efficacia dello switching tra oppioidi forti

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Casi Clinici
EFFICACIA DELLO SWITCHING
TRA OPPIOIDI FORTI
IN UN PAZIENTE ASIATICO CON PRESUMIBILE
TOLLERANZA DI TIPO FARMACOCINETICO: CASO CLINICO
EFFICACY OF OPIOID SWITCHING IN ASIAN 51-YEAR-OLD MAN
WITH A PHENOMENON OF PHARMACOKINETICS
TOLERANCE: CASE REPORT
Carmelo Costa, Isabella Paladina
UO di Terapia del dolore
Centro Catanese di Oncologia Humanitas
Maria Del Zompo
Dipartimento Scienze Biomediche
Università di Cagliari
RIASSUNTO
Lo switching tra oppioidi è una
procedura terapeutica utilizzata
nella terapia del dolore per migliorare
la risposta analgesica e/o ridurre
gli effetti collaterali. La logica
alla base della sostituzione degli
oppioidi è l’incompleta cross-tolerance
tra oppioidi. Riportiamo il caso
di un paziente asiatico di 51 anni
con dolore da cancro non responsivo
all’ossicodone. In questo caso si ipotizza
che la mancata risposta all’ossicodone
sia legata a un fenomeno di tolleranza
farmacocinetica.
Parole chiave
Oppioidi, switching,
effetti collaterali
SUMMARY
Opioid switching is a therapeutic
procedure used in pain management
as a method to improve analgesic
response and/or reduce adverse side
effects. The rationale behind opioid
substitution is the incomplete crosstolerance between opioid. We report the
case of an asian 51-year-old man with
cancer pain unresponsive to oxycodone.
In this case we hypothesize that the
lack of response to oxycodone is linked
to a phenomenon of pharmacokinetics
tolerance.
Key words
Opioids, switching,
side effects
Volume 19 Pathos Nro 1-2, 2012
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INTRODUZIONE
L’utilizzo appropriato degli oppioidi
permette nella maggior parte dei casi
di controllare con efficacia il dolore da
cancro. In alcuni pazienti la risposta
all’uso cronico di oppioidi può essere
complicata dalla comparsa di effetti
collaterali intollerabili o da una scarsa analgesia nonostante l’incremento
della dose di oppioide.1,2 Lo switching
o sostituzione degli oppioidi è una
manovra terapeutica che viene utilizzata quando l’incremento della dose
di oppioide non è seguito da una favorevole risposta analgesica o è accompagnato dalla presenza di intollerabili
effetti collaterali.3,4 Il presupposto
biochimico che giustifica lo switching
è la tolleranza crociata asimmetrica.
Per tolleranza crociata asimmetrica
s’intende la variabilità della comparsa di tolleranza al dolore e agli effetti
collaterali tra due oppioidi differenti.
Questo fenomeno è probabilmente
conseguente a differenze di selettività
recettoriale. Nel caso da noi presentato la mancata risposta analgesica a un
oppioide forte, l’ossicodone, è presumibilmente legata a un fenomeno di
tolleranza di tipo farmacocinetico.
CASO CLINICO
Paziente di 51 anni, di origine asiatica, con dolore intenso (VAS 8/9) in
regione ipogastrica, associato a disuria. Il paziente è stato gastrectomizzato nel 2008, per carcinoma gastrico
e attualmente presenta un quadro di
carcinosi peritoneale con infiltrazione
prostatica e vescicale. La chemioterapia eseguita e il trattamento radiante
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locale non hanno sostanzialmente
modificato il quadro clinico. Quando
si presenta alla nostra osservazione il
paziente assume, con scarso beneficio, ossicodone a rilascio controllato
5 mg ogni 12 ore. L’esame clinico e
la documentazione strumentale in suo
possesso (TC total-body, ecografia addome) ci permettono di diagnosticare
il suo dolore come tessutale viscerale e
somatico profondo con scarsa componente incidente. Per tale motivo si decide di aumentare il dosaggio dell’ossicodone portandolo a 10 mg ogni 12
ore, dose che sarà aumentata sino a 60
mg ogni 12 ore, e si associa paracetamolo 1 grammo ogni 8 ore. In data
21 maggio 2012 il paziente viene ricoverato d’urgenza per dolore intenso
e incontrollato accompagnato a grave
stato di agitazione. Si decide di cambiare oppioide e via di somministrazione somministrando morfina per via
endovenosa continua al dosaggio di
80 mg/die. Tale dosaggio viene individuato sfruttando il rapporto di equianalgesia tra ossicodone e morfina orale
prima (1:2) e tra morfina orale e morfina endovenosa (3:1) poi, ottenendo
un pressoché completo controllo del
dolore (VAS 2). Nelle successive 48
ore il paziente rimane completamente privo di dolore e non richiede dosi
aggiuntive di morfina, in assenza di effetti collaterali a eccezione di una stipsi moderata. Si decide di sostituire la
morfina con idromorfone orale, utilizzando un rapporto di 5:1. La dose così
calcolata di idromorfone (48 mg) viene ridotta prudenzialmente del 30%,
32 mg circa, e somministrata dopo 4
ore dalla sospensione della morfina ev.
Con questa dose il paziente ottiene un
buon controllo del dolore e viene dimesso in quarta giornata.
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DISCUSSIONE
Lo switching o sostituzione degli oppioidi (termine italiano da preferire
a quello di rotazione che contiene
implicitamente il concetto di ritorno
al farmaco di partenza) è una pratica
terapeutica da adottare quando l’incremento della dose di oppioidi non
è seguito da una favorevole risposta
analgesica o è accompagnato dalla
presenza di intollerabili effetti collaterali. Secondo i dati dell’OMS un’ampia percentuale di pazienti, valutabile
tra 10 e il 30 per cento, gioverebbe
di questa sostituzione. Il presupposto
biochimico che giustifica lo switching
è la tolleranza crociata asimmetrica.
Sappiamo che per tolleranza si intende la perdita di risposta a un farmaco
in seguito all’uso cronico e la necessità
di aumentare la dose del farmaco stesso per recuperarne l’efficacia.
Nel caso degli oppioidi la risposta ricercata è l’analgesia e il fenomeno della tolleranza si verifica precocemente
per alcuni dei più comuni effetti collaterali degli stessi (nausea, sonnolenza
e depressione respiratoria), rappresentando in questo caso un fenomeno
positivo. Sembra che il fenomeno della tolleranza al dolore si verifichi con
maggiore frequenza per alcuni oppioidi con scarsa efficacia intrinseca come
la morfina e che comunque dipenda
dalla dose, dal tempo di somministrazione e dalla specificità recettoriale.
Nel dolore neoplastico molti pazienti
possono mantenere dosaggi costanti
di oppioidi per periodi prolungati e
gli incrementi sono associati soltanto alla progressione della malattia.
Per tolleranza crociata asimmetrica si
intende la variabilità della comparsa
della tolleranza al dolore e agli effetti
collaterali tra due oppioidi differenti.
In altre parole, sostituendo un oppioide con un altro a dosaggi equivalenti non sempre si ottengono gli
stessi effetti. È come se l’organismo
non riconoscesse il secondo oppioide
rispetto al precedente. Il fenomeno
della tolleranza crociata asimmetrica è
spesso caratterizzato da un differente
assetto recettoriale legato a una variabilità individuale che probabilmente
è codificata geneticamente. La tolleranza può essere innata o acquisita e
quest’ultima a sua volta si suddivide
in farmacodinamica, farmacocinetica
e da apprendimento.
Nonostante la forma farmacodinamica sia la più frequente, nel caso
del nostro paziente sembra più logico ipotizzare meccanismi farmacocinetici. Infatti, più che assistere a un
fenomeno di perdita dell’analgesia da
adattamento recettoriale, si è assistito
al mancato raggiungimento dell’analgesia come avviene quando modificazioni nel metabolismo influenzano
le concentrazioni del farmaco al sito
recettoriale. Il paziente non assumeva
farmaci che potessero interagire come
inibitore o come induttore, sul sistema citocromiale P450. Sappiamo che
il metabolismo dell’ossicodone è piuttosto complesso. Le principali vie di
metabolizzazione sono quelle della Odemetilazione a ossimorfone e della
N-demetilazione a norossimorfone.5
La conversione da ossicodone ad ossimorfone è catalizzata dalle CYP2D6
che presenta 2 fenotipi a diversa attività. Circa il 10 per cento dei soggetti
è costituito da metabolizzatori di tipo
“poor”.6 L’ossimorfone, metabolita
attivo dell’ossicodone, presenta un’affinità più spiccata per i recettori µ ri-
spetto all’ossicodone e alla morfina7
ed è quindi immaginabile che la sua
carenza in soggetti scarsi metabolizzatori si accompagni a ridotta analgesia.
Tali meccanismi geneticamente determinati, nel nostro caso non sono
stati dimostrati ma soltanto ipotizzati
poiché presso il nostro Centro non
abbiamo la possibilità di eseguire studi di tipo genetico. Però l’acquisizione
di una pronta analgesia con il ricorso
a una via di somministrazione alternativa come quella endovenosa che
“salta” il primo passaggio epatico e la
buona risposta analgesica all’idromorfone per os, che possiede un’altra via
di metabolizzazione, avvalora questa
ipotesi.
A tal fine, è stato eseguito un prelievo
ematico di sangue intero per estrazione del DNA per lo studio dei polimorfismi del genere CYP2D6, che è
stato inviato presso il Dipartimento
di Scienze Biomediche dell’Università di Cagliari. L’idromorfone viene
prevalentemente glucuronizzato, a
idromorfone-3-glicuronide (I3G) e
ad altri metaboliti minori ad opera del
sistema uridil-difosfoglucuronil transferasi (UGT).8 I3G non presenta attività analgesica e in presenza di insufficienza renale la sua elevata concentrazione può esitare in fenomeni neurotossici.9 Comunque l’idromorfone
è stato spesso utilizzato con successo
nella sostituzione di altri oppioidi in
presenza di una scarsa analgesia. Nello switching si ricorre alle tabelle di
conversione equianalgesica degli oppioidi. Queste tabelle sono ricavate da
studi abbastanza datati e comunque
eseguiti quasi tutti in pazienti vergini
da oppioidi, in unica somministrazione e spesso in circostanze particolari
come il dolore post-operatorio. Per
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tale motivo il loro utilizzo deve essere
particolarmente prudente quando la
sostituzione di oppioidi avviene a dosaggi medio-alti e soprattutto se l’oppioide che sostituisce il primo ha una
minore capacità di provocare tolleranza, come nel caso del metadone rispetto alla morfina. Infatti, sostituendo la
morfina endovenosa con idromorfone
orale abbiamo prudenzialmente ridotto del 30% la dose finale e sorvegliato
attentamente il paziente per valutare
eventuali fenomeni di sovradosaggio.
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