SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole PATOLOGIA IN PILLOLE Nr. 22 L. Mazzucchelli, E. Zucca Storia clinica Un uomo di 72 anni consulta il proprio medico per tosse secca persistente da due mesi, lieve calo ponderale e febbre serotina. All’esame clinico si rileva una linfadenopatia cervicale che viene indagata attraverso un aspirato con ago sottile. Lo striscio citologico rileva cellule giganti binucleate e polinuclea- te con nucleoli prominenti nonché un sottofondo infiammatorio composto da numerosi linfociti (Figura 1 a/b). Per confermare la diagnosi sospettata all’esame citologico si procede ad asportazione dell’intero linfonodo per esame istologico (Figura 2 a/b). 1a 1b 2a 2b Indica la diagnosi corretta: a Cellula gigante di Langhans (tubercolosi) b Cellula gigante di Langerhans (istiocitosi X) c Metastasi di carcinoma polmonare a grandi cellule d Cellula gigante con inclusioni di citomegalo-virus e Cellula di Reed-Sternberg (linfoma di Hodgkin) 72 DICEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 487 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Diagnosi Cellula di Reed-Sternberg (linfoma di Hodgkin) Commento Il linfoma di Hodgkin rappresenta circa l’1% delle neoplasie maligne che vengono diagnosticate in tutto il mondo. In Ticino si contano ogni anno circa 10-12 nuovi pazienti con linfoma di Hodgkin. L’incidenza da quando il Registro Tumori del Canton Ticino ha iniziato la sua attività nel 1996 è comparabile a quella di altri paesi industrializzati. La prima descrizione scientifica1 di questa malattia avvenne nel 1832 per opera di Sir Thomas Hodgkin (17981866) del Guy’s Hospital di Londra (Figura 3). Da allora sono state proposte diverse classificazioni del linfoma di Hodgkin di cui la più recente, pubblicata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)2, riconosce una forma classica e una non classica sulla base di caratteristiche morfologiche, immunofenotipiche e moleco- Fig. 3: 488 Sir Thomas Hodgkin TRIBUNA MEDICA TICINESE Linfoma di Hodgkin non classico Linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitica (paragranuloma) Linfoma di Hodgkin classico Linfoma di Hodgkin, sottotipo sclerosi nodulare Linfoma di Hodgkin, sottotipo a cellularità mista Linfoma di Hodgkin, sottotipo a deplezione linfocitaria Linfoma di Hodgkin, sottotipo ricco in linfociti Tab. 1: Classificazione del linfoma di Hodgkin (OMS 2001) lari (Tabella 1). Il linfoma di Hodgkin classico è una neoplasia molto peculiare in cui le cellule neoplastiche, dette cellule di Reed-Sternberg, costituiscono meno del 2% della massa tumorale e sono sparse in un infiltrato infiammatorio che sovverte la struttura linfonodale ed è composto soprattutto da linfociti reattivi della linea T, plasmacellule, macrofagi e granulociti eosinofili. Le cellule di Reed-Sternberg sono state descritte per la prima volta nel 1898 da Carl Sternberg un allora giovanissimo anatomo-patologo di Vienna ed in seguito riportate indipendentemente nella letteratura anglosassone nel 1902 da Dorothy Reed del Johns Hopkins Hospital di Baltimora, una delle prime donne specializzate in anatomia-patologica degli Stati Uniti. Trattasi di cellule di grandezza variabile tra i 20 ed i 60 µm con abbondante citoplasma eosinofilo e almeno due grandi nuclei con nucleoli prominenti. La popolazione di cellule neoplastiche comprende anche un numero variabile di elementi mononucleati, le cellule di Hodgkin, che mostrano caratteristiche morfologiche e immunofenotipiche simili alle cellule di Reed-Sternberg ma sono meno specifiche in un contesto diagnostico. Infatti elementi mononucleati del tutto simili a cellule di Hodgkin possono essere osservati in vari tipi di linfoma, in particolare della linea T, come pure in linfadeniti di origine batterica o virale. In questo contesto è interessante notare che in 4 su 7 pazienti inclusi nello studio ori- 72 DICEMBRE 2007 ginale di T. Hodgkin di cui è stato possibile verificare retrospettivamente la diagnosi su materiale d’archivio, quest’ultima è stata confermata in solo due pazienti mentre due altri casi sono risultati essere un linfoma a cellule T ed una tubercolosi. La patogenesi del linfoma di Hodgkin e di conseguenza l’origine della cellula di Reed-Sternberg sono stati oggetto di intense ricerche fin dalla loro prima descrizione. L’immunofenotipo non è dirimente per una particolare linea cellulare. Inoltre, il numero limitato di cellule neoplastiche reperibili in un linfonodo hanno a lungo precluso analisi di biologia molecolare. Tuttavia verso la metà degli anni ’90 alcuni ricercatori tedeschi riuscirono ad isolare con tecniche di microdissezione le cellule di ReedSternberg (Figura 4) e a dimostrare, tramite analisi di riarrangiamento delle catene pesanti dell’immunoglobuline, che esse derivano da cellule B dei centri germinativi3-4. Una rara origine da cellule T è pure stata postulata in meno del 2% dei casi. Per meglio comprendere l’origine della cellula di Reed-Sternberg è necessario ricapitolare brevemente il normale processo di maturazione di un linfocita B. Dopo l’incontro con un antigene il linfocita B “naive” migra nel centro germinativo di un follicolo linfatico dove attraverso mutazioni somatiche della regione variabile delle immunoglobuline viene incrementata l’affinità di legame con l’antigene stesso. Linfociti B nei quali le SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Fig. 4: Microdissezione di cellule di ReedSternberg evidenziate in rosso con tecniche di immunoistochimica e sospinte in una micropipetta (da referenza 2). mutazioni somatiche indeboliscono il legame con l’antigene vengono selezionati negativamente ed eliminati tramite morte cellulare programmata (apoptosi). Per contro linfociti B nei quali intervengono mutazioni somatiche che aumentano l’affinità con l’antigene vengono trattenuti dalle cellule dendritiche follicolari e possono procedere ad ulteriori tappe di maturazione che portano infine alla differenziazione in linfociti B della memoria oppure plasmacellule. Nel lnfoma di Hodgkin le cellule neoplastiche sono portatrici di mutazioni somatiche aberranti. In circostanze normali queste cellule verrebbero eliminate mentre nel contesto neoplastico esse sopravvivono e proliferano perdendo tuttavia le caratteristiche immunofenotipiche della linea B. In sintesi, le cellule di Reed-Sternberg derivano da cellule B preapoptotiche dei centri germinativi che sfuggono ai normali processi di selezione negativa e quindi all’eliminazione tramite apoptosi. Il ruolo potenziale del virus EbsteinBarr (EBV) nella patogenesi del linfoma di Hodgkin è stato oggetto di numerosissimi studi fin da quando, agli inizi degli anni settanta, è stato identificato un titolo elevato di anticorpi anti-EBV in pazienti con questo tipo di linfoma5. Nel 1987 venne identificato per la prima volta DNA di EBV in tessuto con linfoma di Hodgkin6 e negli anni seguenti il DNA virale poté essere evidenziato tramite tecniche di biologia molecolare direttamente nelle cellule di Reed-Sternberg7. EBV è più comunemente associato con il linfoma di Hodgkin classico, in particolare del sottotipo a cellularità mista ed è solo raramente evidenziabile nella forma di linfoma non classico a predominanza linfocitica. Nei paesi in via di sviluppo l’incidenza di linfoma di Hodgkin EBV-positivo è maggiore rispetto a quella dei paesi industrializzati, fattore questo che è verosimilmente imputabile all’esistenza di uno stato soggiacente di immunosoppressione. Per lo stesso motivo un’associazione con EBV è particolarmente frequente in individui con immunocompetenza diminuta o non del tutto sviluppata quali soggetti con infezione da HIV oppure pazienti in età pediatrica ed anziani. L’espressione di geni di EBV nelle cellule di ReedSternberg suggerisce un ruolo del DNA virale nel salvataggio di queste cellule dall’eliminazione per apoptosi. Infatti diverse proteine virali hanno la capacità di mimare e sostituire normali sistemi di salvataggio cellulare che fisiologicamente sono mediati da molecole quali CD40 oppure il recettore delle cellule B. Inoltre, una proteina virale con un forte potenziale di trasformazione neoplastica è la proteina di membrana LMP-1 la quale ha la facoltà di inibire fenomeni di apoptosi attraverso l’attivazione di numerosi geni cellulari quali ad esempio bcl2 e NF-KB. Alla fine degli anni ‘90 e negli anni 72 DICEMBRE 2007 seguenti numerosi gruppi di ricerca hanno meglio caratterizzato la relazione che intercorre tra cellule di Hodgkin e di Reed-Sternberg e l’infiltrato reattivo che costituisce più del 98% della massa tumorale dimostrando da una parte la presenza di diversi recettori delle citochine nelle cellule neoplastiche e dall’altra l’esistenza di sistemi di regolazione autocrini e paracrini della produzione di citochine e chemiochine nell’infiltrato reattivo8. La produzione di quest’ultime molecole determina le caratteristiche dell’infiltrato flogistico, causa i sintomi infiammatori tipici che accompagnano un linfoma di Hodgkin e, non da ultimo, condiziona la crescita e la capacità di evadere il sistema di immunosorveglianza delle cellule neoplastiche. In conclusione, è ormai accertato e comprovato da numerosi studi che la cellula di Reed-Sternberg deriva da linfociti della linea B nella stragrande maggioranza dei casi. Per questo motivo il termine generico di malattia di Hodgkin è stato sostituto già nella classificazione OMS del 2001 con il termine di linfoma di Hodgkin. In questo senso è anche interessante sottolineare che, in base al tipo di espressione genica rilevato con microchips capaci di analizzare simultaneamente migliaia di geni è recentemente stato possibile dimostrare che una forma particolare di linfoma diffuso a grandi cellule B quale il linfoma mediastinico sclerosante, presenta caratteristiche simili al linfoma di Hodgkin9 rappresentando pertanto il possibile “link” tra il gruppo dei linfomi di Hodgkin ed il gruppo dei linfomi non-Hodgkin10. L. Mazzucchelli, Istituto cantonale di patologia Locarno E. Zucca, Istituto oncologico della Svizzera italiana (IOSI), Bellinzona TRIBUNA MEDICA TICINESE 489 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Bibliografia 1 Hodgkin T. On some morbid appearances of the absorbent glands and spleen. Med Chirurg Trans 1832, 17:69-97 2 Jaffe ES, Harris NL et al., editors. World Health Organistaion classification of tumors. Pathology and genetics of tumors of hematopoietic and lymphoid tissues. Lyon: IARC Press; 2001 3 Hmmel M, Ziemann K et al. Hodgkin’s disease with monoclonal and polyclonal population of Reed-Sternberg cells. N Engl J Med 1995, 333:901-906 4 Kanzler H, Kuppers R et al. Hodgkin and Reed-Sternberg cells in Hodgkin’s disease represent the outgrowth of a dominant tumor clone derived from (crippled) germinal center B cells. J Exp Med 1996, 184:14951505 5 Levine P, Ablashi D et al. Elavated antibody titers to Epstein-Barr virus in Hodgkin’s disease. Cancer 1971, 27:416-421 6 Weiss LM, Strickler JG et al. Epstein-Barr viral DNA in tissues of Hodgkin’s disease. Am J Pathol 1987, 129:86-91 7 Weiss LM, Movahed LA et al. Detection of Epstein-Barr viral genomes in Reed-Sternberg cells of Hodgkin’s disease. N Engl J Med 1989, 320:502-506 8 Skinnider BF, Mak TW. The role of cytokines in classical Hodgkin lymphoma. Blood 2002, 99:4283-4297 9 Savage KJ, Monti S et al. The molecular signature of mediastinal large B-cell lymphoma differs from that of other diffuse large Bcell lymphomas and shares features with classical Hodgkin lymphoma. Blood 2003, 102:3871-3879 10 Traverse-Glehen A, Pittaluga S et al. Mediastinal gray zone lymphoma: the missing link between classic Hodgkin’s lymphoma and mediastinal large B-cell lymphoma. Am J Surg Pathol 2005, 29:1411-1421 490 TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 DICEMBRE 2007