Dottorato di Ricerca in Tecnologie Biomediche in Medicina Clinica Dosaggio del PTH post tiroidectomia e suo valore predittivo di ipocalcemia e terapia sostitutiva a lungo termine Relatore Candidato Chiar.mo Prof. Giorgio De Toma Dott.ssa Ursula Basile ANNO ACCADEMICO 2010 – 2011 INTRODUZIONE Note di embriologia e anatomia chirurgica delle paratiroidi Accenni di tecnica chirurgica Ruolo del paratormone nell’omeostasi del calcio-fosforo Clinica dell’ipoparatiroidismo Trattamento nell’ipoparatiroidismo postoperatorio MATERIALI E METODI RISULTATI E DISCUSSIONE CONCLUSIONI GRAFICI BIBLIOGRAFIA 2 INTRODUZIONE La prima descrizione di casi di tetania, conseguenti a complicanza iatrogena dell’intervento di tiroidectomia, venne effettuata da Kocher alla fine dell’800, ma restava oscuro il movente alla base di tale evento. Dobbiamo aspettare, dopo qualche anno, le brillanti osservazioni del francese Gley, il quale si accorse che la tetania post tiroidectomia, nei cani operati, era secondaria all’asportazione delle paratiroidi; tutto ciò, pur tuttavia, non bastava a spiegarne il fenomeno. Furono Mc Callum e Voegtlin a scoprire, agli inizi del secolo scorso, che quelle quattro piccole ghiandole, situate in posizione simmetrica rispetto alla tiroide, regolavano la calcemia, e da ciò furono in grado di trattare l’evento avverso con la somministrazione terapeutica di tale elettrolita. Attualmente, divenuta ormai un intervento di routine, la tiroidectomia totale ha un ruolo ben definito nel trattamento delle patologie benigne e maligne della tiroide, con una bassa incidenza di complicanze e di mortalità operatoria. La maggior parte delle complicanze rappresentata dalgli squilibri metabolici in particolare l’ ipocalcemia si presenta con notevoli variazioni nelle varie casistiche con un’incidenza massima del 64% dei casi, contro il 22% dei casi di lesione del nervo laringeo ricorrente, l’8% delle 3 emorragie, il 3% delle lesioni del nervo laringeo superiore, e il 2% delle complicanze settiche. L’ipocalcemia peraltro sebbene in vari studi presenti il nadir entro le 24–48 ore può presentarsi anche in IV-V giornata post operatoria. Mentre eventuali emorragie o lesioni ricorrenziali si manifestano entro le prime ore dall’intervento. Il potenziale manifestarsi di ipocalcemia pertanto condiziona più di ogni altra possibile complicanza l’allungamento del tempo di degenza post’operatoria. Va precisato che l’ipocalcemia si distingue in transitoria o definitiva a seconda della durata della sintomatologia: in genere viene considerata definitiva un’ipocalcemia che si protragga per più di 6 mesi dall’intervento e che necessiti di un adeguato supporto farmacologico. Molteplici sono le ipotesi per spiegare l’insorgenza dell’ipocalcemia transitoria: tra queste l’alterazione dell’integrità anatomica e della vascolarizzazione delle paratiroidi da traumatismo (“stordimento” paratiroideo); l’increzione di calcitonina dovuta alla manipolazione intraoperatoria della ghiandola tiroide; l’ipotiroidismo temporaneo postoperatorio, che determinerebbe una resistenza periferica al PTH con conseguente ipocalcemia (questa teoria spiegherebbe il motivo per cui un paziente, assumendo la terapia ormonale sostitutiva, ritorna eutiroideo e spesso ridiventa anche normocalcemico); la cosiddetta bone hungry syndrome, 4 che sembra essere alla base dell’ipocalcemia che si verifica dopo gli interventi di tiroidectomia in pazienti ipertiroidei che avevano sviluppato un quadro patologico di osteodistrofia documentata dall’aumento dell’isoenzima osseo della fosfatasi alcalina e dall’idrossiprolinuria, e per cui l’improvviso calo dei livelli di ormone tiroideo post tiroidectomia favorirebbe il passaggio del calcio ematico all’osso, determinandone così un calo in valore assoluto del valore dosabile nel sangue; l’emodiluizione perioperatoria del calcio; l’alcalosi intraoperatoria che si appalesa negli interventi di media e lunga durata. Se l’ipocalcemia transitoria non è pertanto necessariamente conseguenza di un danno alle ghiandole paratiroidi, l’ipocalcemia permanente è conseguente alla loro accidentale asportazione o ad una compromissione della loro funzionalità. Ricordiamo brevemente l’origine embriologica e l’anatomia chirurgica delle paratiroidi per evidenziarne la stretta connessione con il tessuto tiroideo e la variabilità di posizione che ne conseguono. Note di embriologia e anatomia chirurgica delle paratiroidi Le 2 paratiroidi superiori originano dalla quarta tasca branchiale, e le 2 inferiori dalla terza tasca; in entrambi i casi le ghiandole sono intimamente associate ai derivati delle rispettive tasche (le paratiroidi inferiori al timo, le 5 superiori al complesso tiroideo laterale). Quando l’embrione matura e la corda timica scende, le paratiroidi inferiori migrano caudalmente. Questa migrazione è estremamente variabile determinando una frequente localizzazione ectopica che va dalla mucosa faringea ad una localizzazione peri timica all’interno della cavità toracica, mentre le paratiroidi superiori, soggette a minor variabilità di localizzazione, raramente restano completamente incluse nel parenchima tiroideo. Circa il 50% di tutte le paratiroidi sono adiacenti all’area in cui l’arteria tiroidea inferiore entra nel parenchima tiroideo, situate nell’atmosfera cellulo-adiposa compresa tra la guaina peritiroidea e la capsula del corpo della tiroide. Le paratiroidi superiori si trovano generalmente tra 1/3 superiore e 1/3 medio del margine postero-mediale della tiroide, in posizione posteriore rispetto al nervo ricorrente, proprio sopra il ramo più alto dell’arteria tiroidea inferiore; in un 75% dei casi in posizione media a livello del II anello tracheale tra i rami di divisione dell’a. tiroidea inferiore e nel restante 25 % dei casi in posizione alta in relazione con il piccolo corno della cartilagine tiroide, il muscolo cricofaringeo e la zona di penetrazione dei nervi ricorrenti. Le paratiroidi inferiori si possono trovare in un area di maggior dispersione ma nella maggior parte dei casi in posizione bassa a livello di IV–V anello tracheale, al limite del polo inferiore del lobo tiroideo o all’apice della loggia 6 timica o in un 20 % dei casi in posizione media peri ricorrenziale tra i rami di divisione arteriosi. Misurano in media mm. 5-7 x 3-4 x 0,5-2. Il peso complessivo delle paratiroidi varia fra 90 e 200 mg, e le superiori sono in genere più piccole delle inferiori; sono di solito color camoscio o gialle, di consistenza lievemente superiore a quella della ghiandola tiroidea. Dal punto di vista istologico sono costituite da parenchima contenente cellule principali e ossifile, organizzate in trabecole o isole in uno stroma adiposo. I vasi responsabili dell’irrorazione di ciascuna ghiandola costituiscono una vera e propria struttura ilare. Le paratiroidi presentano una vascolarizzazione arteriosa di tipo terminale quasi esclusivamente da parte dell’arteria tiroidea inferiore. Le paratiroidi in sede media ed alta possono essere vascolarizzate sia da una lunga e sottile branca dell’arcata anastomotica marginale posteriore di Halsted ed Evans, tesa nel bordo posteromediale del lobo tiroideo, tra l’arteria tiroidea inferiore e il ramo di triforcazione posteriore dell’arteria tiroidea superiore, sia da una branca dell’arteria tiroidea superiore (5%). Il drenaggio venoso è assicurato da una rete superficiale sottocapsulare che confluisce verso l’ilo e da una rete profonda a distribuzione più variabile, non sistematizzata. In realtà, le paratiroidi superiori drenano esclusivamente nella ghiandola tiroide ed ogni tiroidectomia totale, eliminando questo scarico venoso, comporta il 7 loro infarcimento; ciò spiega le ipocalcemie dopo tiroidectomia totale con conservazione delle sole paratiroidi superiori. Le paratiroidi in sede media o inferiore drenano rispettivamente nelle vene tiroidee medie ed inferiori. Accenni di tecnica chirurgica Per quanto concerne la ricerca intraoperatoria delle ghiandole paratiroidi, in modo molto pratico, siamo abituati a suddividere schematicamente e virtualmente l’area di ricerca in tre zone che verranno successivamente esplorate: la faccia posteriore del lobo tiroideo; il tragitto del nervo ricorrente; infine la loggia timica. La stragrande maggioranza delle ghiandole paratiroidi verrà scoperta a livello di una di queste zone; si parlerà quindi di paratiroide “tiroidea”, di paratiroide “ricorrenziale”, o di paratiroide “timica”. In pratica, al momento dell’apertura del tessuto cellulo-adiposo che lo condurrà al nervo ricorrente, il chirurgo deve identificare ogni struttura somigliante alle paratiroidi. Queste si presentano in forma di piccoli ammassi di colore ocra o giallo camoscio, lisci e brillanti, compatti o appiattiti, di consistenza elastica. La loro conservazione è condizionata da un accesso prudente alla faccia posteriore della tiroide e, d’altro canto, dal controllo dei peduncoli arteriosi a contatto della ghiandola. Infatti il rispetto della loro vascolarizzazione terminale impone: per le paratiroidi in posizione inferiore, la legatura o la 8 coagulazione delle branche terminali dell’arteria tiroidea inferiore a contatto del parenchima tiroideo; per le paratiroidi in posizione media o alta, il rispetto dell’arcata anastomotica marginale posteriore. Di conseguenza, la legatura anche unilaterale del tronco dell’arteria tiroidea inferiore è proscritta in qualunque tipo di tiroidectomia. Anche la conservazione del drenaggio venoso è essenziale; all’atto della liberazione del polo inferiore la paratiroide inferiore si trova praticamente a contatto con le vene tiroidee inferiori. Bisogna dunque legare a contatto del parenchima tiroideo i vasi che ne fuoriescono e riuscire ad abbassare la struttura ghiandolare con prudenza, avvalendosi di una garza. La paratiroide superiore è sempre situata al disotto del punto di penetrazione laringea del nervo ricorrente e più profondamente di esso. Il rischio di incidente è più elevato lungo il margine postero-interno e sulla faccia posteriore del polo inferiore, laddove il lobo aderisce ai primi due anelli tracheali. La sezione di questa area di aderenza, cioè del legamento di Gruber e dell’arteriola che vi decorre, scopre la parte terminale del ricorrente e l’arteria della paratiroide nella sua posizione media. Nei casi difficili e quando il chirurgo non è sicuro di aver risparmiato almeno due paratiroidi funzionanti, alcuni autori consigliano il trapianto sistematico ed immediato in una tasca del muscolo sternocleidomastoideo suturata poi con filo non riassorbibile come 9 repere. In ausilio al chirurgo esistono oggi vari sistemi lenticolari di ingrandimento che assicurano una magnificazione di immagine all’interno del campo operatorio per meglio garantire la preservazione di strutture e rapporti importanti, ed eventualmente permettere una ricostruzione microchirurgica di eventuali lesioni accidentali. La MIVAT non ha peraltro riportato nessun vantaggio reale nella riduzione dell’incidenza dell’ipoparatorioidismo essendo fondamentale piuttosto l’abilità e l’esperienza del chirurgo che garantiscono la scrupolosa ricerca e preservazione delle paratiroidi. 10 Ruolo del paratormone nell’omeostasi del calcio-fosforo L’omeostasi minerale è regolata da due ormoni peptidici, il paratormone (PTH) e la calcitonina (CT), e da un ormone sterolico, l’1,25-diidrossicolecalciferolo, che rappresenta il metabolita attivo della vitamina D. Questi ormoni sono integrati in un sistema complesso la cui funzione fisiologica principale è quella di mantenere costante la concentrazione di calcio, fosforo e magnesio nei liquidi extracellulari. La biosintesi e la secrezione di PTH e CT sono regolate dalla concentrazione di ioni calcio nei liquidi extracellulari. La biosintesi della vitamina D, a partire dai precursori inattivi ha luogo a livello del rene, ed è regolata dal PTH, dalla CT e dalla concentrazione di calcio e fosforo circolanti. Paratormone, calcitonina e vitamina D regolano l’afflusso e l’efflusso del calcio e del fosforo nel compartimento extracellulare, agendo a livello di vari organi: intestino, rene e tessuto osseo. Il PTH è responsabile istante per istante dei livelli di calcio nei liquidi extracellulari, ed assolve a questo compito stimolando il riassorbimento di calcio nel rene e nella matrice ossea, attivando a livello renale l’enzima 1 alfaidrossilasi, che converte la vitamina D nella sua isoforma metabolicamente attiva. La cellula paratiroidea secerne il paratormone in risposta ad una riduzione del calcio ionizzato. Una riduzione della calcemia stimola acutamente la liberazione di PTH preformato; se 11 l’ipocalcemia perdura, aumenta anche la corrispondente biosintesi dell’ormone, e compare ipertrofia ed iperplasia delle paratiroidi. La relazione tra le concentrazioni di calcio ionizzato e quelle del PTH è di tipo sigmoidale, dove la parte ripida della curva corrisponde all’intervallo di normalità del calcio ionizzato. Non appena la calcemia scende sotto i 9 mg/dL, compare un incremento netto nella increzione del PTH, che diventa massimale con un livello di 5 volte il normale tasso di secrezione per livelli di 8 mg/dL di calcio plasmatico. La vitamina D che non produce un effetto diretto sulla secrezione del PTH, ne inibisce fortemente la trascrizione genetica ma non nell’ipocalcemia cronica probabilmente a causa della diminuzione dei recettori per la vitamina D che rappresenta un importante sistema di difesa, poiché fornisce un modo per rendere disponibili nello stesso momento elevate quantità di PTH e di vitamina D. Il fosfato provoca un aumento della secrezione di PTH. Anche la concentrazione del magnesio può influenzare la secrezione di PTH, ma mentre l’aumento della magnesiemia inibisce la secrezione di PTH in modo simile a quanto avviene per l’ipercalcemia, la situazione è del tutto diversa in condizioni di ipomagnesiemia estrema (sindromi da malassorbimento, alcolismo cronico, difetto selettivo dell’assorbimento di magnesio) nelle quali si assiste ad un’inibizione, sia in condizioni sperimentali 12 che nell’uomo, della secrezione di PTH. L’1,25(OH)2D, diidrossicolecalciferolo o calcitriolo, rappresenta la forma biologicamente attiva della vitamina D prodotta a livello del fegato e del rene, mediante processi successivi di idrossilazione di precursori inattivi: vitamina D2 assunta con la dieta vitamina D3 prodotta a livello cutaneo. Il principale meccanismo fisiologico di regolazione della produzione di 1,25(OH)2D è rappresentato dal paratormone che ne stimola la produzione, inibita invece dal calcio. Anche la concentrazione di fosforo, a livello dei tubuli renali, influenza la sintesi di 1,25(OH)2D. Come abbiamo visto in rapporto alla funzione omeostatica del calcio operata dal PTH la sua carenza comporta una serie di alterazioni clinico-metaboliche: riduzione dei processi di rimodellamento osseo con ridotta cessione di calcio al plasma ed aumento della densità ossea; ridotta eliminazione urinaria dei fosfati con conseguente iperfosforemia e tendenza del fosforo a depositarsi come fosfato tricalcico a livello di vari tessuti; diminuita formazione di 1,25(OH)2D3 causata dall’aumento della fosforemia, con conseguente riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio; aumentata eliminazione urinaria di calcio. 13 Cinica dell’ipoparatiroidismo L’ipocalcemia determina un abbassamento della soglia di eccitabilità delle fibre nervose motorie e sensitive. La stimolazione delle terminazioni nervose provoca una risposta di tipo ripetitivo, fino all’attività continua la cui manifestazione più grave è rappresentata dalla crisi tetanica. Le manifestazioni cliniche dell’ipoparatiroidismo sono in gran parte correlate all’entità ed alla rapidità di insorgenza dell’ipocalcemia. Nelle forme acute predominano la tetania e gli altri sintomi e segni addebitabili ad una rapida diminuzione dei livelli di calcio circolante; nelle forme croniche o parziali tali manifestazioni sono più sfumate e predominano le conseguenze della deposizione di sali di calcio in vari organi e/o disturbi trofici coinvolgenti molteplici tessuti. Le manifestazioni motorie della tetania sono in genere precedute da disturbi sensitivi, consistenti in formicolii e parestesie degli arti, della regione periorale e della lingua. La contrazione spastica interessa inizialmente i muscoli distali degli arti spasmo carpo-podale con mani “da ostetrico” e piedi iperestesi, può progressivamente coinvolgere i muscoli prossimali degli arti, con iperestensione dei gomiti e delle ginocchia, i muscoli periorbicolari, con protrusione delle labbra (muso di carpa) e i muscoli del tronco, con opistotono. Possono essere interessati anche i muscoli della laringe, con spasmo della 14 glottide e dispnea inspiratoria (tirage). Talvolta la crisi tetanica assume un carattere tonico-clonico, con convulsioni generalizzate. Negli intervalli tra gli episodi di acuzie permane uno stato di ipereccitabilità sia periferica sia centrale, che viene definito come “tetania latente” evidenziabile mediante manovre semeiologiche: segno di Chvostek e di Trousseau. L’ipereccitabilità neuromuscolare causata dall’ipocalcemia può manifestarsi anche solo con parestesie, facile esauribilità, crampi muscolari. Nell’ipoparatiroidismo cronico prevalgono invece segni e sintomi derivanti dalla deposizione di fosfato tricalcico. Le sedi colpite in modo preferenziale sono le seguenti: il sistema nervoso centrale, ed in particolare i nuclei della base, con manifestazioni di tipo extrapiramidale e nei pazienti più giovani ritardo psichico; il cristallino, con instaurarsi di cataratta posteriore; il tessuto sottocutaneo e i tendini, o a livello dell’apparato dentario con alterazioni della dentina e dello smalto e tendenza alla caduta precoce o ritardo nella dentizione. L’ipocalcemia può inoltre provocare: edema della papilla; alterazioni elettrocardiografiche caratterizzate da allungamento dell’intervallo Q-T e più raramente da blocchi atrio-ventricolari; malassorbimento intestinale e manifestazioni psichiche. L’ipoparatiroidismo è caratterizzato, dal punto di vista biochimico, da ipocalcemia ed iperfosforemia. 15 Trattamento dell’ipoparatiroidismo postoperatorio Se è presente un’ ipocalcemia sintomatica conviene iniziare una terapia endovenosa con calcio gluconato (2 fiale ev per 2-3 volte al dì), e contemporaneamente la somministrazione orale di calcio carbonato (2-6 g) in dosi frazionate, e calcitriolo (0.5-1.5 mcg). Se è presente un’ ipocalcemia laboratoristica minore di 8 mg/dL, asintomatica, è sufficiente invece somministrare calcio carbonato per os e calcitriolo alle stesse dosi. Lo svezzamento si otterrà dimezzando di settimana in settimana le dosi di calcio carbonato/gluconato e di calcitriolo, fino alla loro sospensione previo controllo a cadenza settimanale della calcemia. Essendo l’ipocalcemia il principale stimolo iperplasiogeno per il tessuto ghiandolare paratiroideo è consigliabile somministrare la vitamina D e il calcio a dosi tali da non superare la concentrazione di 8 mg/dL di calcemia sierica. Nel monitorare la calcemia occorre ricordare l’interferenza di vari farmaci sui livelli del calcio ematico dagli anticonvulsivanti agli anticoncezionali ai diuretici. 16 MATERIALI E METODI I dati del presente studio riguardano la casistica delle tiroidectomie totali operate nel biennio mag 2009 - mag 2011 presso la UOC di Chirurgia Generale B, diretta dal prof. Giorgio De Toma, presso il Dipartimento di Chirurgia “Pietro Valdoni” dell’Università “Sapienza” - Azienda Policlinico Umberto I di Roma. Essi si basano sul dosaggio dei valori sierici di calcio, fosforo e del PTH postoperatorio a 18 ore e a 6 mesi dall’intervento di tiroidectomia. L'importanza dello studio sta nel prevedere quali pazienti presenteranno ipocalcemia per un loro trattamento precoce e selettivo e per la prevenzione delle conseguenze dell'ipoparatiroidismo a lungo termine. Nello studio sono stati arruolati 156 Pazienti, 102 (65.38 %) di sesso femminile e 54 (34.62 %) di sesso maschile, di età compresa tra 19 e 80 anni (età media 56 anni), che presentavano diagnosi di ammissione di iperplasia plurinodulare della tiroide (107 pz - 68.58%) o di neoformazione tiroidea - adenoma o carcinoma (49 pz -31.42%). Solo 1 pz (0.64%) aveva già subito una emitiroidectomia, che è stata quindi totalizzata. La prevalenza di patologia, era nelle donne della fascia di età compresa tra i 35 e i 55 anni. Tutti i pazienti erano stati sottoposti precedentemente al ricovero ad eame ecotomografico 17 tiroideo ed esami laboratoristici della funzionalità tiroidea e videat endocrinologico. Del totale, 10 Pazienti (6.41%), oltre alla tiroidectomia totale, sono stati sottoposti anche a linfoadenectomia del comparto centrale. I valori post operatori della calcemia oscillavano tra 6.7 mg/dL e 10.2 mg/dL (valore medio di 8.57mg/dL) e, della fosforemia tra 2.2 mg/dL e 5.7 mg/dL (valore medio di 3.47mg/dL), Il valore del PTH a 18 ore dall’intervento chirurgico oscillava tra 5.4 pg/mL e 52.2 pg/mL (valore medio di 36.71pg/mL). E’ stato, infine, programmato un follow-up a 6 mesi per tutti i pazienti tiroidectomizzati. 18 RISULTATI E DISCUSSIONE Dopo tiroidectomia totale, in 35 pazienti (22,4%) è stata osservata una condizione laboratoristica di ipocalcemia postoperatoria, con un valore sierico di Calcio totale, compreso tra 6.7 e 8.5 mg/dL (valore medio di 7.8 mg/dL). Dei pazienti ipocalcemici 27 (17,3 % del totale) sono risultati sintomatici già entro le prime 48 ore riferendo parestesie peri orali e a livello degli arti con in 7 casi segno di Chwostek e Trusseau debolmente positivi. In 25 pazienti (16% del totale, 100% degli ipocalcemici) il valore del PTH a 18ore dall’ intervento chirurgico è risultato inferiore al range di normalità (<15pg/ml) compreso tra 7.3pg/mL e 14,8 pg/mL. Di questi pazienti con PTH inferiore al valore normale, 23 appartenevano al gruppo dei pazienti sintomatici (85,1% ) 2 invece al gruppo degli ipocalcemici asintomatici (13,33 %). Tutti i pazienti con ridotto PTH post operatorio erano pertanto ipocalcemici. Al follow up a 6 mesi sono pervenuti tutti i 156 pazienti, ed il quadro clinicolaboratoristico riscontrato circa i livelli di calcemia, fosfatemia e PTHemia era ritornato nei range di riferimento normali in tutta la popolazione campionaria, ad eccezione di 1 dei 25 pazienti che avevano presentato ipo PTHemia (0.64% rispetto al totale di 156 pz) (il quale aveva presentato un quadro postoperatorio a 18 ore di calcemia pari a 6,4mg/dL, e di PTH pari a 5,4 pg/mL). Il paziente 19 presentava una condizione persistente di ipoparatiroidismo cronico (PTH = 10,3 pg/ml) ed era in terapia con calcio carbonato e calcitriolo per os. L’ipocalcemia transitoria post tiroidectomia è riportata in Letteratura con un’incidenza che varia dallo 0.5 al 62%, non tenendo conto però dei diversi criteri adottati per definire lo stato di patologia rilevata nei vari studi; inoltre, le percentuali più basse sono sovente vantate da chi ha tenuto conto solo delle manifestazioni ipocalcemiche sintomatiche, nel contesto di interventi sia di tiroidectomia totale sia parziale. Di converso, le percentuali più alte sono state ottenute in quegli studi che tengono conto solo delle tiroidectomie totali e di tutte le forme di ipocalcemia, incluse le subcliniche. Per prevedere l’entità e l’evoluzione dell’ipocalcemia post operatoria, come abbiamo visto, il dosaggio del PTH trova il suo razionale nel riflettere il reale stato di funzionalità delle paratiroidi vista la sua breve emivita. Tenere in considerazione tale valore piuttosto che il solo valore di calcemia mette al riparo dal trattamento di quelle forme di ipocalcemia transitoria non dovute a ipoparatiroidismo. L’incidenza dell’ipoparatiroidismo definitivo ha dati più omogenei nelle diverse casistiche variando da uno 0,07% dopo lobo- istmectomie, 0,6-1 % dopo resezioni subtotali al 2-4 % dopo tiroidectomia totale. Nella nostra casistica abbiamo preso in considerazione solo 20 tiroidectomie totali. In caso di carcinoma è però stata associata la linfoadenectomia del comparto centrale. Analizzando i nostri dati emerge in conformità con i risultati di altri studi che il rischio di ipoparatiroidismo dipende dall’estensione della chirurgia tiroidea, e dalla patologia di base. La maggior frequenza di ipoparatiroidismo è stata riscontrata infatti nei pazienti con carcinoma tiroideo (11 dei pazienti con ridotto PTH a 18 ore) e nei pazienti affetti da malattia di Graves, vista la maggior vascolarizzazione del parenchima rispetto al gozzo e al carcinoma (4 dei pazienti con ipoparatorioidismo). Abbiamo già analizzato nel dettaglio la corretta tecnica operatoria in grado di preservare l’integrità anatomica e funzionale delle paratiroidi. Peraltro una paratiroide francamente devascolarizzata, ovviamente, non andrà più lasciata in sede, nella speranza di una possibile ripresa funzionale e metabolica successiva, ma si dovrà procede al suo reimpianto in una tasca del muscolo sternocleidomastoideo. È stato infatti dimostrato che il reimpianto riduce l’incidenza, in termini assoluti, di ipocalcemia definitiva iatrogena, mentre, come è ovvio attendersi per la necessità di un dato lasso di tempo affinché l’innesto attecchisca e sia ben funzionante, non incide sull’ ipocalcemia temporanea. Non ha alcuna logica, d’altra parte, effettuare in ogni caso 21 l’autotrapianto di almeno una paratiroide in corso di tiroidectomia totale, nell’ipotesi, non confermata, che la funzione di una ghiandola paratiroide trapiantata sia maggiormente prevedibile rispetto a quella di una paratiroide lasciata beante in situ. In letteratura numerosi studi sono stati svolti con l’intento di prefissare un cutoff di valori predittivi a breve e lungo termine di paratireopatia secondaria post-chirurgica, ognuno dei quali avvalorato dalle casistiche dei singoli centri od anche di quelle multicentriche, talvolta stilando delle review sistematiche e metanalisi sull’argomento, ma in definitiva senza giungere ad un consensus universalmente accettato. Alcuni autori infatti hanno analizzato il valore di PTH intra operatorio o precoce post operatorio (entro 1 ora) come precoce marker di ipocalcemia, risultato poco specifico visto il frequente iniziale stupor paratiroideo da manipolazione; altri hanno analizzato la percentuale di riduzione del PTH post operatorio rispetto al pre operatorio ottenendo una sensibilità pari al 95% per riduzioni percentuali > 80% (del Rio et al), o > del 50% secondo altri autori. Uno studio australiano su 458 pazienti ha invece evidenziato un’ elevata sensibilità e valore predittivo di normocalcemia (92%) da parte di un valore di PTH entro il range di normalità. Minore sensibilità 22 (71%) e valore predittivo positivo di ipocalcemia è stato invece mostrato da un ipo PTHemia. Youngwirth et al. hanno valutato invece l’impatto dell’uso del dosaggio precoce di PTH sul numero di ipocalcemie sintomatiche e sul numero di accessi al Pronto Soccorso per ipocalcemia su 271 pazienti. Hanno trattato il gruppo 1 con metodo “sperimentale” (dosaggio di PTH a 4 ore e trattamento con calcitriolo + calcio se PTH < 10 pg/mL) e il gruppo 2 con metodo tradizionale (senza dosaggio precoce di PTH e trattamento con calcio e/o vitamina D in base al valore della calcemia). Il numero di ipocalcemie sintomatiche è risultato del 7% nel gruppo 1 vs. il 17% nel gruppo 2 così come il numero degli accessi al Pronto Soccorso è sceso dall’8% all’1.8% utilizzando la strategia predittiva basata sul dosaggio precoce del PTH. Secondo questi studi il PTH risulta essere un marker valido della funzionalità paratiroidea post tiroidectomia e più affidabile del solo valore della calcemia che subisce l’influenza di altri fattori essendo l’omeostasi di questo elettrolita strettamente regolata anche da altri organi quali osso, rene e intestino e dal rapporto del valore intra/extracellulare tali da poterlo mantenere in un range di sicurezza anche in acuzie. 23 Nell’analizzare i nostri dati abbiamo voluto valutare la predittività da parte di un ridotto PTH di ipocalcemia sintomatica poiché gli 8 pazienti con ipocalcemia solo laboratoristica avevano solo una lieve riduzione del calcio rispetto al range di riferimento (Ca >/= 8 mg/dl) che in seconda giornata era tornato entro i valori normali essendo probabilmente da addebitare alle altre cause di ipocalcemia transitoria. Un valore di PTH inferiore al range di normalità è risultato avere una sensibilità dell’ 85,2% nel riconoscere l’ipocalcemia sintomatica ed una specificità invece del 98,4%. Il suo valore predittivo positivo (probabilità che un soggetto positivo sia realmente ipocalcemico) è risultato del 92 % mentre il valore predittivo negativo (probabilità che un soggetto negativo sia realmente asintomatico) è risultato del 96,9%. laboratoristiche permette di individuare Pertanto combinare le metodiche i pazienti sia ipocalcemici che ipoparatiroidei (in particolare per valori medi di calcemia inferiori a 7.8 mg/dL e di PTH a inferiori a 13.4 pg/mL) come pazienti a rischio di sviluppare complicanze ormono-metaboliche acute, subacute e croniche post chirurgia della tiroide, già nell’immediato post operatorio. Questo consente un trattamento precoce a base di calcio carbonato e calcitriolo selettivo per i pazienti sintomatici e ipoparatiroidei e consente di abbandonare la strategia 24 preventiva, troppo largamente adottata, che portava a trattare indiscriminatamente tutti i pazienti ritardando una spontanea correzione dell’omeostasi del calcio. Il dosaggio a 18 ore del PTH ha mostrato infatti un’accuratezza del 96,15% dimostrandosi un valido test in grado di individuare i pazienti a rischio di ipocalcemia sintomatica. Le dirette conseguenze sono non solo un risparmio in termini di somministrazione terapica selettiva, ma anche e soprattutto, in termini di ridotta degenza post operatoria e ridotti costi di esami di laboratorio. Infatti un solo dosaggio di PTH a 18 ore evita controlli seriati della calcemia a tutti i pazienti. Ricordando che l’ipocalcemia rappresenta non solo la complicanza più frequente in caso di tiroidectomia totale ma anche quella potenzialmente più tardiva, l’individuazione di quei pazienti che mostrano una normale funzione paratiroidea, e quindi hanno un bassissimo rischio di sviluppare ipocalcemia precoce né tardiva, permette la loro dimissione in tutta sicurezza in I–II giornata post operatoria visto l’alto valore predittivo negativo del dosaggio del PTH a 18 ore dall’intervento. 25 CONCLUSIONI • L’ipocalcemia rappresenta la complicanza più frequente post tiroidectomia ed è potenzialmente la più tardiva tanto da condizionare realmente i tempi di degenza post-operatoria. • L’ipocalcemia permanente è una complicanza temibile ed è dovuta ad un ipoparatiroidismo iatrogeno. • La tecnica operatoria, l’abilità e l’esperienza del chirurgo sono fondamentali per la sua prevenzione. • L’identificazione precoce dei pazienti a rischio di ipocalcemia sintomatica permette un precoce trattamento farmacologico selettivo evitando danni acuti e permanenti. • L’identificazione di pazienti che non presentano un reale rischio di ipocalcemia sintomatica permette di evitare controlli seriati del calcio e consente una loro dimissione in I-II giornata post-operatoria riducendo notevolmente i costi. • Il dosaggio del PTH post operatorio a 18 ore si è dimostrato un valido test in grado di identificare i pazienti a rischio di ipocalcemia sintomatica con un valore predittivo positivo del 92% e valore predittivo negativo del 96,9%. 26 GRAFICI 27 140 120 100 Pazienti normocalcemici 80 60 Pazienti ipocalcemici asintomatici 40 pazienti ipocalcemici sintomatici 20 0 Totale dei pazienti (156) Pazienti con PTH < 15 (25) Predittività di ipocalcemia sintomatica del ipoPTHemia a 18 ore 100,00% 95,00% 90,00% 85,00% 80,00% 75,00% Sensibilità Specificità Valore predittivo positivo 28 Valore predittivo negativo Accuratezza BIBLIOGRAFIA Bhattacharyya N, Fried MP. 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