Seconda Università degli Studi di Napoli
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Dipartimento di Medicina Pubblica, Clinica e Preventiva, Sezione di
Medicina Legale
Capacità giuridica e civile.
Imputabilità e Pericolosità sociale.
Interdizione ed Inabilitazione.
prof. Bruno Della Pietra
a.a. 2010-11
•
Capacità giuridica: si acquisisce all’atto della nascita ed è
l’attitudine ad essere titolari di diritti e di doveri; è il
presupposto dell’esistenza giuridica della persona e la
condizione necessaria affinché il cittadino sia ritenuto idoneo
ad avere interessi degni di tutela.
Per le persone fisiche si acquista, dunque, con la nascita e si
perde con la morte.
•
Capacità di agire: si acquisisce col raggiungimento della
maggiore età e consiste nell’attitudine ad esercitare diritti e
ad adempiere agli obblighi compiendo manifestazioni di volontà
(atti) produttivi di effetti giuridici.
La differenza tra la capacità giuridica e la capacità di agire è
che la prima è riconosciuta indistintamente a tutti i cittadini in
quanto persone fisiche, la seconda è riconosciuta a coloro che
abbiano raggiunto con l’età la maturità intellettiva e volitiva
adeguate a consentire di operare scelte con coscienza e volontà
(autodeterminazione).
CAPACITA’ D’INTENDERE
Capacità d’intendere vuol dire attitudine a rendersi conto degli
atti compiuti, a comprenderne i motivi, il significato e le
relazioni col mondo esteriore e quindi a prevedere la portata e
le conseguenze della propria condotta (la coscienza dell'agire).
Perciò il soggetto agente, avendo la capacità dì intendere, è in
grado di discernere rettamente se le sue azioni siano buone o
cattive (valore morale), siano lecite o illecite (valore giuridico),
siano utili o dannose all'interesse comune (valore sociale).
CAPACITA’ DI VOLERE
E’ la facoltà di autodeterminarsi in base a motivi conosciuti e
di scegliere liberamente la condotta adatta allo scopo (la
libertà dei propri atti); vuol dire anche capacità di inibirsi, di
resistere agli impulsi moventi e di saper frenare le forze
impellenti dei sentimenti e del tornaconto personale.
CONCETTO DI NASCITA
Per nascita si intende la completa fuoriuscita dal
corpo materno di un feto vivo e cronologicamente
vitale che abbia respirato.
Deve cioè intendersi: completa fuoriuscita dalle vie
genitali materne di tutto il feto e non della sola
testa o di altra parte; fuoriuscita che può avvenire
per espulsione (parto naturale) o per estrazione
(parto cesareo).
Quando tutto il feto è fuoriuscito, si considera
avvenuta la nascita e si parlerà, a seconda dei casi, di
nato vivo o di nato morto.
CAPACITÀ DI AGIRE
Con la nascita l’essere umano acquisisce la capacità
giuridica ma è solo con il raggiungimento della
maggiore età che egli è in grado di curare i propri
interessi e di compiere gli atti ordinari della vita
civile.
La capacità di agire consiste nell’attitudine ad
esercitare diritti ed adempiere agli obblighi
compiendo manifestazioni di volontà produttive di
effetti giuridici.
Presupposti della capacità di agire sono:
•
•
•
la capacità giuridica, che si acquisisce al
momento della nascita;
la maggiore età, fissata dal Codice Civile al
compimento del 18° anno (con essa si acquisisce
la capacità di compiere tutti gli atti per i quali
non sia stabilita un’età diversa);
la capacità di intendere e di volere, che è
l’attitudine
di
agire
liberamente
e
coscientemente nei casi concreti della vita e nei
rapporti di convivenza sociale.
RESPONSABILITA’ PENALE
Art. 85.
Capacità d'intendere e di volere.
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto
dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha
commesso non era imputabile.
È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di
volere.
Cause di esclusione della punibilità
ANTIGIURIDICITA’
COLPEVOLEZZA
a)Esimenti
generali
Consenso dell’avente
diritto
Adempimento di un
dovere
Esercizio di un diritto
Legittima difesa
Uso legittimo delle armi
Stato di necessità
b) Esimenti speciali
c) Esimenti non codificate
IMPUTABILITA’
Caso fortuito
(art. 45)
Forza maggiore
(art. 45)
Violenza fisica
(art. 46)
Errore sul fatto
(art. 47)
Età minore
Vizio di mente
Ubriachezza involontaria
Stupefazione involontaria
Intossicazione cronica da alcol
Intossicazione cronica da
stupefacenti
Sordomutismo
Incapacità procurata
L‘imputabilità consiste nell’idoneità a essere imputato di
un reato, ossia è la condizione occorrente per attribuire al
soggetto agente il fatto da lui commesso e mettergli in
conto le conseguenze giuridiche della sua condotta.
Cosa diversa è l’imputazione, che assume un significato
processuale e implica un giudizio di accusa con la
formulazione precisa del reato che viene addebitato.
L’imputabilità, colonna portante del sistema penale,
distingue gli esseri umani in due categorie, imputabili e non
imputabili: gli uni assoggettabili alla pena, gli altri no.
Il suo contenuto è duplice, giuridico (formale) e
psicologico (naturale), poiché l'imputabilità, pur essendo una
categoria astratta come tutti i concetti giuridici, si
riferisce però a una situazione reale e si risolve con un
giudizio concreto sullo stato mentale dell'individuo imputato.
IMPUTABILITÀ
Ogni individuo, raggiunta la maturità mentale,
dispone di qualità naturali che lo pongono in grado di
regolare consapevolmente e liberamente le proprie
azioni secondo il principio del libero arbitrio.
Il possesso di queste qualità psichiche è necessario
affinché una persona possa essere ritenuta
imputabile. La normalità psichica ed il potere
decisionale
dell’individuo
stanno
alla
base
dell’imputabilità.
L’imputabilità consiste nell’idoneità ad essere
imputato di un reato, ossia è la condizione occorrente
per attribuire al soggetto agente, il fatto da lui
commesso e mettergli in conto le conseguenze
giuridiche della sua condotta.
Esimenti generali
• Consenso dell’avente diritto
• Adempimento di un dovere
• Esercizio di un diritto
• Legittima difesa
• Uso legittimo delle armi
• Stato di necessità
Esimenti speciali
•
Omissione di referto:
nel caso in cui si esponga la persona assistita
a procedimento penale (Art.365)
oppure sè stessi o un proprio congiunto da un
grave e inevitabile nocumento nella libertà o
nell’onore (Art.384)
•
•
Prestata assistenza a duellanti
(Art.398)
Soppressione della coscienza o volontà altrui a
scopo scientifico o di cura (Art.728)
Esimenti non codificate
•
•
“Teoria dello scopo: si basa sul principio del
giusto mezzo per un giusto fine e considera
non contrarie al diritto quelle azioni che
perseguono un fine giusto.
Teoria del bilanciamento degli interessi:
quando vi sono due beni-interessi giuridici in
collisione è consentito sacrificare quello di
valore minore a vantaggio di quello di valore
prevalente”.
(C. Puccini : Istituzioni di Medicina legale)
Cause fisiologiche di
esclusione dell’imputabilità
Art.97 c.p. (minore degli anni 14)
“Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto, non aveva compiuto i 14 anni”
Art. 98 c.p.
(minore degli anni 18)
“E’ imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto,
aveva compiuto i 14 anni, ma non ancora i 18, se aveva
capacità di intendere e di volere; ma la pena è diminuita”
Art. 390 c.c. Emancipazione di diritto
Il minore è di diritto emancipato col matrimonio.
Cause patologiche di
esclusione dell’imputabilità
art. 88 c.p. (Vizio totale di mente)
art. 89 c.p. (Vizio parziale di mente)
Art. 88 C.P. “Vizio totale di mente” - Non è
imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da
escludere la capacità d'intendere o di volere.
Art. 89 C.P. “Vizio parziale di mente” – Chi, nel
momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermità, in tale stato di mente da scemare
grandemente,
senza
escluderla,
la
capacità
d'ìntendere o di volere, risponde del reato commesso,
ma la pena è diminuita.
Art. 90 C.P. “Stati emotivi o passionali” - Gli stati
emotivi o passionali non escludono né diminuiscono
l'imputabilità.
Art. 86 C.P. “Incapacità procurata” – Se taluno mette
altri nello stato d’incapacità di intendere o di volere,
al fine di fargli commettere un reato, del reato
commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha
cagionato lo stato d’incapacità.
Art. 87 C.P.“Incapacità preordinata “ – Chi si è messo
in stato di incapacità di intendere o volere, al fine di
commettere il reato o di prepararsi una scusa, è
imputabile”.
Art. 91 C.P. “L’ubriachezza derivata da caso
fortuito o da forza maggiore” - Non è imputabile chi,
nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la
capacità d'intendere o di volere, a cagione di piena
ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza
maggiore. Se l'ubriachezza non era piena, ma era
tuttavia tale da scemare grandemente, senza
escluderla, la capacità d'intendere o di volere, la pena
è diminuita.
Art. 92 C.P. “Ubriachezza volontaria o colposa
ovvero preordinata” – L’ubriachezza non derivata da
caso fortuito o da forza maggiore non esclude né
diminuisce la imputabilità. Se l'ubriachezza era
preordinata al fine di commettere il reato, o di
prepararsi una scusa, la pena è aumentata.
Art. 93 C.P. “Fatto commesso sotto l'azione di
sostanze stupefacenti” - Le disposizioni dei due
articoli precedenti si applicano anche quando il fatto è
stato commesso sotto l'azione di sostanze
stupefacenti.
Art.96 C.P. “Non è imputabile il sordomuto che, nel
momento in cui ha commesso il fatto, non aveva,
per causa della sua infermità, la capacità di
intendere o di volere”
INTERDIZIONE
L’interdizione è il procedimento giudiziale che
priva totalmente della capacità di agire e pone
l’interdetto in stato di tutela. A lui si applicano le
stesse norme previste per i minori. Si tratta di un
istituto di protezione creato appositamente per la
tutela degli interessi di persone incapaci.
Devono essere interdetti “il maggiore di età e il
minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di
abituale infermità di mente che li rende incapace di
provvedere ai propri interessi” (art. 414 C.C.).
INTERDIZIONE
Tre sono le condizioni perché debba farsi luogo
l’interdizione:
1. l’esistenza di una infermità di mente (qualsiasi
malattia psichica ad effetto durevole, che
comporta
gravi
difetti
della
coscienza,
dell’affettività,
dei
poteri
associativi
e
soprattutto di quelli volitivi);
2. il carattere abituale di essa (implica un giudizio
prognostico di lunga durata o di cronicità del
decorso clinico;
3. le conseguenti incapacità del soggetto di
provvedere ai suoi interessi.
L’interdizione può essere richiesta dalle persone
interessate alla conservazione del patrimonio
dell’incapace (coniuge, parenti ed affini).
Viene disposta dal Giudice (perciò giudiziale) e mira
principalmente a tutelare gli interessi dell’incapace.
Il procedimento è obbligatorio quando sia stata
accertata l’assoluta incapacità di provvedere ai propri
interessi.
Il Giudice deve accertarsi di persona dell’infermità
mentale; in questo esame può avvalersi di un
consulente tecnico, può disporre ogni mezzo
istruttorio,
interrogare
i
parenti
prossimi
dell’interdicendo
ed
assumere
le
necessarie
informazioni (art. 419 C.C.).
L’interdizione determina l’incapacità assoluta ai
negozi patrimoniali e familiari. L’interdetto non può
stipulare contratti, non può contrarre matrimonio, non
può fare testamento, non può riconoscere figli
naturali.
Di conseguenza, gli atti compiuti dall’interdetto
dopo la sentenza di interdizione possono essere
annullati su istanza del tutore, dell’interdetto o dai
suoi eredi o aventi causa (art. 427 C.C.).
Il tutore, nominato dal Giudice, rappresenta
l’interdetto in tutti gli atti civili che li riguardano e ne
amministra i beni.
La donna interdetta può richiedere ed ottenere
l’interruzione di gravidanza, con le modalità previste
INABILITAZIONE
L’inabilitazione è il procedimento giudiziale che
priva il soggetto della capacità di compiere gli atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione e gli impone
l’assistenza da parte di un curatore.
Possono essere inabilitate (art. 415 C.C.) le persone
che si trovano nelle seguenti condizioni:
•
il maggiore di età infermo di mente, il cui stato non
è talmente grave da fare luogo l’interdizione
(deficienza psichica);
•
coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di
bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o
la loro famiglia a gravi pregiudizi economici;
•
il sordomuto ed il cieco dalla nascita o dalla prima
infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione
sufficiente e non siano così incapaci da essere
interdetti.
L’infermità mentale che dà luogo all’inabilitazione
implica un’alterazione psichica che riduce le attitudini
intellettive o volitive del soggetto in modo notevole
ma non così grave da causare la totale incapacità a
provvedere ai propri interessi.
Tale infermità deve essere durevole, requisito
sottinteso dalla legge ed implicito, la cui reversibilità
ammette
la
revoca
dell’inabilitazione.
Il
provvedimento di inabilitazione può venire applicato
nei casi di moderata oligofrenia, di demenza senile
non grave, di personalità psicopatiche e simili.
Il problema della
“infermità”
Posizione giurisprudenziale
ü
Orientamento nosografico
(Ritardo Mentale, Psicosi, Psicosi Organiche)
ü
Orientamento psicopatologico
(anche abnormità psichiche, nevrosi,
psicopatie, disturbi di personalità, etc.)
Infermità
Al momento del fatto-reato
(riferito non solo al dato temporale, cronologico,
ma più estesamente alla sue premesse
motivazionali, al suo divenire, dunque anche al
comportamento post-delitto)
ü
In riferimento al fatto-reato
(criminodinamica e criminogenetica)
ü
Concetto di “infermità”
Cass. Sez. Unite Penali, sent. 9163/2005
“…i disturbi della personalità, come in
genere quelli da nevrosi e psicopatia,
quand’anche non inquadrabili nelle figure
tipiche della nosografia clinica iscrivibili
al più ristretto novero delle malattie
mentali, possono costituire anch’esse
infermità, anche transeunte, rilevante ai
fini degli artt. 88 e 89 c.p….”.
Cass. Sez. Unite Penali, sent.
9163/2005
disturbi della
personalità … possono
“ … i
acquisire rilevanza solo ove siano di consistenza,
intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente
incidere sulla capacità di intendere e di volere.
Vuole dirsi cioè che i disturbi della personalità
come in genere quelli da nevrosi e psicopatie,
quand’anche non inquadrabili nelle figure tipiche
della nosografia clinica iscrivibili al più ristretto
novero delle malattie mentali, possono costituire
anch’esse “infermità”, anche transeunte, rilevante
ai fini degli artt. 88 e 89 c.p., ove determinino lo
stesso risultato di pregiudicare, totalmente o
grandemente, le capacità intellettive e volitive …”
Cass. Sez. Unite Penali, sent.
9163/2005
“… Ne consegue, per converso, che non
possono avere rilievo, ai fini della
imputabilità, altre “anomalie caratteriali”,
“
disarmonie
della
personalità”,
“alterazioni
di
tipo
caratteriale”,
“deviazioni del carattere e del sentimento”,
quelle legate “alla indole” del soggetto,
che, pur afferendo alla sfera del processo
psichico di determinazione e di inibizione
… non attingano, quindi, a quel rilievo di
incisività
sulla
capacità
di
autodeterminazione del soggetto agente…”
La prodigalità è l’abitudine a dissipare i propri beni
per non conoscere il valore del danaro. Ne esistono
due forme.
Una, quella patologica, è sintomatica di alcune
psicosi (paralisi progressiva, mania) e può portare
all’interdizione come qualunque abituale infermità di
mente.
L’altra consiste nel difetto caratteriale proprio di
chi è dissipatore incorreggibile, disordinato e
smisurato nello spendere rispetto alle sue condizioni
economiche, ma sano di mente o al più personalità
psicolabile.
La prodigalità viene considerata una causa autonoma
di inabilitazione in quanto il prodigo, sperperando i
suoi averi per motivi futili, produce quel grave
pregiudizio economico a sé e ai familiari.
L’inabilitazione, che è una forma semplice di
limitata capacità di agire, non è obbligatoria come
l’interdizione, bensì è facoltativa e viene dichiarata da
sentenza giudiziale con le stesse formalità richieste
per l’interdizione. La sua funzione è quella di
proteggere l’incapace nella misura compatibile con le
esigenze di libertà e dignità personale.
L’inabilitato può compiere gli atti non eccedenti
l’ordinaria amministrazione dei propri beni, può
contrarre matrimonio e disporre per testamento. Per
gli atti eccedenti egli è soggetto alle stesse
disposizioni riguardanti il minore emancipato ed è
assistito da un curatore.
Infermità e imputabilità
ü
La giurisprudenza ha ribadito
che
non vi è alcun automatismo
fra
diagnosi e vizio di mente
Infermità ed esclusione
dell’imputabilità
ü
ü
La diagnosi non è sufficiente a
produrre un giudizio di difetto di
imputabilità
Il giudizio sul “vizio di mente”
emergerà solo dall’analisi, caso per
caso, del ruolo avuto da quella
specifica condizione psicopatologica
rispetto al concreto fatto-reato
Valutazione psichiatricoforense del vizio di mente
ü
ü
Accertamento di un disturbo di
mente
che
possa
qualificarsi
infermità in senso giuridico
Riflesso della accertata infermità
sulla capacità di intendere e di
volere
Valutazione psichiatrico-forense
ü
Criterio clinico-diagnostico
(Dato psicopatologico al momento del fatto)
Criterio metodologico
(Ricostruzione
criminologica
e
criminodinamica
attraverso
l’indagine
psichiatrico-forense:
analisi
criminologica,
psichiatrica e psicologica)
ü
ü
Criterio valutativo
(Reale incidenza
dello
stato
di
mente
PERICOLOSITA‘ SOCIALE
CONCRETA PROBABILITA’ (E NON MERA POSSIBILITA’) CHE IL
SOGGETTO COMMETTA UN QUALSIASI ALTRO FATTO (NON SOLO LA
RECIDIVA SPECIFICA) PREVISTO DALLA LEGGE COME REATO .
E’ ... UNA PREVISIONE DEL FUTURO (ARTI
DIVINATORIE)
FATTORI LEGATI ALL'INDIVIDUO MA ANCHE LEGATI ALL’AMBIENTE
(CONTESTO SOCIALE E FAMILIARE)……. Art. 203 C.P.
Pericolosità sociale
Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non
imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati
nell'articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti
dalla legge come reati. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle
circostanze indicate nell'articolo 133.
Art. 133 C.P.
Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena
Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice
deve tenere conto della gravità del reato, desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai
mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione; 2) dalla
gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla
intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto, altresì, della
capacità a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal
carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e
dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o
susseguente al reato; 4) delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del
reo.
La pericolosità sociale comporta l’applicazione
delle misure di sicurezza.
Nel caso della perizia psichiatrica, il perito si
pronuncia sulla pericolosità sociale derivata e
correlata all’infermità mentale; deve quindi
rispondere al quesito solo se ha ravvisato un
quadro di patologia di mente tale da costituire vizio
totale o parziale (Pericolosità Sociale Psichiatrica)
U. Fornari