Psichiatria lezione del 9-4-2015 Maria Francesca Nurchi. Ci siamo lasciati parlando della sintomatologia depressiva ed era venuto fuori che in realtà il cut-off che utilizziamo per la diagnosi (tot sintomi per tot giorni) è un cut-off orientativo. Ciò significa che un paziente è comunque da trattare, anche se non rientra totalmente nei criteri di diagnosi per depressione e ad esempio non raggiunge i 15 giorni di malessere o pur raggiungendoli presenta un sintomo in meno. Questi parametri servono come parametri indicativi. Per questi motivi, oltre ad una diagnosi strettamente categoriale, che etichetta il problema inserendolo in una categoria o in un’altra, utilizziamo spesso un approccio dimensionale ovvero un approccio che vede una sorta di continuità fra un malessere dovuto a una tristezza più accentuata del normale (ma che non arriva a una vera depressione) e un quadro patologico depressivo conclamato. Seguendo questo concetto parleremo di spettro depressivo. Da un punto di vista esclusivamente didattico distingueremo i sintomi dello spettro depressivo in: sintomi somatici e sintomi psichici. Utilizziamo tale suddivisione unicamente a scopo didattico per memorizzare i sintomi con più facilità, in realtà, infatti, soma e psiche hanno confini indefinibili (basti pensare alla psicoterapia che produce un miglioramento e, a lungo andare, ripristina la dimensione dell’ippocampo; dovremo consideralo un trattamento psichico o biologico?). I sintomi somatici sono quelli che hanno il carico maggiore sul soma. Nella depressione non bipolare in genere sono più gravi al mattino (dire in genere significa che non sempre è così, ma che indicativamente è così e soprattutto che lo è nelle forme più gravi di depressione). I sintomi somatici comprendono: Stanchezza o faticabilità; Presenza di dolori somatici: - Artralgie, - Cefalea, - Mialgie (a queste bisogna fare attenzione perché molte volte la depressione concomita con la fibromialgia e dunque è necessario fare una doppia diagnosi), - Etc; Modificazioni dell’attività psicomotoria: agitazione o rallentamento. Vi anticipo che con il DSM-5 si è introdotta una novità: i sintomi misti (sono presenti contemporaneamente sintomi depressivi e sintomi contropolari maniacali). Dal DSM-5 sono stati considerati come sintomi della patologia depressiva anche i sintomi misti che prima erano sinonimo di disturbo bipolare. Non tutti sono d’accordo con tale riforma, io personalmente non lo sono, ma la bibbia della psichiatria ha votato questo approccio. Vi dico ciò poiché in genere la depressione agitata è stata sempre vista con un po’ di sospetto, proprio perché l’agitazione è un sintomo di aumento di energia, e dunque un sintomo misto, tuttavia con l’attuale classificazione del DSM-5 è ammesso che una certa sintomatologia mista (poi vedremo nel dettaglio quale) possa essere presente nel quadro di un disturbo depressivo non bipolare. Modificazioni dell’appetito o del peso: nella depressione più classica l’appetito diminuisce, ma sempre di più vediamo depressioni che concomitano con aumento di peso e addirittura che concomitano con disturbi dell’alimentazione quali il Binge Eating Disorder, nel quale non solo c’è un aumento di peso, ma c’è anche un aumento compulsivo del peso. In genere l’aumento di peso è più frequente nei giovani. Modificazioni del sonno: la sintomatologia classica depressiva è caratterizzata da un risveglio precoce mattutino. La persona che ha una depressione grave generalmente si sveglia alle tre del mattino e non dorme più, si gira nel letto ed è un momento terribile perché in genere quando va a dormire è come se gli sembrasse che quella sua sofferenza e quel suo malessere si fosse un attimo attenuato e lo potesse dimenticare nel sonno; è però una tregua che dura poco poiché si sveglia e non dorme più. Nei casi in cui è presente una forte componente ansiosa c’è anche l’addormentamento tardivo, ossia un’ insonnia iniziale ed anche finale; a volte sono presenti anche risvegli ripetuti notturni. Attenzione però: la depressione può essere caratterizzata anche da ipersonnia. Come vedremo, quando sono presenti contemporaneamente tutti i sintomi opposti più frequenti, ipersonnia, iperfagia e la sintomatologia depressiva anzi che migliorare al pomeriggio, come nella forma classica, peggiora al pomeriggio, si parla di depressione atipica, ed è quasi sempre una depressione bipolare. Noi di fronte a sintomi atipici molto caratterizzanti sospettiamo una depressone bipolare ed è per questo che se sarete medici di medicina generale, vi consiglio di non trattare quel paziente con un antidepressivo, ma di inviarlo ad uno specialista. Il professore dice disturbi alimentari, ma nella slide c’è scritto disturbi addominali. Stipsi. Diminuzione del desiderio sessuale: è un sintomo molto frequente e importante perché con la terapia antidepressiva quasi tutti gli altri sintomi si attenuano, mentre questo si accentua anche per l’effetto degli antidepressivi stessi. Bisogna parlare di questo con il paziente perché ad esempio egli potrebbe far parte di una coppia consolidata e il fatto di notare la regressione degli altri sintomi meno questo potrebbe determinare o accentuare problemi nella coppia. (Ricordo che sto adottando queste distinzioni esclusivamente da un punto si vista didattico poiché è difficile caratterizzare i sintomi in sfere così chiuse; non c’è sintomo che non si leghi ad altri sintomi di altre sfere o che non colpisca più sfere, però per impararli è meglio se li distinguiamo). I sintomi psichici sono distinti a loro volta in: Sintomi affettivi: (dell’umore), per la maggior parte degli autori sono quelli nucleari, i sintomi chiave della depressione. Fanno parte di questi: - Tristezza vitale; - L’anedonia: ossia mancanza di piacere nelle cose. Secondo molti la depressione è proprio un disturbo del piacere. È molto raro che un paziente, a cui poi diagnosticherete una depressione, vi racconti di avere solo perdita di piacere e di non essere depresso, quando succede spesso lo farà più per testardaggine. Talvolta potrà capitare che il paziente vi dica di non essere triste, ma vi riferirà di aver smesso di uscire, di giocare a carte, di mangiare le cose che gli piacevano ecc. ossia di aver perso piacere nel fare ciò a cui prima era interessato. - Il sentimento della mancanza di sentimento: sensazione terribile di una persona gravemente depressa che sente di non sentire più niente. È una sensazione di appiattimento, non solo non sente più le cose positive, ma non sente nemmeno quelle negative, è indifferente a tutto. È qualcosa che si lega molto bene con quella che viene chiamata alterazione del tempo interiore. - - Alterazione del tempo interiore. Negli anni ’20-’30 c’è stata una grande scuola parigina influenzata dall’esistenzialismo, in questo contesto lo psichiatra Eugéne Minkowski e la moglie approfondirono tale concetto considerando la depressione come una patologia del tempo interiore: la persona vive come in un presente terribile di cui non vede fine; è quello che loro chiamavano presentificazione. Al passato non si può nemmeno pensare poiché tutto ciò che la persona focalizza del passato è negativo; gli si cerca di spiegare che non è vero e che sono sue convinzioni, ma il paziente dirà che tutto quello che è andato male è colpa sua, e la sua attenzione non si focalizzerà su nulla di ciò che di positivo c’è stato. Il futuro risulta impossibile perché non ci sarà un futuro; la sua condanna sarà vivere in questo presente senza fine. In qualche caso rarissimo (io non ho mai visto un caso completo) questa percezione si accompagna a un’alterazione del vissuto corporeo. Alterazione del vissuto corporeo e allucinazioni visive. Il paziente vi dice di vivere una situazione di annichilimento totale a questo presente senza fine. Sto parlando di forme gravissime, ma il nucleo psicopatologico è presente anche nelle persone che non hanno questa gravità sintomatologica, c’è proprio una difficoltà a vedere il tempo come qualcosa che scorre. DOMANDA: il sentimento di mancanza di sentimento si riscontra anche in altre patologie o è fortemente indicativo di depressione? RISPOSTA: è fortemente indicativo di depressione. Sintomi cognitivi: che riguardano la capacità di pensiero. Per la maggior parte degli autori i sintomi nucleari della depressione sono i sintomi affettivi, tuttavia soprattutto terapeuti cognitivisti (di quell’ultima scuola di cui abbiamo parlato), hanno messo a fuoco i sintomi cognitivi nella depressione, sottolineando il fatto che anche questi sarebbero sintomi centrali. Sono: - Rallentamento del pensiero e dunque anche dell’eloquio. La persona depressa, soprattutto se gravemente depressa, parla piano ed ha un linguaggio addirittura più povero perché il pensiero è rallentato e si impoverisce. - Impoverimento del pensiero: il soggetto ha come difficoltà a pensare. - Difficoltà di concentrazione e di memoria. - Alterazioni della qualità del pensiero con idee di svalutazione, colpa e disistima. Tutto ciò che il paziente ha fatto gli apparirà sbagliato e senza valore; lui stesso si considera una persona senza valore, indegna, ed in certi casi i vissuti di dignità diventano sentimenti di colpa. Questi sentimenti di colpa arrivano sino al delirio. - Delirio: è un’alterazione del pensiero, un giudizio incondivisibile che resiste ad ogni tentativo di critica. Nella depressione compaiono più frequentemente deliri di colpa, malattia e rovina. Un paziente in preda ad un delirio di colpa potrebbe ad esempio pensare che la sparatoria avvenuta i giorni scorsi a Milano sia avvenuta per colpa sua e che il mondo stia andando così male perché lui ha sbagliato e deve essere punito. DOMANDA: in questi casi dobbiamo tentare di far cambiare idea al paziente? RISPOSTA: capire come trattare una persona delirante è qualcosa di molto importante; può essere qualcosa di fortemente imbarazzante, non tanto nel delirio depressivo, dove invece è importante soprattutto se c’è un rischio - - suicidario. L’anno scorso, ad esempio, un paziente ha fatto saltare un impianto di pannelli fotovoltaici perché, passando con il trattore, ha visto questa cosa che non aveva mai visto e pensando fossero gli extraterrestri ci è andato sopra con il mezzo. Lui era molto soddisfatto perché era convinto di aver bloccato lo sbarco degli extraterrestri. Parleremo a fondo dell’atteggiamento corretto che bisogna tenere nel parlare con una persona delirante, tenete conto che ci possono essere deliri di diverso genere. Aaron Beck è stato il primo negli anni ’50 a parlare di psicoterapia cognitivocomportamentale nella depressione ed ha messo a fuoco gli errori cognitivi che caratterizzano questa patologia; essi fanno parte di una triade battezzata triade di Beck che comprende: una visione negativa di sé (“sono un perdente”, “sono un fallito”, “nessuno mi ama”, “non sono una persona degna di amore”), del mondo (“Il mondo è un luogo cattivo e infelice”; “gli altri approfittano di me”; “la vita è ingiusta nei miei riguardi" ) e del futuro (“Non cambierà mai nulla”; “Sarò sempre un fallito”). Idee autolesive e rischio di suicidio. (il professore quest’anno non analizza questa voce, aggiungo ciò che ho trovato in una vecchia sbobinatura). Di fronte ad un paziente depresso si devono indagare sempre l’idea - e i suoi propositi suicidari. A volte possono essere presenti semplicemente idee di morte, ossia il paziente pensa che sarebbe meglio morire piuttosto che soffrire così, perché la sofferenza della depressione è terribile. Bisogna fare attenzione perché un conto è pensare che varrebbe la pena morire, un conto è pensare di suicidarsi, ed un altro ancora è pensare concretamente a come farlo. È più a rischio chi inizia a pensare anche come, quando e dove suicidarsi; non bisogna pensare che siccome una persona ne parla non sia a rischio. Deliri congrui e incongrui dell’umore. Secondo il DSM-5 i deliri non sempre sono congrui con l’umore, il delirio di colpa è congruo con l’umore perché è un delirio negativo e pessimistico. Il DSM-5 prevede che in alcuni casi di depressione siano presenti deliri incongrui con l’umore anche se noi in Europa quando riscontriamo un delirio non congruo con l’umore raramente poniamo una diagnosi di depressione. Sintomi comportamentali: - Inibizione motoria (riduzione dei movimenti spontanei e del linguaggio). L’inibizione motoria è generalmente presente, ma possiamo anche trovarci di fronte ad un’agitazione proprio perché adesso la depressione agitata rientra nell’ambito della depressione (in virtù del fatto che possono essere presenti anche sintomi misti). - Inespressività o lacune di espressione. La persona con depressione grave ha una mimica come paralizzata, e anche una voce monotona. - voce monotona: parla piano e senza inflessioni. - Scarsa cura dell’igiene e dell’abbigliamento. Vedrete persone che fino a quel momento tenevano al loro aspetto, lasciarsi andare completamente: non si lavano più e hanno una scarsa cura della propria presenza. - Non dimenticatevi che spesso i disturbi ansiosi concomitano con i disturbi depressivi; può capitare dunque che, anche in assenza di un disturbo ansioso conclamato, siano presenti sintomi di ansia psichica e talvolta sintomi di ansia con somatizzazione. La depressione si presenta spesso in comorbilità con altre patologie generali o specifiche d’organo. Tra queste le cardiopatie sono quelle forse più frequenti. Altre patologie sono la malaria, il cancro, l’AIDS, il diabete mellito, le tiroiditi (in Sardegna le malattie autoimmuni sono molto frequenti e per quanto riguarda l’autoimmunità tiroidea è stata dimostrata questa associazione anche in persone che hanno una funzionalità ormonale apparentemente corretta), si è visto che anche solo la presenza degli anti TPO si associa a maggior rischio di depressione, altre patologie endocrine, moltissime patologie autoimmuni come la sclerosi multipla, la sclerosi sistemica, il LES, malattie neurologiche come il morbo di Parkinson. Studi recenti hanno dimostrato che anche nella celiachia c’è una marcata associazione con la depressione e che questa risulta essere il determinante più importante della compromissione della qualità della vita. La concomitanza dei due disturbi può peggiorare il decorso sia della depressione che della malattia in comorbilità ed è quindi di estrema importanza diagnosticarle e trattarle. La ricerca ha dimostrato che il trattamento della depressione può contribuire, in alcuni casi, a migliorare l'esito del trattamento delle malattie in comorbilità. Le persone malate di depressione e di un’altra grave patologia medica tendono ad avere un decorso più grave in entrambe le singole patologie, con maggiore difficoltà di adattamento alle loro condizioni di salute e più spese mediche di quelli che non hanno depressioni correlate. DOMANDA: considerando che alcune di queste patologie hanno una sintomatologia che coincide con alcuni dei criteri che dobbiamo tenere presente nella diagnosi di depressione, come facciamo a capire ad esempio che la perdita di peso o la stanchezza è legata alla patologia concomitante e non alla depressione? RISPOSTA: se il paziente ha un tumore sarà probabilmente stanco e perderà peso, ma quando lo interrogheremo, se non è anche depresso, generalmente non ci dirà che non ha più voglia di andare avanti, che non vede l’ora che sia finita ecc. Ci devono essere almeno cinque sintomi per porre diagnosi, non bastano due. È l’insieme che ci da il quadro. Vediamo adesso alcune forme più specifiche di depressione: (il professore inizia a descrivere il delirio senza chiarire che delirio e allucinazioni sono sintomi psicotici che accompagnano una forma di depressione definita depressione psicotica; aggiungo ciò che ho trovato nelle slide). DEPRESSIONE PSICOTICA: si verifica quando una grave depressione è accompagnata da sintomi psicotici quali allucinazioni (percepire cose inesistenti, sentire voci) e deliri (false convinzioni che non possono essere spiegate sulla base dell’esperienza culturale del soggetto). Questi deliri di solito sono coerenti con l’umore depresso (deliri di colpa o di rovina). Tra i sintomi psicotici abbiamo il DELIRIO che ribadisco essere una patologia di quella funzione psichica che si chiama pensiero; il pensiero è quella funzione che permette di mettere in correlazione i concetti e le idee. Il delirio è un giudizio non condivisibile caratterizzato da un particolare modo di porsi impermeabile a qualsiasi tentativo di dimostrazione del contrario, cioè impermeabile alla critica (es. se sto delirando e sono convinto che questo non sia un computer, ma un macchinario che serve a rubarmi il pensiero e se voi cercaste, prima di capire che sto delirando, di spiegarmi che non è vero e che il computer infatti lo usate per le diapositive, io anziché prendere in esame quello che voi dite penserò che siate d’accordo con quelli che vogliono rubarmi il pensiero). Il ragionamento della persona delirante è costantemente volto a difendere questo concetto indifendibile, non con la logica, ma con un pensiero che è esso stesso incondivisibile. È molto difficile stabilire i confini del delirio, tanto è vero che la psichiatria in passato è stata accusata di utilizzare metodi psichiatrici per mettere fuori gioco oppositori politici o religiosi in regimi totalitari. A me ad esempio è capitata una situazione di questo genere in Paraguay, all’inizio degli anni novanta, quando c’erano stati i primi report sull’ospedale psichiatrico di Asunciòn: ho chiesto se qualche elettroshock fosse stato praticato anche agli oppositori politici, e mi era stato risposto che si trattava di comunisti ed avevano disturbi di personalità. Con una definizione di delirio come quella che abbiamo visto può succedere che chi non la pensa come te sia indicato come delirante. Generalmente comunque il delirio riesce ad essere identificato abbastanza bene a parte in certe patologie rare che poi vedremo. Altri sintomi psicotici sono le ALLUCINAZIONI che sono disturbi delle senso-percezioni. L’allucinazione consiste nel percepire qualcosa che non esiste: sentire voci (vedremo che ciò è frequente nella schizofrenia), vedere cose che non ci sono, avere sensazioni di odori che non ci sono, sensazioni di trasformazione corporea. Le allucinazioni, come abbiamo visto nelle situazioni di trasformazione corporea, possono essere presenti rarissimamente anche nei casi di depressione. La depressione in cui sono presenti delirio (relativamente più frequentemente) o allucinazioni (meno frequentemente perché quando ci sono le allucinazioni c’è anche delirio), si chiamano depressioni psicotiche. DEPRESSIONE ATIPICA: episodio depressivo con umore che migliora la mattina, aggravamento pomeridiano serotino della sintomatologia, ipersonnia, iperfagia e aumento di peso (più frequente nel disturbo bipolare). DEPRESSIONE STAGIONALE: caratterizzato dall’insorgenza di episodi depressivi durante i mesi invernali, quando la luce del sole diminuisce; si è scoperto che è proprio il cambiamento di luce ad influire sulla genesi di tali disturbi. Sui libri troverete che le crisi depressive stagionali si verificano in genere a Maggio, da noi invece sono più frequenti a Febbraio-Marzo e tendono a riscontrarsi con incidenza minore nei paesi mediterranei rispetto a quelli nordici. I soggetti che hanno sofferto di depressione, in genere sono più vulnerabili ai cambi di stagione, anche se il tempo tende ad influire anche sull’umore di una persona che non soffre di queste patologie. Vedremo poi che oltre alla depressione stagionale esiste il disturbo affettivo stagionale, legato maggiormente alle patologie bipolari; in genere con l’arrivo della luce si verificano gli eccitamenti maniacali, con l’arrivo del buio le depressioni. Vediamo ancora alcune forme particolari di depressione in relazione all’età. Rientrano comunque nel quadro del disturbo depressivo maggiore e vengono diagnosticate nella stessa maniera, ma a seconda dell’età presentano alcune sfumature che talvolta rendono difficile la diagnosi. DEPRESSIONE NEGLI ADOLESCENTI La diagnosi è difficile perché i sintomi possono non essere quelli classici, ma anche perché gli adolescenti alcune volte li nascondono. Il suicidio ha una curva bimodale: colpisce soprattutto gli anziani, ma c’è una frequenza alta anche negli adolescenti e, sempre o quasi sempre, quando si verifica in un ragazzo si dice che nessuno aveva notato niente proprio perché è più difficile da notare. L’adolescenza è infatti un momento di crisi fisiologica in cui c’è il passaggio dall’età della fanciullezza, in cui i genitori sono punti di riferimento (dove il bambino utilizza i genitori come una sorta di specchio, non soltanto imitandoli, ma identificandosi profondamente in essi ed imparando così atteggiamenti ed emozioni), all’età in cui gli stessi genitori diventano quasi una controparte. In adolescenza avvengono alcune modificazioni fondamentali, non solo dal punto di vista fisico, ma anche dal punto di vista cognitivo: si inizia a sperimentare il pensiero astratto il che significa esprimere giudizi. E’ un momento nel quale il giovane esplora la libertà, il brivido di poter dare il suo giudizio ed è un periodo nel quale scopre anche l’adesione al gruppo di pari: non che nella fanciullezza non maturasse una relazione con i compagni di classe, ma era una relazione nella quale comunque il bambino non si vedeva nella sua autonomia, cosa che invece accade nell’adolescenza. Il genitore che sino a poco tempo prima era il punto di riferimento diventa quasi una controparte. Il contrasto che nasce dal fatto che l’adolescente debba esplorare e che i genitori debbano cercare delle modalità di indirizzo, anche imponendo delle cose (senza essere troppo oppressivi), è fisiologico. Oggi si assiste, anche per questioni economiche, ad un prolungamento non fisiologico dell’adolescenza; la fine di questo periodo in passato era segnato dal fatto che uno acquisiva la sua indipendenza economica, oggi questo avviene più tardivamente comportando una difficoltà ad autonomizzarsi e quindi a un prolungamento non fisiologico dell’adolescenza. A parte questa considerazione, rimane il momento del distacco e di opposizione nei confronti dei genitori; gli adolescenti hanno bisogno di identificarsi in simboli per affermare l’identità che stanno scoprendo e lo fanno ad esempio vestendosi in un certo modo. Accanto a questo bisogno di affermazione dell’identità che si sta scoprendo, e insieme all’atteggiamento che a volte è persino impositivo della propria identità, l’adolescente scopre anche la paura di crescere e la vertigine della solitudine (“sino a ieri avevo i miei genitori che mi proteggevano, oggi non posso più averli perché so che se li avessi i miei compagni mi giudicherebbero male”). C’è un’ambiguità in tutto questo: il ragazzo scopre il pensiero complesso, scopre che può dare giudizi, vuole essere grande, sperimenta e vuole la libertà, ma ha anche molta paura di crescere e di rimanere da solo e questa debolezza la nasconde; qualcuno parla di questa condizione come di Io diviso adolescenziale. Egli vive quindi una debolezza che però nasconde e in questa situazione, che è fisiologica, identificare la patologia può essere più difficile. Depressione significa insonnia e oggi, in un adolescente, anche ricercare l’insonnia pone dei problemi: la maggior parte di essi infatti, va frequentemente a letto tardi, sta ore al computer prima di dormire, e a quel punto è ovvio che individuare chi soffre di questo disturbo diventa difficile. Non è semplice nemmeno distinguere un’irritabilità dovuta a una crisi che sta iniziando a diventare profonda da un’irritabilità dovuta semplicemente al “fisiologico” contrasto con i genitori che non lo lasciano uscire. Un parametro molto importante che ci può aiutare (quando è possibile indagare) è il rapporto che l’adolescente ha con gli amici: l’adolescente problematico non ha solo problemi in famiglia (quelli li hanno anche adolescenti che non sono problematici), ma ha anche problemi grossi nel contesto delle amicizie e talvolta non li racconta (ad es. quando viene bullizzato). Un'altra cosa molto importante è che se vogliamo creare un’alleanza con un adolescente è meglio se le cose le chiediamo a lui; se pensiamo che un ragazzino abbia problemi gravi evitiamo di triangolare con la madre perché lei potrebbe raccontarglielo facendoci perdere la possibilità di avere un rapporto di fiducia con lui. DOMANDA: Professore dovete riferire le cose che vi dice il ragazzino? RISPOSTA: Se sono minorenni sì, ma cerchiamo di trovare il modo di mediare. Se invece sono maggiorenni non siamo tenuti a dire nulla (siamo vincolati dal segreto professionale) a meno che non siano problemi che possono mettere a repentaglio la vita di qualcuno. DOMANDA: Professore, nel caso in cui lei debba riferire ciò che le racconta il ragazzo come fa a stabilire con lui un rapporto di fiducia? RISPOSTA: Queste cose ve le chiarirà meglio il medico legale, però, da un punto di vista pratico, vi posso dire che (anche se il paziente è minorenne) non siete tenuti a rivelare una cosa se questa può danneggiare il vostro paziente: quindi entro certi limiti potete avere il vincolo del segreto professionale. Per es: se un ragazzino di 15 anni mi racconta che si sta facendo di eroina, gli dico che è mio dovere avvisare i genitori, ma se mi racconta che è gay e non lo vuole dire ai genitori, io non lo riferisco perché non è una cosa che ha una ricaduta immediata e potrebbe creare problemi al rapporto del ragazzo con il padre e la madre. DOMANDA: Professore, se il ragazzo non lo racconta come si fa a sapere che ha problemi con gli amici? RISPOSTA: Se un paese è piccolo può essere abbastanza semplice, altrimenti si cerca di indagare indirettamente. Per un medico di medicina generale è più semplice reperire queste informazioni. I sintomi più frequenti nella depressione in adolescenza sono: - Umore depresso; - Umore irritabile; - Riduzione del tempo di attenzione; - Difficoltà nell’addormentamento; - Apatia; - Affaticamento; - Intenzioni suicidarie. Per umore irritabile intendiamo il reagire arrabbiandosi a stimoli che normalmente non comporterebbero tale reazione. Anche questo è un sintomo della serie mista che abbiamo visto oggi essere accettati anche nella diagnosi di depressione. Un altro sintomo importante nell’adolescenza è la riduzione del tempo di attenzione, la difficoltà all’addormentamento (difficilissimo da diagnosticare), affaticamento e l’apatia. Molte volte il giovane paziente depresso più che depresso appare apatico, apparentemente non reagisce più a nulla. In questi casi è da tener presente il rischio di suicidio. Proprio per il problema che vi ho detto dell’io diviso adolescenziale, molte volte il suicidio nell’adolescente è occasionale, compulsivo: se previeni quel momento riesci a prevenirlo bene e non ci riprova. L’anziano se si mette in testa che lo deve fare lo fa. Sintomi meno frequenti in adolescenza: - senso di colpa; - ipersonnia; - l’insonnia terminale; - la diminuzione dell’appetito infatti è più frequente l’aumento; - il rallentamento motorio. DEPRESSIONE IN TERZA ETÀ Facendo uno studio sulla percezione della depressione nella popolazione generale e sulla percezione che si ha di un anziano depresso si è visto sorprendentemente che la visione delle persone è differente. È come se la depressione fosse identificativa della terza età, questo significa che nella concezione comune il fatto che l’anziano sia depresso è quasi normale: la terza età viene vista come un’età di tristezza e di depressione. Non che ai giorni nostri la maggior parte degli anziani sia felice però questa visione è un po’ esagerata. Misurando la qualità della vita degli anziani abbiamo rilevato che nei paesi è più elevata. Probabilmente questo accade perché nei paesi la struttura sociale permette attività di incontro e socializzazione maggiori rispetto alla città dove è più difficile spostarsi, instaurare rapporti di vicinato e così via. Il fatto che gli anziani non usino internet e nemmeno i social network potrebbe essere un limite, ma anche un terreno da scoprire in termini di socialità ed anche in medicina preventiva. Il problema dell’anziano depresso è che la difficoltà a comunicare i sintomi depressivi (presente a tutte le età) si amplifica perché, almeno nella nostra cultura, l’anziano, ancora più del giovane, è convinto di dovercela fare da solo e che chiedere aiuto sia un’ammissione di debolezza. La depressione è vista come sinonimo di debolezza. Nelle persone anziane affette da depressione è importante distinguere se questa è insorta prima della terza età o per la prima volta in età avanzata in una persona che non è mai stata depressa prima. In questo secondo tipo di depressione contano di più alcuni fattori di rischio rispetto all’esordio giovanile o all’esordio adulto, ad esempio: la perdita di una persona vicina con cui l’anziano aveva un rapporto di confidenza. Alcuni studi hanno dimostrato che negli anziani la perdita del coniuge in età avanzata espone a forte rischio di mortalità, mentre se la perdita avviene precocemente il più delle volte la crisi riesce ad essere superata. Un altro fattore di rischio nella depressione ad esordio tardivo è la presenza di una patologia cronica (hanno grosso impatto le patologie che limitano la possibilità di socializzare). La diagnosi deve tenere conto del fatto che molte volte il quadro è caratteristico, ad esempio sono molto frequenti sintomi ipocondriaci, anedonia, somatizzazione. L’ipocondria è una polarizzazione della propria attenzione su tutti gli acciacchi corporei, che non vuol dire soltanto accentuare la sintomatologia, ma vivere la relazione con gli altri solo in funzione dei propri sintomi. Un sottogruppo di anziani con esordio depressivo in terza età, presenta lievi sintomi di compromissione cognitiva associati a depressione. Nella depressione esiste sempre una compromissione cognitiva (difficoltà di attenzione, memoria), negli anziani però ci sono sintomi cognitivi nucleari ed è infatti molto compromessa la working memory. Nel sottogruppo di anziani che presenta questa sintomatologia cognitiva c’è un elevatissimo rischio di sviluppare una demenza negli anni successivi all’esordio depressivo; nasce il problema: la depressione è un fattore di rischio o un sintomo precoce? Probabilmente un sintomo precoce. Un tempo si pensava che certe forme demenziali fossero un equivalente depressivo cioè che certe demenze fossero una manifestazione attraverso la quale l’anziano dimostrava la propria depressione. Esistono effettivamente delle forme demenziali che migliorano con antidepressivi; questo è il concetto di pseudodemenza. (dalle slide: È un quadro clinico caratterizzato da alterazioni reversibili delle funzioni cognitive (come memoria, concentrazione, orientamento nello spazio) e bradipsichismo. Le forme più evidenti possono sembrare simili alla demenza. La sintomatologia migliora con antidepressivi. Secondo alcuni si tratta di manifestazioni specifiche della depressione in terza età (Deleo et al., 1987) magari in relazione a personalità premorbosa di tipo isterico (Horvarth et al., 1989). Attualmente si sottolinea il rischio di evoluzione in demenza anche dopo il miglioramento temporaneo con la terapia antidepressiva.). La verità è che un tempo, quando non avevamo assolutamente nulla contro le demenze da un punto di vista farmacologico, si tentava di utilizzare farmaci antidepressivi anche in questi casi. In realtà non era un approccio corretto poiché se il soggetto non era affetto da depressione, ma realmente da demenza, con gli antidepressivi si rischiava di aumentare i sintomi di irritabilità e quindi di fare un danno. Ci possono essere casi in cui siamo portati a sospettare forme di compromissione cognitiva associate ad una forte componente depressiva, per cui se riusciamo a contrastare la sintomatologia depressiva con un antidepressivo miglioriamo lo stato generale ed in qualche modo contrastiamo anche l’ingravescenza della sintomatologia cognitiva. Quali sono quelle cose che possono portarci a sospettare una situazione del genere? Innanzitutto nelle forme cosiddette pseudodemenziali l’esordio è più acuto, mentre nelle demenze è insidioso. I disturbi dell’orientamento sono presenti, ma sono molto più lievi che nelle sindromi demenziali pure. Nelle pseudodemenze è presente la consapevolezza di malattia e del deficit cognitivo. I deficit sono fluttuanti, questa è una caratteristica molto importante. Se ci sono deliri sono deliri congrui all’umore e sono meno spesso i classici deliri demenziali dove la persona non riconosce un individuo che conosce (ad es il figlio) e lo inserisce in un delirio ad esempio persecutorio o magari di un cambiamento di una persona (non è mio figlio ma è uno che hanno cambiato). Nella pseudodemenza il delirio è quasi sempre un delirio depressivo congruo con l’umore, colpa o rovina. Il sonno molto frequentemente è caratterizzato dalla tipica insonnia terminale (il risveglio precoce). Esiste una concomitanza stretta tra i disturbi vascolari e la depressione; abbiamo infatti una forma particolare di depressione ad esordio, spesso, nella terza età che oggi molti chiamano DEPRESSIONE VASCOLARE perché è una depressione presente in soggetti che non hanno un’anamnesi positiva per disturbi precedenti depressivi, ma che invece hanno un’anamnesi positiva per disturbi vascolari (magari hanno aterosclerosi, diabete etc.) o altri fattori di rischio per disturbi vascolari cronici. Il deficit cognitivo proprio di questa forma di depressione riguarda prevalentemente, ma non esclusivamente, le funzioni di organizzazioni cognitiva, le qualità astratte. È una depressione che presenta un sintomo, che non è patognomonico, ma che ci indirizza fortemente: la labilità emotiva. Labilità emotiva è un sintomo molto frequente nei disturbi depressivi, ma nella depressione vascolare è molto più marcata; basta un niente per provocare una reazione emotiva (si mette a piangere per niente). In genere questo tipo di depressione ha un’evoluzione come demenza vascolare, cioè va avanti a gradini, prima una depressione lieve cronica poi peggiora con l’aggiunta di qualche sintomo depressivo ingravescente e così via. Il rischio suicidario nella terza età è il più alto, soprattutto tra i maschi. Gli anziani sono il 13% della popolazione italiana e pensate che il 32% dei suicidi è messo in atto da anziani; se poi andate a vedere i maschi, il rischio specifico aumenta anche di più. Negli anziani maschi è meno frequente il tentativo di suicidio rispetto agli adolescenti. Negli adolescenti per ogni suicidio ci sono infatti moltissimi tentavi di suicidio. A volte sono suicidi non riusciti, ma finalizzati; il confine è sempre molto labile: si va dall’uso delle famose pastiglie di formitrol (pastiglie per il mal di gola) inadeguate al suicidio, a situazioni alle quali invece era presente l’intento suicidario. Negli adolescenti ci può essere un tentativo dettato dall’impulso del momento (o la va o la spacca). Domanda: E’ possibile che un adolescente sia così bravo a dissimulare il suo disturbo depressivo tanto da manifestare invece all’esterno la situazione inversa? Risposta: In quei casi la prima ipotesi è che si tratti di un disturbo bipolare per cui magari quell’apparente euforia che sembrava un’euforia normale in realtà era un episodio maniacale; questa è una cosa che vedremo essere il nocciolo del disturbo bipolare. Una persona che soffre di disturbo bipolare non riporta mai il periodo ipomaniacale come un periodo di patologia.