LEZIONE. 2
CONCORRENZA, MONOPOLIO, DUOPOLIO
Estratto dalla Tesi di Laurea in Matematica
“Strumenti Matematici per lo Studio dell’Economia”
di Ginella MERCURI
Università degli Studi della Calabria
A.A. 2004-2005
Relatore Prof. Renato Guzzardi
TRE
MODELLI
TEORICI
DI
REGIME
DI
MERCATO
APPLICATI
ALLA
PRODUZIONE: LA CONCORRENZA, IL MONOPOLIO E IL DUOPOLIO.
4.1. La concorrenza.
Si definisce perfettamente concorrenziale un mercato caratterizzato dalla:
1)
esistenza di un considerevole numero di venditori e compratori, così che il peso economico di
ciascuno operatore è relativamente trascurabile ai fini della determinazione delle variabili di
mercato: prezzo e quantità.
2)
omogeneità della merce portata al mercato dai vari offerenti, così che nessun compratore ha
motivo di preferire la merce posta in vendita dall’uno o dall’altro venditore;
3)
facilità e piena libertà di entrare nel mercato, nel senso che non esistono vincoli di natura
istituzionale né di natura economico-finanziaria che impediscono di fatto l’entrata.
4)
informazione completa e simmetrica: tutti compratori e venditori sanno tutto di tutto.
Quantunque si parli di concorrenza perfetta, in effetti non vi è rivalità tra gli offerenti: ciascuno di
questi si comporta in modo atomistico, nel senso che può decidere la propria politica di vendita
senza preoccuparsi del comportamento degli altri. Infatti ciascuna impresa contribuisce in misura
talmente trascurabile al prodotto totale che, pure aumentando o diminuendo il suo volume di
produzione, non produrrà alcun effetto significativo sull’offerta complessiva e quindi nemmeno sul
prezzo.
In un mercato perfettamente concorrenziale, dunque, il singolo produttore è un price taker e non un
price maker nel senso che non può adeguare il prezzo di mercato alle sue esigenze, ma si deve
adeguare ad esso.
In altri termini in una situazione di concorrenza il singolo operatore è in balia del mercato; per lui il
prezzo, che dipende dalla domanda e dall’offerta totale, è qualcosa di dato su cui non può influire.
Sarebbe inutile applicare un prezzo superiore a quello di mercato: i consumatori non
acquisterebbero il prodotto da quell’impresa se altre offrissero lo stesso omogeneo prodotto a prezzi
inferiori.
Analizziamo, quindi, il comportamento di un’impresa del gruppo la cui funzione-obiettivo sia
costituita dal massimo profitto. La variabile decisionale è la quantità da produrre-offrire in modo da
massimizzare il profitto.
I vincoli sono costituiti dal prezzo del bene sul quale l’impresa non può influire e dalla funzione di
produzione.
Dire che il prezzo esistente sul mercato è dato equivale a dire che alla singola impresa la curva di
domanda appare come una retta parallela all’asse della quantità ossia come una funzione avente
un’elasticità infinita. Attenzione non si sta dicendo che la curva della domanda di mercato è
perfettamente elastica in un regime di concorrenza perfetta; al contrario, è una curva decrescente.
Allora, in questa situazione, la funzione del ricavo totale dell’impresa, dipendente dalla quantità
venduta,
R  R y  ,
risulterà avere la forma analitica
R  p y
ossia quella di una retta, uscente dall’origine degli assi di un diagramma avente y in ascissa ed
R  p  y in ordinata, con coefficiente angolare il valore della costante data p .
Il ricavo medio sarà pari al rapporto tra il ricavo totale e la quantità venduta:
RME 
R py

 p.
y
y
La funzione R  p  y di ricavo totale ha come ricavo marginale il prezzo unitario di vendita p ,
che ne rappresenta la derivata prima.
Risulta allora che, in condizioni perfettamente concorrenziali, ricavo marginale e ricavo medio
eguagliano entrambi il prezzo di vendita:
p  RME  R' .
La funzione R tende dal punto di vista analitico a   per y tendente ad infinito, ma dal punto di
vista economico concreto si arresterà al livello corrispondente alla capacità produttiva di cui
l’impresa dispone nel periodo considerato e che in esso non può mutare.
Tale capacità produttiva intesa in senso lato comprende tutti quei fattori produttivi fissi il cui
utilizzo può essere variabile da periodo a periodo, ma il cui costo è costante e deve essere
comunque sostenuto. Tali costi possono non tramutarsi in spese, ma devono essere comunque tenuti
presenti nel definire la funzione di costo totale complessivo la quale, oltre ai costi variabili,
comprende anche questi costi fissi.
Questo porta a concludere che, qualunque sia l’andamento della funzione del costo variabile totale
complessivo, ossia la modalità della sua crescita all’aumento della produzione, la funzione sarà
rappresentata da
C y   CF  CV
dove CF sta per costi fissi e CV per costi variabili al variare della produzione.
L’impresa determina dunque l’ammontare di y da produrre-offrire in modo che il profitto P y  ,
inteso come differenza tra ricavo totale e costo totale, sia massimo.
Poiché sia l’uno che l’altro sono funzioni della quantità y , la funzione obiettivo è
P y   R y   C y   max ,
la quale nel caso della concorrenza diventa
P y   p  y  C y  .
La prima condizione, necessaria ma non sufficiente, affinché una funzione presenti un massimo è
che la sua derivata prima sia uguale a zero.
La derivata prima di P y  è, nel caso in esame, data dalla differenza tra le derivate delle due
funzioni del secondo membro dell’equazione della funzione obiettivo. Se essa deve essere pari a
zero dobbiamo in generale avere che
P'  y   R'  y   C'  y   0
e nella fattispecie che
P'  y   p  C'  y   0
da cui
p  C'  y 
cioè che ricavo marginale e costo marginale siano uguali.
Disponendo della funzione del costo marginale mediante quest’ultima equazione si determina la
quantità y che massimizza il profitto.
Se il punto così definito è quello in cui P y  è massimo significa che, aumentando la quantità
prodotta ulteriormente, il profitto comincerà a diminuire, ossia la funzione P y  comincerà a
decrescere.
Dall’analisi matematica sappiamo che, affinché una funzione presenti un massimo in un suo dato
punto, la derivata seconda della funzione deve essere negativa. Quella che viene detta la condizione
del secondo ordine, in simboli e in generale, si scrive
P' '  y   R' '  y   C' '  y   0
la quale nel caso specifico in esame, con R y   p  y e R'  y   p , essendo p una costante che ha
derivata nulla, diventa
P' '  y   0  C' '  y   0
la quale implica a sua volta che
C' '  y   0 .
Allora, concludiamo che nel caso della concorrenza il profitto massimo è assicurato dalla
produzione-offerta di quella quantità y per la quale il prezzo unitario di vendita è uguale al costo
marginale e quest’ultimo presenta un andamento crescente al crescere della quantità prodotta, come
appunto indica l’ultima disuguaglianza.
Infatti, se la funzione di costo marginale C'  y  deve essere crescente la sua derivata prima C ' '  y 
(che è derivata seconda della funzione C  y  ), deve essere positiva.
Quanto suddetto può essere illustrato graficamente mediante i due diagrammi a e b della figura 36.
Figura 36
Sul diagramma a sono tracciate le funzioni di ricavo totale, di costo totale, di profitto totale, poste in
ordinata, in funzione della quantità producibile y , posta in ascissa.
La retta del ricavo totale esce dall’origine degli assi con coefficiente angolare p , pari alla tangente
trigonometrica dell’angolo  .
La funzione del costo totale è quella più generale, perché ipotizza anche un tratto iniziale crescente
con costo marginale decrescente, oltre ad un costo fisso totale da sostenere anche a produzione
nulla.
Sul grafico i tre punti E1 , E 2 , E3 ed i loro corrispondenti E1' , E 2' , E 3' posti lungo la funzione P y 
sono importanti:
-
il punto E1 corrisponde alla massima perdita (profitto negativo) ottenibile producendo y1 .
Anche per tale quantità prezzo e costo marginale sono uguali, ma il costo marginale sta
decrescendo. La funzione del profitto presenta un minimo negativo, equivalente ovviamente
a un massimo di perdita.
-
il punto E2 e il corrispondente punto E2' rappresenta il punto di pareggio o punto di
rottura. Producendo cioè la quantità y l’impresa ha un ricavo totale pari al costo totale e
perciò un profitto nullo.
Tale punto viene anche denominato breakeven point, il punto cioè che l’impresa deve
comunque superare per non produrre in perdita ma per entrare nella zona dei profitti
positivi.
-
i punti E 3 ed E 3" racchiudono il segmento che raffigura, analogamente al segmento E 3' y 3
avente la stessa lunghezza, il profitto massimo.
Nei punti E 3 ed E 3" gli angoli formati al solito modo sono tra loro uguali ed uguali ad  .
La funzione del profitto è data dalla differenza delle due funzioni precedenti; corre prima nel IV
quadrante e poi diventa positiva, tocca il massimo per y  y3 e poi decresce annullandosi nel punto
E4' per quel livello di y in cui il costo totale pareggia il ricavo totale come indica il punto E4 .
Nel grafico b, sottostante ad a ed avente identica ascissa, in ordinata sono riportati il costo
marginale, il costo medio, il prezzo.
La curva del costo marginale taglia la retta del prezzo parallela all’asse delle ascisse per le quantità
y1 e y 3 , che corrispondono rispettivamente alle produzioni di massima perdita e di massimo
profitto.
Per rappresentare il profitto totale, a questo punto, è necessario chiamare in causa il costo totale
medio complessivo unitario, che finora non è stato preso in considerazione poiché per determinare
il profitto massimo dell’impresa sono sufficienti il ricavo marginale ed il costo marginale.
Si ricorda che sul costo marginale non influisce il costo fisso totale, il quale invece se esiste
influisce sul costo medio unitario.
Infatti nell’equazione rappresentante la funzione del costo totale, il costo fisso è rappresentato dalla
costante che indica il valore della funzione C  y  per y  0 . Ora, se abbiamo due generali funzioni
di costo rappresentate da C  y   A  By  Cy 2 e C  y   By  Cy 2 , il costo marginale sarà identico e
cioè C'  y   B  2Cy . D’altro canto si deve pure tenere presente che i fattori denominati fissi sono
tali proprio nell’istante o periodo considerato, mentre potranno e dovranno essere variabili sull’arco
di più periodi o nel lungo periodo.
Ne consegue che il loro ammontare è una variabile il cui controllo da parte dell’impresa è inutile
all’interno del periodo.
Inoltre se esiste un costo fisso, la funzione di costo medio avrà un minimo. E’ altrettanto vero però
che anche in presenza di soli costi variabili, l’andamento comunque crescente della funzione di
costo totale può essere tale per cui il costo medio (variabile) presenti un minimo. Ad ogni modo, vi
sia o non vi sia un costo fisso, si abbia o non si abbia per il costo medio un punto di minimo nel
passare da decrescente a crescente, resta comunque vero che quando il costo marginale è crescente,
come deve essere nel caso in esame affinché si abbia profitto (positivo) massimo, il costo medio
può essere minimo o crescente, ma in ogni caso deve essere inferiore al costo marginale.
Nel caso della più generale funzione di costo ipotizzata, come quella tracciata nel grafico a della
figura 36, la funzione di costo totale medio complessivo unitario avrà l’andamento corrispondente a
quello riportato nel grafico b della medesima figura.
Per la produzione y 3 si ha un costo medio pari a Ay 3 cui corrisponde un costo totale complessivo
pari a Ay3  Oy3 raffigurato dal rettangolo OBA y3 . Il ricavo totale pari a p  y 3 o Dy3  Oy3 è
raffigurato dal rettangolo OCDy 3 .
Il profitto sarà pertanto rappresentato dal rettangolo tratteggiato BCDA risultante dalla sottrazione
del primo dal secondo.
Esercizio n. 44
La produzione di una determinata merce comporta costi fissi di trasporto CF=150 euro e costi
variabili CV=1.50 euro al kg .
Il prezzo di vendita della merce è di 1.81 euro al kg.
Determinare il quantitativo di merce prodotto in corrispondenza del breakeven point (punto di
equilibrio).
Risoluzione
Il breakeven point corrisponde al punto d’intersezione fra la funzione del ricavo totale e quella del
costo totale: imponendo la relazione R  C si avrà il modello.
R  1.81y
R  1.81y



C  150  1.50 y  C  150  1.50 y
R  C
1.81y  150  1.50 y



 R  1.81y

C  150  1.50 y

150
1.81y  1.50 y  150  y 
 483.87.
0.31

Esercizio n. 45
Il prezzo di vendita di un prodotto è p  36 ed il costo totale di produzione di breve periodo è pari
a:
C  100  6 y 2 .
a)
b)
Calcolare la quantità di output che massimizza il profitto dell’impresa;
calcolare il profitto o la perdita.
Risoluzione
a)
Poniamo la relazione di uguaglianza
p  C ' ossia
b)
36  12 y  y 
P  R  C  py  C. Inserendo i valori numerici si ha:

36
 3.
12

P  36  3  100  6  3 2 ;
P  108  154;
P  46  perdita
Poiché si è realizzato un profitto negativo probabilmente l’impresa è indotta ad abbandonare il
mercato. Per decidere il comportamento da seguire, però è opportuno, confrontare il prezzo di
mercato con il costo medio variabile.
Avremo pertanto:
CMV 
CV 6 y 2

 6 y  6  3  18.
y
y
Poiché il prezzo di vendita p  36 è maggiore del costo medio variabile, all’impresa converrebbe
rimanere ancora sul mercato.
Esercizio n. 46
La curva di costo medio di un’impresa è:
CM  y  2 
a)
b)
Scrivere la generica funzione del profitto;
scrivere la funzione del profitto in corrispondenza del prezzo del bene pari a p  8 .
Risoluzione
a)
3
.
y
La funzione del profitto dell’impresa è:
P  R  C.
Moltiplicando il valore di CM per la quantità y otteniamo il valore del
costo totale:
C  CM  y ;

3
C   y  2   y  y 2  2 y  3
y

quindi il profitto dell’impresa sarà


P  py  y 2  2 y  3 ;
P  py  y 2  2 y  3 ;
P   y 2  y  p  2  3 .
b)
Inserendo il valore p  8 nell’ultima uguaglianza si ha:
P   y 2  10 y  3 .
Esercizio n. 47
Un’impresa produce due beni affrontando il seguente costo totale congiunto di produzione
C  q12  q1q2  2q22 .
I prezzi di vendita sono rispettivamente p1  1300 e p2  1700 ; le quantità prodotte sono indicate
con i simboli q1 e q 2 .
Determinare la combinazione produttiva che massimizza il profitto.
Risoluzione
Il profitto rappresenta la differenza (positiva) fra ricavo totale e costo totale, quindi:
P  R C
P   p1q1  p2 q2   C;
P  1300q1  1700q2  q12  q1q2  2q22  ;
P  1300q1  1700q2  q12  q1q2  2q22 .
I valori di q1 e q 2 che massimizzano il profitto sono ottenuti calcolando le derivate parziali della
funzione del profitto:
P
 1300  2q1  q 2 ;
q1
P
 1700  q1  4q 2 ;
q 2
poniamo la condizione del primo ordine e risolviamo il sistema con il metodo di riduzione
moltiplicando per -2 la seconda equazione del sistema; si avrà:
1300  2q1  q2  0  2q1  q2  1300 2q1  q2  1300




1700  q1  4q2  0  q1  4q2  1700 q1  4q2  1700
2q1  q 2  1300

 2q1  8q 2  3400
//
 7q2  2100
e dunque q 2 
2100
 300 .
7
Per sostituzione nella prima equazione del sistema avremo:
2q1  300  1300 ;
2q1  1000 ;
q1  500 .
Possiamo ora determinare il profitto inserendo nella sua equazione i valori q1  500 e q2  300 :
P  1300  500  1700  300  500 2  500  300  2  300 2 ;
P  650000  510000  250000  150000  180000  580000 .
Esercizio n. 48
Analizzare e rielaborare i dati relativi al seguente problema di ricerca operativa.
Introdotta nel mercato europeo, un'impresa italiana passa da un regime di monopolio ad uno di
concorrenza perfetta. Le spese di produzione si suddividono in spese fisse di euro 5000, costi di
lavorazione di euro 7.5 per ogni unità prodotta e spese di manutenzione impianti pari allo 0.5%
del quadrato della quantità prodotta. Il prezzo di vendita di ogni bene prodotto è di euro 20 .
Rappresentare la funzione del profitto trovandone il massimo; indicare quali sono i limiti di
produzione per non essere in perdita.
Risoluzione
La funzione del costo totale è uguale a :
C  y   5000  7.5 y  0.005 y 2 .
La funzione del ricavo:
R y   20 y .
La funzione del profitto P y   R y   C y  è quindi


P y   20 y  5000  7.5 y  0.005 y 2 .
Si è costruito così il modello matematico relativo al nostro problema:
Modello matematico
P y   5000  12.5 y  0.005 y 2 con y  0.
a) L'azienda non è in perdita se il profitto è non negativo per cui si dovrà porre
 5000  12.5 y  0.005 y 2  0 ,
risolvendo tale disequazione di secondo grado si ottiene 500  y  2000 .
L'azienda non è in perdita se la produzione appartiene a questo intervallo. La produzione
minima che consente di non essere in perdita è y  500 .
b) per determinare la produzione per avere il massimo profitto si osserva che il grafico relativo alla
funzione del profitto è una parabola con la concavità rivolta verso il basso pertanto il massimo si
ha in corrispondenza del vertice. Si ha
y
b
12.5

 1250 .
2a
2   0.005
Allora, si ha un punto di massimo in y  1250 con massimo profitto
P  5000  12.5  1250  0.005  1250  2812.5
2
Rappresentazione del grafico della funzione: si determinano vertice e intersezione con gli assi
cartesiani.
Si ha
P  5000  12.5 y  0.005 y 2
- vertice V:
b
 1250
2a
PV  2812.5
(calcolato in precedenza ).
yV  
- intersezione con asse ascisse:
si deve risolvere il sistema tra l'equazione della parabola P  5000  12.5 y  0.005 y 2 e
l'equazione dell'asse delle ascisse P  0 ; ottenendo
 5000  12.5 y  0.005 y 2  0
e quindi
y1, 2 
 12.5  156.25  100
 0.01
y1  500
y 2  2000
per cui i punti di intersezione con l'asse y sono
A 500,0 e B 2000,0 ;
ordinate:
si deve
e
ordinate
P  5000
per cui il
l'asse
di
funzione
intersezione
con
asse
risolvere il sistema tra
l'equazione della parabola
P  5000  12.5 y  0.005 y 2
l'equazione dell'asse delle
y  0 , ottenendo
punto di intersezione con
delle ordinate è C 0,5000 ;
seguito il grafico
della
del profitto.
Esercizio n. 49
Piero è un compositore di brani musicali, che poi vende ai suoi committenti. Egli partecipa a un
mercato di concorrenza perfetta, le cui attuali curve di domanda e offerta sono rappresentate
rispettivamente da
q D  80000  200 p e q S  5000  50 p .
In tali funzioni, q indica il numero totale di brani musicali domandati e offerti in un mese,
mentre p è il prezzo in euro di tali brani.
Ciascuno dei compositori attivi in tale mercato è caratterizzato da una funzione di costo totale pari
a
C  10 y 2  100 y  1000 ,
dove y misura il numero di brani composti da ogni singolo musicista.
a) Individuare prezzo e quantità di equilibrio di tale mercato.
b) Determinare la quantità ottimale di composizioni musicali che Piero offrirà ogni mese, il
suo profitto e il numero di compositori globalmente presenti nel mercato.
Risoluzione
a) Per trovare il prezzo di equilibrio vigente sul mercato, basta imporre l’uguaglianza tra
quantità domandata e quantità offerta. Sarà perciò
80000  200 p  5000  50 p ,
e quindi p*  300 € e q*  20000 composizioni.
b) Il livello ottimale di produzione per un’impresa perfettamente concorrenziale è quello per il
quale il costo marginale coincide con il prezzo. Siccome qui è
C' 
dC
 20 y  100 ,
dy
sarà
20 y  100  300 .
Da ciò discende che, al prezzo di 300 € per brano composto, Piero troverà ottimale scrivere
y*  20 composizioni ogni mese, che gli garantiranno un profitto di P*  3000 . Il numero
di compositori che operano attualmente nell’industria musicale qui configurata è
n
q 20000

 1000 .
y
20
4.2. Il monopolio.
Il modello teorico del monopolio unilaterale puro e perfetto è caratterizzato da:
1) l’esistenza di un solo produttore offerente di fronte a molti domandanti;
2) l’impossibilità di entrata di altri produttori;
3) l’inesistenza di trasparenza per i compratori;
4) l’offerta di un prodotto che possiede precise caratteristiche merceologiche ed è senza
succedanei. Esso può peraltro essere differenziato da parte del monopolista se tale
differenziazione gli consenta di aumentare i profitti per cui, in tale caso, il monopolio non sarà
più puro.
Supponendo l’esistenza di tali condizioni, il monopolista ha idealmente davanti a sé la curva di
domanda di mercato.
In base ad essa gli è possibile costruire la funzione del ricavo totale, come è indicato nella figura 37.
Figura 37
Sul grafico a è indicata la curva di domanda. Ogni combinazione prezzo-quantità espressa dalle
coordinate di ogni suo punto definisce un ammontare di ricavo totale, dato da p  y , raffigurato e
misurato dall’area di ognuno dei rettangoli come quelli indicati sulla figura.
Sul grafico b ogni ricavo totale è posto in relazione alla quantità che lo origina. Ogni ordinata ha
l’altezza pari al numero che esprime l’area di ciascuno dei rettangoli del grafico a.
Si potrebbe controllare come ogni curva di domanda, che non abbia in ogni suo punto un’elasticità
unitaria ma variabile, passando da valori eD  1 a valori  1 , dia origine ad una curva di ricavo
totale quale quella tracciata sul grafico b.
Essa, che può anche essere considerata la curva di una funzione denominata la funzione di spesa
totale del mercato, è crescente fino a che la curva di domanda ha un’elasticità puntuale maggiore di
1, cioè fino a quando la riduzione del prezzo comporta un aumento della quantità acquistata più che
proporzionale, tale da dare luogo ad una spesa crescente. La funzione ha il suo massimo nel punto
corrispondente alla combinazione  p, y  della curva di domanda nella quale quest’ultima ha
elasticità puntuale pari ad 1. Dopo tale punto, quando la curva di domanda ha elasticità puntuali
minori di 1, la funzione del ricavo totale decresce.
Premesso che il monopolista non può congiuntamente imporre prezzo e quantità ai consumatori,
perché in tal caso non si potrebbe parlare di mercato, se egli intende massimizzare il proprio profitto
di monopolio dovrà tenere conto della propria funzione di costo totale complessivo per determinare
la quantità che gli permette tale massimizzazione.
Allora, come nel caso precedente, le condizioni di massimo del primo ordine sono espresse da
P y   R y   C y   max
e da
P'  y   R'  y   C'  y   0 .
Il ricavo marginale deve essere uguale al costo marginale.
La condizione del secondo ordine è espressa da
P' '  y   R' '  y   C' '  y   0 .
La differenza rispetto al caso della concorrenza è data dal fatto che ora, in presenza di una curva di
domanda decrescente, il ricavo marginale non è costante e coincidente col prezzo, bensì variabile e
minore del prezzo.
Per convincersene si possono osservare gli angoli  indicati sul grafico b. Le loro tangenti
trigonometriche indicano i ricavi medi, ossia i prezzi della curva di domanda, poiché ogni ordinata
della funzione del ricavo totale è data dal prodotto p  y . Se si confrontano ora questi angoli con
ciascuno dei corrispondenti angoli  le cui tangenti trigonometriche rappresentano i ricavi
marginali, si constata che questi ultimi sono minori. Nel punto di massimo il ricavo marginale si
annulla e poi diventa negativo quando il ricavo totale inizia a decrescere.
La figura 38 rappresenta la posizione di equilibrio.
Figura 38
Sul grafico a sono riportate le funzioni del ricavo totale, del costo totale e del profitto mentre sul
sottostante grafico b sono rappresentate le funzioni del costo marginale, del costo medio, del ricavo
marginale e del prezzo (cioè la curva di domanda).
La perpendicolare all’asse y fatta passare per il punto E , nel quale costo marginale e ricavo
marginale si incrociano, determina, sull’asse y , la quantità y e, sulla curva di domanda, il prezzo
p , che garantiscono il profitto massimo di monopolio.
La condizione del secondo ordine, che garantisce si tratti di un massimo è ancora espressa da
P' '  y   R' '  y   C' '  y   0 ,
ma a differenza della concorrenza ora non si verificano P' '  y   0  C' '  y   0
perché ora R' '  y  non è nullo ma negativo.
e C' '  y   0 ,
La differenza tra R' '  y  e C ' '  y  , che fornisce P' '  y , può essere negativa anche se C'  y  è
decrescente (e perciò C' '  y   0 ) purchè R'  y  , pure decrescente, abbia una pendenza maggiore.
L’equilibrio cioè può essere raggiunto anche in presenza di un costo marginale decrescente.
Sul grafico b è ipotizzato un costo marginale crescente nel punto di incrocio per cui il costo medio
unitario è minore. In tale caso l’area tratteggiata ApBF rappresenta il puro profitto di monopolio,
perché il profitto normale è compreso assieme ai costi fissi nell’importo del costo medio.
Potrebbe però accadere che la posizione della curva di domanda sul piano o l’andamento della
funzione di costo marginale siano tali che l’equilibrio si determini in un punto in cui il costo
marginale sia decrescente.
Sui grafici a e b della figura 39 sono presentate due situazioni che aiutano a chiarire questo aspetto.
Figura 39
Nel grafico a il costo marginale è decrescente e taglia la curva del ricavo marginale in due punti E '
ed E . La posizione di equilibrio non può essere E ' perché la C'  y  taglia la R'  y  dall’alto in
basso. Ciò comporta che la pendenza della prima e cioè C ' '  y  , è maggiore di quella di R'  y  , ossia
R' '  y , per cui la differenza
P' '  y   R' '  y   C' '  y 
non sarebbe negativa bensì positiva.
Ciò non accade nel punto E in cui la C'  y  taglia la R'  y  dal sotto e perciò ha pendenza minore.
Nel grafico b invece la C'  y  taglia la R'  y  in un solo punto E uguale all’omonimo del grafico a.
In ambedue questi casi, essendo il costo marginale decrescente, il costo medio ne è sicuramente
maggiore per cui l’importo dato da C'  y   y sarà minore del costo totale complessivo sostenuto.
Una parte del profitto di monopolio sarà pertanto assorbita da questa perdita. Come nel caso
concorrenza però anche ora i punti come E corrispondono alla posizione ottimale.
Esercizio n. 50
La funzione q  40  p esprime la domanda di mercato.
La funzione di costo del monopolista è C  4q .
Determinare:
a)
b)
la quantità offerta;
il prezzo di mercato;
c)
il profitto del monopolista.
Risoluzione
a)
Conviene trasformare la funzione di domanda diretta nella funzione di domanda inversa, per
cui, si avrà:
p  40  q
La condizione di equilibrio in un mercato monopolistico è espressa dall’uguaglianza
costo marginale e ricavo marginale:
C '  R'
Il costo marginale non è altro che la derivata prima della funzione di costo totale, quindi
C' 
dC
 4.
dq
Il ricavo marginale è la derivata prima della funzione di ricavo totale:
R  pq;
che in base alla equazione della funzione di domanda inversa si può scrivere nella forma
R  40  q q  40q  q 2
la cui derivata è
dR
 40  2q ;
dq
quindi
R'  40  2q .
Pertanto la condizione di equilibrio del mercato diventa
4  40  2q ;
2q  36 ;
q*  18 .
b)
Il prezzo di mercato si otterrà sostituendo q  18 nella funzione di domanda inversa
p*  40  18  22 .
c)
Il profitto è espresso dalla relazione
fra
P  Ricavo  Costo
P  p  q  Cq ;
P  22 18  4 18  396  72  324 .
Previa massimizzazione della funzione del profitto, l’esercizio può avere uno
alternativo:
nella funzione del profitto inseriamo i valori di p e di C:
svolgimento
P  p  q  Cq 
P  40  qq  4q ;
P  40q  q 2  4q ;
P  36q  q 2 .
Di tale funzione possiamo calcolarne il punto di massimo relativo:
si ha
dP
 36  2q
dq
e ponendo la condizione del primo ordine, risulta che
36  2q  0  36  2q  q  18 .
Verifichiamo che q  18 è un punto di massimo relativo:
d 2P
 2  0.
dq 2
Sostituendo q  18 nell’equazione del profitto si avrà
P  36  18  18 2  648  324  324
4.3. Il duopolio.
Viene indicata con oligopolio la forma di mercato in cui opera un numero ristretto di imprese,
ciascuna delle quali controlla una parte considerevole della quantità totale. In gergo si dice
oligopolistico il mercato in cui da due a dieci imprese controllano dal 40% al 100% dell’offerta
totale. In situazioni del genere, nessuna impresa può ignorare o prescindere da quello che fanno le
rivali.
Quindi caratteristica peculiare dell’oligopolio è l’indeterminazione oligopolistica, una situazione
questa attribuibile alla circostanza che l’impresa non è in grado di conoscere come il mercato
reagirà alle proprie decisioni, e ciò per la semplice ragione che gli oligopolisti sono strategicamente
collegati fra loro. Ne deriva che il miglior corso d’azione per un’impresa dipende anche in buona
parte dalla politica seguita dai rivali. Così, se A sceglie l’azione a, B adotterà b; ma se B pone in
essere b, allora A reagirà con a' , e se A decide di reagire con a' , B potrà controreagire con b' e così
via.
Anche l’oligopolista, al pari del monopolista e dell’impresa in concorrenza perfetta, conosce le sue
curve di costo, ma mentre questi ultimi possono confrontare tali curve con una ben definita curva di
domanda (e quindi con una ben definita curva di ricavo), all’oligopolista ciò non è consentito dato
che egli non può mai sapere con certezza quale quota della domanda di mercato gli spetta.
Non esiste, dunque, in oligopolio la curva di domanda per la singola impresa. La quantità che
l’oligopolista potrà vendere in corrispondenza di un certo prezzo dipenderà dalla natura e dal grado
dei nessi di interdipendenza tra le imprese che compongono il mercato.
Naturalmente, questo non significa che il mercato oligopolistico non raggiunga, nella realtà, una
data configurazione di equilibrio. Vuol dire piuttosto che i valori di equilibrio delle variabili in
gioco non sono univocamente determinabili mediante quegli strumenti di analisi che invece
abbiamo visto essere sufficienti nelle altre forme di mercato.
Il primo modello di oligopolio viene sviluppato dall’economista francese Augustin Cournot , al
quale si deve il primo, semplice ma non banale, modello di duopolio, ossia di oligopolio con due
offerenti.
Supponiamo con Cournot che le due imprese 1 e 2 producano un bene omogeneo, conoscano la
curva della domanda del mercato, intendano massimizzare il proprio profitto e che non abbiano
costi.
Devono perciò decidere nello stesso tempo e indipendentemente l’una dall’altra la quantità da
produrre y1 e y 2 ben sapendo che il prezzo unitario percepito dipenderà dalla quantità totale
y  y1  y2 venduta.
Il punto base del modello di Cournot è che ognuna delle due imprese determina la propria quantità
da produrre supponendo data la quantità prodotta dalla concorrente. In altre parole ognuna stabilisce
la propria quantità da offrire supponendo alternative quantità offerte dall’altra.
Consideriamo l’impresa 1: se suppone che la 2 non produrrà nulla, essa produrrà la quantità che
fornisce il massimo profitto di monopolio; se suppone che la 2 produrrà una certa quantità y 2 , essa
produrrà una quantità ovviamente minore della prima; se suppone infine che la 2 produrrà tutta la
quantità che il mercato può assorbire, essa non produrrà nulla.
La conseguenza è che la (variabile) quantità y1 producibile dall’impresa 1 che le assicura il
massimo profitto è funzione inversa, ossia decrescente, della quantità che la 1 stessa ipotizza sarà
prodotta dalla 2.
La quantità y1 è quindi funzione decrescente di y 2 e cioè y1  f  y2  . Questa funzione è stata
denominata in seguito, cioè non da Cournot, curva di reazione di 1. In base allo stesso
ragionamento otterremo la curva di reazione di 2, ossia y2  f  y1  .
Perché curva di reazione? Perché indica quali sono le reazioni, in termini di y1 per l’impresa 1 e di
y 2 per l’impresa 2, alle quantità alternative che si ipotizzano portate sul mercato dall’altro (2 o 1
rispettivamente).
A questo punto è agevole intuire che la soluzione di equilibrio in termini di y1 e y 2 è data
dall’intersezione, se esiste, delle due curve di reazione.
Si fornisce, per maggiore chiarezza, una illustrazione analitica.
Per semplicità si continua a supporre che i costi delle due imprese siano nulli e che la curva di
domanda sia una retta
p  a  by
che potrebbe anche essere scritta nella forma inversa
y
a 1
 p
b b
Il ricavo totale dell’impresa 1 è
R y1   py1  a  by y1
che, tenendo presente il vincolo y  y1  y2 , può scriversi
R y1   a  by1  by 2 y1  ay1  by12  by 2 y1 ,
da cui si può trarre la funzione del ricavo marginale calcolandone la derivata prima
R'  y1   a  2by1  by2
Il profitto massimo si ha in generale con la quantità di y1 per la quale il profitto marginale P'  y1  si
annulla, ossia
P'  y1   R'  y1   C'  y1   0
e perciò
R'  y1   C'  y1 
Siccome i costi sono nulli, tale uguaglianza richiede di uguagliare a zero l’espressione del ricavo
marginale, vale a dire:
a  2by1  by2  0 ,
da cui otteniamo la curva di reazione dell’impresa 1:
y1 
a 1
 y2
2b 2
solo in funzione del ricavo marginale.
Procedendo allo stesso modo per l’impresa 2 otteniamo la curva di reazione dell’impresa 2:
y2 
a 1
 y1 .
2b 2
Le due equazioni che descrivono algebricamente le curve di reazione dei duopolisti formano un
sistema di due equazioni nelle due incognite y1 e y 2 . I valori di y1 e y 2 , che otteniamo risolvendo
tale sistema e che indicheremo con y1* e y 2* , rappresentano l’equilibrio di Cournot. Quindi
sostituendo il valore di y 2* espresso dalla seconda nella prima si ottiene
y1* 
1a
,
3b
che, a sua volta sostituito in una delle due, fornisce
y 2* 
1a
3b
L’equilibrio di Cournot, geometricamente, altro non è che l’intersezione delle due curve di reazione
indicata dal punto E C sul grafico b nella figura 40 dal quale, permanendo le condizioni ipotizzate,
nessuna delle due imprese ha interesse a muoversi. Esso rappresenta perciò un equilibrio stabile.
Figura 40
Così la quantità totale prodotta y  y1  y2 sarà:
y1*  y 2* 
2 a

3 b
cioè i 2 3 della quantità massima che il mercato sarebbe disposto ad assorbire a prezzo pari a zero,
quantità che è pari a a b e che in assenza di costi marginali viene a coincidere con quella che si
produrrebbe in concorrenza.
Sostituendo questa quantità nell’equazione della curva di domanda si determina il prezzo unitario
ad essa corrispondente che, nel nostro esempio, risulta pari a
p*  a  b
2a
2
1
a a  a.
3b
3
3
Il fatto che le due imprese assieme producano, nel contesto del modello, i 2 3 della quantità di
concorrenza porta a concludere che in 3 produrranno 3 4 , in n produrranno n n  1 della
suddetta quantità.
Ancora, si può dimostrare che, in un oligopolio di Cournot con n imprese, se n tende a infinito,
l’equilibrio di Cournot tende a coincidere con l’equilibrio perfettamente concorrenziale.
Due osservazioni importanti.
Si può essere certi che un equilibrio di Cournot esista sempre?
In generale, le curve dei costi marginali dei duopolisti e la curva di domanda di mercato potrebbero
essere tali che le curve di reazione non si incontrino nel quadrante positivo o siano parallele.
Assumendo la nullità dei costi e la linearità della funzione di domanda, Cournot evita tale
inconveniente. Infatti, in assenza di costi, la condizione di equilibrio dipende unicamente dalle
funzioni del ricavo marginale; le due curve di reazione sono allora simmetriche e si intersecano nel
quadrante positivo.
La seconda osservazione concerne il modo in cui si può pensare che l’equilibrio di Cournot venga
raggiunto. Si nota, anzitutto, che nell’equilibrio di Cournot le aspettative di ciascuna impresa circa
il comportamento del rivale sono confermate. Ciò nel senso che se il duopolista 1 si aspetta che il
duopolista 2 produca proprio y 2* e 2 si aspetta che 1 produca proprio y1* , l’equilibrio di Cournot e
ciò che emerge da tale duopolio.
Ma che dire se le imprese hanno aspettative che non coincidono con la coppia di livelli di
produzione y1* , y 2* ?
In tale caso occorre pensare a un processo di aggiustamento, ovvero di avvicinamento progressivo
all’equilibrio.


Supponiamo ora che le due imprese, invece di prendere le proprie decisioni ciascuna per proprio
conto, si mettano d’accordo. Ciò implica il comportarsi come un monopolista.
Servendosi dell’equazione della curva di domanda si possono determinare quantità e prezzo.
Il ricavo totale può infatti scriversi
R y   py  a  by y  ay  by 2 .
Il ricavo marginale risulta essere
R'  y   a  2by
ed essendo il costo marginale supposto pari a zero, basterà uguagliarlo a zero per ottenere
y m* 
a
.
2b
Si può constatare che la quantità prodotta in oligopolio collusivo, ossia in monopolio, è minore di
quella prodotta dai duopolisti e che il prezzo è maggiore risultando essere
pm  a  b
a 1
 a .
2b 2
Se i duopolisti hanno pari capacità produttiva produrranno ognuno a 4b .
Il profitto che essi otterranno colludendo è pari ad a 2 4b , maggiore di quello senza collusione dato
da 2a 9b .
Sul grafico b della figura sono indicati a titolo di confronto anche il punto EM , che rappresenta la
collusione oligopolistica ossia il monopolio, e il punto E che rappresenta la situazione
concorrenziale. Quest’ultima, data l’ipotesi di mancanza di costi, corrisponde a profitto zero e
prezzo zero per la quantità massima assorbibile dal mercato.
Il punto EM è posto su una curva, nel nostro caso una retta, che sul grafico b unisce i due punti
corrispondenti alla quantità totale producibile in monopolio a 2b . Tutti i punti di questa retta
rappresentano le combinazioni delle produzioni y m1 e y m 2 che possono essere adottate dai
duopolisti in alternativa alla uguale ripartizione a 4b e che garantiscono tutte il profitto massimo
globale. Questa curva è denominata curva dei contratti.