borghi 2015 - Centro per la lotta contro l`infarto

annuncio pubblicitario
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 191
Nitrato, calcio aNtagoNista,
beta-bloccaNte, ivabradiNa,
raNolaziNa: come scegliere
il farmaco aNtiaNgiNoso?
C. Borghi, F. Del Corso
dipartimento cardio-toraco-vascolare,
Policlinico s. orsola-malpighi, bologna.
L’angina pectoris è il principale sintomo dell’ischemia miocardica, la cui
causa principale è da ricercare nelle lesioni aterotrombotiche ostruttive (restringimenti ≥50% del tronco comune della coronaria sinistra e ≥70% in uno
o più delle principali arterie coronarie) che, ostacolando il flusso coronarico,
impediscono un adeguato apporto di ossigeno al miocardio. In diagnosi differenziale con la cardiopatia ischemica, quali altre cause di angina, sono da ricordare anche le valvulopatie, la cardiomiopatia ipertrofica, l’ipertensione arteriosa non controllata, lo spasmo coronarico e la disfunzione endoteliale/microvascolare (queste ultime due situazioni sono associate ad un quadro di coronarie indenni da lesioni). L’angina pectoris stabile riconosce così la sua fisiopatologia nella discrepanza che si viene a realizzare tra l’improvviso aumento
della domanda di ossigeno da parte del miocardio ed un non corrisposto adeguato aumento del flusso coronarico. Tale situazione dà luogo ad
ischemia/ipossia, la cui espressione sintomatica è il tipico dolore toracico transitorio. Le situazioni che favoriscono tale squilibrio sono un aumento della
frequenza cardiaca, di postcarico, di precarico e di contrattilità miocardica. Tali eventi sono prevalentemente indotti dall’esercizio, da stati emotivi o da altri
stress. Le sindromi coronariche acute (angina instabile, infarto miocardico con
o senza sopralivellamento del tratto ST) sono invece dovute ad una riduzione
del flusso coronarico causato da rottura/erosione di una placca con trombosi
ed embolizzazione.
Nello specifico, le varie presentazioni cliniche della coronaropatia stabile
sono associate a diversi meccanismi che principalmente comprendono: l’ostruzione dovuta alle placche presenti nelle arterie epicardiche, lo spasmo focale o
diffuso delle arterie normali o malate, la disfunzione microvascolare e la disfunzione ventricolare sinistra causata dalla necrosi miocardica acuta e/o dall’ibernazione (cardiomiopatia ischemica). Questi meccanismi possono agire da
soli o in combinazione 1.
191
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 192
La prevalenza dell’angina negli studi di popolazione aumenta con l’età in
entrambi i sessi, dal 5-7% nelle donne di età tra 45-64 anni al 10-12% nelle
donne tra i 65-84 anni e dal 4-7% negli uomini di età tra i 45-64 anni al 1214% negli uomini tra i 65-84 anni. I dati disponibili indicano un’incidenza annuale di angina pectoris non complicata dell’1% nei maschi occidentali di età
compresa tra 45-65 anni, con un’incidenza un po’ più alta nelle donne di età
inferiore ai 65 anni 2,3.
Nella popolazione con patologia coronarica stabile, la prognosi individuale
può variare notevolmente in relazione alla clinica di base, alle caratteristiche
anatomiche e funzionali. Ad esempio, nel registro REACH (REduction of
Atherothrombosis for Continued Health), dove sono inclusi molti pazienti ad
alto rischio, ossia con arteriopatia periferica o precedente infarto e diabetici, il
tasso di mortalità annua ha raggiunto il 3.8%, mentre i pazienti con placche coronariche non ostruttive hanno un tasso di mortalità annuo di appena 0.63% 4,5.
In quest’ottica, lo scopo del trattamento dell’angina è di ridurre i sintomi,
migliorare la qualità di vita, ridurre le complicanze cardio-vascolari (infarto
miocardico, disfunzione ventricolare) e la mortalità a lungo termine. Il primo
approccio terapeutico da adottare è un corretto stile di vita (es.: corretta alimentazione, regolare attività fisica), a seguire l’uso della terapia farmacologica. Questi approcci hanno lo scopo di ridurre la progressione della placca, stabilizzare le placche attraverso la riduzione dell’infiammazione e prevenire la
trombosi.
Tra i principali farmaci anti-ischemia sono da menzionare i beta-bloccanti, i calcio antagonisti e i nitrati.
I beta-bloccanti rappresentano, assieme ai calcio antagonisti, la prima linea terapeutica nel controllo dei sintomi in pazienti con angina stabile, ed in
particolare nel caso di angina pectoris da sforzo (classe di raccomandazione I,
livello di evidenza A, secondo le linee guida europee) 5. L’azione dei betabloccanti si svolge nella loro capacità di bloccare in maniera competitiva i recettori delle catecolamine, riducendo la frequenza cardiaca (prolungamento del
tempo di diastole e di conseguenza della perfusione coronarica), la contrattilità, la conduzione atrio-ventricolare e lo stress di parete del ventricolo sinistro. Il risultato finale è la riduzione nella domanda di ossigeno del miocardio,
soprattutto nelle condizioni in cui la frequenza cardiaca aumenta in rapporto
all’esercizio fisico. Nello specifico, tutti i beta-bloccanti, indipendentemente
dalle loro proprietà farmacologiche, sembrano essere ugualmente efficaci nel
trattamento dell’angina pectoris stabile. In termini di risultati si ha un miglioramento della capacità di esercizio, una riduzione del sottolivellamento del
tratto ST indotto dallo sforzo e della frequenza degli episodi anginosi. Quelli
più utilizzati sono i beta-1 cardioselettivi, come il metoprololo, il bisoprololo,
l’atenololo o il nebivololo. Tra i beta-bloccanti non cardioselettivi il carvedilolo è quello più usato; in questa classe di farmaci bisogna inoltre sempre tenere in considerazione gli svantaggi, legati all’azione non selettiva del farmaco, presenti nei pazienti con BPCO, asma, arteriopatia periferica. L’effetto anti-ischemico del metoprololo è stato dimostrato dallo studio IMAGE, in cui
280 pazienti con angina stabile cronica sono stati randomizzati per 6 settimane di terapia con preparazioni a lunga durata d’azione di metoprololo o nifedipina. Il metoprololo è risultato più efficace nel ridurre la frequenza di angina e nel ritardare la soglia ischemica, aumentando il tempo di esercizio medio.
192
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 193
Inoltre, l’aumento della tolleranza allo sforzo era significativamente maggiore
rispetto a quello osservato con la nifedipina 6. Il carvedilolo, invece, è risultato statisticamente superiore al placebo nell’aumentare il tempo di esercizio e
ritardare la comparsa di angina e della soglia ischemica durante sforzo 7. In un
altro studio randomizzato, sempre il carvedilolo è apparso altrettanto efficace
rispetto al verapamil nel controllo dell’angina stabile cronica 8. Infatti, nel controllo dell’angina, i beta-bloccanti ed i calcio antagonisti risultano di simile efficacia 9-12.
Nel contesto della cardiopatia ischemica post-infartuale i beta-bloccanti
hanno portato ad una riduzione del rischio di morte cardiovascolare ed infarto
del 30% 13. Pertanto possono anche svolgere un ruolo protettivo nei pazienti
con malattia coronarica stabile, anche se manca un’evidenza di supporto da
parte di studi clinici controllati. Inoltre, nello scompenso cardiaco, tutti questi
farmaci sono in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari 14-17. In sintesi, esiste così un’evidenza in termini di efficacia prognostica nell’utilizzare i betabloccanti nei pazienti postinfartuali o con insufficienza cardiaca. Inoltre, tali
dati suggeriscono come questi farmaci possono essere considerati la prima linea terapeutica antianginosa nei pazienti con angina cronica stabile.
Qualora i sintomi anginosi persistessero nonostante la terapia con i betabloccanti o in presenza di controindicazioni/effetti collaterali causati da questi,
i calcio antagonisti possono essere utilizzati come terapia di combinazione o
come sostituti dei beta-bloccanti. I calcio antagonisti agiscono bloccando l’afflusso di calcio attraverso i canali al calcio di tipo L (canali al calcio voltaggio dipendenti) presenti a livello dei miociti e delle cellule muscolari lisce dei
vasi sanguigni. L’effetto finale risulta così essere la vasodilatazione e la riduzione delle resistenze periferiche vascolari, con conseguente riduzione del lavoro cardiaco. Esistono sostanzialmente due grandi classi di calcio antagonisti,
quelli diidropiridinici (nifedipina, amlodipina e nicardipina) e quelli non diidropiridinici (verapamil e diltiazem).
Le caratteristiche dei calcio antagonisti diidropiridinici sono: blocco dei
canali del calcio dose dipendente; maggior selettività per le cellule della muscolatura liscia vascolare e per il miocardio, rendendoli più potenti dal punto
di vista dell’effetto di vasodilatazione rispetto al verapamil o al diltiazem; vasodilatazione delle arterie coronarie, aumentando così il flusso ematico coronarico e favorendo lo sviluppo di circoli collaterali coronarici (anche attraverso un aumento dei livelli di ossido nitrico e bradichinina) 18. Gli effetti collaterali correlati alla vasodilatazione periferica comprendono l’edema periferico
(non legato all’insufficienza cardiaca), le vampate di calore, mal di testa, vertigini. Questi sintomi sono più comuni con l’utilizzo della nifedipina a breve
durata d’azione e meno comuni nel caso della nifedipina a lunga durata d’azione o delle diidropiridine di seconda generazione, quali amlodipina e nicardipina. Anche il verapamil è efficace nel trattamento dell’angina, aumentando
la durata dell’esercizio e riducendo il numero di episodi anginosi. Infatti, diversamente dai diidropiridinici, diminuisce la domanda di ossigeno del miocardio, agendo come inotropo e cronotropo negativo e abbassando la pressione arteriosa sistemica. Pertanto nei pazienti con scompenso cardiaco è necessario prestare molta cautela, in quanto il verapamil può esacerbare l’insufficienza cardiaca a causa della sua attività inotropa negativa. Tale effetto è più
pronunciato nei pazienti in terapia anche con un beta-bloccante, difatti la com193
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 194
binazione dei due farmaci non viene generalmente utilizzata. Un'altra azione
del verapamil è il rallentamento della conduzione cardiaca, un effetto che può
essere deleterio nei pazienti con sindrome del nodo del seno o blocco atrioventricolare. Infine l’effetto di vasodilatazione è molto meno potente rispetto
ai diidropiridinici e di conseguenza anche gli effetti collaterali come mal di testa, vampate di calore, edema periferico e vertigini sono meno comuni. In ultimo, le caratteristiche del diltiazem sono a cavallo tra quelle dei diidropiridinici e del verapamil: potente vasodilatazione coronarica, ma in misura minore
a livello del letto arterioso sistemico; l’effetto finale è il miglioramento del
flusso di sangue attraverso i vasi coronarici epicardici e collaterali, che vascolarizzano il miocardio normale e quello ischemico 19. Il diltiazem svolge anche
un’azione inotropa negativa e di riduzione dell’automatismo del nodo del seno
e della conduzione attraverso il nodo atrio ventricolare, anche se in misura inferiore rispetto al verapamil.
Numerosi studi hanno dimostrato l'efficacia dei diidropiridinici nell’angina stabile. Nel già citato studio IMAGE la nifedipina ha ridotto la frequenza
di angina e aumentato il tempo di esercizio medio anche se in misura inferiore rispetto al metoprololo 6. Nel trial ACTION la nifedipina nei pazienti con
angina ha dimostrato di ridurre la necessità di rivascolarizzazione coronarica
mediante angioplastica e by-pass coronarico 20. Anche i calcio antagonisti diidropiridinici di seconda generazione (amlodipina e nicardipina) sono efficaci
agenti antianginosi. L’amlodipina aumenta la durata dello sforzo, riduce il numero di episodi anginosi ed il consumo di nitroglicerina 21. L’utilizzo della nifedipina ed in misura minore degli altri diidropiridinici può inoltre evocare
una risposta riflessa beta-adrenergica con tachicardia riflessa, limitando così
l’efficacia dei calcio antagonisti. In questi casi la terapia di associazione con
un beta-bloccante riduce il numero di episodi ischemici.
Diversi studi hanno confrontato l’efficacia della nifedipina rispetto al verapamil ed al diltiazem nei pazienti con angina stabile. Uno studio ha evidenziato che il tempo di esercizio migliora da 5.7 minuti con placebo, a 8 minuti con nifedipina e fino a 10 minuti con verapamil 22. Inoltre, la nifedipina ed
il diltiazem sembrano essere ugualmente efficaci nel migliorare il tempo di
esercizio 23,24. Un ampio studio di 551 pazienti ha confrontato la terapia singola con amlodipina e quella di associazione con atenololo verso quella con verapamil. Tutte e tre le strategie hanno migliorato la capacità di esercizio. Tuttavia la terapia con verapamil e quella di combinazione (amlodipina più atenololo) erano più efficaci della sola amlodipina nel diminuire la frequenza di
ischemia miocardica 25. In particolare, non ci sono studi di comparazione tra il
diltiazem ed il verapamil.
Per quanto riguarda invece il confronto con i beta-bloccanti, l’attività antianginosa del verapamil rispetto al metoprololo ed al propanololo è risultata
simile 26,27. Rispetto all’atenonolo invece nei pazienti ipertesi con malattia coronarica, il verapamil ha dimostrato minor insorgenza di diabete e di attacchi
anginosi 28. Pertanto la scelta tra le due classi di farmaci dipende largamente
dal quadro clinico del paziente e dagli effetti avversi di ogni farmaco. La terapia di associazione beta-bloccanti più verapamil non è consigliata per via
dell’alta incidenza di effetti avversi legati all’azione inotropa e cronotropa negativa di entrambi i farmaci. Anche il diltiazem è risultato efficace come i beta-bloccanti nel trattamento dell’angina stabile 29. Come per il verapamil l’as194
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 195
sociazione diltiazem più beta-bloccante, così come l'utilizzo nei pazienti con
malattia coronarica e disfunzione ventricolare sinistra, non è consigliata. Nell’angina da sforzo, invece, è risultata più efficace l’amlodipina che l’atenololo
e la loro combinazione lo è ancora di più 30. L’associazione di nifedipina più
un beta-bloccante invece risulta meno efficace rispetto a quella con un altro
calcio antagonista 31. In sintesi, la scelta di una particolare associazione di un
beta-bloccante più un calcio antagonista dipende dall’assetto clinico del paziente, dalla tolleranza agli effetti collaterali dei farmaci e dalla gravità dell’angina.
Tra i farmaci anti ischemici meritano anche un’importante menzione quelli appartenenti alla classe dei nitrati. Tali farmaci attraverso la vasodilatazione
delle coronarie e del distretto venoso, riducono il precarico e quindi lo stress
di parete a livello del ventricolo sinistro e la domanda di ossigeno del miocardio. Tali proprietà li rendono particolarmente efficaci in termini di controllo dei sintomi anginosi acuti da sforzo, nel qual caso la formulazione a breve
durata d’azione (in particolare la formulazione sublinguale) rappresenta la prima linea terapeutica, mentre le formulazioni “long-acting” possono essere raccomandate per la profilassi degli episodi anginosi. Nei pazienti con angina stabile da sforzo, i nitrati migliorano la tolleranza allo sforzo, il tempo di insorgenza dell’angina e il sottolivellamento del tratto ST durante test da sforzo. In
combinazione con beta-bloccanti o calcio antagonisti, i nitrati realizzano maggiori effetti antianginosi e anti ischemici. Tra gli effetti collaterali vanno menzionate la cefalea causata dalla dilatazione delle arterie meningee, le vampate
di calore per lo più correlate alla dilatazione delle arteriole del volto e l’ipotensione. Quest’ultima si presenta maggiormente nei pazienti ipotesi/ipovolemici, dove un significativo droop pressorio può aggravare l’ischemia miocardica. Inoltre, nel caso di terapia in cronico, particolare attenzione va riservata
all’instaurarsi della tolleranza da nitrati con conseguente attenuazione e talvolta abolizione degli effetti emodinamici ed antianginosi.
Le formulazioni utilizzate sono diverse. La terapia di scelta degli episodi
acuti è la nitroglicerina sublinguale a breve durata d’azione: inoltre tale formulazione può essere utilizzata per via profilattica nelle situazioni che possono evocare l’angina. La formulazione a lunga durata d’azione può invece essere utilizzata per prevenire gli episodi anginosi, in particolare è importante
mantenere un periodo di tempo libero dall’assunzione di nitrati per evitare il
fenomeno della tolleranza. Ad esempio, in uno studio in cui veniva utilizzato
l’isosorbide dinitrato, la durata dell’esercizio fisico migliorava in maniera significativa per 6-8 ore dopo una singola dose orale, ma solo per 2 ore quando
la stessa dose veniva data ripetutamente quattro volte al giorno, nonostante la
maggior concentrazione plasmatica del farmaco 32. Un altro trial ha testato l’efficacia antianginosa dell’isosorbide dinitrato utilizzato tre volte al giorno: il
farmaco veniva somministrato alle 8.00, alle 13.00 e alle 18.00. In questo studio la tolleranza allo sforzo aumentava per più di tre ore dopo la dose del
mattino e del pomeriggio, ma in misura minore dopo quella serale: l’isosorbide dinitrato dato tre volte al giorno offre una protezione antianginosa per almeno 6 ore 33. Per quanto riguarda l’isosorbide mononitrato, il dosaggio e gli
effetti collaterali sono simili a quelli dell’isosorbide dinitrato. Anche i cerotti
transdermici di nitroglicerina non riescono a coprire le 24 ore se usati in maniera prolungata. Un’assunzione discontinuativa con intervalli di 12 ore permette un’efficacia protettiva entro pochi minuti e per almeno 3-5 ore. I pa195
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 196
zienti con angina da sforzo possono giovarsi di più dell’assunzione diurna dei
nitrati, cioè durante il giorno quando il paziente è più attivo. Mentre nei pazienti con angina notturna o scompenso cardiaco, l’assunzione notturna può
essere più utile per tollerare meglio l’ortopnea e la dispnea parossistica notturna. Non c’è differenza di efficacia tra l’isosorbide dinitrato e la nitroglicerina
transdermica.
Quindi, per quanto riguarda la strategia terapeutica per il trattamento dell’angina stabile, la scelta ottimale è costituita dalla combinazione di almeno un
farmaco per alleviare il dolore più un farmaco per migliorare la prognosi.
Le linee guida raccomandano che sia un beta-bloccante o un calcio antagonista più un nitrato a breve durata d'azione la prima linea di trattamento per
il controllo della frequenza cardiaca e dei sintomi 5. Tra i beta-bloccanti e i
calcio antagonisti la scelta potrebbe ricadere sui primi, dal momento che è stato osservato un maggior beneficio in termini di sopravvivenza con i beta-bloccanti nei pazienti con pregresso infarto miocardico o disfunzione sistolica del
ventricolo sinistro.
Qualora i sintomi non fossero ben controllati si consiglia di passare da un
beta-bloccante al calcio antagonista oppure di combinare un beta-bloccante
con un calcio antagonista diidropiridinico. L’associazione beta-bloccante più
calcio antagonista non diidropiridinico non è consigliata. Al contempo, la nitroglicerina sublinguale rimane la terapia di scelta per gli episodi acuti e in via
profilattica per le attività che potrebbero evocare il sintomo (ad esempio attività fisica), mentre la terapia in cronico con i nitrati andrebbe riservata come
seconda linea di terapia alla luce dei problemi legati alla tolleranza che questi
farmaci provocano.
Laddove i sintomi persistessero, nonostante terapia medica ottimale, o subentrassero intolleranze o controindicazioni ad entrambi i beta-bloccanti e calcio antagonisti si può optare per altri farmaci anti-anginosi (seconda linea terapeutica): nitrati a lunga durata d’azione, ranolazina, ivabradina (classe di
raccomandazione IIa, livello di evidenza B secondo le linee guida europee) 5.
La ranolazina è un inibitore selettivo della corrente tardiva d’ingresso del
sodio, tale da prevenire il sovraccarico di ioni calcio a livello cellulare e il
successivo aumento della tensione diastolica. Nell’ambito dell’angina stabile
diversi trial hanno dimostrato l’efficacia della ranolazina. Nello studio CARISA, la ranolazina ha determinato un aumento dose-dipendente della tolleranza
all’esercizio fisico e della soglia d’insorgenza di angina 34. Nel CARISA trial,
in pazienti già trattati con la terapia di fondo antianginosa (calcio antagonista
o atenololo), la ranolazina ha aumentato in maniera significativa la durata dell’esercizio fisico, il tempo di insorgenza dell’angina e la soglia ischemica,
inoltre ha ridotto la frequenza di episodi anginosi rispetto al placebo 35. Invece, nello studio ERICA in una casistica di pazienti, che assumevano amlodipina e nitrati a lunga durata d’azione ma non beta-bloccanti, la ranolazina ha
migliorato in modo significativo l’end-point primario di episodi anginosi 36.
Nel recente trial TERISA è stato dimostrato che la ranolazina riduce gli episodi di angina stabile in 949 pazienti diabetici già in trattamento con uno o due
farmaci antianginosi e porta ad un minor uso di nitroglicerina sublinguale 37.
Inoltre, nello studio MERLIN-TIMI 36 la ranolazina ha ridotto significativamente l’end-point primario di morte cardiovascolare, infarto miocardico, dal
momento che riduceva in maniera significativa l’ischemia ricorrente 38. Questi
196
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 197
risultati confermano come la ranolazina sia efficace nel ridurre i sintomi anginosi e nel migliorare la tolleranza allo sforzo quando è usata in associazione
con gli altri farmaci antianginosi. Poiché tale farmaco è in grado di allungare
il tratto QT, particolare attenzione deve esser fatta nei pazienti con QT lungo
o che assumono farmaci in grado di allungarlo.
Da ultimo, l’ivabradina è un farmaco in grado di abbassare la frequenza
cardiaca inibendo selettivamente le correnti ioniche del nodo del seno e diminuendo in tal modo la richiesta di ossigeno del miocardio senza effetto sull’inotropismo cardiaco. Il razionale per il suo utilizzo infatti risiede nel fatto che
un'elevata frequenza cardiaca è associata ad un aumentato rischio di eventi
cardiovascolari nei pazienti con malattia ischemica stabile. Inoltre, questo farmaco è risultato efficace nei pazienti con angina stabile al pari di atenololo o
amlodipina; in particolare, aggiungendo l’ivabradina alla terapia con atenololo si
aveva un migliore controllo della frequenza cardiaca e dei sintomi anginosi 39,40.
Nel trial BEAUTIFUL l’ivabradina ha ridotto l’end-point primario di morte
cardiovascolare, ospedalizzazione con infarto e scompenso cardiaco e l’ospedalizzazione per infarto miocardico 41. Da qui era sorta l’indicazione all’utilizzo di questo farmaco nella terapia dell’angina stabile nei pazienti intolleranti o
inadeguatamente trattati con beta-bloccanti e nei quali la frequenza cardiaca
fosse superiore ai 60 bpm. Tuttavia, alla luce del recente trial SIGNIFY non è
più consigliabile l’utilizzo dell’ivabradina nei pazienti con angina stabile che
non siano anche affetti da scompenso cardiaco 42. Infatti, i risultati preliminari
di tale studio hanno mostrato un aumento lieve, ma statisticamente significativo, del rischio combinato di morte cardiovascolare e infarto miocardico non
fatale con ivabradina in confronto con placebo in un gruppo di pazienti con
angina sintomatica di classe CCS II o superiore senza scompenso cardiaco. I
dati iniziali indicano che gli eventi cardiovascolari avversi possono essere associati per lo più alla frequenza cardiaca con target inferiore a 60 bpm. Pertanto andrà attentamente riconsiderata l’indicazione all’utilizzo di ivabradina
nei pazienti con angina di classe CCS II o superiore.
Fonti: www.uptodate.com
BIBLIOGRAFIA
11) A. Branzi, F.M. Picchio. Cardiologia 2013
12) National Institutes of Health NH, Lung, and Blood Institute. Morbidity & Mortality: 2012 Chart Book on Cardiovascular, Lung, and Blood Diseases. Bethesda,
MD: National Heart, Lung, and Blood Institute; 2012
13) Hemingway H, McCallum A, Shipley M, Manderbacka K, Martikainen P, Keskimaki I. Incidence and prognostic implications of stable angina pectoris among women and men. JAMA 2006; 295:1404-11
14) Steg PG, Bhatt DL, Wilson PW, D’Agostino R Sr., Ohman EM, Rother J, Liau CS,
Hirsch AT, Mas JL, Ikeda Y, Pencina MJ, Goto S. One-year cardiovascular event
rates in outpatients with atherothrombosis. JAMA 2007; 297:1197-1206
15) The Task Force on the management of stable coronary artery disease of the European Society of Cardiology. 2013 ESC guidelines on the management of stable
coronary artery disease. Eur Heart J 2013; 34:2949-3003
16) Savonitto S, Ardissiono D, Egstrup K, Rasmussen K, Bae EA, Omland T, Schjel-
197
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 198
17)
18)
19)
10)
11)
12)
13)
14)
15)
16)
17)
18)
19)
20)
198
derup-Mathiesen PM, Marraccini P, Wahlqvist I, Merlini PA, Rehnqvist N. Combination therapy with metoprolol and nifedipine versus monotherapy in patients
with stable angina pectoris. Results of the International Multicenter Angina Exercise (IMAGE) Study. J Am Coll Cardiol 1996; 27(2):311
Weiss R, Ferry D, Pickering E, Smith LK, Dennish G 3rd, Krug-Gourley S, Lukas
MA. Effectiveness of three different doses of carvedilol for exertional angina. Carvedilol-Angina Study Group. Am J Cardiol 1998; 82(8):927
Hauf-Zachariou U, Blackwood RA, Gunawardena KA, O’Donnell JG, Garnham S,
Pfarr E. Carvedilol versus verapamil in chronic stable angina: a multicentre trial.
Eur J Clin Pharmacol 1997; 52(2):95
Wallace WA, Wellington KL, Chess MA, Liang CS. Comparison of nifedipine gastrointestinal therapeutic system and atenolol on antianginal efficacies and exercise hemodynamic responses in stable angina pectoris. Am J Cardiol 1994; 73:23-28
de Vries RJ, van den Heuvel AF, Lok DJ, Claessens RJ, Bernink PJ, Pasteuning
WH, Kingma JH, Dunselman PH. Nifedipine gastrointestinal therapeutic system
versus atenolol in stable angina pectoris. The Netherlands Working Group on Cardiovascular Research (WCN). Int J Cardiol 1996; 57:143-150
Fox KM, Mulcahy D, Findlay I, Ford I, Dargie HJ. The Total Ischaemic Burden
European Trial (TIBET). Effects of atenolol, nifedipine SR and their combination
on the exercise test and the total ischaemic burden in 608 patients with stable angina. The TIBET Study Group. Eur Heart J 1996; 17:96-103
van de Ven LL, Vermeulen A, Tans JG, Tans AC, Liem KL, Lageweg NC, Lie KI.
Which drug to choose for stable angina pectoris: a comparative study between bisoprolol and nitrates. Int J Cardiol 1995; 47:217-223
Yusuf S, Wittes J, Friedman L. Overview of results of randomized clinical trials in
heart disease. I. Treatments following myocardial infarction. JAMA 1988; 260:
2088-93
Hjalmarson A, Goldstein S, Fagerberg B, Wedel H, Waagstein F, Kjekshus J,
Wikstrand J, El Allaf D, Vitovec J, Aldershvile J, Halinen M, Dietz R, Neuhaus
KL, Janosi A, Thorgeirsson G, Dunselman PH, Gullestad L, Kuch J, Herlitz J,
Rickenbacher P, Ball S, Gottlieb S, Deedwania P. Effects of controlled-release
metoprolol on total mortality, hospitalizations, and well-being in patients with
heart failure: the Metoprolol CR/XL Randomized Intervention Trial in congestive
heart failure (MERIT-HF). MERIT-HF Study Group. JAMA 2000; 283:1295-1302
The Cardiac Insufficiency Bisoprolol Study II (CIBIS-II): a randomised trial. Lancet 1999; 353:9-13
Packer M, Bristow MR, Cohn JN, Colucci WS, Fowler MB, Gilbert EM, Shusterman NH. The effect of carvedilol on morbidity and mortality in patients with chronic heart failure. U.S. Carvedilol Heart Failure Study Group. N Eng J Med
1996; 334:1349-55
Flather MD, Shibata MC, Coats AJ, Van Veldhuisen DJ, Parkhomenko A, Borbola J, Cohen-Solal A, Dumitrascu D, Ferrari R, Lechat P, Soler-Soler J, Tavazzi L,
Spinarova L, Toman J, Bohm M, Anker SD, Thompson SG, Poole-Wilson PA.
Randomized trial to determine the effect of nebivolol on mortality and cardiovascular hospital admission in elderly patients with heart failure (SENIORS). Eur
Heart J 2005; 26:215-225
Kitakaze M, Asanuma H, Takashima S, Minamino T, Ueda Y, Sakata Y, Asakura
M, Sanada S, Kuzuya T, Hori M. Nifedipine-induced coronary vasodilation in
ischemic hearts is attributable to bradykinin- and NO-dependent mechanisms in
dogs. Circulation 2000; 101(3):311
Joyal M, Cremer KF, Pieper JA, Feldman RL, Pepine CJ. Systemic, left ventricular and coronary hemodynamic effects of intravenous diltiazem in coronary artery
disease. Am J Cardiol 1985; 56(7):413
Poole-Wilson PA, Lubsen J, Kirwan BA, van Dalen FJ, Wagener G, Danchin N,
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 199
21)
22)
23)
24)
25)
26)
27)
28)
29)
30)
31)
32)
33)
34)
35)
Just H, Fox KA, Pocock SJ, Clayton TC, Motro M, Parker JD, Bourassa MG,
Dart AM, Hildebrandt P, Hjalmarson A, Kragten JA, Molhoek GP, Otterstad JE,
Seabra-Gomes R, Soler-Soler J, Weber S. Effect of long-acting nifedipine on mortality and cardiovascular morbidity in patients with stable angina requiring treatment (ACTION trial): randomised controlled trial. Lancet 2004; 364:849-857
Taylor SH. Usefulness of amlodipine for angina pectoris. Am J Cardiol 1994;
73(3):28A
Subramanian VB, Bowles MJ, Khurmi NS, Davies AB, Raftery EB. Randomized
double-blind comparison of verapamil and nifedipine in chronic stable angina. Am
J Cardiol 1982; 50(4):696
Wallace WA, Wellington KL, Murphy GW, Liang CS. Comparison of antianginal
efficacies and exercise hemodynamic effects of nifedipine and diltiazem in stable
angina pectoris. Am J Cardiol 1989; 63(7):414
Klinke WP, Kvill L, Dempsey EE, Grace M. A randomized double-blind comparison of diltiazem and nifedipine in stable angina. J Am Coll Cardiol 1988;
12(6):1562
Frishman WH, Glasser S, Stone P, Deedwania PC, Johnson M, Fakouhi TD.
Comparison of controlled-onset, extended-release verapamil with amlodipine and
amlodipine plus atenolol on exercise performance and ambulatory ischemia in patients with chronic stable angina pectoris. Am J Cardiol 1999; 83(4):507
Rehnqvist N, Hjemdahl P, Billing E, Bjorkander I, Eriksson SV, Forslund L, Held
C, Nasman P,Wallen NH. Effects of metoprolol vs verapamil in patients with stable angina pectoris. The Angina Prognosis Study in Stockholm (APSIS). Eur
Heart J 1996; 17:76-81
Frishman WH, Klein NA, Klein P, Strom JA, Tawil R, Strair R, Wong B, Roth S,
LeJemtel TH, Pollack S, Sonnenblick EH. Comparison of oral propranolol and verapamil for combined systemic hypertension and angina pectoris. A placebo-controlled double-blind randomized crossover trial. Am J Cardiol 1982; 50(5):1164
Pepine CJ, Handberg EM, Cooper-DeHoff RM, Marks RG, Kowey P, Messerli
FH, Mancia G, Cangiano JL, Garcia-Barreto D, Keltai M, Erdine S, Bristol HA,
Kolb HR, Bakris GL, Cohen JD, Parmley WW. A calcium antagonist vs a noncalcium antagonist hypertension treatment strategy for patients with coronary artery
disease. The International Verapamil-Trandolapril Study (INVEST): a randomized
controlled trial. JAMA 2003; 290:2805-16
van Dijk RB, Lie KI, Crijns HJ. Diltiazem in comparison with metoprolol in stable angina pectoris. Eur Heart J 1988; 9(11):1194
Frishman WH, Glasser S, Stone P, Deedwania PC, Johnson M, Fakouhi TD.
Comparison of controlled-onset, extended-release verapamil with amlodipine and
amlodipine plus atenolol on exercise performance and ambulatory ischemia in patients with chronic stable angina pectoris. Am J Cardiol 1999; 83:507-514
Leon MB, Rosing DR, Bonow RO, Epstein SE. Combination therapy with calciumchannel blockers and beta blockers for chronic stable angina pectoris. Am J Cardiol 1985; 55(3):69B
Thadani U, Fung HL, Darke AC, Parker JO. Oral isosorbide dinitrate in angina
pectoris: comparison of duration of action an dose-response relation during acute
and sustained therapy. Am J Cardiol 1982; 49:411-419
Bassan MM. The daylong pattern of the antianginal effect of long-term three times
daily administered isosorbide dinitrate. J Am Coll Cardiol 1990; 16(4):936
Chaitman BR, Skettino SL, Parker JO, Hanley P, Meluzin J, Kuch J, Pepine CJ,
Wang W, Nelson JJ, Hebert DA, Wolff AA, MARISA Investigators. Anti-ischemic
effects and long-term survival during ranolazine monotherapy in patients with chronic severe angina. J Am Coll Cardiol 2004; 43(8):1375
Chaitman BR, Pepine CJ, Parker JO, Skopal J, Chumakova G, Kuch J, Wang W,
Skettino SL, Wolff AA, Combination Assessment of Ranolazine In Stable Angina
199
17_17 29/01/15 11.31 Pagina 200
36)
37)
38)
39)
40)
41)
42)
200
(CARISA) Investigators. Effects of ranolazine with atenolol, amlodipine, or diltiazem on exercise tolerance and angina frequency in patients with severe chronic
angina: a randomized controlled trial. JAMA 2004; 291(3):309
Stone PH, Gratsiansky NA, Blokhin A, Huang IZ, Meng L, ERICA Investigators.
Antianginal efficacy of ranolazine when added to treatment with amlodipine: the
ERICA (Efficacy of Ranolazine in Chronic Angina) trial. J Am Coll Cardiol 2006;
48(3):566
Kosiborod M, Arnold SV, Spertus JA, McGuire DK, Li Y, Yue P, Ben-Yehuda O,
Katz A, Jones PG, Olmsted A, Belardinelli L, Chaitman BR. Evaluation of Ranolazine in Patients with Type 2 Diabetes Mellitus and Chronic Stable Angina. Results from the TERISA randomized clinical trial. J Am Coll Cardiol 2013;
61(20):2038-45
Wilson SR, Scirica BM, Braunwald E, Murphy SA, Karwatowska-Prokopczuk E,
Buros JL, Chaitman BR, Morrow DA. Efficacy of ranolazine in patients with chronic angina observations from the randomized, double-blind, placebo-controlled
MERLIN-TIMI (Metabolic Efficiency With Ranolazine for Less Ischemia in NonST-Segment Elevation Acute Coronary Syndromes) 36 Trial. J Am Coll Cardiol
2009; 53(17):1510
Tardif JC, Ford I, Tendera M, Bourassa MG, Fox K. Efficacy of ivabradine, a
new selective I(f) inhibitor, compared with atenolol in patients with chronic stable
angina. Eur Heart J 2005; 26:2529-36
Tardif JC, Ponikowski P, Kahan T. Efficacy of the I(f) current inhibitor ivabradine in patients with chronic stable angina receiving beta-blocker therapy: a 4month, randomized, placebo-controlled trial. Eur Heart J 2009; 30:540-548
Fox K, Ford I, Steg PG, Tendera M, Robertson M, Ferrari R, investigators B.
Heart rate as a prognostic risk factor in patients with coronary artery disease and
left ventricular systolic dysfunction (BEAUTIFUL): a subgroup analysis of a randomized controlled trial. Lancet 2008; 372:817-821
Fox K, Ford I, Steg PG, Tardif JC, Tendera M, Ferrari R, SIGNIFY Investigators.
Ivabradine in stable coronary artery disease without clinical heart failure. N Engl
J Med 2014; 371(12):1091
Scarica