Le reti di imprese dopo il dl 78/2010, con particolare

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Progetto di ricerca su
“Le reti di imprese dopo il d.l. 78/2010, con particolare
riferimento alle imprese agricole” 
RESPONSABILE: prof. Carlo IBBA, Ordinario di Diritto commerciale,
Dipartimento di Scienze economiche e aziendali (DISEA),
Università di Sassari
CON IL CONTRIBUTO DI:
prof.ssa Monica COSSU, Dipartimento di Scienze economiche e
aziendali, Univ. di Sassari
prof. Ivan DEMURO, Dipartimento di Scienze economiche e
sociali, Univ. Cattolica, sede di Piacenza
dott. Fabio MADAU, Dipartimento di Scienze della natura e del
territorio, Univ. di Sassari
prof. Valentino SANNA, Dipartimento di Scienze giuridiche, Univ.
di Sassari
prof. Alessio D. SCANO, Dipartimento di Scienze economiche e
aziendali, Univ. di Sassari
dott. Leonardo SOTGIA, Dipartimento di Scienze economiche e
aziendali, Univ. di Sassari
 La ricerca è stata finanziata col contributo regionale L.R. 15/2010, Art.
16 “Contributo alla Università” – Del. G.R. 52/101 del 23-12-2011.
Si
ringrazia la Camera di commercio di Sassari per la collaborazione
prestata consentendo l’accesso al registro delle imprese per
l’estrazione dei dati relativi ai contratti di rete iscritti.
1
ELABORATO
FINALE
Sommario
SEZIONE I – LE
RETI DI IMPRESE.
PROFILI
GENERALI.
1. Le tre forme di contratto di rete.- 2. La rete meramente
interna.- 3. La rete con attività esterna dotata di soggettività.- 4.
La
rete
con
attività
esterna
priva
di
soggettività.-
5.
Rappresentanza e responsabilità nella rete-soggetto e nella rete
con attività esterna priva di soggettività.- 6. Reti-soggetto, retinon soggetto e “bancabilità”.
SEZIONE II – IL
CONTRATTO DI RETE QUALE FORMA ASSOCIATIVA IN
AGRICOLTURA.
L’ESPERIENZA
NELLA
REGIONE
SARDA.
1. Imprese agricole e mercato nella legislazione comunitaria,
nazionale, regionale. - 2. Contratti di rete e consorzi come
accordi fra imprenditori commerciali o agricoli. Natura e caratteri
generali.– 3. Scopo e contenuti del contratto di rete. – 4. Scopo e
contenuti dei contratti di reti agricole in Sardegna.
SEZIONE III – LA
DISCIPLINA SPECIALE DELLE RETI D’IMPRESE NEL SETTORE
AGRICOLO.
1.- Specificità della disciplina del contratto di rete in agricoltura.2. Le agevolazioni comuni a tutti i contratti di rete.- 3. Profili di
disciplina specifici dei contratti di rete del settore agricolo: i
requisiti di forma.- 3.1. segue: il fondo di mutualità.- 3.2. segue:
la disapplicazione della legge sui contratti agrari.- 3.3. segue: le
2
agevolazioni di natura lavoristica.- 3.4. segue: le agevolazioni
fiscali e finanziarie.- 3.5. segue: le agevolazioni previste dalla
normativa UE.- 3.6. segue: l’esenzione dalla disciplina antitrust.
SEZIONE IV – LE
RETI D’IMPRESE AGRICOLE NELL’ECONOMIA DELLA
SARDEGNA.
1.- Le reti di imprese agrarie e agroalimentari in Sardegna.- 2. Le
reti di impresa in Italia.- 2. Le reti di impresa agricole in
Sardegna.- 3. Le caratteristiche delle reti agricole sarde.- 3.1
segue: reti rivolte a un unico comparto produttivo.- 3.2. segue:
reti con imprese afferenti a più comparti produttivi.- 3.3. segue:
reti accomunate dalla localizzazione geografica.- 3.4. segue: reti
di imprese agro-alimentari.- 4. Prime conclusioni.
APPENDICE
ALLEGATO 1 - Elenco contratti di rete registrati
ALLEGATO 2 - Elenco contratti di rete registrati in Sardegna
ALLEGATO 3 - Testi contrattuali delle reti d’imprese registrate in
Sardegna
ALLEGATO 4 – Risposte alle interviste
RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
3
SEZIONE I - LE
RETI DI IMPRESE.
PROFILI
GENERALI
1.- Le tre forme di contratto di rete.
La disciplina del contratto di rete è contenuta nell’art. 3 d.l.
10 febbraio 2009, n. 5, che, fra decreti-legge
e leggi di
conversione, è stato modificato ben otto volte dopo la sua
entrata in vigore, con modifiche che hanno spesso coinvolto non
aspetti marginali ma punti qualificanti della disciplina.
Evitando
ogni
commento
sulle
numerose
versioni
intermedie e sul modo caotico attraverso il quale si è arrivati a
quella che, allo stato attuale, è l’ultima stesura, ci si soffermerà
su questa: si tratta, come è ormai chiaro, di una disciplina
particolarmente farraginosa e di difficile decifrazione. Il suo livello
di tortuosità, del resto, è testimoniato già dalla numerazione
delle disposizioni di legge di cui essa si compone, che sono
contenute nell’art. 3, co. 4-ter, 4-ter.1, 4-ter.2, 4-quater e 4-
quinquies (del d.l. 5/2009).
Venendo ai contenuti, preliminarmente occorre capire che cosa è
o che cosa può essere un contratto di rete. In proposito, dando
per scontate cose che, in realtà, sono il frutto di una attività
interpretativa faticosissima e dagli esiti non sempre sicuri, può
dirsi che dalla disciplina attualmente vigente parrebbero risultare
tre diverse forme di contratto di rete.
Più precisamente, possiamo muovere innanzi tutto dalla
bipartizione, espressa con terminologia consortile, fra contratti di
rete senza attività esterna e contratti di rete con attività esterna:
i primi sono quelli i cui effetti si risolvono nel far sorgere una
serie di vincoli obbligatori fra le parti, che s’impegnano a
collaborare ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni; i
secondi quelli destinati a operare con i terzi attraverso l’esercizio
4
in comune di attività rientranti nell’oggetto delle imprese
partecipanti.
A questo punto, però, la disciplina si fa più complicata,
tanto che nemmeno si sa bene come chiamare le due fattispecie
di reti con attività esterna che sembra di poter individuare. Dopo
l’ultimo intervento legislativo, infatti, il contratto di rete con
attività esterna parrebbe poter sfociare in due diverse fattispecie
(o subfattispecie) dotate di rilievo reale, entrambe connotate da
un regime di autonomia patrimoniale sostanzialmente perfetta e
distinte unicamente da ciò che l’una è dotata di soggettività
giuridica, l’altra no.
La pluralità di forme del contratto di rete è strettamente
connessa al regime pubblicitario per esse predisposto, al quale è
pertanto direttamente rivolta l’analisi che segue.
2.- La rete meramente interna.
Dei contratti di rete meramente interni, a dire il vero, il
legislatore avrebbe potuto disinteressarsi dal punto di vista
pubblicitario, perché nel registro delle imprese si iscrivono,
appunto, le imprese e non i contratti stipulati dagli imprenditori
(cfr. Ibba 2014), sia pure con qualche eccezione giustificata
dall’emergere dell’interesse a rendere pubbliche determinate
operazioni negoziali (si pensi ai contratti di trasferimento
dell’azienda e agli accordi di ristrutturazione dei debiti: artt.
2556, 2° co., c.c.; e 182-bis legge fall.).
Se, ad esempio, uno o più imprenditori stipulano un
contratto di affiliazione commerciale o di associazione in
partecipazione o qualunque altro contratto diverso dai due
appena ricordati, questi contratti non sono soggetti a pubblicità,
ed è giusto che non lo siano: perché dovrebbe portarsi a
5
conoscenza dei terzi, magari concorrenti delle parti, il contenuto
di questi accordi?
Che sia così è ben dimostrato dalla disciplina pubblicitaria
dei consorzi, la quale prevede che si iscrivono i consorzi con
attività esterna (art. 2612 c.c.), perché titolari di un’impresa; non
si iscrivono, invece, i contratti di consorzio meramente interni,
nei quali i consorziati si limitano a prendere accordi riguardanti le
loro attività d’impresa.
Nel caso dei contratti di rete, invece, la legge obbliga gli
aderenti a rendere pubblici i loro accordi. Per quale ragione?
Francamente non è del tutto chiaro.
Potrebbe ipotizzarsi che si sia voluta realizzare una sorta di
anagrafe (più che dei contratti di rete) di coloro che partecipano
ai contratti di rete, visti quali possibili destinatari di agevolazioni
di vario genere (amministrative, finanziarie, fiscali); o meglio –
posto che di anagrafe non pare possa parlarsi, date le modalità
attuative della pubblicità, di cui si dirà subito – che si sia voluto
rendere facilmente accertabile il pre-requisito per godere di tali
agevolazioni costituito, appunto, dall’iscrizione nel registro delle
imprese. Ma sono spiegazioni che convincono poco.
In astratto, dunque, la pubblicità è del tutto inutile. In
concreto, però, è di grande rilevanza giuridica, perché ad essa il
legislatore, come vedremo, ha agganciato la produzione degli
effetti o di una parte degli effetti del contratto.
Si è appena accennato alle modalità attuative della
pubblicità. Per i contratti di rete meramente interni è prevista
una pluralità di adempimenti pubblicitari (sicché possiamo
parlare di pubblicità frammentata o plurima, in contrapposizione
alla pubblicità unitaria prevista per la rete-soggetto): tante
iscrizioni quanti sono i partecipanti.
6
A dire il vero nessuna norma dice esattamente questo,
perché anche sotto questo profilo il legislatore è stato alquanto
approssimativo. Infatti:
-
nell’art. 3, co. 4-ter, terzo cpv., si legge che “ai fini degli
adempimenti pubblicitari di cui al comma 4- quater” il
contratto è “trasmesso ai competenti uffici del registro
delle imprese”, ed effettivamente il plurale lascia
intendere che gli uffici competenti siano più di uno; ma
non è detto che sia così, perché se i partecipanti hanno
la sede tutti nella medesima provincia uno solo sarà
l’ufficio competente;
l’art. 3, co., 4-quater, poi, aggiunge che il contratto “è
-
soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle
imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante”; ma
questo comporta che se i partecipanti, come spesso
accadrà, sono iscritti tutti nella stessa sezione (essendo
tutti
imprenditori
commerciali
o
tutti
imprenditori
agricoli), il contratto dovrà iscriversi in quell’unica
sezione.
Tuttavia, anche se gli imprenditori partecipanti sono iscritti
nella stessa sezione e presso lo stesso ufficio, per la disciplina
vigente non è sufficiente una sola iscrizione del contratto di rete:
lo si ricava dalla norma che fa decorrere gli effetti contrattuali
dall’“ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che
ne sono stati sottoscrittori originari” (art. 3, co. 4-quater, primo
periodo).
Pubblicità plurima o frammentata, dunque; e non può che
essere così, perché nel caso dei contratti di rete meramente
interni non esiste un ente né un punto di riferimento unitario (con
un nome, una sede), ci sono solo tanti imprenditori che hanno
7
stipulato lo stesso contratto. E, se si vuole che questo contratto
sia pubblicizzato, occorre necessariamente (imporre) che sia
pubblicizzato nella posizione del registro intestata ad ognuno
degli imprenditori partecipanti.
Questo risultato può essere raggiunto, in relazione alla
pubblicità
delle
modifiche
del
contratto,
attraverso
un
meccanismo semplificatorio: l’iscrizione è richiesta da uno solo
degli imprenditori contraenti, indicato nell’atto modificativo, e
l’ufficio del registro che riceve la domanda ne dà comunicazione,
per i provvedimenti del caso, agli altri uffici competenti (art. 3,
co. 4-quater, secondo e terzo periodo), ovvero – è da ritenere –
provvede d’ufficio alle ulteriori iscrizioni in relazione ad altri
imprenditori aventi la medesima sede del richiedente. Resta solo
da chiedersi perché non si sia attuata la stessa semplificazione
procedimentale anche in relazione alle iscrizioni originarie del
contratto di rete.
Passando ora al rapporto fra pubblicità ed effetti del contratto
di rete, può constatarsi subito che anche a questo riguardo i
problemi interpretativi non mancano.
Secondo il già ricordato art. 3, co. 4- quater, primo periodo,
infatti, “l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è
stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte”. A rigore,
dunque, parrebbe doversi parlare di una pubblicità costitutiva in
senso pieno, tale cioè condizionare integralmente l’efficacia del
contratto; e non manca chi conclude che, appunto, “prima
dell’iscrizione il contratto produce solo obblighi preliminari tra le
parti, vale a dire l’obbligo di collaborare alla realizzazione degli
adempimenti necessari affinché l’accordo divenga pienamente
efficace” (Campobasso).
8
A ben vedere, però, sarebbe del tutto anomalo che gli effetti
negoziali
di
un
contratto
fossero
subordinati
ex
lege
al
perfezionamento degli adempimenti pubblicitari (e v. Sciuto
2012). E’ pacifico, del resto, che ciò non accada in relazione ai
contratti di trasferimento dell’azienda, e la medesima soluzione
può
ritenersi
consolidata
a
proposito
degli
accordi
di
ristrutturazione dei debiti, riguardo ai quali la formula di legge
(“l’accordo
[…]
acquista
efficacia
dal
giorno
della
sua
pubblicazione”: art. 182-bis cit., 2° co.) è molto vicina a quella di
cui discutiamo.
Nel sistema della pubblicità d’impresa, infatti, si ricorre a
meccanismi pubblicitari di tipo costitutivo quando quelli della
pubblicità
dichiarativa
considerazione
del
non
risulterebbero
coinvolgimento
degli
appropriati,
interessi
di
in
una
generalità di soggetti e di esigenze di uniformità di disciplina nei
confronti di qualunque terzo. In particolare, la costitutività – e
dunque l’essenzialità – dell’iscrizione si giustifica là dove a un
determinato atto si connettano effetti di rilievo reale, con la
produzione di fenomeni di autonomia o separazione patrimoniale
e l’attivazione di regimi di responsabilità speciali rispetto alla
regola generale codificata all’art. 2740 c.c. (da ultimo Ibba 2014).
Nulla di tutto questo accade nel caso dei contratti di rete
meramente interni, sicché davvero non si vede per quale ragione
la loro efficacia inter partes dovrebbe essere subordinata
all’attuazione della pubblicità, tanto più che si tratta di contratti
di collaborazione fra imprenditori che venivano normalmente
conclusi anche prima dell’entrata in vigore del d.l. 5/2009 e
dell’introduzione degli adempimenti pubblicitari di cui parliamo.
La sensazione, insomma, è che l’enunciato in esame dica più
di quel che si voleva dire. L’interprete, allora, può seguire due
9
strade: o arrendersi all’incongruenza della disposizione oppure –
e questa seconda possibilità appare la più corretta – proporne
una
interpretazione
correttiva,
in
base
alla
quale
il
perfezionamento della pubblicità (più esattamente: dell’ultimo
degli adempimenti pubblicitari richiesti) condiziona non già
l’efficacia negoziale dell’accordo bensì la possibilità che i suoi
firmatari fruiscano, in presenza degli altri presupposti di legge,
delle
agevolazioni
eventualmente
previste.
Si
tratta,
per
intenderci, di una “correzione” analoga (non solo a quella
ricordata sopra in relazione all’art. 182- bis, 2° co., legge fall., ma
altresì) a quella consolidatasi a proposito dell’art. 8, 5° co., l. 8
agosto 1985, n. 443, dalla cui formulazione (“l’iscrizione è
costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a
favore delle imprese artigiane”) l’interpretazione corrente ricava
che l’iscrizione è costitutiva ai fini della concessione delle
agevolazioni ma non ad altri fini.
Così circoscritti gli effetti costituivi della pubblicità, c’è da
chiedersi quale sia il regime di quelli dichiarativi. Bisogna
ricordare che, in base ai principi generali, l’iscrizione nella
sezione ordinaria ha efficacia dichiarativa, mentre lo stesso non
(sempre)
può
dirsi
per
l’iscrizione
nelle
sezioni
speciali.
Conseguentemente, se l’art. 3, co. 4-quater, sopra riportato,
regolasse tutti gli effetti pubblicitari nei confronti dei terzi (come
ritiene Marasà), e dunque anche gli effetti dichiarativi, il suo
significato
sarebbe
doppiamente
derogatorio,
perché
riconoscerebbe l’effetto dell’opponibilità ai terzi anche là dove
esso non si produrrebbe in base alle regole generali (così, ad
esempio, ne fruirebbero – limitatamente al contenuto del
contratto di rete – anche i piccoli imprenditori non agricoli e le
società semplici non agricole, che per regola generale non ne
10
fruiscono), e lo riconoscerebbe, anziché per ciascun partecipante
dal momento della sua iscrizione, come discenderebbe dall’art.
2193 c.c., per tutti dal momento dell’ultima delle iscrizioni.
La sensazione è, però, che la norma non implichi tutte queste
conseguenze: se è esatto quel che si è detto prima, essa vuole
unicamente
condizionare
alla
pubblicità
la
fruizione
delle
agevolazioni eventualmente derivanti dalla partecipazione a un
contratto di rete.
L’efficacia dichiarativa, in questa prospettiva, è fuori dal suo
campo di applicazione. Essa dunque ci sarà o non ci sarà
secondo le regole generali: ci sarà automaticamente per chi è
iscritto nella sezione ordinaria, non invece per chi è iscritto in una
sezione speciale, nel qual caso gli effetti dipenderanno anche
dalla qualifica di chi esegue l’iscrizione (saranno dichiarativi, in
particolare, per gli imprenditori e le società semplici con oggetto
agricolo e non per i piccoli imprenditori e le società con oggetto
non agricolo: art. 2 d. leg. 18 maggio 2001, n. 228). E sempre
dalle regole generali, in questa prospettiva, dipenderà la
decorrenza
degli effetti dichiarativi: quando vi siano essi
decorreranno,
ai
sensi
dell’art.
2193,
“dal
momento
dell’iscrizione” del soggetto che intende opporre ai terzi, qualora
ciò sia rilevante, la sua partecipazione al contratto di rete.
Del resto, frammentata la pubblicità, non può stupire che
siano frammentati, e dunque eventualmente diversificati, anche
gli effetti e la loro disciplina.
3.- La rete con attività esterna dotata di soggettività.
L’art. 3, co. 4-quater, stabilisce fra l’altro che, “se è
prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi
nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui
circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nella sezione
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ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è
stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica”.
Questa iscrizione, dunque, è testualmente prevista come
facoltativa; e che sia così è confermato dall’art. 3, co. 4- ter,
primo capoverso, ultimo periodo, ove si legge che “il contratto di
rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è
dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della
stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte”.
Evitando di soffermarci sulla trascuratezza del linguaggio
legislativo (anche se l’idea di un contratto che può diventare
soggetto giuridico è abbastanza curiosa), ci si limita a segnalare
(con Sciuto 2012) l’anomalia rappresentata dalla facoltatività
dell’acquisto
della soggettività, rimesso alla volontà degli
interessati e attuato (previa adozione della forma dell’atto
pubblico o della scrittura privata autenticata, punto su cui
tornerò più avanti) tramite una pubblicità pur essa facoltativa.
Alcune puntualizzazioni sui profili strettamente pubblicitari. La
prima è che l’iscrizione, quando le parti la richiedono, deve
avvenire sempre nella sezione ordinaria, a prescindere dalla
natura dell’attività svolta e dunque anche se questa è agricola
(Campobasso, Serra). Ciò tuttavia non deve stupire, perché lo
stesso accade per le società (art. 2200 c.c.) e, deve ritenersi, per
i consorzi con attività esterna (art. 2612 c.c.; in senso contrario,
incidentalmente ed erroneamente, App. l’Aquila 20 aprile 2012,
in www.dejure.it, il cui caso di specie concerneva una società
consortile con oggetto agricolo).
La seconda è che tale iscrizione – deve ancora ritenersi – è
sostitutiva
e non aggiuntiva rispetto alle iscrizioni di cui si
compone la pubblicità frammentata (così anche Marasà, Maltoni
e
Serra;
diversamente
Campobasso);
12
se
fossero
richieste
entrambe ci troveremmo di fronte ad una ulteriore anomalia,
come se, in una società di persone o in un consorzio esterno,
oltre
all’iscrizione
richiedessero
dell’ente-società
analoghi
adempimenti
o
dell’ente-consorzio
pubblicitari
relativi
si
ad
ognuno dei soci o dei consorziati.
Quanto precede comporta che:
- se per la rete l’acquisto della soggettività è voluto dalle
parti ab origine, l’iscrizione avverrà secondo la regola
appena richiamata, con conseguente effetto costitutivo da
un lato della soggettività e dell’autonomia patrimoniale
perfetta
cui
ho
accennato
sopra,
dall’altro
della
legittimazione a godere delle agevolazioni eventualmente
spettanti,
nonché
con
i
consueti
effetti
dichiarativi
discendenti dall’art. 2193 c.c.;
- se invece la rete nasce come contratto meramente
interno (o comunque non come soggetto giuridico), e
successivamente le parti intendono esercitare la facoltà di
acquisto della soggettività, la relativa decisione dovrà
certamente essere iscritta nella sezione ordinaria secondo
quanto appena detto, ma altresì, è da ritenere, nella
posizione del registro intestata a ciascuna delle imprese
partecipanti, trattandosi dell’atto che segnala ai terzi la
modifica del regime patrimoniale e, con esso, di quello
pubblicitario, facendo cessare, da quel momento in poi,
l’obbligo della pubblicità frammentata (conforme Maltoni).
Completa il regime pubblicitario la norma che prevede la
redazione e il deposito presso l’ufficio del registro delle imprese
in cui la rete ha sede, entro due mesi dalla chiusura di ogni
esercizio, di una situazione patrimoniale redatta osservando, in
quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio di esercizio
13
delle società per azioni (art. 3, co. 4- ter, secondo capoverso, n.
3).
Nulla è detto, invece, in ordine agli obblighi pubblicitari
inerenti lo scioglimento e la liquidazione delle reti-soggetto (per
la quale dovrebbe passare anche la “transizione” da retesoggetto a rete meramente contrattuale: cfr. Serra e Maltoni),
pur essendo ragionevole ipotizzare la necessità quanto meno di
un
adempimento
pubblicitario
speculare
rispetto
a
quello
necessario nel momento genetico, che produca (o concorra a
produrre), cioè, un effetto costitutivo-estintivo della soggettività
(ciò per le ragioni approfondite in Ibba 2014 e, più diffusamente,
in Ibba 2012).
4.- La rete con attività esterna priva di soggettività.
Come abbiamo già visto, “il contratto di rete che prevede
l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di
soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai
sensi del comma 4-quater ultima parte” (art. 3, co. 4- ter, primo
capoverso, ultimo periodo).
L’ipotesi di cui dobbiamo ora occuparci è dunque quella in
cui i contraenti, pur dando vita a una rete non meramente
interna, non esercitino la facoltà, loro accordata, di optare per il
modello dotato di soggettività.
Parliamo dunque, anche in questo caso, di una rete
destinata
a operare con i terzi tramite un organo comune e
dotata di un fondo patrimoniale comune, nonché – secondo
quanto prescritto dall’art. 3, co. 4-ter, terzo capoverso, lett. a – di
una denominazione e di una sede.
E parliamo, anche in questo caso, di una rete al cui fondo
patrimoniale “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma” c.c. (art. 3, co.
14
4-ter, secondo capoverso, n. 2), sicché, in particolare, ai creditori
personali dei partecipanti è inibita l’azione nei confronti del fondo
comune; mentre, “in ogni caso, per le obbligazioni contratte
dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi
possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune”
(così ancora l’art. 3, co. 4-ter, secondo capoverso, n. 2).
Si tratta pertanto di una rete il cui regime patrimoniale
coincide con quello della rete-soggetto (pur essa regolata dalle
previsioni dell’art. 3, co. 4-ter, secondo capoverso, n. 2, appena
riportate) ma che tuttavia, come si è visto, non sottoponendosi
alla pubblicità unitaria di cui abbiamo parlato nel § precedente,
non acquista la soggettività, avendo peraltro già conseguito il
risultato dell’autonomia patrimoniale perfetta.
La singolarità di tutto questo è abbastanza evidente, se si
ha presente l’orientamento complessivo del sistema in ordine al
riconoscimento della soggettività ed al rapporto fra pubblicità e
autonomia patrimoniale; per non parlare dell’inedita e ancor più
singolare facoltà di auto-esonero dal fallimento che di fatto ne
deriverebbe,
se
fosse
vero
che
la
rete-non
soggetto
–
diversamente da quella dotata di soggettività – deve ritenersi
non fallibile (come ritiene Sciuto 2012; e v. anche Sciuto 2014).
Facciamo ad esempio il confronto con il caso delle società
di persone iscritte e non iscritte (regolari e irregolari): per esse
l’iscrizione è sempre obbligatoria e incide sul grado di autonomia
patrimoniale, sicché la non iscrizione è penalizzante per la
società e per i soci (fa eccezione la società semplice, il cui regime
risente ancora della sottrazione al sistema pubblicitario per essa
originariamente prevista), tuttavia la soggettività – secondo una
ricostruzione ormai da tempo consolidata – non viene messa in
dubbio nemmeno per le società non iscritte. Nel nostro caso
15
invece l’iscrizione, come si è visto, è facoltativa e non incide
sull’autonomia patrimoniale, che è sempre presente nel suo
grado massimo; a mancare sarebbe invece la soggettività
giuridica, il cui contenuto normativo si rivela però, a questo
punto, a dir poco sfuggente.
Ma – c’è da chiedersi – l’“essere (o non essere) soggetto”
dipende da formule sacramentali adoperate (o non adoperate)
dalla connotazione normativa di una
dal legislatore oppure
determinata fattispecie?
Per convincimento comune un espresso riconoscimento
legislativo della soggettività non è reputato necessario ai fini
della “entificazione”: sono soggetti giuridici, pur mancando tale
riconoscimento, le società di persone (si ripete: iscritte o non
iscritte), le associazioni non riconosciute, i consorzi con attività
esterna, e via dicendo.
E’ vero, infatti, che parliamo di una qualificazione giuridica,
ma essa può ben desumersi dal riconoscimento – ricavabile per
via interpretativa – degli attributi che si ritengano essenziali a
quella qualificazione. E va ricordato che quando – prima
dell’introduzione della norma sull’acquisto della soggettività da
parte delle reti (oggetto di più ripensamenti fra l’estate e
l’autunno del 2012: cfr. l’art. 1, 1° co., l. 7 agosto 2012, n. 134;
l’art. 36, 4° co. d.l. 18 ottobre 2012, n. 179; e l’art. 1, 1° co., l.
17 dicembre 2012, n. 221) – ci si chiedeva se la rete fosse o no
qualificabile
come
soggetto
giuridico,
chi
rispondeva
negativamente argomentava in larga misura dalla mancanza di
prescrizioni che imponessero l’indicazione del nome e della sede
(cfr. Sciuto 2012); prescrizioni che viceversa ora ci sono, sicché
appunto la sedicente rete-non soggetto, oltre a poter contare su
16
un patrimonio comune, ha un proprio nome e una propria sede,
distinti da quelli dei partecipanti!
Certo, nel nostro caso – diversamente da quel che accade
per società di persone, associazioni non riconosciute, consorzi
con
attività
esterna
–
non
solo
la
legge
non riconosce
espressamente la soggettività ma espressamente la nega, in
assenza della pubblicità unitaria (art. 3, co. 4-ter, primo
capoverso, ultimo periodo, riportato in apertura di questo §).
Ma qual è il valore di questa negazione sul piano
normativo? Ci si riferisce, naturalmente, a un valore che vada al
di là della convenienza di negare l’alterità della rete rispetto ai
partecipanti per evitare che i benefici fiscali vengano sanzionati
come aiuti di Stato (perché questa parrebbe la ragione alla base
del guazzabuglio normativo, come spiega da ultimo Marasà); c’è
da comprendere, insomma, se e in che cosa la
disciplina
dell’agire della rete-non soggetto si differenzi da quella propria
della rete-soggetto.
5.- Rappresentanza e responsabilità nella rete-soggetto e
nella rete con attività esterna priva di soggettività.
Una valenza normativa minima sembrerebbe ravvisabile
nella disciplina della rappresentanza: l’art. 3, co. 4- ter, terzo
capoverso, lett. e, prevede in effetti, peraltro in relazione solo ad
alcuni rapporti e – riserva di non poco conto dalla quale peraltro
evito di argomentare – “salvo che sia diversamente disposto” nel
contratto, che “l’organo comune agisce in rappresentanza della
rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza
della soggettività, degli imprenditori… partecipanti”.
Non è ben chiaro, però, come questa disposizione possa
conciliarsi con quelle, già ricordate, che delineano il regime
patrimoniale della rete priva di soggettività; come funzionino
17
insomma, nel caso delle reti-non soggetto, i meccanismi di
imputazione degli atti compiuti dall’organo comune e dei loro
effetti.
In particolare c’è da chiedersi:
a) se l’organo comune spende il nome degli imprenditori,
non ingenera nei terzi il legittimo affidamento che gli effetti degli
atti così compiuti siano imputati ai patrimoni degli imprenditori
stessi? Com’è possibile allora che delle obbligazioni così assunte
risponda il (solo) fondo comune? Oppure la limitazione di
responsabilità opera solo se nell’attività negoziale viene speso il
nome della rete? In realtà sembrerebbe di no, sia per via del
riferimento all’agire “in rappresentanza degli imprenditori” (art.
3, co. 4-ter, terzo capoverso, lett. e, cit.), sia perché ai fini della
localizzazione della responsabilità sul fondo comune la legge
richiede solo che si tratti di obbligazioni contratte dall’organo
comune “in relazione al programma di rete” (art. 3, co. 4-ter,
secondo capoverso, n. 2, cit., che non esige, dunque, la
“menzione del vincolo di destinazione” necessaria, ad esempio,
per l’imputazione degli atti ai patrimoni destinati di società per
azioni: art. 2447-quinquies, ult. co., c.c.);
b) in capo a chi si producono gli acquisti degli atti conclusi
in rappresentanza degli imprenditori partecipanti? I normali
criteri d’imputazione indurrebbero a configurare una situazione di
contitolarità fra gli imprenditori il cui nome è stato speso nella
contrattazione; ma, se è così, si realizza una dissociazione tra gli
effetti attivi, di cui beneficiano i partecipanti, e gli effetti passivi,
di cui risponde solo il fondo (dissociazione tratteggiata con
preoccupazione da Marasà): è proprio questo il risultato voluto
dalla legge?
18
Insomma, l’alternativa fra “essere o non essere” soggetto non
pone forse agli interessati un dubbio amletico (come dimostra il
basso numero di reti-soggetto, spiegabile con il più favorevole
trattamento delle reti prive di soggettività); molti dubbi suscita
invece, negli interpreti, la disciplina delle reti con attività esterna
ma non soggettivizzate.
Tornando al regime pubblicitario, bisogna aggiungere che
queste reti vanno incontro alla medesima pubblicità prevista per
quelle meramente interne (ossia quella plurima o frammentata),
dal momento che la loro eventuale iscrizione unitaria come
“rete” determinerebbe – per effetto delle norme già esaminate –
l’acquisto della soggettività.
Viceversa, a nostro avviso, la logica avrebbe suggerito la
soluzione opposta, ossia la previsione di una pubblicità unitaria,
trattandosi
di
pubblicizzare
non
la
partecipazione
degli
imprenditori x, y e z a un contratto, ma la venuta ad esistenza
della rete come patrimonio aziendale separato (da quelli degli
imprenditori
partecipanti),
per
di
più
provvisto
di
una
denominazione e di una sede e retto da un regime di autonomia
patrimoniale perfetta.
Quanto la soluzione accolta sia innaturale è testimoniato dalla
disciplina della situazione patrimoniale annuale della rete-non
soggetto. La legge, infatti, ne prescrive il deposito presso l’ufficio
del registro delle imprese “del luogo ove ha sede” la rete (art. 3,
co. 4-ter, secondo capoverso, n. 3), ma presso quel luogo la retenon soggetto non è detto che risulti iscritta, dovendo essere
iscritta nei luoghi in cui hanno sede le imprese partecipanti, e in
ogni caso – anche se lo fosse – non vi sarebbe nel registro una
posizione intestata alla rete. Il legislatore, insomma, ha prescritto
per la situazione patrimoniale una pubblicità unitaria senza
19
accorgersi che, non avendola prevista in via generale per la rete,
essa risulta inattuabile; nell’attuale situazione normativa, l’unico
modo per realizzare la pubblicità della situazione patrimoniale
sarebbe quello di effettuare tanti depositi quante sono le imprese
partecipanti (e v. Marasà), cosa che peraltro non è prevista dalla
legge.
Ancora: la limitazione di responsabilità viene accordata ai
partecipanti alle reti non soggettivizzate senza che vi sia una
specifica pubblicità a ciò deputata: l’effetto costitutivo della
separazione
patrimoniale
(con
limitazione
al
fondo
della
responsabilità per le obbligazioni assunte) è prodotto, infatti, dai
medesimi adempimenti pubblicitari cui sono sottoposti i contratti
di rete senza attività esterna.
Ancor più anomalo, poi, è che la limitazione di responsabilità
sia accordata senza nemmeno richiedere il previo controllo di
legalità e autenticità del contratto. L’art. 3, co. 4- ter, terzo
capoverso, al riguardo, si accontenta dell’atto con firma digitale
semplice (la norma rinvia infatti, alternativamente, agli artt. 24 o
25 del codice dell’amministrazione digitale), diversamente da
quel che accade là dove la rete intenda acquistare la soggettività
(nel qual caso l’art. 3, co. 4-quater, ultimo periodo, rinviando al
solo art. 25 del citato codice, richiede che la eventuale firma
digitale sia autenticata); previsione che non solo evidenzia una
diversità di trattamento, rispetto alle reti-soggetto, di cui davvero
non si scorge alcuna ragione, ma che salvo errori costituisce un
unicum nel nostro ordinamento.
In conclusione, si scorgono più ombre che luci in questa forma
ibrida di rete non soggettivizzata, che ha un nome ma non lo
adopera, una sede ma non può servirsene; sicché, insomma, il
suo trattamento – e non si allude solo a quello pubblicitario –
20
andrebbe ripensato e reso più congruo e più coerente con alcuni
generali
principi
civilistici,
anche
perché
il
prezzo
delle
incongruità e delle incoerenze rischiano di pagarlo i terzi, che il
più delle volte sono imprenditori esattamente come quelli che
fanno parte della rete.
6.- Reti-soggetto, reti-non soggetto e “bancabilità”.
Pur con tutte le incertezze sopra evidenziate, il contratto di
rete
rappresenta
senza
dubbio
uno
strumento
giuridico
attraverso il quale gli aderenti possono perseguire lo sviluppo e
la crescita della propria attività d’impresa.
È probabile che per raggiungere gli obiettivi prefissati con il
contratto
di
patrimoniale
rete,
dello
non
stesso,
essendo
si
sufficiente
debba
ricorrere
la
a
dotazione
forme
di
finanziamento esterno, incluso quello bancario. In proposito, è
opportuno segnalare le problematiche che potrebbero sorgere nei
rapporti con gli istituti di credito anche in merito all’attribuzione
del rating e quindi alla meritevolezza creditizia del soggetto da
finanziare.
Un primo aspetto da considerare è rappresentato proprio
dall’individuazione del soggetto da finanziare. Dovendo questo
essere dotato di una soggettività giuridica che consenta la
sottoscrizione e l’imputazione degli effetti del contratto di
finanziamento, non parrebbero essere astrattamente finanziabili
né la rete di imprese meramente interna, né quella esterna priva
di soggettività giuridica, in quanto tali.
De residuo, quindi, è da ritenere che possano essere parti
di un contratto di finanziamento solo le reti iscritte nel registro
delle imprese ai sensi del già citato art. 3, co. 4- quater, in quanto
solo queste – il cui numero è peraltro assai esiguo – hanno la
soggettività giuridica che ne consente la spendibilità del nome.
21
L’individuazione della tipologia di rete non risolve però i
dubbi e i problemi inerenti la sua finanziabilità, in quanto questa
presuppone l’attribuzione alla stessa di un rating che consenta
una classificazione, su scala ordinale, relativa alla capacità della
rete di onorare le obbligazioni assunte contrattualmente.
Per fare ciò, com’è noto, nella prassi si valuta, secondo dei
parametri prestabiliti, la situazione economico-finanziaria del
soggetto da finanziare. A tale valutazione, che ha mostrato alcuni
limiti, con sempre maggior frequenza si aggiungono una ricerca e
una valutazione di indici qualitativi ricavabili dalla struttura
organizzativa del soggetto da finanziare nonché dal business
plan che, tra le altre cose, dovrebbe illustrare e spiegare le
modalità e le tempistiche attraverso le quali saranno generati i
flussi finanziari necessari per rimborsare il finanziamento.
Ora, pare evidente che l’attribuzione del rating al contratto
di rete non sia semplice, dal momento che gli elementi posti alla
base dell’attribuzione della meritevolezza creditizia (situazione
economico-finanziario,
assetti
organizzativi,
business
plan)
potrebbero non trovare adeguato e documentato riscontro nella
“struttura” del contratto, largamente lasciata all’autonomia
privata. Questa oggettiva constatazione porta a ritenere non
agevole una valutazione in termini di affidabilità del contratto di
rete.
Le già evidenziate difficoltà, anche teorico-pratiche, nel
ricostruire la natura e la disciplina del contratto di rete si
scontrano
finanziatrici,
con
le
che
esigenze
di
sposteranno
“certezze”
l’attenzione
delle
banche
(nonché
il
finanziamento) dal contratto di rete alle parti dello stesso, vale a
dire i singoli imprenditori, già valutati e in ogni caso valutabili
secondo procedure standardizzate e utilizzate nella prassi
22
quotidiana,
procedure che dovrebbero essere modificate e
adattate se indirizzate all’aggregazione soggettivizzata.
Queste oggettive difficoltà portano a ritenere che, salvo
rare e peculiari ipotesi, il sistema creditizio “sposterà” il
finanziamento dal contratto di rete alle parti dello stesso,
superando anche l’eventuale intestazione formale alla rete
attraverso sostanziali garanzie da richiedere alle singole parti.
Di regola, dunque, il finanziamento e l’attribuzione del
rating saranno riferibili alle singole imprese partecipanti alla rete.
Da ciò discende che, anche ai fini dell’attribuzione del rating,
sarà necessario valutare se tale partecipazione costituisca un
elemento positivo, in sé da apprezzare ai fini del rating stesso,
oppure rappresenti un ulteriore rischio non adeguatamente
gestito dall’impresa che chiede il finanziamento; rischio che, in
tal caso, inciderà negativamente sull’affidabilità della stessa.
È evidente che in entrambi i casi le analisi strumentali
all’attribuzione del rating dovranno essere incentrate sugli
aspetti qualitativi del contratto di rete e sugli effetti che
l’aggregazione potrebbe determinare sul soggetto da finanziare.
Sarà necessario quindi analizzare e valutare sia gli obiettivi
perseguiti con l’adesione alla rete di impresa, sia la struttura
organizzativa interna (rectius: organo comune). Ciò, dovendosi
attribuire il rating alla singola impresa, dovrà essere effettuato in
relazione alla specifica attività della singola impresa nonché in
considerazione di quanto essa possa essere valorizzata o,
eventualmente, danneggiata dalla partecipazione alla rete di
imprese.
La valutazione, quindi, è sull’impresa (anche) in relazione
alla sua partecipazione al contratto di rete. Quest’ultimo,
pertanto, potrebbe condizionare il rating, con effetti positivi
23
qualora sia in grado (come auspicabilmente dovrebbe essere) di
generare dei vantaggi competitivi per gli aderenti.
Nel
silenzio
legislativo,
o
meglio
nell’incentivo
all’autonomia privata (esaltata in termini di “flessibilità”), di
particolare
rilievo
saranno
trascurare
l’adeguatezza
le
regole
del
fondo
organizzative,
patrimoniale
senza
comune
strumentale a perseguire il programma della rete di imprese. Il
programma della rete è di particolare importanza in quanto
rappresenta
gli
obiettivi
e
le
finalità
poste
alla
base
dell’aggregazione e proprio per questo dovrà essere valutato in
termini di: (i) sostenibilità anche in relazione ai possibili sviluppi;
(ii)
settore
produttivo
nel
quale
esso
si
inserisce;
( iii)
compatibilità rispetto al modello di business delle imprese
aderenti (e non solo di quella che richiede il finanziamento).
È evidente, quindi, che la rilevanza complessiva del
programma di rete non sarà rappresentata dalla semplice
sommatoria delle singole imprese ma discenderà dall’effettivo
accrescimento sulle stesse, in termini di capacità innovativa e
competitiva, derivante dalla partecipazione alla rete di imprese.
In termini tanto positivi quanto negativi, l’elemento determinante
sarà rappresentato dalla “imprenditorialità” e dalla fattibilità del
progetto
posto
alla
base
dell’aggregazione.
L’aspetto
programmatico e di fattibilità, peraltro, è necessario ma non
sufficiente, in quanto non si potrà prescindere dalle modalità
organizzative attraverso le quali si proceda alla realizzabilità del
programma di rete e alle ricadute, anche in termini di impegni
non solo finanziari, sui singoli partecipanti.
Un contratto di rete ben “strutturato” potrebbe condurre ad
una valutazione positiva in termini di
rating qualora sia
consentito rilevare il valore aggiunto che l’aggregazione genera a
24
favore del soggetto richiedente il finanziamento nonché, più in
generale, della rete.
Non è tuttavia da escludere che la partecipazione ad un
contratto di rete possa, sulla singola impresa, generare una
conseguenza negativa (downgrade), e ciò anche a prescindere
dall’(in)adeguatezza patrimoniale e organizzativa del contratto di
rete. Si potrebbe infatti avere un contratto di rete ben
“strutturato”, e che proprio per questo consente una valutazione
oggettiva, dalla quale emerga l’assenza di un valore aggiunto per
la singola impresa per la quale, eventualmente, il programma di
rete potrebbe essere (anche solo nel concreto) inadeguato.
L’impossibilità di procedere ad una valutazione quale
conseguenza dell’inadeguatezza (anche solo organizzativa) del
contratto di rete, d’altro canto, può avere delle conseguenze
negative
in
termini
di
rating, dal momento che qualora
dall’aggregazione possa discendere un valore aggiunto ma
questo non emerga oggettivamente e quindi non sia valutabile, si
determinerà, di conseguenza, un maggior rischio in termini di
affidabilità.
Da quanto evidenziato emerge che se da un lato il
contratto di rete potrebbe non essere un soggetto (direttamente)
finanziabile – e non ci si riferisce (solo) ai casi in cui della
soggettività giuridica sia privo –, è innegabile che lo stesso possa
e debba essere utilizzato per l’attribuzione del rating alle singole
imprese partecipanti.
Il programma di rete e la sua coerenza con le attività delle
imprese partecipanti, l’adeguatezza patrimoniale e organizzativa,
la scelta a favore dell’iscrizione unitaria nel registro delle imprese
rappresentano senza dubbio degli elementi da considerare anche
25
per le conseguenze che potrebbero avere sul rating dei singoli
partecipanti.
Calando tutto ciò sulle reti di imprese agricole, e quindi
sugli imprenditori aderenti, si può ritenere che la partecipazione
all’aggregazione
–
vale
a
dire
la
partecipazione
ad
un’organizzazione strutturata con la dichiarazione degli obiettivi
perseguiti e dei vantaggi che potrebbero discenderne – potrebbe
contribuire a risolvere i problemi per l’attribuzione di un rating
agli
imprenditori
agricoli,
che
solitamente
operano
quali
“monadi” senza strutture organizzative adeguate.
La rete di imprese, anche alla luce del “sistema di
relazioni” che si genera tra imprese partecipanti, potrebbe dare
all’imprenditore
agricolo,
dunque,
l’ulteriore
vantaggio
(probabilmente, non sempre adeguatamente considerato) di
contribuire
ad
una
valutazione
qualitativa
dell’attività
strumentalmente alla finanziabilità della stessa.
SEZIONE II – IL
AGRICOLTURA.
1.
CONTRATTO DI RETE QUALE FORMA ASSOCIATIVA IN
L’ESPERIENZA
Imprese
NELLA
agricole
e
REGIONE
SARDA
mercato
nella
legislazione
comunitaria, nazionale, regionale.
E’ noto che sia il legislatore comunitario che il legislatore
nazionale e regionale hanno tentato, nel tempo, di replicare ad
una endemica difficoltà delle imprese agricole a posizionarsi sul
mercato.
Per
il
primo
aspetto,
l’esplicito
riconoscimento
della
fattispecie, di matrice comunitaria, dell’imprenditore agricolo a
titolo principale (i.a.t.p.), disciplinata per la prima volta nella
direttiva CEE, del Consiglio, 17 aprile 1972, n. 159, relativa al
miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie (poi sostituita
26
dapprima dal regolamento del Consiglio n. 797/1985, del 12
marzo 1985, che confermò quali destinatarie della politica
comunitaria di aiuti agli investimenti nel settore agricolo le
aziende
il
cui
imprenditore
esercitasse
l’attività
a
titolo
principale, rinviando agli Stati membri per la definizione della
nozione; poi dal regolamento n. 2328/1991, del 15 luglio 1991, e
dal regolamento n. 950/97, del 20 maggio 1997, entro il quale il
Consiglio, in considerazione delle reiterate modifiche, rifuse la
normativa originaria), in esecuzione dell’art. 39 del Trattato CEE
(poi divenuto art. 33 Trattato TCE), e quindi in linea con i principi
del Trattato in tema di politiche agricole, prevedeva una serie di
misure a supporto sia del piccolo imprenditore agricolo-persona
fisica, e in particolare del coltivatore diretto, sia anche delle
società agricole.
Con il Regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, del 7
maggio 1999, l’imprenditore agricolo a titolo principale-i.a.t.p.
viene soppiantato dall’imprenditore agricolo professionale-i.a.p.,
ossia colui che, se in possesso delle specifiche conoscenze e
competenze professionali richieste dall’art. 5 del regolamento
comunitario, può accedere a diverse forme di contribuzione a
fondo perduto e agevolazioni fiscali e contributive. Anche in tal
caso, il legislatore comunitario consente agli Stati membri di
prevedere l’utilizzo di tutte le forme societarie capitalistiche,
anche a scopo consortile, e della cooperativa.
Sul versante del diritto interno, la nozione comunitaria di
imprenditore agricolo a titolo principale venne recepita con la l. 9
maggio 1975, n. 153, i cui artt. 12 e 13 introdussero,
rispettivamente, la nozione di imprenditore agricolo a titolo
principale-persona fisica e la nozione di imprenditore agricolo a
titolo principale-persona giuridica, o comunque ente collettivo.
27
In materia di agevolazioni al settore agricolo, la l. 15
dicembre 1998, n. 441, recante norme per la diffusione e la
valorizzazione
dell’imprenditorialità
giovanile
in
agricoltura,
all’art. 2, lett. e), dispose (non senza creare problemi di
coordinamento con la normativa comunitaria) che possono
essere destinatarie degli aiuti e delle agevolazioni previste per
l’imprenditorialità agricola giovanile anche le società di capitali
aventi all’oggetto sociale la conduzione di aziende agricole, ove i
conferimenti dei giovani agricoltori costituiscano più del 50 % del
capitale sociale e gli organi di amministrazione della società
siano costituiti in maggioranza da giovani agricoltori.
Quanto alla legislazione regionale, l’art. 15 l. r.a.s. 23
marzo 1979, n. 19, recante provvedimenti per la ristrutturazione
e lo sviluppo dell’agricoltura sarda, definiva imprenditore agricolo
a titolo principale colui che dedichi all’attività agricola non meno
di due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo, e ricavi
dall’attività non meno di due terzi del proprio reddito globale da
lavoro. Ai sensi dell’art. 21 di questa stessa legge, le cooperative
agricole e le associazioni di imprenditori agricoli costituite ai
sensi della legislazione vigente possono altrimenti godere delle
provvidenze previste dalla legge “sempreché ciascun socio
ritragga dall’attività agricola almeno il 50 per cento del proprio
reddito ed impieghi nell’attività aziendale ed in quella associata
almeno il 50 per cento del proprio tempo di lavoro”.
L’articolo veniva però abrogato, insieme all’intero Titolo IV
della legge, dall’art. 14, comma 1°, l. r.a.s. 27 agosto 1992, n. 17.
Posto, dunque, che quest’ultima legge non conteneva una
nozione autonoma di imprenditore agricolo a titolo principale, ai
sensi dell’art. 2, comma 2°, d.m. 12
settembre 1985, trovava
applicazione l’art. 13 della citata l. n. 153/75.
28
La
legge
27
agosto
1992,
n.
17,
prevedette,
poi,
l’istituzione dell’albo degli imprenditori agricoli a titolo principale,
precisando che i criteri per la gestione di detto albo sarebbero
stati determinati dalla giunta regionale in ottemperanza alle
prescrizioni del regolamento n. 2328/91.
L’opera
legislativa
di
modernizzazione del
settore si
completò, poi, con la legge delega 5 marzo 2001, n. 57, recante
“disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”, e
il d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228, dedicato all’orientamento e
modernizzazione del settore agricolo, che nel modificare l’art.
2135 del codice civile introdusse obiettivi di modernizzazione e
diffusione dell’innovazione tecnologica, nonché di integrazione
dell’attività agricola con altre attività (cosiddetta agricoltura
multifunzionale).
Con il d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99, successivamente
modificato dal d. lgs. 15 giugno 2005, n. 101, è stata, infine,
introdotta, in esecuzione del già citato Regolamento CE n.
1257/1999
del
Consiglio,
del 7
maggio
1999,
la
figura
dell’imprenditore agricolo professionale, che soppiantò, come si è
detto, l’imprenditore agricolo a titolo principale.
La parabola degli interventi a sostegno dello sviluppo
dell’imprenditoria
agricola
è,
dunque,
lunga,
complessa
e
articolata, e un ruolo di primo piano è stato assolto dal legislatore
regionale, cui compete – fermi i principi generali dettati dal
legislatore comunitario – la definizione delle singole fattispecie
oggetto di regolazione (così, ad esempio, la definizione dapprima
dell’ i.a.t.p., poi dello i.a.p.).
Anche la rete si inserisce a pieno titolo in questa parabola.
La definizione di contratto di rete e la relativa disciplina
promanano, come è noto, dall’art. 3, commi 4- ter ss. d.l. l0
29
febbraio 2009 n. 5, convertito in l. 9 aprile 2009, n. 33, poi
modificata e integrata dalla l. 23 luglio 1999, n. 99; dal d.l. 1°
luglio 2010, n. 78, convertito con modificazioni in l. 30 luglio
2010, n. 122, a sua volta modificato e integrato con d.l. 22
giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni in l. 7 agosto
2012, n. 134; dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con
modificazioni in l. 17 dicembre 2012, n. 221.
2.
Contratti
di
rete
e
consorzi
come
accordi
fra
imprenditori commerciali o agricoli. Natura e caratteri
generali.
Sulla natura del contratto la dottrina si divide tra chi ritiene
che esso si avvicini al consorzio, e in particolare al consorzio con
attività esterna, potendo integrare con la disciplina codicistica di
quest’ultimo le molte lacune lasciate dal legislatore (Serra); chi
ritiene che la rete sia, cioè esattamente s’identifichi, con un
consorzio con attività esterna (Corapi); chi ritiene sia un
contratto nuovo e tipico (Mosco, Russo); e chi ritiene sia una
figura transtipica, che, come tale, coniuga alcuni aspetti della
disciplina generale dei contratti insieme a taluni singoli elementi
di contratti tipici preesistenti al fine di assecondare, di volta in
volta, l’intento negoziale delle parti (Cafaggi, Calisai, Iamiceli,
Santagata, Villa).
Altri ancora
negano alla disciplina del contratto di rete
qualunque valenza definitoria e classificatoria dal punto di vista
civilistico e ritengono che esso si esaurisca in un corpo di norme
di favore atte a consentire, nel rispetto di alcuni requisiti
strutturali, l’applicazione di certe agevolazioni tributarie e
previdenziali;
norme
di
favore
che
potrebbero,
dunque,
coniugarsi con qualunque contratto associativo preesistente
(Spada, Maltoni).
30
Altri, infine, ne valorizzano la valenza non solo aggregativa
ma anche di coordinamento ed evidenziano la forte contiguità tra
la rete e il gruppo societario paritetico: come quest’ultimo, la rete
ha
un’origine
negoziale
e si
connota
per
mirare
a
una
distribuzione uniforme su tutti gli aderenti dei vantaggi derivanti
dall’adesione ad essa, al pari del gruppo societario paritetico di
cui all’art. 2545-septies del codice civile, introdotto ex novo dalla
riforma del diritto societario attuata con i decreti legislativi 17
gennaio 2003, nn. 5 e 6 (Onza-Salamone).
Tutte
le
diverse
ricostruzioni
hanno
in
comune
la
collocazione della rete tra i contratti plurilaterali (e) associativi
con comunione di scopo, salvo stabilire se il numero minimo dei
partecipanti si attesti su due o tre soggetti.
La
qualità
di
imprenditore
(preesistente
rispetto
all’adesione alla rete) è l’unico requisito richiesto per la
partecipazione al contratto, esattamente come accade per il
consorzio privato. E va detto che non necessariamente tutti gli
imprenditori aderenti devono collocarsi nella medesima “fase”
del ciclo produttivo imprenditoriale.
La partecipazione a tale contratto è, dunque, consentita a
tutte le imprese, siano esse commerciali o agricole, a prescindere
dalle dimensioni, così come è ipotizzabile un contratto di rete
mista tra imprese agricole e commerciali.
Parte
della
dottrina
evidenzia,
peraltro,
che
niente
impedisce a liberi professionisti e altre categorie di soggetti non
tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese di costituire un
contratto avente contenuti identici a quelli della rete senza che,
ovviamente, possa essere attribuita a tale organizzazione la
denominazione (e la disciplina) di rete (Maltoni-Spada).
31
Dal momento che la dottrina dominante definisce come
contratto nominato il contratto riconosciuto da fonti normative di
rango primario, e identifica il nuovo tipo contrattuale in ragione
dell’originalità della causa (se) non risolvibile nella funzione
economica
di
tipi
contrattuali
presistenti
(Ferri),
sembra
sufficientemente confortata, dunque, la ricostruzione della rete
come contratto nominato e tipico.
Tra l’altro, anche a volere condividere l’opinione che la rete
sia, piuttosto, un contratto transtipico (idea che, peraltro, è di
ben poca utilità nella ricostruzione della fattispecie e della sua
disciplina) si tratterebbe comunque di un contratto associativo e
non di scambio. Questa conclusione non è dettata soltanto dalla
banale constatazione che i tipi contigui alla rete sono tutti
contratti associativi, ma anche dalla duplice circostanza che il
programma di rete deve prevedere un’attività economica da
svolgere in comune (e non prestazioni di tipo sinallagmatico) e
che la rete-contratto può in qualunque momento evolvere in retesoggetto, posto che i partecipanti per legge sono titolari di un
diritto potestativo all’ottenimento della soggettività giuridica.
E’ dalla disciplina codicistica generale in materia di
contratti associativi che la rete attinge, dunque, per gli aspetti
non
specificamente
regolati
dal
legislatore,
oltre
che,
eventualmente e per analogia, dalla disciplina di tipi regolati
quali il consorzio, ovvero anche di figure di contratto associativo
tipiche del mondo agricolo, quali l’associazione di produttori e il
distretto (le contiguità sono segnalate, in particolare, da Russo).
Quanto, poi, al ruolo assolto dalle norme in materia di
consorzi, chi ritiene che la rete sia un consorzio con attività
esterna conclude, ovviamente, per l’applicabilità integrale e
diretta della disciplina di cui agli artt. 2602 del codice civile; chi
32
ritiene che la rete assomigli a un consorzio con attività esterna
conclude che la disciplina di quest’ultimo è applicabile per
analogia, e dunque nei limiti della compatibilità con le specifiche
regole dettate in materia di rete.
La più vistosa somiglianza tra rete e consorzio si riscontra
nella simmetria tra rilevanza esterna dell’attività e presenza di
un organo di rappresentanza e di un fondo comune: nella rete
come nel consorzio, cioè, l’acquisto della soggettività giuridica
presuppone la presenza dell’una e dell’altro.
Vero è, però, che nella disciplina codicistica del consorzio si
distinguono il consorzio che opera con i terzi (e dispone di un
ufficio di rappresentanza) e il consorzio che opera quale mera
struttura di coordinamento delle attività dei consorziati. Tale
distinzione è – come è noto – trasversale alla funzione economica
del
consorzio,
potendosi
riscontrare
sia
nei
consorzi
di
contingentamento della produzione o degli scambi (c.d. consorzicartello) di cui all’art. 2602, comma 3, del codice civile, che nei
consorzi di coordinamento.
Nel contratto di rete, di contro, il legislatore ha previsto uno
specifico regime pubblicitario anche per la rete-contratto non
soggettivizzata. Al di là dalle critiche che suscita, in sé, questa
frammentazione degli adempimenti pubblicitari, ciò rappresenta
un’anomalia,
per
cui
sembra
necessaria
un’interpretazione
correttiva secondo la quale il perfezionamento della pubblicità
non
condiziona
l’efficacia
negoziale
dell’accordo
ma
la
concessione delle agevolazioni (Ibba 2014; e v. sopra, nella
Sezione I).
3. Scopo e contenuti del contratto di rete.
Sul piano della ricostruzione sistematica della fattispecie, si
individuano, come si è visto nella Sezione I, tre modelli: a) la
33
rete-contratto; b) la rete-soggetto priva di personalità giuridica,
che tale è qualora gli aderenti costituiscano un fondo comune
senza perfezionare la (facoltativa) iscrizione del contratto nella
sezione del registro delle imprese nella quale ha sede la rete,
così
perpetuando
il
regime
delle
iscrizioni
multiple
e
frammentarie nelle (eventualmente) diverse sedi dei partecipanti
alla rete; c) la rete-soggetto cui è conferita la soggettività
giuridica, previa istituzione di un fondo patrimoniale e successiva
iscrizione nella sezione del registro delle imprese ove la rete ha
sede (ma sul ruolo degli adempimenti pubblicitari e sul momento
in cui la rete acquisterebbe la soggettività giuridica la dottrina
non è omogenea: cfr. Marasà e Serra).
Prescindiamo da alcuni interrogativi di carattere puramente
teorico quali, in particolare: 1) il significato da attribuire al
riconoscimento della soggettività alla rete (piuttosto che della
personalità giuridica); 2) il significato della peculiare situazione
di cui sopra al sub-modello b), cioè quella del patrimonio
separato privo di soggetto (che si verifica là dove la rete
costituisca il fondo comune ma non chieda l’iscrizione della rete
nella sezione del registro delle imprese in cui essa ha sede, non
ottenendo la piena soggettività giuridica).
Concentriamo, piuttosto, l’attenzione su alcuni profili di
carattere generale che confermano come la rete sia uno
strumento che al di là della struttura giuridica prescelta – retecontratto, rete-organizzazione senza soggettività giuridica, retesoggetto - si presta a rappresentare un presidio alle carenze
strutturali, organizzative, di finanziamento delle imprese mediopiccole, agricole e non.
L’essenza della definizione di rete, ovvero lo scopo-fine del
contratto, è enunciato là dove si dice che “con il contratto di rete
34
più
imprenditori
perseguono
lo
scopo
di
accrescere,
individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa
e la propria competitività sul mercato, e a tal fine si obbligano
sulla base di un programma comune di rete a collaborare in
forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle
proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di
natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero
ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti
nell’oggetto della propria impresa” (art. 3, comma 4-ter, d.l. 10
febbraio 2009, n. 5).
Lo
scopo-fine
del
contratto
coincide,
dunque,
con
l’accrescimento della capacità innovativa e competitiva sia delle
imprese aderenti che della rete complessivamente considerata,
laddove il “programma comune di rete” rappresenta lo scopo–
mezzo mutualistico e comune (Massamormile).
Da questo punto di vista, la rete presenta evidenti
assonanze con il consorzio di coordinamento di cui all’art. 2602,
comma 1, cod. civ., sia che esso svolga o sia che non svolga
attività con i terzi, fermo restando che l’obbligazione dei
contraenti può consistere nello svolgimento in comune di
un’attività o nel semplice scambio e condivisione di informazioni
di carattere commerciale, industriale, tecnico o tecnologico.
E’ vero, infatti, che il conseguimento dello scopo-fine della
rete può essere favorito da alcuni elementi strutturali, quali in
particolare il fondo comune e l’organo di rappresentanza. La
presenza di tali elementi è, tuttavia, solo eventuale.
Quanto al fondo comune, tutte le reti-soggetto hanno un
fondo comune ma non è sempre vero l’inverso, e quindi le reti
con un fondo comune potrebbero non accedere alla qualifica di
reti-soggetto (v. l’art. 5 dello statuto “Rete mare e terra di
35
Gallura”), che dipende, come si è visto, dalla volontaria iscrizione
della rete nella sezione del registro delle imprese ove la rete ha
sede). Il fondo comune potrebbe essere sostituito, in alternativa,
mediante costituzione da parte di ciascun contraente (se) società
per azioni, di un patrimonio destinato all’affare, ai sensi
dell’articolo
2447-bis,
primo
comma,
lett.
a),
ma
la
fenomenologia in tal senso pare praticamente poco significativa.
Un discorso analogo vale per l’organo di rappresentanza,
che è eventuale. Ovviamente chi ritiene che la rete coincida con
(cioè si identifichi con) un consorzio con attività esterna, può
desumerne che l’organo di rappresentanza della rete coincida
con l’ufficio di cui all’art. 2603, comma 2, n. 2, c.c.
Se, allora, il fondo comune e l’organo di rappresentanza
sono elementi strutturali eventuali (essenziali solo nella retesoggetto), è evidente che lo scopo-fine della rete è identico in
tutti
e
tre
i
casi,
cioè
nella
rete-contratto,
nella
rete-
organizzazione (non soggettivizzata) e nella rete-soggetto.
4. Scopo e contenuti dei contratti di reti agricole in
Sardegna.
La conferma che naturali destinatarie del contratto di rete
sono
le
imprese
medio-piccole,
bisognose
di
vicendevole
sostegno in fase di produzione e/o commercializzazione del
prodotto, si desume anche dal campione di reti di imprese
agricole aventi sede in Sardegna.
In tutti i contratti si evidenziano gli obiettivi ricorrenti di
creare un marchio comune e di individuare strumenti e canali di
finanziamento (cfr. statuti “Rete Agrirete”; “Rete mare e terra di
Gallura”; “Rete di filiera del grano duro coltivato e trasformato in
Sardegna”; Rete 2011”). Spesso è presente un “comitato di
gestione” cui è affidata l’individuazione della denominazione
36
della rete (cfr. “Rete Olio d’Oliva”; Rete 2011).
Non sembra, invece, che l’oggetto sociale abbia connotati
innovativi stricto sensu, alla stregua recentemente definita dal
legislatore in materia di start up innovative (v. infra): obiettivi
come "incentivare lo sviluppo tecnologico, accrescere attività di
ricerca,
ideazione,
progettazione,
prototipazione,
sviluppo
sperimentale, attività di sviluppo di nuove tecnologie, sviluppo di
una maggiore propensione all'innovazione, alla ricerca ecc. " sono
presenti in maniera significativa e non rituale in un unico
contratto (“Rete Percorsi di benessere in Sardegna” ), mentre
sembrano per lo più clausole di stile, prive di agganci e
riferimenti alla disciplina del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. decreto crescita
2.0.), modificato dal d.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito in l. 9
agosto 2013, n. 99 (c.d. decreto lavoro 2013) e, infine, dal d.l. 24
gennaio 2015, n. 3, convertito in l. 24 marzo 2015, n. 33 (anche
noto come “decreto banche popolari”, e contenente la disciplina
delle piccole e medie imprese innovative).
Quanto ai partecipanti, si tratta di imprese aventi connotati
dimensionali medio-piccoli, e comunque molto simili, senza che
si
individui
una
impresa
dominante
o
controllante,
che
condividono di regola un posizionamento marginale, o comunque
ristretto, nel mercato di riferimento.
Che la rete sia naturalmente vocata a radunare piccole
imprese locali lo si ricava dalla presenza, nel campionario
esaminato, di una rete di micro-imprese (“Rete Sardegna cultura
e tradizione”), dal fatto che i partecipanti siano, in gran parte,
imprese individuali, società semplici, società in nome collettivo e
s.r.l. con un limitatissimo numero di soci, e dal fatto che, sul
piano dell’estensione territoriale, si tratti per la quasi totalità di
37
imprese a vocazione locale, il più delle volte ristretta entro
l’ambito provinciale.
Anche nell’unico caso (“Rete Carciofo innovazione”) di rete
mista, che include imprese individuali, società semplici, società in
nome collettivo, s.r.l. e cooperative agricole e opera in un ambito
corrispondente al territorio regionale, nel programma di rete si
evidenzia come le imprese partecipanti siano costrette, per via
della
loro
“limitata
produzione
individuale”,
a
“subire
le
dinamiche negative del mercato di riferimento locale”, “con
seguenti problematiche nella vendita del prodotto”. Scopo
dell’adesione alla rete è, dunque, “unirsi per garantire una massa
critica” al fine di gestire la produzione “con unità di politiche
commerciali”,
incrementando
il
mercato
di
sbocco
e
la
remunerazione imprenditoriale.
Negli statuti ricorrono sistematicamente, dunque, nella
clausola
sull’oggetto
del
contratto,
obiettivi
di
carattere
commerciale rivolti alla individuazione o all’ampliamento del
mercato, alle attività di promozione e valorizzazione del prodotto
e all’incremento del margine di guadagno, quindi in sostanza ad
attività che sono in parte commerciali ma in buona parte –
secondo l’art. 2135, comma 3, del codice civile, come modificato
dal d. lgs. 18 gennaio 2001, n. 228, sono attività connesse
all’agricoltura oppure alla itticoltura (come nel caso di “ Rete
L’eccellenza parla in sardo”). Ai sensi dell’art. 2135, comma 3,
del codice civile, nel nuovo testo, infatti, “[s]i intendono
comunque
connesse
le
attività,
esercitate
dal
medesimo
imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione,
commercializzazione
e
valorizzazione
che
abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali,
38
nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante
l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda
normalmente
impiegate
nell'attività
agricola
esercitata,
ivi
comprese le attività di valorizzazione del territorio e del
patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità
come definite dalla legge”.
Quanto all’itticoltura, o pescacoltura
che dir si voglia, è
stata riclassificata – come è noto – dal legislatore nazionale quale
attività parificata all’agricoltura ai sensi dell’art. 2 d. lgs. 18
maggio 2001, n. 226, modificato con d. lgs. 26 maggio 2004, n.
154.
Dal campione esaminato si evince, dunque, che vocazione
primaria del contratto di rete in ambito agricolo è integrare la
funzione di un consorzio di coordinamento, ex art. 2602, comma
1, del codice civile, con riferimento alle fasi del ciclo economico
corrispondenti alle attività connesse di commercializzazione,
valorizzazione, distribuzione del prodotto agricolo, talvolta anche
integrando la funzione economica di un contratto di distribuzione
(come nel caso di “Rete imprese agroalimentari della Sardegna-
R.i.a.s.”).
SEZIONE III - LA
DISCIPLINA SPECIALE DELLE RETI D’IMPRESE NEL SETTORE
AGRICOLO
1.- Specificità della disciplina del contratto di rete in
agricoltura.
L’istituzione del contratto di rete, come si è visto,
s’inserisce
in
conduttore
è
un
quadro
normativo
rappresentato
complesso
dall’intento
di
il
cui
contrastare
filo
le
endemiche debolezze strutturali delle imprese agricole – e in
particolare delle attività agricole a titolo principale – dal punto di
39
vista dimensionale e organizzativo (specie per l’aspetto della
provvista di capitale finanziario) e con particolare riferimento alla
fase di scambio, ovvero di ingresso del prodotto nel mercato.
La disciplina del contratto di rete agricola comprende, poi,
rispetto alla disciplina del contratto di rete tout court, alcune
specificità, che non toccano la fattispecie e non sono sufficienti a
caratterizzare, sul piano giuridico, un submodello distinto,
sebbene non manchi chi accentua la rilevanza di tale statuto
speciale (Russo).
Questa
disciplina
a
tratti
peculiare,
che
contempla
agevolazioni di carattere amministrativo, finanziario, fiscale e
lavoristico (v. il “decreto lavoro” 2013 [d.l. 28 giugno 2013, n. 76,
convertito in l. 9 agosto 2013, n. 9, su cui si tornerà], ove si
prevede una forma di distacco dei lavoratori subordinati delle
imprese aderenti alla rete presso la rete stessa, che, in deroga
alla disciplina lavoristica comune, non è subordinato alla prova
(della presenza) dell’interesse datoriale), per lo più trova la
propria giustificazione, a ben vedere, non già in intrinseche
specificità del contratto di rete agricola ma nelle tradizionali e
ben note peculiarità dell’impresa agricola.
Anche il legislatore comunitario si è espresso nel senso che
tali agevolazioni, proprio in ragione delle peculiarità dell’impresa
agricola, non rappresentano aiuti di stato ai sensi dell’art. 108,
paragrafo 3, TFUE. Così è, in particolare, per la deroga alla
disciplina comune in materia di contratti agrari, per cui non si
applica alle reti di imprese agricole la l. 3 maggio 1982, n. 203,
ossia la disciplina, peraltro in larga parte imperativa, in materia
di affitto di fondi rustici; e così è per la possibilità che le imprese
aderenti
dividano
in
natura
la
produzione
agricola
che
rappresenta il risultato economico comune del programma di rete
40
ai sensi dell’art. 1-bis, comma 3, d.l. 24 giugno 2014, n. 91. Il
decreto, convertito con modificazioni in l. 11 agosto 2014, n. 116,
reca, tra le altre, disposizioni urgenti per il settore agricolo e la
tutela ambientale.
Nei §§ che seguono saranno analizzate nel dettaglio le
specificità di disciplina che presentano le reti d’impresa quando
afferiscano al settore agricolo.
Sebbene
non
sempre
sia
chiaro,
nelle
disposizioni
normative che nel seguito saranno esaminate, che cosa debba
intendersi per “settore agricolo”, può per ora rilevarsi che la
conclusione di un contratto di rete tra imprese agricole ovvero
tra imprese commerciali ed agricole ma avente ad oggetto
prodotti agricoli può usufruire di una disciplina speciale rispetto a
quella applicabile a tutti i contratti di rete (e che potrebbe
appunto definirsi generale).
2. Le agevolazioni comuni a tutti i contratti di rete.
Possono individuarsi, per quanto appena detto, oltre ad una
serie di agevolazioni comuni a tutti i contratti di rete, specifiche
disposizioni ed agevolazioni esclusive invece del settore agricolo.
Quanto alle prime occorre segnalare, in particolare:
(i) le agevolazioni amministrative, finanziarie e per la
ricerca e sviluppo, previste per i distretti produttivi dall’art. 1,
comma 368°, lett. b), c), d) l. 23 dicembre 2005, n. 266
(disposizione applicabile “alle reti delle imprese di cui al presente
articolo”, ai sensi dell’art. 3, comma 4- quinquies, l. 33/2009),
previa autorizzazione del Ministero dell’economia e finanze di
concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da rilasciarsi
entro sei mesi dalla relativa richiesta;
(ii) le agevolazioni fiscali previste dall’art. 42 d.l. n. 78 del
31 maggio 2010, convertito con modificazioni nella l. n.
41
122/2010, commi 2-quater ss., consistenti in un differimento
d’imposta in favore delle imprese partecipanti alla rete, operante
però solo fino al 31 dicembre 2012, con riferimento alle quote
degli utili di esercizio destinate dalle imprese aderenti al fondo
comune o al patrimonio destinato (sul punto Melis 2012); tale
misura è stata ritenuta dalla Commissione UE non configurare
aiuto di Stato, nel presupposto della mancanza di soggettività
della rete (decisione del 26 gennaio 2011, C-2010 n. 8939 def.;
cfr. Melis 2011 e quanto detto nella Sezione I, § 4, in fine);
(iii) le agevolazioni lavoristiche, previste dall’art. 30,
comma 4-ter, d.lgs. n. 276 del 2003 (inserito dal d.l. n. 76 del
2013, convertito con modificazioni in l. 9 agosto 2013 n. 99):
disposizione che disciplina l’istituto del distacco dei lavoratori
subordinati, prevedendo che l’interesse del distaccante sorga ex
lege ogni qualvolta quest’ultimo sia parte di un contratto di rete
concluso ai sensi dell’art. 3, d.l. n. 5 del 2009; detto altrimenti, la
partecipazione dell’impresa alla rete consente l’utilizzo
del
distacco senza necessità di provare la sussistenza di un interesse
del datore di lavoro distaccante, ritenendosi che questo sussista
ex se. Inoltre, l’ultima parte del comma 4 ter, prima citato,
stabilisce che per le imprese aderenti alla rete sia “ammessa la
codatorialità dei dipendenti ingaggiati
con regole stabilite
attraverso il contratto di rete stesso”.
3. Profili di disciplina specifici dei contratti di rete del
settore agricolo: i requisiti di forma.
Per quanto riguarda i profili di disciplina specifici dei
contratti di rete in agricoltura (sui quali v. in particolare gli
approfondimenti di Russo), deve anzitutto ricordarsi quanto
previsto dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con
modificazioni nella l. n. 221 del 2012, il cui art. 36, 5° comma,
42
dispone che il contratto di rete nel “settore agricolo”, anche ai
fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater
dell’art. 3 d.l. n. 5 del 2009, può essere sottoscritto con scrittura
privata non autenticata purché vi sia l’assistenza di una o più
organizzazioni
professionali
agricole
maggiormente
rappresentative a livello nazionale, le quali abbiano partecipato
alla redazione finale dell’accordo.
La
disposizione,
tuttavia,
pone
qualche
problema
interpretativo dal momento che non stabilisce quando un
contratto di rete possa dirsi relativo al “settore agricolo”.
Non è chiaro, in particolare, se l’appartenenza al settore sia
conseguenza
dell’oggetto
o
della
natura
dei
soggetti
partecipanti: in particolare, se può dirsi appartenere al settore
agricolo una rete composta esclusivamente da imprenditori
agricoli, non si potrà essere altrettanto sicuri quando una o più
delle imprese partecipanti alla rete non siano imprenditori
agricoli o quando il prodotto oggetto del contratto non sia
agricolo.
Ciò è tanto è vero che il Ministero dello sviluppo economico
è stato di recente chiamato a rispondere ad un quesito posto da
un Conservatore del Registro delle imprese che aveva espresso
delle perplessità circa l’applicabilità della disposizione in oggetto
con riferimento ad un contratto di rete, di cui si chiedeva
l’iscrizione, concluso da imprese agricole unitamente ad altra
impresa che svolgeva servizi di contabilità e consulenza fiscale: il
MISE, con una nota del 4 giugno 2014, ha concluso per
l’appartenenza della rete al settore agricolo, dal momento che
l’attività
svolta
dall’impresa
non
agricola
era
“strumentale ed ancillare” rispetto all’agricoltura.
3.1. segue: il fondo di mutualità.
43
comunque
Il già citato art. 36 d.l. n. 179 del 2012, al comma 2- ter,
stabilisce che il contratto di rete
nel settore agricolo (la
disposizione menzionata si riferisce infatti al contratto di rete di
cui al comma 5°) possa prevedere la costituzione di un fondo di
mutualità tra i contraenti – cui si applicano le stesse regole
dettate per il fondo patrimoniale dall’art. 3, comma-4 ter, d.l. n. 5
del 2009 – il quale partecipa al Fondo mutualistico nazionale per
la stabilizzazione dei redditi delle imprese istituito (presso l’Ismea
- Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) dal
medesimo articolo al comma 2-bis: fondo che si alimenta, oltre
che con il contributo volontario degli agricoltori, anche con
contributi pubblici, purché compatibili con la normativa UE in
materia di aiuti di Stato.
3.2. segue: la disapplicazione della legge sui contratti
agrari.
Ai contratti di rete di cui all’art. 3, comma 4- ter d.l. n. 5 del
2009, “non si applicano le disposizioni della legge 3 maggio
1982, n. 203” (così dispone l’art. 45, comma 3°, d.l. 22 giugno
2012, n. 83, convertito con modificazioni nella l. n. 134 del 2012),
cioè della legge sui contratti agrari: la disposizione, pur trovando
applicazione a tutti i contratti di rete, ha sicura rilevanza proprio
con riferimento alle reti operanti nel settore agricolo, in quanto
consente, tra l’altro, la stipulazione, in attuazione del programma
di rete, di contratti agrari associativi in forza dei quali le parti
degli stessi concorrono alla gestione di un’attività imprenditoriale
agricola (ad es., associazione per sviluppare nuove varietà
vegetali).
E’ da segnalare, in proposito, l’art. 1- bis, comma 3°, d.l. 24
giugno 2014 n. 91, convertito con modificazioni nella l. 11 agosto
2014, n. 116 , ai sensi del quale per i contratti di rete costituiti da
44
piccole e medie imprese agricole la produzione agricola derivante
dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma di
rete,
“può
essere
divisa
fra
i
contraenti
in
natura
con
l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di
prodotto convenuta nel contratto di rete”.
3.3. segue: le agevolazioni di natura lavoristica.
Per quanto concerne le agevolazioni di natura lavoristica,
oltre a quelle di carattere generale prima ricordate (v., sopra, in
questa Sezione, § 2, sub iii), ve ne sono altre specifiche
riguardanti le reti composte per almeno la metà da imprese
agricole.
In particolare, l’art. 31 d.lgs. n. 276 del 2003 (come
modificato dal d.l. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni in
l. 9 agosto 2013 n. 99), dopo avere stabilito, al comma 3- bis, che
“ le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma
cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo di cui al comma 1°,
ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra
loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado,
possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori
dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le
relative aziende”, stabilisce, nel successivo comma 3- ter, che
“l’assunzione congiunta di cui al precedente comma 3- bis può
essere effettuata anche da imprese legate da un contratto di
rete, quando almeno il 50 percento di esse sono imprese
agricole”, rinviando poi ad un successivo decreto del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali (in concreto adottato il 14
gennaio 2014) la definizione delle modalità con cui poter
procedere alle assunzioni congiunte.
Il comma 3-quinquies statuisce, infine, che “i datori di
lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali,
45
previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro
instaurato con le modalità disciplinate dai commi 3-bis e 3-ter ”.
3.4. segue: le agevolazioni fiscali e finanziarie.
Con riferimento alle agevolazioni fiscali, oltre a quelle di
carattere generale prima ricordate (v., sopra, in questa Sezione, §
2, sub ii), il già citato d.l. 24 giugno 2014 n. 91, convertito con
modificazioni nella l. 11 agosto 2014, n. 116, ha introdotto
ulteriori benefici di carattere fiscale per i contratti di rete formati
da imprese agricole.
L’art. 3, comma 3°, d.l. n. 91/2014, appena citato,
riconosce alle imprese che producono prodotti agricoli, della
pesca e dell’acquacoltura, di cui all’allegato I del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e alle piccole e
medie imprese che producono prodotti agroalimentari, della
pesca e dell’acquacoltura diversi da quelli dell’allegato I, che
istituiscano nuove reti d’imprese ovvero svolgano nuove attività
in una rete già esistente, un credito di imposta pari al 40% delle
spese per nuovi investimenti sostenuti per lo sviluppo di nuovi
prodotti, pratiche, processi e tecnologie e per la cooperazione in
filiera, in ogni caso non superiore a 400.000 euro, nel periodo
d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due successivi, il
tutto con i limiti di spesa indicati nel comma 5° del medesimo
articolo (4,5 milioni di euro per l’anno 2014, 12 milioni per il 2015
e 9 milioni per il 2016).
Sulla individuazione dei possibili beneficiari della descritta
agevolazione può tuttavia
esservi qualche perplessità: in
particolare, sebbene il nostro ordinamento definisca – come è
noto – sia l’impresa agricola che l’impresa ittica, tuttavia nelle
disposizioni prima menzionate non si fa riferimento a tali nozioni
ma alle imprese che producono prodotti agricoli, della pesca e
46
dell’acquacoltura, di cui all’allegato I del TFUE; allegato I nel
quale compaiono, però, anche prodotti che non possono essere
considerati agricoli secondo il diritto interno (si pensi, ad es., alla
farina o allo zucchero), con la conseguenza che la misura di
agevolazione potrebbe andare a beneficio di imprese che,
secondo il nostro diritto, non sarebbero agricole. Così pure non è
agevole stabilire quali siano le piccole e medie imprese che
producono
prodotti
agroalimentari,
della
pesca
e
dell’acquacoltura diversi da quelli dell’allegato I, posto che
normalmente si fa riferimento proprio ad esso per individuarli,
non esistendo una definizione di prodotto agroalimentare.
Il comma 4-bis chiarisce, poi, che il menzionato credito
d’imposta può applicarsi anche alle imprese diverse dalle piccole
e medie: in tal caso la misura di aiuto deve però rispettare i limiti
di cui ai regolamenti UE n. 1407/2013 e 1408/2013, nonché del
reg. UE n. 717/2014, relativi all’applicazione degli artt. 107 e 108
TFUE agli aiuti de minimis.
L’art. 6-bis del già citato d.l. n. 91/2014, modifica altresì
l’art. 1 della l. n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005),
introducendo il comma 361°.1, il quale così dispone: “le risorse di
cui al comma
354
sono
destinate
anche
al finanziamento
agevolato di investimenti in ricerca e innovazione tecnologica,
effettuati
da
partecipano
imprese
ad
un
agricole, forestali e agroalimentari, che
contratto
di
rete
di
comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio
cui all'articolo 3,
2009,
n. 5,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e
successive modificazioni, per le finalità proprie del medesimo
contratto di rete".
In favore di tali imprese il comma 2° dell’art. 6- bis
attribuisce anche il diritto di priorità nell’accesso ai finanziamenti
47
previsti dalle misure di sviluppo rurale della programmazione
2014-2020, “fatti salvi i limiti previsti dall’ordinamento europeo”.
3.5. segue: le agevolazioni previste dalla normativa UE.
Con
riferimento
alla
normativa
comunitaria
deve
considerarsi il nuovo regolamento sul sostegno allo sviluppo
rurale [Reg. UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17
dicembre 2013 n. 1305, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte
del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che
abroga il Reg. CE n. 1698/2005], il quale prevede che la
costituzione
di
reti
d’imprese
possa
costituire
oggetto
di
cofinanziamento da parte del FEASR.
In particolare, la misura dedicata (anche) alle reti è
contenuta nell’art. 35, par. 1, il quale prevede il sostegno “al fine
di incentivare ogni forma di cooperazione tra almeno due
soggetti e in particolare: a) rapporti di cooperazione tra diversi
operatori del settore agricolo, del settore forestale e della filiera
alimentare dell’Unione, e altri soggetti che contribuiscono alla
realizzazione degli obiettivi e delle priorità della politica di
sviluppo
rurale,
tra
cui
le
associazioni
di
produttori,
le
cooperative e le organizzazioni interprofessionali; b) la creazione
di poli e di reti […]”.
Il successivo par. 2 delinea poi, in via esemplificativa, una
serie di attività e finalità ricomprese nella misura, buona parte
delle quali risulta compatibile con le finalità proprie del contratto
di rete disciplinato dal legislatore nazionale. Il par. 5 chiarisce,
inoltre, quali costi possono essere oggetto di finanziamento
nell’ambito della misura in esame (tra cui i costi di esercizio della
cooperazione), la cui durata di regola non è superiore a sette
anni (par. 8). Il par. 10, infine, prevede successivi atti delegati
48
della
Commissione
per
meglio
definire,
tra
l’altro,
le
caratteristiche dei poli e delle reti.
Occorre ancora ricordare che ai sensi dell’art. 59, par. 4,
Reg. UE n. 1305/2013, il tasso massimo di partecipazione al
cofinanziamento ad opera del FEASR per la misura di cui all’art.
35 è fissato, in deroga a quanto stabilito in via generale dal par. 3
(il tasso minimo di partecipazione è di regola fissato nel 20%),
nella misura dell’80%, aumentabile fino al 90% per le regioni
meno sviluppate, quelle ultraperiferiche e per le isole minori
dell’Egeo.
3.6. segue: l’esenzione dalla disciplina antitrust.
Sotto un profilo generale, le reti di imprese devono essere
costituite in conformità al diritto antitrust: ad esse si applica,
pertanto, l’art. 101 TFUE o la corrispondente normativa interna, a
seconda dell’ambito dimensionale delle reti (sul punto si veda, in
Boll. n. 17 del 2011, la comunicazione n. 22362 dell’AGCM del 16
maggio 2011 sul contratto di rete e sui possibili effetti
anticoncorrenziali allo stesso connessi).
Vi è da chiedersi, però, se possano rinvenirsi trattamenti
giuridici differenziati nel caso in cui le imprese partecipanti alla
rete siano imprese agricole: l’art. 209, par. 1, comma 2° Reg. UE
1308/2013
contiene
infatti
una
disposizione
derogatoria,
stabilendo l’inapplicabilità del menzionato art. 101 TFUE “agli
accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate di agricoltori,
associazioni di agricoltori o associazioni di dette associazioni, o di
organizzazioni di produttori riconosciute in virtù dell’art. 152 del
presente regolamento, o di associazioni di organizzazioni di
produttori
riconosciute
in
virtù
dell’art.
156
del
presente
regolamento nella misura in cui riguardano la produzione o la
vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per
49
lo stoccaggio, la manipolazione o l’utilizzazione di prodotti
agricoli, a meno che siano compromessi gli obiettivi di cui all’art.
39 TFUE”.
La
formulazione
della
norma
è
talmente
ampia
da
ricomprendere anche le reti di imprese composte da produttori
agricoli, se ed in quanto nei relativi programmi di rete vi siano
attività contemplate nel ricordato art. 209: se così è, tali reti di
imprese agricole possono beneficiare dell’esenzione dal divieto di
accordi lesivi della concorrenza.
SEZIONE IV – LE
RETI D’IMPRESE AGRICOLE NELL’ECONOMIA DELLA
SARDEGNA
1.- Le reti di imprese agrarie e agroalimentari in
Sardegna.1
Com’è noto, la possibilità di costituire reti di impresa è
stata sfruttata da un buon numero di imprenditori nel nostro
Paese (Ricciardi 2013).
Nella fattispecie, particolare interesse ha riscontrato nelle
imprese agrarie, che, si sottolinea, storicamente operano su
scale produttive inferiori rispetto alla generalità delle imprese
europee e che nella gran parte dei casi mostrano difficoltà a
rapportarsi con gli scenari competitivi attuali. Ciò avviene
nonostante sia riconosciuto al comparto agroalimentare capacità
di innovazione e di produrre alimenti di alto livello qualitativo (De
Filippis).
Sebbene la letteratura economica ed economica-agraria su
questo aspetto non abbia ancora ben approfondito le ragioni che
stanno spingendo i produttori agrari a costituirsi in reti di
1
50
impresa,
è
ipotizzabile
che
esse
siano
riconducibili
alla
percezione che ciò possa favorire la capacità di penetrazione nei
mercati e la competitività, agendo sia sul fronte dei costi che su
quello commerciale (Cardoni).
Questo perché la rete di impresa, così come concepita dalla
l.
122/2010,
è
da
intendersi
come una
declinazione
del
networking tra imprese, fenomeno che si dispiega in una pluralità
di modelli economici e normativi, ma che nella sostanza è
funzionale a sostenere le imprese attraverso più leve, che vanno
dalla possibilità di ridurre i costi di transazione, di fatto
“internalizzando” alcune funzioni esterne, a quella di poter fare
massa critica attraverso azioni di cooperazione al fine di poter
aumentare il livello di competizione (Ricciardi 2003).
Senza entrare nel dettaglio dei vari modelli di networking che
hanno tipicamente caratterizzato l’agricoltura in Italia – che
vanno dalla costituzione di nuovi soggetti giuridici quali le società
cooperative a relazioni più informali quali, per esempio, i distretti
industriali – i vantaggi che si possono riconoscere alle azioni di
networking
e
che,
nello
specifico,
possono
astrattamente
conseguire alla costituzione di reti di impresa possono così
riassumersi:
-
maggiore capacità da parte delle singole imprese di
effettuare
investimenti
strutturali
ed
infrastrutturali
finalizzati al raggiungimento di obiettivi strategici comuni e
-
condivisi;
possibilità di operare su scale produttive ed organizzative
più
ampie,
perlomeno
rispetto
a
talune
dimensioni
dell’attività (p.e., investimenti infrastrutturali, analisi di
-
mercato e potere contrattuale)
maggiore facilità nell’accesso al credito, annosa questione
che sempre più spesso compromette le capacità di
51
investimento delle imprese agricole in molte regioni
-
italiane;
sviluppo
condiviso
di
strategie
commerciali
e
di
valorizzazione dei prodotti, che consentano di incrementare
il potere contrattuale nei confronti degli operatori a monte
(fornitori) ed a valle (intermediazione commerciale e
distribuzione) della catena distributiva e, nel contempo,
-
aprire sbocchi verso mercati più ampi e favorevoli;
maggiore capacità di implementare processi innovativi e
dar vita a prodotti sempre più rispondenti alle esigenze del
-
consumatore;
più favorevole possibilità di accesso ad agevolazioni
pubbliche, quali per esempio quelle contenute nei vari
strumenti
-
di
programmazione
a
livello
comunitario,
nazionale e regionale;
diminuzione dei cosiddetti “costi di transazione”, vale a
dire
dei
costi
all’organizzazione
(espliciti
di
un’attività
od
impliciti)
(p.e.,
rapporti
relativi
con
i
-
fornitori, contratti con terzi, ricerche di mercato);
possibilità di favorire le relazioni con le istituzioni pubbliche
-
e private e promuovere iniziative e marchi collettivi;
concessione di agevolazioni fiscali per le singole imprese.
Questa pletora di vantaggi può essere nel suo insieme
ricondotta su un piano più generale alla creazione su base
volontaria di intese strategiche inter-impresa finalizzate a far sì
che le singole imprese possano aumentare o difendere il proprio
vantaggio competitivo sui mercati di riferimento (Jarillo, Lai,
Ricciardi 2003, Gulati). Chiaramente, il tipo di azioni che
verranno di volta in volta intraprese sarà funzione dell’oggetto
del contratto di rete e delle possibilità che si offrono alla rete e/o
alle singole imprese al mutare dello scenario economico e di
mercato in cui operano.
52
Fatta questa breve premessa, la presente nota è indirizzata ad
esaminare lo stato dell’arte circa lo sviluppo delle reti di imprese
agrarie e/o agroalimentari in Sardegna e ad individuare le
caratteristiche
più
salienti
sotto
l’aspetto
economico
che
contraddistinguono gli accordi finora stipulati. Nello specifico, si
provvederà a classificare per più chiavi interpretative la natura
delle reti in essere, con riferimento alle ragioni di ordine
economico che stanno alla base dell’accordo, alle caratteristiche
delle imprese coinvolte (p.e., tipologia produttiva, localizzazione
geografica).
Il
lavoro
presenta,
quindi,
un
profilo
sostanzialmente
descrittivo e costituisce, comunque, un primo tentativo di
mettere in evidenza i tratti essenziali del fenomeno, quale si è
finora sviluppato in Sardegna, sul piano economico.
Il taglio descrittivo appare al momento quello più confacente
nel fornire evidenze sullo stato dell’arte, in quanto ancora è ben
presto per poter valutare eventuali ricadute sul fronte economico
e/o organizzativo, soprattutto se si considera che le finalità prima
descritte che generalmente sottendono alla stipula di un
contratto di rete si dipanano su orizzonti di lungo periodo, mentre
le reti d’imprese sono state costituite negli ultimi anni e hanno
iniziato, o stanno iniziando, a operare, in concreto, ancor più di
recente.
Come sottolineato da Cardoni, del resto, la mancanza di una
prospettiva temporale adeguata per poter esprimere valutazioni
più compiute sul fenomeno delle reti d’imprese è un punto che
accomuna la varie realtà territoriali del Paese.
2. Le reti di impresa in Italia.
Alla data del 01.03.2014, risultavano stipulati e iscritti
presso il registro delle imprese 1.427 contratti di rete. Le tabelle
53
sottostanti descrivono il fenomeno in relazione ad alcuni fattori
esplicativi, desumibili dalla localizzazione geografica e dai
contenuti dei contratti.
Una prima distinzione è stata effettuata tra le reti dotate di
soggettività giuridica e quelle prive di soggettività giuridica. La
tabella n. 1 evidenzia come a prevalere nettamente è lo
strumento della rete-contratto. Infatti, ben 1.344 sono reti
contratto (fra le quali solo una dettagliata analisi dei contenuti
potrebbe permettere di isolare le reti con attività esterna da
quelle meramente interne, secondo la distinzione tratteggiata
nella Sezione I), mentre una percentuale solo di poco superiore
all’1% corrisponde a reti soggetto.
Tabella 1 – Tipologia di contratto
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Senza
soggettività
giuridica
87
1
441
38
152
37
31
283
115
37
89
153
132
12
60
82
25
23
31
36
54
Con
soggettività
giuridica
10
0
28
7
10
4
7
14
13
1
3
17
5
2
4
8
5
2
4
2
Totale
97
1
469
45
162
41
38
297
128
38
92
170
137
14
64
90
30
25
35
38
Italia
%
1.341
83
1.427
98,8%
1,2%
100,0%
Nell’ambito delle reti contratto, un'altra distinzione è stata
effettuata in relazione alla tipologia di oggetto. Dalla tabella n. 2
si evince come le imprese aderenti si propongano di raggiungere
prevalentemente lo scopo di innovare e di internazionalizzarsi. In
particolare, la maggior parte delle imprese aderenti, il 39,36%,
aderisce ad una rete al fine di svilupparsi economicamente e
tecnologicamente, accrescere la competitività sul mercato,
svolgere
attività
di
ricerca,
ideazione,
progettazione
e
prototipazione di nuovi prodotti o servizi. Il 19,10% intende
perseguire l'obiettivo di una stabile presenza sui mercati
internazionali.
Tabella 2 – Oggetto del contratto di rete
Oggetto
%
Ricerca sviluppo (economico) innovazione
Internazionalizzazione o nuovi mercati
(capacità di penetrazione)
Integrazione di processo/prodotto/servizio
Promozione/marketing
Produzione/commercializzazione
Altro (condivisione di informazioni,
miglioramento qualità, economie di scopo
e di scala, ecc.)
Misto
Totale
39,4%
19,1%
3,3%
6,6%
15,3%
12,8%
3,5%
100,0%
55
Un'altra distinzione è stata fatta in relazione al settore di
appartenenza delle imprese che partecipano alla rete. A riguardo,
sono state individuate le seguenti classi:
Tabella 3 – Settore di appartenenza delle imprese
Settore
%
Agricoli
Servizi
Industria
Misto
Misto agricoltura
1,6%
21,0%
21,5%
50,6%
5,3%
100,00
%
Totale
Rientrano nella classe “agricoli” i contratti in cui tutte le
imprese aderenti appartengono al solo settore agricolo. Così
anche nelle classi “servizi” e “industria” sono stati conteggiati
tutti
i
contratti
stipulati
da
imprese
appartenenti,
rispettivamente, al solo settore servizi o industria. Diversamente,
nella classe misto sono stati inclusi quei contratti di rete costituiti
da imprese appartenenti a settori non omogenei.
Più specifica la classe denominata misto agricoltura, dove
sono stati conteggiati i contratti di rete stipulati da un aggregato
di imprese con oggetti diversificati in cui almeno un aderente
appartiene al settore agricolo.
Dalla tabella è facile riscontrare che oltre la metà delle reti
contratto vengono stipulati da imprese appartenenti a settori
eterogenei. Tra le imprese che stipulano un contratto di rete
prevalgono le imprese del settore industriale e dei servizi mentre
56
una minima parte di contratti (5,06%+1,64%) viene stipulato da
imprese appartenenti al settore agricolo.
Sono state, altresì, classificate le imprese aderenti ai
contratti di rete in relazione alla forma giuridica delle stesse.
Dalla tabella n. 4 si evince che i contratti di rete vengono
sottoscritti prevalentemente da società di capitali.
Tabella 4 – Forma giuridica delle imprese aderenti
Tipo sociale
n.
Capitali
Persone
Ditta individuale
Altro
4.617
895
737
646
2. Le reti di impresa agricole in Sardegna.
Limitatamente ai contratti del settore agricolo è stata
individuata la percentuale di contratti agricoli registrati in
Sardegna sul totale nazionale dei contratti di rete agricoli
registrati. Dalla tabella n. 5 si evince che su 82 reti contratto del
settore agricolo, ben 20,7% sono stati registrati in Sardegna.
Tabella 5 - luogo d’iscrizione del contratto (limitatamente
ai contratti del settore agricolo)
Zona geografica
n.
Italia
Sardegna
65
17
Dalla tabella n. 6 emerge inoltre che nell’ambito delle
imprese aderenti ad una rete contratto sarda più della metà
57
hanno la sede legale nell’ambito della stessa provincia. La parte
residua invece è rappresentata da contratti stipulati da imprese
con sede legale ubicata in diverse province.
Tabella 6 - Estensione territoriale dei contratti di rete
agricola che coinvolgono almeno un'impresa sarda
Ambito regionale sardo
n.
Infraprovinciale
Infraregionale
10
7
Nell’ambito delle reti agricole sarde la maggior parte ha
istituito un fondo comune (tabella n. 7).
Tabella 7 - Patrimonio Comune Rete Agricola Sarda
Patrimonio comune
n.
Si
No
15
2
Nell’ambito delle reti agricole sarde la maggior parte si è
dotata di un logo (tabella n. 8).
Tabella 8 - Logo Rete Agricola Sarda
Logo
n.
Si
No
14
3
Nell’ambito delle reti agricole sarde la maggior parte ha
istituito un organo comune (tabella n. 9).
Tabella 9 - Organo Comune Rete Agricola Sarda
Organo comune
Si
No
n.
9
8
58
3. Le caratteristiche delle reti agricole sarde.
Le
reti
di
impresa
regionali
sono
state
prese
in
considerazione ripartendole per un comune denominatore da noi
individuato in modo tale da mettere in risalto la natura
dell’accordo
sotto
il
profilo
economico
e
in
base
alle
caratteristiche tipologiche della rete. Il comune denominatore
prescinde, di fatto, sia dalla natura giuridica del contratto, sia
dalle finalità dell’accordo, sia dagli strumenti che si intende
mettere in campo per raggiungere gli obiettivi avuti di mira.
Questo perché si è riscontrato che i contratti di rete stipulati in
Sardegna presentano articolazione e contenuti simili – fatte salve
le debite eccezioni – e che semmai i contenuti si dispiegano
differentemente a seconda della tipologia di rete.
In tal senso, abbiamo distinto le reti sarde in accordo alle
seguenti tipologie:
-
reti accomunate dal riferirsi ad un ben specifico comparto
-
produttivo o filiera produttiva;
reti formate da imprese agricole afferenti a più comparti
-
produttivi;
reti accomunate dalla prossimità territoriale delle imprese
-
afferenti;
reti nel comparto agro-alimentare.
3.1 segue: reti rivolte a un unico comparto produttivo.
Sotto questo punto di vista, vi sono contratti di rete formati
da imprese afferenti ad un singolo comparto produttivo ed altri
da aziende che sviluppano attività tipologicamente differenti.
L’aspetto più interessante concerne, comunque, il fatto che – a
prescindere dal comparto di afferenza delle imprese costituenti
una rete – essa sia rivolta ad uno specifico comparto produttivo.
59
In tal senso, si segnala la presenza di reti espressamente
rivolte a trovare migliori sinergie e possibilità di accesso ai
mercati nei comparti delle piante officinali, dell’agriturismo, del
carciofo, del grano duro del latte di capra e, per rimanere al
settore primario, dell’allevamento ittico.
La rete nel comparto delle piante officinali riunisce
operatori nel campo della coltivazione delle essenze, della
produzione di cosmetici e del marketing. L’accordo si sostanzia
nella collaborazione reciproca finalizzata a condividere beni,
servizi ed informazioni ed indirizzata su un duplice binario:
aumentare la capacità di penetrazione nei mercati nazionali e
internazionali e meglio comunicare ai consumatori la tipologia di
prodotto. Il contratto prevede che tali obiettivi siano perseguiti
attraverso lo sviluppo di tecniche colturali standardizzate, la
partecipazione comune ad eventi e un adeguato piano di
promozione.
Nel campo agrituristico, sono più i contratti di rete finora
stipulati. In generale, tali accordi prevedono che le imprese
interscambino beni e servizi allo scopo di migliorare la loro
redditività e l’efficienza. Tra i beni ricadono sia i prodotti realizzati
– che, nel rispetto della normativa vigente, possono essere
scambiati a prezzi convenienti entro la rete – sia i fattori della
produzione che le aziende decidono di mettere a disposizione
delle altre imprese.
Tra i servizi, si ritrovano la promozione comune degli
agriturismi (p.e., con link sugli agriturismi della rete nelle pagine
web delle singole imprese) e la fornitura di servizi turistici, anche
ad opera di terzi, ai visitatori.
La rete costituita nel campo della carcioficoltura abbraccia
imprese provenienti da più realtà vocate della regione ed è
60
funzionale a creare una massa critica di prodotto per meglio
facilitare l’esitazione del prodotto nei mercati. Allo stesso tempo,
essa è stata promossa con lo scopo di favorire l’innovazione nel
comparto, soprattutto sul piano agronomico, e adottare un’unica
politica commerciale. Il fine ultimo è rappresentato dalla
creazione di un marchio volontario collettivo.
Stessi obiettivi e medesimo fine ultimo sono contenuti nel
contratto di rete stipulato da operatori nel comparto del grano
duro. D’altro canto, si tratta di due comparti – carciofo e grano
duro – che da anni tentano di avvalersi di un marchio collettivo
(si ricordino i tentativi di dotarsi di un marchio europeo quale la
D.O.P.) e che potrebbero trovare nella rete una buona occasione
per mettere a punto e promuovere il marchio.
Una rete è rivolta alla filiera del latte di capra e si sostanzia
in azioni previste allo scopo di ricercare tecniche di produzione
più innovative, valorizzare il prodotto, creare un disciplinare di
produzione e una marchio con il quale identificare i prodotti.
Da ultimo, si segnala il caso della rete costituita tra
operatori
della
filiera
dell’allevamento
ittico
(maricoltura,
mitilicoltura e acquacoltura). Essa è una rete formata da
un’ampia compagine il cui fine è individuato nella certificazione
del prodotto, così da dar vita ad un marchio con il quale
identificare la produzione acquicola regionale di qualità. Anche in
questo caso, la rete prevede una serie di azioni indirizzate a
promuovere i prodotti regionali e favorire la capacità innovativa e
la competitività.
3.2. segue: reti con imprese afferenti a più comparti
produttivi.
Di
contro,
altre
reti
sono
accomunate
dal
fatto
di
comprendere imprese che esplicano la loro attività in comparti
61
produttivi differenti (e localizzate in aree geografiche dissimili). In
questi casi, la rete è stata ricercata allo scopo di creare un
marchio
di
qualità
e
poter
produrre
e
vendere
prodotti
agroalimentari che presentino una certificazione volontaria. Le
attività che ricadono in questa tipologia di contratti sono plurime
e, sostanzialmente, ogni rete di questo tipo è in grado di coprire
sia produzioni vegetali che animali.
3.3.
segue:
reti
accomunate
dalla
localizzazione
geografica.
Nei §§ precedenti abbiamo esaminato i contratti che si
caratterizzano per essere orientati alla valorizzazione di un unico
comparto produttivo o formati da imprese afferenti a più
comparti produttivi. Tra le caratteristiche comuni di tali reti vi è la
dislocazione geografica delle imprese afferenti: le reti sopra
illustrate sono formate da imprese che operano su differenti
regioni geografiche ed il cui scopo è relazionato alla promozione
del territorio.
Viceversa,
alcune
reti
possiedono
come
comune
denominatore la stessa localizzazione geografica e, pertanto,
valore fondante del contratto è la promozione del territorio
mediante la ricerca di cooperazione tra le imprese costituenti la
rete. Nello specifico, si constata la presenza di una rete che
riunisce imprese agricole, zootecniche e agrituristiche della
Gallura e una rete tesa a promuovere l’agricoltura sociale in
Barbagia. Le finalità dichiarate tra le due reti differiscono – la
prima intende costituire un marchio collettivo, la seconda
promuovere forme di agricoltura sociale – ma è chiara la
vocazione territoriale di entrambe.
3.4. segue: reti di imprese agro-alimentari.
62
Ci è sembrato opportuno annoverare tra le reti prese in
esame quella costituita da più imprese regionali operanti nel
comparto agro-alimentare.
Ciò, in primo luogo, perché parte di queste imprese
sviluppano l’attività anche sul fronte meramente agricolo e, in
secondo luogo, perché tale categoria annovera un contratto che
contempla alcune tra le principali imprese agroindustriali della
regione. La rete è improntata allo scambio di informazioni e alla
condivisione delle best practices al fine di poter facilitare
l’interfaccia delle singole imprese su tre fronti specifici: la
relazioni con la Grande distribuzione organizzata, l’accesso al
credito bancario e i rapporti con le pubbliche amministrazioni.
Considerando la dimensione e la rilevanza che tali aziende
rivestono non solo in seno al settore agro-alimentare, ma entro
l’economia regionale in generale, tale accordo rappresenta un
tentativo lecito e legittimo di lobbismo, indicando con questo
termine la capacità di condizionare i rapporti di potere entro i
mercati e non solo.
4. Prime conclusioni.
Per concludere, le chiavi di lettura qui proposte riflettono
un’interpretazione con la quale si è voluta descrivere la
situazione ad oggi delle reti di impresa nel nostro territorio.
Come già evidenziato, è ancora presto per valutare quali
ricadute economiche potranno generarsi per le imprese, per il
territorio e per l’intera economia agroalimentare sarda in una
prospettiva di lungo periodo.
Non vi è dubbio, comunque, che i contenuti degli accordi
appaiono, il più delle volte, assai ambiziosi e tesi sia a favorire la
cooperazione inter-impresa al fine di interfacciarsi con i mercati
63
su volumi di prodotto soddisfacenti, sia a promuovere marchi
collettivi e disciplinari di produzione.
Se quanto riportato nei contratti dovesse anche solo in
parte tradursi in azioni concrete, si aprirebbero maggiori
possibilità per le imprese agrarie regionali, piccole o grandi che
esse siano, per arginare i limiti storici che impediscono di
raggiungere
livelli
di
competitività
soddisfacenti
( p.e.,
frammentazione delle imprese, debolezza strutturale, difficoltà di
accesso al credito, scarso potere contrattuale).
Certamente, le motivazioni che stanno alla base della
stipula di un contratto di rete possono fornire qualche indicazione
circa la determinazione con la quale le azioni previste saranno
sviluppate.
A tal fine abbiamo effettuato una serie di interviste
indirizzate a capire in che modo si è venuti a conoscenza della
possibilità di realizzare una rete, su quale sia lo scopo realmente
perseguito e se il contratto viene rispettato (nel senso che gli
venga data effettiva e corretta esecuzione) o meno. Le interviste
sono state formulato con riferimento a un operatore per ciascuna
rete; un riepilogo dei risultati si trova in Appendice, Allegato 3.
Sul primo fronte, si è rilevato che le fonti di informazione
sulla rete di impresa sono state differenti. In alcuni casi,
soprattutto nei contratti a forte valenza territoriale, sono stati i
Gruppi di azione Locale (GAL) ad adoperarsi quale soggetto
promotore, mentre in altri casi tale ruolo è stato esercitato dalle
associazioni di categoria o da altri consulenti aziendali. Anche i
media sono stati importanti in tal senso, soprattutto internet.
Sul secondo fronte, è risultato che in molti casi si è optato
di far parte di una rete spinti dalla prospettiva che un domani si
possa avere un vantaggio rispetto ai competitors, soprattutto
64
nell’accesso al credito e ad alcune misure proprie della politica di
sviluppo rurale. Il nuovo Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della
Sardegna dovrebbe vedere definitivamente la luce a breve, ma il
documento mandato alla lettura agli uffici comunitari contiene
più misure rivolte a reti, associazioni o consorzi di imprese o nelle
quali l’appartenenza a una rete vale quale criterio di priorità.
L’essersi per tempo costituiti in un progetto organico e con
obiettivi ben specifici potrebbe, quindi, consentire alle imprese
facenti parte di una rete di ottenere maggiore supporto dalla
politica di sviluppo rurale.
Infine, sul terzo fronte, le interviste da noi formulate ci
indicano che il contratto viene rispettato in circa il 50% dei casi.
65
APPENDICE
Allegato 1 – Elenco contratti di rete registrati
Vedi PDF 1 (“Elenco contratti di rete registrati”)
Allegato 2 - Elenco contratti di rete registrati in Sardegna
Rete
Logo
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Castelsardo - Valle del Coghinas
Tilipera
In filiera 365 giorni
L’eccellenza parla in Sardo
Rete olivicola del nono merdiano
Assente
Imprese agricole alimentari della Sardegna
Assente
Percorsi di benessere in Sardegna
Rete 2011
Agricoltura sociale Barbagia
Angolias
Assente
Rete del carciofo
Filiera grano duro
Mare terra Gallura
Sardegna cultura e tradizione
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
66
Allegato 3 - Testi contrattuali delle reti d’imprese
registrate in Sardegna
Vedi PDF dal 2 al 18
Allegato 4 – Risposte formulate dagli intervistati
A.1 – Fonte di acquisizione delle informazioni sulle reti
d’impresa
Rete
Fonte
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Gruppo di azione locale (GAL)
Media (internet)
Associazione di categoria
Gruppo di azione locale (GAL)
Gruppo di azione locale (GAL)
Associazione di categoria
Consulente aziendale
Associazione di categoria
Consulente aziendale
Consulente aziendale
Media (internet)
Media (internet)
Media (internet)
Consulente aziendale
Consulente aziendale
Gruppo di azione locale (GAL)
Media (internet)
67
A.2 – Motivazioni che hanno spinto ad afferire a una rete
d’impresa
Rete
Motivazione
Rete 1
Rete 2
Rete 3
Rete 4
Rete 5
Rete 6
Rete 7
Rete 8
Rete 9
Rete 10
Rete 11
Rete 12
Rete 13
Rete 14
Rete 15
Rete 16
Rete 17
Aumento
competitività
Partecipazione
bandi PAC
Aumento
competitività
Accesso
al
credito
Partecipazione
bandi PAC
Accesso
al
credito
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Partecipazione
bandi PAC
Partecipazione
bandi PAC
Partecipazione
bandi PAC
Partecipazione
bandi PAC
Partecipazione
bandi PAC
Accesso
al
credito
Volontà
cooperazione
Creazione
occupazione
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Aumento
competitività
Consolidament
o rapporto
Partecipazione
bandi PAC
68
Creazione
occupazione
Aumento
competitività
Accesso
al
credito
Creazione
occupazione
Volontà
cooperazione
Partecipazione
bandi PAC
Volontà
cooperazione
Accesso
al
credito
A.3 – Rispetto del contratto dal momento della stipula ad
ora
Rete
Rispetto contratto
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
Rete
No
Si
Si
No
No
No
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
No
No
No
No
1
2
3
4
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15
16
17
69
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