I principi del diritto penale
Principio di materialità : può essere reato solo
un comportamento umano che si estrinseca nel
mondo esteriore e che sia suscettibile di
percezione sensoria.
Principio di offensività : non può esservi reato
senza la lesione di quel bene giuridico che
l’ordinamento tende a tutelare.
Principio di colpevolezza : per esservi reato
occorre che il fatto materiale lesivo del bene
protetto
appartenga
causalmente
e
psicologicamente al suo autore.
I caratteri del diritto penale
• Diritto statuale : le norme di diritto penale possono
essere emanate solo dallo Stato e non anche da
parte di altri enti pubblici.
• Diritto pubblico : l’interesse alla repressione dei
reati è sempre interesse pubblico anche quando il
reato (es.: furto) lede interessi individuali poiché
esso comunque viola l’interesse generale alla
pacifica convivenza della comunità.
• Diritto sussidiario : il ricorso al diritto penale deve
essere limitato alle sole ipotesi in cui il ricorso a
sanzioni di altra natura (civili, amministrative ecc.)
appaia inadeguato a dissuadere i consociati
dall’offendere determinati beni o interessi.
Il principio di legalità
• “Nessuno può essere punito per un fatto
che non sia espressamente preveduto
come reato dalla legge, né con pene che
non siano da essa stabilite” (art. 1 del
codice penale).
• “Nessuno può essere punito se non in
forza di una legge che sia entrata in vigore
prima del fatto commesso” (art. 25, 2°
comma, della Costituzione).
I corollari del principio di legalità
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Il principio della riserva di legge.
Il principio di tassatività.
Il principio di irretroattività.
Il divieto di analogia.
Il principio della riserva di legge
Il principio della riserva di legge sta a
significare che solo la legge, o altro atto
normativo equiparato, può stabilire e
determinare i reati e le pene.
Riserva assoluta : solo la legge può
disciplinare la materia.
Riserva relativa : il legislatore è tenuto a
fissare le linee fondamentali della disciplina
potendo affidarne il completamento a norme
di rango secondario emanate dal potere
esecutivo.
La norma penale in bianco
• Una possibilità di integrazione della legge
penale ad opera di una fonte secondaria è
costituita dall’art. 650 c.p. (c.d. norma penale in
bianco) in base al quale :”Chiunque non osserva
un provvedimento legalmente dato dall’Autorità
per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o
di ordine pubblico o di igiene, è punito, se il fatto
non costituisce più grave reato, con l’arresto fino
a tre mesi o con l’ammenda fino 206 euro”.
• Le norme penali in bianco, quindi, fissano la
sanzione per la violazione di precetti posti da
fonti diverse dalla legge (es.:regolamento
amministrativo ecc.).
Il principio di tassatività
Il principio di tassatività impone al legislatore di
formulare le norme penali in maniera chiara e
precisa in modo che risulti stabilito specificamente
e senza possibilità di errore o dubbio ciò che è
penalmente lecito e ciò che è penalmente vietato.
Il suo fondamento va ravvisato nella esigenza di
tutela dei cittadini dagli arbìtri del potere
giudiziario evitando che una formulazione
generica della norma possa consentire al giudice
un margine di apprezzamento eccessivamente
discrezionale.
Esempio : delitto di plagio (art. 603 c.p.) dichiarato
incostituzionale con sentenza n. 96 del 1981.
Il divieto di analogia
• L’analogia è quel procedimento attraverso il quale
vengono disciplinati i casi non espressamente previsti
dalla legge mediante l’applicazione agli stessi della
disciplina prevista per i casi simili (c.d. analogia legis) o
desunta dai principi generali dell’ordinamento giuridico
(c.d. analogia iuris).
• La legge penale non si applica ai casi non
espressamente discliplinati (l’art. 14 delle disposizioni
sulla legge in generale stabilisce che :”Le leggi penali e
quelle che fanno eccezione ai principi generali non si
applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”).
Il principio di irretroattività
(artt. 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale)
L’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale
disciplina il fenomeno delle entrata in vigore di una
nuova norma stabilendo che “la legge non dispone
che per l’avvenire: essa non ha effetto
retroattivo”(c.d. principio della irretroattività).
L’art. 15 disciplina, invece, il fenomeno della
estinzione delle norme giuridiche stabilendo che “le
leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per
dichiarazione espressa o per incompatibilità tra le
nuove disposizioni e le precedenti o perché la
nuova legge regola l’intera materia già regolata
dalla legge anteriore”.
La successione delle leggi penali nel
tempo
L’art. 2 c.p. stabilisce che :”Nessuno può essere punito
per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu
commesso, non costituiva reato.
Nessuno può essere punito per un fatto che , secondo
una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è
stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti
penali.
…
Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le
posteriori sono diverse, si applica quella le cui
disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia
stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si
applicano le disposizioni dei capoversi precedenti …”
Casi
in
cui
non
opera
il
principio
di
retroattività della norma più favorevole al reo.
Leggi eccezionali : sono quelle che vengono
emanate per far fronte ad esigenze anormali
(es.: la guerra, una calamità naturale ecc.).
Leggi temporanee : sono quelle destinate ad
essere applicate per un determinato periodo di
tempo perché è la stessa legge che prevede il
momento della loro estinzione.
Il tempo del commesso reato
Ai fini della successione delle leggi penali nel
tempo occorre individuare con esattezza il
momento in cui il reato si considera commesso.
In base al criterio della condotta il reato si
considera commesso sotto la vigenza della
legge in vigore al momento in cui sono state
poste in essere l’azione o l’omissione, poiché è
questo il momento in cui il soggetto si pone
contro il diritto per cui la legge può esercitare la
sua efficacia intimidatrice.
La struttura del reato
Elemento oggettivo : è il fatto materiale
costituito
dall’azione
od
omissione
(condotta), dall’evento e dal rapporto di
causalità che intercorre tra la condotta e
l’evento.
Elemento soggettivo (o colpevolezza) : è
l’atteggiamento psicologico richiesto dalla
legge per la commissione di un reato
(dolo, colpa o preterintenzione).
La definizione del reato
•
•
•
•
Il reato consiste in un fatto umano :
previsto dalla legge irretroattivamente, in forma
tassativa e che si manifesta nel mondo
esteriore;
offensivo di un bene giuridico costituzionalmente
significativo;
attribuibile al soggetto sia da un punto di vista
causale che psicologico;
sanzionato con pena proporzionata alla
rilevanza del valore tutelato e, concretamente,
alla personalità dell’agente, umanizzata e tesa
alla rieducazione del condannato.
Distinzione tra delitti e
contravvenzioni
• La distinzione tra delitti e contravvenzioni viene
ravvisata in un criterio formale rappresentato
dalla specie di pena applicata.
• Le pene principali stabilite per i delitti sono
l’ergastolo, la reclusione (da 15 giorni a 24 anni)
e la multa (somma non inferiore a 5 euro né
superiore a 5.164 euro).
• Le
pene
principali
stabilite
per
le
contravvenzioni sono l’arresto (da 5 giorni a 3
anni) e l’ammenda (somma non inferiore a 2
euro né superiore a 1.032 euro).
L’oggetto giuridico del reato
Oggetto giuridico del reato : il bene giuridico o
l’interesse giuridico tutelato dalla norma che
prevede il reato stesso (es: la norma che punisce il
reato di furto tutela il bene giuridico patrimonio).
Oggetto materiale del reato : la persona o la cosa
su cui incide materialmente la condotta tipica.
Distinzione dei reati in relazione all’oggetto
giuridico.
Reati monoffensivi : è necessaria e sufficiente
l’offesa di un solo bene giuridico (es: omicidio,
lesioni, ingiuria ecc.).
Reati plurioffensivi : offendono necessariamente
più beni giuridici (es: la rapina lede sia il patrimonio
che la libertà personale).
Il danno nel reato
Il danno penale (o criminale) consiste nell’offesa del bene giuridico
tutelato.
A seconda del tipo di offesa possiamo avere :
il reato di danno quando c’è una lesione del bene giuridico che viene
distrutto o diminuito;
il reato di pericolo quando il bene viene soltanto minacciato.
I reati di pericolo si distinguono :
• Reati di pericolo concreto : il pericolo deve effettivamente esistere e
deve essere di volta in volta accertato concretamente dal giudice (es.:
delitto di incendio di cosa propria ex art. 423, 2°comma, c.p.; pericolo per
la pubblica incolumità).
• Reati di pericolo presunto : il pericolo è implicito nella stessa condotta,
considerata per comune esperienza pericolosa (es.: il delitto di incendio
di cosa altrui ex art. 423, 1°comma, c.p.).
Il soggetto attivo del reato
Il soggettivo attivo del reato si identifica in colui che pone
in essere un fatto penalmente illecito.
In rapporto al soggetto attivo si possono avere :
• reati comuni che sono quelli che possono essere
commessi da ogni persona indipendentemente dal
possesso di particolari qualifiche soggettive (es: art. 575
c.p. :”Chiunque cagiona la morte di un uomo …”);
• reati propri : sono quelli che possono essere commessi
solo da soggetti che rivestono particolari qualifiche
naturalistiche (es: la madre nel diritto di infanticidio) o
giuridiche (es: la qualifica di pubblico ufficiale in certi
delitti contro la pubblica amministrazione).
Il soggetto passivo del reato
• Il soggetto passivo del reato è il titolare del bene
giuridico protetto dalla norma penale.
• Il soggetto passivo va, poi, distinto dal
danneggiato e cioè da colui che dal reato ha
subito un danno civilmente risarcibile, anche
senza essere titolare del bene giuridico protetto
(ad es.: nell’omicidio il soggetto passivo del
reato è la vittima; i danneggiati sono i suoi
congiunti).
• Al soggetto passivo spetta il diritto di querela.
L’elemento oggettivo del reato
La condotta : il comportamento umano che
costituisce reato e può consistere in un’azione
od omissione.
L’evento : può essere inteso sia come evento
materiale (l’effetto naturale della condotta
umana) che come evento giuridico (offesa o
messa in pericolo dell’interesse tutelato dalla
norma).
Il nesso di causalità : il fatto dannoso o
pericoloso da cui dipende l’esistenza del reato
deve essere conseguenza dell’azione o della
omissione del soggetto attivo.
Classificazione dei reati in base alla
condotta
• Reati di azione : quelli che possono essere
commessi soltanto mediante un’azione (es.:
furto; rapina ecc.).
• Reati di omissione : quelli che si realizzano
soltanto a mezzo di una omissione (es.:
omissione di referto; omissione di atti di ufficio
ecc.).
• Reati a condotta mista : quelli che richiedono
sia un’azione che un’omissione (es.: reato di
insolvenza fraudolenta).
Classificazione dei reati in base alla
condotta
• Reati a forma libera : quelli in cui è sufficiente che l’azione
sia causale rispetto all’evento tipico, cioè idonea a
cagionarlo (es.: l’omicidio può essere commesso con
qualsiasi azione e mezzo idoneo a causare la morte).
• Reati a forma vincolata : laddove la legge richiede che
l’azione tipica si articoli attraverso determinate modalità (es.:
l’art. 438 c.p. che incrimina chiunque cagiona una epidemia
mediante la diffusione di germi patogeni).
• Reati senza azione : la definizione è dovuta al fatto che
nelle norme che li prevedono la formulazione della legge non
descrive la condotta in sé stessa, ma il momento in cui il
soggetto viene scoperto (es.: art. 707 c.p. : “Chiunque
essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di
lucro ….è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte
ecc.”)
L’evento
L’evento può definirsi come il risultato dell’azione o
dell’omissione.
• La concezione naturalistica dell’evento : è l’effetto
naturale della condotta umana penalmente rilevante e cioè
una entità esteriore alla condotta, diversa e distinta da
quest’ultima sia cronologicamente che logicamente e ad
essa legata da un nesso di causalità . Conseguenze :
l’evento non è un elemento costante di tutti i reati in quanto
alcuni reati si realizzano con la semplice condotta del
soggetto, c.d. reati di mera condotta (es. l’omissione di
soccorso; l’evasione ecc.).
• La concezione giuridica dell’evento : è l’effetto offensivo
della condotta, vale a dire la lesione o la messa in pericolo
dell’interesse tutelato dalla norma, ad essa legata da un
nesso di causalità. Conseguenze : ogni reato consta di un
evento, per cui non esistono reati senza evento, in quanto
tutti i reati ledono o mettono in pericolo in bene giuridico.
Il rapporto di causalità
• Il nesso di causalità sussiste quando è possibile
attribuire un determinato evento ad una
determinata condotta.
• L’art. 40 c.p. stabilisce, infatti, che :”nessuno può
essere punito per un fatto preveduto dalla legge
come reato se l’evento dannoso o pericoloso, da
cui dipende l’esistenza del reato, non è
conseguenza della sua azione od omissione”.
Le teorie sul nesso di causalità
Teoria della causalità naturale (o condizionalistica) : la
causa dell’evento è l’insieme delle condizioni necessarie
e sufficienti a produrlo. Per tale motivo ciascuna delle
condizioni è determinante ai fini della realizzazione
dell’evento.
Per accertare l’esistenza del nesso causale tra la
condotta e l’evento è sufficiente il ricorso al
procedimento di eliminazione mentale (o giudizio
contrafattuale) : se eliminando mentalmente la condotta
presa in considerazione l’evento rimane, tale condotta
non è causa dello stesso; se, viceversa, eliminando
mentalmente la condotta viene meno anche l’evento,
questo è causato da quella.
Le teorie sul nesso di causalità
• Teoria della causalità adeguata : si considera causa la
condotta umana che, oltre ad essere condizione
essenziale dell’evento, risulta, altresì, adeguata,
proporzionata alla realizzazione dello stesso (cioè
idonea a determinare l’evento sulla base della comune
esperienza).
• Teoria della sussunzione sotto le leggi scientifiche :
l’azione è causa dell’evento quando, secondo la migliore
scienza ed esperienza del momento storico, l’evento è
conseguenza certa o altamente probabile dell’azione, in
quanto senza di essa l’evento non si sarebbe – con
certezza o con alto grado di probabilità – verificato.
Il reato omissivo
Il reato omissivo proprio si configura con la
semplice condotta negativa del reo, non
essendo richiesto anche un ulteriore effetto di
tale condotta (es.: il reato di omissione di atti di
ufficio).
Il reato omissivo improprio si realizza, invece,
allorquando il soggetto deve aver causato, con
la propria omissione un dato evento (es: il
casellante il quale omettendo di manovrare uno
scambio, causa un sinistro ferroviario).
La causalità nella omissione
• Il problema della causalità della omissione si
pone solo per i reati omissivi impropri in quanto
essi, a differenza di quelli propri, sono
caratterizzati dalla necessaria presenza di un
evento in senso naturalistico.
Nella omissione si può parlare di causalità
normativa in quanto è la legge che interviene
attraverso l’art. 40 c.p. ad equiparare il non
impedire l’evento al cagionarlo (“Non impedire
un evento, che si ha l’obbligo giuridico di
impedire, equivale a cagionarlo”)- c.d. giudizio
ipotetico.
Le fonti dell’obbligo giuridico di impedire
l’evento
(il reato omissivo improprio)
L’obbligo giuridico di impedire l’evento
deriva dalla posizione (o obbligo) di
garanzia che un determinato soggetto ha
nei
confronti
di
beni
ritenuti
dall’ordinamento meritevoli di tutela, stante
l’incapacità dei loro titolari di proteggerli
adeguatamente.
Posizione di protezione e garanzia
Posizione (o obbligo) di protezione : ha lo
scopo di proteggere indeterminati beni da ogni
fonte di pericolo che ne minacci l’integrità
(es.:obblighi previsti dal diritto di famiglia).
Posizione (o obbligo) di controllo : ha lo
scopo di neutralizzare determinate fonti di
pericolo per proteggere tutti i beni ad esse
esposti (es.: proprietari di edifici, costruzioni,
animali ecc., tenuti ad adottare le misure
impeditive di eventi dannosi alle persone o
cose).
Le cause di giustificazione
Le cause di giustificazione (o scriminanti)
sono determinate situazioni in presenza
delle quali un fatto che è vietato, in quanto
costituisce
reato,
deve,
invece,
considerarsi lecito poiché c’è una norma
dell’ordinamento che lo autorizza o lo
impone.
Le cause di giustificazione
(la disciplina generale)
L’art. 59, 1°comma, c.p. stabilisce che :”le
circostanze che …escludono la pena sono
valutate a favore dell’agente anche se da
lui non conosciute, o da lui per errore
ritenute inesistenti”.
Le cause di giustificazione rilevano, quindi,
per il solo fatto di esistere a prescindere
dalla consapevolezza della loro ricorrenza
che ne abbia l’agente.
Le scriminanti putative
L’art. 59, 3° comma, c.p. stabilisce che
:”se l’agente ritiene per errore che
esistano circostanze di esclusione della
pena, queste sono sempre valutate a
favore di lui. Tuttavia se si tratta di errore
determinato da colpa la punibilità non è
esclusa, quando il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo”.
L’eccesso nelle cause di
giustificazione
L’art. 55 c.p. prevede che :”quando nel
commettere alcuni dei fatti preveduti dagli
articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono
colposamente i limiti stabiliti dalla legge o
dall’ordine dell’autorità ovvero imposti
dalla necessità, si applicano le disposizioni
concernenti i delitti colposi se il fatto è
preveduto dalla legge come delitto
colposo”.(c.d. eccesso colposo).
Il consenso dell’avente diritto
A norma dell’art. 50 c.p. :”non è punibile chi lede
o pone in pericolo un diritto col consenso della
persona che può validamente disporne”.
Requisiti del consenso giustificante sono:
• Deve avere ad oggetto un diritto disponibile (es:
diritto di proprietà, ecc.).
• Deve essere prestato dal soggetto titolare del
diritto, che sia capace e che lo presti
validamente.
• Deve esistere al momento del fatto.
L’esercizio del diritto
•
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L’art. 51, 1° comma, c.p. stabilisce che
:”l’esercizio di un diritto … esclude la punibilità”.
Casi di applicazione
Il diritto di cronaca.
Il diritto di critica.
Il diritto di sciopero.
I mezzi di protezione della proprietà.
Il diritto di correzione nei confronti dei minori.
L’adempimento del dovere
• L’art.
51,
1°comma,
c.p.
stabilisce
che
:”…l’adempimento di un dovere imposto da una norma
giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità
esclude la punibilità”.
• L’ordine della autorità : una manifestazione di volontà
che il soggetto, munito per legge di un potere di
supremazia di diritto pubblico, rivolge al subordinato
imponendogli di tenere una determinata condotta.
• Requisiti dell’ordine scriminante :
deve essere legittimo da un punto di vista
• formale (emanato da un soggetto munito del relativo
potere; diretto al soggetto competente ad eseguirlo;
rivestito dei requisiti di forma previsti dalla legge)
• e sostanziale (devono sussistere i presupposti previsti
dalla legge).
• L’ordine legittimo scrimina chi lo dà e chi lo esegue.
La legittima difesa
• Ai sensi dell’art. 52 c.p. : “Non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il
pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la
difesa sia proporzionata all’offesa”.
Requisiti
• Oggetto dell’aggressione deve essere un diritto.
• Il soggetto passivo dell’aggressione può essere, oltre
che il soggetto che si difende, anche un terzo (soccorso
difensivo).
• L’aggressione deve aver provocato un pericolo attuale
ed involontario di lesione del diritto.
La legittima difesa
La reazione legittima
• Deve essere necessaria nel senso che il
soggetto (passivo) non può evitare l’offesa al
suo diritto se non difendendosi, arrecando a sua
volta offesa all’aggressore. La necessità della
reazione va valutata non in astratto ma in
concreto, tenendo conto di tutte le circostanze
del caso singolo (es.: condizioni dell’aggredito; i
mezzi di cui dispone; il tempo ed il luogo
dell’attacco ecc.).
• Deve essere proporzionata all’offesa.
La legittima difesa
(le novità introdotte dalla L. 13.02.06 n. 59)
L’art. 52, 2° e 3° comma, c.p. prevede che :”Nei casi
previsti dall’art. 614, primo e secondo comma, sussiste il
rapporto di proporzione di cui al primo comma del
presente articolo se taluno legittimamente presente in
uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente
detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere :
a) la propria o l’altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è
pericolo di aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica
anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di
ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività
commerciale, professionale o imprenditoriale”.
L’uso legittimo delle armi
L’art. 53 c.p. stabilisce che : “ferme le disposizioni
contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il
pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del
proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi
o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto
dalla necessità di respingere una violenza o di vincere
una resistenza all’Autorità …”.
Soggetti legittimati
L’uso legittimo delle armi è riconosciuto solo a favore dei
pubblici ufficiali. Oltretutto secondo una interpretazione
restrittiva legittimati non sarebbero tutti i pubblici ufficiali
ma solo gli appartenenti alla forza pubblica che hanno in
dotazione armi o altri mezzi di coazione fisica.
L’uso legittimo delle armi
Le condizioni per l’applicazione
• Violenza : deve consistere in un comportamento
attivo diretto ad ostacolare l’adempimento del
dovere di ufficio.
• Resistenza: è solo quella attiva mentre l’uso delle
armi non risulta legittimo per vincere una
resistenza passiva.
• Proporzionalità : tale requisito non sussiste, ad
esempio, se l’uso delle armi lede un interesse che
per l’ordinamento ha un rilievo maggiore di quello
pubblico cui l’adempimento del dovere ostacolato
tendeva (es.: non risulterebbe legittimo il ferimento
di una persona che impedisca al pubblico ufficiale
di adempiere ad un dovere volto alla tutela di un
interesse pubblico punito con contravvenzione).
Lo stato di necessità
• L’art. 54 del c.p. stabilisce che :”Non è
punibile chi ha commesso il fatto per
esservi stato costretto dalla necessità di
salvare sé o altri dal pericolo attuale di un
danno grave alla persona, pericolo da lui
non volontariamente causato, sempre che
il fatto sia proporzionato al pericolo”
Lo stato di necessità
Le condizioni per l’applicazione
• Deve trattarsi di un pericolo attuale nel
senso che il rischio di danno grave alla
persona deve sussistere al momento del
fatto.
• Oggetto del pericolo deve essere un
danno grave alla persona.
• La situazione di pericolo non deve essere
stata
causata
volontariamente
dal
soggetto agente.
Lo stato di necessità
Le condizioni per l’applicazione
• L’azione lesiva deve essere necessaria nel
senso che il soggetto si trovi nell’alternativa tra il
subire il danno ed il commettere l’azione lesiva.
• Deve sussistere l’impossibilità di salvarsi
arrecando al terzo una offesa meno grave; lo
stato di necessità scrimina, quindi, solo l’azione
che arrechi al terzo incolpevole il minor danno
possibile.
• Deve sussistere proporzione tra fatto e pericolo.
La colpevolezza
La colpevolezza è l’insieme delle condizioni necessarie
per l’attribuzione psicologica del fatto al soggetto.
a) L’azione deve considerarsi come azione o fatto
proprio dell’agente e non il prodotto delle forze cieche
della natura (caso fortuito e forza maggiore).
b) Occorre che il soggetto si sia determinato
coscientemente al compimento di quella determinata
azione (in modo da potergli muovere un rimprovero – a
titolo di dolo o colpa - per averla commessa).
c) Non devono ricorrere cause di esclusione della
colpevolezza che determinino una divergenza tra il
voluto ed il realizzato (tale divergenza può dipendere da
una errata rappresentazione della realtà o da un errore
nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o da latra
causa).
La coscienza e volontà della condotta
L’art. 42 c.p. stabilisce che :”Nessuno può
essere punito per una azione od omissione
prevista dalla legge come reato se non l’ha
commessa con coscienza e volontà”.
Vi sono delle cause che escludono la
attribuibilità psichica della condotta al soggetto;
in tale caso viene in considerazione
l’incoscienza indipendente dalla volontà (es.: il
delirio febbrile; sonnambulismo ecc.).
Il dolo
L’art. 43 c.p. stabilisce che :”Il delitto è
doloso o secondo l’intenzione quando
l’evento dannoso o pericoloso, che è il
risultato dell’azione o dell’omissione e da
cui la legge fa dipendere l’esistenza del
delitto, è dall’agente preveduto e voluto
come conseguenza della sua azione od
omissione”.
Gli elementi costitutivi del dolo
• La rappresentazione
La rappresentazione deve abbracciare tutti gli
elementi costitutivi; se l’agente ignora o erra su
alcuni di essi si avrà errore che esclude il dolo.
• La volontà
Il dolo è anche volontà di realizzare il fatto tipico.
Non è infatti sufficiente la previsione dell’evento
occorrendo anche la volontà del soggetto diretta
a realizzarlo.
Le specie di dolo
• Dolo diretto
Si ha quando la volontà è diretta alla realizzazione
dell’evento che è certamente voluto.
• Dolo eventuale
Si realizza quando il soggetto pur non agendo per la
realizzazione dell’evento ulteriore ne accetta il verificarsi.
• Dolo d’impeto
Ricorre quando il soggetto decide all’istante senza alcun
intervallo tra il momento ideativo e quello esecutivo.
• Dolo di proposito
Si realizza quando trascorre un considerevole lasso di
tempo tra il sorgere della idea criminosa e la sua
concreta attuazione.
La colpa
L’art. 43 c.p. prevede che :”Il delitto è colposo o
contro l’intenzione quando l’evento, anche se
preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica
a causa di negligenza, imprudenza o imperizia
ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti,
ordini o discipline”.
Imprudenza : quando si viola una regola
cautelare di non tenere una certa condotta o di
tenerla con modalità diverse.
Negligenza : quando si viola una regola di
condotta che richiede un’attività positiva.
Imperizia : si realizza in riferimento ad attività
che richiedono cognizioni tecniche per cui si
tratta di imprudenza o negligenza qualificate.
Le specie di colpa
• Colpa cosciente
Si realizza quando l’agente agisce nonostante la
concreta previsione che dalla sua azione potrà derivare
l’evento di reato ma è convinto che lo stesso non si
verificherà; egli non accetta il rischio del suo verificarsi
(la mancanza di accettazione del rischio distingue la
colpa cosciente dal dolo eventuale).
• Colpa impropria
Si definiscono di colpa impropria quei casi in cui l’evento
è voluto ma l’agente risponde di reato colposo (es..
eccesso colposo nelle cause di giustificazione); mentre
la caratteristica della colpa propria è la non volontà
dell’evento.
La responsabilità oggettiva
• La responsabilità oggettiva viene a
configurarsi in tutti quei casi in cui l’evento
viene imputato al soggetto sulla base del
semplice nesso di causalità.
Il soggetto, cioè, è chiamato a rispondere
di un evento per il solo fatto di averlo
materialmente causato a nulla rilevando il
suo atteggiamento psicologico in relazione
allo stesso.
Ipotesi di responsabilità oggettiva
• L’aberratio delicti.
L’art. 83 c.p., 1° comma, stabilisce che “…se per
errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato
o per altra causa si cagiona un evento diverso
da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di
colpa, dell’evento non voluto quando il fatto è
preveduto dalla legge come delitto colposo”.
In questo caso si verrebbe a configurare una
ipotesi di responsabilità oggettiva in quanto il
soggetto risponderebbe dell’evento diverso - a
titolo di colpa - solo sulla base del nesso di
causalità.
Ipotesi di responsabilità oggettiva
• La responsabilità dell’extraneus per concorso
nel reato proprio.
L’art. 117 c.p. dispone che :”se per le condizioni
o le qualità personali del colpevole, o per i
rapporti tra il colpevole e l’offeso muta il titolo del
reato per taluno di coloro che vi sono concorsi,
anche gli altri rispondono dello stesso reato.
Nondimeno, se questo è più grave, il giudice
può, rispetto a coloro per i quali non sussistono
le condizioni, le qualità o i rapporti predetti,
diminuire la pena”.
Il delitto preterintenzionale
• Ai sensi dell’art. 43 c.p. il delitto “è
preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando
dall’azione od omissione deriva un evento
dannoso o pericoloso più grave di quello voluto
dall’agente”.
• L’applicazione del suddetto principio è
rinvenibile
nell’art.
584
c.p.
(Omicidio
preterintenzionale)
laddove
si
dispone
che:”chiunque con atti diretti a commettere uno
dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582 c.p.
(percosse e lesioni) cagiona la morte di un uomo
è punito con la reclusione da dieci a diciotto
anni”.
Il delitto tentato
• Ai sensi dell’art. 56, 1° comma, c.p. : “Chi
compie atti idonei, diretti in modo non equivoco
a commettere un delitto, risponde di delitto
tentato, se l’azione non si compie o l’evento non
si verifica”.
• L’incompiutezza del tentativo si manifesta,
quindi, in due forme :
nella prima l’azione non giunge a compimento
(c.d. tentativo incompiuto);
nella seconda l’azione giunge a compimento ma
l’evento non si verifica (c.d. tentativo compiuto).
Il delitto tentato
(Casi in cui non trova applicazione)
•
•
•
•
•
Delitti colposi.
Contravvenzioni.
Delitto preterintenzionale.
Reati omissivi propri.
Delitti di pericolo.
Il delitto tentato
• Desistenza
Art. 56, 3°comma, c.p.:”Se il colpevole
volontariamente desiste dall’azione, soggiace
soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora
questi costituiscano per sé un reato diverso”.
• Recesso
Art. 56, 4°comma. c.p. : “Se volontariamente
impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita
per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla
metà”.
Il concorso di reati
• Concorso materiale : ricorre allorquando un soggetto
con più azioni od omissioni compie una pluralità di reati
(artt. 73, 74 e 75 c.p.)
• Regime sanzionatorio : cumulo materiale delle pene
(limiti previsti dagli artt. 78 e 79 c.p.).
• Concorso formale : ricorre quando un soggetto con un
sola azione od omissione viola diverse disposizioni di
legge ovvero commette più violazioni della medesima
disposizione di legge (art. 81 c.p.).
• Regime sanzionatorio : viene applicata la pena prevista
per il reato più grave, aumentata fino al triplo.
Il reato continuato
• L’art. 81, comma secondo, c.p. definisce come
reato continuato la condotta “…di chi con più
azioni od omissioni, esecutive di un medesimo
disegno criminoso, commette anche in tempi
diversi più violazioni della stessa o di diverse
disposizioni di legge”.
• Regime sanzionatorio : viene applicata la pena
prevista per il reato più grave, aumentata fino al
triplo.
Il concorso apparente di norme
• Il concorso apparente di norme si verifica
allorquando, apparentemente, di fronte ad unico
fatto criminoso sembrano potersi applicare più
disposizioni di legge mentre, in realtà, è
applicabile una sola norma incriminatrice.
Criteri per dirimere i contrasti apparenti di
norme:
• criterio di specialità;
• criterio di sussidiarietà;
• criterio di assorbimento o consunzione.