Dare dell’omosessuale non è reato Cassazione penale, sez. V, sentenza 29/11/2016 n° 50659 Di Simone Marani Pubblicato il 22/12/2016 E' da escludere che l'utilizzo del termine “omosessuale”, nei confronti di qualcuno, possa essere sanzionabile penalmente. E' quanto emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 29 novembre 2016, n. 50659. Come confermato da costante giurisprudenza, l'oggetto di tutela nel delitto di diffamazione è l'onore in senso oggettivo o esterno, ovvero la reputazione del soggetto passivo del reato, da intendersi come il senso della dignità personale in conformità del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico (Cass. pen., Sez. V, 28 febbraio 1995, n. 3247). Ciò che viene tutelato attraverso l'incriminazione è l'opinione sociale della persona offesa dal reato. Secondo una diversa concezione, l'onore è da intendersi come attributo originario di un individuo, un valore intrinseco della persona umana in forza della dignità che gli è propria e che non può essere negata dalla comunità sociale. Anche quest'ultima concezione, al pari di quella precedente, distinguono la lesione della reputazione da quella dell'identità personale, che, secondo certo orientamento, corrisponde al diritto dell'individuo alla rappresentazione della propria personalità agli altri senza alterazioni o travisamenti, che non ha autonoma rilevanza penale, integrando, la sua lesione, solo un illecito civile (Cass. pen., Sez. V, 6 novembre 1992, n. 849). Nella fattispecie gli ermellini escludono che il termine “omosessuale” possa conservare nel presente contesto storico un significato intrinsecamente offensivo come, forse, poteva ritenersi in passato. Il termine in questione, infatti, assume un carattere di per sé neutro, limitandosi ad attribuire una qualità personale al soggetto evocato ed è in tal senso entrato nell'uso comune. E' da escludere “che la mera attribuzione della suddetta qualità, attinente alle preferenze sessuali dell'individuo, abbia di per sé un carattere lesivo della reputazione del soggetto passivo, tenendo conto dell'evoluzione della percezione della circostanza da parte della collettività, quale che sia la concezione dell'interesse tutelato che si ritenga da accogliere”. (Altalex, 22 dicembre 2016. Nota di Simone Marani)