Capitolo I GRUPPI DI LIE

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Capitolo I
GRUPPI DI LIE
Molto spesso si incontrano gruppi i cui elementi dipendono in maniera regolare da un certo
numero di parametri (per esempio, gli elementi di una matrice di rotazione in tre dimensioni
si possono esprimere in funzione degli angoli di Eulero che parametrizzano la rotazione). La
nozione di gruppo di Lie rende rigorosa questa constatazione euristica. Un gruppo di Lie è
sostanzialmente un gruppo che è allo stesso tempo una varietà differenziabile, in modo che le
due strutture siano compatibili.
1. Prime definizioni
Un gruppo di Lie G è una varietà differenziabile dotata di una struttura di gruppo in modo
tale che l’applicazione
(1)
ψ(g, h) = gh−1
ψ : G × G → G,
sia differenziabile (in questo capitolo tutte le applicazioni differenziabili saranno di classe
C ∞ ). La differenziabilità dell’applicazione (1) fa sı̀ che siano differenziabili anche
(i) l’applicazione che prende l’inverso, ι(g) = g −1 , in quanto questa si può scrivere ι(g) =
ψ(e, g), essendo e l’elemento identità di G;
(ii) l’applicazione prodotto π(g, h) = gh, in quanto si può scrivere π(g, h) = ψ(g, ι(h)).
Un omomorfismo φ : G → H di gruppi di Lie è un’applicazione differenziabile che è anche un
omomorfismo di gruppi, ovvero, φ(gh) = φ(g)φ(h) (ponendo h = eG , questa implica φ(eG ) =
eH ). Un isomorfismo di gruppi di Lie è un diffeomorfismo che è anche un omomorfismo di
gruppi (l’applicazione inversa φ−1 : H → G è automaticamente un omomorfismo di gruppi).
Esempio 1.1. Uno spazio vettoriale V su R di dimensione finita, con la sua struttura differenziabile canonica e la struttura gruppale data dalla somma, è un gruppo di Lie (abeliano).
In particolare ciò vale per Rn .
Esempio 1.2. Il toro n-dimensionale T n = Rn /Zn ' S 1 ×· · ·×S 1 è un gruppo di Lie (abeliano
e compatto).
Esempio 1.3. Siano
2
gl(n, R) = {matrici reali n × n} ' Rn
Gl(n, R) = {matrici reali n × n invertibili}
det : gl(n, R) → R
l’applicazione determinante.
I.1
I.2
Gl(n, R) = gl(n, R) \ det−1 (0) è un aperto di gl(n, R), e quindi è una varietà differenziabile. Si
2
può mettere su Gl(n, R) un sistema di coordinate “tautologico” {xi j } a valori in Rn , che ad
ogni matrice M associa i suoi n2 coefficienti, M 7→ {M ij }. Il prodotto di matrici è polinomiale,
mentre l’inverso di una matrice è una funzione razionale degli elementi di matrice; entrambe
le operazioni sono C ∞ . Pertanto Gl(n, R) è un gruppo di Lie di dimensione n2 .
Nello stesso modo si definisce il gruppo Gl(n, C), formato dalle matrici n × n invertibili
a coefficienti complessi. Gl(n, C) è un gruppo di Lie di dimensione 2n2 , ed è un aperto in
gl(n, C), lo spazio vettoriale delle matrici n × n a coefficienti complessi.
Ogni elemento g ∈ G definisce un’operazione di trasporto sinistro
Lg : G → G,
Lg (h) = gh
Rg : G → G,
Rg (h) = hg.
e una di trasporto destro
Si hanno le ovvie relazioni
Lg1 ◦ Lg2 = Lg1 g2 ,
Rg1 ◦ Rg2 = Rg2 g1 ,
Le = Re = idG ,
Lg1 ◦ Rg2 = Rg2 ◦ Lg1 .
Per ogni g ∈ G le applicazioni Lg ed Rg sono diffeomorfismi, e vale
Lg−1 = (Lg )−1 ,
Rg−1 = (Rg )−1 .
I differenziali (Lg )∗ ed (Rg )∗ agiscono sui campi vettoriali su G.
Definizione 1.4. Un campo vettoriale X su G è detto invariante a sinistra se (Lg )∗ X = X
per ogni g ∈ G; invariante a destra se (Rg )∗ X = X (scrivendo esplicitamente la dipendenza
dal posto, si ha rispettivamente (Lg )∗ X(h) = X(gh) e (Rg )∗ X(h) = X(hg)).
Esercizio 1.5. Consideriamo ancora su Gl(n, R) il sistema di coordinate “tautologico” {xi j }
2
a valori in Rn , che ad ogni matrice M associa i suoi n2 coefficienti, M 7→ {M ij }. Dimostrare
che i campi vettoriali
∂
X ij (M ) = M kj
∂xki
sono invarianti a sinistra.
Sottogruppi. Sia G un gruppo di Lie. Un sottogruppo H di G (in senso algebrico) è un
sottogruppo di Lie di G se l’inclusione H ,→ G realizza H come sottovarietà di G.1,2
Esempio 1.6. I seguenti sono sottogruppi di Lie di Gl(n, R):3
(i) O(n, R) = matrici reali n × n che sono ortogonali, ovvero verificano R R̃ = In , essendo R̃
la matrice trasposta di R, e In la matrice identità n × n. O(n, R) è il sottogruppo di Gl(n, R)
1Siano V , W varietà differenziabili, e sia ι : V → W un’applicazione differenziabile iniettiva. Diciamo che
la coppia (V, ι) è una sottovarietà di W se l’applicazione lineare (ι∗ )x : Tx V → Tι(x) W è iniettiva. Per esempi
e controesempi si veda W. Boothby, An introduction to Riemannian Geometry.
2Nel seguito, qualora ciò non dia adito a confusione, diremo spesso “sottogruppo” intendendo “sottogruppo
di Lie”.
3La dimostrazione che i seguenti esempi siano effettivamente dei sottogruppi di Lie di Gl(n, R) verrà data
più avanti.
I.3
che preserva il prodotto scalare canonico di Rn : si ha Ru · Rv = u · v per ogni u, v ∈ Rn se e
solo se R ∈ O(n, R).
(ii) SO(n, R) = matrici in O(n, R) aventi determinante uguale a 1;
(iii) Sl(n, R) = matrici in Gl(n, R) aventi determinante uguale a 1;
(iv) le matrici reali n × n triangolari superiori (inferiori) invertibili.
Dato un gruppo di Lie G, ed un sottogruppo algebrico H di G, si pone in generale la
questione se H possa essere realizzato come sottogruppo di Lie di G. In altri termini, ci
chiediamo se sia possibile mettere su H una struttura differenziabile in modo che H sia un
gruppo di Lie, e l’immersione H ,→ G sia differenziabile. La risposta è sempre affermativa
quando H è un sottoinsieme chiuso di G. Ciò è espresso dal seguente risultato, che enunciamo
senza dimostrazione (cf. Warner, Foundations of differentiable manifolds and Lie groups).
Proposizione 1.7. Sia H un sottogruppo algebrico di un gruppo di Lie G. Se H è chiuso in
G, esiste su H un’unica struttura differenziabile che rende H un sottogruppo di Lie di G.
2. Algebre di Lie
Un’algebra di Lie è un’algebra a su R, in generale non associativa, non necessariamente di
dimensione finita, tale che, denotando [α, β] il prodotto nell’algebra, questo verifica le seguenti
condizioni:
(i) antisimmetria: [α, β] = −[β, α] per ogni α, β ∈ a;
(ii) identità di Jacobi:
[α, [β, γ]] + [γ, [α, β]] + [β, [γ, α]] = 0
per ogni α, β, γ ∈ a .
L’operazione bilineare [· , ·] è detta commutatore o parentesi di Lie.
Esempio 2.1. Ogni spazio vettoriale, dotato della parentesi di Lie banale [α, β] = 0, è un’algebra di Lie (detta abeliana).
Esempio 2.2. Lo spazio vettoriale X(V ) dei campi vettoriali su una varietà differenziabile V ,
con la parentesi di Lie data dal commutatore dei campi vettoriali visti come derivazioni,
[X, Y ](f ) = X(Y (f )) − Y (X(f )) ,
è un’algebra di Lie infinito-dimensionale (f è una qualunque funzione differenziabile).
Esempio 2.3. Sia {e1 , e2 , e3 } la base canonica di R3 . Stabiliamo un isomorfismo di spazi
vettoriali Λ2 R3 → R3 ponendo
e1 ∧ e2 7→ e3 ,
e2 ∧ e3 7→ e1 ,
e3 ∧ e1 7→ e2 .
Via quest’isomorfismo il prodotto wedge di elementi di R3 induce un prodotto bilineare
R3 ⊗ R3 → R3 , usualmente detto prodotto vettore, che denoteremo con lo stesso simbolo
del prodotto wedge. Il prodotto vettore è evidentemente antisimmetrico, ed inoltre vale
(2)
(u ∧ v) ∧ w + (w ∧ u) ∧ v + (v ∧ w) ∧ u = 0 ,
I.4
come è facile dimostrare prendendo come u, v, w gli elementi della base canonica. Con questo
prodotto R3 diventa un’algebra di Lie (in particolare la proprietà (2) è l’identità di Jacobi),
che denoteremo r.
Esempio 2.4. Denotiamo (x1 , . . . , xn , y1 , . . . , yn ) le coordinate canoniche di R2n . Sullo spazio
vettoriale F(R2n ) delle funzioni C ∞ su R2n definiamo le parentesi di Poisson
∂f ∂g
∂g ∂f
{f, g} =
− i
.
i
∂x ∂yi ∂x ∂yi
La proprietà di antisimmetria {f, g} = −{g, h} è evidente, mentre la verifica dell’identità di
Jacobi richiede un calcolo un poco laborioso. F(R2n ) con le parentesi di Poisson è un’algebra
di Lie infinito-dimensionale.
Esempio 2.5. Lo spazio gl(n, R) delle matrici n × n reali, con la parentesi di Lie data dal
commutatore
[A, B] = AB − BA,
è un algebra di Lie. gl(n, R) ammette svariati sottospazi vettoriali che sono chiusi rispetto
alla parentesi di Lie (ovvero, detto b un tale sottospazio, [b, b] ⊂ b. Questi sottospazi sono
allora delle sottoalgebre). Ad esempio:
(i) o(n, R) = {matrici n × n antisimmetriche}
(ii) sl(n, R) = {matrici n × n aventi traccia nulla}
(iii) le matrici n × n reali triangolari superiori (inferiori).
Definizione 2.6. Siano a, b algebre di Lie. Un omomorfismo φ : a → b è un’applicazione
lineare tale che [φ(α), φ(β)] = φ([α, β]).
Se φ è bigettivo, viene detto isomorfismo di algebre di Lie.
Esercizio 2.7. Mostrare che l’applicazione
r → o(3, R),


0
c −b
1
a e1 + b e2 + c e3 7→
−c 0
a
2
b −a 0
stabilisce un isomorfismo di algebre di Lie.
Esercizio 2.8. Con riferimento agli Esempi 2.2 e 2.4, mostrare che l’applicazione lineare
∂f ∂
∂f ∂
F(R2n ) → X(R2n ),
f 7→
−
i
∂x ∂yi ∂yi ∂xi
è un omomorfismo di algebre di Lie.
3. Algebra di Lie di un gruppo di Lie
Vogliamo vedere come ad ogni gruppo di Lie G si possa associare una algebra di Lie che in
qualche modo rappresenta la struttura di G in maniera infinitesima. Facciamo una premessa
introducendo la nozione di campi vettoriali correlati. Data un’applicazione differenziabile
φ : V → W , un campo vettoriale X su V e un campo vettoriale Y su W , diciamo che X e Y
sono φ-correlati se φ∗ X(p) = Yφ(p) per ogni p ∈ V . Sotto questa ipotesi si ha
I.5
Lemma 3.1. Se {ψt } è il flusso di X, e χt il flusso di Y , si ha φ ◦ ψt = χt ◦ φ.
Dimostrazione. Per ogni x ∈ V il campo vettoriale Y è tangente sia alla curva χt ◦ φ sia alla
curva φ ◦ ψt , e per l’unicità del flusso locale dei campi vettoriali si ha la tesi.
Lemma 3.2. Se X1 , Y1 sono φ-correlati, e X2 , Y2 sono φ-correlati, allora [X1 , X2 ] e [Y1 , Y2 ]
sono φ-correlati.
Dimostrazione. Faremo uso dell’identità
dω(X, Y ) = X(< Y, ω >) − Y (< X, ω >)− < [X, Y ], ω >
valida per ogni 1-forma differenziale ω ed ogni coppia di campi vettoriali X, Y . Data una
funzione f su W , si ha la catena di uguaglianze
φ∗ ([X1 , X2 ])(f ) =< [X1 , X2 ], dφ∗ (f ) >
= X1 (< X2 , dφ∗ (f ) >) − X2 (< X1 , dφ∗ (f ) >)
= X1 (φ∗ (< φ∗ (X2 ), df >)) − X2 (φ∗ (< φ∗ (X1 ), df >))
= φ∗ (X1 )(< φ∗ (X2 ), df >) − φ∗ (X2 )(< φ∗ (X1 ), df >)
= [Y1 , Y2 ](f ) .
Dire che X è campo vettoriale invariante a sinistra su un gruppo di Lie equivale a dire che
X è Lg -correlato a se stesso per ogni g ∈ G. Dal Lemma 3.2 segue che il commutatore di due
campi vettoriali invarianti a sinistra è anch’esso invariante a sinistra. Lo spazio vettoriale dei
campi vettoriali invarianti a sinistra pertanto è chiuso rispetto al commutatore, e con esso
costituisce un’algebra di Lie g, detta l’algebra di Lie di G.
Esempio 3.3. Dalla definizione T n = Rn /Zn segue che sull’aperto denso U del toro T n ,
corrispondente alla cella fondamentale del reticolo Zn , sono definite coordinate {x1 , . . . , xn }
indotte dalle coordinate canoniche di Rn . In queste coordinate il prodotto gruppale è rappresentato dall’addizione delle coordinate. In campi vettoriali invarianti a sinistra sono i campi
vettoriali che in queste coordinate hanno componenti costanti (è sufficiente verificare questo
su U perché quest’ultimo è denso). Tali campi commutano fra di loro, e pertanto l’algebra di
Lie di T n è isomorfa a Rn con la parentesi di Lie banale.
Per uso futuro notiamo che se le componenti di un campo vettoriale invariante a sinistra
P
X sono linearmente indipendenti su Z (ovvero se i mi X i = 0 con mi ∈ Z implica X i = 0)
allora la curva integrale γ X di X è densa in T n . Se n = 2 e γ X non è densa, allora è chiusa
(per n = 2 il fatto che le componenti di X siano linearmente indipendenti su Z significa che
X 1 , X 2 6= 0 e X 1 /X 2 è irrazionale).
L’esistenza di campi vettoriali invarianti a sinistra su ogni gruppo di Lie G (cioè la non
banalità della corrispondente algebra di Lie g) segue dal fatto che g si può identificare, come
spazio vettoriale, con lo spazio tangente Te G.
I.6
Proposizione 3.4. L’applicazione lineare
g → Te G
X 7→ X(e)
è un isomorfismo.
Dimostrazione. L’applicazione sopra definita è lineare e surgettiva; infatti, se Y ∈ Te G, la
condizione X(g) = (Lg )∗ Y definisce un campo vettoriale invariante a sinistra. Rimane da
dimostrare che se X(e) = 0, allora X è il campo vettoriale nullo. Ciò segue da X(g) =
(Lg )∗ X(e).
Come prima conseguenza abbiamo che dim g = dim G.4
Esempio 3.5. Da quanto detto segue che un campo vettoriale invariante a sinistra non nullo
non si annulla in alcun punto. Dalla topologia differenziale sappiamo che un campo vettoriale
sulla sfera S 2 si annulla almeno in due punti. Pertanto S 2 non ammette alcuna struttura di
gruppo di Lie. Dal precedente teorema segue anche che su un gruppo di Lie G di dimensione
n siano sempre definiti n campi vettoriali linearmente indipendenti in ogni punto, cosicché il
fibrato tangente T G è sempre banale. Ciò implica per esempio che l’unica varietà differenziabile bidimensionale, orientabile, compatta e connessa che ammetta una struttura di gruppo
di Lie è il toro T 2 .
Applicazione esponenziale. L’algebra di Lie g di un gruppo di Lie G “approssima” il gruppo
in un intorno dell’identità. Questa affermazione euristica si può rendere precisa in termini
della cosiddetta applicazione esponenziale.
Lemma 3.6. Ogni campo vettoriale invariante a sinistra su G è completo.
(Ricordiamo che un campo vettoriale su una varietà differenziabile V è completo se le sue
curve integrali sono definite per ogni valore del loro argomento. In tal caso la famiglia delle
curve integrali costituisce un gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di V .)
Dimostrazione. Sia X un campo vettoriale invariante a sinistra. Se γ : (−, ) → G è una
curva integrale di X per e, allora Lg ◦ γ è una curva integrale di X per g. È cosı̀ sufficiente
considerare il caso di curve per e. È inoltre sufficiente dimostrare che se γ è definita per due
valori s e t del parametro, è definita anche in s + t. Si ponga γ̃(t) = γ(s)γ(t) (dove γ(s) e
4Seguendo una convenzione ormai del tutto consolidata, abbiamo definito l’algebra di Lie di un gruppo di
Lie come l’algebra dei campi vettoriali invarianti a sinistra. Si potrebbe nello stesso modo considerare l’algebra
gr dei campi vettoriali invarianti a destra. Anche gr risulta isomorfa allo spazio tangente Te G, e pertanto si
∼ gr . Le due strutture di algebra sono però diverse; detto [ , ]r il
ha un isomorfismo di spazi vettoriali φ : g →
commutatore in gr , si ha φ([α, β]) = −[φ(α), φ(β)]r (le due algebre di Lie sono anti-isomorfe).
I.7
γ(t) sono moltiplicate mediante il prodotto gruppale). Allora in coordinate locali si ha
∂ ∂ d k
d k
x ◦ γ̃(t)
=
x ◦ Lγ(s) ◦ (γ(t))
dt
∂xk γ̃(t) dt
∂xk γ̃(t)
"
#
∂ d k
= (Lγ(s) )∗
x ◦ γ(t)
dt
∂xk γ̃(t)
= (Lγ(s) )∗ X(γ(t))
= X(γ(s)γ(t)) = X(γ̃(t)) .
Pertanto γ̃ soddisfa l’equazione delle curve integrali di X. Per il risultato di unicità, γ è
definita in s + t, e vale γ(s + t) = γ̃(t) = γ(s)γ(t).
Per ogni X ∈ g sia γ X la curva integrale di X per e. L’applicazione esponenziale exp : g → G
è definita dalla condizione
exp X = γ X (1) .
Lemma 3.7. Per ogni campo vettoriale invariante a sinistra X vale γ tX (s) = γ X (ts).
Dimostrazione. In coordinate locali vale
d i
x ◦ γ tX (s) = tX i (γ tX (s))
ds
d i
x ◦ γ X (ts) = tX i (γ X (ts))
ds
per cui le curve γ tX (s) e γ̄(s) = γ X (ts) verificano la stessa equazione differenziale. Essendo
inoltre γ tX (0) = γ̄(0), per il teorema di unicità esse coincidono.
Cosı̀ exp(tX) = γ tX (1) = γ X (t), e {exp tX}t∈R si può identificare con il gruppo ad un
parametro di diffeomorfismi generato da X. Più precisamente,
Proposizione 3.8. Il gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di G generato da X è dato
da ψt (g) = g exp(tX) = Rexp(tX) (g).
Siano G, H gruppi di Lie e g, h le corrispondenti algebre di Lie, e sia φ : G → H un
omomorfismo di gruppi di Lie. Ricordando che un campo vettoriale invariante a sinistra è
determinato dal sua valore nell’identità, ed essendo φ(eG ) = eH , definiamo un’applicazione
lineare φ∗ : g → h ponendo Y (eH ) = φ∗ (X(eG )). Da ciò segue che X e Y sono φ-correlati.5
Pertanto vale
[φ∗ (X1 ), φ∗ (X2 )] = φ∗ ([X1 , X2 ]),
e φ∗ : g → h è un omomorfismo di algebre di Lie. In particolare, se G e H sono isomorfi, anche
le loro algebre lo sono. Il risultato inverso non è vero: per esempio, Rn e T n hanno la stessa
algebra di Lie (Rn con la parentesi di Lie banale), ma non sono evidentemente isomorfi.6
5Si ha infatti per definizione
φ∗ X(g) = (Lφ(g) )∗ Y (eH ) = Y (φ(g)) .
6In realtà si dimostra che due gruppi di Lie connessi e semplicemente connessi le cui algebre di Lie sono
isomorfe sono essi stessi isomorfi (Warner, op. cit.).
I.8
Proposizione 3.9. Sia φ : G → H un omomorfismo di gruppi di Lie. Il seguente diagramma
è commutativo
φ
G −−−−→
x

exp
H
x
exp

φ∗
g −−−−→ h
Dimostrazione. Sia X ∈ g, e siano {ψt }, {χt } i flussi di X e φ∗ X. Dal Lemma 3.1 sappiamo
che χt ◦ φ = φ ◦ ψt . Inoltre per la Proposizione 3.8 per ogni h ∈ H abbiamo
φ ◦ ψt (h) = φ(h exp tX) = φ(h)φ(exp tX)
χt ◦ φ(h) = φ(h) exp(tφ∗ (X))
da cui la tesi.
Proposizione 3.10. Sia G un gruppo di Lie. Esiste un intorno aperto U di 0 in g tale che
exp stabilisce un diffeomorfismo di U con un intorno aperto di e ∈ G.
Dimostrazione. Essendo exp(0) = e, ed identificando7 lo spazio tangente T0 g con g, in base
al teorema della funzione inversa8 è sufficiente mostrare che il differenziale (exp∗ )0 : g → Te G
è un isomorfismo. Dalla definizione di differenziale si ha
d X
d
=
= X(e) ;
exp(tX)
γ (t)
(exp∗ )0 (X) =
dt
dt
t=0
t=0
pertanto, identificando g con Te G, l’applicazione (exp∗ )0 è l’identità.
Corollario 3.11. Se G è un sottogruppo di un gruppo di Lie H, il differenziale dell’applicazione di inclusione ι : G → H induce un omomorfismo iniettivo di algebre di Lie ι∗ : g →
h.
Dimostrazione. Sia U l’intorno aperto di 0 ∈ g di cui alla Proposizione 3.10. Per ogni X ∈ g
esiste un numero reale non nullo α tale che αX ∈ U . Se ι∗ (X) = 0 allora ι∗ (αX) = 0. La
Proposizione 3.9 e il fatto che ι sia iniettivo implicano la tesi.
Esercizio 3.12. Siano X, Y campi vettoriali su una varietà differenziabile V , e siano {ψt },
{χs } i corrispondenti flussi. Dimostrare che [X, Y ] = 0 se e solo se χs ◦ ψt = ψt ◦ χs .
Esempio 3.13. Sia G un gruppo di Lie abeliano, ovvero, gh = hg per ogni g, h ∈ G. Allora
l’algebra di Lie g è abeliana, [X, Y ] = 0 per ogni X, Y ∈ g. Infatti, essendo g exp(tX) exp(sY )
= g exp(sY ) exp(tX), detti {ψt } e {χs } i flussi di X ed Y rispettivamente, si ha ψt ◦χs = χs ◦ψt .
Ma allora [X, Y ] = 0.
7Per ogni spazio vettoriale E vi è una identificazione canonica E →
∼ T0 E data da u 7→ [tu].
8cfr. Boothby, op. cit.
I.9
4. Il gruppo generale lineare
Abbiamo già visto che Gl(n, R) è un gruppo di Lie. Identifichiamo adesso la sua algebra di
Lie. Ricordiamo che se A ∈ gl(n, R), allora
det(I + tA) = 1 + t tr A + O(t2 ) .
Se B ∈ Gl(n, R), A ∈ gl(n, R) e t è un numero reale sufficientemente piccolo, allora B + tA ∈
Gl(n, R); infatti
(3)
det(B + t A) = det B det(I + t B −1 A) = det B 1 + t tr(B −1 A) + O(t2 ) ;
essendo det B 6= 0, se t è sufficientemente piccolo, allora det(B + tA) 6= 0. Pertanto lo spazio
tangente TB Gl(n, R) si identifica con lo spazio vettoriale gl(n, R).
Fissiamo in particolare B = I. Se {xi j } è il sistema di coordinate “tautologico” preceden∼ TI Gl(n, R) è data da
temente introdotto, l’identificazione gl(n, R) →
A 7→ A
i
j
∂
∂xi j
!
.
I
Se A ∈ gl(n, R), sia XA il campo vettoriale invariante a sinistra ad esso associato. Essendo
LB (B 0 ) = BB 0 si ha (cf. Esercizio 1.5)
"
XA (B) = (LB )∗ Ai j
∂
∂xi j
! #
= (BA)
I
i
j
∂
∂xi j
!
.
B
Prendendo il commutatore di due campi
vettoriali invarianti a sinistra in un punto B ∈
Gl(n, R) si ottiene (ricordando che
∂
∂xi j
B kh = δik δhj )
B
"
#
k
0 )k
∂(BA
∂(BA)
∂
i
0 i
h
h
[XA , XA0 ]B = (BA) j
− (BA ) j
∂xi j
∂xi j
∂xkh B
h
i ∂ j
k
m 0j
k
0m
= B mA j A h − B mA hA j
∂xkh B
∂
j
m
= B km [Amj A0 h − A0 j Ajh ]
= X[A,A0 ] (B) .
∂xkh B
Da ciò si deduce che anche come algebra di Lie l’algebra di Lie di Gl(n, R) è isomorfa a
gl(n, R). Nello stesso modo l’algebra di Lie di Gl(n, C) si può identificare con gl(n, C).
L’applicazione esponenziale di Gl(n, R). Nelle solite coordinate l’equazione differenziale
soddisfatta dalle curve integrali γ XA di un campo vettoriale invariante a sinistra XA (dove
A ∈ gl(n, R)) si scrive
d
B(t) = B(t) A .
dt
I.10
Questa ha soluzione B(t) = eAt , essendo l’esponenziale di matrici definito da9
(4)
A
e =
∞
X
Ak
k=0
k!
.
(Si noti che correttamente B(0) = I.) Per unicità del flusso locale, l’applicazione A 7→ eA
non è altro che la rappresentazione in coordinate dell’applicazione exp : gl(n, R) → Gl(n, R).
Una manipolazione formale della (4) permette di dimostrare il seguente risultato.
Proposizione 4.1. Se A, B ∈ gl(n, R) commutano, vale eA eB = eA+B .
Proposizione 4.2. Se A ∈ gl(n, R), vale det eA = etr A .
Dimostrazione. È sufficiente mostrare il risultato nel caso dell’applicazione esponenziale exp :
gl(n, C) → Gl(n, C), che nelle ovvie coordinate ammette anch’essa la rappresentazione (4). In
questo caso possiamo usare il fatto che l’insieme ∆n ⊂ gl(n, C) delle matrici diagonalizzabili
è denso in gl(n, C). Basta allora dimostrare la formula per A ∈ ∆n . D’altra parte se Q ∈
−1
Gl(n, C) si ha QeA Q−1 = eQAQ , e possiamo assumere che A sia diagonale. In questo caso
la formula è evidente.10
La precedente Proposizione mostra che exp : gl(n, R) → Gl(n, R) prende valori in Gl+ (n, R),
il sottogruppo di Gl(n, R) formato dalle matrici aventi determinante positivo (vedremo infatti più avanti che GL+ (n, R) è la componente connessa di Gl(n, R) che contiene l’identità.
Essendo exp continua, ed exp(0) = I, è ovvio che exp prenda valori in GL+ (n, R)).
Sia S(n) lo spazio vettoriale delle matrici n × n reali simmetriche, e S + (n) il sottoinsieme
delle matrici simmetriche definite positive. S + (n) è aperto in S(n), e pertanto ha una struttura di varietà differenziabile. La matrice identità In sta in S + (n), e si ha un’identificazione
TIn S + (n) ' S(n).
Proposizione 4.3. La restrizione di exp : gl(n, R) → Gl(n, R) a S(n) stabilisce un diffeomorfismo exp : S(n) → S + (n).
Dimostrazione. Nuovamente con un argomento di diagonalizzazione ci si può ridurre a dimostrare i seguenti fatti: (i) Se exp(A) = exp(B) è una matrice diagonale, allora A = B; (ii)
se B è una matrice diagonale definita positiva, allora esiste una matrice diagonale A tale che
B = exp(A). Entrame le affermazioni si provano applicando la funzione log.
Una parentesi: summersioni e sottovarietà regolarmente immerse. Data una sottovarietà
V di una varietà differenziabile W , l’insieme V ha a priori due distinte topologie: una come
varietà differenziabile, ed una come sottoinsieme di W (la cosiddetta topologia relativa, i
cui aperti sono le intersezioni di V con gli aperti di W ). In generale le due topologie sono
i
9Nell’algebra gl(n, R) possiamo mettere la norma kAk = P
i,j=1,...,n |A j |. Si vede allora che la serie nel
membro di destra della seguente formula è assolutamente convergente, e definisce un’applicazione C ∞ da
gl(n, R) in gl(n, R).
10Si può dimostrare lo stesso risultato mediante la Proposizione 3.9, prendendo G = Gl(n, R), H = R∗ ,
φ = det (e quindi φ∗ = tr).
I.11
diverse. Si consideri per esempio la realizzazione di R+ (numeri reali strettamente positivi)
come sottovarietà di R2 data dalla curva ottenuta raccordando le prescrizioni
(
x(t) = t, y(t) = sin 1t
se t ∈ (0, 1]
x(t) = 0, y(t) = 3 − t
se t ∈ [2, +∞)
con una qualunque prescrizione per t ∈ [1, 2] che produca una immersione C ∞ . Un intervallo
della curva dato da t1 < 3 < t2 è aperto nell’usuale topologia di R+ mentre non è aperto nella
topologia relativa di R+ come sottoinsieme di R2 , in quanto ogni suo intorno in R2 contiene
anche un altro tratto di curva.
Definizione 4.4. Una sottovarietà regolarmente immersa è una sottovarietà tale che la sua
topologia come varietà differenziabile e la topologia relativa coincidono.
Per esempio una sfera in Rn è una sottovarietà regolarmente immersa.
Un utile criterio per decidere se una sottovarietà è regolarmente immersa è dato dalla
nozione di summersione.
Definizione 4.5. Sia f : V → W un’applicazione differenziabile fra varietà differenziabili.
Diciamo che f è una summersione se f è surgettiva e il differenziale f∗ : Tx V → Tf (x) W è
surgettivo per ogni x ∈ V .
In tale situazione, dato y ∈ W , definiamo Sy = f −1 (y). Vale il seguente risultato, che non
proviamo (per una dimostrazione si veda Warner, op. cit. o Boothby, op. cit.).
Proposizione 4.6. Sy è una sottovarietà regolarmente immersa di V . Inoltre, Tx Sy =
ker(f∗ )x per ogni x ∈ Sy .
(Si noti che f manda tutta la varietà Sy nel punto y, per cui ogni curva in Sy viene mandata
in una curva costante in W , il che implica l’isomorfismo Tx Sy = ker(f∗ )x ).
Il gruppo speciale lineare. Ricordiamo che il gruppo speciale lineare di ordine n, denotato
Sl(n, R), è il sottogruppo di Gl(n, R) formato da matrici avente determinante pari a uno.
Lemma 4.7. L’applicazione
F : Gl(n, R) → R∗
A 7→ det A
è una summersione. Inoltre, (FB )∗ (A) = (det B) tr(B −1 A).
Dimostrazione. F è evidentemente C ∞ e surgettiva. Calcoliamo il suo differenziale: usando
l’equazione (3) si ha
d
(F∗ )B (A) =
det (B + t A)
dt
t=0
d
−1
= det B
det (I + t B A)
= det B tr(B −1 A) .
dt
t=0
α
(F∗ )B è surgettivo per ogni B, come segue dall’identità (F∗ )B n det
B
= α valida per ogni
B
α ∈ R. Quindi F è una summersione.
I.12
Di conseguenza, Sl(n, R) = F −1 (1) è una sottovarietà regolarmente immersa di Gl(n, R),
ed è un gruppo di Lie di dimensione n2 − 1. Il suo spazio tangente nell’identità (e quindi la
sua algebra di Lie sl(n, R)) si identifica con lo spazio delle matrici reali n × n a traccia nulla,
ker(F∗ )I = {A ∈ gl(n, R) | tr A = 0}.
Si noti che, coerentemente con la Proposizione 4.2, si ha exp tA ∈ Sl(n, R) per ogni t ∈ R se
e solo se tr A = 0.
I gruppi ortogonali. Il gruppo ortogonale di ordine n, denotato O(n, R), è il sottogruppo di
Gl(n, R) le cui matrici R verificano la condizione RR̃ = I, essendo R̃ la matrice trasposta di
R. Ricordiamo che S + (n) denota l’insieme delle matrici n × n simmetriche definite positive.
Lemma 4.8. L’applicazione
F : Gl(n, R) → S + (n)
A 7→ AÃ
è una summersione.
Dimostrazione. Dimostriamo che F è surgettiva. Sia B ∈ S + (n). Essendo B simmetrica esiste
una matrice ortogonale Q tale che QB Q̃ sia diagonale, QB Q̃ = diag(λ1√
, . . . , λn ). Essendo
√
√
B √
definita positiva i λi sono positivi. Posto C = diag( λ1 , . . . , λn ) e B = Q̃CQ, si ha
F ( B) = B. Calcoliamo l’applicazione (FB )∗ : gl(n, R) → S(n):
d
(FB )∗ (A) =
(B + t A)(B̃ + t Ã)
= B Ã + AB̃ .
dt
t=0
(FB )∗ è surgettivo: se C ∈ S(n) allora (FB )∗ ( 12 C B̃ −1 ) = C.
Quindi O(n, R) = F −1 (I) è una sottovarietà regolarmente immersa di Gl(n, R) di dimensione dim O(n, R) = dim Gl(n, R) − dim S(n) = n2 − 21 n(n + 1) = 12 n(n − 1), ed è un gruppo di
Lie. Poiché (FI )∗ (B) = 0 se e solo se B + B̃ = 0, l’algebra di Lie di O(n, R) è l’algebra o(n, R)
delle matrici n × n reali antisimmetriche. Essendo det O(n, R) = {±1}, O(n, R) è sconnesso.
Proposizione 4.9. O(n, R) è compatto.
Dimostrazione. Poiché ogni matrice ortogonale è invertibile, O(n, R) è anche l’immagine
inversa di I rispetto all’applicazione
gl(n, R) → S + (n),
A 7→ AÃ;
2
pertanto O(n, R) è chiuso in gl(n, R) ' Rn . La condizione RR̃ = I implica
X
(Ri j )2 = n .
i,j=1,...,n
2
Cosı̀ O(n, R) è un sottoinsieme chiuso e limitato di Rn , ed è compatto nella sua topologia relativa come sottoinsieme di gl(n, R). Essendo Gl(n, R) aperto in gl(n, R), O(n, R) è
una sottovarietà regolarmente immersa di gl(n, R), ed è quindi compatto nella sua topologia
originaria.
I.13
Definiamo il gruppo speciale ortogonale di ordine n come
SO(n, R) = {R ∈ O(n, R) | det R = 1}.
Sia det : O(n, R) → {±1} la restrizione dell’applicazione determinante a O(n, R). Gli insiemi
SO(n, R) = det−1 (1) e O(n, R)\SO(n, R) = det−1 (−1) sono entrambi chiusi, quindi SO(n, R) è
aperto e chiuso in O(n, R), ed è allora formato dall’unione di componenti connesse di O(n, R);
in particolare, essendo un aperto, è un gruppo di Lie; essendo chiuso, è compatto. Sia P
la matrice P = diag(−1, 1, . . . , 1). La moltiplicazione per P definisce un omeomorfismo
SO(n, R) → O(n, R) \ SO(n, R).
Proposizione 4.10. SO(n, R) è connesso.
Dimostrazione. Una possibile dimostrazione consiste nel considerare l’immersione ι : SO(n, R)
→ SO(n + 1, R) data da
1 0
R 7→
.
0 R
Questa permette di definire il quoziente SO(n + 1, R)/ SO(n, R) come l’insieme delle classi di
equivalenza della relazione in SO(n + 1, R)
S1 ∼ S2
se
S1 = S2 ι(R)
per un R ∈ SO(n, R) .
Nel prossimo Lemma viene mostrato che il quoziente, con la topologia quoziente, è omeomorfo
alla sfera S n ,
(5)
SO(n + 1, R)/ SO(n, R) ' S n .
Ciò permette di dimostrare la tesi per induzione: SO(1, R) = {1} è connesso, e dalla (5),
essendo S n connesso, segue che se SO(n, R) è connesso, anche SO(n + 1, R) lo è.
In generale, dato un gruppo di Lie G ed un suo sottogruppo H, possiamo considerare in
G la relazione di equivalenza g1 ∼ g2 se g1 = g2 h con h ∈ H; denotiamo G/H il quoziente.
Ogni elemento di G/H rappresenta un sottoinsieme di G, la sua classe di equivalenza. Tale
sottoinsieme è detto un laterale (sinistro). Il laterale sinistro che contiene g ∈ G è usualmente
denotato gH.
Lemma 4.11. SO(n + 1, R)/ SO(n, R) ' S n .
Dimostrazione. Scriviamo un elemento di SO(n + 1, R) come
a x̃
M=
y R
dove a è un numero reale, x, y sono vettori colonna con n elementi, e R è una matrice n × n.
La condizione M̃ M = I si scrive11
(6)
a2 + ỹy = 1,
ax + R̃y = 0,
R̃R + xx̃ = I .
11Si noti che il prodotto di un vettore riga per un vettore colonna è un numero reale, mentre il prodotto di
un vettore colonna per un vettore riga è una matrice quadrata.
I.14
Inoltre M ι(S) si scrive
a x̃
1 0
a x̃S
M ι(S) =
=
.
y R
0 S
y RS
Due elementi M1 , M2 ∈ SO(n + 1, R) sono in relazione se
(7)
a1 = a2 ,
y1 = y2 ,
x̃1 S = x̃2 ,
R1 S = R2 .
Il quoziente SO(n + 1, R)/ SO(n, R) è parametrizzato dalle quantità a, y, soggette al vincolo
espresso dalla prima delle relazioni (6): infatti, due elementi M1 , M2 ∈ SO(n + 1, R) tali
che a1 6= a2 o y1 6= y2 corrispondono a diversi elementi del quoziente, mentre se a1 = a2
e y1 = y2 allora M1 ∼ M2 con S = R1−1 R2 (si noti che la terza delle (7) segue dalle (6)).
Insiemisticamente il quoziente è isomorfo alla sfera S n .
Fissiamo in S n la sua topologia usuale. Essendo SO(n+1, R) una sottovarietà regolarmente
immersa di gl(n + 1, R), la sua topologia ammette una base formata dalle intersezioni di
SO(n + 1, R) con gli aperti del tipo aij < Mij < bij , essendo Mij gli elementi di matrice di un
elemento M ∈ SO(n + 1, R), e aij , bij numeri reali. Tali aperti vengono proiettati su aperti di
S n , e di conseguenza la proiezione SO(n + 1, R) → S n è aperta. Per noti risultati di topologia
generale12 ciò implica che la topologia di S n coincida con la topologia quoziente.
Corollario 4.12. O(n, R) è formato da due componenti connesse.
L’algebra di Lie di SO(n, R) è una sottoalgebra di o(n, R), ma ha la stessa dimensione,
quindi coincide con o(n, R). Abbiamo un altro esempio di due gruppi di Lie non isomorfi
aventi algebre di Lie isomorfe. Più generalmente, quando G è un gruppo di Lie non connesso,
con algebra di Lie g, la componente connessa G0 di G che contiene l’identità è un gruppo
di Lie, la cui algebra di Lie è isomorfa a g. Ovviamente l’applicazione esponenziale prende
valori in G0 .
Esercizio 4.13. Sia J la matrice reale 2n × 2n avente la struttura a blocchi n × n
0 I
J=
.
−I 0
Dimostrare che
Sp(2n, R) = {B ∈ gl(2n, R) | B̃JB = J}
è un sottogruppo di Lie di Gl(2n, R) di dimensione 2n2 + n. Esso è detto gruppo simplettico
di ordine n. La sua algebra di Lie è
sp(2n, R) = {A ∈ gl(2n, R) | ÃJ + JA = 0} .
(Cenno: in questo caso si può usare la mappa F : Gl(2n, R) → o(2n, R), B 7→ B̃JB. In
particolare il differenziale (FB )∗ (A) = ÃJB + B̃JA è surgettivo, essendo F∗ (− 12 J B̃ −1 C) =
C.)
Ulteriori proprietà di connessione. Il gruppo Gl(n, R) ed il suo sottogruppo GL+ (n, R)
hanno le stesse proprietà di connessione di O(n, R) ed SO(n, R), ovvero, GL+ (n, R) è connesso,
mentre Gl(n, R) ha due componenti connesse. Queste proprietà si dimostrano mediante la
cosiddetta decomposizione polare (o di Cauchy) delle matrici invertibili.
12Cfr. J. Kelley, General Topology, p. 95.
I.15
Proposizione 4.14. Ogni matrice B ∈ Gl(n, R) si scrive in maniera unica nella forma
B = SR, dove R ∈ O(n, R), e S ∈ S + (n).
Dimostrazione. La matrice B B̃ è simmetrica definita positiva; esiste allora Q ∈ O(n, R) tale
che
QB B̃ Q̃ = diag(λ1 , . . . , λn )
con tutti i λi positivi. Sia
Λ = diag(
p
p
λ1 , . . . , λn ) .
La matrice S = Q̃ΛQ è simmetrica definita positiva. Posto R = S −1 B si ha
R̃R = B̃S −2 B = B̃ Q̃QB̃ −1 B −1 Q̃QB = I .
Ciò mostra l’esistenza della decomposizione. Per dimostrare l’unicità, si supponga che sia
anche B = S 0 R0 . Ciò implica S 2 = S 02 , ed essendo S, S 0 simmetriche definite positive, si ha
S = S 0 , da cui anche R = R0 .
Abbiamo pertanto l’isomorfismo Gl(n, R)/ O(n, R) ' S + (n). Se B = SR con B ∈ GL+ (n, R)
allora det R = 1, per cui si ha un isomorfismo GL+ (n, R)/ SO(n, R) ' S + (n). Quest’ultimo mostra che GL+ (n, R) è connesso. Nuovamente, la moltiplicazione per la matrice
P = diag(−1, 1, . . . , 1) stabilisce un omeomorfismo fra GL+ (n, R) e Gl(n, R) \ GL+ (n, R),
e quindi Gl(n, R) ha due componenti connesse.
Gruppi di matrici a coefficienti complessi. In aggiunta a Gl(n, C), il gruppo delle matrici
complesse n × n invertibili, possiamo considerare svariati altri gruppi di matrici complesse:
Sl(n, C), gruppo delle matrici complesse n×n di determinante uno, di dimensione 2(n2 −1),
con algebra sl(n, C) (matrici complesse n × n a traccia nulla);
O(n, C), gruppo delle matrici complesse n × n ortogonali; ha dimensione n(n − 1), è compatto, e la sua algebra di Lie o(n, C) è formata dalle matrici n × n a coefficienti complessi
antisimmetriche.
U(n) = {U ∈ gl(n, C) | U U † = I}, essendo † l’operazione di aggiunzione; ha dimensione n2 ,
è compatto, e ha algebra di Lie u(n) (matrici n × n complesse A anti-hermitiane, ovvero tali
che A + A† = 0);
SU(n) = {U ∈ U(n) | det U = 1}; ha dimensione n2 − 1, è compatto, e ha algebra di Lie
su(n) (matrici n × n complesse anti-hermitiane a traccia nulla).
Esercizio 4.15. Mostrare che SO(2, R) ' U(1) ' S 1 .
Esempio 4.16. Vogliamo studiare in qualche dettaglio il gruppo SU(2). Poiché le matrici U
in SU(2) sono tutte e sole le matrici complesse 2 × 2 tali che U −1 = U † e det U = 1, si ha la
rappresentazione
a b
(8)
SU(2) ≡ {
| a, b ∈ C, |a|2 + |b|2 = 1}.
−b̄ ā
Pertanto SU(2) è diffeomorfo alla sfera S 3 , ed è connesso, semplicemente connesso e compatto.
Analogamente, essendo l’algebra di Lie su(2) formata dalla matrici anti-hermitiane a traccia
I.16
nulla, si ha la rappresentazione
(9)
su(2) ≡ {
ix1
x2 + ix3
−x2 + ix3
−ix1
Quindi su(2) ha una base formata dalle tre matrici
0 i
0 1
σ1 =
σ2 =
i 0
−1 0
| x1 , x2 , x3 ∈ R}.
σ3 =
i 0
.
0 −i
Queste sono dette matrici di Pauli e svolgono un ruolo fondamentale nel formalismo della
meccanica quantistica.13
Il gruppo SU(2) agisce sullo spazio dei polinomi omogenei di grado due in due variabili a
coefficienti complessi,
P2 = {c0 u2 + c1 uv + c2 v 2 , c0 , c1 , c2 ∈ C} .
u
u
L’azione è data da
→ A
. Un semplice calcolo mostra che quest’azione lascia
v
v
invariante il discriminante dei polinomi, c21 − 4c0 c2 . Se introduciamo nuove variabili
x = −c0 + c2 ,
y = −i(c0 + c2 ),
c0 = − 21 (x − iy),
c1 = z,
z = c1 ,
c2 = 12 (x + iy),
il discriminante si scrive x2 +y 2 +z 2 . Quindi quest’azione di SU(2) preserva la forma quadratica
x2 + y 2 + z 2 ; scrivendo esplicitamente la matrice che rappresenta l’azione di SU(2) sulla terna
x, y, z, si vede che tutti gli elementi di matrice sono reali, ovvero, abbiamo costruito un’applicazione φ : SU(2) → O(3, R). L’applicazione φ è continua (essendo data da polinomi
quadratici negli elementi di matrice di A), ed essendo SU(2) connesso, φ deve avere valori
nella componente connessa con l’identità, ovvero nel gruppo SO(3, R).
L’applicazione φ : SU(2) → SO(3, R) è per costruzione un omomorfismo di gruppi. Mostriamo che questo è surgettivo. Consideriamo le matrici di SU(2), dipendenti da un parametro,


−iγ/2
cos β2 − sin β2
e
0


B(β) = 
,
C(γ)
=
.

0
eiγ/2
β
β
cos 2
sin 2
Le corrispondenti rotazioni di R3 sono
(10)
(11)
φ(B(β)) =


x0

y0


z 0

0


x
φ(C(γ)) = y 0


z 0
= x cos β + z sin β
=y
= −x sin β + z cos β
= x cos γ − y sin γ
= x sin γ + y cos γ
=z
13In realtà, secondo le convenzioni abituali, si dicono matrici di Pauli le matrici iσ .
k
I.17
Queste sono rotazioni rispetto all’asse y e all’asse z di angoli β e γ, rispettivamente. Poiché
ogni rotazione si può ottenere come composizione di tre rotazioni di tale tipo (teorema di
Eulero),14 φ è surgettivo.
Caratterizziamo il nucleo di φ (ovvero il sottogruppo normale φ−1 (I) di SU(2)). Gli elementi A ∈ SU(2) che vi appartengono lasciano invariati i prodotti u2 , uv e v 2 . Usando la
rappresentazione (8) si ottiene A = ±I, ovvero, ker φ ' Z2 . Quindi due elementi di SU(2)
che vengono mandati nella stessa matrice di SO(3, R) differiscono per il segno.15
Determiniamo l’applicazione indotta φ∗ : su(2) → o(3, R) (che sappiamo essere a priori un
omomorfismo di algebre di Lie). Ponendo β = γ = t nelle (10) e (11) e calcolando la derivata
in t = 0 si ottiene che φ∗ (su(2)) contiene le matrici




0 0 1
0 −1 0
 0 0 0 ,
1 0 0  .
(13)
−1 0 0
0 0 0
Anche il commutatore


0 0 0
0 0 1
0 −1 0
(14)
di queste due matrici sta in φ∗ (su(2)). Poiché ogni matrice antisimmetrica 3 × 3 si scrive
come combinazione lineare delle matrici in (13) e (14), φ∗ è surgettivo, ed è pertanto un
isomorfismo. Quindi su(2) ' o(3, R); i gruppi SU(2), SO(3, R) e O(3, R) non sono isomorfi,
ma hanno algebre di Lie isomorfe.
5. Azione di un gruppo di Lie su una varietà
Sia G un gruppo di Lie e V una varietà differenziabile. Un’azione (sinistra) di G su V è
un’applicazione differenziabile ρ : G × V → V tale che
(i) ρ(e, x) = x per ogni x ∈ V ;
(ii) ρ(g, ρ(h, x)) = ρ(gh, x) per ogni g, h ∈ G e x ∈ V .
Posto ρ(g, x) = ρg (x), le due precedenti condizioni si scrivono ρe = idV , ρg ◦ ρh = ρgh .
Per ogni g ∈ G, ρg è un diffeomorfismo di M , avente inverso ρg−1 ; la corrispondenza g 7→
14Questo risultato si usa in Meccanica Razionale per descrivere ogni rotazione in termini dei tre angoli di
Eulero.
15In termini formali, abbiamo verificato che la sequenza
(12)
φ
1 → Z2 → SU(2) → SO(3, R) → 1
è esatta. Notiamo inoltre che A = −B se i punti corrispondenti di S 3 sono antipodali; essendo SO(3, R) '
SU(2)/{I, −I}, il gruppo SO(3, R) è diffeomorfo allo spazio proiettivo P3 (R). Essendo SU(2) semplicemente
connesso, la (12) mostra anche che il gruppo fondamentale π1 (SO(3, R)) di SO(3, R) è Z2 , cosicché SO(3, R)
non è semplicemente connesso. Si noti che essendo
1
HDR
(SO(3, R)) ' π1 (SO(3, R)) ⊗Z R ' Z2 ⊗Z R = 0
il gruppo SO(3, R) fornisce un esempio di varietà differenziabile non semplicemente connessa il cui primo
gruppo di coomologia di de Rham è nullo.
I.18
ρg stabilisce un omomorfismo di gruppi G → Diff(V ), essendo quest’ultimo il gruppo dei
diffeomorfismi di V .
Analogamente si definisce la nozione di azione destra, chiedendo che ρg ◦ ρh = ρhg .
Esempi.
(i) Le traslazioni a sinistra (destra) definiscono un’azione sinistra (destra) di G su se stesso.
(ii) Se X è un campo vettoriale completo su V , il suo flusso definisce un’azione di R su V ,
che è sia destra che sinistra perché R è abeliano. In particolare, dato un gruppo di Lie G, e
fissato X ∈ g, la corrispondenza t 7→ exp(tX) è un’azione di R su G.
(iii) Gl(n, R) ed ogni suo sottogruppo agiscono nel modo ovvio su Rn . Se si rappresentano
i vettori di Rn come vettori colonna (riga), si ha un’azione sinistra (destra).
Definizione 5.1. Un’azione ρ di G su V si dice
(i) transitiva se per ogni x, y ∈ V esiste g ∈ G tale che x = ρg (y);
(ii) effettiva se ρg = idV implica g = e (ovvero, g 7→ ρg è iniettiva);
(iii) libera se per ogni g 6= e, ρg non ha punti fissi (ovvero ρg (x) 6= x per ogni x ∈ V , o
equivalentemente, g 7→ ρg (x) è iniettiva per ogni x ∈ V ).
Si noti che ogni azione libera è effettiva.
Esempi.
(i) Le traslazioni sinistre (o destre) su un gruppo di Lie sono azioni transitive e libere.
(ii) L’azione di R su S 1 data da (t, eiθ ) 7→ ei(t+θ) è transitiva ma non effettiva.
(iii) L’azione naturale di Gl(n, R) su Rn è effettiva, ma non libera né transitiva.
(iv) L’azione naturale di Gl(n, R) su Rn − {0} è effettiva e transitiva ma non libera (per
esempio, una rotazione lascia fissi tutti i punti dell’asse di rotazione).
(v) L’azione naturale di O(n, R) su Rn − {0} è effettiva e libera ma non transitiva (dato
che preserva la norma dei vettori).
Definizione 5.2. Sia ρ un’azione sinistra di G su uno spazio vettoriale E. Se per ogni g ∈ G
ρg : E → E è un’applicazione lineare, si dice che ρ è una rappresentazione di G su E. Quindi,
una rappresentazione di G su E è un omomorfismo G → Aut(E), essendo Aut(E) il gruppo
degli automorfismi di E (applicazioni lineari E → E invertibili).
Esempi.
(i) G = Gl(n, R) (o un suo sottogruppo), E = R, ρM = det M .
(ii) Ogni omomorfismo di gruppi di Lie G → Gl(n, R) è una rappresentazione di G su Rn .
(L’esempio precedente è un caso particolare, con Gl(1, R) ' R∗ ).
(iii) In particolare, l’omomorfismo φ dell’Esempio 4.16 definisce una rappresentazione di
SU(2) su R3 .
Se ρ è un’azione di G su V , e fissiamo un punto x ∈ V , l’insieme Ox = {ρg (x), g ∈ G} è
detto orbita di G per x. Si può dimostrare che ogni orbita Ox è una sottovarietà di V .
I.19
Esercizio 5.3. In generale, Ox non è una sottovarietà regolarmente immersa di V : si discuta
per esempio il caso G = R, V = T 2 , e l’azione è data da un “flusso irrazionale” su T 2
(cfr. Esempio 3.3).
Lo spazio delle orbite è l’insieme quoziente di V rispetto alla relazione di equivalenza
x∼y
se esiste g ∈ G
tale che x = ρg (y) .
Se l’azione ρ è stata fissata, lo spazio delle orbite viene denotato V /G, e denominato quoziente
di V per l’azione di G. In generale V /G non è una varietà (si consideri per esempio l’azione
naturale di SO(2, R) su R2 ). In certi casi d’altra parte ciò avviene, come vediamo nella
seguente Proposizione, che riportiamo senza dimostrazione.
Definizione 5.4. Un’azione ρ di G su V si dice propria se, definita l’applicazione
ρ̃ : G × V → V × V,
(g, x) 7→ (ρg (x), x),
questa è propria in senso topologico, ovvero, ρ̃−1 (K) è compatto per ogni compatto K ⊂
V ×V.
Si verifica facilmente che ogni azione di un gruppo compatto è propria.
Proposizione 5.5. Se il gruppo G agisce su V in maniera propria e libera, il quoziente V /G
ammette una struttura di varietà differenziabile, in modo che
1. V /G è dotato della topologia quoziente;
2. la proiezione V → V /G è differenziabile.
Otteniamo in questo modo un gran numero di esempi di quozienti V /G che sono varietà
differenziabili: è sufficiente prendere per V un gruppo di Lie H, e G come un suo sottogruppo
compatto.
Il gruppo di isotropia Gx di un punto x ∈ V è definito come Gx = {g ∈ G |ρg (x) = x}.
L’insieme Gx è un sottogruppo di Lie di G ed è chiuso in G: infatti Gx = ψx−1 (x), essendo
ψx : G → V l’applicazione ψx (g) = ρg (x). Il gruppo Gx è una sottovarietà regolarmente
immersa di G. Non proveremo quest’ultima affermazione (in realtà si può provare che un
sottogruppo H di un gruppo di Lie G è chiuso in G se e solo se è regolarmente immerso;
cf. Warner, op. cit.).
Esercizio 5.6. Stabilire un isomorfismo di insiemi fra Ox e il quoziente G/Gx (quest’ultimo
quoziente è fatto rispetto all’azione naturale di Gx su G come suo sottogruppo).
Generatori di un’azione. Sia G un gruppo di Lie che agisce su una varietà V . Fissato
X ∈ g, per ogni x ∈ V consideriamo la curva
γ X (t) = ρexp tX (x) = ρ(exp tX, x) .
Al variare di x in V il vettore tangente alla corrispondente famiglia di curve,
d
X ∗ (x) =
ρ(exp tX, x)
,
dt
t=0
I.20
dipende differenziabilmente da x, e definisce un campo vettoriale su V , usualmente denominato campo fondamentale di X. Il vettore X ∗ (x) è tangente all’orbita Ox di G per
x.
Esempi.
(i) Consideriamo l’azione sinistra di un gruppo su se stesso. Vale allora
d
d
∗
(Rg )∗ (X (h)) = (Rg )∗
Lexp tX (h)
Lexp tX (hg)
=
= X ∗ (hg) ,
dt
dt
t=0
t=0
ovvero, i campi fondamentali dell’azione sinistra sono i campi vettoriali invarianti a destra (e
viceversa).
(ii) I campi fondamentali dell’azione di Gl(n, R) su Rn sono
A∗ (x) = Ai k xk
∂
.
∂xi
(iii) Se X è un campo vettoriale completo su V , i campi fondamentali associati all’azione
del flusso di X su V sono tutti multipli di X.
(iv) Sia ρ l’azione di R su Rn data da ρt (x) = et x. Dato T ∈ R (visto come algebra di Lie)
si ha
∂
T ∗ (x) = T xi i .
∂x
Fissata una base {Xi } di g, i corrispondenti campi vettoriali fondamentali Xi∗ su V sono
detti generatori dell’azione.
Esercizio 5.7. Calcolare i generatori delle azioni dei precedenti esempi.
Esercizio 5.8. Il gruppo U(n + 1) agisce (transitivamente) sullo spazio proiettivo complesso
Pn .16 Calcolare i campi fondamentali e i generatori di questa azione.
6. Rappresentazione aggiunta
Ad ogni gruppo di Lie G si può associare una sua rappresentazione sulla sua algebra g, detta
rappresentazione aggiunta. In certe situazioni il corrispondente omomorfismo G → Aut(g) è
iniettivo, e ciò permette di rappresentare il gruppo G — che a priori è un gruppo astratto —
mediante un gruppo di matrici (ovviamente, fissata una base di g, si ha Aut(g) ' Gl(n, R),
essendo n = dim G). Mediante la rappresentazione aggiunta si possono inoltre provare vari
risultati circa la relazione fra un gruppo di Lie e la sua algebra.
Per costruire questa rappresentazione useremo il seguente risultato. Sia x un punto fisso
di un’azione ρ di un gruppo di Lie G su una varietà V . Per ogni g ∈ G il differenziale
(ρg )∗ : Tx V → Tx V è un automorfismo di Tx V (infatti ammette inverso (ρg−1 )∗ ). Si ha cosı̀
un’applicazione ψx : G → Aut(Tx V ), data da ψx (g)(X) = (ρg )∗ (X) per ogni X ∈ Tx V .
16Ricordiamo che lo spazio proiettivo complesso n-dimensionale Pn è lo spazio delle rette per l’origine di
n+1
C
, ovvero, è il quoziente di Cn+1 −{0} rispetto alla relazione di equivalenza secondo la quale z1 ∼ z2 se z1 =
λz2 per un numero complesso λ. Lo spazio Pn si può anche descrivere come il quoziente U(n + 1)/ U(1) × U(n).
I.21
Proposizione 6.1. L’applicazione ψx è una rappresentazione.
Dimostrazione. ψx è evidentemente un omomorfismo di gruppi:
ψx (gh)(X) = (ρgh )∗ (X) = (ρg )∗ (ρh )∗ (X) = ψx (g)ψx (h)(X) .
Rimane solo da mostrare che ψx è differenziabile. Ciò equivale a mostrare che per ogni
X ∈ Tx V la quantità (ρg )∗ (X) dipende differenziabilmente da g. Questo segue dalla relazione
d
(ρg )∗ (X) =
ρ(g, γ(t))
dt
t=0
essendo γ una curva per x ∈ V che è tangente a X.
Definita l’azione di G su se stesso
a : G × G → G,
a(g, h) = ghg −1 ,
l’identità e ∈ G è un punto fisso di questa azione. Identificando Te G con g si ha una rappresentazione Ad : G → Aut(g). Lo spazio Aut(g) è esso stesso un gruppo di Lie, isomorfo a
Gl(n, R) se n = dim G, e la sua algebra di Lie si può identificare con End(g), lo spazio di tutte
le applicazioni lineari g → g; quest’ultimo spazio è un’algebra di Lie con la parentesi data
dal commutatore, [A, B] = AB − BA, ed è isomorfo come algebra di Lie a gl(n, R). Pertanto
differenziando la mappa Ad si ottiene un omomorfismo di algebre di Lie ad : g → End(g), e
si ha un diagramma commutativo (cf. la Proposizione 3.9)
Ad
(15)
G −−−−→ Aut(g)
x
x

exp
exp

ad
g −−−−→ End(g)
Useremo una notazione abbreviata secondo la quale
Ad(g)(X) = Adg X,
ad(X)(Y ) = adX Y .
Applicando la Proposizione 3.9 all’omomorfismo ag : G → G, ag (h) = ghg −1 si ottiene anche
un diagramma
ag
(16)
G −−−−→
x

exp
G
x
exp

Adg
g −−−−→ g
Proposizione 6.2. Se G = Gl(n, R) si ha
AdB A = BAB −1 ,
adA A0 = [A, A0 ] = AA0 − A0 A.
Dimostrazione. Se A ∈ gl(n, R) allora A, come vettore tangente a Gl(n, R) in I, è rappresentato dalla curva I + tA. Si ha
d
AdB A =
B(I + tA)B −1
= BAB −1 .
dt
t=0
I.22
Quindi vale anche
d
d
0
0
−1
0
adA A =
(I + tA)A (I + tA)
=
(I + tA)A (I − tA)
= AA0 − A0 A
dt
dt
t=0
t=0
essendo (I + tA)−1 = I − tA + O(t2 ) per t abbastanza piccolo.
Il secondo di questi risultati vale per un qualunque gruppo di Lie G, nel senso che per ogni
X, Y ∈ g vale adX Y = [X, Y ]. Dimostriamo questa formula. Si ha
d
d
adX Y (e) =
Adexp tX Y (e)
(R
)∗ (Lexp tX )∗ (Y (e))
=
dt
dt exp(−tX)
t=0
t=0
d
=
(R
)∗ (Y (exp tX))
= (£X Y )(e)
dt exp(−tX)
t=0
= [X, Y ](e) .
Essendo adX Y e [X, Y ] entrambi invarianti a sinistra, essi coincidono in ogni punto.17,18
Lemma 6.3. Sia G un gruppo di Lie connesso. Allora ogni intorno U di e genera G, nel
senso che
[
G=
Un
n∈N
dove
Un
è il sottoinsieme di G formato dai prodotti di n elementi di U .
(Ciò significa che ogni g ∈ G si scrive nella forma g = u1 · · · · · uN , con gli ui in U .)
Dimostrazione. Sia V = U ∩ U −1 ⊂ U , dove U −1 è il sottoinsieme di G formato dagli inversi
degli elementi di U . Allora V = V −1 . Si ponga
[
[
H=
Vn ⊂
U n.
n∈N
n∈N
H è aperto in G. Il laterale che contiene e ∈ G coincide con H. Ogni laterale è diffeomorfo
ad H ed è quindi aperto in G. Inoltre H è il complemento in G di tutti i laterali distinti da
H (i laterali sono tutti disgiunti). Allora H è chiuso in G. Essendo G connesso ciò significa
che H = G.
Ricordiamo che
(i) un sottogruppo H di un gruppo G è normale se ghg −1 ∈ H per ogni g ∈ G, h ∈ H.
(ii) un ideale di un’algebra è un sottospazio vettoriale che è chiuso rispetto alla moltiplicazione per ogni elemento dell’algebra. Nel caso di un’algebra di Lie a, i è un ideale di a se
[i, a] ⊂ i.
Proposizione 6.4. Sia H un sottogruppo connesso di un gruppo di Lie connesso G. Allora
H è normale se e solo se la sua algebra h è un ideale di g.
17Il simbolo £ Y denota la derivata di Lie del campo vettoriale Y rispetto al campo vettoriale X.
X
˜
18L’uguaglianza ad Y = ˆ d Ad
X
exp tX Y t=0 mostra che, per ogni X ∈ g, il corrispondente campo vettoriale
dt
fondamentale su g associato alla rappresentazione aggiunta di G su g si può identificare con adX .
I.23
Dimostrazione. Assumiamo che h sia un ideale in g. Siano Y ∈ h, X ∈ g, g = exp X. Allora19
g(exp Y )g −1 = exp Adg Y
= exp((exp adX )Y )
= exp(Y + [X, Y ] + 12 [X, [X, Y ]] + . . . )
dal diagramma (16)
dal diagramma (15)
Essendo h un ideale in g, la serie nell’ultima riga della precedente equazione converge ad un
elemento di h. Pertanto g(exp Y )g −1 ∈ H. Per il Lemma 6.3, H e G sono generati da elementi
del tipo exp Y e exp X rispettivamente, e H è normale in G.
Assumiamo ora che H sia normale in G, e siano s, t numeri reali. Siano inoltre Y ∈ h,
X ∈ g, e g = exp tX. Si ha
g(exp sY )g −1 = exp Adg (sY ) = exp s [(exp adtX )(Y )] ∈ H .
Perciò (exp adtX )(Y ) ∈ h per ogni t ∈ R. Inoltre
(exp adtX )(Y ) = (exp t adX )(Y ) = Y + t[X, Y ] + 21 t2 [X, [X, Y ]] + . . . .
Al variare di t questa è una curva in h, e, mediante l’identificazione canonica di TY h con h, il
suo vettore tangente in Y è [X, Y ]; quindi h è un ideale.
Definizione 6.5. Il centro C(G) di un gruppo G è il sottogruppo di G dato da
C(G) = {g ∈ G | gh = hg per ogni h ∈ G} .
Il centro C(g) di un’algebra di Lie g è la sottoalgebra di Lie
C(g) = {X ∈ g | [X, Y ] = 0 per ogni Y ∈ g} .
Proposizione 6.6. Sia G un gruppo di Lie connesso. Il centro di G è il nucleo della
rappresentazione aggiunta.
Dimostrazione. Sia g ∈ C(G), e X ∈ g. Allora per ogni t ∈ R
(18)
exp tX = g(exp tX)g −1 = exp(t Adg X) .
Se t è abbastanza piccolo, tX sta in un intorno di 0 ∈ g su cui exp è iniettivo, cosicché
X = Adg X, ovvero, g ∈ ker Ad.
Se g ∈ ker Ad, allora vale la (18) per ogni X ∈ g, e g commuta con ogni elemento di un
intorno di e ∈ G. Poiché G è connesso, tale intorno genera G, e pertanto g commuta con ogni
elemento di G, ovvero, g ∈ C(G).
19Nella seguente equazione si usa la forma esplicita dell’esponenziale di un endomorfismo di uno spazio
vettoriale. Se E è uno spazio vettoriale, e φ ∈ End(E), allora exp φ è definito dalla relazione
(17)
(exp φ)(u) =
∞
X
1 k
φ (u) = u + φ(u) + 12 φ2 (u) + . . .
k!
k=0
per ogni u ∈ E. Scelta una base di E, la definizione (17) si riduce alla definizione dell’esponenziale di matrice;
la serie (17) converge, e definisce l’esponenziale End(E) → Aut(E). Nel nostro caso, E = g, e φ = adX , e si ha
(exp adX )(Y ) =
∞
X
1
(adX )k (Y ) = Y + [X, Y ] + 12 [X, [X, Y ]] + . . .
k!
k=0
I.24
Corollario 6.7. Sia G un gruppo di Lie connesso. Allora il centro C(G) è un sottogruppo di
Lie chiuso di G, la cui algebra di Lie è il centro di g.
Dimostrazione. C(G) = Ad−1 (idg ) è chiuso in G, e per la Proposizione 1.7, è un sottogruppo
di Lie di G. Identifichiamo la sua algebra, che denotiamo h. Siano X ∈ g, Y ∈ h, e
gt = exp tX, s, t ∈ R. Allora, operando come nella dimostrazione della Proposizione 6.4,
exp sY = gt (exp sY )gt−1 = exp s(Y + t[X, Y ] + 12 t2 [X, [X, Y ]] + . . . ) .
Se s è abbastanza piccolo exp è iniettivo, e
Y = Y + t[X, Y ] + 21 t2 [X, [X, Y ]] + . . .
da cui segue [X, Y ] = 0, ovvero, h ⊂ C(g).
Viceversa, se Y ∈ C(g) e X ∈ g, vale [X, Y ] = 0, ed allora, posto g = exp X,
g(exp Y )g −1 = exp(Y + [X, Y ] + 21 [X, [X, Y ]] + . . . ) = exp Y.
Poiché ogni elemento di G si scrive come prodotto di elementi del tipo exp X, exp Y sta in
C(G), per cui C(g) ⊂ h. Pertanto, h = C(g).
Corollario 6.8. Un gruppo di Lie connesso è abeliano se e solo se la sua algebra di Lie è
abeliana.
Dimostrazione. Già sappiamo che l’algebra di Lie di un gruppo di Lie abeliano, connesso o
meno, è abeliana. Dimostriamo l’implicazione opposta. Se g è abeliana, g = C(g). Poiché
C(g) è l’algebra di Lie di C(G), i gruppi G e C(G) sono diffeomorfi in un intorno dell’identità.
Essendo G connesso, esso è generato da un suo sottoinsieme i cui elementi commutano tutti
fra di loro. Quindi G è abeliano.
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