Ricerca di Messersì Tommaso 2BSc Il tungsteno è l’ elemento chimico di numero atomico 74. Il suo simbolo è W e appartiene al VI gruppo del sistema periodico. È un metallo di transizione duro, pesante, di colore da bianco a grigio-acciaio, noto per le sue buone proprietà reologiche. Si trova in numerosi minerali, tra cui la wolframite e la scheelite. In forma pura trova ampio impiego in applicazioni elettriche ed i suoi composti sono ampiamente usati nell'industria. L'esempio più notevole del suo utilizzo è la produzione dei filamenti delle lampade ad incandescenza (e questo è dovuto al fatto che è il metallo con il più alto punto di fusione), ma le sue leghe sono usate anche nell'industria aerospaziale. Il tungsteno puro ha un colore che varia dal grigio acciaio al bianco, ed è molto duro. Si può tagliare con un seghetto per metalli quando è molto puro, mentre se è impuro è molto fragile e difficile da lavorare; il tungsteno viene ottenuto tramite sinterizzazione in quanto dotato di una temperatura di fusione troppo elevata per poter essere colato. Successivamente viene lavorato tramite forgiatura , trazione o estrusione. Dopo il carbonio, il punto di fusione del tungsteno è il più alto di tutti gli elementi puri (3 422 °C): sue sono anche la più bassa pressione di vapore e la più alta resistenza alla trazione a temperature oltre i 1 650 °C fra tutti i metalli. Ha una ottima resistenza alla corrosione, la maggior parte degli acidi minerali lo intacca solo debolmente. Sul tungsteno metallico si forma uno strato protettivo di ossido all'aria, ma questa protezione viene meno alle alte temperature, a cui l'ossidazione non viene fermata. Viene facilmente ossidato, sia puro che sotto forma di carburo dall'azione dell'acqua ossigenata Quando viene aggiunto all'acciaio, il tungsteno ne aumenta notevolmente la durezza. Il Tungsteno ha una vasta gamma di usi: Carburo di Tungsteno nei carburi cementati (uso più diffuso) Filamento delle lampadine ad incandescenza e valvole termoioniche e per vari tipi di elettrodi Materiale di costruzione delle superleghe usate per le pale delle turbine In alcuni casi sostituisce il piombo nelle munizioni delle armi da fuoco Giunture stagne vetro-metallo, in quanto il tungsteno ha un coefficiente di dilatazione molto simile a quello del vetro e del boro silicato Negli impianti di fusione nucleare viene usato come materiale di contatto col plasma Gruppo uno. Comprende leghe di tungsteno fuse ad arco pure o legate con renio o molibdeno. Gruppo due. Tungsteno di purezza commerciale, con grani equiassici e temperatura di ricristallizzazione dipendente dalla dimensione dei grani stessi. Gruppo tre. Comprende le leghe di tungsteno drogato con alluminio, potassio e silicio adatte alla produzione di filamenti perché a grani orientati (AKS) e leghe pure indurite con dispersioni di ossido di torio, caratterizzate da un alto grado di emissione termoionica. Ultimamente, a causa della nota radioattività del torio, si preferisce sostituire tali leghe con altre contenenti ossidi di terre rare (principalmente ittrio e cesio) e zirconio. Esistono poi leghe definite Tungsten Heavy-Metal Alloys, adatte per applicazioni massive quali contrappesi, zavorre, componenti per giroscopi e componenti per schermature anti radiazioni. I principali agenti leganti sono metalli di transizione ad alto peso molecolare quali molibdeno, nichel, ferro, cobalto e più raramente rame. Essi portano ad un indurimento per soluzione solida e il cobalto, in aggiunta al nichel, porta a un indurimento per precipitazione di composti intermetallici (principalmente Co3W), soprattutto dopo un trattamento di invecchiamento. Il nome Tungsteno prende origine da "Tungstein" (svedese, "pietra pesante") denominazione assegnata nel 1758 da Cronstedt a un minerale da lui rinvenuto per la prima volta; che fu meglio studiato dallo Scheele nel 1781 e quasi contemporaneamente dal Bergmann. Quest'ultimo osservò che da esso, per azione degli acidi, si otteneva un prodotto il cui aspetto faceva pensare a una "calce metallica". Due scolari spagnoli del Bergmann, i fratelli Jouan Josef e Fausto De Lhuyart, riscaldando questa "calce" con carbone ottennero per al prima volta, nel 1783, il nuovo metallo. La lampada a incandescenza è una fonte luminosa artificiale, funzionante sul principio dell'irraggiamento di fotoni generato dal surriscaldamento di un elemento metallico. La lampada a incandescenza è una sorgente luminosa in cui la luce viene prodotta dal riscaldamento (fino a circa 2700 K) di un filamento di tungsteno attraverso cui passa la corrente elettrica. Si sfrutta infatti l'effetto Joule per ottenere un forte riscaldamento del filamento, fino a portarlo a temperature tali che lo spettro di corpo nero corrispondente contenga componenti visibili sufficienti per illuminare; tale riscaldamento comporta, di conseguenza, un aumento della resistenza elettrica e quindi una diminuzione della corrente che vi scorre. Si giunge così ad un equilibrio dinamico in cui la resistenza elettrica opposta dal filamento di tungsteno al passaggio della corrente elettrica assume un valore stazionario che bilancia la potenza dissipata per effetto Joule. Nelle lampadine moderne il bulbo di vetro non è vuoto ma contiene un gas inerte a bassa pressione, di solito Argon, più raramente Kripton. Quest'ultimo consente una resa superiore del 10% circa a parità di potenza. Questi gas riducono i rischi di implosione e prolungano la vita del filamento. Inoltre la presenza del gas Argon/Kripton riduce l'annerimento del bulbo dovuto al deposito del tungsteno che sublima. Al momento dell’accensione della lampada, poiché il filamento è freddo e la sua resistenza è bassa, si determina un picco di assorbimento della durata di pochi decimi di secondo e del valore di 10-12 volte la corrente a regime. Una variante di lampada a incandescenza è la lampada alogena. 1) Bulbo di vetro 2) Gas inerte 3) Filamento di tungsteno 4) Filo di andata 5) Filo di ritorno 6) Supporto del filamento 7) Supporto della lampada 8) Contatto con la base 9) Base a vite 10) Isolante 11) Contatto sulla base