Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
MARIA SS. MADRE DI DIO
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Nm 6,22-27 - Invocheranno il mio Nome e io li benedirò.
Dal Salmo 66 - Rit.: Dio ci benedica con la luce del suo volto.
Gal 4,4-7 - Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Molte volte e in diversi modi Dio
ha parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti: oggi, invece, parla a
noi per mezzo del Figlio. Alleluia.
Lc 2,16-21 - I pastori trovarono Maria, Giuseppe e il bambino.
Giornata della pace
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Celebrando il Natale di Gesù, abbiamo salutato in lui il “Principe della
pace”. Sulla grotta di Betlemme gli angeli hanno cantato: “Gloria a Dio
nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Giunge
quanto mai opportuno l’appello che il Papa ci rivolge in questo giorno,
primo del nuovo anno, a meditare sulla pace, pregare per la pace, farci
operatori di pace.
“La pace di Cristo regni nei vostri cuori”
È un augurio ed è un’esortazione che Paolo rivolge ai Colossesi,
proponendo loro un programma di vita cristiana che dev’essere la
risposta al disegno di salvezza che l’apostolo ha invitato a contemplare
nella prima parte della lettera. Cosa dovete fare per “comportarvi in
maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in
ogni opera buona” (Col 1,10)? Cosa fare per rispondere alla bontà di Dio
che in Cristo ha operato la totale riconciliazione, “rappacificando con il
sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla
terra e quelle nei cieli” (Col 1,20)?
È necessario, dice Paolo, ricordandoci che non c’è distanza fra uomo e
uomo, di qualsiasi razza o religione o condizione sociale, poiché “Cristo
è tutto in tutti”, realizzare, nell’interno e all’esterno, la piena concordia
Testi biblici: Is 32,15-20; Col 3,12-15; Mt 5,1-12a. Queste letture sono tratte dal
formulario “Per la pace e la giustizia”. Le letture della solennità di Maria SS.ma Madre
di Dio sono state commentate nel volume Omelie per un anno. Anno C/1, pp.
106-108.
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e armonia: “Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di
sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di
pazienza”. È necessario sopportarci e perdonarci. Il primato, come
aveva proclamato in altra occasione (cf 1 Cor 13), spetta alla carità: “Al
di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione”. Frutto
di questo sentimento e di questo comportamento, la pace: “E la pace di
Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un
solo corpo”.
Ideale stupendo: ma non resterà sempre un’utopia? Eppure c’è stato un
tempo in cui “la moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un
cuore solo e un’anima sola”, e lo dimostravano spogliandosi d’ogni
egoismo, mettendo tutto in comune (At 4,32-35; anche se non
mancarono le incrinature nella comunione che caratterizzava la Chiesa
primitiva).
“Effetto della giustizia sarà la pace”
La parola di Isaia è valida anche oggi, sarà valida sempre. La pace vera
non può essere là dove nessuno osa contestare o ribellarsi perché un
regime dispotico, la violenza legalizzata impone il silenzio – la pace dei
cimiteri. “L’ordine pubblico”, ammonisce il Concilio, dev’essere
“informato a giustizia” (Dignitatis humanae, 3). “La pace non è la
semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere
stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una
dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita “opera
della giustizia”” (Gaudium et spes, 78). Questo vale in tutti i rapporti tra
gli uomini: nel campo del lavoro, nell’economia, nella politica. Vale nelle
piccole e nelle grandi comunità, nella vita d’una nazione e nei rapporti
internazionali.
Possiamo dire che questo avvenga nel mondo d’oggi? Non era certo del
tutto affermativa la risposta data dal Concilio: “Mentre folle immense
mancano dello stretto necessario, alcuni, anche nei paesi meno
sviluppati, vivono nell’opulenza o dissipano i beni. Il lusso si
accompagna alla miseria. E mentre pochi uomini dispongono di un assai
ampio potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della
possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità,
spesso permanendo in condizioni di vita e di lavoro indegne di una
persona umana” (Gaudium et spes, 63).
Possiamo verificare queste situazioni a vari livelli, da lontano e da
vicino. Giovanni Paolo II nella prima enciclica c’invita a un serio esame
di coscienza a questo proposito: “Crescono davvero negli uomini, fra gli
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uomini, l’amore sociale, il rispetto dei diritti altrui – per ogni uomo,
nazione, popolo – o, al contrario, crescono gli egoismi di varie
dimensioni, i nazionalismi esagerati, al posto dell’autentico amore di
patria, ed anche la tendenza a dominare gli altri al di là dei propri
legittimi diritti e meriti, e la tendenza a sfruttare tutto il progresso
materiale e tecnico-produttivo esclusivamente allo scopo di dominare
sugli altri o in favore di tale o tal altro imperialismo? Ecco gli
interrogativi essenziali, che la Chiesa non può non porsi, perché in
modo più o meno esplicito se li pongono miliardi di uomini che vivono
oggi nel mondo” (Redemptor hominis, 15).
È necessario che prendiamo coscienza di questa realtà per vederla nella
luce del Vangelo. Non possiamo accettarla passivamente, ma dobbiamo
adoperarci, ciascuno secondo la sua vocazione e le sue possibilità, per
trasformarla, se vogliamo che la terra diventi, secondo la parola del
profeta, “una dimora di pace”.
“Beati gli operatori di pace”
Nelle beatitudini Gesù ci propone un programma da realizzare per
conseguire “il regno dei cieli”. Tutte dobbiamo tenerle presenti, perché
tutte sono intimamente connesse fra loro. Accettazione della povertà e
della sofferenza, bontà e mitezza, fame e sete di giustizia, misericordia
e purezza di cuore preparano gli “operatori di pace”. Essi “saranno
chiamati figli di Dio”, che è “il Dio dell’amore e della pace” (2 Cor
13,11). Com’è Figlio di Dio colui che ha detto: “Vi lascio la pace, vi do la
mia pace” (Gv 14,27); colui che “è la nostra pace”, che “è venuto ad
annunziare la pace” (Ef 2,14.17).
Alla beatitudine degli “operatori di pace” segue quella dei “perseguitati
per causa della giustizia”. Nessuna meraviglia se capita ai cristiani
quello che è capitato a Gesù. Niente deve distoglierci dall’impegno
ostinato di operare la pace nella giustizia, in tutti i campi: nella famiglia,
nella scuola, nel mondo del lavoro e della cultura, dell’economia e della
politica.
“Domandate pace per Gerusalemme”
Dono di Dio, promesso da Gesù, la pace dev’essere implorata con
l’incessante preghiera. A ciò ci esorta il salmo responsoriale (Sal 121).
Vi ci richiama la liturgia della Messa: “Agnello di Dio che togli i peccati
del mondo, donaci la pace”.
Oggi celebriamo la festa di Maria SS.ma Madre di Dio. Quella maternità,
ci ricorda il Papa nella prima enciclica, di una dignità “unica e
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irripetibile... nella storia del genere umano”, come “unica anche per
profondità e raggio d’azione è la partecipazione di Maria, in ragione
della medesima maternità, al divino disegno della salvezza dell’uomo,
attraverso il mistero della Redenzione” (Redemptor hominis, 22). A lei,
Regina della pace, chiediamo il dono della pace per noi e i fratelli, l’aiuto
per essere “operatori di pace”.
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Anno “C”
BUON ANNO, NEL NOME DI MARIA!
Nella festa del Natale, celebrata otto giorni fa, abbiamo adorato il Verbo
di Dio che “per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della
Vergine Maria e si è fatto uomo”. All’evento del Natale siamo richiamati
ancora oggi, con l’invito a volgere lo sguardo, reverente e fiducioso, alla
Madre di Dio, Maria Santissima. Nel nome di Gesù e di Maria diamo
inizio al nuovo anno e celebriamo la giornata della pace, rispondendo
all’appello del santo Padre che propone a tutto il mondo la meditazione
su questo tema così essenziale, la preghiera per la pace, l’impegno di
lavorare e lottare per la pace.
“Ti benedica il Signore”
La 1ª lettura, con la formula di benedizione sul popolo di Israele che il
Signore detta ad Aronne e ai suoi figli, investiti dell’ufficio sacerdotale,
esprime gli auguri per l’anno che incomincia. L’augurio è che il Signore
benedica il suo popolo e lo protegga, cioè che lo assista con il suo aiuto,
lo difenda contro i nemici, lo preservi dalle calamità, lo accompagni nel
suo cammino. L’augurio si riveste quasi di tenerezza quando auspica
che il Signore “faccia brillare il suo volto” sul suo popolo, quasi
guardandolo con un sorriso di affettuoso compiacimento e
incoraggiamento, rivolgendo su di esso il suo volto, come chi è tutto
intento a guardare colui che gli sta a cuore. La conclusione: “Ti conceda
la pace”, tenendo presente il significato del corrispondente termine
ebraico shalom (ormai lo conoscono anche i nostri ragazzi che lo
ripetono gioiosamente nel canto), contiene tutto il bene che si può
auspicare ad una persona o ad una comunità: non solo la “tranquillità
dell’ordine” (un “ordine” giusto per tutti), la concordia, ma la salute, il
sano benessere, la prosperità.
Ma ricordiamoci, se vogliamo che i nostri siano auguri di cristiani, che
tutto questo avviene dall’amore di Dio creatore e padre, in virtù del suo
Figlio che egli ha mandato perché anche noi diventassimo figli suoi per
adozione.
La missione di Maria
Mandato da Dio, il Verbo fatto uomo per noi è nato da donna. È l’unico
accenno a Maria che troviamo in s. Paolo. La cosa non deve far
meraviglia. L’annunzio del Vangelo ha per centro Gesù, la sua
predicazione, soprattutto la sua morte e risurrezione; su lui doveva
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convergere tutta l’attenzione dei primi predicatori. “Io ritenni”, scrive
Paolo ai Corinzi, “di non sapere in mezzo a voi se non Gesù Cristo e
questi crocifisso” (1 Cor 2,2). Ma ben presto l’interesse dei predicatori e
dei credenti si estese all’infanzia e all’adolescenza di Gesù, come
mostrano i vangeli di Matteo e di Luca, i quali fanno largo spazio a
Maria; tanto più il vangelo di Giovanni. Ma le tre parole di Paolo sono
quanto mai significative. Inserite al centro nell’annunzio dell’evento in
cui sfocia tutta la storia dell’antica alleanza, la salvezza operata da Dio
per mezzo del Figlio mandato a noi nella “pienezza dei tempi”, queste
parole richiamano l’intervento di Maria nel disegno divino. Luca lo
spiegherà nel racconto dell’annunciazione, concluso con l’assenso della
Vergine che doveva segnare il momento in cui “il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Comincia ad avverarsi qui
il fatto sottolineato con forza dal Concilio, che Maria è unita al Figlio di
Dio “da uno stretto e indissolubile vincolo” (Lumen gentium, 53),
chiamata a esercitare un ruolo unico “nel mistero del Verbo incarnato e
del corpo mistico” (ivi, 54), associata nel modo più intimo e vitale al suo
Figlio nell’opera della salvezza. Questo perché “insignita del sommo
ufficio e dignità di Madre del Figlio di Dio e perciò figlia prediletta del
Padre e tempio dello Spirito Santo” (ivi, 53). Per questo, insegna il
Concilio dopo aver citato il testo di Paolo proposto oggi alla nostra
meditazione, “i fedeli che aderiscono a Cristo Capo e sono in comunione
con tutti i suoi santi, devono pure venerare la memoria “innanzi tutto
della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore
Gesù Cristo” (Canone Romano)” (ivi, 52).
Se Maria ha cooperato alla nostra salvezza dandoci come Madre Gesù
Salvatore, e serbando “fedelmente la sua unione col Figlio sino alla
croce” (ivi, 58), è giusto che i fedeli la venerino e invochino
fiduciosamente come madre, con i titoli vari di “Avvocata, Ausiliatrice,
Soccorritrice, Mediatrice. Il che però va inteso in modo, che nulla
detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico
Mediatore. Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col
Verbo incarnato e Redentore”, ma “perché, sostenuti da questo
materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e
Salvatore” (ivi, 62).
Maria, “modello di virtù”
Così ce la presenta ancora il Concilio: Maria “rifulge come modello di
virtù davanti a tutta la comunità degli eletti” (ivi, 65). Anche nel
momento in cui la vediamo nel Vangelo di oggi. Qui “essa primeggia tra
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gli umili e i poveri, sottolinea l’ambiente di povertà che circonda,
all’inizio del suo cammino sulla terra, Gesù, sua madre e san Giuseppe:
la grotta, le fasce, la mangiatoia, i primi destinatari dell’annuncio e i
primi a incontrarsi con Gesù, i pastori, gente umile e guardata con
disprezzo dai rabbini perché impedita di osservare esattamente la
legge. Come segno di riconoscimento del Salvatore, il Cristo Signore,
l’angelo indica le fasce e la mangiatoia. Vogliamo confrontare con la
povertà di Gesù, di Maria e di Giuseppe il nostro Natale, il nostro
capodanno?
Maria presenta ai pastori il Bambino. Lo presenta anche a noi, come
“l’autore della vita” (colletta), come colui che ci mostra “le primizie
dell’amore misericordioso di Dio” (preghiera sulle offerte), che è venuto
per “guidarci alla vita eterna” (preghiera dopo la comunione).
Accogliamolo con fede, con amore riconoscente, con la volontà di
corrispondere alla sua opera di salvatore.
Maria presenta Gesù ai poveri. Sappiamo rispettare i poveri come
uguali davanti a Dio, come quelli che Gesù ha proclamato beati?
Sappiamo aiutarli promovendo la giustizia, la solidarietà, la carità, la
pace?
“Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo
cuore”. La medesima osservazione sarà ripetuta a conclusione del
racconto dell’infanzia (Lc 2,51). Raccogliamola a conclusione delle
nostre riflessioni, per far tesoro della Parola di Dio ascoltata,
confrontarci con essa e metterla in pratica.
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