Progetto di ricerca “Linfoistiocitosi Emofagocitica: una immunodeficienza killer” La Linfoistiocitosi è una malattia congenita che può avere un quadro clinico variabile. Le forme più gravi portano il bambino a morte nei primi mesi di vita con una malattia che somiglia ad una leucemia, ma che risulta ancora più grave. Di fatto, in mancanza di difese adeguate, l’incontro con un virus comune si trasforma nella caporetto delle difese immunitarie ed il bambino muore nel tentativo di mobilitare tutte le cellule di difesa, per supplire il fatto che quelle più specifiche non riescono a fare il loro delicato mestiere, cioè uccidere le cellule infettate da virus. Dopo anni di ricerche abbiamo progressivamente identificato il difetto che sta alla base di questa malattia: è la mancanza di una proteina essenziale per la funzione “killer” dei linfociti: nel 40% dei casi è la perforina, in un altro 40% Munc13-4, in altri casi più rari ancora altre 4 proteine. Il nostro laboratorio è uno dei pochissimi (4-5) al mondo in grado di fare queste analisi, che offriamo regolarmente a tutti i centri Italiani, ma anche ai centri di Inghilterra, India, Spagna, Rep.Ceca e alcuni paesi del Centro e Sud America. Per fare questo riceviamo campioni di sangue o di DNA dei pazienti e dei loro genitori. Cerchiamo nel bambino mutazioni nei geni possibilmente coinvolti. Quando le troviamo, confermiamo il risultato analizzando i genitori, che devono essere i portatori sani della malattia. A questo punto diamo ai clinici che ce lo hanno inviato la risposta che significa mandare il bambino al trapianto di midollo, ma anche studiare i fratellini e sorelline, potenzialmente malati o portatori, anche per evitare che si usi come donatore un fratellino o sorellina anch’egli affetto ma ancora non svelato e quindi a rischio di causare poi la malattia in entrambi (donatore e ricevente). Inoltre possiamo offrire alla famiglia una diagnosi prenatale in caso di gravidanze successive, cosa che naturalmente molte famiglie desiderano ma che è possibile solo se si conosce il difetto genetico. Stiamo inoltre studiando famiglie in cui il difetto genetico non è ancora noto, alla ricerca di quelli che pensiamo siano i due geni ancora sconosciuti. A questo scopo abbiamo in corso il sequenziamento dell’intero genoma di queste famiglie, per cercare di identificare le mutazioni sconosciute. Un altro progetto è quello di studiare tutti i casi che apparentemente non hanno una malattia genetica, perché abbiamo scoperto che almeno un caso su quattro di questi ha mutazioni parziali nei soliti geni. Un’altra linea di ricerca è quella di offrire agli ematologi dell’adulto di tutta Italia la possibilità di studiare i loro pazienti in quanto abbiamo dimostrato che la Linfoistiocitosi Emofagocitica può colpire non solo i bambini ma anche gli adulti. Anche se sembra strano, ci sono casi in cui la malattia si manifesta solo in età adulta ma quando questo accade la sua gravità è equivalente a quella dei bambini piccoli. Abbiamo di recente pubblicato la nostra esperienza su 12 casi Italiani la maggior parta e di quali purtroppo è deceduta anche perché la diagnosi è stata fatta troppo tardi dai clinic che pensavano che la malattia fosse possibile solo nei bambini. Infine abbiamo in corso uno studio di fase 2 (cioè molto molto “avanzato”) assolutamente innovativo per il tentativo di trattare questa malattia non più con la chemioterapia che si usa oggi ma con una proteina “intelligente” che inibisce una sostanza, detta “Interferone-gamma”, che riteniamo sia il principale responsabile della intossicazione dei tessuti che porta a morte questi bambini. Si tratta di un tentativo “rivoluzionario”, mai fatto prima al mondo, che viene guidato dal nostro gruppo per tutta l’Europa, mentre stiamo cercando di fare avviare il progetto anche in America, che questa volta è in ritardo rispetto a noi. Il finanziamento di quanti ci vorranno sostenere andrà a contribuire alle spese del nostro laboratorio per le analisi immunologiche e genetiche necessarie a fare la diagnosi di questa malattia e per portare avanti i progetti di ricerca. Maurizio Aricò