6) Modello atomico a ORBITALI
PREMESSA: LIMITI DEL MODELLO DI BOHR
(pag. 94 par.3)
Applicando il concetto di quantizzazione dell’E all’atomo, Bohr ipotizzò che
un atomo potesse esistere solo in determinati stati stazionari, corrispondenti
a determinati valori di energia dei suoi elettroni (ogni atomo presenta
massima stabilità quando gli elettroni presentano il contenuto energetico più
basso possibile), stati nei quali gli elettroni possono girare solo su orbite
caratterizzate da un raggio ben definito (dal numero quantico principale) e
non in un qualunque punto dello spazio.
La teoria di Bohr, secondo la quale l’elettrone è una particella che si muove
su orbite ben definite (orbite stazionarie) e per la quale si può pertanto
prevedere, in ogni momento, sia il contenuto energetico che la posizione,
non chiariva però alcune anomalie nello spettro degli atomi con più elettroni:
le loro righe spettrali infatti, si dimostravano costituite da più righe sottili
molto ravvicinate (multipletti).
L’IPOTESI DI DE BROGLIE: la doppia natura dell’elettrone
(Pag.95-96 par.4)
La teoria di Bohr, ovvero il concetto di orbita, venne superata quando, nel 1924, il
fisico Louis de Broglie ipotizzò che anche la materia in movimento (e quindi gli
elettroni), così come la luce, avesse sia natura corpuscolare che natura ondulatoria.
Secondo de Broglie, a qualsiasi corpo in movimento è infatti associata un’onda,
chiamata onda di materia la quale, a differenza delle onde elettromagnetiche che
hanno un’unica velocità (quella della luce = 3 . 108 m/s), si può propagare con
velocità diverse.
Per ricavare la  del corpo in movimento, de Broglie associò l’equazione di PlanckEinstein E = h · c /  con l’equazione di Einstein E = m · c2.
Dall’eguaglianza:
m · c2 = h · c /  si può ricavare  = h / m ·c
Questa relazione collega le proprietà corpuscolari del fotone (al fotone si può infatti
associare una quantità di moto (m·c) come ad una normale particella di materia)
alle proprietà ondulatorie.
Poiché la velocità dei corpi materiali (e quindi degli elettroni) non è pari a c (velocità
della luce) ma a v, sostituendo si ottiene:
 = h / m ·v
formula con cui de Broglie attribuisce natura ondulatoria a qualsiasi particella
materiale in movimento.
L’ipotesi di de Broglie, ovvero la natura ondulatoria degli elettroni fu verificata
sperimentalmente qualche anno dopo da Davisson e Germer: inviando contro un
bersaglio metallico un fascio di elettroni dotati di una certa velocità, non solo
ottennero un fenomeno di diffrazione ma la figura ottenuta corrispondeva a quella
prevista associando agli elettroni la  ricavata dalla relazione di de Broglie.
Anche corpi di massa notevole sono quindi associati ad un’onda, ma la loro
lunghezza d’onda è così piccola che le loro caratteristiche ondulatorie non sono
rilevabili ( rispetto ad m è irrilevante).
La  dell’elettrone è invece comparabile con le dimensioni dell’atomo e pertanto
assume significato determinante, non trascurabile.
La nuova concezione dell’elettrone (particella - onda) pose però un nuovo problema
infatti, mentre nel modello di Bohr l’elettrone è una particella che si muove su
traiettorie definite (come un trenino sui binari) ed è quindi possibile, con le leggi
della fisica classica, conoscere in ogni istante la sua posizione e la sua velocità,
attribuendo all’elettrone natura ondulatoria, risulta impossibile, sia teoricamente che
sperimentalmente, individuare le esatte posizioni assunte dall’elettrone durante il
suo moto (cioè la sua traiettoria).
IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG
( pag.97 par 5)
Come enunciato nel 1927 dal fisico Werner Heisenberg, è impossibile conoscere
la traiettoria dell’e-, cioè localizzare, con la massima precisione, in ogni
determinato istante, l’e- nello spazio, perché nel definire la sua posizione si varia
la sua velocità e quindi la sua posizione dopo un certo intervallo di tempo:
l’impossibilità di conoscere contemporaneamente sia l’esatta posizione che
l’esatta velocità di un elettrone è nota come principio di indeterminazione.
Questo principio si basa sul fatto che, per poter stabilire dov’è un elettrone, è
necessario illuminarlo ma, così facendo, i fotoni gli trasmettono l’energia che
possiedono accelerandolo, e quindi variandogli la velocità. Se vengono utilizzati
fotoni a bassa energia ( lunga) in modo da non variare la velocità dell’elettrone,
risulta invece impossibile determinarne la posizione, in quanto l’oggetto per
essere visibile deve essere colpito da radiazioni con  paragonabili alle proprie.
Il principio di indeterminazione è valido per qualunque sistema fisico in quanto,
quando si misura una grandezza, secondo Heisenberg, si interagisce con il
sistema perturbandolo ma, mentre gli errori che si compiono misurando la
posizione e la velocità di un corpo di grandi dimensioni sono sempre trascurabili,
nel caso degli e-, gli errori sono dello stesso ordine di grandezza della quantità
che si misura.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma
che non è possibile conoscere a ogni istante,
contemporaneamente, la posizione e la velocità di un
elettrone.
Formulazione matematica: ∆x ·m · ∆v ≥ h / 4 π ovvero: ∆x ·∆v ≥ h / 4 π m
L’indeterminazione diventa trascurabile all’aumentare della massa del sistema
osservato
LA MECCANICA QUANTISTICA
(pag.96 par.5)
Non essendo possibile conoscere la traiettoria dell’e-, per descrivere la struttura
dell’atomo, i fisici sono passati dall’impiego della meccanica classica che è in grado
di valutare la “certezza” (*) a quello della meccanica quantistica che si basa su
leggi statistiche ovvero sul calcolo della “probabilità”.
La meccanica quantistica non è in grado di descrivere il comportamento nel tempo
di un singolo elettrone (così come di un fotone o di altre particelle microscopiche),
consente soltanto di determinare la probabilità che, in un certo istante, esso si trovi
in una certa posizione, ad una determinata distanza dal nucleo.
(*) La meccanica classica ha un’impostazione deterministica: conoscendo posizione
e velocità del corpo ed eventuali forze che agiscono su di esso, è possibile
prevedere, dove si troverà dopo un certo tempo (es. se conosciamo il punto
dove si trova un pianeta in un dato istante, lo spazio che percorre in ogni unità di
tempo, la direzione e il verso del suo movimento, è possibile prevedere il punto
in cui si troverà tra un mese, un anno, ecc.).
L’EQUAZIONE D’ONDA E L’ORBITALE
(pag.98 - 99 par.6)
La meccanica quantistica descrive le posizioni probabilistiche che l’elettrone può
avere intorno al nucleo, utilizzando una speciale equazione matematica, detta
equazione d’onda, elaborata da Erwin Schrödinger nel 1926, che tiene conto
della natura ondulatoria dell’elettrone e della sua energia quantizzata.
Come tutte le onde, anche le onde di materia associate all’elettrone possono essere
descritte attraverso una funzione matematica. Poiché esse sono confinate nella
regione intorno al nucleo e sono chiuse su se stesse, sono onde stazionarie, cioè
onde in cui la posizione dei nodi e dei ventri rimane sempre inalterata.
Affinché ciò possa realizzarsi, le onde stazionarie devono contenere sempre un
numero intero di lunghezze d’onda: ne consegue che l’onda non può avere
lunghezze d’onda casuali ma solo determinate (quelle che possono essere
contenute un numero intero di volte).
Le lunghezze d’onda associate all’elettrone assumono quindi solo valori discontinui
ovvero sono “quantizzate”: é ciò che determina la quantizzazione dell’E
dell’elettrone.
La quantizzazione dell’energia dell’elettrone individuata da Bohr è proprio dovuta
alla quantizzazione della lunghezza dell’onda di materia ad esso associata: gli
elettroni non possono avere livelli di energia casuali ma solo livelli di energia
corrispondenti a quelli delle onde di materia stazionarie.
Equazione d’onda
2 
2 
2 
8 2 m
 +  +  +  ( E – V)  = 0
 x2
 y2
 z2
h2
dove:
i primi tre termini sono le “derivate parziali della funzione d’onda  (psi) associata
all’elettrone”
m = massa dell’elettrone
h = costante di Planck
E = energia totale dell’elettrone
V = energia potenziale dell’elettrone
Le soluzioni dell’equazione d’onda sono funzioni dette funzioni d’onda.
La funzione d’onda, indicata con  (psi), è una funzione delle tre coordinate dello
spazio x, y, z (l’onda associata all’elettrone oscilla nelle tre dimensioni) e del tempo t.
Il suo valore, variabile da punto a punto, consente di determinare la probabilità di
presenza dell’elettrone in ogni punto dello spazio in un certo intervallo di tempo.
In particolare, 2 cioè il quadrato della funzione d’onda fornisce la probabilità di
trovare l’elettrone, durante l’intervallo di tempo ∆t, in un volume dello spazio ∆V, il cui
centro ha coordinate x,y, z.
Dove 2 è grande, è alta la probabilità di trovare l’e-, dove 2 è piccolo, la probabilità
di trovare l’e- è minima.
Le onde che si propagano con l’elettrone in moto
nell’atomo possono essere descritte da una
funzione matematica proposta da Schrödinger nel
1926: l’equazione d’onda di Schrödinger.
L’equazione d’onda
di Schrödinger
fornisce informazioni
sulla probabilità di
trovare l’elettrone in
un punto particolare
dello spazio intorno
al nucleo.
L’elettrone, particella e onda, non occupa più delle posizioni fisse e determinate e
quindi, non è più localizzabile su orbite come nel modello di Bohr, ma sussiste solo
la “probabilità” di trovarlo entro una certa distanza dal nucleo in funzione del suo
contenuto energetico.
La regione di spazio entro la quale sussiste almeno il 90% di probabilità di trovare
l’elettrone viene chiamata orbitale: l’orbitale è la regione dello spazio intorno al
nucleo dove la probabilità di trovare l’elettrone è massima (~ 90%) ovvero in cui
l’elettrone passa più del 90% del suo tempo
L’atomo quindi non assomiglia più ad un sistema planetario: l’elettrone infatti si
muove all’interno di uno spazio che, graficamente, è rappresentabile:
-mediante una punteggiatura più o meno densa in funzione della probabilità di
trovarlo
- disegnando la superficie che delimita la regione dello spazio in cui la probabilità di
trovarlo è massima: la probabilità diminuisce allontanandosi dal nucleo ma
sebbene l’orbitale non abbia confini precisi, la probabilità che l’e- si trovi al suo
esterno è minima.
INSUFFICIENZA E MERITI DELLA TEORIA DI BOHR
L’insufficienza del modello di Bohr consiste quindi nel fatto di essersi basata solo
sull’ipotesi corpuscolare dell’elettrone e di avere pertanto trattato il suo moto,
seppur basato su una scala di energia quantizzata, con le leggi fisiche applicate
ai corpi macroscopici, leggi che permettono di prevedere in ogni istante la
posizione del corpo in movimento e quindi la sua orbita.
Alla teoria di Bohr rimane comunque il merito di aver identificato la
quantizzazione dell’E degli atomi e di aver spiegato che quando gli elettroni
passano da un livello all’altro assorbono ed emettono E quantizzata.
La trattazione meccanico-quantistica dell’atomo che tiene conto non solo dell’E
quantizzata dell’atomo ma anche della sua natura ondulatoria, porta comunque a
risultati in parte coincidenti con quelli di Bohr. Ad es. la distanza alla quale è
massima la probabilità di trovare l’e- dell’atomo di H è 53 pm, proprio come 53
pm è il raggio della prima orbita di Bohr.
La presenza nello spettro dei multipletti trova la sua giustificazione nel fatto che la
posizione dell’elettrone non è caratterizzata solo dal numero quantico principale n
ma anche da altri numeri quantici ad esso collegati.
L’ORBITALE E I NUMERI QUANTICI
(pag.99-100 par.7)
L’orbitale è una funzione d’onda, cioè una soluzione dell’equazione d’onda,
caratterizzata da una terna di valori n, l ed m detti numeri quantici.
I numeri quantici sono numeri contenuti nell’espressione matematica della
funzione d’onda  che specificano ciascuno una proprietà dell’elettrone: a
ciascuna terna corrisponde un particolare stato quantico dell’elettrone.
In pratica i numeri quantici definiscono dimensione, forma e orientamento nello
spazio degli orbitali.
Un quarto numero quantico definisce invece il singolo elettrone all’interno
dell’orbitale.
pag.100
• Il numero quantico principale n
(n = 1, 2, 3…,7) definisce il livello energetico
dell’elettrone che è proporzionale alla
distanza dal nucleo (e quindi alle dimensioni
degli orbitali)
• Il numero quantico secondario l
(l = 0, …, n-1) determina le caratteristiche
geometriche ovvero la forma dell’orbitale
(sottolivello energetico dell’orbitale).
valori di l
0
1
2
3
lettera
s
p
d
f
pag.103 par.8
La forma dell’orbitale è quella della superficie di
contorno che racchiude i punti in cui è massima la
probabilità di trovare l’elettrone.
La superficie di contorno degli orbitali s è una sfera
il cui volume aumenta all’aumentare del numero
quantico principale n.
Le dimensioni degli orbitali dello stesso tipo, es. 1s, non sono uguali per tutti
gli atomi: in generale esse diminuiscono con il crescere del numero atomico.
La forma (superficie di contorno) degli orbitali p è un
doppio lobo che si espande lungo gli assi x, y e z
La forma (superficie di contorno) degli orbitali d è
a quattro lobi.
Di grande complessità è la forma (superficie di
contorno) degli orbitali f.
Pag. 100-102
• Il numero quantico magnetico m
(m = -l,…., +l) definisce quanti orientamenti
possono assumere orbitali della stessa forma,
ovvero il numero di orbitali di ciascun
sottolivello.
• Il numero quantico di spin ms
(ms = ± ½) indica il senso della rotazione che
può essere assunto dall’elettrone.
Lo spin, più specificatamente, è la capacità dell’elettrone di
disporsi parallelamente o antiparallelamente ad un campo
magnetico, assumendo due diversi stati energetici.
pag.102
IL PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI
La scoperta del quarto numero quantico, portò
Pauli a enunciare il principio di esclusione,
secondo il quale in un orbitale possono essere
presenti al massimo due elettroni con spin opposto
o antiparallelo.
↑+½ ↓-½
pag.101
Per ogni livello il numero di sottolivelli (orbitali) varia
secondo la relazione:
sottolivelli = n2
n
n
n
n
=
=
=
=
1
2
3
4
sottolivelli 1
sottolivelli 4
sottolivelli 9
sottolivelli 16
Il numero di elettroni in ogni livello varia secondo la
relazione 2.n2
n = 1 elettroni 2
n = 2 elettroni 8
n = 3 elettroni 18
n = 4 elettroni 32
CONFIGURAZIONE ELETTRONICA di un ATOMO
CON IL MODELLO A ORBITALI
pag.105-110 par.10
Si chiama configurazione elettronica
la rappresentazione degli orbitali occupati dagli elettroni
di un atomo (o di uno ione)
(ovvero l’insieme degli orbitali necessari a descrivere tutti gli elettroni di
un atomo o di uno ione)
Gli orbitali vengono rappresentati con dei quadratini
Gli elettroni vengono rappresentati con delle freccette
Ogni orbitale, secondo il principio di esclusione di Pauli,
può contenere al massimo due elettroni con spin
antiparallelo
Gli elettroni occupano prima gli orbitali a energia
più bassa, poi quelli a energia progressivamente
più elevata, quindi verranno riempiti prima gli
orbitali con livello energetico n= 1, poi quelli con
n = 2 ecc
E crescente: n = 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7
Tra un sottolivello e l’altro dello stesso livello, si
creano differenze energetiche per cui l’E
dell’orbitale s risulta inferiore a quella degli orbitali
p che a sua volta è più bassa di quella degli orbitali
d che, infine, è più bassa di quella degli orbitali f
E crescente: l = s, p, d, f
Le differenze energetiche tra un sottolivello energetico e l’altro dello
stesso livello sono dovute alle forze repulsive cui gli elettroni sono
soggetti per la presenza degli altri elettroni: ne consegue che gli
elettroni riescono ad allontanarsi di più o di meno dal nucleo (gli
orbitali p sono più allungati di quelli s, ma meno di quelli d, ecc.)
Inoltre, come risulta da verifiche sperimentali,
gli orbitali d ed f di livelli inferiori, hanno energia
più elevata di orbitali s (e p) di livelli superiori
-a partire dagli orbitali 4s, l’energia degli orbitali
nd è superiore a quella degli orbitali (n +1)s
(ad es. gli orbitali 3d hanno energia superiore al
4s)
-l’energia degli orbitali nf è superiore a quella
degli orbitali (n +2)s
(ad es. gli orbitali 4f hanno energia superiore al
6s -e al 5p-)
Quando l’atomo è allo stato fondamentale, gli elettroni
hanno l’energia più bassa possibile e quindi sono il più
possibile vicino al nucleo: il primo orbitale occupato è
quindi l’1s
La successione degli orbitali in cui sistemare gli altri
elettroni, in ordine di energia crescente è:
Per scrivere la configurazione elettronica di un atomo
si applica il principio di Aufbau:
Il numero atomico Z dell’elemento indica il
numero di elettroni da sistemare.
La somma
degli esponenti
che compaiono
nella
configurazione
elettronica
deve
corrispondere
al numero Z.
Nella configurazione elettronica più stabile di un
atomo, gli elettroni appartenenti a un medesimo
sottolivello tendono ad assumere lo stesso spin.
Secondo la regola di Hund, se ci sono orbitali allo
stesso sottolivello energetico (orbitali isoenergetici,
es i 3 orbitali p), prima si colloca un elettrone su
ciascun orbitale vuoto, poi si completano gli orbitali
semipieni.
ECCEZIONI ALLE REGOLE DI RIEMPIMENTO
La configurazione elettronica di alcuni atomi (in cui gli ultimi
elettroni riempiono gli orbitali d ed f) presenta delle anomalie.
I casi più importanti sono:
Cr (Z = 24) 1s2, 2s2, 2p6, 3s2, 3p6, 4s1, 3d5
Cu (Z = 29) 1s2, 2s2, 2p6, 3s2, 3p6, 4s1, 3d10
Ag (Z = 47) 1s2, 2s2, 2p6, 3s2, 3p6, 4s2, 3d10,4p6, 5s1, 4d10
Queste situazioni si verificano in quanto il riempimento
parziale o totale degli orbitali d, a scapito del riempimento
totale degli orbitali s, conferisce all’atomo maggiore stabilità.
CONFIGURAZIONI ALLO STATO ECCITATO
Un atomo in cui tutti gli elettroni sono disposti in orbitali con la
minore energia possibile è detto atomo allo stato fondamentale
Se ad un atomo viene fornita E quantizzata, l’elettrone (o gli
elettroni) si sposta (spostano) nell’orbitale a maggiore energia
e l’atomo passa allo stato eccitato.
Per es. se forniamo all’atomo di Li una quantità di E pari alla
differenza tra l’energia di un orbitale 2p e quella dell’orbitale
2s, l’elettrone dell’orbitale 2s passa nell’orbitale 2p.
La configurazione del Li allo stato eccitato sarà:
Li (1s2, 2s1)
Li (1s2, 2s0, 2p1)
(L’elettrone ritorna poi al suo orbitale di origine restituendo l’E che aveva
acquistato, sotto forma di energia luminosa)
LE CONFIGURAZIONI nella TAVOLA PERIODICA
La configurazione di ciascun elemento è riportata nella tavola
periodica: essa viene abbreviata scrivendo, tra parentesi
quadra, il simbolo del gas nobile che precede l’elemento (il gas
nobile del livello energetico precedente), seguito dalla
notazione spdf corrispondente agli orbitali del livello in corso di
riempimento.
Ad es. Fe: [Ar] 3d6, 4s2
L’elemento tra parentesi quadra sottintende tutta la notazione
spdf del livello cui appartiene e di quelli precedenti.
Nella Tavola periodica, la sequenza degli orbitali viene indicata
seguendo l’ordine dettato dal numero quantico principale (es.
prima gli orbitali 3d e dopo il 4s)