Capitolo 2 ( I nodi teorici attuali)

Capitolo 2: I nodi teorici attuali
Fino a non molti anni fa si parlava di “ Età evolutiva” e non di Psicologia dello Sviluppo
come oggi viene chiamata. Parlare di Età evolutiva implica che il processo di sviluppo
psichico presenti una fase di evoluzione (giovinezza) alla quale segue una fase di stabilita (età
adulta) per poi arrivare ad una involuzione (età senile). Questa concezione ha dominato e si è
diffusa nel senso comune, considerando l’adulto come punto di arrivo, di riferimento, e il
bambino e l’adolescente come adulti non compiuti imperfetti. Tale processo è rappresentato
molto bene dalla metafora dell’arco della vita, in cui si ha una fase ascendente ed una
discendente e cosi inteso si riferiva anche allo sviluppo delle capacità mentali e cognitive
dell’uomo. Secondo questa visione, nella giovinezza era possibile l’apprendimento di nuove
conoscenze e capacità e nell’età senile avveniva il contrario, ovvero la perdita graduale di
tutte le funzioni psichiche superiori, il declino.
Gli studi in neurofisiologia hanno evidenziato la plasticità neuronale del cervello umano,
capace di ristrutturazioni importanti e di nuove connessioni, non solo nell’età adulta ma
anche nella vecchiaia. Il declino nell’età senile è legato alle condizioni personali, familiari e
lavorative (studi età senile).
L’oggetto di studio della psicologia dello sviluppo si spostò dal periodo infanzia adolescenza
all’intera vita umana ( prospettiva del ciclo della vita) in quanto ritiene che lo sviluppo
riguardi tutta l’esistenza. Sviluppo: lungo tutta la vita, non si identifica con il tempo ma nel
tempo.
Modelli deterministici unicausali
Sono quei modelli che fanno risalire ad una o poche cause, in modo obbligato e
deterministico, la spiegazione del comportamento umano. Non tengono conto delle numerose
variabili che possono influenzare il comportamento. Le ragioni di tale semplificazione sono
riconducibili al clima scientifico di quel periodo storico. Nel momento in cui rivendicavano la
possibilità di studiare anche l’uomo in modo rigoroso e scientifico, gli psicologi facevano uso
di tali modelli deterministici forti nell’800 (soprattutto in fisica). La fiducia nella scienza aveva
fatto individuare alcune catene causali certe e semplici, tali da permettere una chiara
comprensione e precisa manipolazione. Veniva creata una causalità lineare per la quale
alcune cause semplici esercitavano un’influenza unidirezionale sul comportamento umano.
Tale modello è stato messo in discussione all’inizio degli anni 20 sostenendo l’impossibilità di
fare previsioni deterministiche. In ambito psicologico le spiegazioni deterministiche si
orientavano da una parte verso la ricerca delle cause del comportamento umano e dello
sviluppo cognitivo nell’ambiente dall’altra nei fattori biologici. I 2 orientamenti che
maggiormente hanno contribuito alla diffusione dei modelli deterministici unicausali sono
stati il COMPORTAMENTISMO ( comportamento ricondotto all’influenza dell’ambiente e
dagli stimoli da esso provenienti, Watson paradigma S-R comportamento come risposta allo
stimolo ambientale senza lasciare spazio a altre influenze ne azioni individuali) e la
PSICANALISI ( il comportamento è il risultato della pulsione cioè energia psichica di origine
istintuale. Freud ipotizzò da prima una sola pulsione , sessuale, per poi aggiungervi una
seconda pulsione, di morte, volta alla distruzione. Il comportamento umano è determinato da
tali pulsioni.
Modelli Probabilistici – Multicausali
Tali modelli hanno una visione dinamica del sistema che si evolve nel tempo ponendo
l’attenzione sulle reciproche modificazioni e interazioni variabili lungo il tempo. La rigida
distinzione tra variabile dipendente e indipendente non è più possibile, in quanto ogni
variabile è allo stesso tempo, causa ed effetto di altre, cioè sono in reciproca interazione.
Quindi è difficile fare una previsione certa delle conseguenze di un mutamento nel sistema,
per il fatto che non esiste una sola causa. In oltre non solo non esiste un'unica causa, ma i
complessi rapporti tra le diverse cause impediscono di predire in modo certo gli esiti di una
modificazione, ciò trasforma le previsioni da deterministiche a probabilistiche.
In psicologia si parla di modelli probabilistici multicausali anche nella nozione di sviluppo. I
contributi sono da far risalire a 2 aree:
_ Gli studi che hanno portato a comprendere il ruolo attivo della mente, che si svolgono a
partire dal 1920 quando appare lampante il ruolo attivo della mente capace di rielaborare
informazioni e di dare significato al mondo. Il comportamento non può + essere considerato
solo il risultato delle influenze ambientali e biologiche ma va tenuto in considerazione anche
l’ambito cognitivo. La mente non è + in balia dell’ambiente e della progettazione biologica ma
ne è riorganizzatrice. Importanti sono gli studi : Vygotskij (=i processi psichici hanno una
natura sociale e la mente umana svolge un ruolo attivo utilizzando strumenti es. linguaggio),
Werner (=l’individuo diventa progressivamente capace attraverso lo sviluppo mentale) e
Piaget ( = intelligenza come adattamento) .
_ Gli studi che hanno adottato una prospettiva internazionalista e sistematica, proposti da
Lewin ( l’individuo non deve essere concepito come isolato ma deve essere studiato in modo
globale assieme alle relazioni che stabilisce con l’ambiente. Ha introdotto il concetto di
campo, inteso come totalità dei fattori coesistenti in un certo momento, interdipendenti.
Superando la dicotomia tra chi poneva l’accento sull’individuo o sulla società egli
considerava il comportamento come una funzione dato sia dalle caratteristiche dell’ambiente
che dell’individuo. L’oggetto di studio della psicologia diventa l’interazione tra sogg e
ambiente: concepito in senso psicologico come vissuto e percepito dalla persona) e
Brofenbrenner (importanza del contesto nel quale il soggetto si sviluppa e sulla reciproca
relazione tra essi). Tali concezioni hanno spinto verso una prospettiva internazionalista e
sistematica.
Modello Probabilistico – Olistico – Interazionistico
Prende in esame la complessità del comportamento e dello sviluppo umano, ovvero nella sua
interezza lungo tutto il suo ciclo di vita, in relazione al contesto. L’individuo e il suo ambiente
formano un sistema integrato e dinamico. Questi 2 elementi sono inseparabili e s’influenzano
reciprocamente in un’interazione dinamica non lineare.
Interazione dinamica non lineare: riguarda tutti i sistemi aperti; gli elementi non possono
essere definiti in modo assoluto come causa o come effetti, dipendenti o indipendenti, in
quanto la loro posizione varia nel tempo,es.(ciò che inizialmente è ritenuto la causa può in
seguito diventare l’effetto). Nella Psicologia dello sviluppo assume una fondamentale
importanza “L’ambiente”.
Per Bronfenbrenner l’ambiente è concepito come un sistema distinto in livelli differenti
variamente definiti = ambiente ecologico: distinto in vari centri concentrici microsistema (: es
ambiente famigliare o ambiente scolastico), mesosistema (: relazioni tra i vari microsistemi),
ecosistema (: es condizioni di lavoro dei genitori), macrosistema (: es scelte politiche, sociali,
occupazionali ecc)
Concetto di: Ambiente Prossimale: inteso come il contesto più vicino ad un
bambino(familiari, insegnanti, compagni di scuola), costituisce l’ambiente nel quale il
soggetto agisce e interagisce direttamente; e Ambiente Distale: inteso come più ampio
ambiente sociale, economico e culturale nel quale lo stesso ambiente prossimale è immerso.
Ambiente prossimale e distale devono essere considerati nelle loro reciproche interazioni e
non come realtà tra loro separate.
- Ma l’ambiente non immobile nel tempo esso si modifica nel corso dello sviluppo,
infatti non muta solo in relazione con i grandi cambiamenti sociali e sociologici ma
anche grazie all’azione dell’individuo.
Nella prospettiva di interazione reciproca viene considerata anche l’azione e selezione
dell’uomo sull’ambiente stesso. Tale azione si svolge anche sull’ambiente distale mediata
dall’uso di sistemi simbolici e segni condivisi , come il linguaggio. L’individuo allo stessi
tempo è influenzato per es dal contesto culturale ma a sua volta lo influenza e lo modifica.
Si passa quindi da una concezione unidirezionale del quale l’ambiente era visto come fonte di
stimoli a una prospettiva che lo definisce come fonte di info che la persona valuta e elabora.
Ambiente condiviso e non condiviso : dibattito sulla famiglia.
SOGGETTO: concepito come un sistema che opera in modo attivo e finalizzato, che costruisce
il primo sviluppo e si autoregola, in interazione con un ambiente che non è separato ma che è
contributo dell’individuo stesso.
In tale concezione si sottolinea il ruolo centrale della mente umana, che conosce e interpreta la
realtà utilizzando simboli e segni. All’interno di un sistema culturale. Ciò significa che gli
aspetti cognitivi, emotivi affettivi e sociali sono considerati nella loro reciproca interazione.
Ne deriva che la psicologia dello sviluppo da grande importanza a norme, regole, valori,
valutazioni, scopi, significati e alla percezione che l’individuo ha di sé e dei sistemi simbolici
che utilizza nella costruzione di sé e del suo rapporto con il mondo.
Biologia e ambiente: Il rapporto tra Maturazione biologia ed Esperienza
Grazie agli studi in biologia e neuroscienze si è appreso che lo sviluppo cognitivo avviene per
fasi che sono in stretta relazione con importanti processi come la produzione e selezione delle
sinapsi e con la mielinizzazione. Ne deriva che le condizioni biologiche pongono un limite
massimo al livello di prestazioni che il bimbo può dare. La realizzazione di queste
potenzialità è legata all’esperienza e all’ambiente. I fattori biologici, non solo quelli genetici,
costituiscono l’insieme delle condizioni che rendono possibile un certo funzionamento
psichico lungo lo sviluppo.
Prima di una maturazione biologica non si possono acquisire abilità con l’addestramento o
l’insegnamento e al contrario, la sola maturazione biologica non determina
l’acquisizione di abilità senza un contesto adatto. Pur essendo l’uomo dotato di grande
plasticità esistono dei periodi che gli psicologi chiamano “Periodi sensibili o critici” nel quale
l’apprendimento di nuove abilità o conoscenze è più probabile (es. l’apprendimento del
linguaggio orale avviene per primo segue la lettura e la scrittura).
Continuità e Discontinuità
Il tema della continuità e discontinuità è sempre stato uno degli argomenti centrali della
psicologia dello sviluppo, ci si è spesso chiesti cosa cambiasse e cosa rimanesse uguale lungo
lo sviluppo cognitivo ancor + tale argomento è diventato importante con l’adozione di una
prospettiva interazionalistiaca olistica .
E’ indubbio che ognuno di noi vive un senso di continuità nella propria esistenza, nonostante
i cambiamenti fisici e le trasformazioni psichiche. Tale continuità può venire a mancare per
vari motivi, (fisiologici, sociali, traumatici) e può comportare una sofferenza quindi ci si rende
conto di quanto sia importante ritrovare o seguire un filo conduttore nella propria vita.
Il tema della continuità e della discontinuità lungo lo sviluppo si riferisce a due aspetti:
- Il primo riguarda il comportamento manifesto: sviluppo Continuo, quando la natura di un
nuovo comportamento può essere prevista in base al comportamento precedente e sviluppo
discontinuo, quando non è possibile prevedere lo stadio seguente a partire dal precedente
(Piaget)
- Il secondo riguarda i processi coinvolti: per quanto il comportamento sia importante,
l’aspetto che più interessa allo psicologo dello sviluppo è la continuità e la discontinuità dei
processi. Lo sviluppo può essere considerato continuo se si ritiene che per tutto il suo corso
agiscano gli stessi processi causali, mentre è discontinuo quando si ritiene che agiscano
processi diversi.
Talvolta la continuità può essere (in prospettiva statistica):
- Omotipica: continuità di una stessa modalità di comportamento (es. il comportamento
aggressivo alle diverse età);
- Eterotipica: si riferisce alla continuità che riguarda comportamenti diversi per forma ma di
un medesimo processo (es. la continuità tra attenzione, nella prima infanzia, e la capacità di
soluzione dei problemi nell’età scolare).
La sequenza Stadiale
Per spiegare meglio la Continuità e Discontinuità possiamo far riferimento alla sequenza
studiale e alle teorie stadiali (Piaget – Freud).
- Infatti secondo Piaget lo sviluppo cognitivo è discontinuo, lo sviluppo delle strutture
mentali è strutturalmente discontinuo e si organizza in stadi qualitativamente differenti, sulla
base della maturazione. La sequenza degli stadi è invariante. Ogni stadio configura un modo
particolare di conoscere e relazionarsi con la realtà. Lo stadio e la fase sono concepiti in modo
unitario e tutte le modalità di funzionamento del bambino che si trova in un certo stadio sono
accomunate dalle stesse proprietà. Riguardo allo sviluppo cognitivo, P. ritiene che nn vi
fossero decalage orizzontali nello sviluppo. Uno stadio infatti è caratterizzato da una certa
struttura logica e quindi tutti i compiti sono risolti allo stesso modo. Le eventuali differenze
qualitative di funzionamento all’interno dello stesso stadio o fase sono interpretate per lo +
come deviazioni della norma e quindi come regressioni, fissazioni o mancate acquisizioni e
non come normali scarti temporali nello sviluppo di differenti funzioni.
- Allo stesso modo lo sviluppo psico-sessuale secondo Freud avviene per forza di una
maturazione in fasi discontinue che introducono dei mutamenti qualitativi.
Per questo motivo che il passaggio da uno stadio all’altro o di una fase, avviene ad una certa
età e sia gli stadi che le fasi si estendono in tutti i bambini per un certo periodo di tempo, cioè
fino al raggiungimento della relativa maturazione.
Oltre il concetto di stadio
Per Vigoiskij lo sviluppo cognitivo non può essere compreso senza fare riferimento al
contesto sociale e culturale in cui il bambino, o l’adulto, sono inseriti. Lo sviluppo biologico,
definisce l’ambito delle possibilità di sviluppo, ma non la loro concreta realizzazione, che è
legata alle opportunità offerte dalla cultura e in particolare all’utilizzo degli strumenti che
una certa cultura ha elaborato nel corso della sua evoluzione, vale a dire il linguaggio orale e
scritto, i sistemi di calcolo, la tecnica, l’arte. L’area di sviluppo prossimo di V. defisse appunto
quell’area che si colloca tra il livello di sviluppo di un bambino, in un momento definito, e il
suo livello potenziale non ancora raggiunto, ma raggiungibile con l’aiuto dell’adulto che
rende disponibili gli strumenti della cultura. Non è possibile individuare una sequenza
obbligata di sviluppo biologicamente fondata uguale per tutti i bambini. Se nel modello di V.
l’attenzione è rivolta agli strumenti di mediazione culturale che veicolano la conoscenza e il
rapporto con al realtà, altri studiosi hanno preso in considerazione il ruolo dell’interazione
sociale non soltanto con gli adulti ma anche con i coetanei nella quotidianità della vita del
bambino. Questi studi hanno evidenziato che i bambini possono, a certe condizioni, tra cui in
particolare il trovarsi nella fase terminale dello stadio, anticipare modalità di ragionamento
caratteristiche di uno stadio seguente, anche se limitatamente ad un certo ambito cognitivo,
quando si sono travati in conflitto con ragazzi di poco + grandi sul modo di risolvere una
condizione sociale coinvolgente. Lo stadio non è una struttura globale ed unitaria ma che è
possibile per certi compiti ragionare in modo diverso, caratteristico dello stadio seguente, in
conseguenza di un’interazione sociale che ha costretto a prendere in considerazione modalità
di ragionamento differenti e + evolute delle proprie. Sembra comunque impossibile
un’anticipazione che vada oltre allo stadio immediatamente seguente.
L’area di sviluppo prossimo: la differenza tra il livello di sviluppo di un individuo ad un
momento dato e il suo livello potenziale non espresso corrisponde alla differenza tra il livello
di prestazione cognitiva che il sogg può raggiungere quando opera da solo e il livello di
prestazione che può raggiungere quando opera con un altro sogg che si colloca a un livello di
sviluppo superiore, questo è l’adulto, insegnate. Può trattarsi anche di un coetaneo, secondo
V. lo sviluppo cognitivo individuale non è comprensibile senza fare riferimento al contesto
storico e culturale nel quale il sogg vive. Tali strumenti di mediazione sono stati identificati
nel linguaggio, nella lettura e scrittura, ecc. L’area di sviluppo prossimo, fa quindi
riferimento, da un lato agli aspetti maturativi e alle potenzialità biologiche che identificano il
livello di apprendimento e di prestazione cognitive cui il bambino più giungere da solo e
dall’atro, all’esperienza che identifica il livello cui il bambino sarebbe in grado di giungere
grazie alla mediazione della cultura e dell’adulto.
Variabilità Interindividuale e Intraindividuale
Secondo la concezione stadiale ogni bambino in uno cero stadio presenta prestazioni simili
che riguardano tutti gli ambiti del funzionamento psichico. Mentre tanti studi effettuati
dimostrano la grande differenza che esiste tra bambini della stessa età.
Tali Differenze sono state identificate come Variabilità e sono:
- Variabilità Interindividuale: definita come insieme delle variazioni che una certa funzione
psichica presenta in individui diversi ( ad esempio in un gruppo di bambini della stessa età
possiamo trovare delle differenze nella capacità verbale)
- Variabilità Intraindividuale: definita come insieme delle variazioni che, all’interno
dell’individuo, riguardano le varie funzioni psichiche (un bimbo che presenta una ottima
capacita linguistica ma è goffo nelle operazioni manuali).
I concetti di stadio o di fase dello sviluppo non possono + essere utilizzati nella loro
formulazione tradizionale. Essi non sono infatti in grado di rendere ragione della grande
variabilità esistente sia tra individui diversi, sia tra i vari aspetti del funzionamento psichico
di uno stesso individuo. Tali variabilità, già notevoli dalla nascita all’adolescenza, sono
ancora maggiori se si prende in considerazione lo sviluppo dell’intero ciclo di vita.
Il passaggio da uno stadio all’atro non è però indipendente dall’esperienza e dalle influenze
ambientali e gli stadi successivi possono anche non essere raggiunti. All’interno dello stesso
stadio è possibile una grande variabilità, sia tra gli individui, sia all’interno dell’individuo
stesso rispetto hai diversi aspetti del funzionamento psichico; ciò significa che sono possibili
prestazioni e comportamenti caratteristici sia di stadi precedenti che successivi.
Percorsi di sviluppo individualizzati e differenziati
Per queste ragioni, al concetto di stadio molti psicologi preferiscono oggi quello di percorso di
sviluppo: percorsi possibili, fortemente individualizzati e differenziati, che sono il risultato
della complessa interazione, lungo il tempo dell’individuo e dell’ambiente: un individuo da
un lato svolge un azione sul proprio mondo attraverso sistemi simbolici dall’altro è plasmato
e interpretato dall’individuo stesso. La teorizzazione sui percorsi di sviluppo rappresenta il
tentativo di comprendere queste regolarità lungo lo sviluppo, nell’intero ciclo di vita di
ciascuno, in una prospettiva multicausale, globale, e interazionistica. Adottare tale
prospettiva non significa dunque rinunciare a fare scienza, non frammentare l’analisi in tanti
percorsi inconfrontabili. I percorsi probabilistici e pluridirezionali ma non infiniti infatti ogni
persona si sviluppa con modalità diversa. Nel concetto di percorso individualizzato di
sviluppo, il presente svolge un ruolo di primo piano. Esso infatti offre opportunità, o vincoli
che possono nell’interazione con il sogg portare a modificare la traiettoria di sviluppo sulla
quale il sogg era avviato. Nel presente si possono verificare quegli eventi significativi
suscettibili di imprimere una svolta allo sviluppo, tali negati o positivi prettamente causali
interagiscono con le capacità e le scelte del sogg.
Sviluppo e cambiamento
Il compito della psicologia dello sviluppo è appunto quello di individuare e comprendere le
regolarità di funzionamento dei diversi fattori che operano nel funzionamento psichico;
comprendere come maturazione e esperienza conducano a strutture e modelli di
comportamento nuovi e come nuovi processi emergano nelle nuove strutture. Cambiamento
e ciclo di vita (ogg di studio della P. S.) non sono sinonimi, dal momento che non tutto ciò che
rappresenta un cambiamento, es. modificazione, realizza in realtà uno sviluppo. Per sviluppo
era stato postulato dagli studiosi un parallelismo tra leggi del funzionamento biologico e
leggi del funzionamento psichico. Lo sviluppo è concepito come un cambiamento sistematico
e coerente, sequenziale e probabilistico, progressivo e multidirezionale, il quale comporta
cambiante relativamente duraturi e tali da incrementare o rendere + complessa l’articolazione
dei tratti strutturali e funzionali del sogg e le sue interazioni con l’ambiente, mantenendo al
tempo stesso un organizzazione coerente e un’unità strutturale e funzionale come un tuttuno.
Capitolo 4: Lo Sviluppo Cognitivo e Sociale
Lo sviluppo cognitivo del bambino può essere descritto se prendiamo in esame alcuni
processi cognitivi e cioè:
- La capacità di percepire.
- La capacità di apprendere.
- La capacità di memorizzare.
- La capacità di organizzare la conoscenza tramite simboli (linguistici)
- La capacità di agire intelligentemente.
I riflessi
L’ordine in cui vengono citati queste capacità non è casuale, ma rispecchia la loro comparsa
nel corso dello sviluppo del bimbo. Uno degli aspetti primari che caratterizza il neonato fin
dalla nascita sono i riflessi. Il neonato infatti è capace di reagire con movimenti riflessi ad una
serie di stimoli che le permettono di percepire, seppur in forma ridotta, il mondo attorno a sé.
I Riflessi sono risposte organizzate e automatiche a stimoli specifici. Sono innati nella specie
umana e hanno una funzione adattiva. Alcuni riflessi sono presenti per tutta la vita, altri
come i riflessi neonatali sono destinati a scomparire nell’arco dei primi mesi di vita e sostituiti
dalla capacità di azioni volontarie. Tali riflessi servono per es la suzione e la rotazione del
capo per la nutrizione altri si pensa che svolgano una funzione “preadattiva” come il riflesso
di prensione . Essi sono elementi diagnostici importanti per la salute del bambino: riflessi
deboli, assenti, esagerati possono segnalare danni al sistema nervoso centrale. La presenza dei
riflessi è il chiaro segno che il bimbo reagisce alle informazioni e agli stimoli del mondo
esterno.
La percezione
La capacità di registrare informazioni con gli organi di senso può essere considerata alla base
della conoscenza umana. Gli studiosi si sono occupati della misura in cui la percezione
implichi processi cognitivi, mostrando che la mente non si limita a registrare passivamente
informazioni sensoriali ma lavora attivamente per selezionare e organizzare. La percezione ci
fornisce informazioni di prima mano, o come scrisse Gibson, ci fornisce informazioni limitate
a ciò con cui abbiamo a che fare, ovvero “ hit et nunc – qui ed ora”. Secondo i teorici della
Gestalt la percezione è una modalità primaria di esperienza, un processo primario innato
nell’uomo che le consente di essere in sintonia immediata con il mondo esterno. Anche
secondo i coniugi Gibson la percezione è innata. Loro propongono una teoria ecologica, la
quale afferma che le informazioni percettive e gli stimoli sono contenuti nell’ambiente e il
bambino deve sviluppare e affinare solo le capacità e strategie che le consentano di cogliere e
selezionare le informazioni rilevanti. Il bambino già da prima della nascita incomincia a
sperimentare il mondo attorno a se. Ancora chiuso nel feto della mamma, durante gli ultimi
mesi di gravidanza, il feto ha modo di sperimentare sensazioni tattili e gustative e uditive, per
esempio succhiandosi il pollice e udendo dei suoni come la voce della mamma. Dati poi
confermati, dal riconoscimento del latte materno da altri tipi di latte, riconoscimento della
voce della mamma e il preferire i gusti dolci da quelli amari o acidi.
La percezione uditiva del neonato è limitata, cioè il neonato possiede nei primi mesi di vita
una soglia uditiva abbastanza alta, quindi i suoni vengono attutiti, quindi non hanno una
percezione uguale a quella degli adulti. Per quanto riguarda il riconoscimento della voce
materna, bisogna specificare che nei primi giorni di vita, il bimbo fa una distinzione per lo più
sul ritmo e la cadenza vocale della madre che le permette di distinguerla dalle altre.
La Discriminazione Visiva (scheda)
La mente umana sembra attratta dalle novità, per cui si ha una maggiore attenzione per i
nuovi stimoli che si presentano a noi.Quando uno stimolo rimane presente ai nostri sensi per
un tempo abbastanza lungo, ci abituiamo ad esso e non vi prestiamo più attenzione,
questo fenomeno si chiama “abituazione”. Se lo stimolo viene sostituito con un altro diverso,
allora si ha la “disabituazione” cioè l’attenzione si riaccende. Anche nei bambini si verifica
questo fenomeno, con correlati fisiologici, come minore frequenza degli sguardi e decremento
del ritmo cardiaco in caso di abituazione. Per poter studiare come vede e il modo di vedere di
un bambino si è utilizzato un ingegnoso metodo. L’utilizzo, cioè di forme geometriche
differenti per constatare se il bimbo sia in grado di distinguere le forme. Vengono utilizzate
delle forme geometriche contenenti al loro interno altre forme geometriche differenti, le quali
venivano presentate di volta in volta diverse e a volte uguali. Questa prova serviva per
studiare se il bimbo (da 1 a 4 mesi) potesse distinguere le diverse forme esterne ed interne alla
principale. Si noto che le figure che non presentavano nessuna variazione, non suscitavano
nel bimbo alcun interesse, quindi non c’era disabituazione. Le altre figure producevano un
qualche interesse che aumentava all’aumentare dell’età del bimbo. Altre prove stabilirono che
il bimbo al primo mese tende ad esplorare maggiormente le parti periferiche di un oggetto o
di un viso e solo rapidamente le parti più interne. Al secondo mese invece, la visione si sposta
rapidamente dall’esterno verso l’interno.
Vedere le forme
Il bimbo è in grado di vedere già dal primo giorno di vita (smentita la convinzione che i
neonati siano praticamente ciechi anzi l’apparato visivo è perfettamente funzionante ma la
sua vista non le consente di focalizzare con entrambi gli occhi su uno stesso punto). La sua
acuità, cioè la capacita di distinguere con precisione i dettagli, è limitata e riesce a mettere a
fuoco nitidamente solo le forme a breve distanza, circa 20-50 cm. Il bambino reagisce alle
differenti luminosità e al movimento già immediatamente dopo la nascita, dopo pochi giorni
riesce a seguire con lo sguardo un oggetto in momento, selezionare cosa guardare e
riconoscere alcuni colori. Caratteristiche attraenti per i bambini sono anche la presenza du
curve, la mobilità e la simmetria.
L’orientamento spaziale
Vedere il mondo non significa solo riconoscere forme ma anche individuare le relazioni
spaziali tra un oggetto e l’atro e tra se e gli oggetti. Il fattore più importante a riguardo è la
possibilità che il bimbo riesca a cogliere la costanze percettive (grandezza – forma – colore),
cioè se riesce a percepire che gli oggetti non mutano forma o dimensioni se guardati da una
diversa angolazione o distanza.
- A 2 mesi incominciano a riconoscere gli oggetti come entità unitarie e distinte dallo sfondo.
- A 3 mesi iniziano a cogliere la costanza di forma.
- A 4-5 mesi incominciano a cogliere la costanza di grandezza.
Altro processo importante è la percezione della profondità. (prova del pavimento di vetro
rialzato con scacchiera in basso, ”fosso o baratro”, tale prova dalla sensazione che si stia in
unico piano).
A tale prova i bimbi rispondono in questo modo:
- 1 mese, nessuna percezione
- 2 mesi, si ha maggiore attenzione ma non si prova paura all’avvicinarsi al fosso.
- 6 mesi si prova paura di cadere.
Capacità di apprendimento
Il concetto di apprendimento si rifà alle teorie:
- Condizionamento classico di Pavlov, con l’associazione di uno stimolo condizionato ad uno
incondizionato che produceva un riflesso condizionato e quindi un apprendimento.
- Condizionamento operante di Skinner, con l’inserimento dei rinforzi , positivi e negativi.
- Apprendimento per imitazione di Bandura
(vedi comportamentismo riassunti)
La Memoria
L’essere umano è dotato di memoria fin dalla nascita. Gli studi sulla memoria iniziano negli
anni 60 soprattutto nel quadro di un approccio teorico HIP Human information Processing :
elaborazione delle informazioni nell’uomo. Tale approccio propone la metafora del computer,
il computer viene confrontato al funzionamento mentale umano. Si nota che i dati possono
essere immessi nel computer in differenti modi mentre l’uomo percepisce il mondo esterno
con l’apparato percettivo (imput), la conservazione sia nel uomo sia nel computer è presente,
come anche la generazione di informazioni in uscita (output).
La memoria consiste nell’attività di immagazzinamento, grazie alle quali le informazioni
vengono codificate e conservate nel sistema cognitivo cioè nella memoria a breve o lungo
termine e tale processo si configura in questo ordine:
- Codifica (modo in cui viene immagazzinata, forma visiva, semantica o multidimensionale)
- Ritenzione (come viene conservata, di norma attraverso la ripetizione o meglio la
Reiterazione)
- Recupero ( può avvenire per riconoscimento o rievocazione).
- L’informazione proveniente dall’ambiente esterno viene trattenuta dal registro sensoriale e a
seconda dell’uso che se deve fare viene conservata nella Memoria a Breve o Lungo termine.
Sviluppo della Memoria
Nel corso dei primi 2 anni le capacita mestiche di un bambino crescono moltissimo, gia a 2
anni può superare un compito di riconoscimento e dopo i 5 aumentano le capacità
rievocative. Inizialmente i bambini ricordano informazioni ed elementi concreti, quali
persone e oggetti e con lo sviluppo sono in grado di ritenere informazioni astratte, concetti,
memoria e linguaggio. Nell’età che va dai 5 ai 7 anni si ha un maggiore sviluppo della
memoria infantile e sviluppi nella rievocazione a breve termine. La valutazione viene fatta
attraverso lo “Span”, termine inglese che indica ampiezza o lunghezza nel tempo o nello
spazio. Es lo Span di cifre, cioè quante cifre riesce a ricordare o quante immagini o parole. La
capacita rievocativa aumenta con l’età. Nel corso dello sviluppo lo spam di memoria si
amplia.
Le strategie Mnestiche
Le strategie usate per ricordare meglio le informazioni sono varie:
- Reiterazione ( strategia di immagazzinamento assai comune, ma si presenta bene per essere
studiata in quanto nei bambini è possibili costatarne l’uso esterno, osservando se muovono
silenziosamente le labbra nel ripetere tra se e se quello che vogliono memorizzare)
- Organizzazione (per blocchi, raggruppare in un modo + economico gli elementi da ricordare
es numero telefonico)
- Elaborazione (costruzione di un legame tra + elementi)
Anche i bambini (18-24 mesi) sviluppano delle strategie seppur rudimentali, come fissare
continuamente qualcosa, non allontanarsi troppo, oppure parlarne a voce alta. Tuttavia l’uso
di strategie vere e proprie avviene dai 5 anni in su. Studi di Flevell, Miller e Miller sull
insegnamento di tali strategie, troviamo dei bambini che presentano: - Strategia disponibile
(sono in grado da soli); - Mancanza di produzione ( non sono in grado da soli ma possono
acquisirla a loro vantaggio); - Strategia non disponibile ( non c’e e non viene appresa).
Memoria e conoscenza
Le strategie d’immagazzinamento non fanno altro che potenziare una caratteristica naturale
della memoria ossia il suo disporsi in modo strutturato. Il nostro patrimonio di conoscenze
non è mai accumulato alla rinfusa nella memoria è organizzato in un insieme di pacchetti (
Betlett 1932) che riuniscono le conoscenze su persone, situazioni, eventi ecc.
MEMORIA EPISODICA: si riferisce a fatti ed eventi specifici legati alle esperienze dirette
dell’individuo. Consente l’identità e la continuità del sé, conservando la storia del soggetto.
MEMORIA SEMANTICA: contiene rappresentazioni dei concetti e delle loro relazioni, che si
formano grazie a processi di astrazione. Sottostà all’acquisizione del linguaggio e permette la
condivisione di esperienze tra persone appartenenti ad una medesima cultura.
Sono entrambe collegate ma interdipendenti in quanto assolvono funzioni diverse. Nel corso
dello sviluppo la memoria episodica anticipa la memoria semantica come sostiene anche
Nelson Es. bimbo/scacchi. La cerniera tra memoria episodica e memoria semantica sono gli
script = tipi di schemi e di rappresentazioni di sequenze di azioni che si ripetono e
caratterizzate da ruoli e contesti condivisi.
Gli stretti legami tra memoria e conoscenza sono evidenziati anche dal fatto che ricordiamo
con + facilità informazioni riguardanti a domini in cui abbiamo maggiore esperienza.
La memoria nell’età adulta e senile
Le prestazioni in prove di memoria a breve termine mostrano un peggioramento già nell’età
di mezzo. Ciò, in parte si spiega con un’accresciuta difficoltà di applicazione delle strategie di
immagazzinamento, a sua volta connessa con un rallentamento nella velocità con cui
l’informazione viene elaborata. Però sia l’esperienza che la memoria implicita (che non ha
bisogno di strategie), sono presenti negli anziani e costituiscono per loro, un valido supporto.
Il Linguaggio
Fra gli aspetti + sorprendenti della crescita del bambino vi è il linguaggio. Il linguaggio del
bambino quando nasce è il pianto, con diverse tonalità e intensità a seconda di cosa voglia
comunicare che ancora oggi è di difficile codificazione. Già dai 3-4 anni il bimbo è capace di
comunicare e quindi in possesso di alcuni codici verbali che distinguono il linguaggio da altre
forme di comunicazione. Il linguaggio deve avere determinati requisiti:
- Semanticità:deve rappresentare simbolicamente oggetti, eventi, stati emotivi concetti
astratti.
- Dislocazione: deve potersi riferire al presente, passato e al futuro.
- Produttività: Il parlante deve essere in grado di comprendere frasi nuove, e di produrre con
il suo repertorio ristretto di suoni e vocaboli, frasi nuove o comunque diverse da quelle
sentite.
La creatività nel creare deve rispettare delle rigide regole arbitrarie, cioè definite e
convenzionate. Utilizzare il linguaggio è dunque una capacità estremamente complessa ma
rapidamente acquisita da quasi tutti i bambini. Il principali problemi intorno all’acquisizione
del linguaggio sono: - il ruolo dei fattori genetici e ambientali, - il rapporto tra linguaggio e
pensiero e il rapporto tra linguaggio e abilità sociali.
Teorie sul Linguaggio
Nel dibattito teorico sul linguaggio si sono contrapposte diverse teorie. In particolare Skinner
e Chomsky e successivamente Bruner.
Skinner (innatista) riteneva che l’apprendimento del linguaggio non fosse diverso da
qualunque altro tipo di apprendimento e che, di conseguenza, si sviluppasse per associazioni
di stimoli e risposte opportunamente rinforzate. Il bambino inizierebbe a parlare quando ha
ascolatato una quantità di parole e frasi sufficienti da permettergli di associare a determinati
suogi i corrispondenti oggetti, persone o eventi.
Prove portate a favore dell’ipotesi innatista:
- Povertà e scorrettezza dello stimolo
- Spontaneità dell’acquisizione.
- Segue un ordine fisso universale di maturazione
- Uso creativo del linguaggio da parte del bambino
- C’e’ un periodo sensibile per l’acquisizione del linguaggio.
Chomsky (Empirista) affermava che l’apprendimento linguistico non poteva avvenire
secondo le modalità descritte da Skinner, perché in questo caso avrebbe richiesto degli anni
per potersi sviluppare. Inoltre, il linguaggio è essenzialmente creativo, infatti, ciascuno di noi
può creare frasi nuove, mai sentite prima, così come errori originali. Secondo Chomsky, il
linguaggio è innato, nel senso che i nostri cervelli contengono una sorta di dispositivo per
l’acquisizione del linguaggio (LAD). Il LAD permette l’acquisizione rapida del linguaggio
stesso e giustifica la presenza di quella che Chomsky ha chiamato la grammatica universale.
Alcune regole grammaticali di base, infatti, sono presenti in tutte le lingue naturali.
La Grammatica Universale, vale a dire una struttura già esistente alla nascita che deve solo
essere “riempita” con gli elementi della lingua a cui si è esposti.
_ La GU ha principi generali validi per tutte le lingue, e parametri che devono essere
specificati a seconda della lingua a cui si è esposti.
Il linguaggio secondo Piaget
Il linguaggio secondo Piaget segue e presuppone lo sviluppo cognitivo, cioè è impossibile
isolarlo dallo sviluppo dell’intelligenza. Il linguaggio sarebbe reso possibile da un più
generale sviluppo cognitivo e dalla comparsa di altri processi mentali superiori.
La comparsa del linguaggio non è un risultato del condizionamento, ma neanche frutto della
maturazione di dispositivi innati dedicati al linguaggio, bensì dipende dal completamento di
processi di sviluppo che si verificano durante lo stadio sensomotorio.
Inizialmente il linguaggio del bambino sarebbe egocentrico, cioè con lo scopo di riflettere i
propri pensieri e intenzioni del piccolo e non quello di comunicare.
Il linguaggio diventerebbe solo in seguito comunicativo e sociale.
Il linguaggio secondo Vygotskij
Sostiene che il linguaggio e il pensiero abbiano radici differenti e il passaggio dall’uno
all’altro non è automatico. Afferma inoltre che lo sviluppo di entrambi dipende dal contesto
sociale di crescita dell’individuo. Sottolinea in oltre come il linguaggio sia uno strumento di
natura sociale.
Delinea diverse fasi di sviluppo del linguaggio:
- Il linguaggio viene appreso attraverso l’interazione sociale.
- All’inizio (2 anni) viene usato dal bambino per comunicare i propri bisogni e propri
pensieri. . Il linguaggio prende avvio, nell’ambito del rapporto interpersonale, nelle
interazioni del bambino con i genitori e gli altri adulti e i coetanei.
- Successivamente il linguaggio viene interiorizzato e diventa strumento per guidare i
processi cognitivi e il comportamento.
Tale funzione regolatrice avviene a voce alta fino a 7 anni e completamente interiorizzata
dopo i 7 anni.
La necessità di studiare il linguaggio all’interno del contesto d’uso, è stata sottolineata dai
sostenitori di una spiegazione del linguaggio centrata sui fattori interpersonali e sociali.
Il linguaggio secondo Bruner
Sottolinea che il linguaggio non può essere studiato solo nei suoi aspetti strutturali o formali,
ma se ne devono considerare anche gli usi concreti in diversi contesti e con i vari
interlocutori. Anche secondo Bruner il Linguaggio ha la funzione di regolare il
comportamento proprio e quello altrui e di trasmettere informazioni. Secondo Bruner, per lo
sviluppo delle competenze e abilità comunicative è essenziale l’apporto dei genitori e nel
modo in cui interagiscono con il bambino. La capacità dell’adulto di dare significato ai suoni
e alle prime espressioni infantili, completando e correggendo le espressioni incomplete del
bimbo, oppure interagendo col bimbo nell’indicare oggetti ed eventi presenti nell’ambiente.
Quando tale interazione diventano una consuetudine, producono modelli d’interazione è
garantiscono una capacità di creare significati condivisi e di comprensione di ciò che circonda
il bambino. Tali consuetudini vengono a costituire un sistema di sostegno per l’acquisizione
linguistica (Language Acquisition Support Sistem) chiamato LASS.
Bruner afferma che se è vero che esiste un LAD, allora deve esistere anche un LASS (sistema
di supporto per l’acquisizione della lingua) negli adulti; a testimonianza del ruolo chiave
dell’ambiente in cui è inserito il bambino, ai fini dello sviluppo linguistico.
In sintesi, l’origine del linguaggio ed il suo sviluppo hanno sollecitato una varietà di
spiegazioni che hanno di volta in volta posto in evidenza il ruolo dei meccanismi
dell’apprendimento, in particolare del rinforzo e dell’imitazione, quello della base biologica,
fondata su predisposizioni innate, l’importanza dei più generali processi cognitivi e la
centralità del contesto sociale e comunicativo.
Comunicare significa saper usare sia il linguaggio verbale sia quello non verbale.
Sviluppo fonologico, produzione prime parole e frasi, sviluppo di grammatica e semantica
, dalle frasi al discorso : il linguaggio dai 5 mesi agli 8 anni
Il linguaggio del bambino con lo sviluppo compie tante mutazioni ecco un piccolo schema
che ne riassume le tappe:
- Prime settimane – Pianto con suoni vocalici
- 5-6 mesi – suoni consonantici
- 6-10 mesi – compare il balbettio o combinazione di vocali e consonanti e comprensione di
parole
- 9-13 mesi – Si ha la comparsa dei primi vocalizzi intenzionali, il bimbo utilizza piccoli gesti
per comunicare, dare, mostrare, i quali vengono usati di frequente dal bimbo per riferirsi a
oggetti o eventi esterni chiamati “GESTI REFERENZIALI ( ciao con la manina o il NO
scuotendo la testa).
- 13 - 16 mesi – interscambio tra adulto e bambino con il gioco del dare e offrire oggetti. In
questa fase si ha un solo sistema comunicativo fatto di gesti e prime parole. Il vocabolario si
arricchisce aumentando da 10 parole nuove a 50 in 3 mesi. Le prime parole sono
generalmente nomi, usati per indicare classi di oggetti famigliari( famiglia, giocattoli, cibo).
All’inizio sono utilizzati solo in circostanze molto specifiche (es che cos’è questo? Piatto)
successivamente si estende a una vasta gamma di situazioni e a differenti categorizzazioni, il
bambino definisce il significato di una parola facendosi guidare dalle caratteristiche
funzionali (serve per..) e percettive (forma, colore, grandezza).
- 18-24 mesi - Nel secondo anno di vita si ha un aumento della produzione verbale e
dell’ampiezza del vocabolario sino quasi alla scomparsa dei gesti referenziali.
Il bambino è ormai in grado di capire delle frasi che si riferisco a realtà non presenti. Spesso le
parole pronunciate isolatamente hanno il significato di una intera frase “Olofrasi”. In questo
periodo si ha un cambiamento qualitativo, si registra l’aumento di verbi, aggettivi, parole
come avverbi, proposizioni, le quali facilitano il superamento delle Olofrasi e dei gesti ( 300
parole). Inizialmente le parole che utilizzano hanno un ristretto significato “sottoestensione”
(es. cane è solo il cane di casa, Luca e solo il nome del fratello) via via il significato va
generalizzandosi e si parla di “sovraestensione”.
Brown e Frasen (1964) hanno raggruppato in due classi le parole che compaiono nei
medesimi contesti:Classe perno: Formata da un piccolo numero di parole che ricorrono
frequentemente e sempre in posizione iniziale della frase; Classe aperta: Tutte le altre parole
del vocabolario, che sono più numerose ma ricorrono meno frequentemente e non hanno una
posizione fissa. Prime combinazioni di 2 o 3 parole
• Funzione diversa della stessa combinazione a seconda del contesto
- Funzioni protoimperative: attraverso cui il bambino utilizza l’adulto per raggiungere un
proprio scopo concreto.
- Funzioni protodichiarative: Cerca di attirare l’attenzione dell’adulto per condividere
insieme il suo interesse verso un qualcosa.
Dai 2 ai 3 anni – Si ha uno sviluppo sintattico considerevole, le frasi diventano più complesse
con l’aggiunta di avverbi, aggettivi e si ha un migliore conoscenza dei verbi. In questo
periodo i bambini arrivano a padroneggiare buona parte della morfologia verbale e della
morfologia nominale. Restano incerti nell’utilizzare articoli e pronomi.
Dai 3 anni – imparano alcune regole morfologiche, come la formazione del maschile e
femminile, singolare plurale, e qualche coniugazione dei verbi.
Dai 4 anni – la lunghezza delle frasi aumenta, aumenta quindi il vocabolario. I circa 1.000
vocaboli conosciuti in 1 anno triplicano. Oltre che per quantità il lessico si arricchisce anche
per i contenuti. Il bambino padroneggia tutte le strutture essenziali del linguaggio anche se va
sottolineata la differenza con il linguaggio adulto, infatti quello infantile non è ancora
completamente convenzionale ci vorranno ancora anni perché raggiunga le ferme adulte di
categorizzazione e denominazione.
Dai 5 anni – Il bimbo è in grado di descrivere realtà astratte come le sue emozioni, grazie allo
sviluppo cognitivo e all’interscambio tra bambino e adulto (età del discorso cioè della
relazione tra frasi e le regole grammaticali e morfosintattiche, il bambino crea interazioni
verbali lunghe e complesse )
Dopo i 6 anni si può dire che il bambino abbia acquisito molte competenze linguistiche,
prende in considerazione la sequenza temporale, i rapporti causa effetto che legano le parti
della NARRAZIONE. La narrazione di storie è stata una delle produzioni infantili + studiate
in quanto permette di comprendere il funzionamento di numerosi processi psicologici, anche
per l’importanza della sfera emotiva spesso coinvolta.
Lo sviluppo completo del discorso si avrà all’età di 8 anni grazie anche al contributo degli
insegnamenti scolastici.
Dal linguaggio orale alla lingua scritta e lo sviluppo della pragmatica
Il bambino si sviluppa nel tempo, migliorando alcune capacità e abilità che le permettono una
migliore comunicazione e comprensione. Il passaggio dal linguaggio orale a quello scritto è
uno dei processi più importanti, legato all’aspetto semantico del linguaggio. La
consapevolezza fonologica facilita l’acquisizione della corrispondenza grafema-fonema, tappa
essenziale nell’imparare a leggere. Per favorire il processo di avanzamento
nell’alfabetizzazione è fondamentale anche il contesto di vita extrascoltastico.
Processo di scrittura:
- individuazione di un significato
- trasformazione del significato in messaggio linguistico
- esecuzione = dare al messaggio una forma simbolica
La capacità pragmatica è un altro aspetto fondamentale. Parlare di pragmatica significa
sapere che ogni espressione può essere considerata un atto linguistico. Cioè, i parlanti quando
dicono qualcosa, fanno anche qualcosa, i parlanti compiono un’azione. Quando viene
formulata una frase, essa può avere un significato semantico diverso da quello pragmatico,
ossia a seconda dell’interpretazione che viene data.
Atti linguistici:
- forza locativa
- forza illocutiva: funzione di far raggiungere uno scopo attraverso la comunicazione.
Nel bambino si individua la capacità di variare il modo in cui parla seconda delle circostanze
Intelligenza Senso-Motoria
La capacità del bambino, fin dalla nascita di recepire il mondo e di agire su di esso, anche
prima dell’acquisizione del linguaggio, e una intelligenza che si sviluppa nella prima infanzia
e che Piaget ha definito Intelligenza Senso-Motoria.
Secondo Piaget, l’Intelligenza è un mezzo particolarmente efficace che l’uomo dispone per
agire con la realtà circostante, che facilità il suo ambientamento biologico. Ha differenza di
altri animali, l’uomo è per certe caratteristiche del sistema nervoso, limitato, elemento che
Piaget chiama Eredità Specifica (es. udire solo certe frequenze), mentre è dotato di una
Eredità Generale, grazie alla quale l’uomo riesce a superare, a volte, alcuni dei limiti
dell’Eredità Specifica. Tutti gli esseri viventi si adattano con l’ambiente circostante,
piegandosi ad esso oppure agendo su di esso.
Piaget ha definito 2 processi complementari di adattamento:
- Assimilazione, significa trasformare ciò che troviamo nell’ambiente in modo da renderlo
compatibile con la nostra struttura
- Accomodamento, significa modificarsi quel tanto che rende possibile l’assimilazione.
Parlando di intelligenza, si tratta di una assimilazione funzionale e non fisica, cioè
assimiliamo conoscenza. Il bambino raggiunge la capacità di risolvere problemi pratici
quando raggiunge un equilibrio sempre maggiore tra assimilazione e accomodamento.
L’assimilazione prevale nel gioco, mentre l’accomodamento prevale nell’imitazione.
Il gioco offre la possibilità al bambino di esercitare le sue abilità e lo gratifica, facendo una
cosa che sa fare bene, mentre l’imitazione arricchisce il suo patrimonio di schemi,
acquisendone di diversi pre-confezionati. Piaget afferma, che il bambino, quando vuole
conoscere le proprietà di un oggetto o assegnarle un nome, non esegue delle attività mentali
ma delle semplici azioni o attività intelligenti, che costituiscono i cosiddetti Schemi SensoMotori (Piaget) ed in continuità con essi diventeranno schemi mentali in età avanzata.
Stadi di Sviluppo nel periodo Senso-Motorio
Una delle opere considerate più importanti dello studio di Piaget, è la concezione dello
sviluppo come una progressione di stadi. Ogni stadio rappresenta un salto di qualità rispetto
al precedente integrando in sé le conquiste precedenti.
Gli stadi sono 6 e vanno dalla nascita ai 24 mesi.
Primo Stadio (0-1 mese) – Il bimbo dispone di una attività motrice attivata dai riflessi.Oggi
sappiamo che il bimbo dispone di abilità percettive superiori a quelle conosciute negli anni
30-40, ma Piaget aveva intuito la presenza di schemi innati.
Secondo Stadio (2-4 mesi) – Il bambino acquisisce schemi nuovi che via via perfeziona, quali
la prensione e la visione.
Terzo Stadio (4-8 mesi) – Il bambino appare più consapevole del mondo circostante, ma
l’esplorazione non è ancora sistematica.
Quarto Stadio (8-12 mesi) – Si ha la distinzione Mezzi-Fini ovvero comincia a coordinare due
schemi in sequenza, come per esempio lo spostare un oggetto per prenderne un altro indicare
il biberon per farsela dare. Si ha un forte incremento dell’attività esplorativa, il bambino cerca
di scoprire le caratteristiche degli oggetti.
Quinto Stadio (12-18 mesi) – Caratterizzato dalla variazione sistematica degli schemi in vista
di un effetto desiderato che consente al bambino, attraverso una sperimentazione attiva, di
scoprire nuovi schemi.
Sesto Stadio (18-24 mesi) – Qui appare quella che Piaget chiama Funzione Simbolica, cioè la
capacità di rappresentare mediante immagini, nomi, pensieri, qualcosa che non è presente. Il
bambino è in grado di risolvere piccoli problemi con il pensiero.
Egocentrismo
Secondo Piaget il bambino nel primo periodo di vita fosse dotato di una esperienza molto
limitata, anche se fu innovativo per il semplice fatto di averla concepita come organizzata e
adattiva. Piaget sosteneva, inoltre, che nel primo e nel secondo stadio di sviluppo (fino a 4
mesi) il bambino si trova in una fase di Egocentrismo assoluto, cioè una fase in cui non
differenzia la realtà esterna da se stesso e non considera le proprie percezioni come indici
dell’esistenza di oggetti reali. Ma cosa vede il bambino in questa fase? Secondo Piaget non ha
la visione degli oggetti, cosi come gli adulti, ma attraverso dei quadri percettivi. Ogni
oggetto, profumo, sapore, sarebbe rappresentato da un quadro percettivo, quindi l’unione di
tutti i quadri formerebbero un’unica esperienza. (es. il profumo del latte, la morbidezza e il
calore, la visione rosea e tondeggiante formerebbero il seno della mamma).
L’egocentrismo assoluto può dirsi superato quando il bambino si formerà una
rappresentazione mentale dell’ambiente che lo circonda.
All’età di 2 anni l’Egocentrismo assoluto è ormai superato e sostituito da un Egocentrismo
Intellettuale, chiamato da Piaget, per differenziarlo da quello Assoluto. L’E. intellettuale si
differenzia per il semplice fatto che il bambino sa di esistere e di avere sensazioni derivanti
dal mondo esterno. La nozione di Egocentrismo fu criticata da altri studiosi, in quanto le idee
errate dei bambini non dipendono da una effettiva propensione al ragionamento, ma nascono
dal modo, di Piaget, di formulare la domanda. Il bambino incorre in errori egocentrici:
attribuire ad oggetti inanimati proprietà che spettano a se stessi e ai viventi (animiamo),
credere che il loro pensiero sia qualcosa di materiale (realismo) e l’equilibrazione di processi
biologici e naturali a attività umane di tipo meccanico ( artificialismo). L’egocentrismo si
manifesta anche nella comprensione di rapporti temporali e spaziali (celebre esperimento di
P.)
Formazione dei concetti
Il legame fra pensiero e linguaggio è molto stretto è da luogo alla produzione di concetti. I
concetti sono strumenti cognitivi indispensabili per poter gestire le tantissime informazioni
che provengono dal mondo esterno, infatti ci permettono di dare un ordine alle nostre
esperienze e catalogare le informazioni a seconda delle loro caratteristiche. E’ il linguaggio
che rende possibile l’esistenza e la rievocazione di oggetti astratti. Parlando delle strategie
attraverso cui i bambini giungono ad attribuire nomi alle cose, abbiamo visto come le
classificazioni su cui si basano possono essere di tipo percettivo, funzionale e come la
corrispondenza nomi cose possa incorrere in errori di sovraestensione e sottestenzione.
Secondo E. Rosch i concetti sono di due tipi:
- Concetti Classici: Nei quali ogni caratteristica è condivisa da tutti gli elementi di quel
concetto (triangolo).
- Concetti Probabilistici: Le proprietà o caratteristiche non sono presenti in tutti gli elementi
del concetto (una famiglia, in cui tutti si somigliano pur essendo diversi). Questo 2° tipo di
concetti è il più diffuso. La formazione di questo tipo di concetti procede secondo un ordine
preferenziale, i primi ad essere ricordati sono i prototipi, anche noi se dovessimo elencare tutta la
frutta che conosciamo inizieremmo dalla mela e non dalla papaia.
I concetti sono organizzati gerarchicamente, cioè raggruppati in livelli:
- livello subordinato ( livello con maggiore dettaglio).
- livello base (livello medio).
- livello sovraordinato (livello più generale).
La teoria della mente dei bambini (scheda)
I bambini in età prescolare, si possono considerare degli psicologi in erba. Flavel Miller
Miller. Suddividono la mente in 5 aspetti:
* LA MENTE ESISTE: già dal 1° anno di vita il bambino si orienta verso gli altri in modo
diverso con il quale guarda gli oggetti.
* LA MENTE È COLLEGATA AL MONDO FISICO: 3 ANNI il bambino comprende la
connessione tra stimoli fisici e mentali. A 4 anni si basa sul comportamento degli altri
per inferire gli stati me tali, se il babbo verrà contraddetto si arrabbierà.
* LA MENTE È SEPARATA DAL MONDO FISICO E DIFFERISCE DA ESSSO: il bambino già a 3
anni sa che i pensieri non si possono toccare.
* LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI POSSONO ANCHE ESSERE FALSE. Verso i 4 anni il
bambino inizia a comprendere la distinzione tra realtà e apparenza.
* LA MENTE LAVORA IN MODO ATTIVO: verso i 6 anni capiscono che il modo in cui si
percepisce la realtà è influenzato dalle conoscenze pregresse.
Gli autori propongono di considerare il progresso nell’elaborazione della teoria della mente
come l’iter attraverso cui il bambino supera l’egocentrismo, inteso proprio come una carenza
in questo dominio di conoscenza.
Lo sviluppo dell’intelligenza nell’adolescenza
Intorno ai 6-7 anni si verificano delle trasformazioni intellettuali importanti. Di fronte a
problemi di tipo spazio-temporale i bambini riescono ad avere un approccio non egocentrico
che le consente di comprendere meglio le trasformazioni che gli oggetti possono compiere.
Secondo Piaget questi progressi sono dovuti alla comparsa di una nuova forma di pensiero,
cioè il Pensiero Operatorio. Grazie alle operazioni logiche il bambino riesce a classificare gli
oggetti in base alle proprietà comuni, riesce a porli in corrispondenza, a ordinarli in base alle
relazioni, comprende le relazioni geometriche e varie nozioni come quella di velocità e età. Il
pensiero operativo è quindi caratterizzato dalla presenza di nuove strutture mentali, dette
operazioni cioè sistemi coordinati di azioni mentali caratterizzate dalla reversibilità. Ciò
significa che tale pensiero p caratterizzato dalla capacità di annullare l’effetto di un azione
mentale eseguendone un’altra. Le azioni concrete non vanno confuse con gli schemi
sensomotori, in quanto le prime vanno considerate come azioni interiorizzate, compiute con il
pensiero mentre i secondi non implicano alcuna rappresentazione e sono eseguiti
materialmente sull’oggetto .
intorno agli 11 anni iniziano a formrsi nuove strutture di pensiero, le operazioni formali che
consistono in azioni mentali, risultato di operazioni di livello + basso. Queste permettono di
effettuare ragionamenti + complessi, formulando per es. ipotesi: pensiero ipotetico-deduttivo.
Intelligenze diverse e creatività (vedi schemi)
Capitolo 5
Le Emozioni e lo sviluppo affettivo
L’Emozione è una esperienza complessa, multidimensionale e processuale, che svolge un
ruolo di organizzatore cognitivo-affettivo e che media il rapporto tra l’organismo e
l’ambiente. Una modificazione del normale stato di quiete dell’organismo che si esprime con
l’impulso all’azione e specifiche reazioni fisiologiche interne, designando diverse risposte
emotive. Le Emozioni dipendono anche dall’intreccio di vari elementi.
- Le emozioni nascono dall’interazione sociale, sono regolate dal rapporto affettivo e aiutano
e modulano a loro volta il rapporto affettivo.
D’altra parte le emozioni e la loro regolazione sono influenzate dal modo di percepire e
valutare le situazioni quindi da fattori di tipo cognitivo. Per esempio alcune emozioni sono
sostenute dall’anticipazione mentale da parte del bambino di quello che può fare un adulto.
Le anticipazioni mentali sul comportamento dell’adulto sono anche alla base dello
strutturarsi della relazione affettiva.
Darwin sosteneva in L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872) che tanto
negli uomini tanto negli animali alcune manifestazioni emotive sono istitutive e ne
sottolineava il ruolo nell’adattamento all’ambiente (ciò permette di preparare l’individuo
all’azione) e la funzione comunicativa (comunicare, esprimere es. il pianto comunica disagio,
il sorriso benessere). Inoltre sostiene che in quanto alcuni stimoli sono in grado attivare il
sistema nervoso e di produrre espressioni facciali, posture simili, tali espressioni sono quindi
universali indipendentemente dalla cultura o dall’etnia dei soggetti.
Ad es. il sorriso del piccolo rafforza il rapporto con gli adulti significativi, con il passare del
tempo egli si renderà conto che il suo sorriso ha conseguenze sociali che esistono cioè dei
rapporti di causa effetto tra la sua richiesta e la risposta dell’adulto. Imparerà pian piano a
dare significato alle sue azioni e modulare le emozioni.
Nel primo mese di vita il pianto e il sorriso non solo non sono “sociali”, ma non sono neanche
reazioni emotive in senso proprio perché non c’è alcuna VALUTAZIONE COGNITIVA dello
stimolo che provoca la reazione. Per avere una vera reazione emotiva dobbiamo aspettare che
il bambino sia in grado di fornire una risposta complessa.
Reisenzein (1983) definisce un’emozione: una sindrome reattiva multidimensionale con più
componenti. Le componenti sono: - Fisiologica: presenza di specifiche reazioni corporee
connesse alle diverse emozioni, (es bambino che ha paura avrà un alterazione del battito
cardiaco); - Tonico-posturale: regolazione del comportamento in relazione ai desideri e agli
scopi ( es tensione accompagnata ad una tensione all’interno del corpo) ; - Espressivocomunicativo: presenza di configurazioni facciali e altre manifestazioni non verbali,
universali e specifiche per ogni emozione ( es. pianto con una particolare mimica facciale); Cognitiva: valutazione e attribuzione di significato alle reazioni messe in atto dall’organismo
che stimola l’individuo a far fronte agli eventi.
Possiamo quindi sottolineare che le reazioni che compaiono in età neonatale non possono
essere chiamate emozioni, in quanto il bambino non ha ancora attuato una differenziazione
tra sé e il mondo circostante. Tuttavia si possono rintracciare fon dalla nascita dei percorsi di
sviluppo attraverso i quali emergono emozioni, rabbia, paura gioia, si sviluppano alla fine del
primo anno come trasformazioni di reazioni precoci non ancora emozionali, esse si
trasformeranno in emozioni quando il sogg sarà in grado di comprendere il significato di un
evento e anticiparlo mentalmente.
Sviluppo delle Emozioni
Le Emozioni in quanto tali si sviluppano entro il primo anno di età cioè quando il bambino è
in grado di: - Anticipare gli eventi mentalmente (per lo più le risposte degli adulti); - Avere la
consapevolezza di se e degli altri; - Avere l’intenzionalità.
0-2 mesi - Reazioni emotive innate regolate da processi biologici fondamentali per la
sopravvivenza, prive di un effettivo valore comunicativo.
2-12 mesi - Grazie allo sviluppo cognitivo e all’interazione sociale si sviluppano vere
emozioni con valore comunicativo (sorriso sociale, sorpresa, tristezza, collera, gioia, paura,
circospezione, paura dell’estraneo).
Dopo i 12 mesi - Emergono le emozioni complesse e apprese, frutto di autoriflessione e
autoconsapevolezza (timidezza, colpa, vergogna, orgoglio, invidia).
Teoria di Schachter e Singer ( Modello della risposta emotiva)
Sostengono ciò che un bambino ma anche un adulto prova, dipende sia da una eccitazione
fisiologica (Attivazione fisiologica) sia dalla valutazione cognitiva, che permette di etichettare
una particolare situazione emotiva.
Teoria della Differenziazione Emotiva di Sroufe (1979) . In essa riprende le teorie già
proposte da Bridges negli anni 30, tale teoria sostiene che alla nascita sia possibile rintracciare
nel piccolo solo uno stato emotivo indifferenziato che evolve progressivamente in emozioni
sempre più differenziate. Le emozioni fondamentali sono innate e universali ma
indifferenziate e legate allo sviluppo cognitivo. Nel neonato sarebbe possibile distinguere una
sorta di eccitamento generalizzato (stato di maggiore o minore eccitazione). Progressivamente
l’eccitazione si differenzia in stati emotivi di sconforto e piacere. Dopo i 3 mesi si sviluppano
le emozioni vere e proprie.
Nel processo di differenziazione, Sroufe, individua 3 percorsi principali distinti, che chiama
sistemi: - Sistema del Piacere-Gioia; - Sistema della Circospezione-Paura; - Sistema della
Frustrazione-Rabbia
Sistema del Piacere-Gioia: Nel periodo neonatale appare una sorta di prototipo a base
interamente fisiologica. Nei primi 2 mesi di vita, il sorriso viene detto “sorriso endogeno” e
deriva da eventi interni al sistema nervoso, infatti si presenta spesso nel sonno profondo
REM, segnala uno stato di benessere, ma non è espressione di piacere. A partire dai 3 mesi,
possiamo parlare di emozioni, infatti il bambino ha un “sorriso sociale” (es. il bimbo ride se
vede un pupazzo che riconosce, quando gli viene dato un’ altro non ride più, quindi la sua è
una risposta psicologica, non più fisiologica). Il questa fase il sorriso sociale segnata
un’emozione di piacere, la reazione è determinata dal contenuto dell’evento e dal suo
riconoscimento. Intorno agli 8 mesi il bambino può sorridere immediatamente dopo l’arrivo
della madre, la reazione di gioia e riso non implica solo il riconoscimento ma segnalano la
comprensione.
Sistema Circospezione-Paura: Il periodo neonatale è caratterizzato dal pianto, cioè una
reazione fisiologica provocata da eventi che catturano l’attenzione per un tempo
eccessivamente lungo (attenzione forzata) o in modo troppo intenso (trasalimento).
Dai quattro mesi si trasforma in una reazione non più fisiologica ma psicologica, provocata
da un evento: la circospezione, prototipo dell’emozione vera e propria che si svilupperà più
avanti. Verso gli 8 mesi la circospezione diventa paura quando viene associato un significato
negativo all’evento stimolo.
Sistema frustrazione-rabbia: Nei primi 5 mesi di vita il precursore della rabbia emerge
quando al bambino viene impedito qualche movimento, è una reazione generalizzata causata
da un eccesso di attenzione, in questo caso la costrizione fisica. Questa reazione evolve
nell’emozione generalizzata (prototipo) della frustrazione. Quando il bambino ha circa un
anno e mezzo compare la rabbia vera e propria insieme alla gioia ed alla paura. E più avanti
compare la collera.
Izard: Teoria differenziale la sua teoria abbracciava le idee di Darwin, ma caratterizzata da
una durezza ideologica, ogni emozione si configura predeterminata fin dall’inizio,
programmata per comparire al momento opportuno. Le emozioni fondamentali sono innate,
universali in quanto compaiono in tutte le società. Ricordiamo che anche Sroufe parla di
Teoria della differenziazione, sostiene che le emozioni fondamentali sono innate, universali,
ma inizialmente indifferenziate e legate allo sviluppo cognitivo. A differenza di Izard, Sroufe
sostiene che le emozioni e la cognizione sono interdipendenti e di entrambe si può parlare di
stadi di sviluppo.
Costruzione sociale delle emozioni
Le etichette emotive che il bambini dà agli eventi sono frutto di una costruzione sociale,
influenzate dal comportamento degli adulti significativi che sono quindi i referenti sociali es la
Madre. Il bambino può giudicare come paurosa oppure piacevole una situazione a seconda
della reazione della madre a quella situazione: il bambino guarda la madre e decide come
reagire. Riferimento sociale: Capacità di avvalersi delle emozioni altrui per orientare il
proprio comportamento. Il riferimento sociale ha carattere selettivo, nel senso che soprattutto
le espressioni di persone di riferimento (es. la madre) diventano risorse per interpretare e
valutare la situazione. Da questo deriva che le emozioni non sono una semplice reazione del
bimbo a particolari eventi, ma esse sono ampiamente influenzate dalle reazioni, agli stessi
eventi, della figura più significativa per il bambino, cioè quella con cui ha una particolare
relazione affettiva (in genere la mamma).
Se parliamo della paura: Le paure irrazionali sono innate o influenzate socialmente? Secondo
l’etologia sono paure innate, selezionate naturalmente durante la filogenesi. Ma esiste anche
una componente ontogenetica molto forte: • Il caso della paura dei serpenti; • Il caso della
paura dell’estraneo; • Il caso della paura del vuoto.
Le emozioni quindi non sono solo reazioni a particolari esperienze ma sembra che le
emozioni provate dal bambino siano influenzate dalle reazioni agli stessi eventi delle persone
con cui ha una relazione affettiva.
Emozioni e processo di negoziazione
La capacità di usare le emozioni non solo per esprimere uno stato d’animo interno compare
molto presto durante lo sviluppo umano. I segnali utilizzati per manifestare uno stato
emozionale sono continuamente suscettibili di modifiche dovute alle aspettative anche del
sogg. I bambini inoltre sono in grado di mostrare segnali ambigui a cui corrispondono
presumibilmente stati emotivi contrastanti.
Un’emozione può essere espressa non solo come comunicazione di stato interno, ma anche
come segnale verso gli altri, modulato dallo stesso comportamento altrui e dalle aspettative
circa le reazioni degli altri. Si parla infatti di negoziazione che avviene sempre all’interno
dell’interazione sociale.
La componente espressiva di un’emozione non solo non può essere letta in termini di uno
stato emotivo unitario di base, ma non è neanche sufficiente interpretarla come esito di un
interazione tra componenti affettive e componenti cognitive. È necessario tener conto che
essere sono l’esito dell’intreccio tra componenti cognitive e emotive ma che riguardano 2 o +
soggetti coinvolti in una relazione.
Regole di ostentazione: Ekman sostiene che in ogni cultura e società esistono delle regole
precise, dette “ Regole di Ostentazione o Display Rules” che determinano la connessione tra
lo stato interno e l’espressione dell’emotività verso l’esterno. Queste regole vengono apprese
durante processi di socializzazione primaria, cioè acquisite dai bambini attraverso
l’insegnamento dei genitori o dall’imitazione di essi. Sono apprese durante la socializzazione
primaria ma anche attraverso l’ insegnamento dei genitori, e l’imitazione.
• A) Intensificare l’espressione di un’emozione (far finta di essere addolorati per una
disgrazia altrui).
• B) Mostrare emozioni di intensità minore a quella reale
• C) Nascondere quello che si prova
• D) Mostrare un’emozione al posto di un’altra
• E) Simulare uno stato d’animo
Si tratta per lo più di falsare le proprie emozioni.
Le emozioni contribuiscono a rendere il bambino agente attivo nell’interazione con l’adulto, il
pianto, il sorriso e le altre espressioni facciali si trasformano da semplici sistemi riflessi in
segnali emessi intenzionalmente allo scopo di comunicare
Freud, teoria e sviluppo affettivo ( scheda + appunti)
La sua teoria può essere letta secondo differenti livelli o approcci:
- Approccio dinamico: sistema economico che coinvolge il nostro essere, bastato sulla
tensione, trasformazione e scarica di energie nervose chiamate: energia psichica, pulsione,
libido, tensione. Punti chiave della teoria Freudiana:
1) Principio del piacere l’organismo tende all’immediata riduzione della tensione (modello di
funzionamento dell’inconscio), e principio di realtà affermando che tra desiderio e attuazione
del desiderio c’è la civiltà, l’io e il super io.
2) Le pulsioni, F. parla di 2 differenti pulsioni : Eros ( istinto delle pulsioni sessuali, amore,
forza positiva che mira all’unità dell’essere) e Thanatos ( pulsione di morte, istinto di morte;
appare nella tua teoria dopo le tragedie della I guerra mondiale).
3) Le Pulsioni sessuali hanno 4 caratteristiche = la forza lipidica si appoggia su delle strutture
del corpo es. fase orale, anale, genitale nella teoria sulle fasi del piacere del bambino che
costituiscono la FONTE del piacere; riduzione della tensione SCOPO; scarica della tensione
sull’oggetto: OGGETTO LIBIDICO; e PRESSIONE
4) Meccanismi di difesa: che permettono di soddisfare solo parzialmente le pulsioni:
REPRESSIONE: consiste nell’impedire al pensiero esigeno di pervenire alla consapevolezza
es. dimentichiamo il nome di una persona che non ci piace
FORMAZIONE REATTIVA: l’io maschera un’emozione inaccettabile mostrandone una
opposta, spesso esagerata es. un bambino geloso del fratello può ricoprirlo di baci
REGRESSIONE: ritornare a una fase di sviluppo precedente es. adulto con comp. infantili
FISSAZIONE: la libido rimane legata a una fase dello sviluppo es. succhiare il seno materno è
tanto gratificante da impedire lo svezzamento
- Approccio strumentale : illustra le diverse province della mente
1) Es o inconscio: sede delle pulsioni biologiche, parte oscura, inaccessibile alla personalità,
una sorta di caos pieno di pulsioni, contiene tutto ciò che viene ereditato e ciò che è già
presente dalla nascita come gli istinti. È stato definito la parte del bambino viziato della
personalità perché funziona secondo il principio del piacere.
2) Io o conscio: sede dei meccanismi di mediazione della realtà e dei processi di pensiero di
tipo secondario, tiene conto di tutta la realtà che lo circonda la reazione tra io e es può essere
paragonata a quella del cavaliere con il cavallo, il cavallo fornisce energia per locomozione e il
cavaliere ha il privilegio di decidere la meta e di guidare il cavallo, ma spesso può succedere
che tra io e es si crei una situazione non piacevole nel quale l’io è costretto a cedere all’istinto.
Normalmente l’io funge da mediatore tra es e mondo esterno.
3) Super io: sede della coscienza e dell’io ideale, insieme delle regole che la società ci insegna,
e istanza morale, si crea quanto il bambino risolve il complesso di Edipo e forma
l’identificazione con il genitore. Si compone di 2 parti: conoscenza (comporta da divieti e
sensi di colpa) e io ideale ( si riferisce alle condotte ottimali cui il bambino deve tendere).
- Approccio topografico: luogo delle diverse istanze della personalità
- Approccio che prevede stadi evolutivi: prevede stadi di sviluppo es. PULSIONI che si
dividono per stadi: 1° stadio quando nel neonato si manifestano pulsioni lipidiche e di
aggressività, in tale fase il neonato trova giustificazioni sessuali attraverso la bocca e le labbra
(durante l’allattamento, la suzione) l’aggressività viene mostrata nei confronti della madre
per esempio mordendo il capezzolo = FASE ORALE dai 12 mesi ai 18 mesi;
2° stadio il piacere lipidico è legato alla ritenzione o espulsione delle feci, l’aggressività viene
mostrata allo stesso modo = FASE ANALE dai 18 mesi a 1 anno;
3° stadio forte interesse per i propri genitali, il bambino elabora quello che viene chiamato
Complesso di Edipo, costituito da fantasie e desideri per il genitore di sesso opposto e una
grande gelosia per il genitore del medesimo sesso, il superamento di tale complesso fonda le
basi per lo sviluppo della personalità, ciò avviene nel maschio con la paura della castrazione
che terminata crea un identificazione con il padre e l’acquisizione di identità sessuale e di
genere, nella femmina con l’allontanamento del desiderio per il padre e l’identificazione con
la madre = FASE FALLICA dai 3 ai 5 anni
4°stadio= FASE DI LATENZA tra i 6 e gli 11 anni
5° stadio si sviluppa nell’adolescenza le pulsioni sono finalizzate alla costruzione di una vita
sessuale = FASE GENITALE
- Approccio che prevede il metodo Psicoanalitico: metodo della cura parlata, il medico
ascolta il paziente e svolge libere associazioni e pian piano esprime e conflitti e li esorcizza.
PUNTI CRITICI: il terapista deve essere lui stesso sottoposto ad analisi; dopo la sessione
analitica dei pazienti le note fatte da F possono essere sottoposte a distorsioni della memoria;
il metodo non è sempre oggettivo; il processo terapeutico non è verificabile.
Riguardo alla relazione madre-bambino F. ritiene che essa sia unica, e senza paralleli, e
definita. Differentemente da Bowlby ritiene che l’interesse del bambino per la madre sia
determinato da una motivazione secondaria derivante dal fatto che tale figura soddisfa i suoi
bisogni fisiologici di alimentazione e pulizia, diventando poi l’oggetto verso cui indirizzare
libido e aggressività.
Teoria dell’ attaccamento
Attraverso il comportamento e le emozioni il bambino segnala che lui e la mamma sono legati
da una relazione speciale, detta relazione di attaccamento. Bowlby, padre della teoria
dell’attaccamento, affermò che il legame madre-bambino è il risultato di un sistema di schemi
comportamentali a base innata, predisposto per la protezione dai predatori e dai pericoli che
l’ambiente può riservare per il bambino. L’attaccamento del bambino alla madre è una
motivazione intrinseca primaria basata sulla necessità del bambino di stabilire un contatto
fisico con questa figura. Questi comportamenti sono schemi pre-programmati (o
comportamenti di attaccamento come piangere, attaccarsi, sorridere) che aumentano le
probabilità del piccolo di sopravvivere e di riprodursi. Come è pre-programmata la sensibilità
alla decodifica dei segnali del bambino, la predisposizione ad accorrere subito, a rispondere
al sorriso, a prendere in braccio il bambino e a parlargli. Queste predisposizioni non sono
altro che schemi comportamentali rimasti nel patrimonio genetico degli esseri umani grazie
alla selezione naturale.
I comportamenti di attaccamento non sono da leggere, in chiave di dipendenza da un adulto
determinata da una serie di rinforzi e condizionamenti ambientali. Per B. prendere in braccio
il bambino che piange non è un rinforzo, non è un comportamento che condurrà il bambino
ad essere viziato ma la risposta + adeguata del adulto al segnale di disagio del bambino.
Quindi la teoria di Bowlby si differenzia dalla teoria psicoanalitica perché non considera gli
schemi pre-programmati come frutto di stimolo-rinforzo e lo dimostra con l’esperimento di
Harlow sui macachi : H. utilizza per il suo esperimento piccoli di macaco tolti dalla madre
biologica e richiusi in una gabbia, ad essi vengono attribuite 2 mamme surrogato una fatta di
filo di ferro ma dotata di latte, l’altra ricoperta di panno morbido ma senza la possibilità di
dare cibo. H. notò che i macachi preferivano il surrogato di stoffa in quanto forniva calore e
morbidezza preferendo quindi il contatto, ciò veniva riscontrato anche in situazioni di paura,
i macachi correvano direttamente dalla madre di panno. Altro esperimento particolarmente
importante sempre svolto da H. su macachi vede dividere separare un gruppo di macachi
dalla madre per poi reinserirli nel gruppo dei macachi non deprivati dalla madre una volta
cresciuti. Notò che mentre i cuccioli maschi orfani non riuscivano ad inserirsi nel gruppo le
femmine non riuscivano neanche ad accoppiarsi e nel caso riuscissero a procreare
maltrattavano i cuccioli fino ad ucciderli. Ciò dimostra le gravi conseguenze anche a lungo
termine della deprivazione materna. Ciò vale per i macachi ma dobbiamo ricordare che anche
Freud ha svolto delle ricerche sugli orfani ebrei tedeschi (1-3 anni) detenuti in gruppo in un
campo di concentramento questi avevano un forte attaccamento, accadimento e affetto
reciproco mentre erano indifferenti agli adulti. I pari in questo caso avevano avuto una
funzione terapeutica generando un attaccamento polivalente o multiplo (cioè con + sogg).
Il sistema dell’attaccamento e il suo sviluppo
Tale sistema è basato su due elementi: la vicinanza con la madre e l’esplorazione
dell’ambiente. Di conseguenza tanto più l’ambiente diventa pericoloso, tanto più si
manifestano i comportamenti di attaccamento. Il sistema dell’attaccamento è definito come
sistema di controllo di tipo cibernetico, basato su meccanismi di autocontrollo e
autoregolazione in vista di un fine. Possiamo dire che si basa su processi di elaborazione
dell’informazione in input e organizzato secondo un processo omeostatico, cioè volto a
mantenere l’equilibrio interno nonostante il mutare delle condizioni esterne.
Obiettivo generale è mantenere il livello di sicurezza (dato dalla vicinanza con la madre) a
livello ottimale, permettendo nel contempo l’esplorazione dell’ambiente.
I comportamenti di esplorazione portano il bambino lontano dalla madre. Se il sistema rileva
un segnale di pericolo mette in atto i comportamenti che producono la vicinanza con la
madre. Quando il sistema rileva che il pericolo è cessato ricomincia l’esplorazione.
Ma allora perché il bambino piange anche quando non sembra esserci pericolo o lontananza
dalla madre?
-Perché l’ansia da separazione, definita come la reazione di stress del bambino
all’allontanamento della madre.
-può essere causata anche da una anticipazione mentale dell’assenza o indisponibilità della
madre o dalla mancanza di una base sicura.
Fasi dello sviluppo del legame di attaccamento
1) Dalla nascita al secondo mese circa (0 – 2 mesi): Manifestazioni dei comportamenti di
attaccamento indifferenziate(nei confronti di estranei) e non intenzionali.
2) Dal secondo mese ai 6-8 mesi ( 2 – 6/8 mesi): I segnali sono indirizzati verso una o più
persone specifiche; Non compare ancora la protesta alla separazione e l’ansia è legata
essenzialmente all’essere lasciato solo. N.B. : non ha ancora permanenza dell’oggetto e non
padroneggia le relazioni causa-effetto.
3) Da 6-8 mesi all’inizio secondo anno (6/8 – 12 mesi) Si struttura il legame di attaccamento
vero e proprio; Compare la protesta da separazione; Compare l’ansia da separazione;
Compare la “paura dell’estraneo”; Esplorazione attiva dell’ambiente usando la madre come
“base sicura”; Si struttura l’imprinting filiale (capacita del piccolo stronzetto di fissare in
maniera piu o meno irreversibile le caratteristiche della mamma o della figura allevante).
4) Dai 18 mesi in poi, Formazione di una relazione reciproca. Un rapporto corretto secondo lo
scopo Relazione a due vie per uno scopo comune, confortarsi e mantenere la vicinanza; Si
formano i modelli operativi interni (Internal Working Model): rappresentazioni mentali di se
stesso e dell’altro basati sulla storia di relazione con la madre.
Imprinting filiale: La capacità del piccolo di apprendere, fissare in memoria in maniera più o
meno irreversibile, le caratteristiche della figura allevante.
L’imprinting (scheda)
Bowlby muta il concetto di imprinting da Konrad Lorenz. Infatti si deve agli esperimenti
dell’etologo Lorenz sulle oche la scoperta di un periodo particolare denominato periodo
critico in cui è + facile che i piccoli apprendano e fissino nella memoria (in modo + o –
permanente) le caratteristiche della figura allevante. Nelle oche questo processo si configura
nella prontezza del piccolo a seguire la prima figura in movimento. Ciò è da comprendere
alla luce del significato di tale azione al fine della sopravvivenza e della futura autonomia.
Per provare tale tesi L. si pone nelle vicinanze delle uova pronte a schiudersi ponendosi come
prima figura visibile. Gli anatroccoli indirizzavano a lui tutte le richieste di accadimento
ignorando la madre biologica. Nei primati, e quindi anche nell’uomo lo stimolo scatenante
ovvero la caratteristica di base che rende una figura ogg di imprinting filiale non è il
movimento ma come dimostrato da Harlow la morbidezza associata al calore.
Tipologie dell’attaccamento
Mary Ainsworth ’70 – Test della strange situation: Attraverso uno studio longitudinale,
basato su osservazioni sistematiche e ripetute nel tempo delle interazioni madre-figlio
durante tutto il primo anno di età del bambino, ha misurato con una sua metodica chiamata
“Strange Situation”. Studia l’impatto della loro relazione affettiva, sulla successiva capacità
del piccolo di provare, segnalare e regolare certe emozioni. Il test Strange Situation è
strutturato in 8 episodi di circa tre minuti, durante i quali il bambino viene brevemente
separato e riunito alla madre secondo una sequenza fissa.
Presupposti:
-Se lo sviluppo dell’attaccamento è andato bene,allora …
• a) il bambino dovrebbe usare la madre come base sicura per esplorare una stanza
interessante ma estranea
• b) il bambino dovrebbe mostrare ansia da separazione se la madre si allontana per un breve
periodo
• c) un adulto estraneo dovrebbe essere meno di conforto di quanto sia la madre.
Da questo studio ne derivano 4 tipi di legame di attaccamento, influenzato dal
comportamento della madre nei confronti del piccolo.
LEGAME INSICURO ANSIOSO-EVITANTE ( evitante o distaccato)
MADRE: insensibile ai segnali del bambino; rifiutante sul piano del contatto fisico.
BAMBINO: non ha fiducia in una risposta adeguata da parte della madre; distacco,
esitamento del contatto. Eccesso di autonomia ( in molti casi si parla di falsa autonomia);
indifferenza alla separazione, indifferente alla riunione, non mostrano alcina emozione ne con
l’allontanamento della madre ne con il riavvicinamento, il bambino in tale caso viene definito
bambino evitante
LEGAME SICURO
MADRE: sensibile alle richieste e ai segnali di disagio del bambino, supportava.
BAMBINO: equilibrio tra vicinanza ed esplorazione; sicurezza interna e fiducia. Mostra segni
di disagio alla separazione, ma al ritorno della madre accoglie la madre in modo affettuoso.
Esplora il mondo circostante. In tale caso il bambino è definito sicuro.
LEGAME INSICURO ANSIOSO-AMBIVALENTE
MADRE: imprevedibile nelle risposte, dettate più dai suoi bisogni che da quelli del bambino.
BAMBINO: incerto rispetto alla disponibilità materna, non riesce a utilizzarla come base
sicura e ne è assorbito completamente. Forte disagio alla separazione, inconsolabile al ritorno
della madre: il bambino che nell’arco del 1° anno di vita elabora un tipo di legame insicuro e
ansioso quando ha sperimentato una madre imprevedibile, indifferente che lo rifiuta, il
bambino in tale caso viene definito un bambino insicuro e ansioso.
LEGAME DISORGANIZZATO
MADRE: dominata da esperienze traumatiche irrisolte, non risponde alle richieste del
bambino, manifesta un comp. affettuoso quando non è richiesto e rifiuta il contatto quando è
un bisogno del bambino.
BAMBINO: non dispone di strategie stabili. Comportamenti contradditori, azioni mal dirette,
stereotipate e asimmetriche, congelamento, immobilità, disorientamento. Durante
l’allontanamento dalla madre piange e non esplora l’ambienta al suo ritorno riversa su di lei
rabbia. Il bambino in questo caso è definito coercitivo-ambivalente.
Non avere un legame sicuro vuol dire:
- Compromettere la possibilità di esplorare l’ambiente e il percorso verso l’autonomia.
- Secondo la A. i vari tipi di attaccamento insicuro sono distorsioni del percorso ottimale.
- La storia affettiva del bambino con la figura di riferimento e attaccamento influenza la sua
capacità di regolare le emozioni e di conseguenza la sua possibilità di mettere in atto
comportamenti organizzati e congruenti con la situazione.
Base sicura
Indici di base sicura in un legame sicuro:
1) Ansia di separazione, emozione che si manifesta in tutti i bambini di tutte le culture
quando stanno per staccarsi dalla madre o sono allontanati da essa (es. asilo nido)
2) Utilizza la madre come fonte di conforto, perché sentendosi minacciato dall’ambiente
estraneo in cui si sta avventurando chiede alla madre di essere coccolato, rassicurato.
3) Usa la madre come base sicura ovvero come punto di partenza per esplorare senza
paura l’ambiente sia fisico che sociale.
Tali indici tutti di natura emozionale mostrano come il sogg sia in grado si regolare e
esprimere emozioni attraverso il rapporto con la madre all’interno di un processo di
regolazione diadica delle emozioni in cui il ruolo attivo è giocato da entrambi. Tale processo
inizia fin dalla nascita e permette progressivamente il raggiungimento di un equilibrio
emozionale che gli permette di conoscere se stesso, costruire la propria personalità e
conoscere il mondo che lo circonda.
La formazione della personalità (Internal Working Model)
Usando come modello la relazione diadica con la madre si costruisce una rappresentazione
interna della relazione, un modello mentale del Sé (Self) e un modello mentale della figura di
attaccamento. Il bambino costruisce una specie di rappresentazione interna della relazione,
un’immagine interiore che comprende un modello mentale del se. Sono script, schemi che
organizzano le azioni del bambino sia nei riguardi dei genitori che nei riguardi delle
situazioni nuove. Possono portare il bambino e poi l’adulto a ricreare e a cercare situazioni e
persone che confermano le sue aspettative, e a vivere, interpretare le situazioni secondo i
modelli interiorizzati. Bolby li definisce Internal Working Model per sottolinearne il carattere
dinamico e aperto al cambiamento a seguito di nuove esperienze.
Internal Working Memory: Un bambino B (sicuro) avrà un idea di sé come di una persona
che vale la pena amare, degna di essere confortata, e vedrà gli altri come persone pronte ad
aiutare.
Un bambino di tipo C (ansioso-ambivalente) vedrà se stesso come vulnerabile e gli altri
come persone inaffidabili. Potrebbe diventare un adulto che mostra esagerati entusiasmi,
anche fuori luogo, desideroso di controllo sugli altri, che tende ad essere sempre al centro
dell’attenzione.
Un bambino di tipo A (ansioso-evitante), si rappresenterà come persona indegna di essere
amata e aiutata e non si aspetterà nulla dagli altri. Potrebbe diventare un adulto che non si
fida di nessuno, che non di permette emozioni e che evita il contatto intimo con gli altri per
non rimanere deluso. Le prime relazioni con la madre orientano il comportamento sociale e
l’assetto delle future relazioni.
Altri metodi di valutazione dell’attaccamento
Separation Anxiety Test (5-9 anni) : Procedura che si avvale della descrizione effettuata dal
soggetto (5-9 anni) delle reazioni emotive e comportamentali di un bambino ipotetico
all’allontanamento dai suoi genitori con illustrazioni di situazioni + o – impegnative di
separazione . Il bambino con attaccamento sicuro non ha difficoltà a esprimere l’ansia di
separazione ma affermano anche che il bambino non sarà in futuro in grado di orientarsi in
altre situazioni. Il bambino con attaccamento insicuro riporta emozioni esagerate, attribuisce
al personaggio mancanza di emozioni e un’improbabile autonomia.
I genitori per lo più realizzano quei modelli di comportamento che hanno sperimentato da
bambini. Il modello operativo interno che ciascun genitore ha della propria figura di
attaccamento regola il modo in cui lui/lei si comporterà con il proprio figlio.
Adult attachment interview : metodo introspettivo inaugurato da Mary Main, è costituito da
un’intervista che esplora in età adulta attraverso il racconto il ricordo delle esperienze
infantili, in esso è importante la valutazione personale.
La Main ha messo poi in relazione i modelli mentali emersi dall’ Adult attachment interview
e quelli della strange situation.
BAMBINI B – ADULTI AUTONOMI F FREE
BAMBINI C – ADULTI PREOCCUPATI, INVISCHIATI E ENTANGLED
BAMBINI A – ADULTI SVALUTANTI L’ATTACCAMENTO D DISMISSIMG
Critiche teorie dell’attaccamento
- critica al attaccamento monotropico, Shaffer 1984 sottolinea solo l’importanza della madre
dimenticando le altre figure importanti come i pari, i fratelli fondamentali per lo sviluppo
- Hinde (1982) concezione idilliaca del rapporto madre-bambino sottolineando come
fondamentale anche la conflittualità e l’allontanamento in tale rapporto
- Critiche al presunto valore universale del tipo di attaccamento sicuro, deve essere = in
tutte le culture (critica degli antropologi)
- Il modello socioaffettivo delle relazioni madre-bambino è improntato sempre sul sé,
accusa di determinismo
- Svalutazione dell’importanza delle relazioni tra i pari
- Critica di Trevathen
Temperamento e attaccamento
La costruzione e lo sviluppo della relazione madre-piccolo, dipende da entrambi. I bambini
sono differenti gli uni dagli altri sin dalla nascita. Alexander Thomas e Stella Chess 2
pediatri di New York durante uno studio longitudinale hanno rilevato delle caratteristiche di
temperamento e hanno individuato 2 tipologie: bambini difficili e bambini facili. Ma per
quanto attiene ai comportamenti messi atto nei momenti di separazione e ricongiungimento
dal genitore, no possono essere ricondotti al temperamento del bambino.
Dall’ansia alla sicurezza
I modelli mentali dell’attaccamento, tendono a mantenersi stabili nello sviluppo. Comunque,
le esperienze precoci, non possono essere viste in un’ottica deterministica, possono infatti
agire altri fattori a modificare i percorsi di sviluppo: es. psicoterapia, buona relazione di
coppia etc.