico è svolto da dipendenti dell’azienda. Buy -> Outsourcing completo del CRM, molto rischioso poiché viene dato in mano molto valore ad un esterno, comodo se non si hanno le risorse e le competenze adatta a svolgere delle funzioni relazionali (es. azienda di sola produzione, che non ha nemmeno un help desk e non ha competenze in grado di carpire informazioni sul cliente) Make & Buy -> Outsourcing parziale, utilizzato spesso da chi gestisce internamente l’aspetto analitico del CRM e preferisce dare in outsourcing qualche canale di comunicazione che rispetti le azioni previste in fase di analisi (es. sfrutto i call center di imprese che si occupano solo di quello e fornisco loro gli strumenti per operare con i dati della mia impresa, sicuramente costa di più formare e stipendiare, piuttosto che saltuariamente noleggiare). Il ruolo del CRM per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa: Per la sopravvivenza dell’azienda è fondamentale che l’impresa conosca il valore reale del cliente, dato che l’asserzione “perso un cliente se ne acquisisce un altro” è pesantemente falsa, poiché i clienti sono diversi fra loro, allora anche il loro valore per l’azienda varierà con essi (un nuovo cliente solitamente vale di meno di un cliente con un alto life time value, è comunque compito dell’azienda “coccolarlo” al fine di instaurare con il nuovo entrato un rapporto durevole). E’ dimostrato che se un cliente se ne va, tolto l’investimento iniziale per acquisirlo (solitamente i costi di acquisizione sono dalle 6 alle 12 volte superiori a quelli di gestione di un cliente presente, quindi l’azienda spesso pur di acquisire è disposta ad avere una perdita, o cash flow negativo, poiché nel tempo questo verrà ampiamente risanato da un cash flow fortemente positivo in costante aumento nel tempo), perdiamo non solo la “quota mensile” proveniente da quel cliente, ma perdiamo l’intero VAN (ovvero i flussi di cassa presenti e futuri) che si erano prospettati su quel cliente, oltre a questo il danno di un cliente lascivo si manifesta anche con un possibile passaparola negativo che tendenzialmente comporta un grave danno all’immagine dell’impresa. 14 E’ pertanto impossibile puntare ad uno sviluppo notevole dell’impresa sfruttando i soli nuovi clienti, è compito dell’impresa guardare prima di tutto al suo portafoglio clienti già acquisito, purché sia composto da soggetti attivi. Quattro indicatori aiutano a comprendere l’andamento in termini di mantenimento ed acquisizioni dell’impresa: Tasso di acquisizione: ovvero quanti nuovi clienti riesco ad acquisire Tasso di retention: quanti clienti del mio portafoglio sono attivi, ovvero continuano a servirsi della mia impresa Loss rate: tasso di perdita dei clienti (è ovviamente il complemento del retention rate -> retention rate+loss rate =1) Tasso netto di variazione: Tasso di acquisizione dei nuovi clienti – loss rate. Indica se l’azienda è in perdita di clienti oppure in aumento. Lo sviluppo dell’impresa è dato (in ordine) dallo sviluppo dei seguenti meccanismi: CRM (instauro e consolido la relazione) Customer Satisfaction (monitoro la soddisfazione del mio cliente rispetto al servizio che gli offro, spesso vale di più un giudizio negativo che mi consente di migliorare le criticità del mio sistema piuttosto che giudizi completamente positivi) Customer Loyality (controllo che il cliente non mi abbandoni, cambiando la sua preferenza verso un competitor) La distribuzione della soddisfazione dei clienti è distribuita secondo una Gaussiana, dove i soggetti mediamente soddisfatti/insoddisfatti sono circa il 68,26% mentre gli estremi sono circa il 15,86% per parte. Il CRM moderno: I clienti hanno aspettative aumentate rispetto al rapporto che l’azienda dovrebbe avere con loro, auspicandosi sempre una efficace gestione delle relazioni multi canale. Internet è uno strumento utile per la gestione delle relazioni con il cliente, soprattutto dopo l’affermazione dei social network che hanno aperto un canale di contatto “diretto” con la componente umana dell’impresa. Restano comunque presenti altre forme di strumenti online come le FAQ che facilitano il rapporto cliente-impresa tramite automatizzazione di servizi. Per invogliare il cliente e l’impresa al 121 marketing (e di conseguenza CRM), la rete dispone di strumenti molto efficaci: Chat online Forum FAQ E-mail dedicate al supporto ([email protected]) Ticket on-line per la segnalazione di problemi Tracciamento dello storico delle relazioni cliente-impresa Uso dei web analyzer per favorire la fruizione di contenuti per i clienti profilati Gli errori più comuni quando si parla di CRM: Ridurre il CRM ad un solo software per la gestione dei clienti, il corretto approccio di un buon CRM system nasce dapprima in investimenti utili a formulare la strategia, l’organizzazione e la comunicazione, solo in un secondo momento occorre investire in tecnologia, che di per se non ha nessun valore aggiunto sul successo dell’impresa (bisogna saper usare il software, non basta averlo). 15 Lezione 5 (Social CRM Process) Il CRM parte dal presupposto che sia l’impresa a dover sondare il cliente al fine di poterlo profilare all’interno del Customer Database. Ad oggi è molto più semplice raccogliere dati/impressioni/commenti che l’utente stesso genera inconsapevolmente o a seguito delle sue interazioni sulla rete, al fine di riempire il database con dati sempre aggiornati ed utili. Il cliente non vuole essere gestito e stressato dall’impresa che vuole carpire da lui informazioni, piuttosto preferirebbe essere “coccolato” al bisogno, vuole che il suo dialogo con l’azienda sia semplice, immediato e soprattutto più vantaggioso, l’obiettivo dell’impresa resta comunque Conoscere Ricordare Misurare, ma quello che deve compiere è un’azione di reverse marketing, preparandosi ad accogliere il cliente più che a cercarlo, fornendo a lui l’impressione di gestire completamente la relazione. Se questa azione funziona, il valore della relazione per il cliente lievita e l’obiettivo dell’impresa non è più il CRM bensì il CMR (Customer Management of Relationship). Oltre allo sviluppo tecnologico l’impresa non deve dimenticarsi di creare un’esperienza per il cliente fornendo lui nuovi servizi, relazione sempre più accurata e non invasiva: non è possibile entrare nel portafoglio del cliente se prima non si è fatta breccia nella sua testa e nel suo cuore. Il concetto sul quale bisogna puntare è l’ascolto del cliente, riuscendo a porsi come ascoltatore su più canali, soprattutto quelli meno convenzionali (forum). Se si rimane attaccati al concetto teorico del CRM, si rischia di dimenticare che il cliente può in ogni momento scegliere di ignorare qualsiasi azione di marketing eccessivamente invasiva nei suoi confronti, impedendo la nascita di una qualsivoglia relazione; se invece il contatto è proprio cercato dal cliente allora sono minori le possibilità che il cliente ignori le nostre azioni, è importante a tal scopo che sia il cliente a dire come e quando vuole essere contattato. Lezione 5 (La marca e il suo valore) Il marchio è una potente risorsa del quale l’azienda dispone, se sfruttato correttamente può permettere una rapida diffusione del marchio in contesti internazionali. Il marchio è un nome, termine, simbolo o disegno che mira ad identificare i beni o i servizi di un venditore specifico che vuole differenziarsi dalla concorrenza rendendosi riconoscibile da un cliente. All’interno del marchio ci sono anche i concetti relativi al legame razionale ed affettivo fra l’impresa e i clienti, è scontato pertanto sostenere che ogni impresa che desideri avere un marchio deve conoscere il cliente al fine che quest’ultimo guadagni stima e fiducia nel brand. Componenti della marca: Nome Slogan Testimonial Musica Materiale promozionale Confezione Parco automezzi Da questi fattori semplici e spesso facili da identificare è possibile inquadrare senza troppe difficoltà le scelte di marketing di ogni impresa. Anche la scelta del brand name, ovvero del nome del prodotto è da ritenersi importante, poiché permette di definire la personalità e l’individualità del prodotto stesso e quindi aiuta a comunicare i valori di marca dell’azienda stessa, è utile quindi sceglierlo anche in relazione a quanto succede all’ambiente esterno (es. Twin Towers -> Future) oppure al fine di sfruttare un valore già esistente (es. Coccolino) 16 Brand equity: Insieme dei punti di forza associati ad una marca, al suo nome ed al suo simbolo. A cosa serve la Fedeltà di marca: Innanzitutto verso i clienti, dimostrarsi un marchio solido e che loro apprezzano fa diminuire i costi legati alle azioni di marketing necessarie a fidelizzarli (vale sia per nuovi clienti che per clienti affermati). Nei confronti del canale distributivo conferisce all’impresa un maggior potere contrattuale (es. placement nei prodotti del supermercato). Notorietà di marca: L’insieme delle associazioni e dei concetti connessi al brand, sinonimo di familiarità e indice di gradimento, consente di facilitare l’ingresso all’interno del consideration set di un prospect. Qualità percepita: E’ la ragione per la quale il cliente è disposto a pagare un premium price scegliendo il nostro prodotto. Tramite il concetto di qualità percepita è facile partire per uno sviluppo di brand extension, che serve a facilitare l’affermazione di un secondo prodotto (magari appena introdotto nel mercato), poiché gli altri prodotti della stessa marca hanno sempre avuto una “alta qualità”. Associazioni di marca: iPhone->Apple. I valori di un prodotto diventano i valori di un’azienda e viceversa. Asset proprietari: Brevetti, marchi depositati, relazioni di canale proprietarie determinano un valore per l’impresa. Detenere questi asset fa guadagnare se c’è qualcuno diverso dall’impresa stessa che li impiega o integra all’interno del proprio prodotto. 17 Lezione 6 (La gestione della marca e la brand equity) Tramite l’analisi del brand posso comprendere i motivi per cui i consumatori scelgono un determinato brand di successo, se riesco a carpire questi fattori posso tentare di imitarli per cercare di sfondare all’interno del mercato. Ovviamente non tutte le caratteristiche sono ugualmente importanti se trasportate da un’impresa all’altra è utile quindi saper osservare! Lezione 6 (Marketing non convenzionale) Il marketing non convenzionale è l’insieme delle strategie promozionali giudicate “innovative”, ovvero differenti dai classici sistemi pubblicitari. La necessità di modi di fare pubblicità “alternativi” alle vecchie campagne è stata introdotta per rimediare all’assuefazione da marketing tradizionale al quale il consumatore si era ormai adeguato, rendendo spesso la sollecitazione pubblicitaria di scarso effetto. Uno degli scopi principali dell’unconventional marketing è il far parlare non tanto di un prodotto, quanto di una azienda, se serve creando anche campagne ad hoc, solo per far discutere (es. tucano easy parking). Il fine ultimo di queste azioni è ovviamente quello di attirare nuovamente l’attenzione del pubblico, staccandosi dal concetto di interruption marketing invadente verso un approccio più simile ad un ennesimo canale di intrattenimento/informazione piuttosto che un nuovo messaggio pubblicitario. L’unconventional choice porta anche al rinnovamento di strategie di marketing che prima erano statiche che grazie ad azioni non convenzionali consentono un cambiamento netto della natura del servizio (Palinsesto televisivo -> Servizi on demand). Come è stato detto in precedenza oggi il consumatore è attratto dal coinvolgimento che riesce ad avere verso un prodotto/servizio, per cui l’impresa deve identificare l’uso corretto delle leve del marketing analizzando determinati fattori: Stile del target di riferimento, Budget che l’impresa ha a disposizione, Tempo a disposizione per il prodotto/servizio. Le attività di marketing non convenzionale spesso si svolgono below the line ovvero sfruttano aspetti e canali non primari (es. pubblicità nei simulatori calcistici, advergaming oppure azioni bizzarre per far discutere sui media e magari rivitalizzare il marchio). Il marketing non convenzionale si basa sull’efficacia del passaparola, il punto di partenza deve essere ben definito su un target di individui da “infettare” facendo sì che questi trovino il messaggio divertente, interessante od utile e lo comunichino a qualcun altro. 18 Tipologie di marketing non convenzionale: Viral marketing: trasmettere un messaggio ad un piccolo gruppo fino ad gruppo esponenzialmente più numeroso, sul web la diffusione è chiara veloce, gratuita e favorita dall’uso dei media che la rete offre. Spesso al concetto di campagna virale in rete è associato il nome di Meme (da internet phenomenon). Per una diffusione efficace del messaggio bisogna lasciare agire indipendentemente la comunità, senza forzare direttamente la mano, agendo se possibile in ombra (“stealth marketing”). Se questa azione è ben strutturata rappresenta un costo decisamente inferiore per un’impresa che si trova a dover infettare solo un piccolo target piuttosto che un intero mercato. WOM (World of mouth, passaparola): bisogna saper curare passaparola positivo e negativo. Adver-game: pubblicità in un gioco o sotto forma di gioco. Guerrilla marketing: massima visibilità attraverso il minor sforzo economico, tramite la realizzazione di eventi improbabili, paradossali, studiati a tavolino oltre che per la nicchia anche per i media Marketing tribale: prodotti appositamente studiati per creare delle comunità che si autoalimentino e sviluppino il concetto di auto riconoscimento Consumer generated media/User Generated Content (UGC) Flash mob Social Web marketing Ambientale Lezione 7 (La gestione dei canali distributivi) Il canale distributivo è costituito da un gruppo di imprese indipendenti che cooperano al fine di poter trasferire un prodotto o una informazione dal fornitore al consumatore. Il canale distributivo può essere analizzato in base al: Tipo di intermediario Lunghezza del canale distributivo Funzioni del canale Gli intermediari possono essere di tre tipologie: Commercianti Intermediari Ausiliari Per lunghezza del canale si intende quanti intermediari dovranno trattare il prodotto per portarlo dal produttore al consumatore (Vendita diretta, uno stadio…) Generalmente le funzioni che un intermediario svolge sono di tre tipi: Transazionali: ovvero legate alla comunicazione ed alla promozione, al contatto con il cliente, alla negoziazione ed all’assistenza del cliente. Logistiche: assortimento, trasporto e magazzinaggio. Facilitazione: ricerche di marketing, finanziamento ed assunzione del rischio. Le principali scelte di distribuzione: Numero di intermediari: Che determinano una distribuzione intensiva (diffusione di beni di largo consumo, con un basso valore, l’interesse starà nel voleri piazzare dappertutto), selettiva (Autorizzo solo gli intermediari che ritengo migliori), esclusiva (limito ad uno o a pochissimi intermediari la possibilità di operare su un determinato territorio). Compiti dei partecipanti: Politica di pricing (prezzo consigliato dei prodotti per l’intermediario), condizioni di vendita (3x2, formati mini, MAXI), servizi di assistenza. 19 Tipologie di intermediari da sfruttare. Analisi del mercato: Insieme delle azioni che ci portano ad ottenere informazioni sul mercato, quanti acquirenti, quali settori economici, con che dimensione vengono effettuati gli ordini. Considerazioni sul prodotto: Valore, deperibilità e contenuto tecnologico (bisogna monitorare l’obsolescenza). Analisi degli intermediari: Agiscono in maniera coerente con la logica del produttore? Che servizi forniscono al produttore, ovvero perché sono per lui essenziali Considerazioni sul produttore: Che controllo ha del canale, quale politica di marketing adotta, di che risorse dispone. Il ruolo di internet nella distribuzione: Sulle funzioni transazionali permette un contatto personalizzato e a basso costo con gli acquirenti. L’impresa stessa può monitorare facilmente il comportamento dei consumatori. La presenza di shopping agent favorisce il match fra domanda-offerta. Per le funzioni logistiche la rete facilita la distribuzione di beni digitali, sostanzialmente azzerandone i costi, consente di creare dei canali di one stop shopping che aggregano virtualmente prodotti di natura differente; infine la rete permette alla distribuzione di sfruttare l’outsourced logistic, ovvero affidarsi a imprese terze per la spedizione dell’ordine. Le funzioni di facilitazione permettono di tracciare al meglio il consumatore, facilitando le ricerche di mercato; l’introduzione di meccanismi come PayPal ha facilitato le procedure di pagamento rendendole snelle e sicure (credito all’acquisto). Per gli intermediari il processo di uso della rete non è significato un tracollo, bensì è stato uno stimolo all’evoluzione che li ha portati a specializzarsi nel fornire servizi ottimizzati per la rete, fornendo all’impresa la possibilità di concentrarsi sul suo core business. Il vantaggio, o comunque l’importanza data dalla posizione è neutralizzata dalla rete che può disporre di un maggior numero di fornitori ed informazioni, per cui si è assistito ad un crollo del potere della domanda. D’altra parte la possibilità di tracciare l’utente, conoscendo la sua web experience ha dato la possibilità a fornitori come Amazon di stabilire una relazione profonda con i clienti, che permette di ottenere un potere del fornitore da non sottovalutare. Attività svolte dagli intermediari on line: Sponsorizzazione Vendita diretta: l’azienda stessa si fa carico di essere l’intermediario per la vendita, così da poter eliminare, a certe condizioni, grossisti e rivenditori dalla distribuzione. Nel B2B fa risparmiare i costi di vendita, mentre nel B2C, dove spesso l’azienda vende beni digitali, è possibile risparmiare costi relativi all’inventario, all’imballaggio ed alla spedizione. Banalmente, se il sito del produttore può avere una pagina dedicata alla vendita è possibile risparmiare sull’intermediario che se ne occuperebbe. Infomediari: raccolgono e distribuiscono informazioni, permettendo di profilare pubblicità legate agli interessi dei clienti. Gli infomediari trovano anche lo spazio web adatto da vendere agli inserzionisti. Broker, agenti di vendita e metamediari (rappresentano gruppi di produttori) Virtual mall: Ospitare in un unico sito diversi venditori, consente di ottenere benefici per i brand poco conosciuti, dà la possibilità di gestire portafogli dinamici al consumatore e di fare campagne promozionali (ad esempio di fedeltà) cross shop. Shopping agent: Sono intermediari che favoriscono il cliente nella scelta di un determinato distributore, si focalizzano sul prezzo e sulla qualità. 20 Altre tipologie di rappresentanti di acquirenti sono le aste inverse e le cooperative di acquirenti. Lezione 8 (Marketing per un sito online) L’obiettivo del marketing per un sito online è quello di creare un’esperienza di navigazione unica che invogli l’utente a tornare sul sito, a tal proposito, così come la strategia, anche il sito internet necessita di costante attenzione ed aggiustamenti. Best pratices (buone pratiche per la realizzazione ed il mantenimento di un sito): Monitorare le nuove pagine. Avere sempre contenuti freschi è sinonimo di interesse e presenza del proprietario del sito. Avere una redazione che gestisca gli aspetti del sito e che sia sufficientemente telematizzata da poter essere sempre all’opera. Prevedere una revisione globale una volta all’anno. Dedicarsi contemporaneamente al presente ed al futuro del sito (beta access). Il sito deve essere facilmente aggiornabile (CMS). I contenuti devono essere organizzati al fine di costruire aree tematiche. Ogni pagina figlio deve avere un rimando alla pagina genitore. Il sito deve essere navigabile in ogni sua dimensione. Motore di ricerca interno e facilmente accessibile. Aree presenti ed aggiornate: chi siamo, clienti, prodotti, contatti. In più: la nostra storia, lo staff (l’impresa “ci mette la faccia”). Sondare il parere dei visitatori. Il sito deve rispecchiare l’azienda e rientrare nella sua strategia aziendale, non è un “di più” è proprio un elemento chiave. Chi entra in un primo contatto con la gestione del sito di un’impresa, quali informazioni deve ricevere/poter ottenere: Il sito ha mai avuto un eco stampa? Quali sono le iniziative promozionali proposte tramite il sito? E’ un sito già famoso ed affermato? Chi potrebbe parlare del nostro sito? Esiste una newsletter? SEO (Search Engine Organization) Azioni pubblicitarie svolte (es. email advertising, pubblicità su mailing list, banner) Come è attiva l’azienda sugli altri canali promozionali? E’ disposta anche a seguire azioni non convenzionali? Lezione 9 (Regole per un buon sito) Il sito deve essere facile da leggere, per fornire sempre una chiara ed immediata interpretazione, altrimenti il rischio di “bounce” è molto elevato, e i motori di ricerca non premiano questo atteggiamento. Per bounce si intende l’essere arrivati su un sito averlo trovato di primo impatto insoddisfacente ed essere tornati alla pagina precedente senza averlo consultato. Il sito deve essere facile da consultare, bisogna esporre i contenuti in maniera che siano facili da ricercare. Design chiaro ed uniforme, tanti layout differenti comportano tanta confusione, gli elementi di navigazione comuni a tutte le pagine devono mantenere la stessa grafica, CSS aiuta mantenere gli stili uniformi. Le pagine devono essere veloci da caricare, l’utente vuole immediatezza, se il sito è lento sia il motore di ricerca, che l’occhio umano lo penalizzano scartandolo. 21 Le operazioni svolte dal motore di ricerca: Indicizza il testo e analizza le keyword (parole chiave), segue la gerarchia del sito, motivo per cui è necessaria una mappa ben organizzata per favorire la tracciabilità dei contenuti gerarchici, misura la popolarità della pagina analizzando il valore delle pagine esterne che puntano ad essa. 22