Santa Parrello Docente di Psicologia dello sviluppo Corso di Laurea

Lo sviluppo psicologico dalla nascita alla preadolescenza: percorsi tipici e atipici
Corso 2013-14
MODULO II
opzione A
Suggestioni e categorizzazioni su DISABILITA’E
DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO
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METAFORE DELLA DISABILITA’
DAL GOBBO DI NOTRE-DAME
A FORREST GUMP E OLTRE…..
LABIRINTI, CATTEDRALI E
CENTRI DI RIABILITAZIONE
1. IL MINOTAURO NEL LABIRINTO
3
La tradizione attribuisce il progetto del primo
labirinto all'architetto Dedalo, che disegnò e
diresse la costruzione per ordine del re cretese
Minosse, figlio di Zeus e marito di Pasife. Costei,
presa da furore passionale per un Toro, riuscì a
congiungersi carnalmente con l'animale. Da tale
animalesco ed innaturale rapporto amoroso
nacque il Minotauro, un essere mezzo uomo e
mezzo toro.
4
Minosse, allora, decise di far costruire il
labirinto, sia per nascondere agli occhi dei
suoi sudditi la mostruosa creatura sia per
impedire che questa, andandosene in giro per
il mondo, provocasse lutti e distruzioni.
Labirinto: difesa e prigione
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II labirinto conduce verso i recessi in cui si nasconde la parte
più misteriosa dell'uomo. Dentro il labirinto si attua una
discesa ad inferos - dall'ingresso al centro - ed una
rinascita/uscita.
Entrarvi può fare paura, ma è facile. Tutti
possono farlo.
Diffìcile è tornare fuori (Lepore, 2002).
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il filo o le ali
A Teseo il filo non servì per addentrarsi, ma per recuperare
l'uscita.
Il labirinto è un percorso che offre a chiunque un
ingresso, ma permette un'uscita a qualcuno soltanto.
Teseo ci riuscì con il filo di Arianna, Dedalo con le ali.
Molti furono quelli che nel labirinto morirono.
Il labirinto può
essere una terribile trappola (Lepore, 2002)….
CON QUALE FILO O CON QUALI ALI
ENTRIAMO NEL LABIRINTO DELLA
DISABILITÀ?
per non smarrirci e per realizzare l’ incontro con
la nostra e altrui diversità, che è insieme fonte di
paura e ricchezza …
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2. QUASIMODO:
IL GOBBO NELLA CATTEDRALE
(HUGO, 1830)
Quasimodo vive rinchiuso in una cattedrale: in questo
luogo bellissimo ha una vita protetta, finta, al riparo dai
pericoli e dalle seduzioni esterne; ad esempio al riparo
dall’amore e dal sesso…
Uscire dalla cattedrale gli costerà la vita.
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3. FORREST GUMP E IL MONDO
Forrest Gump (1994)
di Robert Zemeckis.
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Forrest Gump è un ragazzo dal basso coefficiente di
intelligenza e una malformazione alle gambe.
Quando si libera dei sostegni meccanici diventa un corridore,
poi un campione di baseball.
In attesa su una panchina alla fermata, Forrest racconta la sua
storia a coloro che si siedono vicino a lui…
Nella prima sequenza del film una piuma volteggia nell'aria e
va a posarsi su un piede di Forrest, e nell'ultima il vento se la
riporta via: Forrest Gump è ormai diventato grande. La piuma
è il privilegio dell'ingenuità…
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Si può narrare il lato pesante del vivere con
LEGGEREZZA?
“non sto parlando di fughe nel sogno o
nell’irrazionale: nei momenti in cui il regno
dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza,
devo cambiare il mio approccio, devo guardare il
mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri
metodi di conoscenza e di verifica.. Per me la
leggerezza è precisione e determinazione, non
vaghezza e abbandono al caso.. è pensosità, non
frivolezza..” Calvino, Lezioni americane (1993)
E’ il volo dell’eroe che ha sconfitto i mostri e li porta
con sé.
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4. DENTRO O FUORI?
L’INCONTRO CON LA DIVERSITÀ OGGI
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Nella zona d’ombra della disabilità, della
malattia, del deficit, della vicinanza con la
morte, spesso la letteratura e le arti
riescono a penetrare…sfidando i
meccanismi di rimozione, allontanamento,
estraniamento (Di Pasquale, 1999)…
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….. I NOSTRI CENTRI DI
RIABILITAZIONE?
SONO LABIRINTI, CATTEDRALI, PALESTRE PER
SUPEREROI O COSA….
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CHARLES GARDOU
DIVERSITÀ, VULNERABILITÀ E HANDICAP. PER UNA
NUOVA CULTURA DELLA DISABILITÀ
2006
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pag. 21
Quanti danni hanno provocato le nozioni di norma e categoria,
tanto presenti oggigiorno in forma inconscia, ossessiva e
nevrotica! Chi non vede gli inconvenienti che sia l’una che l’altra
comportano? Entrambe oppongono, emarginano e rinchiudono.
Sommate all’univocità, alla misura e alla sistematicità, diventano
prigione dell’identità, dominazione e pretesa di universalità,
rappresentando nel contempo una fuga dall’intrico della
complessità umana e dalle sue stranezze, discontinuità, oscurità
e disperazioni. Per questo ci impediscono di entrare in contatto
con coloro che non sono «come gli altri» e di costruire insieme,
partendo dal luogo che è loro. Talvolta, senza rendercene conto,
ne soffochiamo l’identità in nome della norma. E mentre loro
sperano in una società senza prigioni né cancelli e si attendono di
camminare su strade serpeggianti e ricche di curve, noi offriamo
uno spazio sociale chiuso, rettilineo e prefissato.
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Difficilmente usciamo dalla cultura dei luoghi specializzati e dei
territori separati, portandoli a condurre un’esistenza
«insularizzata» e «periferizzata». Perché preoccuparsi
dell’accessibilità agli istituti scolastici e ai luoghi di lavoro e di
residenza, quando è data loro solo la possibilità di vivere
«altrove», in scuole e laboratori protetti e in luoghi di vita adattati
e riservati? ..
Invece la disabilità non è che uno degli aspetti particolari
all’interno dei problemi generali della nostra umanità e non fa
altro che svolgere il ruolo di amplificatore. La sorte può portare
l’una o l’altra persona a esserne vittima, senza alcuna
prevedibilità o equità. E questo avviene poiché la disabilità fa
parte della normalità della nostra vita e di ciò dobbiamo tenere
conto ogni volta che pensiamo all’uomo e ai suoi diritti,
educhiamo o formiamo i giovani, elaboriamo regole e leggi,
valutiamo l’abitabilità sociale e costruiamo degli spazi pubblici.
Solo in questo modo si potrà ottenere la «disinsularizzazione» di
tutti coloro che non sono stati premiati dalla sorte.
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Di fatto, per loro è possibile tracciare nuovi orizzonti, cambiare il
corso del proprio destino e tentare la fortuna. Utopia? Noi
crediamo di no, ma a tre condizioni: «coscientizzare» il loro
vissuto, imparare a contestare il potere delle norme e, al di là del
pietismo o dell’eroismo, esercitare una volontà profondamente
riformatrice. La tesi di Georges Canguilhem, per il quale la norma
non è mai biologica, ma è sempre prodotta dal rapporto di un
essere vivente con il suo ambiente, conduce a pensare che una
società si definisca essenzialmente tramite il modo in cui impone
la propria idea di normalità e, di conseguenza, tramite la
considerazione delle fragilità umane.
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pag. 196
.. gli esclusi di ieri e di oggi, gli atipici, i diversi, gli emarginati e
le vittime della sorte sono vettori di verità e promotori di
solidarietà. Essi insinuano la forza nella vulnerabilità e il calore
nel gelo..
Ma benché la disabilità appaia spesso come un confronto, una
lotta senza quartiere contro l’avversità e un braccio di ferro
contro l’angoscia e la disperazione, non ha come sfondo solo
l’oscurità e la notte. Se è devastante quanto un tifone di fine
estate o un ciclone tropicale, paradossalmente preserva e
afferma ciò che costituisce l’essenza umana.
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Le persone ferite dalla vita, esperte in umanità, ci rammentano
— e ve n’è proprio bisogno — che gli uomini sono fatti in modo
tale da poter abitare il mondo solo nella ricerca e nella
peregrinazione perpetua. La loro sostanza di uomini non deriva
dall’apparenza esterna, dallo smalto del loro apparire o dalle
loro glorie, che sono illusorie quanto evanescenti.
L’imperfezione, il difetto e la mancanza sono profondamente
umani e la fragilità e la vulnerabilità rappresentano una sorte
comune.
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Gli atteggiamenti di indifferenza, evitamento, svalutazione e
rifiuto sono ingiustizie perpetrate da coloro che si dicono «integri»
e non cessano di reclamare per se stessi il riconoscimento, il
rispetto e la considerazione che non tributano al prossimo. È
inaccettabile e intollerabile che richiedano per sé ciò che rifiutano
agli altri, aggiungendo all’iniquità del destino di questi ultimi
anche quella del loro comportamento, e che si arroghino il diritto
di disprezzare la dignità dei più deboli, negando loro la felicità che
deriva dal sentirsi giustificati di esistere. La sacralità dell’essere
umano è beffeggiata quando si sminuisce una persona già ferita,
ponendola ai margini dell’esistenza.
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CATEGORIZZAZIONI
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INDICATORI
La parola ‘indicatore’ dice con molta semplicità un modo di segnalare qualche
cosa.
L’indicatore che ci permette di sapere se abbiamo sufficiente benzina è un
elemento permanente, oscillante tra il segno di pieno e di vuoto del
serbatoio della benzina.
Vi sono indicatori che invece si “accendono”, manifestando la loro presenza,
quando anche il problema si manifesta; e quindi hanno la funzione
particolare di apparire e in questo modo avvisare di un rischio per potere
rimediare ad un possibile danno. Di conseguenza possiamo distinguere tra
indicatori permanenti, che hanno una visibilità costante, e indicatori che si
manifestano unicamente in particolari situazioni.
Scegliamo – come nell’ICF- indicatori che devono sempre essere rapportati a
dei contesti e non acontestuabili, astratti, assoluti o con pretesa di essere
assoluti. E che devono essere interpretati alla luce del modello sotteso
all’ICF
25
A SCUOLA

Il 25% della popolazione scolastica non
consegue i livelli i apprendimento minimi
per
DIFFICOLTA’ e DISTURBI
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A.DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO
(reversibili, modificabili con esercizio)
Cause
 Fattori ambientali
 Aspetti legati alla didattica
 Difficoltà generiche dell’apprendimento:
• Deficit cognitivi
• Disturbi significativi della sfera emotiva
• Deficit sensoriali
• Disabilità (HC)
• Patologie Neurologiche gravi
• Svantaggio socio-culturale
• Scarsa o inadeguata stimolazione ambientale
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B.DISTURBI DI APPRENDIMENTO
(CON EFFETTI SIGNIFICATIVI E DURATURI)
Il termine disturbo riferito alle difficoltà di
apprendimento è utilizzato nei sistemi di
classificazione dei Disturbi Mentali i cui manuali (DSM
e ICD 10) contengono i criteri condivisi dalla comunità
scientifica, per





identificare i disturbi
facilitare la comunicazione scientifica
permettere di studiare la frequenza dei disturbi
organizzare i Servizi
rendere i risultati della ricerca confrontabili
28
DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO
DSA
È un termine generale che si riferisce a
significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di
automatismi quali abilità di ascolto, espressione orale,
lettura, scrittura, ragionamento e matematica.
Sono presumibilmente dovuti ad una
disfunzione del sistema nervoso centrale.
Sono pervasivi e persistenti.
Non sono il risultato di disturbi sensoriali, ritardo mentale,
seri problemi emotivi o fattori
estrinseci quali differenze culturali, istruzioni insufficiente
o inappropriata.
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DSA: NON «MALATTIA», NON PATOLOGIA
(3-5% DELLA POPOLAZIONE IN ETÀ SCOLARE)
In ambito scientifico si considera improprio
definire i DSA come «condizioni patologiche» poiché
non sono espressione di una malattia, ma di una
condizione, sia pure determinata
biologicamente e quindi, in quanto tale,
scarsamente modificabile: sono
varianti della distribuzione normale dei
comportamenti e del loro sviluppo.
30

Lo sviluppo neurobiologico atipico che provoca
dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia deve
essere dunque riconosciuto e rispettato al pari
delle altre condizioni umane.
Secondo le ricerche attualmente più accreditate, i
problemi derivanti dai DSA sono modificabili
attraverso interventi mirati: posto nelle condizioni
di attenuare e/o compensare il disturbo, infatti, il
discente puòraggiungere gli obiettivi di
apprendimento previsti.
31
C. BES (BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI) 2012
«una qualsiasi difficoltà evolutiva in ambito
educativo ed apprenditivo, espressa in
funzionamento (nei vari ambiti della salute
secondo il modello ICF dell’Organizzazione
mondiale della sanità) problematico anche per il
soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma
sociale, indipendentemente dall’eziologia e che
necessita di educazione speciale individualizzata»
32

il modello ICF consente di individuare i Bisogni
Educativi Speciali (BES) dell’alunno
prescindendo da preclusive tipizzazioni. In
questo senso, ogni alunno può presentare
Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici,
biologici, fisiologici o anche per motivi
psicologici, sociali, rispetto ai quali è
necessario che le scuole offrano adeguata e
personalizzata risposta.
33
CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL
FUNZIONAMENTO, DELLA DISABILITA’ E DELLA SALUTE
(ICF – OMS, 2002)
L’ICF è una classificazione e come tale deve
essere assunta. Essa permette di misurare e
descrivere il funzionamento della persona in
differenti contesti; misura e descrive la condizione
di salute in termini di funzionamento, attività e
partecipazione sociale.
 Si tratta di distinguere tre livelli differenti e
complementari che sottendono il suo utilizzo:

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I livello: meta

permette di desumerne la logica sottesa all’ICF, i presupposti
culturali, il modello di salute sotteso (biopsicosociale ed
educativo) e i possibili collegamenti con altri strumenti quali
il bilancio di competenze, il Progetto Educativo
Individualizzato – Progetto di Vita, il Piano per
l’Orientamento e la Formazione al Lavoro, attraverso
l’incontro di differenti linguaggi, profili professionali e
competenze esercitate dalle differenti professioni di aiuto
ma non solo anche dalla persona disabile in primo luogo,
dalla sua famiglia o dalle figure di riferimento. Il livello meta
permette di comprendere che l’ICF non serve come insieme
di codici e di numeri ma quale strumento di rivisitazione
delle logiche sottese ai processi di integrazione e di sviluppo
di un’azione di promozione di cittadinanza attiva.
35
II livello: diagnostico

la costruzione di una diagnosi funzionale ed
utile e l’utilizzo complementare con altri
strumenti di classificazione e di codifica.
36
III livello: strumentale

l’utilizzo e l’applicazione dello strumento ICF
per la descrizione,misura e valutazione della
condizione di salute applicata a differenti
contesti e utilizzata secondo le specifiche
competenze professionali senza invasioni di
campo.
37
38
39

L’interesse maggiore dell’I.C.F. è rivolto al funzionamento, a
capire “come funziona” un individuo. E non è tanto il
funzionamento statico e decontestualizzato, quanto il
funzionamento in proiezione e progettazione dinamica. Non
quindi quello che oggi sa fare un individuo ma è quello che
potrà fare introducendo nella propria vita dei cambiamenti. Già
per Vygotskij era fondamentale la valutazione della dotazione
unita al problema dello sviluppo culturale: “noi pensiamo che
per lo studio della capacità mentale è del tutto insufficiente
valutare le proprietà naturali e innate della persona. […]
constatando una determinata condizione delle proprietà innate
dell’uomo, noi determiniamo solo la sua “posizione iniziale”
che, con un diverso sviluppo culturale, può dare risultati
diversi” (L.S. Vygotskij, A.R. Lurija, 1987, p. 246).
40

Accanto a queste parole, leggiamo nell’ICF: “Il modello
medico vede la disabilità come un problema della
persona, causato direttamente da malattie, traumi o
altre condizioni di salute che necessitano di assistenza
medica sotto forma di trattamento individuale da parte
di professionisti. (…..) Il modello sociale della disabilità,
d’altro canto, vede la questione principalmente come un
problema creato dalla società, e in primo luogo nei
termini di una piena integrazione degli individui nella
società. (…..) L’I.C.F. è basato sull’integrazione di questi
due modelli opposti. Per cogliere l’integrazione delle
varie prospettive di funzionamento, l’approccio utilizzato
è di tipo“biopsicosociale” (O.M.S., 2002, p. 23).
41

L’ICF può servire anche a promuovere la
riflessività degli operatori, fungendo da modello
per osservare criticamente la relazione fra sé e
l’altro (persona con disabilità, famiglia,
istituzioni, colleghi..).
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