Omelie per un anno - vol. 2 7ª Domenica del Tempo Ordinario 1 Sam 26,2.7-9.12-13.22-23 - Il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano. Dal Salmo 102 - Rit.: Il Signore è buono e grande nell’amore. 1 Cor 15,45-49 - Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi. Alleluia. Lc 6,27-38 - Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. La potenza dell’amore Nella vita la presenza degli altri è una condizione essenziale per la nostra realizzazione. Nel confronto e rapporto con gli altri noi ci sperimentiamo come libertà dialogante e cogliamo gli altri come valore incondizionato, che proibisce la strumentalizzazione e il dominio. Il “rispetto” dell’altro esprime il riconoscimento del suo mistero e della sua inviolabilità, realizza perciò l’autentica relazione interpersonale perché implica il “riconoscimento” dell’altro nel suo incondizionato valore in sé e per me. Il riconoscimento dell’altro come valore nella sua alterità personale, inalienabile e irripetibile, esige che io esca dal mio io e mi diriga verso l’altro con libertà, senza alcuna volontà di strumentalizzazione o di dominio. Ciò equivale ad amare l’altro, cioè ad essere una “libertà-per-l’altro”. Nell’amore per gli altri, la mia libertà realizza se stessa come libertà di amare, come autotrascendenza capace di rinunciare alla propria vita per salvare quella dell’altro. Nella piena dedizione di sé per la vita dell’altro si realizza perfettamente la libertà umana in quanto essa si costituisce come libertà di amare. L’amore infatti è ciò che costituisce la libertà come tale, cioè come libertà-per. Dunque, l’amore ha un potere veramente liberante. Non uccidere L’eroe Davide (1 Sam 26) potrebbe uccidere Saul e prendere il suo posto. Il racconto, dove storia e leggenda non sono più separabili per noi, vuole mostrare la magnanimità di Davide, la sua capacità di 7ª Domenica del Tempo Ordinario “C” - Elledici, Leumann 2003 1 Omelie per un anno - vol. 2 affidarsi a Dio e ai suoi imperscrutabili disegni. La lancia di Saul, con cui era stata minacciata la vita di Davide, ora è in mano dell’avversario che la restituisce al suo proprietario senza usarla come arma di morte. Davide esclama: “Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà”. Non ricorre alla lancia, cioè alla forza bruta della violenza, ma mette la sua sorte nelle mani di Dio. Davide non risponde all’odio di Saul con la violenza e la potenza delle armi, ma con grande nobiltà e con lealtà verso il re. L’autore biblico vuole evidenziare la bontà e la generosità del giovane Davide, del quale pure racconterà tanti episodi di violenza guerriera e di spregiudicatezza. Secondo il racconto, è una speciale provvidenza divina che rende possibile l’azione di Davide, perché nel campo di Saul “tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore” (v. 12). La divina provvidenza guida i passi di Davide, che si affida a Dio e non cerca di dominare su Saul ad ogni costo. Davide rinuncia a “mettere le mani sul consacrato del Signore” (v. 23), riconoscendo che Saul fu “unto” re e quindi ricevette da Dio la missione e lo “spirito divino” per il suo compito. Rispettando Saul e rifiutando di dominare su di lui, Davide afferma il primato della persona umana sui propri sogni di potere e sulle sue ambizioni politiche. Egli vede in Saul la presenza e l’azione di Dio; perciò mettere le mani su Saul significherebbe attentare ai progetti e ai disegni di Dio. La magnanimità e la lealtà di Davide hanno quindi una motivazione religiosa. La dignità dell’uomo L’amore è rispetto della “dignità” dell’altro. In questo orizzonte rileggiamo il testo paolino della 2ª lettura. Paolo riprende la concezione dell’ebreo Filone che distingueva due Adami, il primo fatto a immagine di Dio (cf Gn 1,27) e il secondo tratto dalla polvere della terra (cf Gn 2,7). Paolo afferma che i due racconti di Genesi parlano dello stesso Adamo: sia 1,27 sia 2,7 riguardano l’uomo “fisico” o “animale”; l’uomo “spirituale” invece “viene dal cielo”, e ultimamente è Gesù Cristo, che divenne “uno spirito datore di vita” (v. 45). Gesù Cristo è l’ultimo e il vero Adamo, l’uomo ideale e perfettamente realizzato. Più precisamente, è il Cristo risorto che mostra l’Uomo perfettamente “spirituale”, datore di vita. E l’apostolo può dire: “Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra (cioè la natura di uomini mortali ereditata dall’Adamo decaduto), così porteremo l’immagine dell’uomo celeste (cioè parteciperemo della risurrezione corporale a somiglianza di Cristo”; v. 49). 7ª Domenica del Tempo Ordinario “C” - Elledici, Leumann 2003 2 Omelie per un anno - vol. 2 Ogni uomo è dunque pensato e voluto da Dio come destinato a divenire partecipe del destino di Gesù Cristo, fino a risorgere con lui e vivere per sempre. La “dignità” dell’uomo va allora considerata – nella prospettiva cristiana – a partire da Gesù Cristo e dalla sua vicenda storica, compresa la sua risurrezione. Da ciò consegue che ogni uomo realizza se stesso nella misura in cui segue Cristo, fa quello che ha fatto lui, partecipa alla sua sorte, sia consapevolmente sia in modo implicito. Coerentemente con quanto ci ha detto Paolo, l’amore verso gli altri è autentico e vero nella misura in cui è amore come quello di Gesù Cristo, ossia una dedizione di sé per la vita degli altri. Cristo è la misura dell’uomo e, perciò, di ogni amore veramente umano. Amate e fate del bene La proposta di Gesù, da lui innanzitutto vissuta e praticata e poi insegnata, è quella di dare la nostra vita per il bene degli altri. È una proposta evidentemente diversa da quella che viene dal nostro egoismo, dalla pratica con cui noi cerchiamo ogni giorno di succhiare la vita degli altri e di sfruttarli. L’istruzione riportata da Lc 6,27-38 è destinata ai discepoli di Gesù, perché essi soltanto possono capire e praticare i suoi insegnamenti. Ai discepoli Gesù contrappone “i peccatori”, che agiscono secondo criteri etnici, politici o economici. Il discepolo di Gesù è invitato a superare tutte le separazioni (amici-nemici, quelli che fanno del bene - quelli che fanno del male, ecc.) per creare una comunità riconciliata e solidale. L’amore del prossimo deve spezzare ogni confine di gruppo, di nazione, di razza, di religione: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano”. La proposta di Gesù è quella di amare disinteressatamente, “senza sperarne nulla” (v. 35). L’amore del prossimo deve essere gratuito, non basato sullo scambio, sebbene esso porti in sé una promessa certa di successo: “Date e vi sarà dato” (v. 38). Non si tratta di una dedizione che finisce nel nulla, che porta all’insuccesso e al vuoto, ma che conduce alla piena realizzazione di sé. La dedizione autentica di sé agli altri riempie di gioia e reca con sé il premio. Nel nostro brano evangelico, l’amore del prossimo è espresso con “fare del bene”. Si tratta di un “fare” e non soltanto di un sentimento o di una velleità. Questo “fare” si esprime nel “benedire”, nel “pregare”, nel “dare”, nel “prestare”, nell’essere misericordiosi, nel non giudicare o condannare. In tutti i casi, l’amore deve essere effettivo, pratico, concreto. È troppo facile per noi l’illusione di amare. 7ª Domenica del Tempo Ordinario “C” - Elledici, Leumann 2003 3 Omelie per un anno - vol. 2 Paolo riassume il senso dell’amore vero dicendo: “Mediante l’amore siate al servizio gli uni degli altri” (Gal 5,13). L’amore si misura sulla prassi effettiva. Senza questa concretezza della prassi effettiva, l’amore del prossimo rischia di diventare un’astrazione e un sentimento vago e generico, consolatorio e illusorio. Non la retorica dell’amore, ma la sua pratica ci può salvare dall’illusione disperante e avvilente di “essere a posto” con il nostro prossimo. 7ª Domenica del Tempo Ordinario “C” - Elledici, Leumann 2003 4