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Brano : Ab urbe condita IV, 8
Autore : Livio
Originale
[8] Hunc annum, seu tribunos modo seu tribunis suffectos consules quoque habuit, sequitur annus haud
dubiis consulibus, M. Geganio Macerino iterum T. Quinctio Capitolino quintum. Idem hic annus censurae
initium fuit, rei a parua origine ortae, quae deinde tanto incremento aucta est, ut morum disciplinaeque
Romanae penes eam regimen, senatui equitumque centuriis decoris dedecorisque discrimen sub dicione
eius magistratus, ius publicorum privatorumque locorum, vectigalia populi Romani sub nutu atque arbitrio
eius essent. Ortum autem initium est rei, quod in populo per multos annos incenso neque differri census
poterat neque consulibus, cum tot populorum bella imminerent, operae erat id negotium agere. Mentio inlata
apud senatum est rem operosam ac minime consularem suo proprio magistratu egere, cui scribarum
ministerium custodiaeque tabularum cura, cui arbitrium formulae censendi subiceretur. Et patres quamquam
rem paruam, tamen quo plures patricii magistratus in re publica essent, laeti accepere, id quod evenit
futurum, credo, etiam rati, ut mox opes eorum qui praeessent ipsi honori ius maiestatemque adicerent, et
tribuni, id quod tunc erat, magis necessarii quam speciosi ministerii procurationem intuentes, ne in paruis
quoque rebus incommode adversarentur, haud sane tetendere. Cum a primoribus civitatis spretus honor
esset, Papirium Semproniumque, quorum de consulatu dubitatur, ut eo magistratu parum solidum
consulatum explerent, censui agendo populus suffragiis praefecit. Censores ab re appellati sunt.
Traduzione
8 Sia che ci fossero stati solo tribuni, sia che i tribuni fossero stati successivamente sostituiti da consoli, a
quell'anno ne segu? un altro in cui si ebbero i consoli Marco Geganio Macerino, per la seconda volta, e Tito
Quinzio Capitolino, per la quinta. Quello stesso anno vide l'avvio della censura, carica modesta in origine,
ma che acquist? in s?guito un tale prestigio da sottoporre alla propria autorit? il controllo dei costumi e della
condotta dei Romani, cos? come il giudizio sulla rettitudine o meno del senato e delle centurie dei cavalieri.
Ma alla discrezione di chi deteneva questa carica erano affidati anche il diritto decisionale sulle propriet?
pubbliche e private e la cura dell'approvvigionamento alimentare del popolo romano. La censura si era resa
necessaria non solo perch? non si poteva pi? rimandare il censimento che da anni non veniva pi? fatto, ma
anche perch? i consoli, incalzati dall'incombere di tante guerre, non avevano il tempo per dedicarsi a questo
ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l'operazione, laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva
una magistratura apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia dei registri e che doveva
stabilire le modalit? del censimento. E pur trattandosi di una carica modesta, i senatori la accolsero contenti
perch? avrebbe incrementato il numero di magistrati patrizi all'interno della repubblica e inoltre, com'? mia
opinione per altro confermata da quello che accadde poi, perch? pensavano che in poco tempo il prestigio
delle persone che la detenevano avrebbe aggiunto alla carica autorit? e rispettabilit?. E anche i tribuni,
considerando quella magistratura pi? necessaria che onorifica - come infatti era in quel tempo -, per evitare
un inopportuno ostruzionismo in questioni di poco conto, non fecero alcuna opposizione. Siccome i cittadini
pi? autorevoli disdegnarono la carica, il popolo decret? di affidare il censimento a Papirio e a Sempronio (sul
consolato dei quali persistono dubbi), in maniera tale che con quella magistratura potessero integrare un
consolato incompleto. Dalla loro funzione presero il nome di censori.
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