3_palme_A - salesiani don Bosco

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Anno A
DOMENICA DELLE PALME
E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
 Mt 21,1-11 - Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
 Is 50,4-7 - Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare
deluso (terzo canto del Servo del Signore).
 Dal Salmo 21 - Rit.: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
 Fil 2,6-11 - Cristo umiliò se stesso, per questo Dio l’ha esaltato.
 Canto al Vangelo - Gloria e lode a te, o Cristo! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino
alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che
è sopra ogni altro nome. Gloria e lode a te, o Cristo!
 Mt 26,14–27,66 - La passione del Signore.
Dal trionfo al supplizio
Un contrasto sconcertante
Il significato di questa domenica, con cui ha inizio la settimana santa, è indicato da due
nomi che essa porta nei libri liturgici: «Domenica delle Palme, della Passione del
Signore». Si ricordano così due avvenimenti che hanno segnato gli ultimi giorni
dell’esistenza terrena di Gesù: l’accoglienza trionfale con cui egli fu acclamato alla sua
entrata in Gerusalemme, seguita a pochi giorni di distanza dalle umiliazioni e dalle atroci
sofferenze che avranno termine solo con la morte in croce. Questo duplice significato è
richiamato con insistenza nella liturgia odierna. Il rito della benedizione e processione
delle palme è segnato dall’esultanza dei fedeli che accompagnavano il Cristo vincitore,
perché, come ricorda s. Massimo, questo voleva dire la folla che agitava i rami di palme in
onore di lui. Nell’inno processionale l’assemblea si unisce ai fanciulli, a tutto il popolo
ebreo, ai cori degli angeli, per cantare gloria e lode a Cristo Salvatore, re d’Israele, re
buono, re clemente. Ma già in questo canto si ricorda che egli andava incontro alla morte.
Quando poi, all’inizio della Messa, il sacerdote prega a nome di tutto il popolo, si entra in
pieno nel clima della passione, ricordando il Cristo, Figlio di Dio, «nostro Salvatore, fatto
uomo e umiliato fino alla morte di croce», e invocando il Padre possiamo avere «sempre
presente l’insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della
risurrezione».
Nella 1a lettura, che riporta un tratto del terzo canto del Servo, la liturgia odierna ci fa
sentire la parola di Gesù che accetta senza ribellarsi l’umiliazione e la sofferenza: «Non ho
opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il dorso ai flagellatori, la
guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli
sputi».
Così nel salmo 21, che, secondo s. Massimo e s. Agostino, si riferisce tutto alla persona
del Signore e Salvatore. Incomincia col grido di Gesù sulla croce: «Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?» e continua descrivendo i maltrattamenti di cui è oggetto da
parte di implacabili avversari: «Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra,
scuotono il capo: “Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico”». Si
legge oggi nel racconto di Matteo: «E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo
il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!
Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli
anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele,
Domenica delle Palme e di Passione “A” - “Omelie per un anno - vol. 1”, Elledici
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scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol
bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!”».
Continua il salmo: «Si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte». E Matteo:
«Dopo averlo crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte».
Per non dimenticare
Perché ogni anno la Chiesa, oggi e nella settimana santa, ci richiama questa vicenda di
umiliazione e di dolore? Risponde s. Agostino, che così esordisce in una predica sul salmo
21: «La passione del Signore, come sappiamo, si è compiuta una volta sola, perché una
volta sola è morto il Cristo, il giusto per gli ingiusti... Tuttavia, per non dimenticare ciò che
è accaduto una sola volta, ogni anno viene richiamato alla nostra memoria... L’annuale
commemorazione quasi viene a rappresentare ciò che una volta si è compiuto, e perciò
noi ne siamo commossi come se vedessimo il Signore pendente dalla croce».
«Per non dimenticare...»: è un dovere elementare per chi consideri chi è Gesù, per chi
rifletta sulle ragioni degli avvenimenti che oggi ricordiamo. Egli è, ci dice la profezia
richiamata da Matteo quando racconta l’ingresso trionfale in Gerusalemme, il re della
«figlia di Sion» (di quella Gerusalemme che poco dopo lo condannerà a morte, della
nuova Gerusalemme che è la Chiesa), che viene «mite», spinto dall’amore, a liberare e
salvare. È il «figlio di Davide», il Messia che «viene nel nome del Signore». Riferisce Luca:
«Alcuni farisei fra la folla gli dissero: “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”. Ma egli
rispose: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”» (Lc 19,39-40). Vorremo,
con la nostra indifferenza, mostrarci più insensibili delle pietre? Il Gesù che siamo invitati
a lodare e acclamare è, ci dice Paolo, colui che, «pur essendo di natura divina, non
considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio»; che «umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e alla morte di croce» e fu esaltato dal Padre «perché nel nome
di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre».
«Per non dimenticare...»: perché Gesù ha sofferto ed è morto per noi. Ce lo ricorda il
prefazio: «Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e,
consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte
lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza». Ce lo richiama
l’ultima orazione della Messa: «Con la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui
crediamo».
Per imparare
La colletta ci ricorda che il Cristo, Figlio di Dio, nostro Salvatore, è stato dato «come
modello agli uomini». Come spiegava s. Agostino, non in quanto operatore di miracoli,
ma in quanto «fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce». Anche in questa chiave
dobbiamo leggere e meditare in questi giorni il racconto della passione. Anche per questo
valgono le parole dette da Gesù, quando ormai stava per scoccare l’ora dei suoi avversari,
nella quale egli sarebbe stato dato in balia dell’«impero delle tenebre» (cf Lc 22,53).
«Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,15). Ce lo
spiega s. Giovanni Crisostomo commentando la 2a lettura: «Anche noi non pensiamo di
abdicare alla nostra dignità quando siamo umiliati». È accettando di essere umiliati che si
perviene alla vera esaltazione, non quando si è onorati, lodati, portati in trionfo. Chi è
umile, soggiunge, è mite, paziente, aperto agli altri; chi è superbo, è arrogante, violento,
iracondo. Impara da Gesù, dunque, a mortificare l’orgoglio e accettare l’umiliazione. Mi
ha fatto pensare una riflessione di Helder Câmara. Riferendosi alla sua esperienza
personale, egli dichiara che le grandi grazie sono state sempre precedute da grandi
umiliazioni. Imparare da Gesù ad accettare la sofferenza, fisica e morale. Non per
sadismo né vantando un’impassibilità stoica, ma come espressione della volontà di Dio,
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sempre ispirata dall’amore, anche quando non riusciamo a capire. Tanto più se la
sofferenza è legata al servizio che dobbiamo o possiamo prestare ai fratelli, che spesso
richiede fatica, sopportazione, che ci obbliga ad inghiottire bocconi amari.
Non è già un dono, un premio, soffrire per servire e per donare? Per chi soffre con questo
spirito vale la confortante parola di Pietro: «È una grazia per chi conosce Dio subire
afflizioni, soffrendo ingiustamente» (1 Pt 2,19); e ancora: «Se anche doveste soffrire per
la giustizia, beati voi!» (3,14). Alla passione e alla morte seguirà per Gesù la risurrezione.
Così noi, ci ricorda la colletta, avendo «sempre presente l’insegnamento della sua
passione», parteciperemo «alla gloria della risurrezione».
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