L’emozione poetica delle canzoni di Carmen Consoli E’ difficile imbrigliare le tematiche poetico-musicali di Carmen Consoli in un discorso critico che avvolga completamente la sua opera artistica. Una delle prime impressioni che viene in mente, ascoltando i suoi dischi, è la incredibile vitalità fuori dagli schemi e mai all’interno di un seppur vago standard. Dopo un esordio sostanzialmente intimista, ma con uno stile che già portava qualcosa di nuovo, la vera svolta nella musica di questa artista si è avuta con il brano “Confusa e Felice”, presentato al Sanremo del 1997. Questa canzone rappresenta quasi un trauma per il palco dell’Ariston: “miagolii” iniziali del tutto spiazzanti come la grintosa chitarra elettrica introduttiva; un brano ricco di spigoli, con batterie lancianti decolli ed aperture che, spezzate, ricadono su sé stesse, particolarmente significative ed ossimoriche dopo il termine “addormenta”; spostamento dell’accento naturale nella parola “vorrei”. Ma, soprattutto, questo brano della Consoli porta nel titolo una caratteristica peculiare dell’autrice. Vale a dire l’accostamento di due termini spesso antitetici o, nel caso di “Confusa e felice”, ambiguamente consequenziali. Negli album futuri troveremo diciture come “Mediamente isterica”, e frequentissimi passi nei testi del tipo “trasparenza e mistero” (“Parole di burro”), o l’insistenza su due termini come “rinuncia” e “contropartita” dell’ultimo album (“L’eccezione”). Spesso, poi, i due vocaboli si compongono di un sostantivo ed un aggettivo o avverbio (seguenti o anticipanti il sostantivo stesso), che spiegano e più volentieri ribaltano le caratteristiche frequenti nell’essenza del nome. Lo stile di scrittura di Carmen Consoli ha portato una ventata di freschezza nella musica d’autore italiana, fondamentalmente (ma non solo) perché il suo linguaggio si stacca decisamente dal nostro bagaglio canzonettistico. La Consoli, infatti, quasi mai cede alla tentazione dell’apertura del ritornello ed inoltre le sue strofe raramente sono piane, quanto spesso ricche di enjambements e di ictus negli accenti forti dei versi. E’ importante sottolineare il fatto che il suo lessico non risulta quasi mai ampolloso, creando così un contrasto vincente tra l’accessibilità delle parole di uso spesso quotidiano – senza disdegnare persino le frasi fatte – e lo spostamento dell’accento, l’ictus, la voce nasale, a tratti querula, che donano al “consueto” un alone di irripetibilità, di “fuori dal normale”, geniale e, in altre parole, poetico. Esempi in tal senso se ne possono fare e sono anche passi famosissimi come il celeberrimo “sorriso di circòstanza” (“Venere”) o la “donna con la D maisuscòla” (Besame Giuda). Lo stile musicale dell’artista catanese registra invece un cambiamento ed una maturazione col passare del tempo. Dal primo album “Due parole” in poi ci sono cambiamenti importanti, annotando una svolta decisiva tra i due album “Mediamente isterica” (1998) e “Stato di necessità (2000). Subentra un maggiore sperimentalismo, arrangiamenti più vari, con dei suoni più ricercati che vanno in una direzione di una maggiore aderenza alla soggettività della Consoli stessa. (Redazione Letteraria Premio Lunezia) Torna indietro