Brevi cenni sul tema della diffamazione ai tempi dei social network

Brevi cenni sul tema della diffamazione ai tempi dei social network.
Il presente lavoro, dedicato all’approfondimento di un particolare profilo del diritto penale,
interessato recentemente da novità giurisprudenziali di rilevanti entità, è debitore nella sua genesi di
due eventi che ho fatto e di cui sono stato relatore nel corso di quest’anno: il primo il 30 luglio
presso il Circolo della Vela di Forte dei Marmi ed il secondo il 13 novembre presso il Royal
Victoria Hotel di Pisa.
Innanzitutto per poter analizzare la fattispecie della diffamazione è necessaria una premessa sul
reato di ingiuria, dato il richiamo letterale dell’art. 595 c.p. per comprenderne le differenze
“Chiunque, al di fuori dei casi indicati dall’articolo precedente, comunicando con più persone,
offende la reputazione di una persona non presente.”
Il reato di ingiuria è previsto all’art. 594, nel Libro II, dei delitti, Titolo XII tra i delitti contro la
persona, capo II all’incipit dei delitti contro l’onore.
“Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a
sei mesi o la multa fino a € 516.
Allo stesso fatto soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica,
con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa fino ad € 1032 se l’offesa
consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone.”
Piccola nota sulla procedibilità che è a querela di parte (art. 597 e 336 cpp) entro tre mesi dal fatto.
In tale contesto, la nozione di onore è relativa alle qualità che concorrono a determinare il valore di
un determinato individuo, mentre quella di decoro si riferisce al rispetto o al riguardo di cui
ciascuno, in quanto essere umano, è comunque degno.
La maggiore gravità del delitto di diffamazione rispetto a quello di ingiuria risiede nel fatto che
l’offesa arrecata in assenza del soggetto passivo preclude ogni possibilità di difesa o ritorsione.
Il delitto di diffamazione è un reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi
percepiscono l’espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive sia state
immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato.
Reato formale ed istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesive dell’altrui
reputazione onde diviene irrilevante, ai fini del perfezionamento della fattispecie, una maggiore o
minore espansione quando si sia realizzata la propalazione minima, sempre che si rimanga nello
stesso contesto di azione.
L’elemento materiale del reato implica tre requisiti:
- l’assenza dell’offeso: lo si deduce dalla stessa lettera della legge che dice fuori dai casi indicati
nell’articolo precedente (è quindi necessario che non si verifichino neppure quei fatti che la legge
equipara alla presenza) [rapporto oggettivo di presenza dell’offeso e di sua contiguità con
l’offensore: su internet chat, messaggi in tempo reale, skype, conference-call] da ciò deriva anche
l’impossibilità che ingiuria e diffamazione concorrano formalmente;
- l’offesa all’altrui reputazione: e cioè un qualsiasi atto o fatto che se detto alla presenza dell’offeso
costituirebbe ingiuria (non necessario un particolare animus iniurandi) atti di natura offensiva.
Le espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle meramente insinuanti sono idonee a ledere
o a mettere in pericolo la reputazione dei terzi.
Il solo fatto che una notizia sia stata riferita in forma dubitativa non è sufficiente ad escludere
l’idoneità a ledere la reputazione altrui.
Anche le espressioni dubitative, come quelle insinuanti, allusive, sottintese, ambigue,
suggestionanti, possono, infatti, essere idonee ad integrare il reato di diffamazione, quando per il
modo con cui sono poste all’attenzione del lettore, fanno sorgere in quest’ultimo un atteggiarsi della
mente favorevole a ritenere l’effettiva rispondenza a verità i fatti narrati.
Trattasi di indagine da effettuarsi caso per caso.
- la comunicazione a più persone: e cioè la divulgazione ad almeno due persone; non richiesta la
contemporaneità della comunicazione, potendo essa aver luogo in tempi diversi ed anche ad
intervalli più o meno lunghi.
Il delitto si consuma con la percezione da parte delle due o più persone del fatto offensivo: così se
sono state fatte due comunicazioni a soggetti diversi in tempi successivi è con la seconda che il
reato si perfeziona.
E’ sufficiente il dolo generico, non essendo richiesto uno specifico animus diffamandi, non rilevano
i motivi dell’agente.
L’art. 595 nei commi 2°, 3° e 4° :
a) l’attribuzione di un fatto determinato.
b) offesa arrecata a mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità o in atto pubblico.
Per la nozione di stampa vale quanto sancito dall’art. 1 della L. n. 47 del 1948 a norma del quale si
considerano stampa o stampati tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi
meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione.
In tale legge è altresì previsto un ulteriore aggravamento della sanzione penale nell’ipotesi di
diffamazione a mezzo stampa consistente nell’attribuzione di un fatto determinato.
Mezzo di pubblicità: anche i volantini lanciati in pubblico o i comizi tenti in luogo pubblico.
Nel senso della norma, inoltre, sono atti pubblici quelli che, oltre ad essere formalmente tali, sono
destinati alla pubblicità, in modo che qualunque interessato ne possa prendere visione.
Come recentemente sottolineato dalla Cassazione Sez I Penale n. 24431 del 2015, il reato tipizzato
al terzo comma dell’art. 595 c.p. quale ipotesi aggravata del delitto di diffamazione trova il suo
fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la
consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorché non
individuate nello specifico ed apprezzabili solo in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e
più diffuso danno alla persona offesa.
D’altra parte lo strumento principe della fattispecie criminosa in esame è quello della stampa, al
quale il codificatore ha giustapposto “qualsiasi altro mezza di pubblicità”, giacché anche in questo
caso, per definizione, si determina una diffusione dell’offesa ed in tale tipologia, quella appunto del
mezzo di pubblicità, ha fatto rientrare la lezione ermeneutica della corte, ad esempio, un pubblico
comizio ovvero l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta elettronica secondo le
modalità del “farward” e cioè verso una pluralità di destinatari.
Detti arresti risultano infatti argomentati con il rilievo che, sia un comizio che la posta elettronica,
vanno considerati mezzi di pubblicità, giacché idonei a provocare una ampia ed indiscriminata
diffusione della notizia tra un numero indeterminato di persone.
“Anche la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una
bacheca facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di
persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero
apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso), sia perché
l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le
rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per
il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo
indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione”.
Identificata nei termini detti, la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza,
pertanto, la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a
determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per
composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella
tipizzazione codicistica descritta dal terzo comma dell’art. 595 c.p.”
Si deve sottolineare come la digital evidance resa possibile dall’avanzamento e miglioramento
tecnologico permette l’individuazione dell’autore del reato, anche per merito della polizia postale
che oggi riesce a ricostruire il punto di invio del messaggio diffamatorio, salvo che non si abbiano
conoscenze medio-elevate di informatica da sviare le proprie tracce.
In linea con la recente giurisprudenza della Suprema Cassazione preme far presente anche la
sentenza di questo mese del Tribunale di Lucca che ha condannato un utente Facebook lucchese per
diffamazione aggravata infliggendo una pena di 8 mesi di reclusione e 1000 euro di multa, oltre al
risarcimento di 10.000 euro in favore della persona offesa, i fatti oggetto della vicenda giudiziaria
approdata ora alla sentenza di primo grado risalgono al novembre 2012, quando la vittima è stata
offesa in quanto ritenuta aver avuto una relazione extraconiugale.
Ulteriori profili che non mi pare il caso di affrontare ma solo accennare sono il locus commissi
delicti, da cui discende la problematica ed i dubbi interpretativi sulla competenza territoriale ed il
momento consumativo del reato anch’esso foriero di ampi dibattiti sui quali potremmo soffermarci
a lungo, ma per ragioni di sinteticità ed opportunità rinvierò ad altri momenti.
Avv. Francesco Ungaretti Dell’Immagine
Foro di Lucca