LE EMOZIONI
di Francesca Emanueli
Annalia Bruzzi
Laura Bertonelli
Daniela Nieri
LE EMOZIONI
L'emozione, specialmente se intensa, può provocare
alterazioni somatiche diffuse: il sistema nervoso
centrale influenza le reazioni mimiche (l'espressione del
viso), la tensione muscolare; il sistema vegetativo e le
ghiandole endocrine, la secrezione di adrenalina, l'
accelerazione del ritmo cardiaco e altre risposte
viscerali.
Secondo l’ approccio cognitivo comportamentale,
l’emozione rappresenta un comportamento di
risposta profondamente legato alle motivazioni, che
si manifesta a tre diversi livelli:
•
• psicologico
comportamentale
• fisiologico.
•
•
•
Sistema psicologico: comprende i resoconti verbali relativi all’esperienza
soggettiva, come ad esempio: “ho provato una intensa sensazione di
rabbia quando ......”.
Sistema comportamentale, riguarda invece le manifestazioni motorie
dell’emozione, come ad esempio il comportamento di evitamento, di
avvicinamento, di attacco e la fuga ecc., e le modificazioni
dell’atteggiamento posturale e dell’espressione facciale.
Livello fisiologico, prevalentemente rappresentato delle modificazioni
fisiche: ad esempio negli effettori innervati dal sistema nervoso autonomo,
quindi alterazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa,
dell'irrorazione vascolare facciale (l’arrossire), l’aumento della sudorazione
delle mani, o le modificazione del ritmo respiratorio.
Tutte queste variazioni sono connesse con, e anche indotte da,
modificazioni di tipo endocrino, per esempio del sistema ipofisicorticosurrenale (ACTH e cortisolo) o della midollare del surrene
(adrenalina e noradrenalina).
Nessuno di questi tre sistemi (psicologico, comportamentale e fisiologico) è
prioritario rispetto agli altri, ma piuttosto ognuno risulta strettamente
connesso agli altri in una globale risposta emozionale.
I tre sistemi cioè interagiscono tra loro pur essendo parzialmente
indipendenti.
1.Quali sono le motivazioni del
comportamento umano?
2. Che cos'è l'emozione?
3. Quante e quali sono le emozioni?
1. L’insieme degli eventi che si succedono tra la comparsa
dello stimolo scatenante l’attivazione dei tre sistemi di
risposta:
-sensazione soggettiva - comportamento -variazioni fisiologiche-.
1. Motivazioni
Comunemente si pensa di dedurre le motivazioni dal
comportamento; in realtà lo stesso comportamento può
essere causato da motivazioni diverse. (es. studente).
Ci sono infatti vari tipi di disaccordo tra attività e
obiettivo.
Esistono diverse teorie sul comportamento umano:
• la teoria psicoanalitica,
• la teoria comportamentistica
• la teoria cognitiva.
• Secondo la teoria psicoanalitica di Freud le pulsioni
fondamentali sono il sesso e l'aggressività.
• La teoria comportamentistica sottolinea l'importanza
della relazione stimolo-risposta e dell'apprendimento
nello sviluppo del comportamento.
• La teoria cognitiva può essere definita come la teoria
della scelta preferenziale, cioè la decisione di impegnarsi
in una certa attività piuttosto che in altre, sulla base di
considerazioni a carattere cognitivo.
2. Che cos’è l’emozione?
Sebbene l’emozione si realizzi all’interno della
complessa relazione tra l’individuo e l’ambiente, è utile,
per chiarirne gli aspetti, considerarla come indotta da
una specifica condizione stimolo.
In altre parole, l’emozione è un esempio di
comportamento rispondente, comportamento cioè
dove può essere individuato uno stimolo scatenante,
legato alle motivazioni profonde.
L’emozione può essere definita come quella
complessa catena di eventi compresa tra la
comparsa dello stimolo scatenante (INPUT) e
l’esecuzione del comportamento rispondente
(OUTPUT).
3. Quante e quali sono le emozioni?
Possiamo ipotizzare che la moltitudine delle
esperienze emotive sia spiegabile mediante
una decina di emozioni
fondamentali o primarie.
Plutchik (1970, 1980) ha suggerito un
modello efficace (parzialmente verificato sul
piano empirico per la classificazione delle
espressioni facciali).
Tre sono le fondamentali dimensioni
rappresentate in questo modello: intensità,
polarità e somiglianza. Il cerchio
rappresenta la somiglianza e la polarità delle
otto emozioni primarie. L’intensità può variare
su un asse ortogonale al cerchio, per esempio
la paura aumentando può divenire terrore,
diminuendo può divenire apprensione.
LA FELICITA’
LA FELICITA’
Secondo Argyle (1987), il maggiore studioso di
questa emozione, la felicità è rappresentata da
un senso generale di appagamento
complessivo che può essere scomposto in termini
di appagamento in aree specifiche quali ad
esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i
rapporti sociali, l'autorealizzazione e la salute.
LA FELICITA’
La felicità è anche legata al numero e all'intensità
delle emozioni positive che la persona sperimenta e, in
ultimo, come evento o processo emotivo improvviso
e piuttosto intenso è meglio designata come gioia. In
questo caso è definibile come l'emozione che segue il
soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un
desiderio e in essa, accanto all'esperienza del piacere,
compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione
(D'Urso e Trentin, 1992).
LA FELICITA’
Alcuni autori (Maslow, 1968; Privette, 1983) riportano che
le sensazioni esperite con più frequenza dalle persone che
si trovano in una condizione di felicità o di gioia sono quelle
di sentire con maggiore intensità le sensazioni corporee
positive e con minore intensità la fatica fisica, di
sperimentare uno stato di attenzione focalizzata e
concentrata, di sentirsi maggiormente consapevoli delle
proprie capacità.
Spesso le persone felici si sentono più libere e spontanee,
riferiscono una sensazione di benessere in relazione a se
stesse e alle persone vicine e infine descrivono il mondo
circostante in termini più significativi e colorati.
LA FELICITA’
Le persone che provano emozioni positive, quali ad
esempio gioia e felicità, a livello fisiologico presentano
un'attivazione generale dell'organismo che si
manifesta con un'accelerazione della frequenza
cardiaca, un aumento del tono muscolare e della
conduttanza cutanea e infine una certa irregolarità della
respirazione.
In ultimo chi è felice sorride spesso.
In effetti il sorriso, sovente accompagnato da uno
sguardo luminoso e aperto, è la manifestazione
comportamentale più rappresentativa, inconfondibile e
universalmente riconosciuta della felicità e della gioia.
LA PAURA
LA PAURA
• Con questo termine si identificano stati di diversa intensità emotiva
che vanno da una polarità fisiologica come il timore, l'apprensione, la
preoccupazione, l'inquietudine o l'esitazione sino ad una polarità
patologica come l'ansia, il terrore, la fobia o il panico.
•
Paura come:
– emozione attuale,
– emozione prevista nel futuro,
– condizione pervasiva ed imprevista,
– semplice stato di preoccupazione e di incertezza.
•
L'esperienza soggettiva, il vissuto fenomenico della paura è rappresentata
da un senso di forte spiacevolezza e da un intenso desiderio di evitamento
nei confronti di un oggetto o situazione giudicata pericolosa.
Altre costanti dell'esperienza della paura sono la tensione che può arrivare
sino alla immobilità (l'essere paralizzati dalla paura) e la selettività
dell'attenzione ad una ristretta porzione dell'esperienza.
Questa focalizzazione della coscienza non riguarda solo il campo percettivo
esterno ma anche quello interiore dei pensieri che risultano statici, quasi
perseveranti.
La tonalità affettiva predominante nell'insieme risulta essere negativa,
pervasa dall'insicurezza e dal desiderio di fuga.
Da dove nasce la paura?
Dai risultati di molte ricerche empiriche si giunge alla
conclusione che potenzialmente qualsiasi oggetto, persona
o evento può essere vissuto come pericoloso e quindi
indurre una emozione di paura.
La variabilità è assoluta, addirittura la minaccia può
generarsi dall'assenza di un evento atteso e può variare da
momento a momento anche per lo stesso individuo.
Essenzialmente la paura può essere di natura innata
oppure appresa.
I fattori fondamentali risultano comunque essere la
percezione e la valutazione dello stimolo come pericoloso o
meno.
PAURE APPRESE
Riguardano una infinita varietà di stimoli che
derivano da esperienze dirette e che si sono
dimostrate penose e pericolose.
Il meccanismo universale responsabile
dell'acquisizione di paure apprese viene definito
condizionamento, che può trasformare un
qualunque stimolo neutro in stimolo fobico,
mediante la pura associazione per vicinanza
spaziale e temporale ad uno stimolo
originariamente fonte di paura.
PAURE INNATE
• Originano da:
– stimoli fisici molto intensi come il dolore oppure il rumore;
– oggetti, eventi o persone sconosciuti dai quali l'individuo non
sa cosa aspettarsi e neppure come eventualmente affrontare;
– situazioni di pericolo per la sopravvivenza dell'individuo o per
l'intera specie: l'altezza, il buio, il freddo, l'abbandono da parte
della figura di attaccamento;
– circostanze in cui è richiesta l'interazione con individui o
animali aggressivi.
Esempi di paure tipicamente innate sono: la paura degli estranei,
del buio, la paura per certi animali (ragni e serpenti), il terrore
alla vista di parti anatomiche umane amputate.
Come il corpo manifesta la
paura?
La "faccia delle paura" si manifesta in un modo molto caratteristico: occhi
sbarrati, bocca semi aperta, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata. Questo
stato di tensione dei muscoli del viso rappresenta l'espressione della paura
che è ben riconoscibile anche in età precoce e nelle diverse culture.
Precisamente, uno stato di paura acuta ed improvvisa caratteristica del panico e della
fobia, si accompagna ad un’attivazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico,
(abbassamento della pressione del sangue e della temperatura corporea, diminuzione
del battito cardiaco e della tensione muscolare, abbondante sudorazione e dilatazione
della pupilla).
Il risultato di tale attivazione è una sorta di paralisi, ossia l'incapacità di reagire in
modo attivo con la fuga o l'attacco.
La funzione di questa staticità indotta dallo stimolo fobico sembra quella di difendere
l'individuo dai comportamenti aggressivi d'attacco scatenati dalla fuga e dal movimento.
Paradossalmente, in casi estremi, tale reazione parasimpatica può condurre alla morte
per collasso cardiocircolatorio. Stati di paura meno intensi invece attivano il sistema
nervoso simpatico, per cui i pelli si rizzano, ai muscoli affluisce maggior sangue e la
tensione muscolare ed il battito cardiaco aumentano; il corpo è così pronto all'azione
finalizzata all'attacco oppure alla fuga.
Quali sono le funzioni della
paura?
Sicuramente, la paura ha una funzione positiva, così come il dolore
fisico, di segnalare uno stato di emergenza ed allarme,
preparando la mente il corpo alla reazione che si manifesta come
comportamento di attacco o di fuga.
Inoltre, in tutte le specie studiate l'espressione della paura svolge la
funzione di avvertire gli altri membri del gruppo circa la presenza di
un pericolo e quindi di richiedere un aiuto e soccorso.
Dal punto di vista biologico - evoluzionista sia il vissuto soggettivo,
attraverso i processi di memoria e di apprendimento, sia le
manifestazioni comportamentali, indifferentemente fuga, paralisi o
attacco, che le modificazioni psicofisiologiche (attivazione
parasimpatica o attivazione simpatica) tendono verso la
conservazione e la sopravvivenza dell'individuo e della specie.
Ovviamente, se la paura viene estremizzata e resa eccessivamente
intensa, diventando quindi ansia, fobia o panico, perde la funzione
fondamentale e si converte in sintomo psicopatologico.
LA RABBIA
LA RABBIA
La rabbia è una emozione tipica, considerata fondamentale da tutte le teorie
psicologiche poiché per essa è possibile identificare una specifica origine funzionale,
degli antecedenti caratteristici, delle manifestazioni espressive e delle modificazioni
fisiologiche costanti, delle prevedibili tendenze all'azione.
Essendo un'emozione primitiva, essa può essere osservata sia in bambini molto
piccoli che in specie animali diverse dell'uomo.
Quindi, insieme alla gioia e al dolore, la rabbia è una tra le emozioni più precoci.
Essendo l'emozione la cui manifestazione viene maggiormente inibita dalla cultura e
dalle società attuali, molto interessanti risultano gli studi evolutivi, in grado di
analizzare le pure espressioni della rabbia, prima cioè che vengano apprese quelle
regole che ne controllano l'esibizione.
Inoltre, la rabbia fa parte della triade dell'ostilità insieme al disgusto e al disprezzo, e
ne rappresenta il fulcro e l'emozione di base. Tali sentimenti si presentano spesso in
combinazione e pur avendo origini, vissuti e conseguenze diverse risulta difficile
identificare l'emozione che predomina sulle altre.
Moltissimi risultano essere i termini linguistici che si riferiscono a questa reazione
emotiva: collera, esasperazione, furore ed ira rappresentano lo stato emotivo intenso
della rabbia; altri invece esprimono lo stesso sentimento ma di intensità minore, come
irritazione, fastidio, impazienza.
Da dove nasce la rabbia?
Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione
alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica.
Pur rappresentandone i denominatori comuni, la costrizione e la
frustrazione non costituiscono in sé le condizioni sufficienti e neppure
necessarie perché si origini il sentimento della rabbia.
La relazione causale che lega la frustrazione alla rabbia non è affatto
semplice. Altri fattori sembrano infatti implicati affinché origini l'emozione
della rabbia. La responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce alla
persona che induce frustrazione o costrizione sembrano essere altri
importanti fattori.
Ancor più delle circostanze concrete del danno, quello che più pesa
nell'attivare una emozione di rabbia sembra cioè essere la volontà che
si attribuisce all'altro di ferire e l'eventuale possibilità di evitare
l'evento o situazione frustrante.
Insomma ci si arrabbia quando qualcosa o qualcuno si oppone alla
realizzazione di un nostro bisogno, soprattutto quando viene percepita
l'intenzionalità di ostacolare l'appagamento.
Tre possono quindi essere i fondamentali destinatari finali
della nostra rabbia:
• un oggetto che provoca la frustrazione,
• un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la
frustrazione (spostamento dall'obiettivo originale),
• verso se stessi, trasformandosi in autolesionismo ed
auto aggressione.
Come il corpo manifesta la
rabbia?
Essa possiede una tipica espressione facciale, ben riconoscibile in tutte le
culture studiate: l'aggrottare violento della fronte e delle sopracciglia e lo
scoprire e digrignare i denti; queste rappresentano le modificazioni
sintomatiche del viso che meglio esprimono l'emozione della rabbia; tutta la
muscolatura del corpo può estendersi fino all'immobilità.
Le sensazioni soggettive più frequenti possono essere: la paura di perdere
il controllo, l'irrigidimento della muscolatura, l'irrequietezza ed il calore.
La voce si fa più intensa, il tono sibilante, stridulo e minaccioso.
L'organismo si prepara all'azione, all'attacco e all'aggressione.
Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del
sistema nervoso autonomo simpatico: accelerazione del battito cardiaco,
aumento della pressione arteriosa e dell'irrorazione dei vasi sanguigni
periferici, aumento della tensione muscolare e della sudorazione.
Gli studi sugli effetti dell'inibizione delle manifestazioni aggressive
sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri
sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo.
DISGUSTO e…
…DISPREZZO
DISGUSTO E DISPREZZO
Le emozioni, oltre a dare colore alla nostra
esistenza, hanno anche un valore evolutivo e
adattivo per l'individuo e la specie.
Tale assunto è valido non solo per le emozioni
più semplici e universalmente riconosciute, ma
anche per le emozioni complesse maggiormente
connesse all'interazione sociale.
Il valore adattivo ed il manifestarsi di due
emozioni tra loro connesse che sono l'emozione
fondamentale del disgusto e quella complessa
del disprezzo.
Come il disgusto, anche il disprezzo mette in guardia
l'individuo da situazioni potenzialmente pericolose, ma a
differenza del disgusto, sembra essere un'emozione più
evoluta in quanto ha come referente principale non un
oggetto inanimato, ma un essere vivente ed è connesso
con l'interazione sociale.
Da questo punto di vista il disprezzo è considerato
un'emozione complessa non solo, per il suo referente,
ma anche perché è riconosciuto con minore facilità
rispetto ad altri stati emotivi primari e perché si manifesta
più tardi: infatti l'emozione del disprezzo compare tra i 15
e i 18 mesi d'età e si ipotizza che su di essa e sulla sua
espressione influiscano le regole sociali e culturali che il
bambino apprende durante il suo sviluppo (Izard e
Buechler, 1979).
DISGUSTO E DISPREZZO
Il disgusto è riconosciuto e si manifesta in modo universale tramite
un'espressione facciale molto caratteristica e poco controllabile che
consiste principalmente nell'arricciare le narici e nell'allargare la
bocca come per spingere fuori il suo contenuto.
L'emozione del disgusto, quando è particolarmente intensa, è
accompagnata da nausea e vomito. Generalmente di fronte ad un
oggetto che provoca disgusto tutto il corpo si contrae e cerca di
allontanarsi dall'oggetto in questione. Inoltre spesso, in concomitanza a
questi comportamenti, si emettono vocalizzazioni che sono riconoscibili
come segnali di ribrezzo. Esistono alcune somiglianze nel modo di
manifestare fisicamente disprezzo e disgusto: infatti l'espressione
facciale del disprezzo si differenzia dall'espressione del disgusto solo per
la minore intensità e, qualora il disprezzo verso una persona sia molto
forte, esso può manifestarsi come ripugnanza o nausea esprimendosi in
maniera molto simile al disgusto per un odore ripugnante.
DISPREZZO
L'emozione del disprezzo, al contrario, viene espressa
prevalentemente nelle situazioni di interazione sociale.
Secondo Garotti (1982), il disprezzo verso un altro individuo è
provocato soprattutto da comportamenti trasgressivi di norme
morali o convenzioni sociali, dal tradimento della fiducia, da
aggressività e violenza, da atteggiamenti immotivati di
superioriorità, da insincerità e falsità.
Si è anche visto che ci sono differenze significative tra maschi e
femmine nello sperimentare disprezzo: per i maschi il tradimento
della fiducia e atteggiamenti immotivati di superiorità sono le cause
scatenanti più frequenti; viceversa per le femmine le cause scatenanti
più rappresentate sono le trasgressioni di norme morali e la falsità.
LA GELOSIA
LA GELOSIA
Definire la gelosia è difficile soprattutto perché non si sa bene se sia un'emozione,
uno stato d'animo o un sentimento. Potrebbe essere considerata un'emozione in
quanto si presenta in modo brusco e accompagnata da tipiche modificazioni psicofisiologiche; tuttavia è anche un sentimento nel momento in cui permane nel tempo,
viene evocata da eventi esterni o rappresentazioni mentali e occupa gran parte del
vissuto emotivo e cognitivo dell'individuo.
Esistono più tipi di gelosia distinguibili in base all'oggetto verso cui questo stato
emotivo o affettivo è rivolto:
- essere gelosi di una cosa,
- essere gelosi di una persona.
Nel primo caso c'è un desiderio di esclusività per delle cose che ci appartengono e
che non vorremmo cedere in uso ad altri (gelosia materiale); nel secondo caso
domina il timore di perdere l'affetto, il più delle volte l'affetto esclusivo di una persona
(gelosia romantica).
In ultimo esiste anche una gelosia da confronto sociale che origina dal desiderio di
ottenere un bene che non si ha - l'amore di una persona, un lavoro o un premio - e
dal timore che qualcun altro possa ottenerlo al posto nostro (D'Urso, 1990).
GELOSIA ROMANTICA
come gestirla?
1) rafforzare la fiducia in se stessi: questo
consente di ridurre ansia e aggressività
connesse alla gelosia stessa;
2) affinare le proprie capacità: in questo modo
si migliora l'immagine di sé e si riducono
depressione e rabbia connesse all'idea della
possibile perdita della persona amata;
3) ignorare tutto ciò che concerne la persona
amata e il rivale o che è psicologicamente
associato ai luoghi, alle occasioni, ai motivi
della gelosia.
LA GELOSIA DA CONFRONTO
SOCIALE
1) si attribuisce prevalentemente a se stessi
la responsabilità di un confronto sfavorevole
o di un proprio fallimento,
2) si considera lo scacco almeno in parte
controllabile.
L’IMBARAZZO
L’IMBARAZZO
Se alle emozioni considerate fondamentali
(felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto) si
attribuiscono funzioni e scopi evolutivi semplici –
quali mantenere i legami affettivi con le figure di
attaccamento, segnalare l’esistenza di pericoli,
difendersi dagli attacchi e dalle circostanze
pericolose –, alle emozioni più complesse si
attribuiscono funzioni maggiormente evolute e
connesse alla formazione della consapevolezza
di se stessi e alla regolazione delle proprie
relazioni con gli altri.
L’IMBARAZZO
E’ una tipica emozione sociale fortemente connessa
alla percezione che ciascuno di noi ha di se stesso e
delle sue caratteristiche in relazione agli altri.
Posto che l’imbarazzo potrebbe non essere solo
un’emozione negativa, si è cercato di fornire una
definizione di questo stato emotivo, di considerare le
situazioni e i motivi che più comunemente suscitano
imbarazzo, di rilevare se ci sono persone che
sperimentano questo stato emotivo più facilmente di
altre, di descrivere i correlati comportamentali e psicofisiologici di questa emozione e, in ultimo, di suggerire
alcuni accorgimenti per tenerla sotto controllo.
Come si manifesta? -1A livello comportamentale, l’imbarazzo si manifesta attraverso alterazioni
della voce, che oltre a segnalare agli altri lo stato emotivo in cui ci si trova,
agiscono come causa ulteriore d’imbarazzo.
Si tratta di un rinforzo circolare (D’Urso e Trentin), che si esprime soprattutto
con il distogliere lo sguardo dall’interlocutore, abbassandolo o deviandolo su
punti dello spazio per nulla interessanti; la postura può essere o
estremamente rigida con pochissimi movimenti o al contrario presentare
movimenti irrequieti di braccia, gambe, mani e continui cambi di
posizione. Inoltre quando ci si sente imbarazzati si mettono in atto dei
comportamenti tesi ad allentare la tensione emotiva, quali toccarsi
ripetutamente i capelli o giocherellare con piccoli oggetti. Anche il linguaggio
delle persone imbarazzate si modifica (Kast e Mahl, 1965). La voce diventa
stridula, con tonalità irregolari, spesso si balbetta o si incespica, il volume della
voce si alza e/o si abbassa rispetto alla propria norma, si fanno insoliti errori di
grammatica, vi sono esitazioni, false partenze, lunghe pause tra una parola e
l’altra.
Come si manifesta? -2A livello psico-fisiologico il segnale caratteristico
dell’imbarazzo è l’arrossarsi in modo repentino del viso
e del collo fattore dovuto ad una vasodilatazione
periferica; il battito del cuore rallenta (anche se spesso si
pensa che aumenti), la temperatura corporea si innalza
o ha degli sbalzi, i vasi sanguigni si dilatano, aumenta la
tensione muscolare, la respirazione si fa irregolare, si
suda di più e la motilità gastrica, così come la secchezza
delle fauci, aumentano (D’Urso e Trentin, 1992).
Secondo D’Urso e Trentin (1992) le condizioni che normalmente
devono essere presenti perché insorga l’imbarazzo sono:
1) la consapevolezza che un proprio comportamento è regolato
da norme sociali;
2) la presenza di un pubblico e in particolare il sentire su di sé
l’attenzione degli altri ;
3) il desiderio di conformarsi alle norme e il timore di infrangerle;
4) l’insicurezza sulle proprie capacità e quindi la paura di perdere
la faccia davanti agli altri.
L’IMBARAZZO
L’imbarazzo rivela ciò che per noi conta, il valore che
attribuiamo agli altri e alle cose.
Imbarazzarsi di fronte a qualcuno significa riconoscergli
che per noi è importante, in un certo senso è come
rendere omaggio al nostro interlocutore.
In effetti, come sostiene D’Urso (1990), se l’imbarazzo
parla un po’ male dell’imbarazzato, parla bene
dell’imbarazzante o comunque segnala che gli viene
attribuito valore e questo, da un certo punto di vista e in
talune circostanze, non può che attribuire un fascino
sottile alla relazione.
Correlati anatomici dell’emozione
Le recenti evidenze neuropsicologiche
hanno mostrato quali aree cerebrali sono
maggiormente coinvolte nella mediazione
dei fenomeni emotivi e, grazie al
contributo di P. Salovey e J. Mayer, nel
1990 è stata elaborata la concezione
dell'Intelligenza Emotiva, diffusa poi da
D. Goleman che ha approfondito il
rapporto tra mente razionale e mente
emozionale, in cui si possono cogliere i
presupposti del contributo fornito
dall'Intelligenza Emotiva al benessere
psicologico.
Infatti, come si può osservare nella
seguente sezione cerebrale, le basi
anatomiche delle emozioni sono
rintracciabili nelle strutture più primitive e
più interne localizzate nel sistema limbico,
a cui giungono gli input ambientali prima di
raggiungere le aree superiori della
corteccia coinvolte, a seconda del compito
di adattamento richiesto, in modo diverso.
Rapporti tra input ambientale,
aree anatomiche della mente
razionale e strutture
anatomiche della
mente emozionale.
ABC delle Emozioni
E’ utile riconoscere quali sono le emozioni che non
ci fanno stare bene, per cercare di trasformarle
quando diventano troppo intense.
Ricorda: si può cambiare solo ciò che si accetta!
Per riuscire a cambiare quello che non va
dobbiamo cercare di non essere sopraffatti dalle
nostre emozioni.
Uno schema utile per capire i nostri sentimenti
e le nostre reazioni emotive è il seguente:
A---------------B-------------C
Evento--fa scattare nella mente--pensieri--che provoca---emozioni
Esempio:
Situazione: Luca è stato rimproverato dalla maestra per qualcosa di
non aveva colpa
Pensiero: Se la prendono sempre con me, non me ne va mai bene
una.
Emozione: tristezza.
I virus mentali
•
•
•
•
•
Pretendere, esigere;
Dare interpretazioni sbagliate;
Svalutare;
Ingigantire;
Generalizzare.
Tutti abbiamo pensieri negativi, come tutti, ogni tanto,
prendiamo il raffreddore o l’influenza.
I pensieri che ci fanno star male emotivamente sono come
germi o virus che invadono la nostra mente, facendo
scatenare emozioni o comportamenti inadeguati.
Valenza suggestiva delle parole
NEGATIVA
Problema
Difficoltà
Errore
Carenza
Fatica
Regressione
Involuzione
POSITIVA
Crescita
Guadagno
Recupero
Avanzamento
Progressione
Evoluzione
Sviluppo
EMOZIONE
AZIONE
POTERE EVOCATIVO: ogni parola ha in sé
un valore che spinge a determinate
emozioni e a determinati comportamenti;
sta a noi adoperare queste possibilità.