G. Fano Sui fondamenti della geometria 1 <<Rivista di filosofia 1915>> Di ogni scienza, quasi direi di ogni singola questione scientifica, spogliata di quanto è ad essa particolare, rimane un nocciolo, che potrà essere di metodo, di portata, di valore; e ricercare e scoprire questa vera essenza della questione è ufficio di spirito filosofico, cioè di spirito non pago di arrestarsi alla superficie delle cose; è dunque compito della filosofia. Ciò vale in particolar modo per la geometria, la quale dai tempi più remoti, ha largamente contribuito a edificare la scienza del ragionamento, ed è sempre stata mezzo possente di educazione intellettuale, talvolta anzi quasi sinonimo di filosofia. Tra i più celebri filosofi, alcuni furono in pari tempo valenti geometri, e altri ancora trassero da una sana educazione geometrica elementi importanti della loro coltura e della loro efficacia. Ho pensato pertanto che non debba essere discaro ai cultori di filosofia essere intrattenuti sui fondamenti della geometria (concetti primitivi, postulati, dimostrazioni) e sul valore e significato della scienza geometrica. 1. In ogni costruzione scientifica hanno parte l’esperienza e il ragionamento. Scopo ultimo è quello di arrivare con il ragionamento alla previsione di fatti non ancora osservati; a fatti più complessi che non si sarebbero potuti osservare direttamente. Ma una dimostrazione per ragionamento, ossia una deduzione logica, è soltanto un processo di riduzione, che ci sospinge di passo in passo verso dati più semplici; e, risalendo la serie, giungeremo a dei dati primitivi, che dovremo accettare senza riduzione ulteriore. In matematica questi dati primitivi sono in minor numero, e più semplici, che in tutti le altre scienze, esclusa la logica: ma in geometria la parte loro riservata è già maggiore che in aritmetica. E anche in geometria, come p. es. nella fisica, questi dati primitivi traggono la loro origine prima da sensazioni, da osservazioni, da esperienze, sia pure seguiti da lunghi processi di associazione e di astrazione. La semplicità di quelle esperienze, il loro costante ripetersi, la facilità di provocarle o anche soltanto di rievocarle davanti alla nostra mente, la mai smentita concordanza dei risultati, concorrono a dare ai risultati stessi un grado di certezza molto molto elevato; ma si tratta sempre di certezza a base empirica. Questi dati primitivi comprendono dei concetti primitivi, non definiti per mezzo di altri, e delle proposizioni (i cosiddetti postulati) esprimenti proprietà degli enti a cui quei concetti si riferiscono. Alcuni di quei dati ci sono forniti da sensazioni visive; così avviene per tutte quelle proprietà degli oggetti che si traducono in proprietà generali delle loro proiezioni2 (proiezione è infatti, sostanzialmente, visione monoculare); mentre altri provengono da sensazioni Conferenza tenuta al Circolo Filosofico di Torino il 12 marzo 1915. Alcune parti di questa conferenza sono tolte da un mio articolo pubblicato nel Bollettino della Societià “Mathetesis” (Anno II, 1910). 1 2 Enriques, Problemi della scienza (Bologna, 1906), p. 31 1 tattili-muscolari (p. es. la nozione di distanza, e più particolarmente di distanze fra loro eguali, base dei concetti di cerchio e sfera), o da associazioni fra sensazioni dell'uno e dell'altro tipo. Osservazioni elementari ben note suggeriscono altresì le proposizioni primitive: Due punti qualunque individuano una retta, alla quale essi appartengono; la retta individuata da due punti di un piano è tutta contenuta in questo piano; ecc. Il materiale primo della geometria proviene dunque da osservazioni; e poiché la geometria comprende osservazione e ragionamento, l'insegnamento di essa (e più generalmente di tutta la matematica) deve educare non soltanto il raziocinio, ma anche la facoltà di osservare, di percepire fatti direttamente, senza ragionamento (e di elaborarli, come diremo fra poco): cioè l’intuizione. E giustamente osserva Poincaré, che un matematico privo d' intuizione sarebbe come uno scrittore che conoscesse a perfezione la grammatica e non avesse idee.3 2. I dati primitivi dalla geometria, se anche sono desunti da osservazioni, non sono tuttavia puri dati empirici (come non lo sono quelli di nessun'altra scienza). Questi dati empirici sono sottoposti a un lavoro mentale di semplificazione, di astrazione, e anche di associazione fra i risultati di più osservazioni ed esperienze; essi vengono variamente elaborati, conservando di ogni impressione certi elementi e trascurandone altri. Il concetto di linea retta ad es. risulta da numerose impressioni (raggio luminoso, filo sottilissimo teso fra due punti, asse del movimento di rotazione di un solido, traiettoria di un corpo piccolissimo animato da una velocità iniziale e non soggetto ad azioni ulteriori) nelle quali riconosciamo esservi qualcosa di comune. L'enunciato “Per due punti passa una e una sola retta” traduce, idealizzata e precisata, l’osservazione che, se ad es. fra due punti di un filo ben teso se ne tende un altro, quest'ultimo nell' intervallo tra i punti stessi non si discosta mai sensibilmente dal primo. Un enunciato geometrico postula altresì, generalmente, la validità di quanto è affermato anche fuori dei casi o dei limiti nei quali l'osservazione è stata fatta; si ha cioè un processo di extrapolazione. La concezione dello spazio come illimitato esige a sua volta un notevole sforzo di astrazione, basato sull' allargarsi progressivo dell'orizzonte visivo man mano che procediamo in una data direzione, e sulla possibilità di trasportare la nostra mano o un oggetto qualunque più volte, in guisa da dar luogo a una successione di lunghezze eguali indefinitamente proseguibile. E la concezione dello spazio come infinito presuppone, in più, che le lunghezze dianzi considerate, poste per diritto, non diano mai luogo a una linea rientrante; mentre l'esperienza ci dice soltanto che nel campo a noi accessibile ciò non avviene 4. I concetti geometrici: punto, retta, piano, ... sono dunque concetti astratti, che trovano corrispondenza in enti fisici solo con una certa approssimazione. E 3 Poincaré Science et methode (Paris, 1908), p, 137, La prima di queste due concezioni riposa pertanto sopra una sicurezza empirica molto elevata, alla quale non può aspirare la seconda; osservazione fatta la prima volta da B. Riemann nella classica Memoria: Ueber die Hypotesen, welche der Geometrie zu Grunde liegen (scritta nel 1854, ma pubblicata solo nel 1867 (Goetting. Abhand. XIII), e ristampata nel volume delle Opere di Riemann). 4 2 così anche qualunque enunciato geometrico, a sua volta, potrà tradurre od esprimere soltanto con approssimazione rapporti di posizione o grandezza fra corpi. E questo, sia per i postulati -proprietà, generalmente le più semplici, che si prendono come punto di partenza nella costruzione logica-, sia per quegli altri enunciati (teoremi) che dai primi si deducono a mezzo di ragionamenti. Abbiamo così la geometria come scienza fisica, cioè come schematizzazione dei rapporti di posizione e di grandezza dei corpi. Questa schematizzazione o semplificazione è necessaria (come in qualsiasi scienza) affinché l' edificio che si va a costruire non riesca troppo complicato. Per poter studiare, capire, produrre, occorre che di tutta la costruzione scientifica si riesca a impossessarsi col minor lavoro possibile; che essa soddisfi cioè alla legge dell' Economia del pensiero. È indubbiamente più semplice, più maneggevole, più atta a essere ritenuta e applicata, la proprietà che la retta individuata da due punti di un piano è tutta contenuta in questo piano, piuttosto che un' altra, la quale affermasse che nessun punto di quella retta dista da questo piano più di un millimetro o di un decimo di millimetro, o 1 1 , (nel segmento intercetto fra quei due punti) più di una certa parte ( ) 100 1000 della distanza degli stessi punti. Si dirà che l'edifìzio che costruiremo, fondandoci sui dati primitivi, idealizzati, non troverà corrispondenza (esatta) nella realtà. È vero; ma di questa realtà esso costituirà lo scheletro; e, se procederemo cautamente nelle schematizzazioni, esso non si discosterà mai molto dalla realtà (come lo scheletro di un animale, il quale permette di ricostruire le dimensioni dell' animale stesso con grande approssimazione), e potremo anche assegnare un limite superiore al quanto se ne discosta. Il teorema schematico “In ogni triangolo isoscele gli angoli alla base sono eguali” significa, in pratica, che se in un oggetto rappresentante con approssimazione il concetto di triangolo due lati, misurati col metro, risultano avere entrambi una stessa lunghezza a a meno (p. es.) di ε per difetto, i due angoli opposti a quei lati, misurati col goniometro, differiranno per meno di una quantità ε', dipendente da ε e da a secondo una certa legge (e che si può calcolare caso per caso). In molte questioni (p. es. nelle operazioni geodetiche) anche un risultato di questo secondo tipo è importante, o addirittura indispensabile; ma nella maggior parte dei casi la prima forma, schematica sì, ma perciò appunto più semplice, chiara, suggestiva, è sufficiente. La prima forma appartiene alla così detta “Matematica di precisione”; l'altra alla «Matematica di approssimazione» o «delle relazioni approssimate», i cui enunciati sono bensì di natura e tipo diverso da quelli della matematica di precisione, ma, nel loro genere, altrettanto netti e precisi! 5 D' altronde queste schematizzazioni s'incontrano e sono necessarie, come già ho accennato, in ogni scienza. Le leggi di Keplero sui movimenti dei pianeti (nelle quali i pianeti si suppongono punti materiali, e soggetti alla sola attrazione solare) sono prime (e molto grossolane) schematizzazioni di fenomeni Si cfr. a questo proposito il mio articolo: Matematica esatta e matematica approssimata, nel già cit. Bollettino della Società "Mathesis".(Anno III, 1911). I due nomi sono dovuti a F. Klein, il quale afferma essere la matematica di precisione das feste Gerüst, an dem sich die Approximationmathematik emporrankt [la salda struttura a cui si aggrappa la matematica di approssimazione n.d.t.] 5 3 complessi, che senza di ciò la nostra mente non riuscirebbe ad abbracciare. E cosi in ogni ramo della Fisica Matematica; p. es. nell'idrodinamica classica, nella quale alcune schematizzazioni corrispondono a ipotesi molto prossimamente verificate (es.: l'incompressibilità del fluido), ma non così altre (la mancanza di attrito interno). Le scienze sono anzi tanto meno accessibili al ragionamento, quanto più i fenomeni ivi studiati sono complessi e abbisognano, perché il trattamento logico si renda possibile, di maggiore schematizzazione: meno di tutte forse la sociologia, perché gli elementi «uomini» -è ancora Poincarè che parla 6, sono troppo dissimili, troppo variabili, e troppo capricciosi. 3. I postulati, come ho detto, sono schematizzazioni di proprietà desunte da osservazioni. Ma non dimentichiamo che ciò che è suscettibile di venir osservato o verificato sono queste stesse proprietà, non già le loro schematizzazioni. Potrebbe dunque presentarsi qualche fatto empirico suscettibile di essere schematizzato in più modi diversi, senza che sulla scelta fra questi l'osservazione nostra, nel campo a cui è ristretta, possa darci lume. Come procedere allora? Evidentemente, converrà sviluppare le conseguenze logiche di ognuna delle diverse ipotesi schematiche, e assoggettare le teorie così ottenute a un nuovo confronto coll'esperienza. Ma questo confronto potrebbe ancor esso non risolvere la questione; potrebbero cioè quelle teorie costituire, entro limiti opportuni, altrettante schematizzazioni tutte accettabili. Così appunto si presenta, secondo le vedute della critica moderna, la questione che ebbe origine dal celebre postulato delle parallele, e condusse alla costruzione della Geometria non euclidea. Ma per giungere a queste moderne vedute, inerenti appunto alla concezione della geometria come scienza fisica, è stato necessario modificare idee preesistenti da secoli, recidere alla base credenze vecchie e tradizionali. Ed è stato merito appunto dei fondatori della geometria non euclidea l'aver reso possibile un sì grandioso e brillante risultato. Dall'epoca di Euclide fino al principio del secolo XIX si è sempre e universalmente ammesso che nel concetto di spazio, quale esso risultava definito dagli assiomi e postulati della geometria greca, noi possedessimo una rappresentazione esatta dei rapporti di posizione e grandezza dei corpi. Essendo ritenuta esatta, questa rappresentazione doveva anche apparire come l'unica possibile; e questa cieca credenza non sarebbe forse mai stata scossa, se il post. 5° di Euclide (o postulato delle parallele) non avesse presentato, in apparenza almeno, una lieve imperfezione. Il post. 5° suddetto così si enuncia: «Se una retta ne incontra due altre, contenute in uno stesso piano, e forma con queste angoli interni da una stessa parte la cui somma è minore di due retti, tali due rette prolungate indefinitamente s'incontreranno da quella parte ove la somma dei due angoli è inferiore a due retti»; e all' intuizione nostra esso appare certo di un'evidenza non così completa e assoluta come i quattro precedenti 7. Oggi noi ci diamo 6 L. c., p. 12. 1° Due punti qualunque possono sempre congiungersi mediante una linea retta; 2° Un segmento finito di retta può prolungarsi di quanto si vuole: 3° Si 7 4 ragione di ciò, osservando che l'affermazione contenuta in quel postulato equivale all’altra. che rette di un piano le quali non si incontrino sono ovunque equidistanti, e implica perciò un'associazione fra dati visivi (rette che non s'incontrano) e dati tattili (rette equidistanti); e che, per di più, la valutazione di questa distanza (e così anche della somma degli angoli di un triangolo rettilineo, la quale, in conseguenza del postulato stesso, risulta eguale a due retti) involve un elemento quantitativo, che non compare nei postulati precedenti, ed è per sua natura soggetto a inevitabili imprecisioni ed errori. Ma in passato, quando si credeva che le proposizioni fondamentali della geometria avessero carattere di assiomi, necessari come gli assiomi logici, molti geometri mal si adattarono a comprendere fra essi il postulato sopra accennato8 . Da questa difficoltà (che D’Alambert qualificò come «l’ecueil et le scandale des eléments de la géometrié» ) trassero origine tentativi vari e ricerche dirette 1°) a dimostrare possibilmente il post. 5° di Euclide in base alle sole proposizioni precedenti, a convertirlo cioè in un teorema; il che oggi -viceversa- è rigorosamente provato non essere in alcun modo possibile; 2°) a sostituirlo, possibilmente, con altra proposizione equivalente e di maggiore evidenza; e in quest' indirizzo, pur senza trovare una soluzione soddisfacente dal punto di vista intuitivo, si conseguì tuttavia qualche risultato notevole; p. es. l' equivalenza, riconosciuta già. da John Wallis (1616-1703), colla proposizione « Esiste un triangolo simile ad un triangolo dato (cioè cogli angoli rispett. eguali a quelli di quest'ultimo triangolo) e avente grandezza arbitraria (ossia un lato assegnato ad arbitrio) ; 3°) infine -e furono veri e sani filosofi quelli che così fecero- a indagare le conseguenze alle quali avrebbe condotto l'ipotesi contraria al postulato euclideo, e assoggettare queste al confronto coll'esperienza ! Precursore di quest'ultimo indirizzo fu il Gesuita P. Girolamo Saccheri (1667-1733) il quale, con mirabile acume, aveva indubbiamente posta la questione nei suoi termini esatti, e ne aveva avviata la soluzione9; ma a un certo punto pare quasi gli venisse meno l'energia, o forse l'acume ulteriore, necessario a mettere in completa e giusta luce la geometriae euclideae inimica hypothesis, la quale, escludendo l'esistenza di rette ovunque equidistanti, a lui appariva, repugnans naturae lineae rectae. Il sommo Gauss (1777- 1855) ebbe probabilmente per primo chiara visione della possibilità logica di una nuova geometria (anti-euclidea, o non euclidea), nella quale fossero mantenute tutte le altre proposizioni fondamentali della geometria euclidea, e non il post. 5° (sostituito invece dalla proposizione contraria); ma delle sue ricerche non pubblicò nulla, poiché temeva «gli strilli dei beoti». Pubblicarono invece i loro può descrivere un cerchio di centro e raggio assegnati ad arbitrio; 4° Tutti gli angoli retti sono eguali fra loro. Lo stesso Enclide sembra che abbia già avvertita quest' imperfezione; e non si può escludere che per questa ragione appunto egli abbia collocate per prime, nel libro I degli Elementi, le proposizioni indipendenti dal post. 5°, separandole dalle altre ( prop. 29 e seg.) che invece si appoggiano sopra questo postulato, quasi volesse mettere le prime al sicuro contro eventuali obbiezioni al postulato stesso. 8 Euclides ab omni naevo vindicatus Milano, 1733. V. in particolare il libro I. Cfr. G. Vailati, Di un' opera dimenticata del P. Gerol. Saccheri, in Riv. filosofia a. V. voI V1. pag. 528 9 5 risultati (ottenuti indipendentemente da Gauss) Nicolò Lobacefski, russo (1793-1856) e Giovanni Bolyai (1802-60), nativo della Transilvania; essi mostrarono come sull'ipotesi contraria al postulato 5° di Euclide potesse fondarsi un nuovo edifizio geometrico, logicamente perfetto quanto la geometria euclidea; e in ciò (salvo qualche complemento apportatovi in seguito) era già contenuta la prova della impossibilità di dimostrare il postulato euelideo delle parallele, deducendolo dalle precedenti premesse. In questa nuova geometria la somma degli angoli di un triangolo rettilineo, anziché uguale a due retti, è sempre minore di due retti; e la sua differenza da due retti è proporzionale all’area del triangolo, perciò tanto maggiore quanto più esteso è il triangolo. Nel confronto coll'esperienza, Gauss e Lobacefski si rivolsero pertanto ai triangoli di maggiore estensione; il primo a un certo triangolo geodetico, avente lati di parecchie decine di chilometri, il secondo addirittura ai triangoli astronomici (e particolarmente alle parallassi delle stelle più lontane), siccome quelli nei quali vi era maggiore possibilità che la differenza della somma degli angoli da due retti fosse di un ordine di grandezza superiore agli errori di osservazione, e perciò decisamente apprezzabile. Ma questo non si è verificato; da ciò pertanto la conclusione: Lo spazio fisico si può considerare come euclideo in un ordine di approssimazione che supera la precisione delle misure fornite (sia allora, che ora) dagli strumenti più perfezionati. In altri termini: È in questo ordine di approssimazione (ma non altrimenti!) che la geometria euclidea è atta ad esprimere i rapporti di posizione e di grandezza dei corpi. Ecco la moderna veduta, già contenuta virtualmente nelle conclusioni di Lobacefski, e affermatasi più recisamente in questi ultimi decenni. Ma anche l'ipotesi contraria al postulato euclideo, in forza della quale la somma degli angoli di un triangolo rettilineo è minore di due angoli retti, e la sua differenza da due retti proporzionale all' area del triangolo stesso, purché il relativo coefficiente di proporzionalità 10 sia molto molto piccolo, tale da rendere la differenza suddetta, anche per i triangoli astronomici, di un ordine di grandezza non superiore a quello degli errori di osservazione, non si rivela, di per sè, nè nelle sue conseguenze, in contraddizione coi risultati empirici o sperimentali. E perciò, altrettanto a buon diritto, anche la geometria di Lobacefski, sempreché quel tale coefficiente sia abbastanza piccolo, si presta a rappresentare con sufficiente approssimazione i rapporti di posizione e grandezza dei corpi. Non solo; ma altri geometri (primo fra essi B. Riemann, nella memoria cit. in una nota al § 2), muovendo da considerazioni affatto diverse, sulle quali non mi è ora possibile trattenermi, hanno costruita una terza teoria, nella quale, sostanzialmente, pur mantenendosi il postulato 5° di Euclide, si nega invece l'infinità della retta (e perciò dello spazio; vale a dire si ammette che la linea retta sia rientrante, press'a poco come lo sarebbero i cerchi massimi sopra una sfera di raggio grandissimo 11. Questa teoria è, in certo modo, simmetrica della Ossia il numero costante che, moltiplicato per l’area di un triangolo, dà il valore della differenza fra due retti e la somma dei tre angoli del triangolo stesso 10 Immaginiamo un animaletto (ipotetico) a due sole dimensioni il qua!e sia sopra una sfera di raggio molto grande, e possa liberamente muoversi sulla superficie di questa, ma senza staccarsene; sia esso inoltre, rispetto al raggio 11 6 precedente rispetto alla geometria euclidea; in essa, la somma degli angoli di un triangolo rettilineo è maggiore di due retti, e l'eccesso sopra due retti di nuovo proporzionale all’area del triangolo; e anche questa geometria, purché il coefficiente di proporzionalità che vi compare sia abbastanza piccolo, può reclamare diritti pari alle precedenti. Chiudendo ora la parentesi relativa alla geometria non euclidea 12, e ritornando alla questione posta al principio del presente §, possiamo così esprimerci: Nella questione delle parallele, il risultato empirico è questo: Un ente il quale corrisponda prossimamente al concetto astratto di linea retta -e più particolarmente di retta contenuta in un certo piano, passante per un punto dato P di questo piano, e non incontrante, nel campo a noi accessibile, una retta a anche di questo stesso piano- se esiste, appare già sensibilmente determinato; può tutt’al più variare entro un angolo di vertice P molto molto piccolo. Questo fatto permette tre diverse schematizzazioni, o ipotesi astratte precise, tutte concordanti, entro certi limiti, coll'esperienza: 1°) di quelle rette passanti per P ecc. ve n' è una e una sola (ipotesi euclidea) ; 2°) di quelle stesse rette ve ne sono almeno due, e perciò certo infinite: tutte quelle di un certo angolo piccolissimo di vertice P (Lobacefski); 3°) le rette uscenti da P e contenute nel piano Pa, convenientemente prolungate, incontrano tutte la a. Ciascuna di queste tre ipotesi può essere formulata in apposito postulato: e in corrispondenza a questi tre postulati, si hanno tre diverse geometrie che tutte schematizzano in modo suffìciente per la pratica, e perciò soddisfacente, i rapporti di posizione e grandezza dei corpi. Tra queste tre geometrie, si potrà soltanto domandare quale è preferibile, quale è la più opportuna. E a ciò si risponde: la più semplice; quella che può essere costruita, applicata, padroneggiata con maggior facilità; che corrisponde alla maggiore economia di pensiero. E questa è senza dubbio la geometria euclidea. È infatti molto più semplice e intellettualmente economica quella schematizzazione per la quale la somma degli angoli di ogni triangolo è eguale a due retti, che non le altre due, nelle quali questa somma è minore o maggiore di due retti e differisce da due retti per una quantità proporzionale all'area del triangolo proposto (tanto più che per gli stessi triangoli più estesi che si incontrano in pratica, cioè per quelli che nascono dall' esame delle parallassi delle stelle più lontane, la differenza suddetta risulta minore o dello stesso della sfera, tanto piccolo da aggirarsi sempre, praticamente, in una regione molto limitata della superficie suddetta. Senza uscire da questa regione, e perciò senza portarsi a distanze praticamente irraggiungibili, non sarebbe possibile a quell'animaletto di constatare sperimentalmente che i cerchi massimi (i quali gli apparirebbero come a noi le linee rette, ad es. come linee di minima distanza sulla sfera) sono rientranti, e che la sfera, per quanto illimitata, è finita. Tutte le impressioni dell'animaletto (semprechè esso non esca da una regione molto limitata della superficie sferica) non sarebbero sensibilmente diverse da quelle ch' esso avrebbe se vivesse sopra una regione di piano. Quest'esempio mostra come l’ipotesi qui sopra indicata non sia in contraddizione coi dati sperimentali. Per maggiori notizie sulle origini e lo sviluppo della geometria non euclidea, si cfr. il mio articolo: La geometria non euclidea, nella Rivista “Scientia” (vol. IV, 1908). 12 7 ordine di grandezza degli errori di osservazione a cui vanno soggette le misure più accurate!). E così anche le formole della geometria metrica euclidea sono più semplici di quelle delle due geometrie non euclidee. Ma non ha senso (ricordiamolo bene!) domandare se nello spazio (fìsico) è verificabile, o meno la geometria euclidea. La domanda presuppone la possibilità di una verifica sperimentale; e non è possibile sperimentare fisicamente (p. es. fare misure) sopra concetti astratti, enti che non cadono sotto i nostri sensi. Nello spazio fisico non si può dire se sia valida o meno una teoria astratta; si può soltanto dire che le relazioni fra i corpi sono dalla geometria euclidea schematizzate in modo larghissimamente sufficiente per la pratica rispondente altresì alla maggiore economia di pensiero. Nella scelta dei postulati vi è quindi, indubbiamente, un certo arbitrio. Ma la tesi del Poincaré, che li considerava come pure convenzioni, del tutto arbitrarie, purché fra loro compatibili13, appare eccessiva: invero i concetti, fra i quali quei postulati pongono relazioni, hanno corrispondenza approssimativa in certi oggetti; e i postulati stessi sono perciò vincolati ad esprimere e precisare in modo soddisfacente le relazioni che effettivamente intercedono fra questi oggetti14. La scelta viene pertanto regolata, sia pure in modo non assoluto, da criteri di opportunità; e a questi poneva mente F. Klein quando affermava, doversi i postulati considerare piuttosto quali vernünftige Sätze (proposizioni ragionevoli!) 4. Fissati, in geometria, i concetti primitivi e le proposizioni primitive o postulati, possiamo con sole operazioni logiche definire altri enti geometrici (triangoli, cerchi,..), che corrisponderanno o potranno corrispondere con molta approssimazione a oggetti fisici, e dimostrare proprietà di questi enti. Entriamo così nel campo del ragionamento. La superiorità della geometria, sia pure intesa come parte della fisica, rispetto a tutte le altre parti di quest'ultima scienza, si rivela precisamente in ciò: che in essa, più assai, di gran lunga, che in queste altre parti, sono numerose e importanti le connessioni logiche fra le diverse proposizioni; sicché pochi e semplici dati primitivi bastano per costruire, per via razionale, i più svariati capitoli. L'intuizione, che, per mezzo di osservazioni ed esperienze, ci ha suggerite le proposizioni primitive, può aiutarci anche nel ragionamento? L' intuizione potrà servirci a guidare il ragionamento; a presentirne e a prevederne la conclusione, e dirigere verso questa i nostri sforzi; a controllare e verificare empiricamente il risultato ottenuto; talvolta anche ad abbracciare e ritenere il ragionamento nel suo complesso -io direi quasi, con una parola, a capirlo-; ma sarebbe errore gravissimo il presentare come ragionamento, come deduzione logica, un complesso di considerazioni nelle quali si insinuasse un nuovo ricorso all'intuizione. In primo luogo, il ragionamento verrebbe meno al suo ufficio, che è quello di stabilire una connessione logica tra due fatti: la connessione vi sarà forse, ma non l'avremo così stabilita. In secondo luogo, le nostre osservazioni ci forniscono soltanto dati grossolani, che noi idealizziamo e precisiamo nei postulati; e l'applicare a un ente ideale, schematico, una proprietà ricavata da osservazioni sopra un modello fisico, senza esaminare se 13 La science et l’hypothèse (Paris, Flammarion, senza data). Arbitrarietà completa si ha invece in quest' altro senso; che, fra più proposizioni equivalenti, delle quali una debba introdursi come postulato, quest’ una può essere scelta del tutto ad arbitrio. 14 8 e fino a qual punto questo sia una realizzazione approssimata di quello, può condurre a veri errori. Così accadrebbe p. es. a chi, ragionando sul concetto astratto di linea -uno dei concetti più difficili a stabilirsi in modo generale e preciso-, volesse introdurre nelle sue considerazioni, senza previa analisi, una qualunque delle proprietà che la nostra intuizione attribuisce alle linee. Sotto questo riguardo, anche gli «Elementi» di Euclide, per quanto comunemente citati come un modello di costruzione rigorosamente logica, in qualche punto non sono del tutto soddisfacenti. P. es. l'infinità della retta, le relazioni di posizione fra i diversi punti di una retta (sì che, di tre punti allineati uno determinato è intermedio tra gli altri due), non sono esplicitamente postulate, ma vengono egualmente applicate quando occorrono; si devono perciò ritenere tacitamente desunte dall'intuizione. Va ricordato tuttavia che si tratta di un'Opera, il cui testo preciso e completo non ci è dato ricostruire con sicurezza. Così pure, dopo aver detto (libro V, def. 4a) che «Grandezze aventi fra loro un rapporto sono quelle, delle quali ciascuna, presa un numero sufficiente di volte, può superare l'altra», si passa a discorrere (nel libro VI) di rapporti fra segmenti; ciò presuppone che i segmenti soddisfacciano alla proprietà testé enunciata, vale a dire a quello che noi oggi chiamiamo «postulato di Archimede»; o per lo meno che la definizione citata abbia essa carattere di postulato, vale a dire che, ogni qualvolta si parla del rapporto di due grandezze omogenee, sempre s'intenda ammesso che i termini di questo rapporto soddisfanno a quella condizione. La parte logica dell'edifizio geometrico si è molto perfezionata in questi ultimi 30 anni circa, da quando cioè, di deliberato proposito, si è cercato di determinare e enunciare esplicitamente, uno per uno, tutti i concetti primitivi e i postulati. A questo indirizzo critico hanno collaborato molti geometri italiani; primi fra essi i Prof.ri G. Peano (I principi di geometria logicamente esposti, 1889) e G. Veronese.(Fondamenti di geometria, 1891). Anzi il Peano coi simboli logici da lui introdotti per la trattazione delle questioni matematiche, ha dato alla scienza uno strumento utilissimo a scindere i ragionamenti in deduzioni logiche elementari, e a mettere in evidenza le eventuali nozioni e considerazioni intuitive che si fossero eventualmente insinuate; e ha portati così alla parte logica dell'edifizio scientifico, insieme ad alcuni suoi allievi e cooperatori (fra i quali il compianto Pieri), contributi di grandissima importanza. 5. Un ragionamento, nonostante l'apparente contraddizione, non può mai dimostrare in via assoluta un fatto (una proprietà); può soltanto stabilire una connessione logica tra due o più fatti: quando si verifichino determinate promesse, sussiste pure la tal conclusione. Ora, dopo aver fatto un ragionamento: Se per una figura è verificata la tal proprietà, o il tal complesso di proprietà, è verificata pure la tal altra, si vede molte volte che la prima proprietà, tutt'al più con qualche cambiamento di parola, affatto inessenziale, è pure verificata per un'altra figura, alla quale prima non si era pensato; e che a questa nuova figura si può applicare lo stesso ragionamento, colla relativa conclusione, salvo i medesimi cambiamenti di parole. Si considerino ad es. le seguenti proposizioni fondamentali: 9 Due punti distinti individuano una retta che li congiunge Tre punti non appartenenti a una stessa retta, e così anche una retta e un punto non contenuto in questa retta, individuano un piano che li congiunge. Se due punti stanno in un piano la retta che li congiunge giace anch’essa in questo piano. Due piani distinti individuano una retta loro intersezione 15. Tre piani non passanti per una stessa retta, e così anche una retta e un piano non passante per questa retta, individuano un punto loro intersezione. Se due piani passano per un punto, la retta loro intersezione passa anch'essa per questo punto Si riconosce facilmente che ciascuna proposizione della colonna di destra si ottiene dalla corrispondente di sinistra scambiando tra loro le parole punto e piano (mentre rimane inalterata la parola retta), e facendo qualche altro scambio di parole del linguaggio ordinario (congiungere e intersecare, giacere e passare). Segue da ciò che, se a una figura composta di punti (ad es. in numero di m) e piani (in numero di n) si può applicare un ragionamento fondato esclusivamènte sulle proposizioni indicate di sopra, o anche su altre accoppiabili a due a due secondo il medesimo criterio, questo stesso ragionamento, mutatis mutandis, potrà applicarsi anche a una determinata figura di m piani e n punti, la cui definizione si ricaverà da quella della prima figura coi medesimi suddetti scambi di parole; poiché tutto si ridurrà a applicare a questa nuova figura una proposizione di destra dove alla prima figura se ne applicava una di sinistra, e viceversa. È questa la legge di dualità nello spazio; e le due figure suddette, come anche le proposizioni su indicate, a due a due, si dicono pure duali (o reciproche) nello spazio. Nel caso accennato, a figure duali si applica dunque, sostanzialmente, uno stesso ragionamento. Ma questo non è che un esempio. Anche molte altre volte avviene che a enti diversi, ottenibili però sempre l'uno dall'altro con certi scambi di parole, si possa applicare un medesimo tipo di ragionamento; e nasce così l'idea di disporre le cose e operare in modo che un ragionamento unico possa effettivamente servire per tutti questi casi. Nel corso del ragionamento, che è una successione di operazioni logiche, io ho il diritto di dimenticare (fino a un certo punto) cosa fosse la figura iniziale, e di sostituire a questa figura, già schematica, uno schema dello schema, del quale quella figura è una particolare realizzazione, ma che, al pari di questa, può averne molte altre infinite altre; facendo così non della geometria, ma della parte logica dell'edifizio geometrico una teoria astratta. Un ragionamento sopra una schema simile dà ragione del mot d' esprit di B. Russell: La matematica è una scienza, nella quale non si sa mai di che si parli, e anche dell'aggiunta: Né se ciò di cui si parla sia vero16 . Ma questo è appunto un vantaggio: la grande generalità, il poter trattare di molte cose ad un tempo. E la stessa idea (con Per questa proposizione costituisce eccezione il caso i cui in due piani sono paralleli; e eccezioni analoghe si hanno anche per le due proposizioni riunite nell' enunciato che segue, sempre nella colonna di destra. Si tratta però di eccezioni inessenziali, che possono eliminarsi con opportune convenzioni. 15 Ciò perchè una proprietà dimostrata per mezzo di un ragionamento sussiste solo in quanto si verifichino le relative premesse. 16 10 intendimento diverso) si trova in Poincaré: La Mathematique est l'art de donner le méme nom à des choses différentes. Occorre naturalmente che queste due cose si possano «couler dans le mème moule17» (adattare entro una stessa forma); ma, dopo dato loro quello stesso nome, anche i cambiamenti di parola dianzi accennati non occorreranno più, i nomi essendo ormai gli stessi. Basta una conoscenza anche limitata di matematica per comprendere il vantaggio inestimabile che può portare un nome, una parola ben scelta ; un nome unico, sotto il quale possano raccogliersi enti diversi, ma sotto un determinato punto di vista fra loro equivalenti. E tutto ciò è di nuovo Economia di pensiero. Questa teoria astratta si riferirà a determinati concetti primitivi a, b, c,.., legati da certe relazioni A, B, C,.. (postulati); e di queste relazioni essa svilupperà le conseguenze logiche. La teoria stessa potrà anche ricevere differenti interpretazioni fisiche. E se una fra queste si ha interpretando i concetti a, b, c,.., come punti, rette, piani, potrà convenire di far uso, nel ragionamento, di queste stesse parole (senza che ne risulti con ciò ristretto il campo di applicazione) per non rinunciare all’aiuto che l' intuizione può dare (v. sopra); aiuto a guidare il ragionamento, a scegliere fra le innumerevoli combinazioni logiche possibili quelle scientificamente utili, di buon rendimento. 6. Se, nella teoria testé considerata, i postulati A e B (ad es). sono logicamente compatibili tanto coll' enunciato C, quanto coll' enunciato contrario, o con un qualsiasi altro enunciato C' che con C reciprocamente si escluda, a titolo di teoria astratta tanto la prima, fondata sulle premesse A, B, C,.. quanto l' altra che si potrebbe fondare sulle premesse A, B, C’,.. avranno pari diritto di esistenza. In primo luogo, è questa semplicemente l'applicazione, sia pure su larga scala, del principio fondamentale, che qualunque gruppo di concetti primitivi, di relazioni postulate fra questi concetti e logicamente compatibili, e di concetti e relazioni ulteriori dedotti dai primi con processi logici costruttivi, può essere, anche di per sé, oggetto di studio. Nessuna limitazione deve porsi allo scienziato nella libera scelta della via, sulla quale dirigere la sua attività! E d'altra parte è pure possibile che anche la seconda teoria abbia a trovare una soddisfacente interpretazione, eventualmente dello stesso spazio fisico, per il fatto che si trovino enti fisici le cui mutue relazioni sono opportunamente schematizzate dai postulati A, B, C’,.. Le geometrie non euclidee, indipendentemente anche da quanto su di esse abbiamo già detto, rientrano a loro volta in quest'ordine di idee; sono costruzioni logiche perfette, e trovano importanti interpretazioni fisiche nello stesso spazio euclideo. P. es. la geometria elementare delle figure di punti e rette del piano di Lobacefski può ricevere nello spazio euclideo le seguenti interpretazioni (che devo tuttavia qui limitarmi a citare, senza potermi trattenere a illustrarle): 1. Sopra certe superficie curve (cosiddette superficie a curvatura costante negativa), le linee rette essendo sostituite dalle geodetiche o linee di minima distanza sopra queste superficie. Vi sono cioè superficie (non piane) sulle quali le figure composte di punti e linee di minima distanza (linee naturalmente curve) godono delle proprietà stesse che nella geometria di Lobacefski spettano 17 Science et methode p. 29 11 alle figure di punti e rette di un piano. P. es. con quelle linee si formano triangoli geodetici, nei quali la somma dei tre angoli è minore di due retti, e la differenza di questa somma da due retti è proporzionale all' area del triangolo stesso; 2. Sul sistema dei punti di un piano euclideo contenuti nella regione interna a un cerchio fisso, intendendo che le linee rette abbiano per immagini corde di questo cerchio, e rette parallele corde con un estremo comune. Però i movimenti del piano non euclideo sopra sé stesso si rispecchiano in trasformazioni del piano del cerchio, le quali non sono più movimenti di quest'ultimo piano nel senso ordinario della parola (bensì «omografie», che mutano il cerchio in sé stesso); 3. Sopra un semipiano euclideo -cioè sulla regione di piano euclideo posta da una determinata banda di una retta fissa di questo piano-, le rette essendo sostituite dai semicerchi contenuti nel semipiano stesso e aventi i centri sulla retta accennata, e rette parallele da semicerchi con un estremo comune. Di tali semicerchi, per due punti qualunque del semipiano ne passa appunto uno e uno solo; e nei triangoli formati con archi di tali semicerchi la somma dei tre angoli, misurati nel modo ordinario, è inferiore a due retti. Nello stesso ordine di idee ultimamente accennato si sono svolte anche altre teorie, analoghe, in certo modo alle geometrie non euclidee; ossia tutte conservanti la maggior parte delle premesse della geometria ordinaria, ma sostituendone una o più d'una con enunciati diversi, naturalmente compatibili con quelli che si conservano. Ne accenno ancora due esempi. Fra i postulati ordinari, vi è il seguente (già cit. a proposito della legge di dualità): Un piano e una retta non contenuta in questo piano -qualora non siano paralleli- hanno sempre un punto comune, loro intersezione. È questo, in sostanza, il postulato della triplice dimensione dello spazio, o, più esattamente, della triplice dimensione del sistema dei punti dello spazio. Negando questo postulato, nasce la geometria degli spazi a più dimensioni, o varietà più volte estese, la quale non solo non ha in sé (logicamente) nulla di contraddittorio, ma può ricevere notevoli interpretazioni fisiche, purché l’applicazione si faccia, anziché ai punti, ad altri enti opportuni, dipendenti da un maggior numero di parametri. Tali sono ad es. (nel caso di 4 parametri) le sfere. Come due punti individuano una retta che li congiunge, così due sfere individuano un certo sistema di infinite sfere, del quale esse fanno parte: se le due sfere si tagliano secondo un cerchio- oppure sono fra loro tangenti in un punto, è questo il sistema di tutte le sfere che passano per quel medesimo cerchio, o rispett. toccano le prime due in quello stesso punto; se le due prime sfere non hanno punti comuni, il sistema si può egualmente precisare, soltanto in modo meno semplice. Questo sistema si chiami, in ogni caso, fascio di sfere. Così la geometria di uno spazio a quattro dimensioni si rispecchia nella geometria delle sfere, purché invece di punto, retta,... si dica sfera, fascio di sfere,... Un altro esempio, molto notevole e interessante, ci è fornito dalla geometria non archimedea, la quale prende le mosse dalla negazione del così detto postulato di Archimede (che si è riconosciuto indipendente dalle altre premesse ordinarie della geometria), e ammette perciò l'esistenza di un segmento (infinitesimo attuale) tale che il multiplo di esso secondo un intero arbitrariamente grande sia sempre più piccolo di un altro segmento assegnato. Anche questo non ha in sé nulla di contraddittorio; e la teoria che così si co- 12 struisce è a sua volta suscettibile di interpretazioni concrete. Soltanto le parole retta, lunghezza di un segmento, etc. non potranno conservare tutte lo stesso significato che hanno nella geometria ordinaria. Così p. es. l'insieme dei punti di due rette (ordinarie), in particolare di due rette parallele, quando i punti di ciascuna delle due si pensino susseguenti fra loro nel modo solito, e i punti di una determinata fra esse come successivi, in questo stesso ordine, a tutti i punti dell’altra, fornisce un esempio di continuo non archimedeo; e il segmento del continuo complessivo compreso fra due punti appartenenti rispett. alle due diverse rette appare di lunghezza infinita rispetto al segmento compreso fra due punti di una stessa fra le due rette considerate. Sviluppi importanti di geometria non archimedea sono dovuti a Veronese (op. cit.), Hilbert, e altri18 . Anzi Hilbert, nell'opera Grundlagen der Geometrie (1. ediz., 1899) e in vari articoli, ha indagate nel modo più ampio le mutue relazioni di indipendenza e compatibilità dei vari postulati (e di noti teoremi che a taluni di essi possono sostituirsi), riuscendo così a sviscerare, in modo acutissimo, qual'è la parte che, nella costruzione della geometria, spetta singolarmente a ognuna di quelle proposizioni; i suoi risultati gettano perciò chiara luce sull' intima struttura logica di molti capitoli di geometria. Gino Fano In particolare Dehn ha studiate le molteplici combinazioni a cui dà luogo la negazione del postulato di Archimede congiunta a ognuna delle diverse ipotesi possibili sulla teoria delle parallele e sul valore (eguale, inferiore o superiore a due retti) della somma degli angoli di un triangolo rettilineo. 18 13