I Numeri complessi - Digilander

I Numericomplessi
Storia ed evoluzione
Introduzione
I più antichi documenti pervenutici sui numeri negativi sono delle tavolette
di argilla che risalgono al 2000 a.C. Sono scritte in caratteri cuneiformi e
sono opera dei Babilonesi. In esse si trovano elencati tanti problemi di
matematica, e la maggior parte è senza soluzione; ma in molti
intervengono numeri negativi.
Traccia dei numeri negativi si trova anche negli scritti degli Hindu dell’India.
Gli Hindu introdussero i numeri negativi (Kline, 1972) per rappresentare
i debiti; in queste situazioni i numeri positivi rappresentavano i crediti.
Successivamente gli Arabi, sebbene i numeri negativi e le regole per
operare con essi fossero loro familiari attraverso i testi hindu, li
respinsero.
Attraverso i testi arabi i numeri negativi divennero noti in tutta Europa;
tuttavia la maggior parte dei matematici del XVI e del XVII secolo non li
accettava come numeri o, se lo faceva, non li accettava come radici
delle equazioni.
Nel XV secolo Nicolas Chuquet (1445?-1500?) e, nel XVI,Stifel (1553)
parlano entrambi dei numeri negativi come di “numeri surdi”.
Cardano dava i numeri negativi come radici delle equazioni, ma li
considerava soluzioni impossibili, puri simboli; egli li chiamava fittizi,
mentre chiamava reali le radici positive.
Vieta scartava interamente i numeri negativi.
Pascal considerava la sottrazione di 4 da 0 come una totale assurdità. Un
interessante argomento contro i numeri negativi venne dato da Antoine
Arnauld (1612 -94), un teologo e matematico stretto amico di Pascal.Egli
metteva in dubbio che –1:1=1: –1 perché, diceva, –1 è minore di +1 e
dunque come poteva un minore stare a un maggiore come un maggiore
sta a un minore ?
Bombelli ha mostrato l’esistenza dei numeri negativi ponendo il seguente
problema che si può presentare nella vita di ogni giorno:“se io mi trovassi
con 15 scudi e fossi in debito di 20, una volta che avessi dato i 15
resterei debitore solo di 5 cioè di meno 5”.
Come nacquero i numeri razionali ossia l’insieme Q?
Il problema di determinare e rappresentare i multipli ed i sottomultipli di una
grandezza risale ad epoche assai remote . Il problema di determinare i
multipli di una grandezza si presentò in modo più spontaneo e non creò
difficoltà;più complesso,invece,risultò l’altro problema che si identificò
con l’introduzione di quelle che oggi chiamiamo frazioni.
Già i Babilonesi,a partire dal VI sec a.C.,considerarono frazioni aventi per
denominatore soltanto 60 (frazioni sessagesimali) o un multiplo di esso.
Di tale scelta resta tuttora traccia nei sistemi di misura non decimali:ad
esempio per la misura del tempo il minuto è la sessantesima parte
dell’ora ed il secondo è la sessantesima parte del minuto).
Le frazioni sessagesimali dei Babilonesi furono anche utilizzate dai Greci.
I Romani usarono le frazioni duodecimali e cioè la frazioni aventi come
denominatore 12 ed i suoi multipli;perché il tempo compreso fra le 6 e le
18 veniva diviso in 12 ore.
Un modo pressoché analogo all’attuale per rappresentare le frazioni risale al
matematico indiano Brahmagupta che le rappresentò sovrapponendo
semplicemente il numeratore al denominatore senza scrivere la linea di
frazione . Quest’ultima venne introdotta dagli Arabi e si trova in alcuni
manoscritti latini medioevali .
L’uso della linea di frazione , usata nel modo attuale, appare nell’opera
Liber Abbaci pubblicata nel 1202 dal matematico Leonardo Pisano detto
Fibonacci.
Come sono nati i numeri reali,ovvero l’insieme R?
Fino alla meta dell'Ottocento il concetto di numero reale coincideva con il
concetto di misura di grandezze ed era fondato sull'intuizione
geometrica della continuità della retta.
Si fa risalire alla Scuola Pitagorica la scoperta che esistono segmenti,come
ad esempio il lato e la diagonale di un quadrato, che sono incommensurabili, cioè che non possono essere contemporaneamente multipli
interi di alcun segmento che venga assunto come unità di misura.
Anche se gli antichi non consideravano le misure di segmenti come
numeri, ai fini pratici operavano con esse come se lo fossero: dal punto
di vista sintetico secondo le regole della Teoria delle Proporzioni
Geometriche dovuta ad Eudosso di Cnido e codificata nel V Libro degli
Elementi di Euclide e dal punto di vista analitico con metodi di
approssimazione risalenti ai Babilonesi.
Non ci furono progressi significativi nella conoscenza dei numeri reali fino
alla meta del Cinquecento, quando, con l'introduzione del formalismo
algebrico, soprattutto ad opera di R. Bombelli (Algebra, 1572), fu
possibile definire i rapporti di grandezze e le operazioni algebriche
mediante simboli.
Questo favorì una rilettura più moderna della Teoria delle Proporzioni ed
una più rigorosa definizione geometrica del campo dei numeri reali. Tale
punto di vista porto successivamente alla nascita della Geometria
Analitica,attraverso l'opera di R. Descartes, ed alla nascita del Calcolo
Infinitesimale,attraverso l'opera di I. Newton e G. W. Leibniz.
La costruzione rigorosa del sistema dei numeri reali fu uno dei progressi più
importanti del pensiero matematico del XIX secolo e segnò
l'indipendenza dell'Analisi dalla Geometria.
L'obiettivo di definire in modo preciso i numeri reali fu contemporaneamente
e indipendentemente raggiunto da diversi matematici con la
pubblicazione tra il 1872 e il 1886 di una serie di lavori in cui venivano
esposte essenzialmente tre diverse costruzioni: la costruzione di
Dedekind-Tannery,che riprendeva e formalizzava la Teoria delle
Proporzioni di Eudosso,la costruzione di Dedekind-Tannery,che
riprendeva e formalizzava la Teoria delle Proporzioni di Eudosso;
la costruzione di Meray-Weierstrass, in cui i numeri reali sono definiti
attraverso successioni monotone di intervalli, e la costruzione di HeineCantor, in cui i numeri reali sono classi di equivalenza di successioni di
Cauchy di numeri razionali.
Come sono nati i numeri complessi,ovvero l’insieme
C?
Questo argomento sarà il nodo centrale della nostra presentazione!!
Struttura d’inclusione degli insiemi numerici:
Le origini della teoria dell’immaginario
Nel XVI secolo i matematici sconoscevano
l’uso dei simboli algebrici. Erano soliti
distinguere i problemi in tre classi che
dipendono da equazioni di terzo grado
prive del termine di secondo grado;
trattavano separatamente i seguenti tre
casi:
1.
X3+px=q
2.
X3=px+q
3.
X3+q=px
(p,q numeri positivi)
Il primo a risolvere l’equazione 1 fu il
bolognese Scipione Dal Ferro (14651526). Non è noto il procedimento da lui
seguito per la risoluzione di questa
equazione, in quanto la sua opera non
fu mai pubblicata. I risultati delle
indagini di Dal Ferro furono riprese da
Nicolò Tartaglia (1500-1557) che riuscì
a risolvere tutte e tre le equazioni.
Nicolò Tartaglia 1500-1559
Le tre equazioni furono successivamente dimostrate e divulgate da
Girolamo Cardano (1501-1576) nella sua opera Artis magnae e furono
anche citate nell’opera Algebra del bolognese Raffaele Bombelli.
Le prime due equazioni furono risolte dal Cardano e dal Bombelli nel
seguente modo:
Ponendo l’equazione x3+px=q si vuole determinare un cubo ed un
parallelepipedo tali che:
1.
L’altezza del parallelepipedo deve essere uguale al lato x del
cubo;
2.
Il parallelepipedo deve avere area di data base p;
3.
La somma dei volumi del cubo e del parallelepipedo deve essere
q;
Si deve trovare un parallelepipedo retto che abbia per base un
rettangolo di area p e di dimensioni u e 3v tali che la loro
differenza u-v sia uguale all’altezza x del parallelepipedo stesso.
Così facendo possiamo decomporre il parallelepipedo in tre
parallelepipedi uguali aventi le dimensioni u,v e x e questi disposti
nel lato x del cubo si possono sommare con esso e formare un
solido che Bombelli chiamava gnomoide ( la differenza di due
cubi, di lati rispettivamente u e v).
Per determinare lo gnomoide di dimensioni u e v e di volume q poniamo
u3-v3=q .
Ma
v
p
3u
Quindi
3
p
u3 
q
3
27u
3
p
(u 3 ) 2  qu 3 
0
27
2
3
q
q
p
u3 

2
4 27
2
3
p 3 q
q
p
v



3u
2
4 27
2
3
2
3
q
q
p
q
q
p
3
x u v 





2
4 27
2
4 27
3
Passiamo adesso all’equazione 2
x3=px+q
In questo caso si determina un cubo C e un parallelepipedo retto P tali che:
1.
L’altezza del parallelepipedo deve essere uguale al lato x del cubo;
2.
Il parallelepipedo deve avere base di area P;
3.
La differenza fra il volume del cubo e quella del parallelepipedo deve essere
uguale a q.
Indichiamo nuovamente con u e 3v le dimensioni della base del parallelepipedo P
che lo si può ancora decomporre in tre parallelepipedi uguali di dimensioni
u, v e x. Per far ciò poniamo:
u x 3v=p .
In questo caso si aggiunge la condizione che u+v= x.
Quando questa equazione è soddisfatta e lo è se:
 p x3 
  
3 4 
I tre parallelepipedi di dimensioni u,v ed x si potranno eliminare dal cubo C. Così
facendo rimarrà un solido di volume q che è la somma di due cubi uno di lato
u e l’altro di lato v.
Pertanto poniamo:
u3+v3=q
Ma
p
v
3u
u
3
p3
 q

3
27u
u 
 qu 3
p3
0

27
u 
q

2
p3
q2

27
4
3
2
3
p

v 
3u
3
x uv 
q

2
3
q

2
p3
q2

27
4
p3
q2


27
4
3
q

2
p3
q2

27
4
La terza equazione :
x3+q=px
È stata ricondotta da Nicolò Tartaglia e dagli altri matematici al caso
precedente.
Poniamo
y3=py+q
Una volta trovata la radice α sarà:

3 2
x   p
2
4
Una radice della terza equazione.
Le equazioni di secondo grado:
3
p
(u 3 ) 2  qu 3 
0
27
3
p
(u 3 ) 2  qu 3 
0
27
ci permettono di risolvere le equazioni cubiche x3+px=q e x3=px+q.
La prima risolvente ha sempre discriminante positivo invece per la
seconda il discriminante può essere negativo (il caso in cui ciò accede
è detto irriducibile). Anche in presenza di un caso irriducibile,relativo
alla seconda risolvente è sempre possibile costruire un cubo C e un
parallelepipedo P soddisfacenti le condizioni 1,2,3 poste
nell’equazione 2 perché variando la “x” dell’equazione il volume del
cubo C varia proporzionalmente alla terza potenza di “x” e quello del
parallelepipedo P varia proporzionalmente alla prima potenza.Ciò
permette di affermare che esiste sempre una soluzione positiva per la
seconda equazione.
Ma secondo Tartaglia, le due figure : il cubo C e
il parallelepipedo P si possono decomporre in
modo tale che i due cubi che si traggono da C
hanno volume q e i tre parallelepipedi hanno
volume px . Ma tale decomposizione è
impossibile.
All’interno della sua opera Artis Magnae, il
Cardano ha esposto la “Regula falsum
ponendi” per la risoluzione dell’operazione di
estrazione di radice dei numeri negativi. La
“regula falsum ponendi” non è una regola di
falsa posizione ma bensì una regola nella
quale si ammette la considerazione di numeri
negativi chiamati “numeri falsi o fittizi” dal
Cardano.
Per quanto riguarda le radici immaginarie
chiamate “ sofisticate” dal Cardano, notevole
è il problema (risolto nel cap. XXXVII) di
dividere 10 in due parti a e b tali che il
prodotto dia 40. Egli risolve questo problema
basandosi sulla proposizione V del secondo
libro di Euclide.
Girolamo Cardano (1501-1576)
Proposizione 5
Se si divide una linea retta, in parti uguali e diseguali, il rettangolo
compreso dalle parti disuguali della retta, insieme col quadrato della
Si divida la retta
uguali in
in parti diseguali è
in D.uguale al quadrato della
parte compresa
fraAB ini parti
punti
diC eddivisione,
R(AD, DB) + Q(CD,CD) = Q(CB, CB)
metà della retta.
A
C
a
b
D
a-b
B
1) Si descriva su CB il quadrato
CEFB (prop. I 46). Si tracci la
congiungente BE.
2) Per D si contuca la parallela DG a
CE o BF (prop,I 30, prop, I 31)
K
L
H
E
G
M
F
3) Per H si conduca KM la parallela
a AB o EF e per A la parallela AK a
EE o BF (prop. I 30, prop. I 31)
4) Il complemento CH =
complemento HF (prop. I 43), si
aggiunga in comune ai due DM.
Quindi CM è uguale a DF. Ma CM =
AL perché AC = BC (prop. I 36)
R(AD, DB) + Q(CD, CD) = Q(AC, AC)
Espressione in termini geometrici della formula della differenza di due
quadrati:
a  b a  b   b 2  a 2
2
2
a  b a  b   a  b
In termini algebrici questo problema si può risolvere conducendo l’equazione
x(10-x)=40 alle radici :
.
5   15 ,5   15
Egli riconosce che tali radici, sebbene impossibili, sono tuttavia corrette essendo il
loro prodotto uguale a 25-(-15)=40, come richiesto dal problema.
Dal punto di vista del calcolo, Cardano fece fare molti passi avanti all’algebra.
Anche se ammetteva solo gli interi positivi come numeri veri (quelli negativi
erano numeri fittizi) egli maneggiava con disinvoltura i numeri negativi.
Ma davanti all’immaginario proveniente dall’estrazione delle radici di indice pari di
numeri negativi Cardano si arresta.
Il matematico che riconobbe per primo la necessità di ampliare i numeri allora
conosciuti con altri numeri, fu Rafael Bombelli (1526-1573), matematico
bolognese (nato a Borgo Panigale).
Bombelli, nella sua opera L’Algebra, il cui titolo completo è L’Algebra, divisa in
tre libri, con la quale ciascuno da sé potrà venire in perfetta cognitione della
teoria dell’Aritmetica (composta verso il 1560, ma stampata in parte solo nel
1572) raccolse e completò i risultati ottenuti in campo algebrico della prima
metà del Cinquecento da diversi matematici; si propose cioè di completare i
vari casi di risoluzione delle equazioni di terzo grado, anche nel cosiddetto
caso irriducibile, cioè quando, nella formula di Cardano, si presenta la radice
quadrata di un numero negativo
3
2
 p q
     0
 3  2
Nell’Algebra, Bombelli si occupò del calcolo con potenze e con radici e di
equazioni algebriche. A lui si deve inoltre l’introduzione degli esponenti per
indicare le potenze dell’incognita.
Nel libro I dell’Algebra Bombelli prende in esame le radici immaginarie delle
equazioni, che egli chiama "quantità silvestri", e giunge ad operare con i
numeri che noi oggi chiamiamo "complessi". Bombelli introdusse i termini
più di meno e meno di meno, per indicare + i e - i, che abbrevia nelle
scritture pdm e mdm; ad esempio, con:
R c ë 2 pdm 11 ù
egli rappresentò il numero complesso: .
Stabilì inoltre le regole seguenti:
Nel linguaggio di Bombelli, queste regole si esprimono nel seguente modo:
Più via più di meno, fa più di
(+ 1 ) × (+ i) = + i
meno.
Meno via più di meno, fa meno
(-1 ) × (+ i) = - i
di meno.
Più via meno di meno, fa meno
di meno.
Meno via meno di meno, fa più
di meno.
(+ 1 ) × (- i) = - i
(-1 ) × (- i) = + i
Più di meno via più di meno, fa
meno.
(+ i ) × (+ i) = - 1
Più di meno via men di meno, fa
più.
(+ i ) × (- i) = + 1
Meno di meno via più di meno,
fa più.
(- i ) × (+ i) = + 1
Meno di meno via men di meno,
fa meno.
(- i ) × (- i) = - 1
Bombelli, dunque, stabilì le leggi formali di calcolo dei nuovi numeri,
successivamente chiamati immaginari da Cartesio per indicare delle
soluzioni considerate fittizie e irreali, né vere né “surde” (negative).
Nell’Algebra troviamo la corretta trattazione di alcune equazioni di
terzo grado che, se risolte con il procedimento di Cardano, Dal Ferro
e Tartaglia, portano a radicali doppi coinvolgenti quantità non reali.
Ad esempio, viene data la soluzione dell’equazione
tramite la formula “di Cardano”:
Si ottiene la somma di due radicali doppi, con radicando negativo,
mentre già si sapeva, per sostituzione diretta, che era l’unica radice
positiva dell’equazione.
Bombelli provò che si può scrivere:
e quindi si poteva concludere trovando la soluzione nota:
A Bombelli spetta quindi il merito di aver introdotto nella matematica i
numeri complessi e le regole di calcolo con essi oltre a quello di
aver svolto la teoria completa delle equazioni di terzo grado,
discutendo e risolvendo tutti i casi che si possono presentare,
mentre Cardano non aveva sviluppato una teoria completa.
Il bombelli dà le definizioni di somme e prodotto esprimendosi così:
“Più di meno con più di meno si somma e fa più di meno, cioè
ia+ib=i(a+b);
ma più con più di meno non si può sommare, se non dire più più di
meno; più cavato di più di meno non si può, se non per via del meno
etc.etc.”
Così il Bombelli veniva a considerare binomi a+ib, a-ib che con Gauss
chiameremo numeri complessi.
Tutta l’indagine del Bombelli relativa a questi binomi si fonda su tre
definizioni:
dell'ordinamento
• a+ib=a’+ib’ se a=a’ b=b’ e viceversa; Perdita
Diversamente dai numeri reali, i numeri complessi
non possono essere ordinati in modo
• (a+ib)+(c+id)=(a+c)+i(b+d);
compatibile con le operazioni aritmetiche.
Quindi non ha senso chiedere ad esempio se i è
maggiore o minore di 1, né studiare
• (a+ib)(c+id)=(ac-bd)+i(ad+bc)
disequazioni nel campo complesso.
Introdotti i numeri complessi, il Bombelli poteva dire che l’equazione di secondo
grado ammette sempre due radici distinte o coincidenti; e per l’equazione :
X2-8x+20=0
trovava appunto x=4±2i.
In particolare ammetteva sempre due radici la risolvente di secondo grado
dell’equazione cubica:
x3=px+q
e la formula di Tartaglia
2
3
2
3
q
q
p
q
q
p
x3 

3 

2
4 27
2
4 27
Introdotta per la risoluzione della seconda equazione acquistava in ogni caso un
senso.
I numeri complessi crescono
L’ingresso dei numeri complessi nella matematica fu favorito dalle idee
di Bombelli, che indusse Albert Girard (che nel 1629 pubblicò
“Invention nouvelle en l’algèbre”) ad ammettere l’esistenza di radici
negative, nello stabilire le relazioni esistenti tra i coefficienti e le
radici di una equazione.E’ stato attribuito anche a lui l’ affermazione
che un'equazione dovesse avere un numero di soluzioni uguale al
suo grado, proprio tenendo conto delle misteriose radici quadrate.
Un’anticipazione del teorema fondamentale dell’algebra.
Cartesio (Nel1637 pubblicò la Diottrica, le Meteore e la Geometria,
introdotti dal Discorso sul metodo )definì questi numeri,
"immaginari". Perché, anche se si poteva “immaginare” che ogni
equazione avesse tante radici quante il suo grado, i numeri reali non
potevano corrispondere alle radici immaginate.
Leibniz oltre che applicare le leggi dell’ algebra ai numeri complessi,
li usò come sussidi di integrazione. Cosa che fece anche Johann
Bernoulli
D'Alembert li impiegò nei suoi calcoli di idrodinamica e tentò, come
Eulero e Lagrange di dimostrare, con il loro ausilio, il teorema
fondamentale dell’algebra, che afferma che ogni equazione
polinomiale di grado n con i coefficenti complessi ha n radici nel
campo dei nei numeri complessi.
Eulero(Basilea 15 aprile 1707;San Pietroburgo 18 settembre 1783) per
primo diede alla radice quadrata di -1 il simbolo i per indicare l’unità
immaginaria e De Moivre con la sua formula collegò i numeri
complessi alla trigonometria.
Gauss fu il primo a pubblicare la prova corretta del teorema
fondamentale di algebra nella sua tesi di laurea di 1797. Ma
anch’egli in un primo tempo pensò che era metafisica considerare
la radice quadrata di -1. Dal 1831 Gauss superò definitivamente la
sua diffidenza verso questi numeri, pubblicando il lavoro sulla loro
rappresentazione geometrica come punti del piano.
Ma fu Cauchy a pubblicare, fin dal 1814, articoli sempre più consistenti
e numerosi sul Journal dell’Ecole Polytechique e sulle pagine dei
Comptes Rendus dell’Académie sulla teoria delle funzioni a variabile
complessa. Mentre è agevole rappresentare graficamente una
funzione di variabile reale, in quanto necessita di due dimensioni,
non è possibile farlo con le funzioni di variabile complessa che
richiedono quattro dimensioni. La mancanza di un supporto visivo
rende difficile rappresentare ad esempio il concetto di derivata in un
punto che per le funzioni di variabile reale corrisponde alla tangente
alla curva in quel punto. Se da un lato questo può rappresentare
una difficoltà, dall’altro la necessità di un grado di astrazione
maggiore comporta l’esigenza di una più precisa definizione dei
concetti. Ed il lavoro di Cauchy impresse il dovuto rigore al nuovo
ramo della matematica.
Fu Hamilton a definire i numeri complessi come coppie di numeri reali
(a,b) nel 1833.
Ciò che si credeva impossibile, fittizio e “immaginario” divenne una
realtà.
Applicazioni
In matematica
I numeri complessi sono presenti in tutta la matematica, e sono
protagonisti di interi settori, come l'analisi complessa o la geometria
algebrica. Elenchiamo qui,soltanto alcune applicazioni dei numeri
complessi:
Teoria dei numeri: La teoria dei numeri analitica usa l'analisi
complessa per affrontare problemi sui numeri interi. Un esempio è il
teorema dei numeri primi.
Equazioni differenziali: Le equazioni differenziali lineari a coefficienti
costanti si risolvono trovando le radici complesse di un polinomio
associato all'equazione.
In fisica
Dinamica dei fluidi: Nella dinamica dei fluidi i numeri complessi
vengono utilizzati per descrivere il flusso potenziale in 2 dimensioni.
Meccanica Quantistica: Il campo dei numeri complessi è una
componente essenziale della meccanica quantistica dato che la
teoria è sviluppata in uno spazio di Hilbert a dimensione infinita
derivato da C.
Relatività: Nella relatività generale e relatività speciale alcune formule
dello spazio metrico diventano più semplici se si suppone la
variabile temporale come una variabile immaginaria.
In Ingegneria
Analisi dei segnali
I numeri complessi vengono utilizzati nell'analisi dei segnali e in tutti i
campi dove si trattano segnali che variano sinusoidalmente nel
tempo, o anche semplicemente periodici. Il modulo di z è
interpretato come la ampiezza del segnale mentre l'argomento di z è
interpretato come la fase. I numeri complessi rendono possibile
anche l'analisi di Fourier, che rende possibile scomporre un
generico segnale tempo-variante in una somma di infinite sinusoidi:
ogni sinusoide è scritta come un singolo numero complesso
dove ω è la frequenza della sinusoide e z la sua ampiezza.
Nel campo dell’ingegneria elettrica si è soliti sostituire l’unità
immaginaria “i” con la lettera “j” poiché con la lettera i si indica
l’intensità di corrente.
Conclusioni
Per definire i numeri complessi nella loro completezza sono stati
necessari circa trecento anni . Tale arco di tempo può sembrare
lungo rispetto alla vertiginosa velocità dei progressi tecnologici del
nostro tempo.
L’evoluzione della natura ha tempi lunghi e forse anche l'evoluzione
della mente, specie quando deve aprirsi ad orizzonti completamente
nuovi, ha tempi che sfuggono ad una previsione.
Bibbliografia
www.webfract.it/FRATTALI/complessi.htm
www2.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/ APPUNTI/TESTI/Dic03/APPUNTI.HTM
http://it.wikipedia.org/wiki/Numeri_complessi
Testo consultato: Autore:Mario Mariscotti “ Aritmetica“ Petrini Editore
Testo di rifermineto del corso: Questioni riguardanti le Matematiche Elementari di F.
Enriques. Vol.I-ed.II
A cura di:
Capuano Giusy
Scurria Salvatore