Determinazione della conduttività equivalente a diluizione infinita di

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Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
Determinazione della conduttività equivalente
a diluizione infinita di un elettrolita forte
Testi di riferimento:
- P. Atkins, Physical Chemistry
- D.A. Mac Innes, The Principles of Electrochemistry (Dover Publ. Inc., 1961)
- S. Glasstone, An Introduction to Electrochemistry, 11a edizione (D. van
Nostrand Company Inc., 1942)
- Handbook of Chemistry and Physics, CRC press
28/02/2017
Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
PARTE I – CONDUCIBILITÀ DI SOLUZIONI ELETTROLITICHE
Introduzione.
Le soluzioni di elettroliti, se sottoposte a una differenza di potenziale, conducono
corrente elettrica. La conducibilità dipende dalla forza ionica del mezzo, ovvero dalla
concentrazione dell’elettrolita se esso è presente da solo in soluzione. La forza ionica,
infatti, concorre a determinare l’attrito che è sperimentato da ciascuno ione in moto
nella soluzione, a causa delle interazioni elettrostatiche con gli altri ioni circostanti.
Storicamente, la prima teoria sulla dissociazione ionica è dovuta ad Arrhenius (1884),
ed è nata dall’esigenza di spiegare quantitativamente le proprietà colligative delle
soluzioni di elettroliti. Arrhenius postulava che le interazioni tra gli ioni in soluzione
non fossero rilevanti, quindi assumeva che le soluzioni elettrolitiche fossero trattabili
nel quadro delle “soluzioni diluite ideali”. Nel corso di questa esperienza, sarà possibile
verificare come questa ipotesi non consenta di descrivere correttamente la conducibilità
di una soluzione elettrolitica reale.
Dato che la conducibilità di una soluzione elettrolitica è legata alla concentrazione
dell’elettrolita, la conduttimetria è ampiamente applicata, ad esempio, nella
determinazione di costanti di equilibrio di dissociazione di elettroliti deboli, di prodotti
di solubilità di sali, e nello studio di velocità di reazione in cui siano coinvolte specie
ioniche.
Gli elettroliti.
Alcune sostanze, dette elettroliti, sono in grado di dissociarsi in specie aventi carica
opposta (ioni) quando sono disciolte in opportuni solventi.
Un caso molto comune di soluzione elettrolitica è quello di sali disciolti in H2O, per via
dell’ottimo potere solvatante dell’acqua nei confronti delle specie cariche.
Nel caso di un elettrolita binario si ha:
M ν + Aν − ↔ ν + M z + + ν - A z -
che, come tutte le reazioni chimiche, è regolata dalla
costante di equilibrio dipendente dalle attività delle specie
solvatate all’equilibrio:
K eq = a
M z+
ν+
a
A z-
ν-
/ a Mν + Aν − .
2
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Assumendo comportamento ideale della soluzione (coefficienti di attività unitari), e
sostituendo le attività con le concentrazioni molari delle specie, si può operare con la
seguente costante di dissociazione K :
[M z + ]ν + [A z- ]ν K=
[ Mν + Aν − ]
All'equilibrio, la frazione di molecole in soluzione che è dissociata in ioni è detta grado
di dissociazione α:
α=
nd cd
=
nt
c
con nd numero di molecole dissociate in ioni, nt numero di molecole totali dell’elettrolita
in soluzione e c la sua concentrazione molare. Tenendo presente che  M z +  = ν +α c ,


 A z −  = ν α c , [ M A ] = c − α c = (1 − α ) c , sostituendo si ricava che
ν+ ν−
−


K=
ν +ν + ν −ν − α
(ν + + ν − )
c
(ν + + ν − −1)
1−α
Per un elettrolita binario che genera ioni con uguale carica in modulo, cioè per un
equilibrio del tipo MA( solv) = M z + ( solv) + A z- ( solv) , si ha v+=v-=1 e quindi
K=
α2
c
1−α
(+)
Questa relazione è nota come legge di diluizione di Ostwald e mostra che, a temperatura
e pressione definite, essendo K una costante nell’ipotesi di soluzioni ideali, il grado di
dissociazione dipende dalla concentrazione e tende a 1 quando c tende a 0 (per
diluizione infinita).1
Convenzionalmente si stabilisce che l’elettrolita è “completamente dissociato” se
K / c > 10 , mentre lo si ritiene “completamente indissociato” per K / c < 10−2 . Nella
pratica, si definiscono elettroliti forti le sostanze che hanno α = l a concentrazioni
ordinarie (diciamo dell’ordine di 0.1M), mentre si definiscono elettroliti deboli le
sostanze per le quali α è piccolo a concentrazioni ordinarie e tende a 1 solo per
concentrazioni molto basse.
Se (+) è costante e 0<α<1, allora quando cö0 anche il denominatore 1-αö0, per cui deriva che
aö1.
1
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Conducibilità elettrolitica.
Classificazione dei conduttori di corrente elettrica.
I conduttori sono classificabili in due categorie a seconda del meccanismo di trasporto
della corrente all'interno del materiale.
Conduttori di 1a specie (elettronici): conduttori metallici e semiconduttori. Nei
conduttori di 1° specie la conduzione è di tipo elettronico, ovvero coinvolge i livelli
elettronici del materiale. Nei metalli il trasporto di corrente è dovuto agli elettroni di
conduzione. La loro resistività (ρ) può variare da 10-6 a 10-3 Ω cm e cresce all'aumentare
della temperatura. Nei semiconduttori (per esempio composti inorganici a base di
elementi del III, IV, V e VI Gruppo, alcuni composti organici con elevata
delocalizzazione elettronica ed alcuni ossidi difettuali) il trasporto di corrente è dovuto a
elettroni e/o buche (vacanze elettroniche). La resistività di questi materiali va da 10-5 a
105 Ω cm e diminuisce all'aumentare della temperatura.
Conduttori di 2a specie (ionici): soluzioni elettrolitiche e sali fusi. In questi conduttori la
corrente è trasportata da ioni. Dunque, alla chiusura del circuito elettrico, si osserva
migrazione delle cariche ioniche verso gli elettrodi, ovvero il trasporto di corrente
implica trasporto di massa. La resistività delle soluzioni elettrolitiche è compresa tra 102
e 106 Ω cm e, per i sali fusi, tra 10-1 e 10 Ω cm. Per alcuni cristalli ionici la resistività
può assumere valori tra 103 e 108 Ω cm. La resistività del materiale diminuisce
all'aumentare della temperatura, a causa dell’aumento dell’energia cinetica degli ioni in
soluzione al crescere della temperatura. La conducibilità dei conduttori di 2° specie
dipende dalla concentrazione ionica.
E’ possibile adottare un’altra classificazione dei conduttori, in base alla Prima legge di
Ohm. La prima legge di Ohm relaziona linearmente la corrente (i) che attraversa un
conduttore alla differenza di potenziale ∆V applicata ai suoi capi,
∆V = R i
dove la resistenza (R) del conduttore entra come la costante di proporzionalità. Le unità
di misura comunemente utilizzate sono l’Ampere [A] per la corrente, il Volt [V] per il
potenziale e l’Ohm [Ω] per la resistenza. L'inverso della resistenza è detto conduttanza
(simbolo G):
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G=
1
R
L’unità di misura della conduttanza è quindi [Ω-l], denominata anche Siemens [S]. Tutti
i materiali che seguono la legge di Ohm sono detti conduttori ohmici, ovvero per essi
esiste una relazione lineare fra ∆V ed i e la resistenza non dipende dalla corrente i.
Esempi di conduttori ohmici sono i metalli. Per i materiali non-ohmici R = ∆V / i non è
costante ma dipende dalla corrente i. Esempi di conduttori non ohmici sono le giunzioni
p-n (diodi) e i superconduttori. Le soluzioni elettrolitiche sono un caso particolare
perché di fatto non rispettano la 1° legge di Ohm in corrente continua (DC), ma seguono
la legge di Ohm in corrente alternata (AC) a determinati intervalli di frequenza,
tipicamente intorno ai 1000 Hz. Torneremo su questo aspetto nella sezione seguente
sulle misure conduttimetriche.
La Seconda legge di Ohm relaziona la resistenza alla geometria del conduttore:
R=ρ
l
S
dove l è la lunghezza del conduttore, S è l'area della sua sezione trasversale e ρ è la
resistività. L’unità di misura di ρ è [Ω m]. La resistività è una proprietà intrinseca del
materiale e non dipende, a differenza della resistenza, dalla geometria.
La conduttività (o conducibilità specifica) χ è definita come l'inverso della resistività:
χ=
1
ρ
Le sue unità di misura sono [Ω-l cm-1] o [S cm-1]. Si ha quindi:
G=χ
S 1
=
l R
Queste definizioni sono generali, e valgono sia per conduttori di prima che di seconda
specie. Dunque, solo la conduttività χ è una proprietà intrinseca del conduttore (per es.
della soluzione elettrolitica), mentre la conduttanza dipende anche dalla geometria del
conduttore e del sistema di misura.
Misure di conducibilità elettrolitica.
Nel caso di conduttori di seconda specie, come le soluzioni elettrolitiche, la misura in
corrente continua non è possibile in quanto si avrebbero fenomeni di polarizzazione
superficiale degli elettrodi con scarica di specie chimiche sugli elettrodi stessi
(fenomeni elettrolitici). Ciò farebbe nascere delle tensioni di polarizzazione, di segno
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contrario alla tensione applicata, che introdurrebbero un errore nella determinazione
della resistenza R della soluzione o ostacolerebbero la misura. Di fatto il conduttore non
seguirebbe la prima legge di Ohm. Si ovvia a questo inconveniente utilizzando corrente
alternata, in genere a 1000 Hz. Le rapidissime inversioni di polarità nel tempo riducono
i tempi di elettrolisi, rendendo tale fenomeno mediamente nullo nel tempo, portando
praticamente a zero la tensione di polarizzazione. In questo modo il conduttore ha un
comportamento sostanzialmente ohmico.
Per approfondire. La misura classica della conduttanza in soluzioni elettrolitiche si
effettua con il ponte di Kohlrausch (figura sottostante), che consiste in un ponte di
Wheatstone modificato per poter operare su soluzioni elettrolitiche ed in corrente
alternata. Il ponte di Wheatstone è il metodo di misura classico della conducibilità di
conduttori di prima specie (figura sottostante), dove la misura della resistenza incognita
Rx viene effettuata in corrente continua variando la resistenza RN fino a compensazione
del ponte, cioè fino ad annullamento della differenza di potenziale tra i punti B e D.
Questa condizione viene rilevata dal galvanometro (G) che indicherà corrente nulla.
Il ponte di Kohlrausch, operando in corrente alternata, deve considerare il fatto che
l’intercapedine tra gli elettrodi di misura immersi nella soluzione elettrolitica introduce
un contributo capacitivo. Di fatto equivale ad avere un condensatore in serie alla
resistenza della cella. Occorre quindi equilibrare le rispettive impedenze, le quali
dipendono da resistenza, induttanza e capacità del sistema. A tal fine nel ponte di
Kohlrausch è inserito un condensatore variabile in parallelo col resistore a resistenza
variabile, che permette di equilibrare perfettamente la capacità della cella.
D
R1
R2
G
A
Rx
C
RN
B
Ponte di Wheatstone per misure
classiche di R
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Al contrario dei metodi classici di misura, le misure moderne della resistenza tra due
elettrodi in corrente alternata sono fatte mediante conduttimetri che sfruttano la
differenza di fase dell'impedenza di cella. Infatti se ad una resistenza e capacità poste in
serie viene applicata una tensione alternata, tale per cui la corrente che circola nel
circuito sia Iocosωt, la tensione ai capi dei singoli elementi è data da:
VR = RI0cosωt
ai capi della resistenza
VC = RI0senωt
ai capi della capacità.
Poiché senωt = cos ( ωt − π / 2 ) , l'impiego di amplificatori operazionali sensibili alla fase
permettono di risalire al valore della resistenza della cella. Quindi nei conduttimetri di
uso corrente, il ponte di Kohlrausch è sostituito da amplificatori operazionali.
La misura conduttimetrica con gli apparecchi moderni richiede l’applicazione di
correnti bassissime, pertanto sono ridotti anche gli effetti di polarizzazione degli
elettrodi che interferiscono con il comportamento ohmico della soluzione elettrolitica.
Per quanto riguarda le celle conduttimetriche di uso generale, esse
sono costituite da due placchette (elettrodi) cui viene applicata una
tensione alternata (si veda la figura). Le celle sono a funzionamento
amperometrico in quanto i valori di conduttanza derivano da misure
di corrente. Le placchette conduttrici sono di platino liscio ricoperto,
per elettrolisi, di uno strato di “nero di platino” (strato di platino
metallico nero, spugnoso), che serve ad aumentare di molto la
superficie attiva di contatto tra elettrodo e soluzione, diminuendo la
cosiddetta resistenza di contatto.
In una cella conduttimetrica S e l rappresentano la superficie e la
distanza tra due elettrodi di platino-platinato tra cui si trova la
soluzione degli elettroliti da sottoporre a misura (vedi figura). Poiché il materiale di cui
sono fatti gli elettrodi può essere così poroso da far aumentare sensibilmente la
superficie effettiva a contatto con la soluzione, si preferisce indicare il rapporto S/l per
una determinata cella conduttometrica introducendo una costante κ, detta costante di
cella, che è legata alla conduttanza G da
G =κ χ
La costante di cella κ si determina mediante la misura di conducibilità di una soluzione
a conduttività nota ad una certa temperatura. Tipicamente si utilizzano soluzioni 1 N,
0.1 N o 0.01 N di KCl:
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κ=
GKCl
χ KCl
In letteratura si trovano tabulati tutti i valori di conduttività di soluzioni di KCl a diverse
temperature e a diverse concentrazioni. Le costanti di cella κ maggiormente usate sono
0.1 – 1.0 – 10.0 cm. Quanto più basse sono le conducibilità specifiche da determinare,
tanto più alti devono essere i valori delle costanti di cella da impiegare per avere una
buona accuratezza. Un fattore importante per le misure conduttimetriche è la
temperatura. Convenzionalmente le misure si eseguono a 18, 20, 25 °C.
d.d.p
.
E
S
+
soluzione
l
Legame tra conduttività (grandezza misurabile) e trasporto ionico (proprietà
molecolari)
Sotto applicazione della d.d.p., la dinamica dei singoli ioni di carica z+ o z− (espresse
in unità di carica dell’elettrone, e, in valore assoluto) è determinata da una forza
istantanea che è la risultante di più contributi. Descrivendo il moto secondo l’equazione
di Langevin,2 tali contributi sono:
-
la forza di trascinamento dovuta al campo elettrico, e z± E ,
-
l’attrito viscoso che si oppone al moto, −ξ ± v ± ,
-
la forza stocastica derivante dalle interazioni (“urti”) con le particelle circostanti,
Γ ± (t ) , alla quale si dà la forma di rumore bianco Gaussiano.
Proiettando il moto del singolo ione lungo la direzione del campo elettrico (sui piani ad
esso ortogonali il moto è la comune dinamica browniana libera), l’equazione di
Langevin è
m±
dv±
= e z± E
dt
− ξ± v±
+ Γ ± (t )
con m± la massa dello ione positivo/negativo. Il simbolo “±” sta ad indicare che la
stessa espressione vale sia per gli ioni positivi che negativi.
2
Una relazione simile sarà discussa anche nell’esperienza D
8
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Questa equazione vale ad ogni istante. Tenendo presente che la media della forza
stocastica dovuta agli urti è nulla ad ogni istante, cioè Γ ± (t ) = 0 , l’equazione di
Langevin mediata per tempi lunghi rispetto alla frequenza degli urti si riduce a
m±
d v±
dt
= e z± E
− ξ± v±
in cui v± sono appunto le velocità mediamente acquisite dagli ioni al tempo t dopo
l’applicazione della d.d.p.. E’ ragionevole attendersi che dopo un breve tempo si
raggiunga uno stato stazionario in cui la forza elettrica è bilanciata dalla forza di attrito;
in tale situazione lo ione viaggia mediamente con una velocità-limite data da:
v± ∞ = e z± E / ξ ±
É possibile introdurre le mobilità ioniche (unità di misura cm2 V-1 s-1) così definite:
u± = e z± / ξ ±
v± ∞ = u± E
Si ha pertanto che
Questa ultima relazione consente di interpretare la mobilità ionica come la velocità
limite media dello specifico ione nel mezzo in esame, sottoposto ad un gradiente di
potenziale pari a 1 V/cm.
Con le velocità-limite medie è possibile esprimere il flusso di ogni tipo di ione, in ogni
punto del campione, nella direzione del campo elettrico. Tenendo presente che il flusso
degli ioni del tipo j è il numero di tali ioni che fluiscono, in condizioni stazionarie,
nell’unità di tempo attraverso l’unità di superficie ortogonale al campo elettrico, si può
calcolare il corrispondente flusso di carica (trasportata dagli ioni di quel tipo) come
esplicitato nella figura seguente:
carica dello ione
(
δS
vj
)
Flusso = (ez j ) N A × c j ×10−3 × v j
∞
j
∞
δl
carica di 1 mole
di ioni (NA è il
Numero di Avogadro)
densità di carica dovuta agli
ioni j espressa in Coulomb/cm3.
cj è la concentrazione molare,
quindi occorre il fattore 10-3 per
passare a moli/cm3
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La corrente elettrica netta che verrà misurata nel circuito esterno si ottiene sommando i
flussi di carica dovuti a tutti gli ioni positivi/negativi (presi in modulo), e moltiplicando
il risultato per l’area S delle placchette della cella. Richiamando la relazione tra mobilità
ionica e velocità media e inserendo la costante di Faraday F=eNA, il risultato è il
seguente:
i=S F E
∑ c ju j z j /1000
j
Ricordando la definizione di conduttanza, G = i / ∆V , ed esprimendo il campo elettrico
tra le placchette come E = ∆V / l , si ottiene
G=
S
F 
∑ c ju j z j 
l
1000  j

da cui segue l’espressione per la conduttività:



c j u j z j  /1000
=F


 j

l
χ =G
S
∑
Fino ad ora la trattazione è generale: in soluzione possono essere presenti più ioni
derivati dalla dissociazioni di diversi elettroliti in miscela. Procediamo considerando il
caso semplice in cui sia presente un unico elettrolita binario dissociato secondo
Mν + Aν − = ν + M z + + ν - A z- . Le precedenti espressioni diventano
G = c × 10−3 F (ν + u+ z+ +ν −u− z−
) Sl
χ = c F (ν +u+ z+ + ν −u− z− ) /1000
Conduttività molare ed equivalente.
All’aumentare della concentrazione di
30
un
della
25
conduttività χ o della conduttanza G, in
20
conseguente
aumento
quanto a parità di geometria della cella
sono disponibili più ioni trasportatori di
carica in quel dato volume. Tuttavia
sperimentalmente non
si
trova un
andamento lineare, come si potrebbe
supporre
dalle
espressioni
G (mS)
elettrolita c in una soluzione, si osserva
Misura per elettrolita binario
Fit lineare usando solo
i primi punti a c minore
15
10
5
0
0.00
0.05
0.10
0.15
0.20
0.25
0.30
c (M)
appena
10
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ricavate per G e χ, tranne che a basse concentrazioni. Il motivo risiede nel fatto che sia
G che χ dipendono anche dalla mobilità u dei portatori di carica (gli ioni), la quale è
evidentemente anch’essa una funzione di c, la cui dipendenza diventa non trascurabile
soprattutto oltre una certa soglia di concentrazione
Mediante il rapporto tra la χ misurata e la c dell’elettrolita (nel caso in cui un unico
elettrolita sia presente in soluzione), è possibile identificare una grandezza che consente
di confrontare la conduttività degli elettroliti eliminando la dipendenza lineare dalla loro
concentrazione. Tale grandezza è detta conduttività molare dell’elettrolita (unità di
misura Ω-1 cm2 mol-1):
Λm =
χ
c
1000
Il fattore 1000 è introdotto per tenere conto che la concentrazione c è espressa in
moli/dm3, mentre nella pratica di utilizzo frequente le conduttività si esprimono in Ω-1
cm2 mol-1. Fisicamente, Λ m coincide con la conduttanza di 1 cm3 di soluzione 1M
dell’elettrolita in esame.
Per confrontare tra loro le conduttività di elettroliti con diversa valenza (per esempio per
confrontare elettroliti binari con elettroliti ternari), è possibile esprimere la conduttività
in modo indipendente dalla stechiometria dell’elettrolita a cui si riferisce. Dato che per
l’elettroneutralità deve valere ν + z+ = ν − z− = ν dove ν è la “valenza” dell’elettrolita, si
definisce la conduttività equivalente dell’elettrolita (espressa in Ω-1 cm2 g-equiv-1)
come:
Λ=
Λm
ν
=
χ
1000
νc
Fisicamente, Λ coincide con la conduttanza di 1 cm3 di soluzione 1N dell’elettrolita in
esame. Infatti 1 grammo equivalente di un elettrolita è la quantità di sostanza che per
dissociazione produce una mole di carica elettrica ionica pari a quella di un numero di
Avogadro di elettroni. Dalla definizione di Λ e Λm deriva che 1g-equival=1mol/v, dove
v è la valenza dell’elettrolita (una grandezza adimensionale).
Nel caso in cui le soluzioni elettrolitiche fossero “ideali”, ovvero non vi fosse
interazione tra gli ioni presenti in soluzione, sarebbe sufficiente dividere χ per c per
eliminare qualsiasi dipendenza della conduttività dalla concentrazione degli elettroliti.
Al contrario, nei paragrafi successivi mostreremo che nella realtà anche le conduttività
molare o equivalente sono dipendenti dalla concentrazione degli elettroliti. In
11
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particolare, mostreremo che la dipendenza di Λ m (c) o Λ (c) da c contiene le
informazioni sulla non-idealità della soluzione ionica dovuta alle mutue interazioni tra
ioni. Infatti dalla definizione di conduttività molare, Λ m = χ1000 / c , segue che
Λ m = F (ν + u+ z+ + ν −u− z−
)
Questa equazione costituisce il punto di contatto tra la grandezza accessibile
sperimentalmente ( Λ m ) e la sua interpretazione su base molecolare (le mobilità
ioniche). Viene ora introdotta la conduttività equivalente dello ione (in Ω-1 cm2 gequiv-1) così definita:
λi = Fui
La conduttività molare risulta quindi espressa come
Λ m = ν + z+ λ+ + ν − z− λ−
Dalla definizione di conduttività equivalente, Λ = Λ m /ν , dove ν + z+ = ν − z− = ν , si
deriva subito la seguente importante relazione:
Λ = λ+ + λ−
la quale stabilisce che la conduttività equivalente di un elettrolita è la somma delle
conduttività equivalenti degli ioni che esso genera.
Modelli teorici per la migrazione ionica.
Nelle soluzioni non ideali, l’attrito idrodinamico ξi (c) che ogni ione sperimenta durante
il suo moto nella soluzione dipende dalle interazioni elettrostatiche con gli ioni
circostanti oltre che con il solvente. Pertanto, le mobilità ioniche dipendono dalla
concentrazione e dal tipo di ioni presenti in soluzione. Di conseguenza, anche le
conduttività molari ed equivalenti, dipendendo dalle mobilità ioniche, sono funzione
della concentrazione e del tipo di ioni presenti in soluzione.
Dal punto di vista empirico, l’esistenza di una dipendenza di Λ (analogamente si può
considerare Λ m ) dalla concentrazione può essere messa in evidenza osservando profili
del tipo mostrato nelle figure a pagina 13.
Ciò che emerge dal profilo di χ (c) vs. c è una iniziale crescita lineare; tenendo presente
che χ = 10−3ν Λ c , ciò vuol dire che per concentrazioni di elettrolita elevate, Λ
decresce, mentre per concentrazioni molto basse si ha che Λ tende ad un valore limite,
Λ 0 = lim Λ (c) , denominato conduttività equivalente a diluizione infinita.
c →0
12
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Dato che
Esperienza EF
Λ (c) = λ+ (c) + λ− (c) , per avere tale andamento della conduttività
dell’elettrolita occorre che anche le conduttività equivalenti dei singoli ioni abbiano lo
stesso comportamento limite. Si definisce quindi la conduttività equivalente a
diluizione infinita dello ione come:
lim λi (c) = λi 0
c →0
Segue quindi che
Λ 0 = λ+0 + λ−0
(*)
Ad una data temperatura, a diluizione infinita i valori delle varie λi0 dipendono solo
dallo specifico ione i-esimo nel dato solvente; sono quindi grandezze tabulabili e con
esse si può calcolare la Λ 0 di ogni elettrolita binario mediante la somma eq (*). La
possibilità di ottenere Λ 0 sommando contributi indipendenti per ogni ione è nota come
“legge della migrazione indipendente degli ioni” di Kohlrauch, che la verificò per
primo, e la eq (*) è detta equazione di Kohlrauch. Valori delle λi0 per alcuni ioni in
acqua a 25°C sono riportati in Tabella (relativa a soluzioni acquose a 25°C).
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Di seguito si mostra un esempio di verifica sperimentale della legge (*). Si noti come,
prendendo la differenza tra le Λ 0 misurate per due sali di potassio e sodio che hanno in
comune l’anione, si ottiene sempre lo stesso valore (verificare che esso corrisponde a
λ0 + − λ0
K
Na +
usando i dati nella Tabella).
Si noti che l’indipendenza dei contributi ionici da Λ 0 è sinonimo di idealità della
soluzione elettrolitica, ovvero di assenza di interazioni tra gli ioni, che è una ipotesi
ammissibile solo per concentrazione tendente a 0.
La base teorica della conducibilità ionica in soluzioni reali è il modello di Debye-
Hückel-Onsager (D-H-O), nato dagli studi di Debye e Hückel (Phys. Z. 25, p. 49
(1924)) e dalla successiva estensione di Onsager (Phys. Z. 27, p. 388 (1926) e Phys. Z.
28, p. 277 (1927)).
Affrontiamo in primo luogo la situazione statica in assenza di campo elettrico. Debye e
Hückel hanno introdotto le interazioni tra ioni in senso statistico, ricorrendo all’idea di
14
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“atmosfera ionica” che circonda ogni ione. L’elettroneutralità della soluzione impone
che la distribuzione di carica netta intorno ad un qualsiasi ione in soluzione sia tale per
cui la carica risultante deve essere 0. In altri termini, se consideriamo uno ione i-esimo
generico, le cariche positive/negative attorno ad esso saranno istantaneamente arrangiate
in infiniti modi possibili ma, effettuando una media all’equilibrio termico (cioè secondo
i pesi dettati dalla statistica di Boltzmann) su tutte le configurazioni realizzabili, ne
risulterà una distribuzione di carica netta ρ (r ) di segno opposto a quello dello ione
centrale. Ciò è intuitivo in quanto uno ione positivo addensa attorno a sé carica negativa
(viceversa per uno ione negativo).
Per approfondire. Se lo ione è fermo la distribuzione ρ (r ) ha simmetria sferica; inoltre
deve avere valore massimo nelle vicinanze dello ione (qui si “addensano”
maggiormente i contro-ioni), e deve andare a zero a distanza infinitamente grande. Tale
distribuzione di carica è appunto l’atmosfera ionica. Per ricavare un’espressione di
ρ (r ) in ogni punto occorre risolvere un complesso problema matematico di autoconsistenza: ρ (r ) infatti deriva dalle distribuzioni locali delle cariche positive e
negative all’equilibrio termico, n+ (r ) e
n− (r ) , attorno allo ione, le quali sono
determinate secondo la statistica di Boltzmann noto il potenziale elettrostatico locale
V (r ) , che è generato dalla distribuzione ρ (r )
stessa alla quale è vincolato
dall’equazione di Poisson. Lo schema di tale “corto-circuito” è illustrato nel disegno
seguente.
Debye e Hückel hanno risolto il problema giungendo ad una forma approssimata per la
distribuzione
ρ (r ) , valida nel limite di soluzioni sufficientemente diluite
(Precisamente, nel limite di energia elettrostatica molto inferiore al quanto termico in
ogni punto dell’atmosfera ionica: eV (r ) << k B T . Questa condizione può non essere
15
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verificata se lo ione centrale ha carica elevata, se ha raggio piccolo, se il solvente ha
bassa costante dielettrica). Per i dettagli si rimanda ai testi di Mac Innes (Cap. 7 e Cap.
18) e di Glasstone (Cap. III), avvertendo che qui la soluzione è trascritta in forma
concisa. Per uno ione di carica zi , la distribuzione di carica circostante risulta essere
zi e
e −( r − ai ) / d
ρ (r ) = −
×
4π (1 + ai / d )
d 2r
dove ai è la distanza di minimo avvicinamento allo ione e d quantifica lo spessore (il
“raggio” medio) dell’atmosfera ionica.
E’ dunque possibile identificare uno spessore “medio” dell’atmosfera ionica, che può
essere quantificato attraverso la relazione seguente:
d=
εk B T
1000 e 2 N A ∑ c j z 2j
j
in cui NA è il numero di Avogadro, ε la costante dielettrica del solvente (espressa in
C2N-1m-2 o F/m), cj sono le concentrazioni molari degli ioni di carica zj in soluzione e la
sommatoria, estesa a tutti gli ioni presenti in soluzione, viene solitamente definita forza
ionica (I):
I=
1
∑ c j z 2j .
2 j
Si fa notare che al crescere della concentrazione dell’elettrolita (della forza ionica in
generale) lo spessore dell’atmosfera ionica decresce, viceversa esso aumenta a mano a
mano che si tende alle soluzioni ideali: in tale limite l’atmosfera ionica si “dissolve”. Ad
esempio, per H2O a 25°C con dissolto un elettrolita uni-uni valente (es. NaCl) in
concentrazione 0.1 M si ha d pari a circa 10 Å, mentre per concentrazione 0.01 M d vale
circa 30 Å. Si noti che ρ (r ) decresce esponenzialmente a mano a mano che ci si
allontana radialmente dallo ione centrale; il concetto è schematizzato nel disegno.
ρ (r )
Il passo successivo è introdurre l’effetto del campo elettrico, il quale produce un moto
elettroforetico dell’atmosfera ionica.
16
Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
Per approfondire. In ogni punto r il campo genera una
densità di forza elettrica pari a ρ (r )E ; se si immagina
di suddividere l’atmosfera ionica in tanti gusci
concentrici di raggio r e spessore identico δ r , ad
ognuno di essi risulta applicata una forza elettrica
δ F = 4π r 2 ρ (r ) E δ r . Se ogni guscio viene inteso
come un corpo rigido in moto in un mezzo con viscosità
η , esso raggiunge la velocità limite v∞ (r ) = δ F / 6πη r
secondo la legge di Stokes. Integrando su r in modo da
cumulare l’effetto di tutti i gusci concentrici si ricava la
velocità netta dell’atmosfera ionica: vatm = − Eezi / 6πη r .
Tenendo presente che lo ione centrale è “intrappolato” nella propria atmosfera ionica, il
fatto che questa si muova in direzione opposta alla sua lo rallenta “trascinandolo
indietro”. La velocità media dello ione diminuisce, quindi diminuisce la sua mobilità
ionica, e quindi decresce la conduttività equivalente di tale ione rispetto al caso in cui
l’atmosfera ionica è assente (cioè il caso a diluizione infinita). In altri termini, l’effetto
elettroforetico sull’atmosfera ionica è concorde con il decremento osservato della
conduttività degli elettroliti rispetto al caso di diluizione infinita.
Una seconda causa responsabile del decremento della conduttività sta nel fatto che
l’atmosfera ionica ha una struttura deformabile e che, se perturbata, richiede un tempo
finito per ristrutturarsi. Se lo ione centrale si muove, la sua atmosfera ionica risulta
quindi permanentemente distorta in quanto non riesce a ristrutturarsi istantaneamente
attorno ad esso. Il baricentro dell’atmosfera ionica è quindi “in ritardo” rispetto allo
ione.
La
separazione
di
carica
dovuta
all’asimmetria dell’atmosfera ionica produce
una forza frenante sullo ione. Anche questo
effetto
comporta
una
diminuzione
delle
conduttività equivalenti λi (c) rispetto al valore
a diluizione infinita
λi0 . Nell’espressione
17
Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
matematica che esplicita tale contributo, noto con il nome di “effetto del tempo di
rilassamento dell’atmosfera ionica” e trattato da Onsager, non compare esplicitamente
la viscosità del mezzo ma entrano i valori di λi0 dei vari ioni che formano l’atmosfera
ionica.3
Globalmente, combinando i contributi dei due effetti sopra descritti, il modello di
Debye-Hückel-Onsager prende la forma seguente:
Λ = Λ 0 − (k1 + k2 Λ 0 ) c
(**)
in cui k1 e k2 sono parametri che dipendono dalla temperatura, dal solvente e dallo
specifico elettrolita. Ad esempio, in acqua a 25°C per un elettroilta binario con
z+ = z− = z si ha k1 = 60.2, k2 = 0.229.
In generale, per un elettrolita binario tale che z+ = z− = z si ha
1/ 2
z 2eF 2  2 
k1 =
3πη  ε RT 
1/ 2
,
z 3eF 2  2 
k2 = w
24πε RT  ε RT 
in cui il fattore w dipende dalle cariche specifiche; se l’elettrolita è uni-uni valente esso
vale w = 2 − 2 = 0.586 . In base alla teoria D-H-O, il termine in k1 deriva dall’effetto
elettroforetico, mentre il termine in k2 deriva dall’effetto del tempo di rilassamento
dell’atmosfera ionica.
Λ (c )
Λ0
c
Per approfondire. Se z+ ≠ z− le espressioni diventano molto più complesse; in merito
si rimanda ai testi citati di Mac Innes e Glasstone.
Il modello predice un decremento lineare della conduttività equivalente (o molare, è
analogo) contro
3
c . Tuttavia si verifica che l’accordo di tale modello con i dati
Per approfondire. Il tempo finito di risposta dell’atmosfera ionica alle perturbazioni può essere messo
in evidenza da misure di conduttività a frequenze molto elevate, con periodo dell’ordine dei tempi di
riarrangiamento dell’atmosfera. In misure di dispersione (variando la frequenza del potenziale applicato
alla cella) si osserva un aumento di Λ all’aumentare della frequenza. Ciò è associabile al fatto che
l’atmosfera ionica non riesce a seguire tali inversioni di polarità e rimane “congelata” in una struttura
simmetrica, quindi la causa frenante (l’asimmetria attorno allo ione centrale) svanisce. L’effetto è detto di
Debye-Falkenhagen che lo predissero su base teorica (Physik. Z. 29, p. 121 (1928)).
18
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sperimentali è limitato al di sotto di un valore di concentrazione limite delle soluzioni.
Ad esempio, nelle figure sottostanti, sono illustrati gli andamenti delle conduttività
equivalenti per due differenti sali, KCl e Na2SO4. I dati cerchiati sono valori
sperimentali prelevati da un Handbook of Chemistry and Physics, mentre le rette
A e B
tratteggiate sono la predizione del modello di Debye-Hückel-Onsager con
corrispondenti ai k1 e k2 di eq (**) calcolati con le formule esplicite date sopra e
anch’essi tabulati sugli Handbook.
Ciò che emerge è che il modello riproduce correttamente sia il modo in cui Λ (c) tende
a Λ 0 per c → 0 , sia la pendenza della retta, però esso fallisce oltre una certa
concentrazione. In tale regime di alta non-idealità delle soluzioni elettrolitiche (ad es.
per formazione di coppie ioniche) la conduttività decresce in modo meno marcato, e per
il fit dei dati si utilizzano equazioni empiriche del seguente tipo,
Λ = Λ 0 − (k1 ' + k2 ' Λ 0 ) c + k3 ' c
e
Λ + k1 '' c
= Λ 0 + k3 '' c + k4 '' c log c − k5 '' c 2
1 − k2 '' c
o altre ancora. Il pregio delle equazioni empiriche è che esse fittano bene i dati, ma
d’altro canto manca un modello teorico che interpreti i coefficienti che compaiono in
esse. Come test dell’efficacia della prima delle due equazioni empiriche, i dati
sperimentali sono stati fittati con essa (curve rosse con parametro C corrisponde a k3 ' ,
mentre k1 ' e k2 ' sono stati tenuti fissi ai valori k1 e k2 calcolati secondo DebyeHückel-Onsager).
Na SO
2
4
Λ = 130.1
140
150
130
145
120
140
110
135
100
ο
ο
1/2
ο
ο
1/2
90
Λ = Λ − (Α + Β∗Λ )∗c
80
Λ = Λ − (Α + Β∗Λ )∗ c
ο
ο
ο
ο
Λ = Λ − (Α + Β∗Λ )∗ c
1/2
Λ = Λ − (Α + Β∗Λ )∗ c1/2 + C*c
120
70
ο
Λ = 149.9
130
125
+ C*c
KCl
A = 60.2
B = 0.229
C = 82.5
ο
Λ
Λ
A = 109.82
B = 0.540
C = 212.45
115
60
110
0
0.05
0.1
0.15
0.2
1/2
c
0.25
0.3
0.35
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
0.35
1/2
c
19
Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
Per approfondire. Gli elettroliti deboli.
Nel caso di composti presenti in soluzione anche in forma aggregata, cioè nel caso di
elettroliti con grado di dissociazione α < 1 , semplicemente occorre sostituire le
concentrazioni molari c j con ν jα c j , dove ν j è il coefficiente stechiometrico dello
ione j-esimo prodotto. Valgono poi le stesse operazioni illustrate per gli elettroliti forti,
tenendo presente che ogni volta che si divide per la concentrazione totale di elettrolita in
soluzione, c , rimane ora il grado di dissociazione nelle espressioni risultanti.4 Per
l’elettrolita binario, le varianti importanti sono:
Λ m = α F (ν +u+ z+ + ν −u− z− ) = α (ν + z+ λ+ + ν − z− λ− )
per la conduttività molare dell’elettrolita, e
Λ = α (λ+ + λ− )
(***)
per la conduttività equivalente dell’elettrolita (per le conduttività equivalenti degli ioni
non cambia nulla, restano ovviamente definite nello stesso modo). Tenendo presente
che a diluzione infinita anche l’elettrolita debole è completamente dissociato (legge di
diluizione di Ostwald vista sopra), cioè α (c) → 1 per c → 0 , e sapendo che
λ+ (c) → λ+0 e λ− (c) → λ−0 in tale limite, la relazione (***) si riduce ancora a
Λ 0 = λ+0 + λ−0 come per l’elettrolita forte. Dividendo membro a membro la eq (***) per
quest’ultima relazione, si ottiene
λ + λ−
=α +
Λ
λ+0 + λ−0
Λ
0
Se la concentrazione di ioni non è elevata, è lecito porre λ + + λ − ≈ λ0+ + λ0− , quindi si
ottiene l’importante relazione
α≈
Λ
(§)
Λ0
che consente di ottenere il grado di dissociazione da misure di conducibilità. Come
esempio prendiamo il caso di un elettrolita binario che genera ioni con carica uguale in
modulo: MA( solv) = M z + ( solv) + A z- ( solv) . Sostituendo la eq (§) nell’espressione
della costante di dissociazione si ottiene
K=
4
α2
Λ 2c
c=
1−α
Λ 0 (Λ 0 − 1)
Come esercizio si consiglia di ripetere tutti i passaggi per il caso di elettrolita debole.
20
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Esperienza EF
e riarrangiando si ha
1
1
Λc
=
+
Λ Λ 0 Λ 02 K
Se si effettuano misure di Λ a varie
1/Λ
1
concentrazioni c di elettrolita, e si riportano
i valori 1/ Λ vs. Λc , dal fit lineare si
Λ 02 K
1/Λ0
ottengono sia Λ 0 che il valore della costante
Λc
di dissociazione K. Avendo quest’ultima, si
calcola poi il grado di dissociazione α alla
concentrazione desiderata.
Esempi di applicazioni della conduttimetria.
Due tipi di applicazioni delle misure conduttimetriche sono molto comuni: le titolazioni
acido-base e le titolazioni di precipitazione o complessazione di ioni. Nel caso di
titolazioni di acidi forti titolati con basi forti,
l’andamento delle curve di titolazione è quello
G
riportato nella figura a lato. Si osservano pendenze
accentuate perchè gli ioni H+ dell’acido, che hanno
valori λ 0 + molto alti sono sostituiti da ioni tipo Na+,
H
la cui λ 0
Na +
è molto più bassa; dopo l’equivalenza,
l’aggiunta di ioni OH- in eccesso, che hanno λ 0
OH −
molto alte, fa risalire rapidamente la conduttanza. Il punto equivalente Veq è determinato
per mezzo delle tangenti ai due rami della curva. Nel caso di titolazioni di
precipitazione o complessazione, le misure si basano
su variazioni delle conduttanze delle soluzioni in
G
seguito all’allontanamento di una specie ionica per
precipitazione o complessazione (vedi figura a lato).
Nel caso di reazioni di precipitazione, la condizione
necessaria per avere buone curve di titolazione è che
il prodotto di solubilità, Kps, del composto precipitato
sia <10
-6
.
V
ctitolante. Analogamente, le titolazioni
conduttimetriche di complessazione si possono attuare solo se i complessi formati sono
21
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Esperienza EF
altamente stabili (Kformazione molto alti). Per esempio le titolazioni di complessazione di
ioni metallici con EDTA possono essere eseguite anche conduttimetricamente.
Le più importanti applicazioni analitiche conduttimetriche, nel settore ambientale, sono:
> contenuto di sali disciolti nelle acque destinate all’alimentazione umana
> controllo automatico in continuo del grado di inquinamento di acque superficiali
(fiumi, laghi, ecc)
> controllo acque di falda
> controllo della salinità delle acque marine
> titolazioni acido-base a controllo conduttimetrico
> titolazione conduttimetrica di precipitazione dei cloruri nelle acque
> titolazioni conduttimetriche redox
> determinazione conduttimetrica dell’alcalinità totale in un’acqua
Esiste poi una classe di applicazioni per studi di cinetica chimica che saranno oggetto
dei corsi successivi.
22
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Esperienza EF
PARTE II – L’ESPERIENZA DI LABORATORIO
Determinazione della conduttività equivalente a diluizione infinita di soluzioni di
elettroliti forti
Obiettivo: Analizzare la dipendenza della conduttività molare e equivalente di elettroliti
forti dalla concentrazione. Determinare la conduttività equivalente e molare a diluizione
infinita.
Apparecchiatura: conduttimetro, cella conduttimetrica, termostato, termometro a 1/10
di grado, 10 matracci tarati da 50 ml, 1 matraccio tarato da 100 ml, 2 pipette tarate da 5
ml, 1 pipetta tarata da 10 ml, 1 bicchiere da 100 ml, 13 provettoni con tappo.
Reagenti: soluzione standard di KCl 0.01 M, acqua distillata, sale (elettrolita forte) a
scelta tra quelli disponibili in laboratorio.
Procedura sperimentale
> Si lava la vetreria con abbondante acqua deionizzata, la si risciacqua quindi più volte
con piccoli volumi di acqua distillata (mediante spruzzetta). Si mettono i provettoni
ad asciugare (senza tappi) nella stufa. L’asciugatura completa richiede più tempo di
quello a disposizione, pertanto questa fase deve essere svolta con solerzia ed è
opportuno rimuovere la maggior parte di acqua distillata dai provettoni prima del
riempimento.
> Si preparano per pesata due soluzioni acquose del sale scelto, aventi concentrazione
di 0.1 M (100 ml) e 0.3 M (50 ml). E' importante utilizzare nella preparazione di tutte
le soluzioni esclusivamente acqua distillata prelevata dal medesimo contenitore così
da garantire la riproducibilità del contributo di conducibilità dovuto alle impurità.
Sonicare i matracci per qualche minuto al fine di assicurare la completa dissoluzione
del sale. Si suggerisce di usare le pipette pasteur per portare a volume i matracci con
precisione.
> Attraverso successivi prelievi con le pipette graduate si preparano nei matracci da 50
ml soluzioni diluite a partire dalle due soluzioni madre. Nota: le pipette prima di
essere utilizzate devono essere lavate con acqua distillata e avvinate con un po' della
23
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Esperienza EF
soluzione da prelevare (utilizzando non più di 1 - 3 ml). Le soluzioni diluite vanno
preparate secondo lo schema seguente:
a) 5ml 0.1M → 50ml: 10-2M
5ml 10-2M → 50ml: 10-3M
5ml 10-3 M → 50ml: 10-4M
b) 30ml 0.1M → 50ml: 6⋅⋅10-2M
5ml 6⋅⋅10-2M → 50ml: 6⋅⋅10-3M 5ml 6⋅⋅10-3M → 50ml: 6⋅⋅10-4 M
c) 5ml 0.3M → 50ml: 3⋅⋅10-2M
5ml 3⋅⋅10-2M → 50ml: 3⋅⋅10-3M 5ml 3⋅⋅10-3M → 50ml: 3⋅⋅10-4M
> Si recuperano i provettoni dalla stufa e si versa in ciascun provettone il quantitativo
minimo necessario a coprire l’elettrodo con la soluzione (circa 20 ml) per ciascuna
delle undici soluzioni. Prima di riempire i provettoni, è opportuno avvinarli con 2-4
ml di soluzione. I provettoni vengono successivamente chiusi con il tappo a vite per
evitare evaporazione ed opportunamente etichettati con il pennarello (non sulla zona
serigrafata) per identificare le soluzioni. Si conserva nei matracci il rimanente delle
soluzioni per avvinare la cella conduttimetrica prima di effettuare la relativa misura.
> Nei due provettoni rimanenti si introduce l’acqua distillata (prelevata dallo stesso
contenitore dal quale è stata prelevata quella per preparare le soluzioni) e la
soluzione standard di KCl.
> I provettoni vengono inseriti nel bagno termostatico e si lascia termostatare per
almeno 25-30’, dopo i quali è possibile procedere con le misure di conduttanza.
> Si lava la cella con acqua distillata (usando il bicchierino).
> Si misura la conducibilità dell'acqua e delle soluzioni termostatate, nell'ordine dalla
più diluita alla più concentrata. Prima di effettuare la misura si deve avvinare la cella
con la porzione della soluzione corrispondente lasciata nel matraccio (e posta nel
bicchierino asciutto), in modo da non contaminare il successivo campione con il
liquido trattenuto dalla cella.
> La lettura della conduttanza deve essere abilitata unicamente quando la cella è
inserita nel provettone e pronta per la misura. Il conduttimetro non deve essere in
modalità di misura nelle altre fasi (lavaggio, avvinamento, posizionamento della
cella).
> È opportuno, prima delle misure, agitare la cella dentro la soluzione per assicurare
l'omogeneità del sistema ed eliminare eventuali bolle d'aria tra gli elettrodi.
> Ogni misura di conducibilità va ripetuta almeno tre volte in modo da verificare la
riproducibilità del risultato.
> Per ciascuna misura si deve verificare che il valore misurato sia in regime stazionario
(o prossimo al regime stazionario). In caso di deriva temporale del valore indicato
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Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
dal conduttimetro, si scelga un tempo massimo oltre il quale acquisire la misura (per
esempio 5 minuti).
> Alla fine delle misure di conducibilità condotte sulle soluzioni, si lava per bene la
cella con acqua e, dopo averla avvinata, si determina allo stesso modo la
conducibilità della soluzione standard di KCl al fine di determinare la costante di
cella. A tale scopo viene fornita una tabella con la conducibilità specifica di una
soluzione di KCl 0.01 M a varie temperature. Mediante interpolazione dei dati della
tabella si può determinare il valore della conducibilità specifica di KCl alla
temperatura di misura. Dunque è necessario rilevare la temperatura del bagno
termostatico più volte nel corso del pomeriggio.
25
Laboratorio di Chimica Fisica
Esperienza EF
Analisi dati.
Misura della conduttività equivalente a diluizione infinita.
Analizzare i valori di conduttività in funzione della concentrazione dell'elettrolita (che
devono essere corretti per il contributo delle impurità, determinabile dalla misura di
conducibilità dell'acqua distillata utilizzata per le soluzioni) e ricavare il valore della
conduttività equivalente e molare a diluizione infinita.
Le misure eseguite in laboratorio consentono di correlare la concentrazione c di
elettrolita alla conduttanza G della soluzione, misurata mediante conduttimetro.
Dalla relazione
G =κ χ
è possibile passare da conduttanza a conducibilità. La costante di cella può essere
ricavata grazie alla misura eseguita sulla soluzione di riferimento di KCl.
A questo punto, dalla relazione
Λ=
Λm
ν
=
χ
1000
νc
è possibile collegare la conduttività equivalente alla conduttanza misurata per ciascuna
soluzione. A questo punto è possibile riportare i dati in un grafico Λ vs. c1/2, in modo
che si possa ottenere la Λ0 dall’intercetta del fit dei dati sperimentali.
I dati sperimentali possono essere fittati utilizzando i seguenti tre modelli:
(
Debye-Huckel-Onsager: Λ = Λ0 − k 1 + k 2 Λ0
)
c
Modello empirico parabolico: Λ = Λ 0 − (k1 ' + k2 ' Λ 0 ) c + k3 ' c
Per chi aspira al voto massimo:
Modello empirico non lineare5:
Λ + k1 '' c
= Λ 0 + k3 '' c + k4 '' c log c − k5 '' c 2
1 − k2 '' c
Per eseguire il fit con i modelli empirici utilizzare la funzione “nonlinear curve fit” in
Origin 6.0. Il modello empirico nonlineare deve essere esplicitato nella forma Λ=f(◊c).
Porre attenzione al fatto che il modello di Debye-Huckel-Onsager è valido solo per
concentrazioni di elettrolita “basse”. Per capire quale sia il limite superiore di
concentrazione fino al quale è possibile usare il modello, si può fare riferimento al
5
Si suggerisce di confrontare il risultato del fit eseguito su tutti i punti sperimentali con quello eseguito
escludendo la misura a c maggiore di elettrolita, e commentare il risultato.
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Esperienza EF
coefficiente di correlazione R2 fornito dal programma Origin 6.0 insieme agli altri
parametri del fit.
I dati vanno presentati in opportuna tabella con i relativi errori.
Fare attenzione alle unità di misura delle varie grandezze.
Per aiutare l’analisi dell’errore sui dati, in laboratorio sono presenti le tabelle con gli
errori sulla vetreria utilizzata. Per le grandezze derivate, è necessario applicare la teoria
degli errori.
Confrontare il valore della conduttività limite ottenuti con i tre modelli e con il dato
tabulato e commentare i risultati.
Spessore dell’atmosfera ionica.
Calcolare lo spessore medio dell’atmosfera ionica alle concentrazioni sperimentali ci
degli elettroliti prescelti, utilizzando la seguente relazione:
di =
εk B T
1000 e N A ∑ c ij z 2j
2
j
Indicazioni generali.
- Tutti i dati vanno presentati esprimendo i relativi errori (barre di errore) e facendo
attenzione alle unità di misura delle varie grandezze.
- Per aiutare l’analisi dell’errore sui dati, in laboratorio sono presenti le tabelle con gli
errori sulla vetreria utilizzata.
- Descrivere in modo rigoroso le operazioni eseguite per l’analisi dei dati.
27
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