SICUREZZA D’USO DELLE STATINE Tratto dal sito della Società Italiana di Farmacologia (SIF) e dal rapporto specifico del Gruppo Interregionale di Farmacovigilanza (GIF) Le statine sono farmaci registrati per il trattamento delle dislipidemie. Esse producono il loro effetto principale regolando i livelli plasmatici di colesterolo, attraverso l’inibizione competitiva della 3-idrossi-3metilglutaril coenzima A riduttasi, enzima chiave nella sintesi del colesterolo. Dosi elevate di statine riducono anche i livelli dei trigliceridi. Le statine in commercio in Italia (atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, pravastatina, rosuvastatina, simvastatina) sono autorizzate per il trattamento delle ipercolesterolemie (familiare, primaria e mista) quando la risposta alla dieta e ad altri trattamenti farmacologici risulta inadeguata. Numerosi trials clinici hanno chiaramente dimostrato che l’uso di statine è associato a notevoli benefici in prevenzione primaria e secondaria cardiovascolare, in soggetti ad elevato rischio. Il trattamento con statine è in genere ben tollerato e gli effetti indesiderati che possono comparire all’inizio della terapia (cefalea, rush cutaneo e disturbi intestinali) tendono a scomparire spontaneamente. Tuttavia, il ritiro della cerivastatina (Baycol-Bayer) dal mercato degli Stati Uniti avvenuto nel 2001, ha richiamato l’attenzione nei confronti della sicurezza delle statine. Infatti, un consultivo clinico del 2002 realizzato dall’American College of Cardiology/American Heart ha fornito linee guida e raccomandazioni inerenti la selezione dei pazienti, la diagnosi di miopatia ed il monitoraggio appropriato durante la terapia. Le conclusioni del consultivo sono state le seguenti: le statine si sono dimostrate estremamente sicure nella stragrande maggioranza dei pazienti che ne fanno uso, tuttavia esse non sono totalmente esenti da effetti indesiderati e, come tutti i farmaci, il loro uso dovrebbe essere effettuato in maniera appropriata. Di seguito vengono discussi i principali effetti avversi associati all’uso di statine, puntando l’attenzione in particolare alla prevalenza e ai fattori di rischio ad essi correlati. DIFFERENZE TRA LE STATINE Alterazioni nell’assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione delle statine possono essere indotte da differenze farmacocinetiche intrinseche o da disfunzioni d’organo. Tre delle statine attualmente disponibili (atorvastatina, simvastatina e fluvastatina) sono dei composti lipofili che necessitano di essere metabolizzati a prodotti maggiormente polari prima dell’escrezione. La pravastatina e rosuvastatina sono statine idrofile caratterizzate da una minore distribuzione nelle cellule non epatiche. In teoria tali statine dovrebbero più difficilmente causare miopatia. INTERAZIONI FARMACOLOGICHE Circa 40 differenti citocromi P (CYP) sono presenti negli esseri umani, molti dei quali rappresentano degli importanti mediatori del metabolismo dei farmaci. Ad esclusione della pravastatina, tutte le statine sono soggette, a livello epatico, al metabolismo di fase 1 mediato dagli isoenzimi del CYP 450. L’isoenzima CYP3A4 è responsabile del metabolismo di atorvastatina, lovastatina e simvastatina, mentre fluvastatina e rosuvastatina vengono metabolizzate principalmente dall’isoenzima CYP2C9. Anche la rosuvastatina viene metabolizzata dal CPY2C9, ma il suo metabolismo è minimo, dato che solo il 10% della dose somministrata viene ritrovata sottoforma di metaboliti. Le interazioni farmacologiche che coinvolgono il sistema CYP possono manifestarsi sotto forma di: − inibizione del metabolismo − induzione del metabolismo − competizione di più substrati per lo stesso enzima con conseguente inibizione del metabolismo. Se un isoenzima, fondamentale per il metabolismo dei farmaci, allegato al numero di Assistenza primaria – giugno 2007 Pagina 1 di 4 viene parzialmente o totalmente inibito, i livelli plasmatici di una statina possono aumentare in maniera drammatica, ponendo i pazienti a rischio di eventi avversi. Per contro, i farmaci che inducono l’attività enzimatica possono portare ad una riduzione dei livelli plasmatici delle statine con conseguente riduzione della loro efficacia. Infine, se più farmaci vengono metabolizzati dallo stesso isoenzima, questi possono competere per l’enzima e ciò può comportare la riduzione del metabolismo e della clearance di uno o di entrambi i composti. Se un polimorfismo è chiaramente presente ed attivo, nell’ambito di una popolazione vi possono essere individui che metabolizzano il farmaco in maniera estensiva ed individui che lo metabolizzano in maniera ridotta. Molti pazienti che assumono statine, oltre ad essere affetti da ipercolesterolemia, possono presentare patologie cardiovascolari per le quali sono sottoposti a terapie farmacologiche. In questo senso, particolarmente interessanti sono i calcio antagonisti non diidropiridinici quali verapamil e diltiazem che agiscono da inibitori del CYP3A4 e che quindi possono causare un incremento dei livelli plasmatici di statine. Altri farmaci comunemente prescritti che inibiscono il CYP3A4 comprendono: macrolidi (eritromicina, claritromicina e telitromicina) e antimicotici azolici (itraconazolo e ketoconazolo). Poiché la pravastatina e la rosuvastatina non vengono metabolizzate dal CYP3A4, queste statine danno più raramente interazioni farmacologiche basate su questo meccanismo d’azione. Un’analisi effettuata su un database canadese ha evidenziato che i farmaci maggiormente associati ad incremento dei livelli plasmatici di statine sono l’eritromicina, l’omeprazolo, la cimetidina e la claritromicina. In particolare i trapiantati sono un gruppo di pazienti ad elevato rischio di patologie cardiovascolari che spesso necessitano di effettuare terapie con statine, ma che, proprio per l’interazione farmacologica statine-immunosoppressori, possono presentare un maggior rischio di miopatie, causate dall’incremento dei livelli plasmatici delle statine. Tuttavia, con un opportuno monitoraggio e aggiustando le dosi, la terapia con statine è raccomandata nei pazienti trapiantati, allo scopo di ridurne il rischio cardiovascolare e aumentarne l’aspettativa di vita. EPATOTOSSICITÀ Sulla base dei dati provenienti dai trials clinici e dalle review delle segnalazioni cliniche, l’incremento dei livelli di transaminasi, valutati nei test di funzionalità epatica (TFE), a livelli clinicamente significativi (generalmente definiti come 3 volte superiori alla norma) è stato osservato in una percentuale variabile tra lo 0,5% ed il 2% dei pazienti che assumono statine e la maggior parte delle alterazioni epatiche si manifestano entro i primi 3 mesi. L’incremento dei valori di transaminasi a livelli significativi, si manifesta soprattutto nel caso dell’associazione ezetimibe/simvastatina e poco con statine somministrate in monoterapia. Le disfunzioni epatiche indotte da statine sono solitamente rare e accompagnate da incrementi asintomatici dei livelli di transaminasi o da colecistite acuta. Nella maggior parte dei casi comunque i valori di transaminasi rientrano nella norma al momento in cui viene ridotta la dose di farmaco somministrato, mentre in casi rarissimi si può avere un peggioramento dei sintomi. Quindi, la colestasi e le patologie epatiche attive rappresentano delle controindicazioni all’uso delle statine; tuttavia, non esistono evidenze che indichino un’esacerbazione di patologie epatiche indotte dalle statine: le statine non sembrano peggiorare il quadro clinico nei pazienti con innalzamento cronico dei livelli di transaminasi secondario ad epatite virale ed il trattamento dell’iperlipidemia nei pazienti con fegato grasso può realmente migliorare l’alterazione dei livelli di transaminasi. Comunque, le statine sono controindicate nei pazienti con patologie epatiche in fase attiva e dovrebbero essere usate con cautela in quelli con una storia positiva per disfunzioni epatiche o assunzione di alcool. Pertanto, durante il trattamento con statine, si raccomanda di effettuare un monitoraggio periodico della funzionalità epatica. MIOPATIA E RABDOMIOLISI Le statine possono essere associate a disturbi muscolari (che variano da debolezza muscolare e crampi a mialgia), innalzamento dei livelli di allegato al numero di Assistenza primaria – giugno 2007 Pagina 2 di 4 creatinkinasi (CK), miosite e rabdomiolisi. La mialgia è la meno grave, ma anche la più frequente manifestazione di tossicità muscolare. La rabdomiolisi potenzialmente associata a insufficienza renale è invece la meno frequente, ma anche la più grave di queste manifestazioni patologiche. La rabdomiolisi è una sindrome derivante da un danno del sarcolemma che determina il rilascio nel circolo ematico di sostanze contenute nei miociti scheletrici (mioglobina, acido urico ed elettroliti). Alla base di questa patologia vi possono essere numerose cause tra le quali la terapia con statine. Sulla base delle informazioni provenienti da questi studi e da numerose altre fonti, lo sviluppo di miopatia e di rabdomiolisi è relativamente poco comune per tutte le statine attualmente disponibili. Ciò è stato recentemente confermato per la rosuvastatina (la più potente statina attualmente disponibile sul mercato). Da un’analisi post marketing condotta dalla FDA, la miopatia è stata riportata con un’incidenza dello 0,2% e la rabdomiolisi con un’incidenza dello 0,01%. I principali fattori di rischio per le sindromi muscolari associate all’uso di statine sono riepilogati di seguito: − Età avanzata (specialmente superiore agli 80 anni) − Sesso (le donne presentano maggiori rischi) − Ridotta massa corporea − Patologie multisistemiche (insufficienza renale cronica, diabete mellito, ipotiroidismo, epatopatie) − Periodo post operatorio − Traumi maggiori − Ipotermia − Alterazioni elettrolitiche − Acidosi metabolica − − Ipossia Infezioni virali (EpsteinBarr, influenza, coxsackie) − Infezioni batteriche (staphylococcus) − Assunzione di grandi quantità di succo di pompelmo (più di ¼ l al giorno) − Alcolismo − Assunzione di farmaci concomitanti. Molte sindromi miopatiche, associate alla somministrazione di statine, tendono a manifestarsi nei pazienti che presentano uno o più di questi fattori di rischio. In questi pazienti, la terapia con statine dovrebbe essere iniziata con cautela. Inoltre, i pazienti dovrebbero essere messi al corrente riguardo il rischio di miopatie e dovrebbero essere invitati a segnalare qualsiasi tipo di disturbo muscolare. Se un disturbo muscolare non può essere spiegato con un semplice esame obiettivo, è necessario misurare i livelli di CK e, se questi risultano incrementati di almeno 10 volte rispetto alla norma, è necessario interrompere immediatamente la terapia con statine. alcuni ricercatori hanno osservato che l’uso di statine può essere associato a riduzione dell’infiammazione e della fibrosi tubulo interstiziale, svolgendo un effetto protettivo piuttosto che dannoso sulla funzionalità renale. ALTRO Altri sintomi, che possono essere osservati nei pazienti trattati con statine, comprendono dispepsia, nausea, malessere, disturbi del sonno e polineuropatia. Bibliografia − − PROTEINURIA Un raro e transitorio effetto associato alla terapia con statine è una intermittente proteinuria tubulare che ha suscitato inquietudine al momento in cui è stato osservato durante i trials clinici premarketing della rosuvastatina. Nessuno dei casi di proteinuria osservati è stato associato a evidente riduzione della funzionalità renale e tutti sono risultati reversibili. La FDA ha pubblicato una dichiarazione in cui sostiene che la proteinuria associata a statine non è indicativa di un effetto tossico a livello renale. Infatti, − − Shepherd J, West of Scotland Coronary Prevention Study Group. Prevention of coronary heart disease with pravastatin in men with hypercholesterolemia. 1995. Atheroscler Suppl. 2004; 5:91-7. Sever PS, ASCOT investigators. Prevention of coronary and stroke events with atorvastatin in hypertensive patients who have average or lowerthan-average cholesterol concentrations, in the Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial-Lipid Lowering Arm (ASCOT-LLA): a multicentre randomised controlled trial. Lancet 2003; 361:1149-58. Pasternak RC, Smith SC Jr., Bairey-Merz CN, et al. ACC/AHA/NHLBI Clinical Advisory on the Use and Safety of Statins. Stroke. 2002;33:2337-41. Corsini A, et al. New insights into the pharmacodynamic and allegato al numero di Assistenza primaria – giugno 2007 Pagina 3 di 4 − − − − pharmacokinetic properties of statins. Pharmacol Ther. 1999;84:413-28. Bellosta S, et al. Safety of statins: focus on clinical pharmacokinetics and drug interactions. Circulation. 2004;109(suppl III):III50III-57. Bottorff M, Hansten P. Long-term safety of hepatic hydroxymethyl glutaryl coenzyme A reductase inhibitors: the role of metabolism—monograph for physicians. Arch Intern Med. 2000;160:2273-80. Hamelin BA, Turgeon J. Hydrophilicity/lipophilicity : relevance for the pharmacology and clinical effects of HMG-CoA reductase inhibitors. Trends Pharmacol Sci. 1998;19:26-37. Sica DA, Gehr TWB. Rhabdomyolysis and statin therapy: relevance to the elderly. Am J Geriatr Cardiol. 2002;11:48-55. SEGNALAZIONI SPONTANEE IN LOMBARDIA Nel database della rete nazionale di Farmacovigilanza, nel periodo 2001-2005, sono state registrate 350 segnalazioni di sospette ADR da statine, di cui 64 gravi (18,28%). In particolare, la più segnalata è stata la simvastatina (109 segnalazioni, delle quali 27 gravi), seguita dall’atorvastatina (96 segnalazioni, delle quali 12 gravi) e una media di 50 segnalazioni a carico delle altre statine utilizzate e oggetto di ADR (fluvastatina, pravastatina, rosuvastatina e cerivastatina). L’andamento temporale del numero di reazioni è risultato variabile, ma con un rilevante decremento dal 2001, anno del ritiro dal mercato della cerivastatina. Nel 49,71% delle ADR segnalate (174) si è avuta una completa risoluzione, nel 15,71% (55) la reazione era ancora in corso di valutazione al momento della segnalazione, mentre nel 32,57% (114) l’esito non è stato riportato. Si sono verificate 7 ADR ad esito fatale (2% delle ADR totali): 1 con atorvastatina, 5 con simvastatina ed 1 con cerivastatina. Secondo il medico segnalatore in 1 caso il decesso era attribuibile al farmaco e in 5 casi il farmaco avrebbe contribuito alla reazione. Le reazioni avverse più numerose sono quelle muscolari (60% delle reazioni totali), rappresentate dal semplice dolore muscolare fino alla rabdomiolisi. Seguono le reazioni epatiche (13,3%), quelle neurologiche (11,6%) e quelle cutanee (6%). Infine, le seguenti associazioni sono state oggetto di approfondimento da parte del Gruppo Interregionale per la Farmacovigilanza (GIF): − Atorvastatina e glicosuria, rottura del tendine, impotenza e ginecomastia − Statine e reazioni psichiatriche − Fluvastatina e reazioni epatiche − Rosuvastatina e reazioni epatiche Bibliografia − Rapporto sulle statine prodotto dal Centro di Farmacovigilanza Regionale, nel 2006 SEGNALAZIONI DAL MONDO Il bollettino indipendente Worst Pills Best Pills e il Canadian Adverse Reaction Newsletter, rispettivamente del dicembre e dell’ottobre 2005, hanno portato all’attenzione il problema della perdita della memoria associato all’uso di statine. In particolare, 19 casi di amnesia, nei quali l’insorgenza si è verificata entro 1 mese dall’inizio della terapia in 5 pazienti, entro 1 anno in 7 pazienti e dopo 1 anno in 3 pazienti. Undici report indicano che l’amnesia si è risolta o è migliorata con l’interruzione del trattamento o con la riduzione della dose. Una review del 2003 (Pharmacotherapy 20039 prende in esame 60 casi di amnesia associata a statine, verificatesi tra novembre 1997 e febbraio 2002. Una ricerca condotta nella banca dati OMS ha evidenziato in totale 339 report di amnesia associata all’uso di statine, di cui: 160 da atorvastatina, 109 da simvastatina, 42 da cerivastatina, 21 da pravastatina, 16 da rosuvastatina, 6 da lovastatina 1 da fluvastatina. U.O. di FARMACOVIGILANZA tel. 030/383.9235 fax 030/383.9327 e-mail: [email protected] allegato al numero di Assistenza primaria – giugno 2007 Pagina 4 di 4