Omelia nella Solennità di San Giovanni della Croce
Carmelo di Lodi, 14 dicembre 2006
Presiedo volentieri questa s. Messa nel giorno in cui ricorre la memoria di s. Giovanni
della Croce, Sacerdote e Dottore della Chiesa, celebrata con il grado liturgico di solennità
dall’ordine del Carmelo, che lo venera come “Padre del Carmelo Riformato”.
Saluto con viva cordialità la Madre Priora e tutte le sorelle carmelitane. Colgo
l’occasione per ringraziarle sentitamente perchè con la loro vita di preghiera e di
sacrificio, contribuiscono, nel silenzio, giorno dopo giorno, all’edificazione della nostra
Chiesa laudense. Saluto il Cappellano.... e tutti i presenti.
La solennità di s. Giovanni della Croce cade nel Tempo di Avvento, tempo liturgico
“forte”, tempo di preparazione alla solennità del Natale del Signore, in cui si ricorda la
prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, come anche tempo in cui lo spirito viene
guidato alla seconda venuta del Signore alla fine dei tempi. Il Tempo di Avvento,
dunque, ci invita a fissare lo sguardo su Gesù, il Veniente, colui che è venuto, che viene e
che verrà, colui che è la pienezza della rivelazione di Dio, il centro della nostra fede.
Potremmo dire, con una parola sintetica, che il Tempo di Avvento è un tempo
particolarmente cristocentrico, un tempo cioè che ci invita a mettere al centro della nostra
spiritualità il Signore Gesù.
E proprio Gesù Cristo, il mistero della sua persona, l’amore per lui, è stato il centro della
vita e dell’opera di s. Giovanni della Croce, questo grande mistico spagnolo nato nel
1542 a Fontiveros (Avila), morto il 14 dicembre 1591 a Ubeda, canonizzato da Papa
Benedetto XIII nel 1726, e proclamato dottore della Chiesa da Pio XI il 24 agosto 1926.
Qualche giorno fa, nell’Ufficio delle Letture siamo stati invitati a leggere una pagina
tratta dall’opera Salita al monte Carmelo dove emerge con tutta evidenza questa
centralità di Cristo nella spiritualità di s. Giovanni della Croce. Mi piace in questo
momento riproporne un significativo passaggio, citato anche dal Compendio del
Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito della “tappa piena e definitiva della
Rivelazione di Dio” (n. 9): «Dio, donandoci il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva
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parola, ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da rivelare... perciò chi
volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo
commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perchè non fissa il suo sguardo
unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità. Dio infatti potrebbe
rispondergli: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto:
Ascoltatelo”». S. Giovanni della Croce ha percorso l’intero cammino della propria vita
alla ricerca di Dio, scoprendo giorno dopo giorno che la via più sicura per accostarsi a
Lui è “conoscere” Gesù Cristo, l’Amico per eccellenza. Proprio a partire dalla sua
esperienza di vita e di fede, il tema centrale del suo insegnamento che lo ha reso celebre
fuori e dentro la chiesa cattolica, e che voi Monache ben conoscete, è l'unione per grazia
dell'uomo con Dio, per mezzo di Gesù Cristo: dal grado più umile al più sublime, in un
itinerario che prevede la tappa della via purgativa, illuminativa e unitiva, altrimenti detta
dei principianti, proficienti e perfetti. S. Giovanni della Croce è stato definito «il maestro
del cammino di fede dal “nulla” verso “il tutto”»: per arrivare al tutto, che è Dio, occorre
che l'uomo dia tutto di sé, non con spirito di schiavitù, bensì di amore. Celebri i suoi
aforismi: “Nella sera della tua vita sarai esaminato sull'amore”, e “dove non c'è amore,
metti amore e ne ricaverai amore”.
Gesù, dunque, al centro della nostra vita, quale via per arrivare a Dio; Cristo, la “santa
montagna” da scalare per giungere alla contemplazione della gloria di Dio (cfr. colletta
della Messa), per partecipare a tale gloria in qualità di “coeredi di Cristo”, resi “conformi
alla sua immagine di Figlio di Dio”, come ci ha ricordato S. Paolo nella seconda lettura
(Lettera ai Romani). È la prospettiva dischiusa da Gesù stesso nella “preghiera
sacerdotale” dell’ultima cena con i suoi discepoli, proclamata nel brano evangelico di
Giovanni: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perchè
contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato. E io ho fatto conoscere loro il tuo
nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in
loro”. Una prospettiva di contemplazione e di unione con Dio, cammino nel quale S.
Giovanni della Croce ha guidato e continua a guidare con sapienza generazioni di anime.
È questa la grande eredità spirituale che il santo mistico spagnolo ha lasciato a tutta la
Chiesa, e in particolare all’ordine del Carmelo. Il Papa Giovanni Paolo II di v.m., che
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come sappiamo si sentiva particolarmente legato alla figura del nostro Santo per
l’influsso spirituale da lui ricevuto, lo definì “messaggero di perenni valori per l’uomo e
per il cristiano nel mondo di oggi”, additando la sua figura come “patrimonio di tutta
l’umanità”.
Care Sorelle del Carmelo, cari fedeli, a me e a tutti voi auguro di continuare a vivere con
intensità il tempo liturgico “forte” dell’Avvento, illuminati dall’esempio e aiutati
dall’intercessione di S. Giovanni della Croce, maestro di vita spirituale.
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