Maria Grazia Cinquini
Lorenzo Ranzini
VARI APPROCCI ALL'INTRODUZIONE DEI NUMERI REALI:
UNA RASSEGNA ED ALCUNE OSSERVAZIONI
1.
CENNI STORICI SULL’INTRODUZIONE DEI NUMERI REALI
I numeri reali , come è ben noto, sono strettamente legati al concetto di “continuo”.
Storicamente il “continuo numerico” deriva dal “continuo geometrico”: infatti per
parlare di continuo numerico è necessaria l’introduzione dei numeri irrazionali che a
loro volta traggono origine dalle grandezze incommensurabili. Non si sa esattamente
come e quando siano state scoperte queste grandezze; l’ipotesi più probabile è che lo
studio delle grandezze incommensurabili sia stato iniziato dai pitagorici intorno al 410
a. C., e si ritiene che esso sia connesso ad una applicazione del teorema di Pitagora ad
un triangolo rettangolo isoscele. Sta di fatto che questa scoperta si scontrò con uno dei
punti fondamentali del pitagorismo e cioè la concezione secondo cui l’essenza di tutte le
cose era spiegabile in termini di “aritmos”, ossia di proprietà intrinseche dei numeri
interi e dei loro rapporti. L’esistenza di grandezze incommensurabili mise in evidenza
come addirittura all’interno della geometria stessa i numeri interi ed i loro rapporti non
erano in grado di spiegare neppure semplici proprietà fondamentali. Si determinò quindi
una grave crisi tra i matematici greci che, nonostante elaborassero una esauriente teoria
delle grandezze proporzionali, non estesero la nozione di numero e anzi ritennero
l’Aritmetica impotente a questo riguardo. È ad Euclide che si deve la più completa
teoria delle grandezze proporzionali. Però, nonostante i libri X e XI degli “Elementi”
contengano numerose proposizioni che si possono considerare come l’equivalente
geometrico di proprietà dei numeri irrazionali, Euclide non ammise l’esistenza di un
insieme numerico più ampio di quello dei numeri razionali; anzi affermò che le
grandezze incommensurabili “non si lasciano misurare”. Per molto tempo i numeri
irrazionali vennero evitati e sostituiti con numeri razionali approssimati per difetto o per
eccesso. Cartesio, nella cui geometria analitica si compenetrano insieme algebra e
geometria, rappresentò il rapporto di due segmenti con una semplice lettera nella quale
si opera “come sui numeri”, ma la vera nozione di numero reale nacque dopo la scoperta
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del calcolo infinitesimale per opera di Leibnitz e Newton. Intorno al 1870 vennero dati
decisivi contributi all’aritmetizzazione dell’Analisi da parte di cinque matematici: il
francese Méray, i tedeschi Weierstrass, Heine, Cantor, Dedekind. Le loro opere
rappresentano la conclusione di mezzo secolo di ricerche sulla natura dei numeri. Méray
aveva pubblicato fin dal 1869 un articolo in cui metteva in evidenza un errore di
ragionamento logico riscontrato nei lavori di alcuni matematici da Cauchy in poi.
L’errore consisteva nel definire il limite di una successione come un numero reale e poi
nel definire a sua volta un numero reale come il limite di una successione di numeri
razionali. Méray eliminò il problema definendo la convergenza di una successione senza
far riferimento ai numeri irrazionali. Egli considerò convergente una successione che
“determinasse” o un numero razionale come limite, oppure un “numero fittizio” come
limite “fittizio”. Mostrò che questi “numeri fittizi” potevano venir ordinati ma lasciò
abbastanza nel vago la questione se la successione convergente fosse o no il numero. Se
lo era, come sembra implicito, la sua teoria è equivalente a quella sviluppata quasi
contemporaneamente da Weierstrass.
Come Méray, anche Weierstrass ritenne che si dovesse dare una definizione di numero
irrazionale indipendente dal concetto di limite. Per correggere l’errore logico di Cauchy,
Weierstrass risolse la questione della esistenza del limite di una successione
convergente identificando la successione stessa con il numero o il limite. Ad esempio, il
numero

non è il “limite” (o la somma ) della serie



 
n
n
, ma é la successione
associata a questa serie. Per quanto riguarda i numeri reali, nella teoria di Weierstrass,
ripresa successivamente da Heine e Lindemann, i numeri irrazionali vengono definiti
come “aggregati” di numeri razionali, invece che come successioni di numeri razionali.
Negli stessi anni anche Cantor iniziò un programma di aritmetizzazione in cui le
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successioni convergenti di numeri razionali che non convergevano a nessun numero
razionale venivano considerate come definenti numeri irrazionali.
Un risultato nuovo e decisivo fu presentato da Dedekind nel 1872. Egli si chiese
che cosa caratterizzasse il continuo rispetto ai razionali. Prima di lui, Galileo e Leibniz
avevano pensato che la continuità dei punti di una retta dipendesse dalla loro densità,
ma evidentemente questa giustificazione non era sufficiente, dal momento che anche i
numeri razionali godono di questa proprietà ma non formano un continuo. Per risolvere
i due aspetti di questo problema, cioè dare una definizione di continuità e introdurre i
numeri mancanti, necessari per stabilire una corrispondenza biunivoca con la retta;
Dedekind procedette nel seguente modo:
1) fissò in modo assiomatico una proprietà che caratterizzava la continuità della retta,
2) definì i numeri reali in modo da poter costruire una corrispondenza biunivoca tra la
retta e questi numeri.
Relativamente al primo problema Dedekind si rese conto che la proprietà di
continuità della retta sta nella particolare natura della divisione di una retta in due parti
mediante un punto di essa: “Se una partizione di tutti i punti di una retta è di tale natura
che ogni punto di una delle due classi sta a sinistra di ogni punto dell’altra, allora vi è
uno ed un solo punto dal quale questa decomposizione della retta in due parti è
prodotta. La proprietà della retta espressa da questo principio non è che un assioma;
ed è solo sotto forma di questo assioma che riconosciamo alla retta la sua continuità” [
8 ].
Il secondo problema fu risolto introducendo il concetto di sezione di cui parleremo
in seguito, e osservando che mentre ogni numero razionale individua una sezione nei
numeri razionali, non sempre una sezione nei numeri razionali individua un numero
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razionale. Quando ciò non avviene, la sezione definisce un nuovo ente, che è il numero
irrazionale.
Possiamo osservare che, nonostante la proprietà di continuità dei numeri reali risulti
collegata alla continuità della retta, la definizione di numero reale, ed in particolare di
numero irrazionale, viene data senza il supporto di una rappresentazione geometrica; la
geometria viene esclusa dalla formale definizione aritmetica di questo concetto.
Più tardi, all’inizio del ‘900, Russel propose una modificazione della definizione di
sezione data da Dedekind: osservò che, essendo ciascuna delle due classi di una sezione
univocamente determinata dall’altra, era sufficiente la considerazione di una sola classe
per la determinazione di un numero reale.
A queste teorie dei numeri reali si oppose in modo deciso P. du Bois Reymond, il
quale sostenne che separare lo studio del numero da quello delle grandezze misurabili,
costruendo “a priori” il continuo numerico e riferire poi ad esso le grandezze misurabili,
era un processo che contrastava lo sviluppo storico della matematica. In questo modo il
numero reale non diventa che un simbolo e le definizioni che si danno risultano del tutto
arbitrarie.
Non ci furono, per quanto riguarda l’introduzione dei numeri reali, particolari
contributi da parte dei matematici italiani; l’unico risultato significativo si deve a Peano,
che costruì una teoria nota come metodo di Peano dell’estremo superiore. Ma il nome di
Peano viene soprattutto ricordato in relazione agli assiomi da lui introdotti che
caratterizzano l'insieme dei numeri naturali e che rappresentano uno dei più importanti
tentativi fatti nel diciannovesimo secolo di ridurre l’aritmetica ad un puro simbolismo
formale.
Alle precedenti teorie si aggiunse nel 1899 l’opera di Hilbert. Questo matematico
tedesco fu il principale esponente di una scuola assiomatica di pensiero che ebbe una
grande influenza nell’orientare la mentalità contemporanea. Benché ammettesse che la
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costruzione dell’aritmetica del continuo da parte dei matematici precedenti costituisse
una delle più notevoli conquiste dell’800, Hilbert propose una nuova definizione
assiomatica dei numeri reali. Partendo da un sistema di enti, detti numeri, e da
proposizioni (assiomi) che li caratterizzano, egli sviluppò con un processo logicodeduttivo una teoria che, ancora oggi, è ritenuta la più moderna.
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METODI DI INTRODUZIONE DEI NUMERI REALI
Possiamo distinguere sostanzialmente tre metodi per introdurre i numeri reali:
1) Un metodo costruttivo: si assumono gli interi positivi come concetti primitivi, si
enunciano alcuni assiomi su di essi e poi si utilizzano gli interi per costruire il
sistema più ampio dei numeri razionali. Questi, a loro volta, vengono
successivamente utilizzati per la costruzione dei numeri irrazionali. È forse, a
livello didattico, il metodo più diffuso e la parte più delicata dell’intero processo è il
passaggio dai numeri razionali ai numeri irrazionali.
2) Un metodo assiomatico: si assumono i numeri reali come concetti non definiti,
soddisfacenti alcune proprietà che vengono introdotte come assiomi e che
caratterizzano un campo ordinato, completo e archimedeo. Dagli assiomi verranno
poi dedotte tutte le proprietà dei numeri reali.
3) Un metodo sintetico: si introducono i numeri reali per via sintetica utilizzando la
teoria della misura delle grandezze o, equivalentemente, la teoria delle proporzioni
secondo Euclide.
In questo capitolo esporremo brevemente alcune teorie proposte per l’introduzione
dei numeri reali; non ci soffermeremo sul metodo sintetico che, pur consentendo
un’esposizione abbastanza semplice e rigorosa, richiede invece procedimenti laboriosi
5
per definire le operazioni fondamentali e stabilirne le relative proprietà. Per queste
ragioni questo metodo è scarsamente utilizzato dal punto di vista didattico.
2.1
Il modello di Dedekind delle sezioni
La teoria dei numeri reali introdotta da Dedekind è di tipo aritmetico-costruttivo. Si
basa sulle proprietà ordinali dei numeri razionali e l’operazione con cui Dedekind passa
dall’insieme dei razionali a quello dei reali; tale operazione, non facendo ricorso né al
concetto di distanza né a quello di uguaglianza di segmenti, si può applicare ad ogni
insieme ordinato e denso. Abbiamo già ricordato che Dedekind aveva fissato in modo
assiomatico una proprietà che caratterizzasse la continuità della retta. La definizione di
numero reale si propone di stabilire una corrispondenza biunivoca tra i punti della retta e
questi numeri. Dedekind introduce quindi il concetto di sezione in un insieme
qualunque, purché totalmente ordinato, con la seguente
Definizione 1 - Dato un insieme A totalmente ordinato, si definisce sezione una
suddivisione degli elementi dell’insieme A in due classi A1 e A2 tale che:
I) nessuna delle due classi è vuota,
II) ogni elemento di A1 deve precedere ogni elemento di A2,
III) di ogni elemento dell’insieme deve risultare univocamente stabilito a quale delle
due classi appartiene.
Una sezione viene indicata con il simbolo (A1,A2).
Si possono presentare quattro casi:
1) esiste un ultimo elemento di A1 ed esiste un primo elemento di A2,
2) esiste un ultimo elemento di A1 ma non esiste alcun primo elemento di A2,
3) non esiste un ultimo elemento di A1 ed esiste invece un primo elemento di A2,
4) non esiste né un ultimo elemento di A1 né un primo elemento di A2.
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Nel 1o caso la sezione si dice ad intervalli, nel 2o e nel 3o continua, nel 4o a lacune.
L’insieme dei numeri interi presenta evidentemente intervalli ma non lacune, l’insieme
dei razionali presenta lacune ma non intervalli. Questo fatto costituisce la
“incompletezza” o “discontinuità” del campo razionale nel senso che ogni numero
razionale determina una sezione del tipo 2) o 3) ma l’insieme dei razionali non basta
perché ogni sezione possa venir prodotta da un suo elemento: in esso vi sono dunque più
sezioni che numeri. Dedekind conclude allora che ogni volta che è data una sezione
nell’insieme dei numeri razionali che non è prodotta da alcun numero razionale, si crea
un nuovo numero, un numero irrazionale  , che si considera definito dalla sezione
stessa. Pertanto ad ogni sezione corrisponde uno e un solo numero, razionale od
irrazionale, e si considerano distinti due numeri quando e solo quando essi
corrispondono a due diverse sezioni.
Dal punto di vista didattico è più conveniente definire direttamente il concetto di
sezione nell’insieme dei numeri razionali piuttosto che in un insieme totalmente
ordinato; si evidenzia così in modo più naturale come l’insieme dei numeri reali sia
un’estensione di quello dei numeri razionali. Si dà allora la seguente
Definizione 2 - Si chiama sezione nel campo dei numeri razionali una qualsiasi
ripartizione della classe dei numeri razionali in due classi A1 e A2 entrambe non vuote,
in modo che ogni numero razionale appartenga a una e una sola di tali classi, e ogni
numero della classe A1 sia minore di ogni numero della classe A2.
Le sezioni così definite sono dette sezioni di Dedekind e si distinguono in
- sezioni di primo tipo quando la classe A1 ammette un massimo o la classe A2 ammette
un minimo; tale massimo o minimo è un numero razionale r rispettivamente maggiore
di ognuno dei rimanenti numeri della classe A1 e minore di ognuno dei rimanenti
numeri della classe A2; il numero razionale r costituisce l’elemento di separazione
delle due classi;
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- sezioni di secondo tipo quando la classe A1 non ha massimo e la classe A2 non ha
minimo; in questo caso si dice che le due classi definiscono un numero irrazionale 
che si assume come elemento di separazione delle due classi. I numeri della classe A1
rappresentano valori di  approssimati per difetto e quelli della classe A2 valori di 
approssimati per eccesso.
L’insieme dei numeri razionali e irrazionali costituisce l’insieme R dei numeri reali.
Possiamo ora dare la seguente
Definizione 3 - Si definisce numero reale ogni sezione nel campo razionale.
Per giustificare l’identificazione delle sezioni con i numeri reali, bisognerà far
vedere come sia possibile, operando sulle sezioni, stabilire una aritmetica di tali
numeri che goda di tutte le proprietà formali dell’aritmetica dei numeri razionali e
quindi si dovrà definire quanto segue:
a) Uguaglianza tra due numeri reali, verificando che la relazione “” introdotta gode
della proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva;
b) Disuguaglianza tra numeri reali, verificando che la relazione “ ” introdotta è una
relazione d’ordine totale;
c) Somma di due numeri reali  e , dopo aver dimostrato che se (A1,A2) e (B1,B2) sono
le rispettive sezioni che determinano  e  anche la coppia di classi (A1  B1, A2 
B2) è una sezione;
d) Prodotto di due numeri reali positivi  e , dopo aver dimostrato che se (A1,A2) e
(B1,B2) sono le rispettive sezioni che determinano  e  anche la coppia di classi
(A1B1, A2B2) è una sezione.
Per poter definire l’operazione di differenza tra due numeri reali occorre definire
l’opposto di un numero reale, mentre per estendere l’operazione di moltiplicazione
anche al caso di due numeri reali di segno qualsiasi occorre definire il valore assoluto di
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un numero reale. Infine si definisce l’inverso di un numero reale e di conseguenza il
quoziente di due numeri reali.
Le proprietà dell’addizione e della moltiplicazione tra numeri reali si sintetizzano
dicendo che l’insieme R dei numeri reali è un corpo commutativo (detto anche campo).
Per quanto riguarda la continuità dei numeri reali si dimostra il seguente
Teorema 1 - Ogni sezione nel campo dei numeri reali individua ancora un numero
reale. (Teorema di completezza di Dedekind).
Il campo dei numeri reali ha quindi la proprietà di essere continuo ed il
procedimento delle sezioni in R non consente la definizione di un nuovo insieme di
numeri.
L’ultima proprietà che caratterizza il campo dei numeri reali è la proprietà di
Archimede: se  e  sono due numeri reali positivi, esiste un intero positivo n tale che
n  .
Si può osservare che la definizione di numero reale resta evidentemente inalterata
se dalla classe A1 sopprimiamo tutti i numeri minori di un dato numero 1 A1 oppure
se dalla classe A2 sopprimiamo tutti i numeri maggiori di un dato numero 2 A2. Così
facendo, la sezione invece di essere considerata come operante un taglio in tutto il
campo dei numeri razionali, viene intesa come operante un taglio tra tutti i numeri
razionali compresi tra due numeri prefissati; una tale sezione si dirà sezione ridotta.
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2.2
Metodo delle coppie di classi contigue
Questo metodo è analogo a quello delle sezioni e si basa sul concetto di coppie di
classi contigue. Diamo inizialmente le seguenti definizioni
Definizione 4 - Chiamiamo classe di numeri razionali un qualunque insieme di
numeri razionali.
Definizione 5 - Due classi A e B di numeri razionali si dicono separate in senso
debole quando a  b , a  A e b  B . Le classi A e B possono, quindi, avere al più
un solo numero in comune.
Definizione 6 - Date due classi A e B di numeri razionali separate si dice numero
separatore ogni numero razionale k tale che a  k  b , a  A e b  B .
Osserviamo che due classi separate possono non avere un elemento separatore
razionale: infatti se, ad esempio, poniamo nella classe A tutti i numeri razionali positivi
il cui quadrato è minore di 2 e nella classe B tutti i numeri razionali positivi il cui
quadrato è maggiore di 2 si può facilmente dimostrare che le classi A e B, pur essendo
separate, non ammettono un numero razionale come elemento separatore.
Diamo, ora, la seguente
Definizione 7 -
Due classi (non vuote) A e B di numeri razionali costituiscono
una coppia di classi contigue se:
1) nessuna delle classi A e B è vuota,
2) le classi A e B sono separate,
3) per ogni   0 si può sempre trovare un numero aA e un numero bB tale che
risulti b  a  . (Proprietà dell'avvicinamento indefinito).
Evidentemente le due classi di una qualsiasi sezione nel campo razionale Q
formano una particolare coppia di classi contigue.
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Si dirà poi che un numero razionale l è elemento di separazione di una coppia di
classi contigue se l è maggiore (o uguale) di ogni elemento di A e contemporaneamente
minore (o uguale) di ogni elemento di B. Si dimostra che
Teorema 2 - Se due classi contigue ammettono un elemento di separazione, questo
è unico.
Considerata allora una coppia di classi contigue, si possono presentare due casi:
a) esiste un numero razionale l maggiore (o uguale) di ogni numero di A e minore (o
uguale) di ogni numero di B: in questo caso si dice che l è l’elemento si separazione
delle due classi A e B e si scrive l (A, B),
b) un tale numero non esiste e allora diciamo che le due classi sono separate da un
nuovo ente aritmetico , che chiamiamo numero irrazionale e scriviamo   (A,B).
Poiché una coppia di classi contigue definisce un numero razionale oppure un
numero irrazionale diamo la seguente definizione di numero reale
Definizione 8 -
Si dice numero reale ogni coppia di classi contigue di numeri
razionali.
Il metodo delle coppie e quello delle sezioni risultano analoghi sia dal punto di vista
formale che concettuale. Si dimostrano, infatti, i seguenti
Teorema 3 - Se (A, B) è una sezione nel campo razionale le classi A e B sono due
classi contigue.
Teorema 4 -
Ogni coppia di classi contigue di numeri razionali individua una
sezione nel campo razionale.
Non ci soffermiamo sulla teoria relativa alle definizioni di uguaglianza,
disuguaglianza, somma e prodotto di numeri reali essendo del tutto analoga a quella
delle sezioni.
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Per quanto riguarda la continuità dell’insieme dei numeri reali si dimostra il
seguente
Teorema 5 - Date due classi contigue A1 e A2 di numeri reali esiste sempre uno e
un solo numero reale che separa le due classi.
Dal punto di vista didattico, specie in una scuola secondaria, il metodo delle coppie
di classi contigue è spesso impiegato in alternativa al metodo delle sezioni perché in
molte questioni di natura geometrica (rettificazione della circonferenza, area del cerchio,
ecc.) è necessario ricorrere, per dare alcune definizioni, alla considerazione di coppie di
classi contigue di misure geometriche. Le due teorie sono però da ritenersi
sostanzialmente equivalenti.
2.3
Metodo di Pasch-Russel del segmento numerico
Prima di dare la definizione di “segmento numerico” definiamo l’estremo superiore
di una classe di numeri razionali
Definizione 9 -
Considerata una classe A di numeri razionali, si dice che un
numero razionale L è suo estremo superiore se ogni numero maggiore o uguale di L è
maggiore o uguale di ogni numero di A ma ogni numero minore di L è minore di
qualche numero di A.
Se L appartiene ad A, allora L si chiama massimo. Si dimostra facilmente che se una
classe A ammette un limite superiore, questo è unico. Si dà poi la seguente definizione:
Definizione 10 - Una classe A di numeri razionali si dice segmento numerico se
soddisfa le seguenti condizioni:
1) l’insieme A non è vuoto,
2) non contiene tutti i numeri razionali,
3) se contiene un numero razionale r, contiene tutti i numeri razionali minori di r.
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Considerato allora un segmento numerico, possono presentarsi tre casi:
a) il segmento numerico ammette massimo,
b) il segmento numerico non ammette massimo ma estremo superiore,
c) il segmento numerico non ammette né massimo né estremo superiore.
Evidentemente la classe A1 di una sezione di Dedekind è un segmento numerico e
viceversa un segmento numerico individua la classe A1 di una sezione.
Poiché nei casi a) e b) un segmento numerico individua (come suo estremo
superiore) un numero razionale, nel caso c) si dirà che il segmento numerico individua
un nuovo ente che viene detto numero irrazionale.
Bisogna ora strutturare l’insieme dei numeri reali e stabilirne l’aritmetica mediante i
segmenti numerici. Il procedimento è abbastanza analogo a quello dei casi precedenti: lo
accenniamo brevemente.
Dati due numeri reali  e  definiti rispettivamente dai segmenti numerici A e B, si
dice che    ,    ,    secondo che B è parte di A, coincide con A, oppure che A è
parte di B.
Si dimostrano i seguenti teoremi
Teorema 6 - Se A, B sono 2 segmenti numerici, la classe A  B (formata da tutti i
numeri razionali che si ottengono sommando un qualunque numero aA con un
qualunque numero bB) è un segmento numerico;
Teorema 7 -
Se A, B sono due segmenti numerici, la classe AB (i cui elementi
sono della forma ab con aA e bB) è un segmento numerico.
In base a questi teoremi risulta naturale chiamare “somma dei due numeri  e “ il
numero definito dal segmento numerico A  B e “prodotto di  per “ il numero definito
dal segmento numerico AB.
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Si verifica che le operazioni così definite godono delle usuali proprietà delle stesse
operazioni definite nell’insieme dei numeri razionali; successivamente si definiscono la
sottrazione e la divisione come operazioni inverse della addizione e della
moltiplicazione.
2.4
Metodo di Peano dell’estremo superiore
Questo metodo dovuto a Peano e detto dell’estremo superiore è, in ultima analisi,
una semplice modifica del metodo precedente del segmento numerico. La differenza
consiste nel fatto che in questo caso non si definisce il concetto di estremo superiore ma
se ne dà una definizione implicita per mezzo di relazioni tra numeri razionali e il limite
superiore stesso.
Se A è una classe di numeri razionali positivi ed r un qualsiasi numero razionale
(appartenente o no ad A), possono presentarsi 3 casi:
a) il numero r è minore di qualche elemento di A;
b) il numero r non è inferiore ad alcun elemento di A, ma ogni numero razionale minore
di r è minore di qualche elemento di A;
c) vi sono numeri razionali minori di r e maggiori di tutti i numeri di A.
Nel caso a) si dice che r è minore dell’estremo superiore di A, nel caso b) che è
uguale, nel caso c) che è maggiore e si scrive rispettivamente:
r  E(A) ,
r  E(A) ,
r  E(A) .
Segue che ogni numero aA è minore dell’estremo superiore di A. Se poi A e B
sono due classi di numeri razionali si dirà E(A)  E(B) se ogni numero razionale minore
di E(A) lo è anche di E(B) e viceversa. Se invece tutti i numeri razionali minori di E(A)
lo sono anche di E(B) ma vi è qualche numero razionale maggiore di E(A) e minore di
E(B), si dice che E(A)  E(B).
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Si può osservare che in tal modo resta definito implicitamente il concetto di estremo
superiore di una classe numerica, per astrazione, semplicemente indicando il modo di
confrontare tra loro tali enti.
Si definisce poi il concetto di estremo inferiore nel seguente modo
Definizione 11
a) Se la classe A è tale che preso un qualunque numero razionale r  0 esiste qualche
elemento della classe A minore di r, si dice che essa ha per estremo inferiore lo zero;
b) Se la classe A è tale che esistono dei numeri razionali b  0, minori di ogni elemento
di A, si dirà estremo inferiore di A, e si indica con e(A), l’estremo superiore E(B) della
classe B dei numeri b.
Ad esempio, se a/ b è la frazione generatrice di un numero periodico ed A è la
classe dei valori razionali approssimati per difetto di a/ b allora sarà E(A)  a/ b,
poiché a/ b è non inferiore a tutti i numeri di A e se r è un numero razionale minore di
a/ b, vi è qualche elemento di A compreso tra r e a/ b.
Per convenzione si chiama infinito l’estremo superiore di tutti i numeri razionali;
segue che per ogni classe A di numeri razionali positivi è E(A)  . Dopo di che resta
giustificata la seguente
Definizione 12 - Si dicono numeri reali assoluti gli estremi superiori delle classi
di numeri razionali assoluti, che siano diversi da infinito.
Poiché ogni numero razionale è estremo superiore di classi di numeri razionali, se
ne deduce che i numeri razionali costituiscono un sottoinsieme dei numeri reali.
L’aritmetica dei numeri reali si stabilisce in modo analogo a quella del segmento
numerico e perciò non ci soffermiamo su questo problema.
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Per passare poi dalla considerazione dei numeri reali assoluti a quella dei numeri
reali relativi, si può seguire un metodo formale, ad esempio considerando i numeri
relativi come l’associazione di un numero reale assoluto e di un segno  o .
2.5
Metodo di Cantor-Méray del limite delle successioni convergenti
Le teorie viste in precedenza si possono considerare rielaborazioni e
aritmetizzazioni delle teorie sintetiche dei numeri reali. La teoria di Cantor e Méray, che
ora esamineremo, ha invece un’origine strettamente aritmetica e richiede la conoscenza
dei concetti di successione e di limite.
Consideriamo una successione di numeri razionali e diamo le seguenti definizioni
Definizione 13 - Una successione an di numeri razionali è convergente, cioè
ammette limite razionale l se, comunque preso un numero razionale   0 è possibile
determinare un intero naturale n0 tale che, per ogni n  n0, con nN, sia:
an  l   ,
Definizione 14 - Una successione an di numeri razionali si dice “di Cauchy” se
per ogni razionale   0 esiste un intero naturale n0 tale che per ogni n  n0 e per p
arbitrario, con n e pN, sia:
an+p  an  
Si dimostra il seguente
Teorema 8 - Ogni successione convergente an di numeri razionali è di Cauchy.
Se una successione di Cauchy converge ad un limite razionale l, allora la
successione definisce il limite stesso e si scrive:
l  an
o anche
16
lim a n  l .
n
Esistono però successioni di Cauchy che non convergono nel campo dei razionali.
In questi casi Cantor e Mèray introducono un nuovo ente il numero irrazionale  che si
considera completamente determinato dalla successione an e che viene definito nel
seguente modo
Definizione 15 - Se una successione di numeri razionali an è una successione di
Cauchy e non ammette limite razionale, si dice che individua un nuovo ente aritmetico,
detto numero irrazionale.
Si scriverà   an.
Il numero irrazionale  così introdotto, non va però considerato come limite della
successione an perché il concetto di limite nell’insieme dei numeri irrazionali acquista
significato solo quando si saranno definite le operazioni sui nuovi numeri. Per stabilire
l’aritmetica dei numeri reali si deve introdurre il concetto di ”maggiore” e “minore”,
associato alle successioni. Per questo conviene introdurre il concetto di “zerosuccessione” con la seguente
Definizione 16 - Una successione an di numeri razionali si dice zero-successione
se, per ogni razionale positivo , esiste un intero naturale r tale che, per ogni n  r,
risulta:
an   .
Si dimostrano poi i seguenti risultati:
1) Una zero-successione è una successione di Cauchy.
2) Se an è una zero-successione lo è anche la successione  an.
3) se an e bn sono zero-successioni lo sono anche le successioni an  bn e
an  bn.
Premesso ciò, si dà la seguente
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Definizione 17 - Due successioni an e bn si dicono uguali se la successione
an  bn è una zero-successione.
Seguono in modo semplice le proprietà formali dell’uguaglianza. Per introdurre i
concetti di “maggiore” e “minore” si danno prima le seguenti
Definizione 18 - Una successione an si dice positiva se esiste un numero
razionale positivo r, seguito da tutti i termini della successione, tranne al più un
numero finito.
Definizione 19 - Una successione an si dice negativa se esiste un numero
razionale negativo s, preceduto da tutti i termini della successione, tranne al più un
numero finito.
Segue allora la
Definizione 20 - Una successione an è maggiore (minore) di una successione
bn quando la successione an  bn è positiva (negativa).
Per quanto riguarda le operazioni associate alle successioni di Cauchy si dimostra il
seguente
Teorema 9 - Se an e bn sono successioni di Cauchy, lo sono anche le
successioni an  bn e an  bn.
Si possono così definire le operazioni di somma e prodotto di numeri reali e
verificare che queste operazioni godono delle usuali proprietà soddisfatte dalle stesse
operazioni nel campo razionale.
A questo punto il numero reale , determinato da una successione an di Cauchy,
si può definire come limite della stessa.
Per quanto riguarda la continuità si dimostra il seguente
Teorema 10 - Ogni successione di Cauchy di numeri reali an può venire
sostituita da una successione di Cauchy di numeri razionali avente lo stesso limite.
18
Pertanto le successioni di Cauchy nel campo dei numeri reali non portano a nessun
nuovo risultato e viene così dimostrata la continuità del campo reale.
2.6
Metodo di Weierstrass degli aggregati additivi convergenti
Questo metodo introduce una nuova definizione: quella di aggregato. Sia A una
classe qualsiasi, ordinata o no, di infiniti numeri razionali relativi; diremo somme
parziali di A le somme di un numero qualsiasi di elementi di A, ciascuno considerato, in
ogni somma, una volta sola. Diamo ora le seguenti definizioni.
Definizione 21 - Se la classe delle somme parziali di una classe A è limitata
superiormente, la classe A si chiama aggregato additivo convergente;
Definizione 22 -
Se la classe delle somme parziali ammette come estremoe
superiore un numero razionale, tale estremo si dice somma della classe; se invece non
esiste estremo superiore razionale si dice che la suddetta classe ammette ancora una
somma che è un numero irrazionale;
Definizione 23 - Si chiama parte di un aggregato additivo convergente ogni
numero razionale minore o uguale di una qualsiasi sua somma parziale.
Allora diremo che due aggregati additivi convergenti S1 e S2 sono uguali (S1  S2) se
ogni parte di uno dei due lo è anche dell’altro e viceversa. Analogamente diremo che un
aggregato S1 è maggiore di un altro aggregato S2 (S1  S2) se esiste una parte di S1
maggiore di qualunque parte di S2. Corrispondentemente, dette  e  le somme di due
di tali aggregati, diremo che  è maggiore uguale o minore di  secondo che è S1  S2,
S1  S2, S1  S2. L’insieme dei numeri reali risulta così totalmente ordinato.
Conservando le solite definizioni di somma e di prodotto di due classi, si dimostra il
seguente
19
Teorema 11 - Se due classi S1 e S2 sono due aggregati additivi convergenti, risultano
aggregati additivi convergenti anche le loro classi somma e prodotto.
Se allora indichiamo con  e  le somme dei due aggregati S1 e S2, le somme
degli aggregati S1  S2 e S1S2 si diranno rispettivamente somma e prodotto dei due
numeri  e  .
Come caso particolare, considerata una successione
a 
n
di numeri razionali
assoluti, si costruisce un’altra successione:
S 
n
con S n  a  a   ...  a n ;
si considerino, ora, le successioni
S  nelle
n
quali le somme
S 
n
si mantengono
inferiori ad un numero dato, cioè per le quali esista un valore maggiorante m tale che,
per ogni intero n, risulti S n  m . In tal caso la successione a n  formerà un aggregato
additivo convergente ( e ordinato); quando si considera questo caso particolare di
aggregati additivi convergenti si dice che si segue il metodo delle serie convergenti.
2.7
Allineamenti decimali
Prima di dare la definizione di numero reale come allineamento decimale occorre
richiamare il concetto di allineamento decimale di un numero razionale.
Consideriamo il numero razionale positivo a  p / q , con p   e q   numeri
naturali ed eseguiamo le seguenti divisioni, tenendo presente che per costruire
l’allineamento decimale di a occorre rappresentare i numeri naturali p e q in base 10:
r
p
 p 
q
q
con
  r  q ;
r 
r

  con
q  q
  r  q ;
20
r  
r

  con
q  q
  r  q ,
da cui si ottiene:


r
p
 p       .
q
 
 q
In questo modo abbiamo determinato la parte intera p e le prime due cifre   e
  dell’allineamento decimale del numero razionale a. Eseguendo poi le divisioni
r / q , r / q , ... , rn / q , ... si ottengono tutte le altre cifre dell’allineamento
decimale di a che si scrive nel seguente modo:
a  p ,  n 
Per ogni n   abbiamo le seguenti disuguaglianze:
p ,     n  a  p ,     n 

.
 n
Se risulta:
a  p0 ,1 2     n 000   
ossia
m  
m  n ,
l’allineamento decimale si dice limitato. In questo caso il numero 0, che si ripete
indefinitamente da un certo posto in poi, è detto periodo dell’allineamento. Come è
noto, dividendo p per q può presentarsi anche il caso:
a  p ,  nn  n k
con
k  ,
ossia un blocco finito di cifre  n n    n  k
non tutte nulle, detto periodo
dell’allineamento, che si ripete indefinitamente da un certo posto in poi. In questo
secondo caso l’allineamento si dice illimitato periodico.
Si dimostra che non si può ottenere un allineamento con periodo 9. Tuttavia, allo
scopo di associare univocamente ad ogni allineamento decimale un numero razionale, è
21
sempre possibile identificare un allineamento illimitato con periodo 9 con un
allineamento limitato. Ad esempio, l’allineamento illimitato periodico ,  si può
identificare con 2 ossia con l’allineamento decimale limitato ,  .
Le considerazioni esposte per i numeri razionali positivi si applicano anche ai
numeri razionali negativi i cui allineamenti saranno preceduti dal segno . Gli
allineamenti  , ... si identificano con un unico allineamento rappresentato da 0.
Resta così stabilita una corrispondenza biunivoca tra gli allineamenti decimali
periodici ed l’insieme Q dei numeri razionali. Sarà, quindi, possibile eseguire con gli
allineamenti decimali periodici le stesse operazioni esistenti in Q e mostrare che
l’insieme di questi allineamenti possiede una struttura di campo ordinato ed
archimedeo.
Gli allineamenti decimali periodici non rappresentano tutti i possibili allineamenti
decimali. Abbiamo già osservato che l’equazione x    non ha soluzioni in Q. In
questo caso la parte intera e le cifre decimali delle soluzioni della precedente equazione
si possono ottenere con il noto procedimento dell’estrazione della radice quadrata e tali
soluzioni rappresentano allineamenti decimali non periodici. Il procedimento
dell’estrazione della radice quadrata non può in questo caso avere termine in quanto, se
così fosse, si otterrebbe che le soluzioni della precedente equazione sono numeri
razionali.
Dopo aver individuato l’esistenza di allineamenti decimali non periodici possiamo
dare la seguente definizione di numero reale
Definizione 24 - Definiamo numero reale un allineamento decimale, con segno. Se
l’allineamento è periodico (limitato o no) il numero si dirà razionale, altrimenti si dirà
irrazionale [12].
22
Per i numeri reali si possono stabilire operazioni che godono delle stesse proprietà
delle analoghe operazioni definite per i numeri razionali e, quindi, concludere che anche
l’insieme R forma un campo ordinato ed archimedeo.
Richiamiamo il fatto che non è possibile scrivere tutte le cifre che formano la
rappresentazione decimale di un numero reale. Diremo equivalentemente che
a) è dato un numero reale quando è noto il procedimento di calcolo che permette di
determinare quante cifre si vogliano della sua rappresentazione decimale;
b) un numero reale  è dato anche quando sono note due classi numeriche A e B tali
che gli allineamenti decimali di A e di B sono rispettivamente i valori approssimati
per difetto e per eccesso di . Gli allineamenti decimali ottenuti considerando la
parte intera di  e le prime n cifre del suo allineamento decimale sono numeri
appartenenti alla classe A.
2.8
Definizione assiomatica dei numeri reali
In precedenza abbiamo introdotto i numeri reali partendo dall’insieme dei numeri
razionali, ossia attraverso un procedimento “costruttivo”. Il matematico tedesco D.
Hilbert diede una impostazione assiomatica per la definizione dei numeri reali partendo
dall’osservazione che mentre in aritmetica per giungere al concetto di numero reale si
usa il metodo costruttivo in Geometria invece lo sviluppo della teoria assume un aspetto
del tutto diverso, cioè un aspetto assiomatico, nel senso che si parte da enti primitivi
(punto, retta, piano) e da proposizioni (assiomi o postulati) che li caratterizzano, dopo di
che, con un processo logico-deduttivo, si sviluppa la teoria.
Hilbert dà un carattere assiomatico anche all’Aritmetica, partendo da un sistema di
enti, detti numeri, tra i quali intercorrono delle relazioni che li caratterizzano, dette
assiomi, che Hilbert divide nei seguenti quattro gruppi:
23
1) Assiomi delle funzioni elementari,
2) Assiomi del calcolo,
3) Assiomi dell’ordinamento,
4) Assiomi della continuità.
Si può dimostrare che gli assiomi di Hilbert, non espressamente riportati in questa
sede, non sono tutti tra loro indipendenti ma non sono contraddittori. Dal punto di vista
didattico tali assiomi sono ancor oggi presentati mediante quattro gruppi che
caratterizzano l’insieme dei numeri reali come campo ordinato e completo. Di seguito
riportiamo nel dettaglio un esempio [14] di impostazione assiomatica che consente di
definire i numeri reali mediante quattro gruppi 1), 2), 3), 4) di assiomi:
1) È definita in R un’operazione legge di composizione interna, cioè un’applicazione
R x R  R, che si indica col segno  e si chiama addizione, con le seguenti proprietà:
1) a , b :
a b  ba
2) a , b, c :
 a  b   c  a   b  c
(proprietà commutativa);
(proprietà associativa);
3) esiste un elemento, detto zero e indicato con 0, tale che a :
a a
(si dimostra che tale elemento è unico);
4) a esiste un elemento, detto opposto di a tale che:
a    a  
(si dimostra che tale elemento è unico).
Con gli assiomi 1) i numeri reali rappresentano, rispetto all’operazione di
addizione, un gruppo commutativo (o abeliano).
2) È definita in R una legge di composizione interna, che si dice moltiplicazione, e che
si indica col segno , oppure  , oppure più frequentemente, accostando semplicemente
le lettere, con queste proprietà:
1) a , b :
ab  ba
(proprietà commutativa);
24
2) a , b, c :
 ab c  a bc
(proprietà associativa).
3) esiste un elemento   , detto unità e indicato con 1, tale che a :
a   a
(si dimostra che tale elemento è unico),
4) a   esiste un elemento, detto reciproco (o inverso) di a ed indicato con a  , tale
che a a   (si dimostra che è unico),
5) a , b, c :
 a  b c  ac  bc
proprietà distributiva.
Con gli assiomi 1) e 2) i numeri reali rappresentano un corpo commutativo (o
campo).
3) È definita in R una relazione di “ordine totale”  , con queste proprietà:
1) a , b, c :
a  b  a  c  b  c,
2) a , b , c   :
a  b  ac  bc .
La relazione d’ordine si può anche enunciare mediante il simbolo  , tenendo presente:
a  b  a  b, a  b . Si verifica che a , b vale una ed una sola delle tre relazioni:
a  b,
a  b,
a  b.
I numeri a tali che a   si dicono positivi, quelli per cui a   negativi.
Osserviamo che gli assiomi 1), 2), 3) valgono anche nell'insieme dei numeri
razionali. Da essi non è possibile dedurre l'esistenza dei numeri irrazionali e pertanto
non sono sufficienti per definire l'insieme dei numeri reali. Occorre quindi enunciare un
ulteriore assioma 4) che dia ai numeri reali quella proprietà di continuità che è il
problema essenziale della struttura logica dell'analisi.
4) (Assioma di completezza.) Se A e B sono sottoinsiemi non vuoti di R tali
che a  A , b  B sia a  b , esiste almeno un elemento c  R , detto “elemento
separatore”, tale che a  A , b  B sia: a  c  b .
25
Quest'ultimo assioma permette di dimostrare che per ogni y  R  l'equazione
x 2  y ha una ed una sola soluzione in R  che può essere un numero razionale oppure
un numero irrazionale come ad esempio nel caso dell'equazione x 2  2 . L'assioma 4
consente quindi di descrivere in modo completo la struttura dei numeri reali.
3.
CONCLUSIONI
I numeri reali, nonostante la scoperta di diversi metodi di introduzione, presentano
ancora aspetti non del tutto chiariti. Secondo Wang [20] "colpisce il fatto che in sistemi
diversi e di forza differente si possano dimostrare i corrispettivi di tutti i teoremi usuali
sui numeri reali: il che fa pensare che nessuna dimostrazione in nessun sistema
formalizza fedelmente il vero risultato matematico. Nessun sistema particolare coglie la
nostra intuizione dei numeri reali".
Ricordiamo infine che l'ipotesi del continuo di Cantor è strettamente collegata ai
fondamenti dei numeri reali. Infatti in virtù di questa ipotesi viene negata l'esistenza di
livelli di infinito intermedi tra il numerabile ed il continuo. Se l'ipotesi del continuo
fosse indecidibile allora esisterebbero anche matematiche non cantoriane analogamente
a quanto è avvenuto in geometria con la negazione del V° postulato di Euclide. Se
invece l'ipotesi di Cantor
fosse falsa allora dovrebbe esistere almeno un insieme
numerico il cui livello di infinito è compreso tra quello dei numeri naturali (e quindi
anche dei numeri razionali) e quello dei numeri reali. Secondo P. Cohen [5] potrebbe
prima o poi prevalere il punto di vista che l'ipotesi del continuo è "naturalmente falsa".
Anche secondo Gödel [5] l'ipotesi del continuo ha conseguenze poco plausibili che
sembrano far propendere per la sua falsità.
26
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28