Progetto di ricerca su “Le reti di imprese dopo il d.l. 78/2010, con particolare riferimento alle imprese agricole” RESPONSABILE: prof. Carlo IBBA, Ordinario di Diritto commerciale, Dipartimento di Scienze economiche e aziendali (DISEA), Università di Sassari CON IL CONTRIBUTO DI: prof.ssa Monica COSSU, Dipartimento di Scienze economiche e aziendali, Univ. di Sassari prof. Ivan DEMURO, Dipartimento di Scienze economiche e sociali, Univ. Cattolica, sede di Piacenza dott. Fabio MADAU, Dipartimento di Scienze della natura e del territorio, Univ. di Sassari prof. Valentino SANNA, Dipartimento di Scienze giuridiche, Univ. di Sassari prof. Alessio D. SCANO, Dipartimento di Scienze economiche e aziendali, Univ. di Sassari dott. Leonardo SOTGIA, Dipartimento di Scienze economiche e aziendali, Univ. di Sassari La ricerca è stata finanziata col contributo regionale L.R. 15/2010, Art. 16 “Contributo alla Università” – Del. G.R. 52/101 del 23-12-2011. Si ringrazia la Camera di commercio di Sassari per la collaborazione prestata consentendo l’accesso al registro delle imprese per l’estrazione dei dati relativi ai contratti di rete iscritti. 1 ELABORATO FINALE Sommario SEZIONE I – LE RETI DI IMPRESE. PROFILI GENERALI. 1. Le tre forme di contratto di rete.- 2. La rete meramente interna.- 3. La rete con attività esterna dotata di soggettività.- 4. La rete con attività esterna priva di soggettività.- 5. Rappresentanza e responsabilità nella rete-soggetto e nella rete con attività esterna priva di soggettività.- 6. Reti-soggetto, retinon soggetto e “bancabilità”. SEZIONE II – IL CONTRATTO DI RETE QUALE FORMA ASSOCIATIVA IN AGRICOLTURA. L’ESPERIENZA NELLA REGIONE SARDA. 1. Imprese agricole e mercato nella legislazione comunitaria, nazionale, regionale. - 2. Contratti di rete e consorzi come accordi fra imprenditori commerciali o agricoli. Natura e caratteri generali.– 3. Scopo e contenuti del contratto di rete. – 4. Scopo e contenuti dei contratti di reti agricole in Sardegna. SEZIONE III – LA DISCIPLINA SPECIALE DELLE RETI D’IMPRESE NEL SETTORE AGRICOLO. 1.- Specificità della disciplina del contratto di rete in agricoltura.2. Le agevolazioni comuni a tutti i contratti di rete.- 3. Profili di disciplina specifici dei contratti di rete del settore agricolo: i requisiti di forma.- 3.1. segue: il fondo di mutualità.- 3.2. segue: la disapplicazione della legge sui contratti agrari.- 3.3. segue: le 2 agevolazioni di natura lavoristica.- 3.4. segue: le agevolazioni fiscali e finanziarie.- 3.5. segue: le agevolazioni previste dalla normativa UE.- 3.6. segue: l’esenzione dalla disciplina antitrust. SEZIONE IV – LE RETI D’IMPRESE AGRICOLE NELL’ECONOMIA DELLA SARDEGNA. 1.- Le reti di imprese agrarie e agroalimentari in Sardegna.- 2. Le reti di impresa in Italia.- 2. Le reti di impresa agricole in Sardegna.- 3. Le caratteristiche delle reti agricole sarde.- 3.1 segue: reti rivolte a un unico comparto produttivo.- 3.2. segue: reti con imprese afferenti a più comparti produttivi.- 3.3. segue: reti accomunate dalla localizzazione geografica.- 3.4. segue: reti di imprese agro-alimentari.- 4. Prime conclusioni. APPENDICE ALLEGATO 1 - Elenco contratti di rete registrati ALLEGATO 2 - Elenco contratti di rete registrati in Sardegna ALLEGATO 3 - Testi contrattuali delle reti d’imprese registrate in Sardegna ALLEGATO 4 – Risposte alle interviste RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 3 SEZIONE I - LE RETI DI IMPRESE. PROFILI GENERALI 1.- Le tre forme di contratto di rete. La disciplina del contratto di rete è contenuta nell’art. 3 d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, che, fra decreti-legge e leggi di conversione, è stato modificato ben otto volte dopo la sua entrata in vigore, con modifiche che hanno spesso coinvolto non aspetti marginali ma punti qualificanti della disciplina. Evitando ogni commento sulle numerose versioni intermedie e sul modo caotico attraverso il quale si è arrivati a quella che, allo stato attuale, è l’ultima stesura, ci si soffermerà su questa: si tratta, come è ormai chiaro, di una disciplina particolarmente farraginosa e di difficile decifrazione. Il suo livello di tortuosità, del resto, è testimoniato già dalla numerazione delle disposizioni di legge di cui essa si compone, che sono contenute nell’art. 3, co. 4-ter, 4-ter.1, 4-ter.2, 4-quater e 4- quinquies (del d.l. 5/2009). Venendo ai contenuti, preliminarmente occorre capire che cosa è o che cosa può essere un contratto di rete. In proposito, dando per scontate cose che, in realtà, sono il frutto di una attività interpretativa faticosissima e dagli esiti non sempre sicuri, può dirsi che dalla disciplina attualmente vigente parrebbero risultare tre diverse forme di contratto di rete. Più precisamente, possiamo muovere innanzi tutto dalla bipartizione, espressa con terminologia consortile, fra contratti di rete senza attività esterna e contratti di rete con attività esterna: i primi sono quelli i cui effetti si risolvono nel far sorgere una serie di vincoli obbligatori fra le parti, che s’impegnano a collaborare ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni; i secondi quelli destinati a operare con i terzi attraverso l’esercizio 4 in comune di attività rientranti nell’oggetto delle imprese partecipanti. A questo punto, però, la disciplina si fa più complicata, tanto che nemmeno si sa bene come chiamare le due fattispecie di reti con attività esterna che sembra di poter individuare. Dopo l’ultimo intervento legislativo, infatti, il contratto di rete con attività esterna parrebbe poter sfociare in due diverse fattispecie (o subfattispecie) dotate di rilievo reale, entrambe connotate da un regime di autonomia patrimoniale sostanzialmente perfetta e distinte unicamente da ciò che l’una è dotata di soggettività giuridica, l’altra no. La pluralità di forme del contratto di rete è strettamente connessa al regime pubblicitario per esse predisposto, al quale è pertanto direttamente rivolta l’analisi che segue. 2.- La rete meramente interna. Dei contratti di rete meramente interni, a dire il vero, il legislatore avrebbe potuto disinteressarsi dal punto di vista pubblicitario, perché nel registro delle imprese si iscrivono, appunto, le imprese e non i contratti stipulati dagli imprenditori (cfr. Ibba 2014), sia pure con qualche eccezione giustificata dall’emergere dell’interesse a rendere pubbliche determinate operazioni negoziali (si pensi ai contratti di trasferimento dell’azienda e agli accordi di ristrutturazione dei debiti: artt. 2556, 2° co., c.c.; e 182-bis legge fall.). Se, ad esempio, uno o più imprenditori stipulano un contratto di affiliazione commerciale o di associazione in partecipazione o qualunque altro contratto diverso dai due appena ricordati, questi contratti non sono soggetti a pubblicità, ed è giusto che non lo siano: perché dovrebbe portarsi a 5 conoscenza dei terzi, magari concorrenti delle parti, il contenuto di questi accordi? Che sia così è ben dimostrato dalla disciplina pubblicitaria dei consorzi, la quale prevede che si iscrivono i consorzi con attività esterna (art. 2612 c.c.), perché titolari di un’impresa; non si iscrivono, invece, i contratti di consorzio meramente interni, nei quali i consorziati si limitano a prendere accordi riguardanti le loro attività d’impresa. Nel caso dei contratti di rete, invece, la legge obbliga gli aderenti a rendere pubblici i loro accordi. Per quale ragione? Francamente non è del tutto chiaro. Potrebbe ipotizzarsi che si sia voluta realizzare una sorta di anagrafe (più che dei contratti di rete) di coloro che partecipano ai contratti di rete, visti quali possibili destinatari di agevolazioni di vario genere (amministrative, finanziarie, fiscali); o meglio – posto che di anagrafe non pare possa parlarsi, date le modalità attuative della pubblicità, di cui si dirà subito – che si sia voluto rendere facilmente accertabile il pre-requisito per godere di tali agevolazioni costituito, appunto, dall’iscrizione nel registro delle imprese. Ma sono spiegazioni che convincono poco. In astratto, dunque, la pubblicità è del tutto inutile. In concreto, però, è di grande rilevanza giuridica, perché ad essa il legislatore, come vedremo, ha agganciato la produzione degli effetti o di una parte degli effetti del contratto. Si è appena accennato alle modalità attuative della pubblicità. Per i contratti di rete meramente interni è prevista una pluralità di adempimenti pubblicitari (sicché possiamo parlare di pubblicità frammentata o plurima, in contrapposizione alla pubblicità unitaria prevista per la rete-soggetto): tante iscrizioni quanti sono i partecipanti. 6 A dire il vero nessuna norma dice esattamente questo, perché anche sotto questo profilo il legislatore è stato alquanto approssimativo. Infatti: - nell’art. 3, co. 4-ter, terzo cpv., si legge che “ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4- quater” il contratto è “trasmesso ai competenti uffici del registro delle imprese”, ed effettivamente il plurale lascia intendere che gli uffici competenti siano più di uno; ma non è detto che sia così, perché se i partecipanti hanno la sede tutti nella medesima provincia uno solo sarà l’ufficio competente; l’art. 3, co., 4-quater, poi, aggiunge che il contratto “è - soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante”; ma questo comporta che se i partecipanti, come spesso accadrà, sono iscritti tutti nella stessa sezione (essendo tutti imprenditori commerciali o tutti imprenditori agricoli), il contratto dovrà iscriversi in quell’unica sezione. Tuttavia, anche se gli imprenditori partecipanti sono iscritti nella stessa sezione e presso lo stesso ufficio, per la disciplina vigente non è sufficiente una sola iscrizione del contratto di rete: lo si ricava dalla norma che fa decorrere gli effetti contrattuali dall’“ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari” (art. 3, co. 4-quater, primo periodo). Pubblicità plurima o frammentata, dunque; e non può che essere così, perché nel caso dei contratti di rete meramente interni non esiste un ente né un punto di riferimento unitario (con un nome, una sede), ci sono solo tanti imprenditori che hanno 7 stipulato lo stesso contratto. E, se si vuole che questo contratto sia pubblicizzato, occorre necessariamente (imporre) che sia pubblicizzato nella posizione del registro intestata ad ognuno degli imprenditori partecipanti. Questo risultato può essere raggiunto, in relazione alla pubblicità delle modifiche del contratto, attraverso un meccanismo semplificatorio: l’iscrizione è richiesta da uno solo degli imprenditori contraenti, indicato nell’atto modificativo, e l’ufficio del registro che riceve la domanda ne dà comunicazione, per i provvedimenti del caso, agli altri uffici competenti (art. 3, co. 4-quater, secondo e terzo periodo), ovvero – è da ritenere – provvede d’ufficio alle ulteriori iscrizioni in relazione ad altri imprenditori aventi la medesima sede del richiedente. Resta solo da chiedersi perché non si sia attuata la stessa semplificazione procedimentale anche in relazione alle iscrizioni originarie del contratto di rete. Passando ora al rapporto fra pubblicità ed effetti del contratto di rete, può constatarsi subito che anche a questo riguardo i problemi interpretativi non mancano. Secondo il già ricordato art. 3, co. 4- quater, primo periodo, infatti, “l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte”. A rigore, dunque, parrebbe doversi parlare di una pubblicità costitutiva in senso pieno, tale cioè condizionare integralmente l’efficacia del contratto; e non manca chi conclude che, appunto, “prima dell’iscrizione il contratto produce solo obblighi preliminari tra le parti, vale a dire l’obbligo di collaborare alla realizzazione degli adempimenti necessari affinché l’accordo divenga pienamente efficace” (Campobasso). 8 A ben vedere, però, sarebbe del tutto anomalo che gli effetti negoziali di un contratto fossero subordinati ex lege al perfezionamento degli adempimenti pubblicitari (e v. Sciuto 2012). E’ pacifico, del resto, che ciò non accada in relazione ai contratti di trasferimento dell’azienda, e la medesima soluzione può ritenersi consolidata a proposito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, riguardo ai quali la formula di legge (“l’accordo […] acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione”: art. 182-bis cit., 2° co.) è molto vicina a quella di cui discutiamo. Nel sistema della pubblicità d’impresa, infatti, si ricorre a meccanismi pubblicitari di tipo costitutivo quando quelli della pubblicità dichiarativa considerazione del non risulterebbero coinvolgimento degli appropriati, interessi di in una generalità di soggetti e di esigenze di uniformità di disciplina nei confronti di qualunque terzo. In particolare, la costitutività – e dunque l’essenzialità – dell’iscrizione si giustifica là dove a un determinato atto si connettano effetti di rilievo reale, con la produzione di fenomeni di autonomia o separazione patrimoniale e l’attivazione di regimi di responsabilità speciali rispetto alla regola generale codificata all’art. 2740 c.c. (da ultimo Ibba 2014). Nulla di tutto questo accade nel caso dei contratti di rete meramente interni, sicché davvero non si vede per quale ragione la loro efficacia inter partes dovrebbe essere subordinata all’attuazione della pubblicità, tanto più che si tratta di contratti di collaborazione fra imprenditori che venivano normalmente conclusi anche prima dell’entrata in vigore del d.l. 5/2009 e dell’introduzione degli adempimenti pubblicitari di cui parliamo. La sensazione, insomma, è che l’enunciato in esame dica più di quel che si voleva dire. L’interprete, allora, può seguire due 9 strade: o arrendersi all’incongruenza della disposizione oppure – e questa seconda possibilità appare la più corretta – proporne una interpretazione correttiva, in base alla quale il perfezionamento della pubblicità (più esattamente: dell’ultimo degli adempimenti pubblicitari richiesti) condiziona non già l’efficacia negoziale dell’accordo bensì la possibilità che i suoi firmatari fruiscano, in presenza degli altri presupposti di legge, delle agevolazioni eventualmente previste. Si tratta, per intenderci, di una “correzione” analoga (non solo a quella ricordata sopra in relazione all’art. 182- bis, 2° co., legge fall., ma altresì) a quella consolidatasi a proposito dell’art. 8, 5° co., l. 8 agosto 1985, n. 443, dalla cui formulazione (“l’iscrizione è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane”) l’interpretazione corrente ricava che l’iscrizione è costitutiva ai fini della concessione delle agevolazioni ma non ad altri fini. Così circoscritti gli effetti costituivi della pubblicità, c’è da chiedersi quale sia il regime di quelli dichiarativi. Bisogna ricordare che, in base ai principi generali, l’iscrizione nella sezione ordinaria ha efficacia dichiarativa, mentre lo stesso non (sempre) può dirsi per l’iscrizione nelle sezioni speciali. Conseguentemente, se l’art. 3, co. 4-quater, sopra riportato, regolasse tutti gli effetti pubblicitari nei confronti dei terzi (come ritiene Marasà), e dunque anche gli effetti dichiarativi, il suo significato sarebbe doppiamente derogatorio, perché riconoscerebbe l’effetto dell’opponibilità ai terzi anche là dove esso non si produrrebbe in base alle regole generali (così, ad esempio, ne fruirebbero – limitatamente al contenuto del contratto di rete – anche i piccoli imprenditori non agricoli e le società semplici non agricole, che per regola generale non ne 10 fruiscono), e lo riconoscerebbe, anziché per ciascun partecipante dal momento della sua iscrizione, come discenderebbe dall’art. 2193 c.c., per tutti dal momento dell’ultima delle iscrizioni. La sensazione è, però, che la norma non implichi tutte queste conseguenze: se è esatto quel che si è detto prima, essa vuole unicamente condizionare alla pubblicità la fruizione delle agevolazioni eventualmente derivanti dalla partecipazione a un contratto di rete. L’efficacia dichiarativa, in questa prospettiva, è fuori dal suo campo di applicazione. Essa dunque ci sarà o non ci sarà secondo le regole generali: ci sarà automaticamente per chi è iscritto nella sezione ordinaria, non invece per chi è iscritto in una sezione speciale, nel qual caso gli effetti dipenderanno anche dalla qualifica di chi esegue l’iscrizione (saranno dichiarativi, in particolare, per gli imprenditori e le società semplici con oggetto agricolo e non per i piccoli imprenditori e le società con oggetto non agricolo: art. 2 d. leg. 18 maggio 2001, n. 228). E sempre dalle regole generali, in questa prospettiva, dipenderà la decorrenza degli effetti dichiarativi: quando vi siano essi decorreranno, ai sensi dell’art. 2193, “dal momento dell’iscrizione” del soggetto che intende opporre ai terzi, qualora ciò sia rilevante, la sua partecipazione al contratto di rete. Del resto, frammentata la pubblicità, non può stupire che siano frammentati, e dunque eventualmente diversificati, anche gli effetti e la loro disciplina. 3.- La rete con attività esterna dotata di soggettività. L’art. 3, co. 4-quater, stabilisce fra l’altro che, “se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nella sezione 11 ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica”. Questa iscrizione, dunque, è testualmente prevista come facoltativa; e che sia così è confermato dall’art. 3, co. 4- ter, primo capoverso, ultimo periodo, ove si legge che “il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte”. Evitando di soffermarci sulla trascuratezza del linguaggio legislativo (anche se l’idea di un contratto che può diventare soggetto giuridico è abbastanza curiosa), ci si limita a segnalare (con Sciuto 2012) l’anomalia rappresentata dalla facoltatività dell’acquisto della soggettività, rimesso alla volontà degli interessati e attuato (previa adozione della forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, punto su cui tornerò più avanti) tramite una pubblicità pur essa facoltativa. Alcune puntualizzazioni sui profili strettamente pubblicitari. La prima è che l’iscrizione, quando le parti la richiedono, deve avvenire sempre nella sezione ordinaria, a prescindere dalla natura dell’attività svolta e dunque anche se questa è agricola (Campobasso, Serra). Ciò tuttavia non deve stupire, perché lo stesso accade per le società (art. 2200 c.c.) e, deve ritenersi, per i consorzi con attività esterna (art. 2612 c.c.; in senso contrario, incidentalmente ed erroneamente, App. l’Aquila 20 aprile 2012, in www.dejure.it, il cui caso di specie concerneva una società consortile con oggetto agricolo). La seconda è che tale iscrizione – deve ancora ritenersi – è sostitutiva e non aggiuntiva rispetto alle iscrizioni di cui si compone la pubblicità frammentata (così anche Marasà, Maltoni e Serra; diversamente Campobasso); 12 se fossero richieste entrambe ci troveremmo di fronte ad una ulteriore anomalia, come se, in una società di persone o in un consorzio esterno, oltre all’iscrizione richiedessero dell’ente-società analoghi adempimenti o dell’ente-consorzio pubblicitari relativi si ad ognuno dei soci o dei consorziati. Quanto precede comporta che: - se per la rete l’acquisto della soggettività è voluto dalle parti ab origine, l’iscrizione avverrà secondo la regola appena richiamata, con conseguente effetto costitutivo da un lato della soggettività e dell’autonomia patrimoniale perfetta cui ho accennato sopra, dall’altro della legittimazione a godere delle agevolazioni eventualmente spettanti, nonché con i consueti effetti dichiarativi discendenti dall’art. 2193 c.c.; - se invece la rete nasce come contratto meramente interno (o comunque non come soggetto giuridico), e successivamente le parti intendono esercitare la facoltà di acquisto della soggettività, la relativa decisione dovrà certamente essere iscritta nella sezione ordinaria secondo quanto appena detto, ma altresì, è da ritenere, nella posizione del registro intestata a ciascuna delle imprese partecipanti, trattandosi dell’atto che segnala ai terzi la modifica del regime patrimoniale e, con esso, di quello pubblicitario, facendo cessare, da quel momento in poi, l’obbligo della pubblicità frammentata (conforme Maltoni). Completa il regime pubblicitario la norma che prevede la redazione e il deposito presso l’ufficio del registro delle imprese in cui la rete ha sede, entro due mesi dalla chiusura di ogni esercizio, di una situazione patrimoniale redatta osservando, in quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio di esercizio 13 delle società per azioni (art. 3, co. 4- ter, secondo capoverso, n. 3). Nulla è detto, invece, in ordine agli obblighi pubblicitari inerenti lo scioglimento e la liquidazione delle reti-soggetto (per la quale dovrebbe passare anche la “transizione” da retesoggetto a rete meramente contrattuale: cfr. Serra e Maltoni), pur essendo ragionevole ipotizzare la necessità quanto meno di un adempimento pubblicitario speculare rispetto a quello necessario nel momento genetico, che produca (o concorra a produrre), cioè, un effetto costitutivo-estintivo della soggettività (ciò per le ragioni approfondite in Ibba 2014 e, più diffusamente, in Ibba 2012). 4.- La rete con attività esterna priva di soggettività. Come abbiamo già visto, “il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte” (art. 3, co. 4- ter, primo capoverso, ultimo periodo). L’ipotesi di cui dobbiamo ora occuparci è dunque quella in cui i contraenti, pur dando vita a una rete non meramente interna, non esercitino la facoltà, loro accordata, di optare per il modello dotato di soggettività. Parliamo dunque, anche in questo caso, di una rete destinata a operare con i terzi tramite un organo comune e dotata di un fondo patrimoniale comune, nonché – secondo quanto prescritto dall’art. 3, co. 4-ter, terzo capoverso, lett. a – di una denominazione e di una sede. E parliamo, anche in questo caso, di una rete al cui fondo patrimoniale “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma” c.c. (art. 3, co. 14 4-ter, secondo capoverso, n. 2), sicché, in particolare, ai creditori personali dei partecipanti è inibita l’azione nei confronti del fondo comune; mentre, “in ogni caso, per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune” (così ancora l’art. 3, co. 4-ter, secondo capoverso, n. 2). Si tratta pertanto di una rete il cui regime patrimoniale coincide con quello della rete-soggetto (pur essa regolata dalle previsioni dell’art. 3, co. 4-ter, secondo capoverso, n. 2, appena riportate) ma che tuttavia, come si è visto, non sottoponendosi alla pubblicità unitaria di cui abbiamo parlato nel § precedente, non acquista la soggettività, avendo peraltro già conseguito il risultato dell’autonomia patrimoniale perfetta. La singolarità di tutto questo è abbastanza evidente, se si ha presente l’orientamento complessivo del sistema in ordine al riconoscimento della soggettività ed al rapporto fra pubblicità e autonomia patrimoniale; per non parlare dell’inedita e ancor più singolare facoltà di auto-esonero dal fallimento che di fatto ne deriverebbe, se fosse vero che la rete-non soggetto – diversamente da quella dotata di soggettività – deve ritenersi non fallibile (come ritiene Sciuto 2012; e v. anche Sciuto 2014). Facciamo ad esempio il confronto con il caso delle società di persone iscritte e non iscritte (regolari e irregolari): per esse l’iscrizione è sempre obbligatoria e incide sul grado di autonomia patrimoniale, sicché la non iscrizione è penalizzante per la società e per i soci (fa eccezione la società semplice, il cui regime risente ancora della sottrazione al sistema pubblicitario per essa originariamente prevista), tuttavia la soggettività – secondo una ricostruzione ormai da tempo consolidata – non viene messa in dubbio nemmeno per le società non iscritte. Nel nostro caso 15 invece l’iscrizione, come si è visto, è facoltativa e non incide sull’autonomia patrimoniale, che è sempre presente nel suo grado massimo; a mancare sarebbe invece la soggettività giuridica, il cui contenuto normativo si rivela però, a questo punto, a dir poco sfuggente. Ma – c’è da chiedersi – l’“essere (o non essere) soggetto” dipende da formule sacramentali adoperate (o non adoperate) dalla connotazione normativa di una dal legislatore oppure determinata fattispecie? Per convincimento comune un espresso riconoscimento legislativo della soggettività non è reputato necessario ai fini della “entificazione”: sono soggetti giuridici, pur mancando tale riconoscimento, le società di persone (si ripete: iscritte o non iscritte), le associazioni non riconosciute, i consorzi con attività esterna, e via dicendo. E’ vero, infatti, che parliamo di una qualificazione giuridica, ma essa può ben desumersi dal riconoscimento – ricavabile per via interpretativa – degli attributi che si ritengano essenziali a quella qualificazione. E va ricordato che quando – prima dell’introduzione della norma sull’acquisto della soggettività da parte delle reti (oggetto di più ripensamenti fra l’estate e l’autunno del 2012: cfr. l’art. 1, 1° co., l. 7 agosto 2012, n. 134; l’art. 36, 4° co. d.l. 18 ottobre 2012, n. 179; e l’art. 1, 1° co., l. 17 dicembre 2012, n. 221) – ci si chiedeva se la rete fosse o no qualificabile come soggetto giuridico, chi rispondeva negativamente argomentava in larga misura dalla mancanza di prescrizioni che imponessero l’indicazione del nome e della sede (cfr. Sciuto 2012); prescrizioni che viceversa ora ci sono, sicché appunto la sedicente rete-non soggetto, oltre a poter contare su 16 un patrimonio comune, ha un proprio nome e una propria sede, distinti da quelli dei partecipanti! Certo, nel nostro caso – diversamente da quel che accade per società di persone, associazioni non riconosciute, consorzi con attività esterna – non solo la legge non riconosce espressamente la soggettività ma espressamente la nega, in assenza della pubblicità unitaria (art. 3, co. 4-ter, primo capoverso, ultimo periodo, riportato in apertura di questo §). Ma qual è il valore di questa negazione sul piano normativo? Ci si riferisce, naturalmente, a un valore che vada al di là della convenienza di negare l’alterità della rete rispetto ai partecipanti per evitare che i benefici fiscali vengano sanzionati come aiuti di Stato (perché questa parrebbe la ragione alla base del guazzabuglio normativo, come spiega da ultimo Marasà); c’è da comprendere, insomma, se e in che cosa la disciplina dell’agire della rete-non soggetto si differenzi da quella propria della rete-soggetto. 5.- Rappresentanza e responsabilità nella rete-soggetto e nella rete con attività esterna priva di soggettività. Una valenza normativa minima sembrerebbe ravvisabile nella disciplina della rappresentanza: l’art. 3, co. 4- ter, terzo capoverso, lett. e, prevede in effetti, peraltro in relazione solo ad alcuni rapporti e – riserva di non poco conto dalla quale peraltro evito di argomentare – “salvo che sia diversamente disposto” nel contratto, che “l’organo comune agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori… partecipanti”. Non è ben chiaro, però, come questa disposizione possa conciliarsi con quelle, già ricordate, che delineano il regime patrimoniale della rete priva di soggettività; come funzionino 17 insomma, nel caso delle reti-non soggetto, i meccanismi di imputazione degli atti compiuti dall’organo comune e dei loro effetti. In particolare c’è da chiedersi: a) se l’organo comune spende il nome degli imprenditori, non ingenera nei terzi il legittimo affidamento che gli effetti degli atti così compiuti siano imputati ai patrimoni degli imprenditori stessi? Com’è possibile allora che delle obbligazioni così assunte risponda il (solo) fondo comune? Oppure la limitazione di responsabilità opera solo se nell’attività negoziale viene speso il nome della rete? In realtà sembrerebbe di no, sia per via del riferimento all’agire “in rappresentanza degli imprenditori” (art. 3, co. 4-ter, terzo capoverso, lett. e, cit.), sia perché ai fini della localizzazione della responsabilità sul fondo comune la legge richiede solo che si tratti di obbligazioni contratte dall’organo comune “in relazione al programma di rete” (art. 3, co. 4-ter, secondo capoverso, n. 2, cit., che non esige, dunque, la “menzione del vincolo di destinazione” necessaria, ad esempio, per l’imputazione degli atti ai patrimoni destinati di società per azioni: art. 2447-quinquies, ult. co., c.c.); b) in capo a chi si producono gli acquisti degli atti conclusi in rappresentanza degli imprenditori partecipanti? I normali criteri d’imputazione indurrebbero a configurare una situazione di contitolarità fra gli imprenditori il cui nome è stato speso nella contrattazione; ma, se è così, si realizza una dissociazione tra gli effetti attivi, di cui beneficiano i partecipanti, e gli effetti passivi, di cui risponde solo il fondo (dissociazione tratteggiata con preoccupazione da Marasà): è proprio questo il risultato voluto dalla legge? 18 Insomma, l’alternativa fra “essere o non essere” soggetto non pone forse agli interessati un dubbio amletico (come dimostra il basso numero di reti-soggetto, spiegabile con il più favorevole trattamento delle reti prive di soggettività); molti dubbi suscita invece, negli interpreti, la disciplina delle reti con attività esterna ma non soggettivizzate. Tornando al regime pubblicitario, bisogna aggiungere che queste reti vanno incontro alla medesima pubblicità prevista per quelle meramente interne (ossia quella plurima o frammentata), dal momento che la loro eventuale iscrizione unitaria come “rete” determinerebbe – per effetto delle norme già esaminate – l’acquisto della soggettività. Viceversa, a nostro avviso, la logica avrebbe suggerito la soluzione opposta, ossia la previsione di una pubblicità unitaria, trattandosi di pubblicizzare non la partecipazione degli imprenditori x, y e z a un contratto, ma la venuta ad esistenza della rete come patrimonio aziendale separato (da quelli degli imprenditori partecipanti), per di più provvisto di una denominazione e di una sede e retto da un regime di autonomia patrimoniale perfetta. Quanto la soluzione accolta sia innaturale è testimoniato dalla disciplina della situazione patrimoniale annuale della rete-non soggetto. La legge, infatti, ne prescrive il deposito presso l’ufficio del registro delle imprese “del luogo ove ha sede” la rete (art. 3, co. 4-ter, secondo capoverso, n. 3), ma presso quel luogo la retenon soggetto non è detto che risulti iscritta, dovendo essere iscritta nei luoghi in cui hanno sede le imprese partecipanti, e in ogni caso – anche se lo fosse – non vi sarebbe nel registro una posizione intestata alla rete. Il legislatore, insomma, ha prescritto per la situazione patrimoniale una pubblicità unitaria senza 19 accorgersi che, non avendola prevista in via generale per la rete, essa risulta inattuabile; nell’attuale situazione normativa, l’unico modo per realizzare la pubblicità della situazione patrimoniale sarebbe quello di effettuare tanti depositi quante sono le imprese partecipanti (e v. Marasà), cosa che peraltro non è prevista dalla legge. Ancora: la limitazione di responsabilità viene accordata ai partecipanti alle reti non soggettivizzate senza che vi sia una specifica pubblicità a ciò deputata: l’effetto costitutivo della separazione patrimoniale (con limitazione al fondo della responsabilità per le obbligazioni assunte) è prodotto, infatti, dai medesimi adempimenti pubblicitari cui sono sottoposti i contratti di rete senza attività esterna. Ancor più anomalo, poi, è che la limitazione di responsabilità sia accordata senza nemmeno richiedere il previo controllo di legalità e autenticità del contratto. L’art. 3, co. 4- ter, terzo capoverso, al riguardo, si accontenta dell’atto con firma digitale semplice (la norma rinvia infatti, alternativamente, agli artt. 24 o 25 del codice dell’amministrazione digitale), diversamente da quel che accade là dove la rete intenda acquistare la soggettività (nel qual caso l’art. 3, co. 4-quater, ultimo periodo, rinviando al solo art. 25 del citato codice, richiede che la eventuale firma digitale sia autenticata); previsione che non solo evidenzia una diversità di trattamento, rispetto alle reti-soggetto, di cui davvero non si scorge alcuna ragione, ma che salvo errori costituisce un unicum nel nostro ordinamento. In conclusione, si scorgono più ombre che luci in questa forma ibrida di rete non soggettivizzata, che ha un nome ma non lo adopera, una sede ma non può servirsene; sicché, insomma, il suo trattamento – e non si allude solo a quello pubblicitario – 20 andrebbe ripensato e reso più congruo e più coerente con alcuni generali principi civilistici, anche perché il prezzo delle incongruità e delle incoerenze rischiano di pagarlo i terzi, che il più delle volte sono imprenditori esattamente come quelli che fanno parte della rete. 6.- Reti-soggetto, reti-non soggetto e “bancabilità”. Pur con tutte le incertezze sopra evidenziate, il contratto di rete rappresenta senza dubbio uno strumento giuridico attraverso il quale gli aderenti possono perseguire lo sviluppo e la crescita della propria attività d’impresa. È probabile che per raggiungere gli obiettivi prefissati con il contratto di patrimoniale rete, dello non stesso, essendo si sufficiente debba ricorrere la a dotazione forme di finanziamento esterno, incluso quello bancario. In proposito, è opportuno segnalare le problematiche che potrebbero sorgere nei rapporti con gli istituti di credito anche in merito all’attribuzione del rating e quindi alla meritevolezza creditizia del soggetto da finanziare. Un primo aspetto da considerare è rappresentato proprio dall’individuazione del soggetto da finanziare. Dovendo questo essere dotato di una soggettività giuridica che consenta la sottoscrizione e l’imputazione degli effetti del contratto di finanziamento, non parrebbero essere astrattamente finanziabili né la rete di imprese meramente interna, né quella esterna priva di soggettività giuridica, in quanto tali. De residuo, quindi, è da ritenere che possano essere parti di un contratto di finanziamento solo le reti iscritte nel registro delle imprese ai sensi del già citato art. 3, co. 4- quater, in quanto solo queste – il cui numero è peraltro assai esiguo – hanno la soggettività giuridica che ne consente la spendibilità del nome. 21 L’individuazione della tipologia di rete non risolve però i dubbi e i problemi inerenti la sua finanziabilità, in quanto questa presuppone l’attribuzione alla stessa di un rating che consenta una classificazione, su scala ordinale, relativa alla capacità della rete di onorare le obbligazioni assunte contrattualmente. Per fare ciò, com’è noto, nella prassi si valuta, secondo dei parametri prestabiliti, la situazione economico-finanziaria del soggetto da finanziare. A tale valutazione, che ha mostrato alcuni limiti, con sempre maggior frequenza si aggiungono una ricerca e una valutazione di indici qualitativi ricavabili dalla struttura organizzativa del soggetto da finanziare nonché dal business plan che, tra le altre cose, dovrebbe illustrare e spiegare le modalità e le tempistiche attraverso le quali saranno generati i flussi finanziari necessari per rimborsare il finanziamento. Ora, pare evidente che l’attribuzione del rating al contratto di rete non sia semplice, dal momento che gli elementi posti alla base dell’attribuzione della meritevolezza creditizia (situazione economico-finanziario, assetti organizzativi, business plan) potrebbero non trovare adeguato e documentato riscontro nella “struttura” del contratto, largamente lasciata all’autonomia privata. Questa oggettiva constatazione porta a ritenere non agevole una valutazione in termini di affidabilità del contratto di rete. Le già evidenziate difficoltà, anche teorico-pratiche, nel ricostruire la natura e la disciplina del contratto di rete si scontrano finanziatrici, con le che esigenze di sposteranno “certezze” l’attenzione delle banche (nonché il finanziamento) dal contratto di rete alle parti dello stesso, vale a dire i singoli imprenditori, già valutati e in ogni caso valutabili secondo procedure standardizzate e utilizzate nella prassi 22 quotidiana, procedure che dovrebbero essere modificate e adattate se indirizzate all’aggregazione soggettivizzata. Queste oggettive difficoltà portano a ritenere che, salvo rare e peculiari ipotesi, il sistema creditizio “sposterà” il finanziamento dal contratto di rete alle parti dello stesso, superando anche l’eventuale intestazione formale alla rete attraverso sostanziali garanzie da richiedere alle singole parti. Di regola, dunque, il finanziamento e l’attribuzione del rating saranno riferibili alle singole imprese partecipanti alla rete. Da ciò discende che, anche ai fini dell’attribuzione del rating, sarà necessario valutare se tale partecipazione costituisca un elemento positivo, in sé da apprezzare ai fini del rating stesso, oppure rappresenti un ulteriore rischio non adeguatamente gestito dall’impresa che chiede il finanziamento; rischio che, in tal caso, inciderà negativamente sull’affidabilità della stessa. È evidente che in entrambi i casi le analisi strumentali all’attribuzione del rating dovranno essere incentrate sugli aspetti qualitativi del contratto di rete e sugli effetti che l’aggregazione potrebbe determinare sul soggetto da finanziare. Sarà necessario quindi analizzare e valutare sia gli obiettivi perseguiti con l’adesione alla rete di impresa, sia la struttura organizzativa interna (rectius: organo comune). Ciò, dovendosi attribuire il rating alla singola impresa, dovrà essere effettuato in relazione alla specifica attività della singola impresa nonché in considerazione di quanto essa possa essere valorizzata o, eventualmente, danneggiata dalla partecipazione alla rete di imprese. La valutazione, quindi, è sull’impresa (anche) in relazione alla sua partecipazione al contratto di rete. Quest’ultimo, pertanto, potrebbe condizionare il rating, con effetti positivi 23 qualora sia in grado (come auspicabilmente dovrebbe essere) di generare dei vantaggi competitivi per gli aderenti. Nel silenzio legislativo, o meglio nell’incentivo all’autonomia privata (esaltata in termini di “flessibilità”), di particolare rilievo saranno trascurare l’adeguatezza le regole del fondo organizzative, patrimoniale senza comune strumentale a perseguire il programma della rete di imprese. Il programma della rete è di particolare importanza in quanto rappresenta gli obiettivi e le finalità poste alla base dell’aggregazione e proprio per questo dovrà essere valutato in termini di: (i) sostenibilità anche in relazione ai possibili sviluppi; (ii) settore produttivo nel quale esso si inserisce; ( iii) compatibilità rispetto al modello di business delle imprese aderenti (e non solo di quella che richiede il finanziamento). È evidente, quindi, che la rilevanza complessiva del programma di rete non sarà rappresentata dalla semplice sommatoria delle singole imprese ma discenderà dall’effettivo accrescimento sulle stesse, in termini di capacità innovativa e competitiva, derivante dalla partecipazione alla rete di imprese. In termini tanto positivi quanto negativi, l’elemento determinante sarà rappresentato dalla “imprenditorialità” e dalla fattibilità del progetto posto alla base dell’aggregazione. L’aspetto programmatico e di fattibilità, peraltro, è necessario ma non sufficiente, in quanto non si potrà prescindere dalle modalità organizzative attraverso le quali si proceda alla realizzabilità del programma di rete e alle ricadute, anche in termini di impegni non solo finanziari, sui singoli partecipanti. Un contratto di rete ben “strutturato” potrebbe condurre ad una valutazione positiva in termini di rating qualora sia consentito rilevare il valore aggiunto che l’aggregazione genera a 24 favore del soggetto richiedente il finanziamento nonché, più in generale, della rete. Non è tuttavia da escludere che la partecipazione ad un contratto di rete possa, sulla singola impresa, generare una conseguenza negativa (downgrade), e ciò anche a prescindere dall’(in)adeguatezza patrimoniale e organizzativa del contratto di rete. Si potrebbe infatti avere un contratto di rete ben “strutturato”, e che proprio per questo consente una valutazione oggettiva, dalla quale emerga l’assenza di un valore aggiunto per la singola impresa per la quale, eventualmente, il programma di rete potrebbe essere (anche solo nel concreto) inadeguato. L’impossibilità di procedere ad una valutazione quale conseguenza dell’inadeguatezza (anche solo organizzativa) del contratto di rete, d’altro canto, può avere delle conseguenze negative in termini di rating, dal momento che qualora dall’aggregazione possa discendere un valore aggiunto ma questo non emerga oggettivamente e quindi non sia valutabile, si determinerà, di conseguenza, un maggior rischio in termini di affidabilità. Da quanto evidenziato emerge che se da un lato il contratto di rete potrebbe non essere un soggetto (direttamente) finanziabile – e non ci si riferisce (solo) ai casi in cui della soggettività giuridica sia privo –, è innegabile che lo stesso possa e debba essere utilizzato per l’attribuzione del rating alle singole imprese partecipanti. Il programma di rete e la sua coerenza con le attività delle imprese partecipanti, l’adeguatezza patrimoniale e organizzativa, la scelta a favore dell’iscrizione unitaria nel registro delle imprese rappresentano senza dubbio degli elementi da considerare anche 25 per le conseguenze che potrebbero avere sul rating dei singoli partecipanti. Calando tutto ciò sulle reti di imprese agricole, e quindi sugli imprenditori aderenti, si può ritenere che la partecipazione all’aggregazione – vale a dire la partecipazione ad un’organizzazione strutturata con la dichiarazione degli obiettivi perseguiti e dei vantaggi che potrebbero discenderne – potrebbe contribuire a risolvere i problemi per l’attribuzione di un rating agli imprenditori agricoli, che solitamente operano quali “monadi” senza strutture organizzative adeguate. La rete di imprese, anche alla luce del “sistema di relazioni” che si genera tra imprese partecipanti, potrebbe dare all’imprenditore agricolo, dunque, l’ulteriore vantaggio (probabilmente, non sempre adeguatamente considerato) di contribuire ad una valutazione qualitativa dell’attività strumentalmente alla finanziabilità della stessa. SEZIONE II – IL AGRICOLTURA. 1. CONTRATTO DI RETE QUALE FORMA ASSOCIATIVA IN L’ESPERIENZA Imprese NELLA agricole e REGIONE SARDA mercato nella legislazione comunitaria, nazionale, regionale. E’ noto che sia il legislatore comunitario che il legislatore nazionale e regionale hanno tentato, nel tempo, di replicare ad una endemica difficoltà delle imprese agricole a posizionarsi sul mercato. Per il primo aspetto, l’esplicito riconoscimento della fattispecie, di matrice comunitaria, dell’imprenditore agricolo a titolo principale (i.a.t.p.), disciplinata per la prima volta nella direttiva CEE, del Consiglio, 17 aprile 1972, n. 159, relativa al miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie (poi sostituita 26 dapprima dal regolamento del Consiglio n. 797/1985, del 12 marzo 1985, che confermò quali destinatarie della politica comunitaria di aiuti agli investimenti nel settore agricolo le aziende il cui imprenditore esercitasse l’attività a titolo principale, rinviando agli Stati membri per la definizione della nozione; poi dal regolamento n. 2328/1991, del 15 luglio 1991, e dal regolamento n. 950/97, del 20 maggio 1997, entro il quale il Consiglio, in considerazione delle reiterate modifiche, rifuse la normativa originaria), in esecuzione dell’art. 39 del Trattato CEE (poi divenuto art. 33 Trattato TCE), e quindi in linea con i principi del Trattato in tema di politiche agricole, prevedeva una serie di misure a supporto sia del piccolo imprenditore agricolo-persona fisica, e in particolare del coltivatore diretto, sia anche delle società agricole. Con il Regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, del 7 maggio 1999, l’imprenditore agricolo a titolo principale-i.a.t.p. viene soppiantato dall’imprenditore agricolo professionale-i.a.p., ossia colui che, se in possesso delle specifiche conoscenze e competenze professionali richieste dall’art. 5 del regolamento comunitario, può accedere a diverse forme di contribuzione a fondo perduto e agevolazioni fiscali e contributive. Anche in tal caso, il legislatore comunitario consente agli Stati membri di prevedere l’utilizzo di tutte le forme societarie capitalistiche, anche a scopo consortile, e della cooperativa. Sul versante del diritto interno, la nozione comunitaria di imprenditore agricolo a titolo principale venne recepita con la l. 9 maggio 1975, n. 153, i cui artt. 12 e 13 introdussero, rispettivamente, la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale-persona fisica e la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale-persona giuridica, o comunque ente collettivo. 27 In materia di agevolazioni al settore agricolo, la l. 15 dicembre 1998, n. 441, recante norme per la diffusione e la valorizzazione dell’imprenditorialità giovanile in agricoltura, all’art. 2, lett. e), dispose (non senza creare problemi di coordinamento con la normativa comunitaria) che possono essere destinatarie degli aiuti e delle agevolazioni previste per l’imprenditorialità agricola giovanile anche le società di capitali aventi all’oggetto sociale la conduzione di aziende agricole, ove i conferimenti dei giovani agricoltori costituiscano più del 50 % del capitale sociale e gli organi di amministrazione della società siano costituiti in maggioranza da giovani agricoltori. Quanto alla legislazione regionale, l’art. 15 l. r.a.s. 23 marzo 1979, n. 19, recante provvedimenti per la ristrutturazione e lo sviluppo dell’agricoltura sarda, definiva imprenditore agricolo a titolo principale colui che dedichi all’attività agricola non meno di due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo, e ricavi dall’attività non meno di due terzi del proprio reddito globale da lavoro. Ai sensi dell’art. 21 di questa stessa legge, le cooperative agricole e le associazioni di imprenditori agricoli costituite ai sensi della legislazione vigente possono altrimenti godere delle provvidenze previste dalla legge “sempreché ciascun socio ritragga dall’attività agricola almeno il 50 per cento del proprio reddito ed impieghi nell’attività aziendale ed in quella associata almeno il 50 per cento del proprio tempo di lavoro”. L’articolo veniva però abrogato, insieme all’intero Titolo IV della legge, dall’art. 14, comma 1°, l. r.a.s. 27 agosto 1992, n. 17. Posto, dunque, che quest’ultima legge non conteneva una nozione autonoma di imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’art. 2, comma 2°, d.m. 12 settembre 1985, trovava applicazione l’art. 13 della citata l. n. 153/75. 28 La legge 27 agosto 1992, n. 17, prevedette, poi, l’istituzione dell’albo degli imprenditori agricoli a titolo principale, precisando che i criteri per la gestione di detto albo sarebbero stati determinati dalla giunta regionale in ottemperanza alle prescrizioni del regolamento n. 2328/91. L’opera legislativa di modernizzazione del settore si completò, poi, con la legge delega 5 marzo 2001, n. 57, recante “disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”, e il d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228, dedicato all’orientamento e modernizzazione del settore agricolo, che nel modificare l’art. 2135 del codice civile introdusse obiettivi di modernizzazione e diffusione dell’innovazione tecnologica, nonché di integrazione dell’attività agricola con altre attività (cosiddetta agricoltura multifunzionale). Con il d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99, successivamente modificato dal d. lgs. 15 giugno 2005, n. 101, è stata, infine, introdotta, in esecuzione del già citato Regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, del 7 maggio 1999, la figura dell’imprenditore agricolo professionale, che soppiantò, come si è detto, l’imprenditore agricolo a titolo principale. La parabola degli interventi a sostegno dello sviluppo dell’imprenditoria agricola è, dunque, lunga, complessa e articolata, e un ruolo di primo piano è stato assolto dal legislatore regionale, cui compete – fermi i principi generali dettati dal legislatore comunitario – la definizione delle singole fattispecie oggetto di regolazione (così, ad esempio, la definizione dapprima dell’ i.a.t.p., poi dello i.a.p.). Anche la rete si inserisce a pieno titolo in questa parabola. La definizione di contratto di rete e la relativa disciplina promanano, come è noto, dall’art. 3, commi 4- ter ss. d.l. l0 29 febbraio 2009 n. 5, convertito in l. 9 aprile 2009, n. 33, poi modificata e integrata dalla l. 23 luglio 1999, n. 99; dal d.l. 1° luglio 2010, n. 78, convertito con modificazioni in l. 30 luglio 2010, n. 122, a sua volta modificato e integrato con d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni in l. 7 agosto 2012, n. 134; dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni in l. 17 dicembre 2012, n. 221. 2. Contratti di rete e consorzi come accordi fra imprenditori commerciali o agricoli. Natura e caratteri generali. Sulla natura del contratto la dottrina si divide tra chi ritiene che esso si avvicini al consorzio, e in particolare al consorzio con attività esterna, potendo integrare con la disciplina codicistica di quest’ultimo le molte lacune lasciate dal legislatore (Serra); chi ritiene che la rete sia, cioè esattamente s’identifichi, con un consorzio con attività esterna (Corapi); chi ritiene sia un contratto nuovo e tipico (Mosco, Russo); e chi ritiene sia una figura transtipica, che, come tale, coniuga alcuni aspetti della disciplina generale dei contratti insieme a taluni singoli elementi di contratti tipici preesistenti al fine di assecondare, di volta in volta, l’intento negoziale delle parti (Cafaggi, Calisai, Iamiceli, Santagata, Villa). Altri ancora negano alla disciplina del contratto di rete qualunque valenza definitoria e classificatoria dal punto di vista civilistico e ritengono che esso si esaurisca in un corpo di norme di favore atte a consentire, nel rispetto di alcuni requisiti strutturali, l’applicazione di certe agevolazioni tributarie e previdenziali; norme di favore che potrebbero, dunque, coniugarsi con qualunque contratto associativo preesistente (Spada, Maltoni). 30 Altri, infine, ne valorizzano la valenza non solo aggregativa ma anche di coordinamento ed evidenziano la forte contiguità tra la rete e il gruppo societario paritetico: come quest’ultimo, la rete ha un’origine negoziale e si connota per mirare a una distribuzione uniforme su tutti gli aderenti dei vantaggi derivanti dall’adesione ad essa, al pari del gruppo societario paritetico di cui all’art. 2545-septies del codice civile, introdotto ex novo dalla riforma del diritto societario attuata con i decreti legislativi 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6 (Onza-Salamone). Tutte le diverse ricostruzioni hanno in comune la collocazione della rete tra i contratti plurilaterali (e) associativi con comunione di scopo, salvo stabilire se il numero minimo dei partecipanti si attesti su due o tre soggetti. La qualità di imprenditore (preesistente rispetto all’adesione alla rete) è l’unico requisito richiesto per la partecipazione al contratto, esattamente come accade per il consorzio privato. E va detto che non necessariamente tutti gli imprenditori aderenti devono collocarsi nella medesima “fase” del ciclo produttivo imprenditoriale. La partecipazione a tale contratto è, dunque, consentita a tutte le imprese, siano esse commerciali o agricole, a prescindere dalle dimensioni, così come è ipotizzabile un contratto di rete mista tra imprese agricole e commerciali. Parte della dottrina evidenzia, peraltro, che niente impedisce a liberi professionisti e altre categorie di soggetti non tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese di costituire un contratto avente contenuti identici a quelli della rete senza che, ovviamente, possa essere attribuita a tale organizzazione la denominazione (e la disciplina) di rete (Maltoni-Spada). 31 Dal momento che la dottrina dominante definisce come contratto nominato il contratto riconosciuto da fonti normative di rango primario, e identifica il nuovo tipo contrattuale in ragione dell’originalità della causa (se) non risolvibile nella funzione economica di tipi contrattuali presistenti (Ferri), sembra sufficientemente confortata, dunque, la ricostruzione della rete come contratto nominato e tipico. Tra l’altro, anche a volere condividere l’opinione che la rete sia, piuttosto, un contratto transtipico (idea che, peraltro, è di ben poca utilità nella ricostruzione della fattispecie e della sua disciplina) si tratterebbe comunque di un contratto associativo e non di scambio. Questa conclusione non è dettata soltanto dalla banale constatazione che i tipi contigui alla rete sono tutti contratti associativi, ma anche dalla duplice circostanza che il programma di rete deve prevedere un’attività economica da svolgere in comune (e non prestazioni di tipo sinallagmatico) e che la rete-contratto può in qualunque momento evolvere in retesoggetto, posto che i partecipanti per legge sono titolari di un diritto potestativo all’ottenimento della soggettività giuridica. E’ dalla disciplina codicistica generale in materia di contratti associativi che la rete attinge, dunque, per gli aspetti non specificamente regolati dal legislatore, oltre che, eventualmente e per analogia, dalla disciplina di tipi regolati quali il consorzio, ovvero anche di figure di contratto associativo tipiche del mondo agricolo, quali l’associazione di produttori e il distretto (le contiguità sono segnalate, in particolare, da Russo). Quanto, poi, al ruolo assolto dalle norme in materia di consorzi, chi ritiene che la rete sia un consorzio con attività esterna conclude, ovviamente, per l’applicabilità integrale e diretta della disciplina di cui agli artt. 2602 del codice civile; chi 32 ritiene che la rete assomigli a un consorzio con attività esterna conclude che la disciplina di quest’ultimo è applicabile per analogia, e dunque nei limiti della compatibilità con le specifiche regole dettate in materia di rete. La più vistosa somiglianza tra rete e consorzio si riscontra nella simmetria tra rilevanza esterna dell’attività e presenza di un organo di rappresentanza e di un fondo comune: nella rete come nel consorzio, cioè, l’acquisto della soggettività giuridica presuppone la presenza dell’una e dell’altro. Vero è, però, che nella disciplina codicistica del consorzio si distinguono il consorzio che opera con i terzi (e dispone di un ufficio di rappresentanza) e il consorzio che opera quale mera struttura di coordinamento delle attività dei consorziati. Tale distinzione è – come è noto – trasversale alla funzione economica del consorzio, potendosi riscontrare sia nei consorzi di contingentamento della produzione o degli scambi (c.d. consorzicartello) di cui all’art. 2602, comma 3, del codice civile, che nei consorzi di coordinamento. Nel contratto di rete, di contro, il legislatore ha previsto uno specifico regime pubblicitario anche per la rete-contratto non soggettivizzata. Al di là dalle critiche che suscita, in sé, questa frammentazione degli adempimenti pubblicitari, ciò rappresenta un’anomalia, per cui sembra necessaria un’interpretazione correttiva secondo la quale il perfezionamento della pubblicità non condiziona l’efficacia negoziale dell’accordo ma la concessione delle agevolazioni (Ibba 2014; e v. sopra, nella Sezione I). 3. Scopo e contenuti del contratto di rete. Sul piano della ricostruzione sistematica della fattispecie, si individuano, come si è visto nella Sezione I, tre modelli: a) la 33 rete-contratto; b) la rete-soggetto priva di personalità giuridica, che tale è qualora gli aderenti costituiscano un fondo comune senza perfezionare la (facoltativa) iscrizione del contratto nella sezione del registro delle imprese nella quale ha sede la rete, così perpetuando il regime delle iscrizioni multiple e frammentarie nelle (eventualmente) diverse sedi dei partecipanti alla rete; c) la rete-soggetto cui è conferita la soggettività giuridica, previa istituzione di un fondo patrimoniale e successiva iscrizione nella sezione del registro delle imprese ove la rete ha sede (ma sul ruolo degli adempimenti pubblicitari e sul momento in cui la rete acquisterebbe la soggettività giuridica la dottrina non è omogenea: cfr. Marasà e Serra). Prescindiamo da alcuni interrogativi di carattere puramente teorico quali, in particolare: 1) il significato da attribuire al riconoscimento della soggettività alla rete (piuttosto che della personalità giuridica); 2) il significato della peculiare situazione di cui sopra al sub-modello b), cioè quella del patrimonio separato privo di soggetto (che si verifica là dove la rete costituisca il fondo comune ma non chieda l’iscrizione della rete nella sezione del registro delle imprese in cui essa ha sede, non ottenendo la piena soggettività giuridica). Concentriamo, piuttosto, l’attenzione su alcuni profili di carattere generale che confermano come la rete sia uno strumento che al di là della struttura giuridica prescelta – retecontratto, rete-organizzazione senza soggettività giuridica, retesoggetto - si presta a rappresentare un presidio alle carenze strutturali, organizzative, di finanziamento delle imprese mediopiccole, agricole e non. L’essenza della definizione di rete, ovvero lo scopo-fine del contratto, è enunciato là dove si dice che “con il contratto di rete 34 più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, e a tal fine si obbligano sulla base di un programma comune di rete a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa” (art. 3, comma 4-ter, d.l. 10 febbraio 2009, n. 5). Lo scopo-fine del contratto coincide, dunque, con l’accrescimento della capacità innovativa e competitiva sia delle imprese aderenti che della rete complessivamente considerata, laddove il “programma comune di rete” rappresenta lo scopo– mezzo mutualistico e comune (Massamormile). Da questo punto di vista, la rete presenta evidenti assonanze con il consorzio di coordinamento di cui all’art. 2602, comma 1, cod. civ., sia che esso svolga o sia che non svolga attività con i terzi, fermo restando che l’obbligazione dei contraenti può consistere nello svolgimento in comune di un’attività o nel semplice scambio e condivisione di informazioni di carattere commerciale, industriale, tecnico o tecnologico. E’ vero, infatti, che il conseguimento dello scopo-fine della rete può essere favorito da alcuni elementi strutturali, quali in particolare il fondo comune e l’organo di rappresentanza. La presenza di tali elementi è, tuttavia, solo eventuale. Quanto al fondo comune, tutte le reti-soggetto hanno un fondo comune ma non è sempre vero l’inverso, e quindi le reti con un fondo comune potrebbero non accedere alla qualifica di reti-soggetto (v. l’art. 5 dello statuto “Rete mare e terra di 35 Gallura”), che dipende, come si è visto, dalla volontaria iscrizione della rete nella sezione del registro delle imprese ove la rete ha sede). Il fondo comune potrebbe essere sostituito, in alternativa, mediante costituzione da parte di ciascun contraente (se) società per azioni, di un patrimonio destinato all’affare, ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lett. a), ma la fenomenologia in tal senso pare praticamente poco significativa. Un discorso analogo vale per l’organo di rappresentanza, che è eventuale. Ovviamente chi ritiene che la rete coincida con (cioè si identifichi con) un consorzio con attività esterna, può desumerne che l’organo di rappresentanza della rete coincida con l’ufficio di cui all’art. 2603, comma 2, n. 2, c.c. Se, allora, il fondo comune e l’organo di rappresentanza sono elementi strutturali eventuali (essenziali solo nella retesoggetto), è evidente che lo scopo-fine della rete è identico in tutti e tre i casi, cioè nella rete-contratto, nella rete- organizzazione (non soggettivizzata) e nella rete-soggetto. 4. Scopo e contenuti dei contratti di reti agricole in Sardegna. La conferma che naturali destinatarie del contratto di rete sono le imprese medio-piccole, bisognose di vicendevole sostegno in fase di produzione e/o commercializzazione del prodotto, si desume anche dal campione di reti di imprese agricole aventi sede in Sardegna. In tutti i contratti si evidenziano gli obiettivi ricorrenti di creare un marchio comune e di individuare strumenti e canali di finanziamento (cfr. statuti “Rete Agrirete”; “Rete mare e terra di Gallura”; “Rete di filiera del grano duro coltivato e trasformato in Sardegna”; Rete 2011”). Spesso è presente un “comitato di gestione” cui è affidata l’individuazione della denominazione 36 della rete (cfr. “Rete Olio d’Oliva”; Rete 2011). Non sembra, invece, che l’oggetto sociale abbia connotati innovativi stricto sensu, alla stregua recentemente definita dal legislatore in materia di start up innovative (v. infra): obiettivi come "incentivare lo sviluppo tecnologico, accrescere attività di ricerca, ideazione, progettazione, prototipazione, sviluppo sperimentale, attività di sviluppo di nuove tecnologie, sviluppo di una maggiore propensione all'innovazione, alla ricerca ecc. " sono presenti in maniera significativa e non rituale in un unico contratto (“Rete Percorsi di benessere in Sardegna” ), mentre sembrano per lo più clausole di stile, prive di agganci e riferimenti alla disciplina del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. decreto crescita 2.0.), modificato dal d.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito in l. 9 agosto 2013, n. 99 (c.d. decreto lavoro 2013) e, infine, dal d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito in l. 24 marzo 2015, n. 33 (anche noto come “decreto banche popolari”, e contenente la disciplina delle piccole e medie imprese innovative). Quanto ai partecipanti, si tratta di imprese aventi connotati dimensionali medio-piccoli, e comunque molto simili, senza che si individui una impresa dominante o controllante, che condividono di regola un posizionamento marginale, o comunque ristretto, nel mercato di riferimento. Che la rete sia naturalmente vocata a radunare piccole imprese locali lo si ricava dalla presenza, nel campionario esaminato, di una rete di micro-imprese (“Rete Sardegna cultura e tradizione”), dal fatto che i partecipanti siano, in gran parte, imprese individuali, società semplici, società in nome collettivo e s.r.l. con un limitatissimo numero di soci, e dal fatto che, sul piano dell’estensione territoriale, si tratti per la quasi totalità di 37 imprese a vocazione locale, il più delle volte ristretta entro l’ambito provinciale. Anche nell’unico caso (“Rete Carciofo innovazione”) di rete mista, che include imprese individuali, società semplici, società in nome collettivo, s.r.l. e cooperative agricole e opera in un ambito corrispondente al territorio regionale, nel programma di rete si evidenzia come le imprese partecipanti siano costrette, per via della loro “limitata produzione individuale”, a “subire le dinamiche negative del mercato di riferimento locale”, “con seguenti problematiche nella vendita del prodotto”. Scopo dell’adesione alla rete è, dunque, “unirsi per garantire una massa critica” al fine di gestire la produzione “con unità di politiche commerciali”, incrementando il mercato di sbocco e la remunerazione imprenditoriale. Negli statuti ricorrono sistematicamente, dunque, nella clausola sull’oggetto del contratto, obiettivi di carattere commerciale rivolti alla individuazione o all’ampliamento del mercato, alle attività di promozione e valorizzazione del prodotto e all’incremento del margine di guadagno, quindi in sostanza ad attività che sono in parte commerciali ma in buona parte – secondo l’art. 2135, comma 3, del codice civile, come modificato dal d. lgs. 18 gennaio 2001, n. 228, sono attività connesse all’agricoltura oppure alla itticoltura (come nel caso di “ Rete L’eccellenza parla in sardo”). Ai sensi dell’art. 2135, comma 3, del codice civile, nel nuovo testo, infatti, “[s]i intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, 38 nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. Quanto all’itticoltura, o pescacoltura che dir si voglia, è stata riclassificata – come è noto – dal legislatore nazionale quale attività parificata all’agricoltura ai sensi dell’art. 2 d. lgs. 18 maggio 2001, n. 226, modificato con d. lgs. 26 maggio 2004, n. 154. Dal campione esaminato si evince, dunque, che vocazione primaria del contratto di rete in ambito agricolo è integrare la funzione di un consorzio di coordinamento, ex art. 2602, comma 1, del codice civile, con riferimento alle fasi del ciclo economico corrispondenti alle attività connesse di commercializzazione, valorizzazione, distribuzione del prodotto agricolo, talvolta anche integrando la funzione economica di un contratto di distribuzione (come nel caso di “Rete imprese agroalimentari della Sardegna- R.i.a.s.”). SEZIONE III - LA DISCIPLINA SPECIALE DELLE RETI D’IMPRESE NEL SETTORE AGRICOLO 1.- Specificità della disciplina del contratto di rete in agricoltura. L’istituzione del contratto di rete, come si è visto, s’inserisce in conduttore è un quadro normativo rappresentato complesso dall’intento di il cui contrastare filo le endemiche debolezze strutturali delle imprese agricole – e in particolare delle attività agricole a titolo principale – dal punto di 39 vista dimensionale e organizzativo (specie per l’aspetto della provvista di capitale finanziario) e con particolare riferimento alla fase di scambio, ovvero di ingresso del prodotto nel mercato. La disciplina del contratto di rete agricola comprende, poi, rispetto alla disciplina del contratto di rete tout court, alcune specificità, che non toccano la fattispecie e non sono sufficienti a caratterizzare, sul piano giuridico, un submodello distinto, sebbene non manchi chi accentua la rilevanza di tale statuto speciale (Russo). Questa disciplina a tratti peculiare, che contempla agevolazioni di carattere amministrativo, finanziario, fiscale e lavoristico (v. il “decreto lavoro” 2013 [d.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito in l. 9 agosto 2013, n. 9, su cui si tornerà], ove si prevede una forma di distacco dei lavoratori subordinati delle imprese aderenti alla rete presso la rete stessa, che, in deroga alla disciplina lavoristica comune, non è subordinato alla prova (della presenza) dell’interesse datoriale), per lo più trova la propria giustificazione, a ben vedere, non già in intrinseche specificità del contratto di rete agricola ma nelle tradizionali e ben note peculiarità dell’impresa agricola. Anche il legislatore comunitario si è espresso nel senso che tali agevolazioni, proprio in ragione delle peculiarità dell’impresa agricola, non rappresentano aiuti di stato ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, TFUE. Così è, in particolare, per la deroga alla disciplina comune in materia di contratti agrari, per cui non si applica alle reti di imprese agricole la l. 3 maggio 1982, n. 203, ossia la disciplina, peraltro in larga parte imperativa, in materia di affitto di fondi rustici; e così è per la possibilità che le imprese aderenti dividano in natura la produzione agricola che rappresenta il risultato economico comune del programma di rete 40 ai sensi dell’art. 1-bis, comma 3, d.l. 24 giugno 2014, n. 91. Il decreto, convertito con modificazioni in l. 11 agosto 2014, n. 116, reca, tra le altre, disposizioni urgenti per il settore agricolo e la tutela ambientale. Nei §§ che seguono saranno analizzate nel dettaglio le specificità di disciplina che presentano le reti d’impresa quando afferiscano al settore agricolo. Sebbene non sempre sia chiaro, nelle disposizioni normative che nel seguito saranno esaminate, che cosa debba intendersi per “settore agricolo”, può per ora rilevarsi che la conclusione di un contratto di rete tra imprese agricole ovvero tra imprese commerciali ed agricole ma avente ad oggetto prodotti agricoli può usufruire di una disciplina speciale rispetto a quella applicabile a tutti i contratti di rete (e che potrebbe appunto definirsi generale). 2. Le agevolazioni comuni a tutti i contratti di rete. Possono individuarsi, per quanto appena detto, oltre ad una serie di agevolazioni comuni a tutti i contratti di rete, specifiche disposizioni ed agevolazioni esclusive invece del settore agricolo. Quanto alle prime occorre segnalare, in particolare: (i) le agevolazioni amministrative, finanziarie e per la ricerca e sviluppo, previste per i distretti produttivi dall’art. 1, comma 368°, lett. b), c), d) l. 23 dicembre 2005, n. 266 (disposizione applicabile “alle reti delle imprese di cui al presente articolo”, ai sensi dell’art. 3, comma 4- quinquies, l. 33/2009), previa autorizzazione del Ministero dell’economia e finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da rilasciarsi entro sei mesi dalla relativa richiesta; (ii) le agevolazioni fiscali previste dall’art. 42 d.l. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni nella l. n. 41 122/2010, commi 2-quater ss., consistenti in un differimento d’imposta in favore delle imprese partecipanti alla rete, operante però solo fino al 31 dicembre 2012, con riferimento alle quote degli utili di esercizio destinate dalle imprese aderenti al fondo comune o al patrimonio destinato (sul punto Melis 2012); tale misura è stata ritenuta dalla Commissione UE non configurare aiuto di Stato, nel presupposto della mancanza di soggettività della rete (decisione del 26 gennaio 2011, C-2010 n. 8939 def.; cfr. Melis 2011 e quanto detto nella Sezione I, § 4, in fine); (iii) le agevolazioni lavoristiche, previste dall’art. 30, comma 4-ter, d.lgs. n. 276 del 2003 (inserito dal d.l. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni in l. 9 agosto 2013 n. 99): disposizione che disciplina l’istituto del distacco dei lavoratori subordinati, prevedendo che l’interesse del distaccante sorga ex lege ogni qualvolta quest’ultimo sia parte di un contratto di rete concluso ai sensi dell’art. 3, d.l. n. 5 del 2009; detto altrimenti, la partecipazione dell’impresa alla rete consente l’utilizzo del distacco senza necessità di provare la sussistenza di un interesse del datore di lavoro distaccante, ritenendosi che questo sussista ex se. Inoltre, l’ultima parte del comma 4 ter, prima citato, stabilisce che per le imprese aderenti alla rete sia “ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”. 3. Profili di disciplina specifici dei contratti di rete del settore agricolo: i requisiti di forma. Per quanto riguarda i profili di disciplina specifici dei contratti di rete in agricoltura (sui quali v. in particolare gli approfondimenti di Russo), deve anzitutto ricordarsi quanto previsto dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni nella l. n. 221 del 2012, il cui art. 36, 5° comma, 42 dispone che il contratto di rete nel “settore agricolo”, anche ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater dell’art. 3 d.l. n. 5 del 2009, può essere sottoscritto con scrittura privata non autenticata purché vi sia l’assistenza di una o più organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, le quali abbiano partecipato alla redazione finale dell’accordo. La disposizione, tuttavia, pone qualche problema interpretativo dal momento che non stabilisce quando un contratto di rete possa dirsi relativo al “settore agricolo”. Non è chiaro, in particolare, se l’appartenenza al settore sia conseguenza dell’oggetto o della natura dei soggetti partecipanti: in particolare, se può dirsi appartenere al settore agricolo una rete composta esclusivamente da imprenditori agricoli, non si potrà essere altrettanto sicuri quando una o più delle imprese partecipanti alla rete non siano imprenditori agricoli o quando il prodotto oggetto del contratto non sia agricolo. Ciò è tanto è vero che il Ministero dello sviluppo economico è stato di recente chiamato a rispondere ad un quesito posto da un Conservatore del Registro delle imprese che aveva espresso delle perplessità circa l’applicabilità della disposizione in oggetto con riferimento ad un contratto di rete, di cui si chiedeva l’iscrizione, concluso da imprese agricole unitamente ad altra impresa che svolgeva servizi di contabilità e consulenza fiscale: il MISE, con una nota del 4 giugno 2014, ha concluso per l’appartenenza della rete al settore agricolo, dal momento che l’attività svolta dall’impresa non agricola era “strumentale ed ancillare” rispetto all’agricoltura. 3.1. segue: il fondo di mutualità. 43 comunque Il già citato art. 36 d.l. n. 179 del 2012, al comma 2- ter, stabilisce che il contratto di rete nel settore agricolo (la disposizione menzionata si riferisce infatti al contratto di rete di cui al comma 5°) possa prevedere la costituzione di un fondo di mutualità tra i contraenti – cui si applicano le stesse regole dettate per il fondo patrimoniale dall’art. 3, comma-4 ter, d.l. n. 5 del 2009 – il quale partecipa al Fondo mutualistico nazionale per la stabilizzazione dei redditi delle imprese istituito (presso l’Ismea - Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) dal medesimo articolo al comma 2-bis: fondo che si alimenta, oltre che con il contributo volontario degli agricoltori, anche con contributi pubblici, purché compatibili con la normativa UE in materia di aiuti di Stato. 3.2. segue: la disapplicazione della legge sui contratti agrari. Ai contratti di rete di cui all’art. 3, comma 4- ter d.l. n. 5 del 2009, “non si applicano le disposizioni della legge 3 maggio 1982, n. 203” (così dispone l’art. 45, comma 3°, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella l. n. 134 del 2012), cioè della legge sui contratti agrari: la disposizione, pur trovando applicazione a tutti i contratti di rete, ha sicura rilevanza proprio con riferimento alle reti operanti nel settore agricolo, in quanto consente, tra l’altro, la stipulazione, in attuazione del programma di rete, di contratti agrari associativi in forza dei quali le parti degli stessi concorrono alla gestione di un’attività imprenditoriale agricola (ad es., associazione per sviluppare nuove varietà vegetali). E’ da segnalare, in proposito, l’art. 1- bis, comma 3°, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, convertito con modificazioni nella l. 11 agosto 2014, n. 116 , ai sensi del quale per i contratti di rete costituiti da 44 piccole e medie imprese agricole la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma di rete, “può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete”. 3.3. segue: le agevolazioni di natura lavoristica. Per quanto concerne le agevolazioni di natura lavoristica, oltre a quelle di carattere generale prima ricordate (v., sopra, in questa Sezione, § 2, sub iii), ve ne sono altre specifiche riguardanti le reti composte per almeno la metà da imprese agricole. In particolare, l’art. 31 d.lgs. n. 276 del 2003 (come modificato dal d.l. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni in l. 9 agosto 2013 n. 99), dopo avere stabilito, al comma 3- bis, che “ le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo di cui al comma 1°, ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende”, stabilisce, nel successivo comma 3- ter, che “l’assunzione congiunta di cui al precedente comma 3- bis può essere effettuata anche da imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 50 percento di esse sono imprese agricole”, rinviando poi ad un successivo decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (in concreto adottato il 14 gennaio 2014) la definizione delle modalità con cui poter procedere alle assunzioni congiunte. Il comma 3-quinquies statuisce, infine, che “i datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, 45 previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato con le modalità disciplinate dai commi 3-bis e 3-ter ”. 3.4. segue: le agevolazioni fiscali e finanziarie. Con riferimento alle agevolazioni fiscali, oltre a quelle di carattere generale prima ricordate (v., sopra, in questa Sezione, § 2, sub ii), il già citato d.l. 24 giugno 2014 n. 91, convertito con modificazioni nella l. 11 agosto 2014, n. 116, ha introdotto ulteriori benefici di carattere fiscale per i contratti di rete formati da imprese agricole. L’art. 3, comma 3°, d.l. n. 91/2014, appena citato, riconosce alle imprese che producono prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura, di cui all’allegato I del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e alle piccole e medie imprese che producono prodotti agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura diversi da quelli dell’allegato I, che istituiscano nuove reti d’imprese ovvero svolgano nuove attività in una rete già esistente, un credito di imposta pari al 40% delle spese per nuovi investimenti sostenuti per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie e per la cooperazione in filiera, in ogni caso non superiore a 400.000 euro, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due successivi, il tutto con i limiti di spesa indicati nel comma 5° del medesimo articolo (4,5 milioni di euro per l’anno 2014, 12 milioni per il 2015 e 9 milioni per il 2016). Sulla individuazione dei possibili beneficiari della descritta agevolazione può tuttavia esservi qualche perplessità: in particolare, sebbene il nostro ordinamento definisca – come è noto – sia l’impresa agricola che l’impresa ittica, tuttavia nelle disposizioni prima menzionate non si fa riferimento a tali nozioni ma alle imprese che producono prodotti agricoli, della pesca e 46 dell’acquacoltura, di cui all’allegato I del TFUE; allegato I nel quale compaiono, però, anche prodotti che non possono essere considerati agricoli secondo il diritto interno (si pensi, ad es., alla farina o allo zucchero), con la conseguenza che la misura di agevolazione potrebbe andare a beneficio di imprese che, secondo il nostro diritto, non sarebbero agricole. Così pure non è agevole stabilire quali siano le piccole e medie imprese che producono prodotti agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura diversi da quelli dell’allegato I, posto che normalmente si fa riferimento proprio ad esso per individuarli, non esistendo una definizione di prodotto agroalimentare. Il comma 4-bis chiarisce, poi, che il menzionato credito d’imposta può applicarsi anche alle imprese diverse dalle piccole e medie: in tal caso la misura di aiuto deve però rispettare i limiti di cui ai regolamenti UE n. 1407/2013 e 1408/2013, nonché del reg. UE n. 717/2014, relativi all’applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE agli aiuti de minimis. L’art. 6-bis del già citato d.l. n. 91/2014, modifica altresì l’art. 1 della l. n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), introducendo il comma 361°.1, il quale così dispone: “le risorse di cui al comma 354 sono destinate anche al finanziamento agevolato di investimenti in ricerca e innovazione tecnologica, effettuati da partecipano imprese ad un agricole, forestali e agroalimentari, che contratto di rete di comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio cui all'articolo 3, 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, per le finalità proprie del medesimo contratto di rete". In favore di tali imprese il comma 2° dell’art. 6- bis attribuisce anche il diritto di priorità nell’accesso ai finanziamenti 47 previsti dalle misure di sviluppo rurale della programmazione 2014-2020, “fatti salvi i limiti previsti dall’ordinamento europeo”. 3.5. segue: le agevolazioni previste dalla normativa UE. Con riferimento alla normativa comunitaria deve considerarsi il nuovo regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale [Reg. UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 n. 1305, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che abroga il Reg. CE n. 1698/2005], il quale prevede che la costituzione di reti d’imprese possa costituire oggetto di cofinanziamento da parte del FEASR. In particolare, la misura dedicata (anche) alle reti è contenuta nell’art. 35, par. 1, il quale prevede il sostegno “al fine di incentivare ogni forma di cooperazione tra almeno due soggetti e in particolare: a) rapporti di cooperazione tra diversi operatori del settore agricolo, del settore forestale e della filiera alimentare dell’Unione, e altri soggetti che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi e delle priorità della politica di sviluppo rurale, tra cui le associazioni di produttori, le cooperative e le organizzazioni interprofessionali; b) la creazione di poli e di reti […]”. Il successivo par. 2 delinea poi, in via esemplificativa, una serie di attività e finalità ricomprese nella misura, buona parte delle quali risulta compatibile con le finalità proprie del contratto di rete disciplinato dal legislatore nazionale. Il par. 5 chiarisce, inoltre, quali costi possono essere oggetto di finanziamento nell’ambito della misura in esame (tra cui i costi di esercizio della cooperazione), la cui durata di regola non è superiore a sette anni (par. 8). Il par. 10, infine, prevede successivi atti delegati 48 della Commissione per meglio definire, tra l’altro, le caratteristiche dei poli e delle reti. Occorre ancora ricordare che ai sensi dell’art. 59, par. 4, Reg. UE n. 1305/2013, il tasso massimo di partecipazione al cofinanziamento ad opera del FEASR per la misura di cui all’art. 35 è fissato, in deroga a quanto stabilito in via generale dal par. 3 (il tasso minimo di partecipazione è di regola fissato nel 20%), nella misura dell’80%, aumentabile fino al 90% per le regioni meno sviluppate, quelle ultraperiferiche e per le isole minori dell’Egeo. 3.6. segue: l’esenzione dalla disciplina antitrust. Sotto un profilo generale, le reti di imprese devono essere costituite in conformità al diritto antitrust: ad esse si applica, pertanto, l’art. 101 TFUE o la corrispondente normativa interna, a seconda dell’ambito dimensionale delle reti (sul punto si veda, in Boll. n. 17 del 2011, la comunicazione n. 22362 dell’AGCM del 16 maggio 2011 sul contratto di rete e sui possibili effetti anticoncorrenziali allo stesso connessi). Vi è da chiedersi, però, se possano rinvenirsi trattamenti giuridici differenziati nel caso in cui le imprese partecipanti alla rete siano imprese agricole: l’art. 209, par. 1, comma 2° Reg. UE 1308/2013 contiene infatti una disposizione derogatoria, stabilendo l’inapplicabilità del menzionato art. 101 TFUE “agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate di agricoltori, associazioni di agricoltori o associazioni di dette associazioni, o di organizzazioni di produttori riconosciute in virtù dell’art. 152 del presente regolamento, o di associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute in virtù dell’art. 156 del presente regolamento nella misura in cui riguardano la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per 49 lo stoccaggio, la manipolazione o l’utilizzazione di prodotti agricoli, a meno che siano compromessi gli obiettivi di cui all’art. 39 TFUE”. La formulazione della norma è talmente ampia da ricomprendere anche le reti di imprese composte da produttori agricoli, se ed in quanto nei relativi programmi di rete vi siano attività contemplate nel ricordato art. 209: se così è, tali reti di imprese agricole possono beneficiare dell’esenzione dal divieto di accordi lesivi della concorrenza. SEZIONE IV – LE RETI D’IMPRESE AGRICOLE NELL’ECONOMIA DELLA SARDEGNA 1.- Le reti di imprese agrarie e agroalimentari in Sardegna.1 Com’è noto, la possibilità di costituire reti di impresa è stata sfruttata da un buon numero di imprenditori nel nostro Paese (Ricciardi 2013). Nella fattispecie, particolare interesse ha riscontrato nelle imprese agrarie, che, si sottolinea, storicamente operano su scale produttive inferiori rispetto alla generalità delle imprese europee e che nella gran parte dei casi mostrano difficoltà a rapportarsi con gli scenari competitivi attuali. Ciò avviene nonostante sia riconosciuto al comparto agroalimentare capacità di innovazione e di produrre alimenti di alto livello qualitativo (De Filippis). Sebbene la letteratura economica ed economica-agraria su questo aspetto non abbia ancora ben approfondito le ragioni che stanno spingendo i produttori agrari a costituirsi in reti di 1 50 impresa, è ipotizzabile che esse siano riconducibili alla percezione che ciò possa favorire la capacità di penetrazione nei mercati e la competitività, agendo sia sul fronte dei costi che su quello commerciale (Cardoni). Questo perché la rete di impresa, così come concepita dalla l. 122/2010, è da intendersi come una declinazione del networking tra imprese, fenomeno che si dispiega in una pluralità di modelli economici e normativi, ma che nella sostanza è funzionale a sostenere le imprese attraverso più leve, che vanno dalla possibilità di ridurre i costi di transazione, di fatto “internalizzando” alcune funzioni esterne, a quella di poter fare massa critica attraverso azioni di cooperazione al fine di poter aumentare il livello di competizione (Ricciardi 2003). Senza entrare nel dettaglio dei vari modelli di networking che hanno tipicamente caratterizzato l’agricoltura in Italia – che vanno dalla costituzione di nuovi soggetti giuridici quali le società cooperative a relazioni più informali quali, per esempio, i distretti industriali – i vantaggi che si possono riconoscere alle azioni di networking e che, nello specifico, possono astrattamente conseguire alla costituzione di reti di impresa possono così riassumersi: - maggiore capacità da parte delle singole imprese di effettuare investimenti strutturali ed infrastrutturali finalizzati al raggiungimento di obiettivi strategici comuni e - condivisi; possibilità di operare su scale produttive ed organizzative più ampie, perlomeno rispetto a talune dimensioni dell’attività (p.e., investimenti infrastrutturali, analisi di - mercato e potere contrattuale) maggiore facilità nell’accesso al credito, annosa questione che sempre più spesso compromette le capacità di 51 investimento delle imprese agricole in molte regioni - italiane; sviluppo condiviso di strategie commerciali e di valorizzazione dei prodotti, che consentano di incrementare il potere contrattuale nei confronti degli operatori a monte (fornitori) ed a valle (intermediazione commerciale e distribuzione) della catena distributiva e, nel contempo, - aprire sbocchi verso mercati più ampi e favorevoli; maggiore capacità di implementare processi innovativi e dar vita a prodotti sempre più rispondenti alle esigenze del - consumatore; più favorevole possibilità di accesso ad agevolazioni pubbliche, quali per esempio quelle contenute nei vari strumenti - di programmazione a livello comunitario, nazionale e regionale; diminuzione dei cosiddetti “costi di transazione”, vale a dire dei costi all’organizzazione (espliciti di un’attività od impliciti) (p.e., rapporti relativi con i - fornitori, contratti con terzi, ricerche di mercato); possibilità di favorire le relazioni con le istituzioni pubbliche - e private e promuovere iniziative e marchi collettivi; concessione di agevolazioni fiscali per le singole imprese. Questa pletora di vantaggi può essere nel suo insieme ricondotta su un piano più generale alla creazione su base volontaria di intese strategiche inter-impresa finalizzate a far sì che le singole imprese possano aumentare o difendere il proprio vantaggio competitivo sui mercati di riferimento (Jarillo, Lai, Ricciardi 2003, Gulati). Chiaramente, il tipo di azioni che verranno di volta in volta intraprese sarà funzione dell’oggetto del contratto di rete e delle possibilità che si offrono alla rete e/o alle singole imprese al mutare dello scenario economico e di mercato in cui operano. 52 Fatta questa breve premessa, la presente nota è indirizzata ad esaminare lo stato dell’arte circa lo sviluppo delle reti di imprese agrarie e/o agroalimentari in Sardegna e ad individuare le caratteristiche più salienti sotto l’aspetto economico che contraddistinguono gli accordi finora stipulati. Nello specifico, si provvederà a classificare per più chiavi interpretative la natura delle reti in essere, con riferimento alle ragioni di ordine economico che stanno alla base dell’accordo, alle caratteristiche delle imprese coinvolte (p.e., tipologia produttiva, localizzazione geografica). Il lavoro presenta, quindi, un profilo sostanzialmente descrittivo e costituisce, comunque, un primo tentativo di mettere in evidenza i tratti essenziali del fenomeno, quale si è finora sviluppato in Sardegna, sul piano economico. Il taglio descrittivo appare al momento quello più confacente nel fornire evidenze sullo stato dell’arte, in quanto ancora è ben presto per poter valutare eventuali ricadute sul fronte economico e/o organizzativo, soprattutto se si considera che le finalità prima descritte che generalmente sottendono alla stipula di un contratto di rete si dipanano su orizzonti di lungo periodo, mentre le reti d’imprese sono state costituite negli ultimi anni e hanno iniziato, o stanno iniziando, a operare, in concreto, ancor più di recente. Come sottolineato da Cardoni, del resto, la mancanza di una prospettiva temporale adeguata per poter esprimere valutazioni più compiute sul fenomeno delle reti d’imprese è un punto che accomuna la varie realtà territoriali del Paese. 2. Le reti di impresa in Italia. Alla data del 01.03.2014, risultavano stipulati e iscritti presso il registro delle imprese 1.427 contratti di rete. Le tabelle 53 sottostanti descrivono il fenomeno in relazione ad alcuni fattori esplicativi, desumibili dalla localizzazione geografica e dai contenuti dei contratti. Una prima distinzione è stata effettuata tra le reti dotate di soggettività giuridica e quelle prive di soggettività giuridica. La tabella n. 1 evidenzia come a prevalere nettamente è lo strumento della rete-contratto. Infatti, ben 1.344 sono reti contratto (fra le quali solo una dettagliata analisi dei contenuti potrebbe permettere di isolare le reti con attività esterna da quelle meramente interne, secondo la distinzione tratteggiata nella Sezione I), mentre una percentuale solo di poco superiore all’1% corrisponde a reti soggetto. Tabella 1 – Tipologia di contratto Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli-Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Senza soggettività giuridica 87 1 441 38 152 37 31 283 115 37 89 153 132 12 60 82 25 23 31 36 54 Con soggettività giuridica 10 0 28 7 10 4 7 14 13 1 3 17 5 2 4 8 5 2 4 2 Totale 97 1 469 45 162 41 38 297 128 38 92 170 137 14 64 90 30 25 35 38 Italia % 1.341 83 1.427 98,8% 1,2% 100,0% Nell’ambito delle reti contratto, un'altra distinzione è stata effettuata in relazione alla tipologia di oggetto. Dalla tabella n. 2 si evince come le imprese aderenti si propongano di raggiungere prevalentemente lo scopo di innovare e di internazionalizzarsi. In particolare, la maggior parte delle imprese aderenti, il 39,36%, aderisce ad una rete al fine di svilupparsi economicamente e tecnologicamente, accrescere la competitività sul mercato, svolgere attività di ricerca, ideazione, progettazione e prototipazione di nuovi prodotti o servizi. Il 19,10% intende perseguire l'obiettivo di una stabile presenza sui mercati internazionali. Tabella 2 – Oggetto del contratto di rete Oggetto % Ricerca sviluppo (economico) innovazione Internazionalizzazione o nuovi mercati (capacità di penetrazione) Integrazione di processo/prodotto/servizio Promozione/marketing Produzione/commercializzazione Altro (condivisione di informazioni, miglioramento qualità, economie di scopo e di scala, ecc.) Misto Totale 39,4% 19,1% 3,3% 6,6% 15,3% 12,8% 3,5% 100,0% 55 Un'altra distinzione è stata fatta in relazione al settore di appartenenza delle imprese che partecipano alla rete. A riguardo, sono state individuate le seguenti classi: Tabella 3 – Settore di appartenenza delle imprese Settore % Agricoli Servizi Industria Misto Misto agricoltura 1,6% 21,0% 21,5% 50,6% 5,3% 100,00 % Totale Rientrano nella classe “agricoli” i contratti in cui tutte le imprese aderenti appartengono al solo settore agricolo. Così anche nelle classi “servizi” e “industria” sono stati conteggiati tutti i contratti stipulati da imprese appartenenti, rispettivamente, al solo settore servizi o industria. Diversamente, nella classe misto sono stati inclusi quei contratti di rete costituiti da imprese appartenenti a settori non omogenei. Più specifica la classe denominata misto agricoltura, dove sono stati conteggiati i contratti di rete stipulati da un aggregato di imprese con oggetti diversificati in cui almeno un aderente appartiene al settore agricolo. Dalla tabella è facile riscontrare che oltre la metà delle reti contratto vengono stipulati da imprese appartenenti a settori eterogenei. Tra le imprese che stipulano un contratto di rete prevalgono le imprese del settore industriale e dei servizi mentre 56 una minima parte di contratti (5,06%+1,64%) viene stipulato da imprese appartenenti al settore agricolo. Sono state, altresì, classificate le imprese aderenti ai contratti di rete in relazione alla forma giuridica delle stesse. Dalla tabella n. 4 si evince che i contratti di rete vengono sottoscritti prevalentemente da società di capitali. Tabella 4 – Forma giuridica delle imprese aderenti Tipo sociale n. Capitali Persone Ditta individuale Altro 4.617 895 737 646 2. Le reti di impresa agricole in Sardegna. Limitatamente ai contratti del settore agricolo è stata individuata la percentuale di contratti agricoli registrati in Sardegna sul totale nazionale dei contratti di rete agricoli registrati. Dalla tabella n. 5 si evince che su 82 reti contratto del settore agricolo, ben 20,7% sono stati registrati in Sardegna. Tabella 5 - luogo d’iscrizione del contratto (limitatamente ai contratti del settore agricolo) Zona geografica n. Italia Sardegna 65 17 Dalla tabella n. 6 emerge inoltre che nell’ambito delle imprese aderenti ad una rete contratto sarda più della metà 57 hanno la sede legale nell’ambito della stessa provincia. La parte residua invece è rappresentata da contratti stipulati da imprese con sede legale ubicata in diverse province. Tabella 6 - Estensione territoriale dei contratti di rete agricola che coinvolgono almeno un'impresa sarda Ambito regionale sardo n. Infraprovinciale Infraregionale 10 7 Nell’ambito delle reti agricole sarde la maggior parte ha istituito un fondo comune (tabella n. 7). Tabella 7 - Patrimonio Comune Rete Agricola Sarda Patrimonio comune n. Si No 15 2 Nell’ambito delle reti agricole sarde la maggior parte si è dotata di un logo (tabella n. 8). Tabella 8 - Logo Rete Agricola Sarda Logo n. Si No 14 3 Nell’ambito delle reti agricole sarde la maggior parte ha istituito un organo comune (tabella n. 9). Tabella 9 - Organo Comune Rete Agricola Sarda Organo comune Si No n. 9 8 58 3. Le caratteristiche delle reti agricole sarde. Le reti di impresa regionali sono state prese in considerazione ripartendole per un comune denominatore da noi individuato in modo tale da mettere in risalto la natura dell’accordo sotto il profilo economico e in base alle caratteristiche tipologiche della rete. Il comune denominatore prescinde, di fatto, sia dalla natura giuridica del contratto, sia dalle finalità dell’accordo, sia dagli strumenti che si intende mettere in campo per raggiungere gli obiettivi avuti di mira. Questo perché si è riscontrato che i contratti di rete stipulati in Sardegna presentano articolazione e contenuti simili – fatte salve le debite eccezioni – e che semmai i contenuti si dispiegano differentemente a seconda della tipologia di rete. In tal senso, abbiamo distinto le reti sarde in accordo alle seguenti tipologie: - reti accomunate dal riferirsi ad un ben specifico comparto - produttivo o filiera produttiva; reti formate da imprese agricole afferenti a più comparti - produttivi; reti accomunate dalla prossimità territoriale delle imprese - afferenti; reti nel comparto agro-alimentare. 3.1 segue: reti rivolte a un unico comparto produttivo. Sotto questo punto di vista, vi sono contratti di rete formati da imprese afferenti ad un singolo comparto produttivo ed altri da aziende che sviluppano attività tipologicamente differenti. L’aspetto più interessante concerne, comunque, il fatto che – a prescindere dal comparto di afferenza delle imprese costituenti una rete – essa sia rivolta ad uno specifico comparto produttivo. 59 In tal senso, si segnala la presenza di reti espressamente rivolte a trovare migliori sinergie e possibilità di accesso ai mercati nei comparti delle piante officinali, dell’agriturismo, del carciofo, del grano duro del latte di capra e, per rimanere al settore primario, dell’allevamento ittico. La rete nel comparto delle piante officinali riunisce operatori nel campo della coltivazione delle essenze, della produzione di cosmetici e del marketing. L’accordo si sostanzia nella collaborazione reciproca finalizzata a condividere beni, servizi ed informazioni ed indirizzata su un duplice binario: aumentare la capacità di penetrazione nei mercati nazionali e internazionali e meglio comunicare ai consumatori la tipologia di prodotto. Il contratto prevede che tali obiettivi siano perseguiti attraverso lo sviluppo di tecniche colturali standardizzate, la partecipazione comune ad eventi e un adeguato piano di promozione. Nel campo agrituristico, sono più i contratti di rete finora stipulati. In generale, tali accordi prevedono che le imprese interscambino beni e servizi allo scopo di migliorare la loro redditività e l’efficienza. Tra i beni ricadono sia i prodotti realizzati – che, nel rispetto della normativa vigente, possono essere scambiati a prezzi convenienti entro la rete – sia i fattori della produzione che le aziende decidono di mettere a disposizione delle altre imprese. Tra i servizi, si ritrovano la promozione comune degli agriturismi (p.e., con link sugli agriturismi della rete nelle pagine web delle singole imprese) e la fornitura di servizi turistici, anche ad opera di terzi, ai visitatori. La rete costituita nel campo della carcioficoltura abbraccia imprese provenienti da più realtà vocate della regione ed è 60 funzionale a creare una massa critica di prodotto per meglio facilitare l’esitazione del prodotto nei mercati. Allo stesso tempo, essa è stata promossa con lo scopo di favorire l’innovazione nel comparto, soprattutto sul piano agronomico, e adottare un’unica politica commerciale. Il fine ultimo è rappresentato dalla creazione di un marchio volontario collettivo. Stessi obiettivi e medesimo fine ultimo sono contenuti nel contratto di rete stipulato da operatori nel comparto del grano duro. D’altro canto, si tratta di due comparti – carciofo e grano duro – che da anni tentano di avvalersi di un marchio collettivo (si ricordino i tentativi di dotarsi di un marchio europeo quale la D.O.P.) e che potrebbero trovare nella rete una buona occasione per mettere a punto e promuovere il marchio. Una rete è rivolta alla filiera del latte di capra e si sostanzia in azioni previste allo scopo di ricercare tecniche di produzione più innovative, valorizzare il prodotto, creare un disciplinare di produzione e una marchio con il quale identificare i prodotti. Da ultimo, si segnala il caso della rete costituita tra operatori della filiera dell’allevamento ittico (maricoltura, mitilicoltura e acquacoltura). Essa è una rete formata da un’ampia compagine il cui fine è individuato nella certificazione del prodotto, così da dar vita ad un marchio con il quale identificare la produzione acquicola regionale di qualità. Anche in questo caso, la rete prevede una serie di azioni indirizzate a promuovere i prodotti regionali e favorire la capacità innovativa e la competitività. 3.2. segue: reti con imprese afferenti a più comparti produttivi. Di contro, altre reti sono accomunate dal fatto di comprendere imprese che esplicano la loro attività in comparti 61 produttivi differenti (e localizzate in aree geografiche dissimili). In questi casi, la rete è stata ricercata allo scopo di creare un marchio di qualità e poter produrre e vendere prodotti agroalimentari che presentino una certificazione volontaria. Le attività che ricadono in questa tipologia di contratti sono plurime e, sostanzialmente, ogni rete di questo tipo è in grado di coprire sia produzioni vegetali che animali. 3.3. segue: reti accomunate dalla localizzazione geografica. Nei §§ precedenti abbiamo esaminato i contratti che si caratterizzano per essere orientati alla valorizzazione di un unico comparto produttivo o formati da imprese afferenti a più comparti produttivi. Tra le caratteristiche comuni di tali reti vi è la dislocazione geografica delle imprese afferenti: le reti sopra illustrate sono formate da imprese che operano su differenti regioni geografiche ed il cui scopo è relazionato alla promozione del territorio. Viceversa, alcune reti possiedono come comune denominatore la stessa localizzazione geografica e, pertanto, valore fondante del contratto è la promozione del territorio mediante la ricerca di cooperazione tra le imprese costituenti la rete. Nello specifico, si constata la presenza di una rete che riunisce imprese agricole, zootecniche e agrituristiche della Gallura e una rete tesa a promuovere l’agricoltura sociale in Barbagia. Le finalità dichiarate tra le due reti differiscono – la prima intende costituire un marchio collettivo, la seconda promuovere forme di agricoltura sociale – ma è chiara la vocazione territoriale di entrambe. 3.4. segue: reti di imprese agro-alimentari. 62 Ci è sembrato opportuno annoverare tra le reti prese in esame quella costituita da più imprese regionali operanti nel comparto agro-alimentare. Ciò, in primo luogo, perché parte di queste imprese sviluppano l’attività anche sul fronte meramente agricolo e, in secondo luogo, perché tale categoria annovera un contratto che contempla alcune tra le principali imprese agroindustriali della regione. La rete è improntata allo scambio di informazioni e alla condivisione delle best practices al fine di poter facilitare l’interfaccia delle singole imprese su tre fronti specifici: la relazioni con la Grande distribuzione organizzata, l’accesso al credito bancario e i rapporti con le pubbliche amministrazioni. Considerando la dimensione e la rilevanza che tali aziende rivestono non solo in seno al settore agro-alimentare, ma entro l’economia regionale in generale, tale accordo rappresenta un tentativo lecito e legittimo di lobbismo, indicando con questo termine la capacità di condizionare i rapporti di potere entro i mercati e non solo. 4. Prime conclusioni. Per concludere, le chiavi di lettura qui proposte riflettono un’interpretazione con la quale si è voluta descrivere la situazione ad oggi delle reti di impresa nel nostro territorio. Come già evidenziato, è ancora presto per valutare quali ricadute economiche potranno generarsi per le imprese, per il territorio e per l’intera economia agroalimentare sarda in una prospettiva di lungo periodo. Non vi è dubbio, comunque, che i contenuti degli accordi appaiono, il più delle volte, assai ambiziosi e tesi sia a favorire la cooperazione inter-impresa al fine di interfacciarsi con i mercati 63 su volumi di prodotto soddisfacenti, sia a promuovere marchi collettivi e disciplinari di produzione. Se quanto riportato nei contratti dovesse anche solo in parte tradursi in azioni concrete, si aprirebbero maggiori possibilità per le imprese agrarie regionali, piccole o grandi che esse siano, per arginare i limiti storici che impediscono di raggiungere livelli di competitività soddisfacenti ( p.e., frammentazione delle imprese, debolezza strutturale, difficoltà di accesso al credito, scarso potere contrattuale). Certamente, le motivazioni che stanno alla base della stipula di un contratto di rete possono fornire qualche indicazione circa la determinazione con la quale le azioni previste saranno sviluppate. A tal fine abbiamo effettuato una serie di interviste indirizzate a capire in che modo si è venuti a conoscenza della possibilità di realizzare una rete, su quale sia lo scopo realmente perseguito e se il contratto viene rispettato (nel senso che gli venga data effettiva e corretta esecuzione) o meno. Le interviste sono state formulato con riferimento a un operatore per ciascuna rete; un riepilogo dei risultati si trova in Appendice, Allegato 3. Sul primo fronte, si è rilevato che le fonti di informazione sulla rete di impresa sono state differenti. In alcuni casi, soprattutto nei contratti a forte valenza territoriale, sono stati i Gruppi di azione Locale (GAL) ad adoperarsi quale soggetto promotore, mentre in altri casi tale ruolo è stato esercitato dalle associazioni di categoria o da altri consulenti aziendali. Anche i media sono stati importanti in tal senso, soprattutto internet. Sul secondo fronte, è risultato che in molti casi si è optato di far parte di una rete spinti dalla prospettiva che un domani si possa avere un vantaggio rispetto ai competitors, soprattutto 64 nell’accesso al credito e ad alcune misure proprie della politica di sviluppo rurale. Il nuovo Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Sardegna dovrebbe vedere definitivamente la luce a breve, ma il documento mandato alla lettura agli uffici comunitari contiene più misure rivolte a reti, associazioni o consorzi di imprese o nelle quali l’appartenenza a una rete vale quale criterio di priorità. L’essersi per tempo costituiti in un progetto organico e con obiettivi ben specifici potrebbe, quindi, consentire alle imprese facenti parte di una rete di ottenere maggiore supporto dalla politica di sviluppo rurale. Infine, sul terzo fronte, le interviste da noi formulate ci indicano che il contratto viene rispettato in circa il 50% dei casi. 65 APPENDICE Allegato 1 – Elenco contratti di rete registrati Vedi PDF 1 (“Elenco contratti di rete registrati”) Allegato 2 - Elenco contratti di rete registrati in Sardegna Rete Logo Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Castelsardo - Valle del Coghinas Tilipera In filiera 365 giorni L’eccellenza parla in Sardo Rete olivicola del nono merdiano Assente Imprese agricole alimentari della Sardegna Assente Percorsi di benessere in Sardegna Rete 2011 Agricoltura sociale Barbagia Angolias Assente Rete del carciofo Filiera grano duro Mare terra Gallura Sardegna cultura e tradizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 66 Allegato 3 - Testi contrattuali delle reti d’imprese registrate in Sardegna Vedi PDF dal 2 al 18 Allegato 4 – Risposte formulate dagli intervistati A.1 – Fonte di acquisizione delle informazioni sulle reti d’impresa Rete Fonte Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 Gruppo di azione locale (GAL) Media (internet) Associazione di categoria Gruppo di azione locale (GAL) Gruppo di azione locale (GAL) Associazione di categoria Consulente aziendale Associazione di categoria Consulente aziendale Consulente aziendale Media (internet) Media (internet) Media (internet) Consulente aziendale Consulente aziendale Gruppo di azione locale (GAL) Media (internet) 67 A.2 – Motivazioni che hanno spinto ad afferire a una rete d’impresa Rete Motivazione Rete 1 Rete 2 Rete 3 Rete 4 Rete 5 Rete 6 Rete 7 Rete 8 Rete 9 Rete 10 Rete 11 Rete 12 Rete 13 Rete 14 Rete 15 Rete 16 Rete 17 Aumento competitività Partecipazione bandi PAC Aumento competitività Accesso al credito Partecipazione bandi PAC Accesso al credito Aumento competitività Aumento competitività Aumento competitività Aumento competitività Aumento competitività Aumento competitività Partecipazione bandi PAC Partecipazione bandi PAC Partecipazione bandi PAC Partecipazione bandi PAC Partecipazione bandi PAC Accesso al credito Volontà cooperazione Creazione occupazione Aumento competitività Aumento competitività Aumento competitività Consolidament o rapporto Partecipazione bandi PAC 68 Creazione occupazione Aumento competitività Accesso al credito Creazione occupazione Volontà cooperazione Partecipazione bandi PAC Volontà cooperazione Accesso al credito A.3 – Rispetto del contratto dal momento della stipula ad ora Rete Rispetto contratto Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete Rete No Si Si No No No Si Si Si Si Si Si Si No No No No 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 69 Riferimenti bibliografici AA.VV, Reti d’impresa: profili giuridici, finanziamento, rating (a cura dell’Associazione italiana politiche industriali), Milano, IlSole24 ore, 2011 AA.VV., Il rating. 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