Come massimizzare i risultati nell’allenamento Titolo “FP2N – Forza, Potenza, Nutrizione & Performance” Autori Gian Mario Migliaccio, Michele Spreghini Proprietà Letteraria Riservata © 2017 Sport Science Lab S.R.L. ISBN 978-88-942463-0-8 Ringraziamenti La società Motustech S.R.L. nella figura di Emidio Di Laura Frattura per il supporto organizzativo e tecnico nella misurazione della potenza e per l’approfondimento inserito in questo eBook e scritto dall’Ing.Luca Molinaro Il Fotografo Danilo Anedda per la foto di copertina Il Grafico Athos Andreani per la composizione grafica Il Creativo Fabio Ferrante per l’idea del nome FP2N Immagini Adobe Stock Tutti i diritti sono riservati a norma di legge è vietata qualsiasi duplicazione del presente eBook senza l’autorizzazione scritta dell’Autore e dell’Editore. Le indicazioni riportate in questo eBook sono basate sia su evidenze scientifiche che su suggerimenti basati sull’esperienza degli autori. Il libro ha esclusivamente scopo formativo e non sostituisce alcun tipo di trattamento medico o nutrizionale. Qualunque attività fisica riportata o ispirata dal testo deve essere effettuata dopo una idonea visita medico-sportiva come da disposizioni vigenti. Qualunque programma alimentare riportato o ispirato dal testo deve essere attuato dopo un consulto con uno specialista della Nutrizione. FP2N Forza, Potenza, Nutrizione & Performance Come migliorare i risultati nello Sport e nell’attività fisica Gian Mario Migliaccio Michele Spreghini INDICE Sommario PREFAZIONE................................................................................................6 PRIMA PARTE...............................................................................................7 La Forza? Inizia dalla testa................................................................................7 Il movimento...................................................................................................9 La Sinapsi.......................................................................................................10 Le fibre muscolari...........................................................................................11 Tutto o nulla..................................................................................................13 La contrazione muscolare...............................................................................14 La contrazione muscolare in movimento........................................................16 L’allenamento della Forza...............................................................................17 La Stabilizzazione...........................................................................................18 La Specificità..................................................................................................19 L’individualizzazione......................................................................................19 Forza e Sport..................................................................................................20 Bibliografia.....................................................................................................22 SECONDA PARTE.......................................................................................24 La Potenza......................................................................................................24 Forza in velocità.............................................................................................24 Relazioni tra forza e velocità...........................................................................26 Relazione tra forza e potenza..........................................................................28 Il ruolo del preparatore fisico..........................................................................29 L’allenamento neuromuscolare applicato agli sport.........................................30 Calcolare la velocità ed il carico ottimale........................................................31 Esempio di allenamento di Potenza................................................................33 Conclusioni....................................................................................................35 Bibliografia.....................................................................................................37 TERZA PARTE.............................................................................................38 Nutrizione applicata allo sviluppo e/o al mantenimento della potenza, della forza e della performance in generale.......................................................................38 Macronutrienti...............................................................................................39 Carboidrati.....................................................................................................39 Proteine..........................................................................................................42 Lipidi.............................................................................................................45 Da portare a casa............................................................................................47 Micronutrienti...............................................................................................50 Minerali.........................................................................................................54 Conclusioni sui micronutrienti.......................................................................56 Conclusione...................................................................................................57 QUARTA PARTE..........................................................................................58 La misura di forza, velocità e potenza.............................................................58 PREFAZIONE Perché questo libro? FP2N ovvero Forza, Potenza, Nutrizione & Performance nasce dai Social ed entra nel mondo “reale”. Le nostre pagine “Gian Mario Migliaccio – Training & Performance” e “Fit for Dummies”, nate entrambe nel 2016, si sono posizionate nei principali social, Facebook e YouTube, affrontando argomenti ritenuti “ostici”, ovvero le evidenze scientifiche, cercando di spiegarne man mano i vantaggi, le opportunità ma anche le insidie e la pseudo-scienza che può trarre in inganno. FP2N è stato un Tour organizzato a Roma, Milano ed altre città italiane che ha coinvolto centinaia di persone, o meglio, nostri followers. Questo testo è la sintesi di quegli incontri, sia per chi c’era che per chi se lo fosse perso. Una sintesi più accurata delle slide del corso ma pur sempre un “punto di partenza”. Argomenti così importanti, e distanti, tra loro non possono di certo essere chiariti in un testo di 100 pagine ed infatti non era questo il nostro obiettivo. Al termine di questo testo troverai infatti un ”QrCode” che potrai fotografare con il tuo Smartphone (usa una delle tante APP gratuite) e quindi sarai invitato al gruppo privato per continuare ad approfondire. Potrai fare la tua domanda ed avere la risposta da parte nostra, il gruppo sarà sempre aperto per il 2017. Tutte le domande saranno poi inserite nell’aggiornamento del libro a partire da settembre. Grazie se sei un nostro “follower”, e grazie anche se hai comprato questo eBook, o libro, e magari sceglierai di seguirci anche online da oggi in poi. Teniamoci in contatto nel gruppo, ma prima leggi il libro! Gian Mario & Michele PRIMA PARTE La Forza? Inizia dalla testa. Ogni azione motoria che intenzionalmente effettuiamo nell’esecuzione di un gesto sportivo viene compiuta grazie al reclutamento di una unità motoria; questa è a sua volta attivata dall’attività elettrica generata nella corteccia cerebrale, nella zona del lobo frontale in un processo che porta all’azione muscolare finale. (1) L’attività elettrica percorre quindi il sistema nervoso nelle sue due aree anatomiche: centrale e periferico. Il sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) ed il sistema nervoso periferico (derivazioni nervose che partono dal midollo e recettori) vengono interessate al passaggio dell’attività elettrica verso il muscolo. Il sistema nervoso periferico, sensoriale e motorio, è quindi quello dove focalizzeremo maggiormente l’attenzione parlando di esercizio fisico e soprattutto di Forza e Potenza. Capire infatti come la nostra performance può essere influenzata anche da fattori esterni è importante; infatti il sistema nervoso è fortemente influenzato dalla parte sensoriale ovvero dai recettori che catturano le informazioni dall’esterno, tramite gli organi di senso, e le trasportano al cervello. Consentendo l’elaborazione della risposta, a volte anche motoria. Quando vediamo un atleta che prima di un salto chiede un sostegno al pubblico dello Stadio oppure quando un allenatore manda segnali all’atleta durante la gara sono tutte azioni che influenzano fortemente la prestazione. La causa è nei segnali che vengono recepiti dagli organi di senso dell’atleta ed inviati al cervello per una elaborazione della risposta, con un forte effetto sul risultato finale. Anche in una singola contrazione muscolare del bicipite ad esempio, gli effetti e, l’efficacia, saranno diversi se sarà l’atleta a programmare l’inizio della contrazione in maniera autonoma o dopo un segnale esterno; ed ancora l’effetto sarà diverso se il segnale sarà sempre lo stesso o proveniente da un suono diverso e sconosciuto. Se vogliamo rendere l’azione motoria sempre più efficace dobbiamo pensare che il movimento “parte dalla testa” e non dal muscolo. E nello Sport anche prima. Un movimento sportivo infatti può iniziare anche da una causa esterna al nostro corpo, ad esempio con il fischio di partenza, ed il nostro sistema nervoso dovrà essere allenato a gestire anche questa richiesta. In alcuni sport il tempo di risposta tra il suono di partenza e l’effettiva partenza viene rilevato dagli strumenti e si chiama “reaction time”, un atleta che ha anche solo una frazione di decimo di secondo di latenza rispetto al suo avversario può compromettere il risultato finale in una gara che si svolge in pochi secondi. Il movimento Se la risposta elaborata dal sistema nervoso centrale è finalizzata ad un movimento del corpo si attiva il Sistema Motorio. Le funzionalità del nostro organismo avvengono sia intenzionalmente che in maniera automatica o involontaria. Il sistema nervoso somatico (parte del Sistema Motorio) è responsabile del controllo volontario dei movimenti dei muscoli scheletrici, ma c’è da considerare a proprio a causa di questo movimento si attiveranno ulteriori risposte fisiologiche, aggiustamenti, che sono controllati dal Sistema Autonomo. Un gesto semplice e comune, quale può essere una contrazione del bicipite con un manubrio, comporta l’attivazione di tutti i processi, dalla decisione del sistema nervoso ad avviare il movimento fino alla risposta fisiologica. Un atleta che inizia la sua prima esecuzione al “go!” del suo trainer infatti attiva i recettori sensoriali tramite l’udito, che trasferiscono il feedback verso il cervello per l’elaborazione della risposta motoria che si tradurrà in attivazione di vari muscoli, attivati in sincronia, che sposteranno il manubrio verso il tronco. Ed in questa azione, volontaria, si attivano le risposte fisiologiche che consentono di aumentare il battito cardiaco, aumentare il flusso di sangue ai muscoli impegnati, attivare le attività energetiche ed endocrine e così via. Queste risposte fisiologiche sono involontarie e vengono attivate dal Sistema Nervoso Autonomo, diviso in simpatico e parasimpatico, che è deputato alle funzionalità automatiche ovvero che non richiedono l’intenzionalità, se non in parte. (2) Se facciamo con l’immaginazione il viaggio nel nostro corpo pensando al movimento finale del manubrio che si muove possiamo immaginare una “scarica” elettrica che scorre dal Cervello al Midollo e da questo fino al braccio. I segnali inviati dal sistema nervoso sotto forma di cariche elettriche vengono infatti trasportati dal motoneurone, il neurone che è deputato al trasporto del segnale motorio. Il segnale che arriva dal sistema nervoso centrale fa “contatto” a livello del midollo spinale e, come se fosse uno scambio dei treni su una rotaia, il segnale andrà nel muscolo bersaglio, in questo caso il bicipite. L’unione del motoneurone con le fibre muscolari da esso innervate forma l’unità motoria. Questa è la parte minima sotto il profilo fisiologico ed è fondamentale per la comprensione del fenomeno chiamato “tutto o nulla” , ovvero per ogni impulso che arriva tutte le fibre muscolari della stessa unità motoria si contrarranno simultaneamente. La Sinapsi Il passaggio dell’impulso nel motoneurone ha bisogno di un conduttore del segnale, chiamato assone, e la trasmissione dell’impulso avviene principalmente con due modalità: elettrica e chimica. Quando parliamo di Sinapsi il segnale passa dalla cellula del sistema nervoso alle altre cellule, in questo caso muscolari, attraverso un “contatto” di tipo chimico ovvero con il passaggio del potenziale di azione tra le cellule. In questo passaggio chimico sono fondamentali i neurotrasmettitori che, racchiusi in piccole vescicole di forma sferica, vengono rilasciati nello spazio sinaptico e quindi una volta arrivati nella cellula ricevente vengono richiamati da appositi recettori. I recettori in eccesso vengono riassorbiti consentendo la resintesi del neurotrasmettitore. La soglia di assunzione di un neurone motore è direttamente correlata alla dimensione del suo assone; maggiore è l’assone, maggiore è la quantità di stimolazione richiesto (3). Le fibre muscolari Nell’allenamento dell’atleta questo concetto risulta fondamentale quando ci si sofferma sulle intensità di esecuzione durante un esercizio , unità motorie più piccole hanno soglie di reclutamento più basse e vengono reclutate prima , anche con carichi leggeri. Unità motorie più grandi hanno soglie di attivazione più elevate, producono una maggiore quantità di forza ma si attiveranno con carichi più elevati. Questo ordine di reclutamento di unità motorie progredisce allo stesso modo, indipendentemente dal tipo di azione muscolare eseguita. Il muscolo è composto da una integrazioni di fibre di diversa dimensione ed utilizzo, una composizione mista che è data principalmente da caratteristiche genetaiche, ma che non determina in maniere esclusiva la prestazione dell’atleta. Le fibre sono catalogate in diversi nomi, anche con terminologie molto variabile: • Fibre a basso livello di attivazione: rosse, lente, slow twitch o di Tipo I • Fibre ad alto livello di attivazione: bianche, veloci, fast twitch o di Tipo II • Fibre intermedie: miste o di Tipo IIa, IIb e IIx con diverse caratteristiche di resistenza alla fatica Da questo ragionamento si capisce come le unità motorie costituite dalle fibre più lente vengano attivate per prime per poi, progressivamente, attivare le Fibre Intermedie fino a quelle veloci. Ogni muscolo possiede quindi una vasta gamma di unità a motore di dimensioni variabili, più unità motorie sono presenti in ordine di grandezza crescente in quello che viene definito come “principio di Henneman” (4). In un allenamento di forza sia la resistenza al carico che la velocità di accelerazione avranno quindi un ruolo importante nel determinare la tipologia di fibre muscolari che saranno chiamate ad eseguire il movimento. Maggiore sarà il carico utilizzato e diverse saranno le unità motorie reclutate, con le fibre veloci reclutate solo per carichi compresi tra gli 1-5 RM. La crescita del muscolo è quindi soggetta a numerosi parametri che passano dalla tipologia dell’attività fisica, al carico utilizzato, alla velocità di esecuzione ed alla nutrizione dell’atleta. Solo la corretta valutazione di tutti i parametri consente infatti di ottimizzare il rapporto anabolico/catabolico per massimizzare i processi anabolici e ridurre gli effetti catabolici anche causati da specie reattive dell’ossigeno, radicali liberi, citochine infiammatorie, cortisolo etc. Disegnare un allenamento di Forza non è quindi un processo facile poiché i processi anabolici saranno sempre costantemente frenati da quelli catabolici ed ogni strategia non ottimale adottata può portare ad una perdita di adattamenti, a volte anche rapida. Tutto o nulla La contrazione muscolare dipende quindi da una eccitazione nervosa che, propagandosi lungo il sistema nervoso ad una velocità di oltre 10metri al secondo, arriva al muscolo contraendolo. La fibra muscolare si contrae completamente quando lo stimolo è superiore alla sua soglia di attivazione, se questa soglia non dovesse essere superata la fibra non si contrae. Questo fenomeno, noto come “tutto o nulla”, ci consente di capire che sarà una sommatoria di fibre a determinare la forza sviluppata dal muscolo. Il nostro atleta dovrà quindi da una parte “allenare” la sua forza ma, allo stesso tempo, dovrà saper sincronizzare, dosare ed applicare la giusta quantità di forza al gesto sportivo specifico. Una contrazione semplice del bicipite è infatti governata dalle leggi della fisiologia di base mentre il passo di corsa, la spinta sul pedale, la bracciata nel nuoto o la schiacciata nella pallavolo hanno necessità di essere “calibrate” dall’atleta in modo che la corretta quantità di forza sia effettivamente esercitata nell’arco di tempo necessario al gesto sportivo richiesto. La Forza è quindi fortemente influenzata dalla coordinazione intra-muscolare (la perfetta sommatoria dell’attivazione delle unità motorie) ed inter-muscolare (la corretta sequenza di attivazione da muscolo a muscolo nella fase complessa del gesto tecnico). Un atleta che risulta “forte” in un test da laboratorio (effettuato con dinamometro) potrebbe risultare “meno forte” nell’esecuzione di un gesto sportivo poiché la sua capacità di applicare la forza nel tempo di applicazione è inefficace. Un nuotatore che deve imprimere la sua forza con la mano contro una superficie fluttuante, l’acqua, si troverà nella stessa situazione di un campione del mondo di pesistica che dovrà esercitare la sua massima forza nello spostare una piuma. Nello sport la “forza” deve essere ottimizzata nell’unità di tempo dove la velocità di applicazione svolgerà la parte principale del successo. Il reclutamento ordinato delle unità motorie consente quindi di ottimizzare il gesto, di ottimizzare l’energia spesa, di avere un controllo preciso sul movimento. Un atleta disallenato, sia dopo un periodo di inattività che dopo una perdita di adattamenti durante la stagione, risulterà più goffo nei movimenti poiché non avrà la capacità selettiva di contrarre le unità motorie con il corretto grado di eccitabilità. Questo causerà da un lato un evidente perdita di efficacia del gesto nella biomeccanica ed anche un maggior dispendio energetico a causa della dissipazione dell’energia che produrrà una alterata percezione della fatica ed un rapido esaurimento muscolare. In sostanza un atleta che si allena alla forza con un programma non finalizzato al suo sport risulterà inefficace ed antieconomico. La contrazione muscolare La contrazione muscolare non è da intendersi solo con l’accorciamento muscolare, perché la tensione muscolare può essere prodotta senza variazioni di lunghezza del muscolo, mantenendo ad esempio il manubrio a mezza altezza. La cessazione della contrazione muscolare è seguita da un rilassamento muscolare , che è un ritorno delle fibre muscolari ad uno stato di tensione inferiore alla soglia di attivazione. (5) La lunghezza e la tensione sono quindi le due variabili più importanti per capire le varie tipologie di contrazione muscolare: • Contrazione muscolare isometrica: varia la tensione, non varia la lunghezza • Contrazione muscolare isotonica: la tensione è costante, varia la lunghezza Si divide in due fasi: • Concentrica o Positiva: il muscolo si accorcia, sviluppando tensione. Ad esempio portando il manubrio verso il petto • Eccentrica o Negativa: il muscolo si allunga, sviluppando tensione. Ad esempio riportando il manubrio in basso distendendo il braccio e frenando il movimento. • Contrazione muscolare isocinetica: la tensione è variabile, varia la lunghezza a velocità costante. Necessita di macchine particolari. • Contrazione muscolare auxotonica: la tensione è progressiva, varia la lunghezza progressivamente. Si può ottenere con bande elastiche • Contrazione muscolare pliometrica: è una variante della contrazione isotonica ed unisce la fase concentrica, esplosiva, con la fase eccentrica, sfruttandone l’energia delle strutture elastiche. (6) L’allenamento variato produce molteplici contrazioni muscolari consentendo all’atleta di produrre cambiamenti nella lunghezza e la tensione in modo variabile nel tempo. La lunghezza e la tensione saranno quindi sempre variati durante una attività sportiva. Il rapporto tra lunghezza e tensione consente di capire che la massima forza è sviluppata dal muscolo quando sarà ad una tensione intermedia. La contrazione muscolare in movimento La contrazione muscolare vista finora rappresenta una visione schematica, ma non applicabile allo sport. Una azione dinamica di una schiacciata nella pallavolo, di un tiro nella pallanuoto, dello strappo nella pesistica ma anche di una rovesciata nel calcio o di un movimento alle parallele asimmetriche nella Ginnastica è invece la corretta visualizzazione di una contrazione che può essere concentrica, eccentrica, eccentrico-concentrica ma anche isometrica e così via. Nell’analisi del gesto sportivo si deve quindi sempre considerare che l’energia chimica necessaria alla contrazione (ATP o glucosio o grassi) sarà influenzata sia dalla tipologia della contrazione ma anche dalla durata e dalla intensità. Tuttavia alcuni fattori possono essere limitanti nella contrazione muscolare e tra questi segnaliamo il danno muscolare, particolarmente presente in tutte le attività agonistiche, anche per atleti di Elite. Nelle contrazioni eccentriche dinamiche il danno muscolare può assumere forme anche particolarmente instense che possono bloccare le attività dell’atleta fino a 72 ore. Questa problematica, nota come dolore del giorno dopo o DOMS (Delayed-onset muscle soreness), può manifestarsi immediatamente o con leggero ritardo sull’evento muscolare traumatico. Entrambe le condizioni si presentano con la stessa intensità del dolore, con un variabile grado di deficit motorio. Il decorso dei DOMS inizia con dei microtraumi sia ai muscoli che ai tessuti connettivi circostanti. Da questa fase si attiverà un processo infiammatorio che causerà successivi spostamenti di liquidi ed elettroliti. Nel successivo decorso, potranno essere presenti sia dolori acuti e localizzati nel corpo muscolare che spasmi, aggravando la condizione generale. In questa fase è comunque consigliato il mantenimento delle attività sotto la soglia del dolore ed una terapia farmacologica nella fase acuta sotto prescrizione del medico. (7) Recenti studi hanno evidenziato come un allenamento “preventivo” in modalità eccentrica svolto con un carico al 10% RM possa svolgere una azione protettiva al muscolo non causando DOMS e mantenendo il muscolo in questa condizione fino a sei mesi. (8) Nella preparazione di un atleta è quindi necessario prevedere un allenamento che possa sollecitare il muscolo in ogni forma sia perché sarà richiesta nel gesto sportivo ma anche perché l’abbinamento di diverse tipologie di contrazione sono state evidenziate come benefiche per i tendini in numerose articolazioni (9; 10) L’allenamento della Forza L’obiettivo di un atleta è la ricerca delle performance, e la prestazione sportiva è la massima espressione di tutte le capacità dell’atleta. Ogni progressivo miglioramento sarà quindi da ricercare nell’aggregazione di singoli miglioramenti non solo nella Forza ma anche nella velocità, resistenza, flessibilità ed altre capacità motorie. In ogni area ci sarà quindi un carico, progressivo, che produrrà specifiche risposte dell’organismo, sia in forma acuta che cronica. Ogni ricerca della performance sportiva seguirà la regola generale della legge dell’allenamento: l’adattamento. La specie umana, così come tutte le strutture viventi, nella propria evolu- zione hanno risposto a specifiche richieste di cambiamento con una variazione dei propri parametri biologici, instaurando e consolidando specifici adattamenti che hanno garantito la sopravvivenza, con una struttura biologica più forte. Un allenamento che vuole portare l’atleta al miglioramento delle prestazioni, ad esempio di forza, dovrà esser basato su fondamentali variabili: •Volume •Intensità •Durata •Recupero •Frequenza I principi che regolano le variabili sono quello della Continuità, Gradualità, Progressività del carico, Multilateralità e Varietà ma soprattutto (11): 1. Il sovraccarico 2. La stabilizzazione 3. La specificità 4.L’individualizzazione 5. Il Sovraccarico Uno dei principi base dell’allenamento è che non può instaurarsi un nuovo adattamento se il carico applicato è pari, o inferiore, al carico abituale. Se così fosse l’atleta avrà nel breve periodo un mantenimento delle prestazioni che rapidamente vedranno un progressivo disallenamento con un repentino decadimento delle prestazioni, causato dalla perdita degli adattamenti. La Stabilizzazione Il mantenimento della stessa tipologia di esercizi, con lo stesso sovraccarico, porta ad una progressiva diminuzione dei miglioramenti. In atleti non allena- ti anche bassi sovraccarichi possono portare ad evidenti miglioramenti mentre, progressivamente, alti sovraccarichi ripetuti possono non produrre più effetti nel miglioramento della prestazione. Il programma di allenamento dovrà essere quindi variato costantemente e quanto più orientato allo sport praticato per poter ottenere il maggior beneficio nel gesto sportivo mantenendo e valorizzando sia la coordinazione muscolare che le esigenze fisiologiche. L’allenamento dovrà quindi essere variato, per prevenire la stabilizzazione, ma anche stabile per poter essere disegnato sul modello di prestazione dell’atleta nella specifica disciplina sportiva. La Specificità Allenarsi, nello sport, è un processo non paragonabile ad altri. Tuttavia un miglioramento della Forza su due atleti di sport diversi potrà essere simile se valutato nelle medesime condizioni, ad esempio con un test incrementale con sovraccarichi crescenti. Questo aspetto non dovrà però trarre in inganno l’allenatore poiché l’allenamento di Forza per un atleta di Atletica leggera dovrà essere specifico per la sua prestazione, lo stesso grado di miglioramento non sarà infatti sovrapponibille ad un nuotatore o canoista poiché gli effetti, nell’azione sport-specifica, produrranno risultati sensibilmente diversi. Il trasferimento del risultato dell’allenamento di Forza all’atleta risulterà quindi la principale discriminante per la valutazione dell’efficacia del programma adottato. L’individualizzazione L’utilizzo di tabelle di allenamento che forniscono carichi, percentuali, numero di progressioni e serie devono essere usate solo come base di partenza nella progettazione del programma. Ogni atleta è infatti “unico”, reagisce diversamente dagli stimoli e non risponde alla “media” della popolazione. L’allenamento dovrà quindi sempre prevedere una valutazione individuale realizzata ad inizio della preparazione con una costante verifica dei miglioramenti, anche comparando gli incrementi con gli altri componenti della squadra, in termini percentuali e non assoluti. Forza e Sport L’applicazione della forza nello sport non segue necessariamente lo sviluppo della forza in ambiente neutro: due atleti possono avere incrementi uguali in palestra ma performance differenti nel proprio sport. Questa situazione, particolarmente comune in tutti gli sport, è causata da una numerosa serie di variabili che influenzano la forza nel trasferimento al gesto sportivo: la velocità del gesto, il tempo necessario alla cinetica della forza, la direzione del movimento, la posizione del corpo e la superficie di applicazione della forza. L’effetto finale di un gesto complesso che nello sport viene ritenuto efficace grazie ad un miglioramento della forza (un tiro in porta, un salto in alto o una bracciata efficace nel nuoto) è il risultato di una sequenza sincronizzata di contrazioni e rilasciamenti di più muscoli, di un coinvolgimento di numerose articolazioni azionate in specifici angoli e di un trasferimento delle forze senza dissipazione di energie dal corpo muscolare all’inserzione ossea per tramite dei tendini. La Forza ha una sua cinetica, ed è individuale per ogni atleta. Questo significa che richiedendo uno sforzo massimale isometrico il picco di forza sarà raggiunto in circa 0.4 secondi. Se analizziamo un gesto sportivo quale un salto in alto vediamo che la massima forza viene richiesta in circa 0.2 secondi mentre un atleta di velocità trasferirà il suo picco di forza sul terreno in circa 0.1 secondi. Ogni gesto sportivo richiederà quindi la sua massima espressione di forza in un tempo particolarmente breve. Considerando che il tempo necessario all’esecuzione del gesto sportivo è sensibilmente inferiore al tempo necessario ad ottenere il picco di forza significa che l’atleta non riuscirà mai ad utilizzare la sua massima forza ma solo una ridotta percentuale della stessa. Un atleta che riuscirà a sviluppare la forza in un tempo ridotto avrà quindi una forza relativa superiore al suo avversario che, nel gesto sportivo, significa una forza superiore. Bibliografia 1. The resilience of the size principle in the organization of motor unit properties in normal and reinnervated adult skeletal muscles. Gordon T, Thomas CK, Munson JB, Stein RB. s.l.: Can J Physiol Pharmacol, 2004. 2. Coburn JW, Beck TW, deVries HA, Housh TJ. The Neuromuscolar System: Anatomical and Physiological Bases and Adaptation to Training. [aut. libro] Brown L.E. Chandler T.J. Conditioning for Strength and Human Performance. s.l.: Wolters Kluwer | Lippincott Williams & Wilkins, 2008. 3. Relation between size of neurons and their susceptibility to discharge. E, Henneman. s.l.: Science, 1957. 4. The size-principle: A deterministic output emerges from a set of probabilistic connections. E., Henneman. s.l.: Journal Experimental Biology, 1985. 5. The Mechanisms of Body Function . Widmaier, Eric P., Raff, Hersel e Strang, Kevin T. 12, s.l.: Muscle, 2010. 6. Mechanics and energetics of muscular contraction. Aidley, David J. s.l.: The Physiology of Excitable Cells , 1998, Vol. 4. 7. Muscle soreness and delayed-onset muscle soreness. Review. Lewis PB, Ruby D, Bush-Joseph CA. s.l.: Clinics in Sports Medicine, 2012. 8. Muscle damage and repeated bout effect induced by enhanced eccentric squats. Coratella G, Chemello A, Schena F. s.l.: J Sports Med Phys Fitness, 2016. 9. Heavy-load eccentric calf muscle training for the treatment of chronic Achilles tendinosis. Alfredson, H, et al., et al. s.l.: The American journal of sports medicine., 1998. 10. Effectiveness of physical therapy for Achilles tendinopathy: An evidence based review of eccentric exercises. Satyendra L, Byl N. s.l.: Isokinetics and Exercise Science., 2006. 11. Zatsiorsky V.M, Kraemer W.J. Basic Concepts of Training Theory. Science and Practice of Strength Training. s.l.: Human Kinetics. 12. Underlying Mechanisms and Physiology of Muscular Power. Kraemer, William J. e 13. Looney, David P. s.l.: J Strength Cond Res, 2012. 14. Muscle force and activation under stable and unstable conditions. Behm DG, Anderson K, Curnew RS. s.l.: J Strength Cond Res, 2002. 15. A review of power output studies of Olympic and powerlifting: Methodology, performance prediction, and evaluation tests. J., Garhammer. s.l.: J Strength Cond Res, 1993. 16. Influence of load and stretch shortening cycle on the kinematics, kinetics and muscle activation that occurs during explosive upper-body movements. Newton RU, Murphy AJ, Humphries BJ, Wilson GJ, Kraemer WJ, Hakkinen K. s.l.: Eur J Appl Physiol, 1997. 17. How neurosecretory vesicles release their cargo. . BA., Scalettar. s.l.: Neuroscientist , 2006. SECONDA PARTE La Potenza Come abbiamo visto la Forza ha determinate caratteristiche ma solo alcune di esse sono strettamente legate alla performance. Una delle maggiori espressioni legate alla prestazione è infatti la potenza e, quale relazione tra forza e velocità, viene espressa in Watt. Negli sport competitivi l’atleta che riesce ad esprimere maggiore potenza, a pari o inferiore forza, è quello che potrebbe ottenere maggiori risultati. Questa relazione tra potenza e performance non è da considerarsi solo negli sport più “classici” quali il sollevamento pesi ma anche in tutti gli sport ciclici individuali, dalla corsa al nuoto, nonché negli sport di squadra, con diverse espressioni a seconda del ruolo specifico. (4) Forza in velocità Proviamo ad immaginare un atleta molto forte al quale chiediamo di sollevare con un braccio una leggera piuma. Il braccio si solleverà velocemente e se dovessimo misurare la forza con un dinamomentro sarebbe vicina allo zero. Proviamo a chiedere invece di sollevare un carico molto pesante, l’atleta lo farà sollevando il braccio molto lentamente ma spostando il carico. Nella misurazione vedremmo una forza molto misurata dal nostro strumento. La relazione forza-velocità ci fa capire che la “forza” è comunque legata al carico ed è fortemente influenzata dalla velocità: all’aumentare della velocità la forza diminuisce. Nella curva forza-velocità vediamo quindi una continua distribuzione della forza che partirà da un punto a velocità zero e forza 100%, fino ad una velocità 100% e forza 0. (5) In questa curva ritroviamo tutte le “zone” della forza che nel tempo sono state attribuite, come massima semplificazione, per la spiegazione dei fenomeni: dalla forza massima alla forza esplosiva, resistente e così via. La forza è strettamente legata alla Potenza poiché un disallenamento può inevitabilmente portare ad un decremento della potenza mentre un mantenimento dei livelli di forza può consentire, grazie ad allenamenti specifici, un incremento della Potenza. Dovendo esprimere la Potenza dobbiamo considerare la sola fase concentrica del movimento e possiamo definirla quale forza per la distanza diviso il tempo (F x D/T) oppure quale forza per velocità (FxV) (6). Mentre il grafico della forza in relazione alla velocità mantiene un decorso quasi lineare, il grafico della potenza avrà una forma a campana dove la massima potenza sraà posizionata in valori intermedi di velocità e forza. Le contrazioni, eccentriche o concentriche, sono da considerare in movimenti complessi a loro volta influenzati dalle capacità elastiche del muscolo, ovvero nelle caratteristiche del ciclo di accorciamento rilasciamento (7) o Stretch-Shortening Cycle. Questa caratteristica del muscolo, particolarmente allenabile, viene attivata da particolari recettori che inviano un feedback al sistema nervoso centrale in fase di contrazione eccentrica consentendo alle fibre muscolari di attivare una successiva contrazione per riportare il muscolo ad una dimensione fisiologica. Questo aspetto, oltre a prevenire infortuni causati dall’eccessivo stiramento della fibra muscolare, consente una maggiore accelerazione del corpo portando quale ulteriore effetto una maggiore potenza. Questa azione è particolarmente visibile nell’analisi di due tipologie di salti ovvero lo squat jump (SJ) ed il countermovement jump (CMJ) dove, nel secondo, viene inserito un movimento che sfrutta la fase elastica consentendo un maggior salto verticale. Relazioni tra forza e velocità La preparazione atletica in palestra effettuata in funzione dello sport vede principalmente una combinazione di allenamenti di forza quale pratica comune e, pur con sensibili differenze metodologiche che si basano principalmente sull’esperienza, l’evidenza scientifica è ancora marginalmente applicata. Molte discipline Olimpiche, ma anche attività agonistiche legate al mondo del Fitness, hanno alcuni parametri trasversali che le rendono similari nell’applicazione del gesto sport-specifico. Tra queste la “potenza” è sicuramente il fattore chiave. La relazione tra forza e velocità rappresenta una fondamentale caratteristica che condiziona la capacità di esprimere la massima potenza. La ricerca della massima produzione di potenza, che rappresenta la massima ed istantanea potenza di un singolo movimento teso a realizzare la massima velocità di stacco, rilascio od impatto, è applicata alla maggior parte degli sport Olimpici, Nuoto e Triathlon inclusi. Come mostrato nel grafico (es., Fig.1) le relazioni tra forza-velocità e forza-potenza determinate durante una contrazione concentrica notiamo come all’aumentare della velocità la capacità di generare forza diminuisce. Questa azione è diretta conseguenza del ciclo di contrazione-riposo del ciclo dei ponti trasversi di actina e miosina. Poiché l’intero ciclo ha una durata fissa, l’aumentare della velocità di contrazione ne influenza la generazione di forza a causa della diminuzione del totale dei cicli. Da queste considerazioni la massima potenza muscolare assume valori sotto-massimali di forza e velocità. La massima espressione di potenza muscolare è quindi determinata da variazioni della Forza Massima (Fmax), della Velocità Massima (Vmax) e dell’angolo di curvatura. Nella ricerca del miglior allenamento neuromuscolare ulteriori fattori vanno tenuti in considerazione quali, ad esempio, lunghezza e tensione del muscolo o, combinazione di contrazioni eccentriche-concentriche. Tuttavia è da considerare che non esistono azioni eccentriche o concentriche ma movimenti dove alcuni muscoli sono in fase concentrica / eccentrica / isometrica (Padulo J, 2013). La ricerca della massima potenza, con l’obiettivo di aumentare la performance in atleti di alto livello, non è solo generata da fattori morfologici ma influenzata dall’abilità del sistema nervoso di attivare in maniera appropriata i muscoli impegnati. Il sistema nervoso sarà quindi responsabile del reclutamento delle unità motorie, della frequenza di emissione dello stimolo, della coordinazione inter ed intra muscolare, dove anche la focalizzazione del soggetto verso la contrazione concorre alla massima generazione di potenza. Le evidenze scientifiche in questo campo hanno dimostrato quanto un alle- natore con esperienza di vertice, e con numerosi casi di successo, ha sicuramente compreso: un atleta vincente è anche un atleta fortemente motivato, dove la sua concentrazione è parte fondamentale sia dell’allenamento che del successo. Relazione tra forza e potenza La capacità di generare forza muscolare è condizionata dalla co-presenza di numerosi fattori, tra i quali possiamo includere : 1. Sezione trasversa del muscolo 2. Densità di fibre muscolari 3. Numero di fibre muscolari contratte simultaneamente 4. Tasso di contrazione delle fibre muscolari 5. Efficienza di sincronizzazione delle fibre 6. Velocità di conduzione delle fibre nervose 7. Grado di inibizione delle fibre muscolari che non contribuiscono al movimento 8. Percentuale di fibre muscolari non attive 9. Soglia di eccitazione delle fibre nervose 10. Efficienza della leva meccanica attraverso l’articolazione 11. Lunghezza iniziale delle fibre muscolari prima della contrazione 12. Quantità di substrati energetici disponibili Alcuni di questi fattori, quali ad esempio i punti 1 e 2, ovvero quelli che possono portare ad ipertrofia muscolare, sono stati oggetto di attenzione in tutte le più recenti linee di ricerca legate agli sport natatori dove l’avanzamento contro una forza di resistenza dell’acqua è un elemento non trascurabile. Il ruolo del preparatore fisico In Palestra si assiste molte volte ad atleti, anche agonisti, che pur se provenienti da discipline diverse, vengono allenati con la stessa metodologia, la stessa tabella e la stessa organizzazione dell’allenamento. L’evoluzione dell’applicazione delle evidenze scientifiche deve per il futuro consentire all’atleta di avere la sua “corretta” strutturazione di programmi di forza/potenza in stretta connessione con gli obiettivi agonistici. Allo stesso tempo è fondamentale che il Preparatore Fisico acquisisca le basi del modello di prestazione per ogni singola disciplina. Se ad esempio alleniamo in palestra un atleta del Nuoto o del Triathlon dobbiamo considerare che l’applicazione della forza sarà espressa su di una superfice “fluttuante”, l’acqua, e non verso il terreno. Non considerare questo aspetto ha portato, anche nel recente passato, all’utilizzo dei metodi di allenamento specifici per sport terrestri verso l’ambiente natatorio nell’obiettivo di generare maggiori forze all’avanzamento senza considerare che l’aumento delle masse muscolari, e la conseguente maggiore volume immerso nell’acqua, incideva sul drag attivo e passivo dell’atleta aumentando sensibilmente la forza di opposizione all’avanzamento. Poter invece spostare sull’allenamento di potenza con carichi ottimali porta come conseguenza, vista la sua relazione, anche ad un incremento della forza valorizzando i fattori neuromuscolari e limitando i fattori che sono collegati all’aumento della sezione trasversa del muscolo. La preparazione Fisica in palestra deve sempre più essere basata su evidenze scientifiche per poter applicare la corretta metodologia in funzione del modello di prestazione di ogni singolo atleta per ogni singola disciplina. Il Preparatore Fisico che allena atleti in Palestra deve quindi acquisire competenze sempre più sport-specifiche per valutare, caso per caso, la corretta meto- dologia da applicare. Le evidenze scientifiche delle aree Sport Science & Medicine sono sicuramente alla base di questo percorso senza trascurare le aree della prevenzione e biomeccanica. L’allenamento neuromuscolare applicato agli sport Molti ricercatori, sia nel passato (Bosco et al.) , sia recentemente, (Izquierdo et al, Nilwik et al, Gonzalez et al) hanno studiato l’effetto della velocità controllata durante l’allenamento della forza. La velocità di esecuzione è quindi una variabile di condizionamento che influenza fortemente lo sviluppo prestatitivo dell’atleta, e del nuotatore in particolare. Il raggiungimento quindi di una intensità ben definita che possa abbinare il carico ottimale alla velocità di esecuzione consente di ottenere un risultato sensibilmente più performante. La velocità di esecuzione è legata alla risposta nervosa a determinati stimoli (sistema neuromuscolare); ciò consente di raggiungere elevati gradienti di forza con una riduzione dello stress biomeccanico, quindi particolarmente adatto anche nella prevenzione degli infortuni. Pur con le differenze di fase, durata, intensità di gara elencate precedentemente l’ottimizzazione di forza e di potenza attraverso l’allenamento con sovraccarichi è oggetto di dibattito tra i professionisti del settore e ricercatori da alcuni anni. L’allenamento tradizionale con sovraccarichi comporta l’attivazione ripetuta e la contrazione dei muscoli scheletrici, con una programmazione che richiede carichi, serie e ripetizioni. Con l’allenamento neuromuscolare, invece, la velocità di esecuzione al ca- rico ottimale, ovvero alla massima potenza muscolare, diventa il fattore chiave della performance dove l’esatta rispondenza dei due parametri (Forza-Velocità) porta inevitabilmente ad un allenamento più specifico per ogni disciplina sportiva. Anche il numero delle ripetizioni, generalmente fissato a priori dal preparatore, non è un parametro da adottare poiché la focalizzazione è nel mantenimento del 100% della velocità al carico ottimale, unica via per generare la massima potenza muscolare. Un lavoro eseguito con queste caratteristiche viene quindi interrotto quando la velocità si discosta da una velocità limite, vicina al 15%, ritenuta ancora accettabile per l’ottenimento degli stimoli ricercati. Tra i fattori che condizionano il risultato è da considerare il riposo che deve essere completo (180/300 secondi) per ottenere un ripristino completo della fosfocreatina e per massimizzare gli adattamenti neurali. Tuttavia, le evidenze scientifiche a sostegno di queste pratiche correnti sono ancora oggetto di dibattito. Infatti, l’effetto di differenti periodi di riposo ha ricevuto ben poca attenzione della ricerca. Calcolare la velocità ed il carico ottimale L’analisi delle relazioni tra forza, velocità e potenza portano alla conclusione che un atleta non può generare un massimo livello di potenza senza avere un livello di forza adeguato. Osservazioni empiriche prima ancora che supportate da evidenze hanno sviluppato il lavoro verso l’aumento di forza prima del lavoro in potenza. Queste modalità di allenamento però sono state mutuate da sport “terrestri” ed applicate a tutti gli sport e discipline, anche natatorie e, pur ottenendo incrementi di forza negli atleti, hanno portato con se anche i risvolti negativi ci- tati precedentemente con incremento delle masse muscolari ed alla conseguente maggiore opposizione alle forze di avanzamento, particolarmente svantaggiose in acqua. In atleti di alto livello che provengono da allenamenti in palestra di tipo tradizionale sembra inoltre essere sotto-dimensionata la capacità di forza, ed in maniera sensibile di potenza, nelle attività di “pull” quali le trazioni alla sbarra o con rematore sotto panca. Un dato che risulta essere particolarmente presente è un forte sbilanciamento tra i valori di “push”, ad esempio spinte su panca piana, e quelli di “pull”. Questo aspetto, oltre a produrre evidenti limitazioni tecniche sembra essere un fattore di allarme per i traumi alla spalla, particolarmente frequenti nei nuotatori, canoisti, etc. Valutare quindi il carico ottimale, ovvero alla massima potenza, è il requisito necessario. La prima fase è quindi quella di sottoporre gli atleti a test incrementali specifici (da realizzarsi ad es. con apposito encoder lineare) che possano restituire i dati dai quali ricavare la giusta curva di potenza e definire il carico “ottimale” per ogni atleta e per ogni esercizio. Infatti, poiché l’abilità di generare potenza è dipendente dalla natura del movimento e dal numero di articolazioni impegnate è necessario ripetere il test per ogni esercizio utilizzato in fase di allenamento. Con il carico definito l’atleta dovrà eseguire il lavoro nella fase positiva (concentrica) “alla sua massima velocità”, con partenza esplosiva attivata dal suo preparatore che, a sua volta, dovrà richiedere la massima concentrazione e focalizzazione allo start. Questa modalità, oltre a concorrere e contribuire in maniera sensibile al raggiungimento della massima potenza muscolare, consente di ottenere un miglioramento di uno dei parametri fondamentali nelle gare veloci, come il tempo di reazione allo start. L’allenamento in palestra basato su evidenze scientifiche è sicuramente il punto di riferimento per i Preparatori Fisici della nuova generazione che possono integrare le evidenze con l’esperienza. La preparazione fisica effettuata in palestra per atleti che fanno sport agonistico è, a tutt’oggi, ancora priva di solide applicazioni scientifiche ma basata esclusivamente sull’esperienza del preparatore che applica un solo metodo ad atleti provenienti da diverse discipline. La natura dello sport è invece caratterizzato da numerose differenze, anche angolari, dove anche nel semplice Squat un allenamento differenziato tra full, half e quarter squat può dare significative differenze in varie applicazioni del gesto sportivo. Esempio di allenamento di Potenza Basandoci sulle evidenze scientifiche e tenendo presente i fattori limitanti legati ad alcuni sport possiamo quindi impostare un programma di allenamento che abbia questi prerequisiti: • Allenamento di massima potenza, con la corretta relazione carico-velocità • Inserimento in un macrociclo di 8/12 settimane per i primi adattamenti • Microciclo di 5 sessioni settimanali delle quali 3 di potenza. • Sessione di allenamento di circa 1h30min (Incluse le fasi di warm-up, cool-down, prevenzione spalla, core stability) • Gruppi di lavoro di max 6 persone con preparatore qualificato • Test T0 all’inizio del macrociclo e successivi test di verifica a 30 e 90gg Il programma di lavoro delle giornate dedicata all’allenamento neuromu- scolare può prevedere quindi queste fasi: Tempo Fino a 15’ Attività Riscaldamento generale Contenuti Attivazione generale, progressivo incremento delle intensità, raggiungimento di valori >64% della frequenza cardiaca di riserva. Negli ultimi 5 minuti l’inserimento di un ciclo di HIT può essere previsto Dai 45 ai 50’ Attività centrale, Utilizzare 3 o 4 tipologie di esercizi, allenamento preferibilmente senza macchine, basate su arti neuromuscolare inferiori (Squat), arti superiori per fase di “push” spinta (Bench Press), arti superiori per fase di “pull” tirate (Pull-Up o Bench Row). Esecuzione: • Primo set di tre set - Bench Press Carico ottimale differenziato per atleta Partenza al “go” del preparatore con la sola fase concentrica (fase eccentrica solo per ritorno, controllata) Attesa di max 1 secondo tra le ripetizioni Numero di ripetizioni non superiore a 5 ma interrotta se la velocità decrementa di oltre il 15% 3’ di recupero passivo • Secondo set arti inferiori, stesse modalità precedenti • Terzo set arti superiori, “pull” , stesse modalità precedenti Dai 10 ai 20’ Attività di Tutte le routine di prevenzione per la stabilità prevenzione della spalla, intra-extra rotatori. Fino a 10’ Defaticamento Riportare i parametri fisiologici ai valori preesercizio. E’ utile inserire in questa fase la ginnastica per la muscolatura respiratoria Figura 2 - Atleti di livello Internazionale durante i test incrementali con encoder lineare per il calcolo del carico ottimale Conclusioni La ricerca delle performance è un complesso sistema che non può limitarsi agli aspetti fisiologici e le variabili da tenere sotto controllo, legate alla psicologia, alla nutrizione o alla qualità del sonno sono fondamentali per avere un atleta che non abbia solo “grandi potenzialità” ma che riesca a manifestarle durante la gara più importante. Crediamo che la scelta di metodi di allenamento supportati da evidenze scientifiche debba essere sempre accompagnato da quanto il Prof. Carmelo Bosco indicato, ovvero “L’allenamento è un›arte che si basa sulla scienza, ed un allenamento senza valutazione è un itinerario senza meta”. Un ricercatore sempre più esperto anche “da campo” ed un allenatore sempre più contaminato dalla “Sport Science” è la migliore combinazione per gli obiettivi più ambiziosi. Bibliografia 1. Aspenes ST, Trine Karlsen (2012) “Exercise-Training Intervention studies in competitive swimming. 2. Behm DG, Sale DG (1993) “Intended rather than actual movement velocity determines velocity-specific training response”, J Appl Physiol 3. Cormie P, McGuigan MR, Newton RU (2011) “Developing Maximal Neuromuscular Power: Part 1 - Part 2 -, Sports Med 4. Grif Fig, (2010). “Why competitive swimmers need explosive power”, Strength Cond J 5. Lavoie JM, Montpetit RR. Applied physiology of swimming.Sports Med 1986 6. Newton RU, Kraemer WJ (1994) “Developing explosive muscular power: Implications for a mixed method training strategy”, Strength Cond J 7. Padulo J, Laffaye G, Ardigò LP, Chamari K. (2013) “J Hum Kinet. 8. Smith DJ, Norris SR, Hogg JM. Performance evaluation of swimmers: scientific tools. Sports Med 2002; 9. Schleihauf Jr. RE (1983) “Specificity of strength training in swimming: a biomechanical viewpoint”, in Hollander AP, Huijing PA, de Groot G (eds.) Biomechanics and medicine in swimming (Champain, IL: Human Kinetics), 10. Tanaka H, Costill DL, Thomas R, Fink WJ, Widrick JJ (1993) “Dry-land resistance training for competitive swimming”, Med Sci Sports Exerc TERZA PARTE Nutrizione applicata allo sviluppo e/o al mantenimento della potenza, della forza e della performance in generale. Solitamente in un contesto di preparazione, nel quale si cerca di ottenere la massima prestazione fisica attraverso il miglioramento del proprio potenziale fisico, ci si dimentica di migliorare la qualità delle materie prime da utilizzare affinchè tutto ciò avvenga, e questo lo si può ottenere esclusivamente con un’ alimentazione specifica. Non solo quindi un’ attenta e selezionata scelta di alimenti specifici, ma un bilanciamento strategico tra i nutrienti soprattutto a ridosso dell’ allenamento e/o della performance di gara che sia sinergico con la compagine motoria. Come si può evincere da ogni libro, articolo scientifico o vademecum sulla nutrizione in genere, le biomolecole di maggior rilevanza possono essere riassunte in 2 grandi macrogruppi: • Macronutrienti (carboidrati, proteine e lipidi) • Micronutrienti (vitamine e minerali) Macronutrienti Carboidrati Piccola panoramica: i carboidrati sono biomolecole energetiche utilizzate dal nostro organismo sia per funzioni vitali (180gr al giorno per il sistema nervoso autonomo, cervello, reni, ecc…) che per funzioni parallele dettate dalle nostre abitudini (sport, performance, ecc…..). Composte da carbonio, idrogeno e ossigeno, queste molecole governano una miriade di funzioni ormonali all’ interno del corpo umano, una fra tutte il rapporto tra glicemia e insulina, la cui oscillazione, se viene impostata in range fisiologici ottimali, risulta di ausilio fondamentale per l’atleta di qualsiasi disciplina sportiva. Tanto più la glicemia si alzerà, tantopiù insulina il nostro pancreas produrrà, concetto abbastanza semplice! Quest’ asse metabolico-ormonale, permette a queste importantissime biomolecole di entrare nelle cellule e nei tessuti target a seconda di cosa stiamo facendo e di cosa vogliamo ottenere. Ma conoscere negli alimenti la quantità assoluta di zuccheri non è sufficiente a capire quali effetti hanno sul nostro corpo i carboidrati, sia sulla composizione corporea che sulla performance atletica. Il dott. David Jenkins negli anni ‘70, si rese conto proprio di questo e ideò uno strumento in grado di determinare la velocità di aumento della glicemia. Questo indicatore, prende appunto il nome di indice glicemico. Parametro molto discusso e dibattuto anche oggi. Conviene ricordare che è un indicatore della sola velocità con cui la glicemia si alza nel nostro sistema circolatorio, ma non ci dà alcuna informazione sulla quantità di questi zuccheri che entrano nel nostro organismo. Prendiamo 2 pistoleri uno veloce e uno lento. Chi è più letale? Quello veloce? Sicuri? E se vi dicessi che quello più veloce ha 3 proiettili e quello lento ne ha 21?.... capito come funziona (male)? Bene, per ovviare a questa approssimazione, nel 1996 un gruppo di ricercatori dell’ università di Harvard, ha creato un ulteriore indicatore, molto più affidabile che prende appunto il nome di Carico Glicemico. Quindi prendiamo una porzione di un alimento. Si moltiplica la quantità di carboidrati contenuti in quella grammatura per il suo indice glicemico, si divide il numero ottenuto per 100 e si ha il carico glicemico di quell’ alimento (la divisione viene effettuata per praticità di classificazione) Fate la prova per l’ anguria e la banana. L’ IG dell’ anguria (70), è superiore a quello della banana (52) ma se fate il calcolo che vi ho spiegato, vedrete che come carico glicemico la banana sarà più del doppio (quasi il triplo) dell’ innocua anguria. Nella performance, soprattutto negli sport di endurance, i carboidrati in rapporto al loro carico glicemico, sono fondamentali, questo scongiura sia l’ insorgere di una resistenza insulinica e quindi un malfunzionamento della risposta alle cellule della richiesta di glucosio, sia l’ aumento del peso che com’è ovvio, rischia di peggiorare la performance stessa avendo della zavorra non dinamica da portarsi dietro. Troppi afflussi di glucidi infatti, se un atleta non è abituato metabolicamente nella loro gestione, possono venir convertiti in lipidi mediante l’ acetilcoenzima-A, che pur di mantenere una sorta di riserva energetica porterà questi trigliceridi (esterificati dall’ enzima glicerolo-chinasi) negli adipociti e quindi ingrassiamo. Che fregatura eh? Negli sport di potenza come la pesistica, le arti marziali, ecc….il miglior modo di assumere carboidrati, essendo appunto molecole energetiche, è raggruppare il 50% dell’ introito giornaliero stabilito, a cavallo dell’ allenamento quindi il 25% prima (2 ore circa) e il 25% dopo. È come far benzina “speciale” prima di una gara con i drugster, il massimo dell’ efficienza preallenamento e il massimo della ricompartimentalizzazione postallenamento. Per la performance di gara, le cose cambiano. Solitamente di procede a un protocollo di una settimana chiamato Glycogene Compensation Si parte da una settimana prima della gara, si shifta l’ introito calorico dei carboidrati per 3 giorni consecutivi al 30% sul TDEE, prediligendo allenamenti glicolitici al 70% della propria capacità aerobica o all’ 85% della propria frequenza cardiaca massima. Si prosegue con i 3 giorni precedenti alla gara alzando la percentuale sul TDEE derivante dai carboidrati fino al 70% (gradualmente: giorno 1-> 45%; giorno 2->60%; giorno 3->70%). Il giorno della gara continuiamo ad assumere il 70% delle calorie dai carboidrati fino all’ ultimo pasto pregara da consumare entro le 4 ore precedenti (ricarica di glicogeno effettuata, senza andare in gara con la digestione ancora in circolo). Questi shift sui macronutrienti vanno eseguiti a discapito delle calorie dei grassi. Proteine Le proteine svolgono una vasta gamma di funzioni all’interno degli organismi viventi, tra cui la catalisi (fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione chimica subisce delle variazioni per l’intervento di una sostanza detta catalizzatore delle reazioni metaboliche), funzione di sintesi come replicazione del DNA, la risposta agli stimoli e il trasporto di molecole da un luogo ad un altro. Le proteine differiscono l›una dall›altra soprattutto nella loro sequenza di amminoacidi, che è dettata dalla sequenza nucleotidica conservata nei geni e che di solito si traduce in un ripiegamento proteico in una struttura tridimensionale specifica che determina la sua attività. Tutto chiaro? No? Ok, abbassiamo l’ asticella… A livello meramente prestazionale, le proteine sono un pessimo carburante, finchè ne avremo a disposizione, il nostro organismo prediligerà sempre un consumo energetico attraverso i carboidrati o i lipidi. Tuttavia, entro certi parametri, l’ introito di proteine per un atleta deve essere una delle maggiori preoccupazioni per svariati motivi: • Mantenimento massa magra (muscolo) • Funzione glucogenetica (produzione di zuccheri attraverso trasformazione amminoacidica) • Riparazione muscolare in seguito alle microlesioni a danno delle miofibrille durante l’attività fisica intensa • Funzioni plastiche ed enzimatiche atte al mantenimento dell’ omeostasi fisiologica di strutture cheratiniche (capelli, unghie, peluria) e trasformazioni cellulari (a mezzo degli enzimi che sono, per l’ appunto, proteine a tutti gli effetti) Al contrario di alcuni microorganismi e dei vegetali, gli animali (esseri uma- ni compresi…) non possono sintetizzare tutti e 20 gli amminoacidi che compongono le proteine. Queste componenti mancanti si chiamano appunto Amminoacidi Essenziali. “Essenziali” proprio perché è necessario controllarne l’ introito regolare con l’ alimentazione. È come avere un motore perfettamente funzionante al quale dover continuamente aggiungere dei pezzi (9 su 20) per far si che funzioni come deve. I 9 (incriminati) amminoacidi essenziali sono: 1.Leucina 2.Isoleucina 3.Valina 4.Lisina 5.Fenilanina 6.Treonina 7.Istidina 8.Triptofano 9.Metionina Nei barattoloni colorati di integratori sono contrassegnati con la sigla EAA (Essential Amino Acids). Un alimento quindi che contiene questi 9 aminoacidi insieme agli altri 11, si può considerare di alto valore biologico e deve ricoprire un ruolo predominante sulla scelta delle fonti proteiche nella propria dieta. Se anche 1 solo di questi EAA non è presente nell’ alimento, allora non saremo in grado di utilizzare neanche 1 gr della proteina ingerita, a questo appunto servono gli integratori di amminoacidi, soprattutto in regimi alimentari alternativi (veganesimo, vegetarianesimo, ecc….). Il range di fabbisogno per un atleta di proteine si aggira tra un minimo di 0,8gr/kg di peso corporeo per modesta attività fisica e i 2,4gr/kg per atleti d’ elite (queste quantità sono anche dettate dal fabbisogno calorico generale, più si è in ipocalorica e maggiori sono le proteine necessarie a scongiurare un accenno di catabolismo muscolare o a contribuire a reperire un po’ di carboidrati mancanti mediante la gluconeogenesi). Come percentuale nel TDEE generale ci aggiriamo tra il 30% e il 45% dell’ introito di kcal dalle proteine. Un’unica nota importante sullo sfruttamento di questa biomolecola, la digestione delle proteine richiede più tempo rispetto agli altri macronutrienti, quindi è sempre bene stare attenti a non puntare troppo ad avere sempre l’ apparato digerente impegnato nella loro scomposizione e assimilazione durante l’ allenamento tantomeno durante la performance di gara. È una questione di priorità energetica. Durante la performance abbiamo bisogno di concentrare ogni energia sulla prestazione stessa, e non su altre funzioni che distoglierebbero l’ apporto di ossigeno e di liquidi verso la digestione delle proteine. Quindi: • allenamento: 2 ore prima • gara: 3-4 ore prima la famosa finestra anabolica che tutti rincorrono con il tonno o la fetta di tacchino post allenamento addirittura negli spogliatoi pre-doccia, per migliorare la propria composizione corporea, non dura pochi minuti ma fino a 2 ore post prestazione, quindi avrete tutto il tempo di riparare i vostri muscoli dopo l’ attività fisica anche tornando a casa e mangiando normalmente cibo solido di qualità. Lipidi Per quanto vengano spesso demonizzati come “nemico da combattere” con diete a volte prive di grassi o desiderio di portare la propria BF (%massa grassa) al 5/6%, in realtà sono una delle componenti vitali per il corretto funzionamento di tutto il corpo umano. Una piccola panoramica sulle funzioni primarie (e quindi del perché ci servono come l’ aria che respiriamo): • PRODUZIONE DI ENERGIA: grazie all’elevato numero di atomi di idrogeno ogni molecola sviluppa grandi quantità di energia per unità di peso • RISERVA ENERGETICA: al contrario dei carboidrati, le cui scorte non possono superare i 400/500 grammi, le riserve di grassi sono praticamente illimitate ed assicurano un apporto costante di energia anche in condizioni di digiuno prolungato • METABOLISMO CELLULARE: i grassi ed in particolare fosfolipidi e colesterolo sono componenti fondamentali delle membrane cellulari • FUNZIONE ANTIOSSIDANTE: i fosfolipidi ed altre molecole di natura lipidica proteggono il nostro corpo dalle aggressioni dei radicali liberi • REGOLAZIONE ORMONALE: il colesterolo nonostante la sua cattiva reputazione è il precursore degli ormoni steroidei sia maschili che femminili • ASSORBIMENTO VITAMINE LIPOSOLUBILI: i grassi fungono da trasportatori per le vitamine liposolubili; il colesterolo ne favorisce l’assorbimento partecipando alla formazione dei sali biliari; sempre il colesterolo, grazie all’azione dei raggi ultravioletti, regola la sintesi della vitamina D Di buona norma e regola, un’ assunzione di circa 30/35gr al giorno di grassi scongiura il malfunzionamento di tutte queste attività fisiologiche. Quando parliamo di fabbisogni, è bene sempre ricordare che si parla di medie settimanali (se non addirittura mensili), 1 giorno a 10gr di grassi non uccide nessuno, se i giorni cominciano a essere una decina o quindici…beh…potrebbe diventare un problema soprattutto a livello prestazionale oltre che fisiologico. A livello nutrizionale, a parte rare fonti, ogni alimento contiene una parte di lipidi all’ interno della propria struttura. Ma quali sono gli equilibri da mantenere quando si parla di grassi insaturi, monoinsaturi, polinsaturi, colesterolo, trigliceridi, grassi idrogenati, ecc….?? Se dovessimo fare una panoramica completa di tutte le ramificazioni e catene di carbonio delle molecole dei vari grassi, servirebbe talmente tanto tempo che poi ci distoglieremmo dalla nostra missione: dare il massimo nella performance. Da portare a casa Un doveroso “take on message” va fatto e vediamolo insieme. Innanzitutto l’ equilibrio dei grassi non si può pensare di regolarlo attraverso il solo olio, visto che come ho detto poco fa, le fonti di grassi sono molteplici sia per categoria nutrizionale che tipologia di lipide. I parametri che dobbiamo prendere in considerazione sono la quantità e la qualità. Per quantità, si può oscillare tranquillamente tra il 10% e il 40% dal TDEE totale, un’ asticella da prendere in considerazione è soprattutto la quantità di carboidrati che stiamo assumendo, meno sono presenti e più grassi serviranno come benzina motoria e fisiologica (a parte per quei sistemi glucosio-dipendenti come citati nel capitolo dei carboidrati). Per qualità si deve fare attenzione a quali tipo di lipidi andiamo ad assumere per un mantenimento della salute in generale, prerogativa fondamentale soprattutto in uno sportivo amatore o agonista che sia. La distinzione doverosa che va fatta è tra grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, perché a seconda delle loro diverse strutture chimiche, grassi differenti hanno effetti differenti sulla nostra salute: • Saturi: sono quelli un po’ più “cattivi” che se in eccesso ci mettono più a rischio sulle funzioni cardiovascolari. Una soglia massima dovrebbe essere meno del 7% delle energie totali dovrebbero arrivare dai grassi saturi. At- tenzione che non tutti i grassi saturi sono dannosi, dobbiamo stare attenti a quelli aterogenici (grassi di origine animale in genere). In una scala di pericolosità intrinseca, si passa da quelli delle uova (innocui) passando da quelli del latte (per questo si predilige un utilizzo del latte parzialmente o totalmente scremato) fino ai grassi derivanti dalle carni soprattutto quelle rosse, peggio ancora quelle suine. • Monoinsaturi: uno fra tutti è l’acido oleico, nostro amico per eccellenza nella famiglia dei lipidi. Migliorano la colesterolemia e promuovono la salute cardiovascolare, quindi questo tipo di grasso non deve assolutamente mancare quasi mai nella nostra alimentazione. Lo troviamo in diversi alimenti vegetali come le olive, l’ avocado e le noci di macadamia e le arachidi, ma la nostra fonte più sicura e versatile è senz’ altro l’ olio extravergine di oliva. Da usare ovviamente a fine cottura come condimento utile e gustoso. La brutta abitudine di utilizzarlo per soffriggere oltre a alzare i suoi livelli di tossicità, dati dal suo punto di fumo, degrada quasi totalmente l’ acido oleico molto sensibile alle alte temperature, quindi per questo si sente spesso parlare di “un filino di olio EVO a crudo”. • Polinsaturi: l’ acido linoleico (omega-6) e l’ acido alfalinolenico (omega 3) sono considerati essenziali (come gli amminoacidi EAA, non possiamo produrceli da soli), quindi ricavarne fonti dalla dieta risulta quasi imperativo. I grassi di questi due sottogruppi di polinsaturi hanno funzioni diverse all’ interno dell’ organismo, ma che al contempo sono correlati da un corretto bilanciamento (rapporto ottimale 4:1). Le fonti di omega-6 sono moltissime tra cui i semi oleosi, la frutta secca e gli olii di semi (soprattutto quello di girasole). Ma attenzione su queste ultime fonti: gli olii di semi. Il problema nel loro utilizzo è la loro enorme sensibilità ad agenti esterni durante la conservazione, si ossidano in fretta e si rancidiscono con molta facilità. Lo stress ossidativo di qualsiasi elemento esterno non va in nessun modo introdotto nel nostro organismo per le reazioni metaboliche a catena che ne possono derivare, proliferazione di batteri e malattie in primis. Le fonti di omega-3 sono altrettanto variegate tra cui ricordo i semi di lino, e il pesce in genere soprattutto salmone sardine e crostacei in genere. Piccola “tip” di cottura: meno cuociamo il pesce e più i suoi benefici grassi polinsaturi saranno disponibili al momento della digestione. Ottimo il sashimi o una cottura al vapore. Dopo questa prolissa descrizione nutrizionale (ma ahimè doverosa), nel quale non entro nel merito del colesterolo dichiarando apertamente una linea guida essenziale: il colesterolo contenuto negli alimenti non altera in maniera significativa il colesterolo nel nostro torrente circolatorio….basta aver paura delle uova!!! Dicevo, dopo questa panoramica sui lipidi, veniamo alla loro utilità nella nostra performance di gara o di allenamento. Entro soglie fisiologiche (30-35gr al giorno come ho detto poco fa) si può “giocare” col loro introito ben bilanciato per dare o togliere energia dall’ altra molecola energetica di cui necessita uno sportivo e cioè i carboidrati. Ricordiamoci che 1 gr di grasso apporta circa 9 kcal a differenza del carboidrato che ne apporta solo 4, grazie a questa discrepanza energetica si può ottenere un aumento dei carboidrati (tendenzialmente più utili) senza per questo stare in un regime ipercalorico. Per un’ atleta che deve scendere di peso, per rientrare in una certa categoria in breve tempo o per riprendere uno stato di composizione corporea ottimale in seguito a uno stop per un infortunio o inattività in genere, limitare i grassi risulta un’ ottima strategia per non “affamare” troppo le cellule soggette al ciclo glicemia/insulina che sono, per l’ appunto, insulinodipendenti e quindi carbopreferenziali. Micronutrienti VITAMINE TIPO A D B1 B2 RUOLO CONSEGUENZE NELLA NELL’ORGANISMO CARENZA Migliora l’ apparato visivo e favorisce la riparazione e la crescita dei tessuti Partecipa alla mineralizzazione dello scheletro. Può esser prodotta dall’organismo grazie ai raggi solari Catalizzatore di diversi processi nell’organismo IDEM CONSEGUENZE NELL’ECCESSO FONTI ALIMENTARI • Cecità notturna • Lesioni cutanee Dermatiti, nausea, emicrania, vomito, dolore osseo • Latte e derivati • Olio di merluzzo • Frattaglie • Debolezza e tensione muscolare • Predisposizione alle fratture ossee Disturbi intestinali, depositi di calcio nei tessuti muscolari • Latte • Pesci grassi • Tuorlo d’uovo • Problemi digestivi Non è • Cereali • Disturbi di carattere particolarmente • Legumi nervoso tossica • Frutta • Fegato • Uova • Latte e derivati • Dermatiti Non è tossica • Fegato • Stomatiti • Bianco d’uovo • Latte e derivati B6 Necessaria per la sintesi di proteine, favorisce la sintesi di emoglobina • Rarissima nelle popolazioni occidentali Danni al • Cereali sistema nervoso • Legumi centrale • Carne • Pesce • Uova • Latte • Lievito di birra Non è tossica • Carni • Pesce • Latticini • Uova B12 Partecipa alla sintesi delle proteine, trasporta l’acido folico B9 Favorisce il rinnovamento cellulare di diversi tessuti • Rara nelle popolazioni occidentali • Disturbi intestinali lievi Non è tossica PP Catalizzatore di diversi processi nell’organismo • Pellagra H Catalizzatore di diversi processi nell’organismo • Caduta dei capelli • Arrossamento cutaneo Arrossamento della pelle, problemi intestinali Non è tossica B5 Indispensabile nel metabolismo, molto usata in cosmesi • Rara perchè presente in quasi tutti gli alimenti Non è tossica • Verdura a foglie verdi scure • Cereali • Fegato • Legumi • Tuorlo d’uovo • Frutta secca • Carni • Pesce • Farina di cereali • Verdura • Cereali integrali • Lievito • Fegato • Frutta secca • Tuorlo d’uovo • Farina di soya Alto contenuto in: • Broccoli • Uova • Lievito di birra C E Indispensabile • Affaticamento, per la normale ritardo della attività degli cicatrizzazione, enzimi; ha • Diminuizione un’azione delle difese antiossidante; dell’organismo indispensabile nella sintesi del collagene e nella cicatrizzazione È un potente • Può essere carente antiossidante, nei bambini nati utile nel prematuri; rinnovamento • Comunque rara. cellulare e protezione dei tessuti K È prodotta dalla • Rara flora batterica; utile nei processi di coagulazione. In individui predisposti può determinare formazione di calcoli renali, mal di testa e diarrea • Verdure fresche • Frutta (in particolare agrumi) Non è tossica. In concentrazioni elevate può compromettere l’assorbimento di altre vitamine Non è tossica • Olio d’oliva • Frutta secca • Verdure a foglia verde • Verdure a foglia verde • Latte e derivati Dopo aver osservato attentamente questa schematica tabella dove vengono prese in esame le varie vitamine.....consiglio di aprire la finestra più vicina e gettare via tutto ciò che avete appena letto..... In una compagine sportiva, l’ ideale sarebbe non esser mai mancanti di nessuno di questi micronutrienti, ma non solo perché si fa sport, soprattutto perché deambuliamo in questo strano e pazzo mondo. Ma neanche l’ ansia da fabbisogno deve prendere il comune essere umano, soprattutto quello che è il fabbisogno massimo. Nella colonna “eccessi” infatti, si descrive uno scenario apocalittico per alcune vitamine, ma la predominanza del “non è tossica” deve far ben riflettere i più catastrofisti. Esistono molte tabelle reperibili dove vengono riportati anche gli RDA (fabbisogni giornalieri). Un dato a cui molti non fanno riferimento, è che questi dosi giornaliere sono le……minime!!!!! Per raggiungere un’ ipervitaminosi (statisticamente rara come le nevicate nel Sahara) dovremmo moltiplicare questi fabbisogni citati fino a 95 volte, e per quanta percentuale di micro(appunto)nutrienti in ogni pasto che facciamo, significherebbe mangiare circa (a calcoli fatti…..) quasi 13.000 kcal al giorno di cibo. Non è strano appunto vedere negli integratori multivitaminici la composi- zione di ogni compressa con percentuali anche del 150% o superiori. È sempre riferito alla dose giornaliera minima consigliata. Detto questo, reperire ogni giorno uno spettro di vitamine completo, vuoi per la grande distribuzione che taglia le gambe ai processi chimici che sintetizzano appunto negli alimenti (soprattutto di origine vegetale) che sono fonti principali di vitamine, mi sento di uscire da ogni direttiva o consiglio o linea guida nella buona abitudine e di consigliare di reperire un buon multivitaminico da assumere giornalmente per stare coperti e non subire gli effetti di carenze, che potrebbero, nel nostro contesto, togliere attenzione, concentrazione e massimo focus sulla nostra prestazione sia in allenamento che in gara. Oltretutto la USDA (Us Department Of Agriculture) lo ha di fatto inserito nella nuova piramide alimentare, indicatore di rilevanza mondiale per inserire nuove e salutari abitudini per il mantenimento dello stato di benessere mondiale (per una volta non arriviamo 20 anni dopo gli americani….imitiamoli almeno nelle sane direttive) Minerali Introduco anche questo micronutriente con una tabella, e come per il discorso delle vitamine, vale lo stesso identico consiglio, direttiva o linea guida: è oggettivamente impossibile tenere d’ occhio le quantità minime di minerali dall’ alimentazione, e visto che su soggetti in salute, tra la differenza tra carenze ed eccessi vi è un delta grandissimo, il reperimento di un supplemento che sia anche multiminerale, la trovo la miglior strategia per ogni essere umano, compresi soprattutto gli sportivi. MINERALE FONTI NATURALI SINTOMI DA CARENZA Sale comune da cucina (clorulo di sodio), nelle carni, brodi ristretti, pesci di mare, latte, latticini, formaggi, pane, legumi. Nella frutta e verdura è scarsamente presente Inappetenza, apatia, astenia, crampi muscolari. CLORO Sale comune da cucina (clorulo di sodio), carne, pesce, latte, formaggi, legumi. Vomito, diarrea, sudorazione continua e abbondante, disfunzioni renali. Ipertensione arteriosa in quanto interagisce con il sodio. POTASSIO Verdura e frutta fresca in genere, frutta secca, germogli di soia, cereali, castagne, mandorle, carne, fegato, pesce, uova, latte. Sonnolenza, confusione mentale, nausea, inappetenza, alterazione del ritmo cardiaco Pesantezza agli arti inferiori, formicolio al viso e alle mani, debolezza muscolare. Si può arrivare anche all’arresto cardiaco. MAGNESIO Granaglie, cereali integrali, frutti oleosi, alimenti ricchi di fecola, vegetali a foglia verde, frutta secca, banane, cioccolato. Quantità ridotte si ritrovano nella carne, latte, uova e pesce. Ansia, depressione, palpitazioni, irritabilità, astenia, stanchezza, crampi muscolari. Intossicazione, nausea, vomito, vertigini. CALCIO Latte e derivati, radici, cavoli, verdure e frutta in genere, cipolle, legumo secchi, noci, acqua. In modesta quantità è presente nelle carni e pesci. Decalcificazione ossea (osteomalacia, osteoporosi), rallenatamento della crescita, ipereccitabilità muscolare e convulsioni, crampi muscolari, ipertensione. Derivante soprattutto da errata somministrazione di vitamina D, può determinare patologie renali come la calcolosi e la nefrocalcinosi. SODIO SINTOMI DA ECCESSO Ritenzione idrica nei liquidi extracellulari provocando edema e innalzamento della pressione del sangue (ipertensione). Nel tempo possono sopravvenire complicazioni renali Conclusioni sui micronutrienti Il problema, dunque, è quello di stabilire un criterio per determinare che cos’è una dieta variata, che sia abbastanza pratico da consentirci di stabilire se la nostra dieta lo è oppure no: una dieta variata non esclude nessuna categoria di alimenti, e all’interno di ogni categoria comprende la maggior parte degli alimenti appartenenti a tale categoria. La classica vecchia regola di mangiare un po’ di tutto, con moderazione, dunque, è sempre attuale. Tuttavia non è così semplice da seguire, infatti è probabile che molte persone siano carenti in uno o più nutrienti, proprio perché non seguono una dieta abbastanza variata. Ci sono alcuni comportamenti che aiutano molto a far si che la propria dieta comprenda la maggior parte degli alimenti e quindi ne sfrutti appieno tutte le caratteristiche, altri che invece facilitano la monotonia alimentare che porta inevitabilmente a carenze più o meno gravi. L’amore per il cibo è una caratteristica positiva in questo senso: i buongustai “veri” sono curiosi e la loro curiosità li spinge a provare di tutto e quindi a consumare cibi di ogni tipo. Chi esclude intere categorie di alimenti come i vegetariani, i vegani o gli “schizzinosi” (coloro che escludono dalla dieta interi alimenti per pregiudizio, motivi etici o salutistici), invece, avranno probabilmente carenze di qualche tipo, oltre che sviluppare tendenze ortoressiche (googolate il significato…). Se andiamo a vedere in quali alimenti sono contenute le vitamine e i minerali indispensabili all’organismo, possiamo notare che non esiste un alimento o una categoria di alimenti veramente completi, ovvero che contengano tutte le sostanze necessarie nella giusta quantità. Questa considerazione ci porta a definire la regola da rispettare per garantirci il giusto apporto di micronutrienti: mangiamo un po’ di tutto e non facciamoci prendere dalla paura di integrare carenze di questo tipo. Conclusione Probabilmente una bella tabella con un piano alimentare universale era più gradita, piuttosto che analizzare i nutrienti. Ma la regola principe nel cercare di migliorare la propria performance, è fare tesoro dei concetti per applicarli a noi stessi con le giuste considerazioni. L’ individualità biochimica di ogni soggetto che si allena, non può ridursi a 2 regolette scritte oppure a una lista di “cibi magici”. Nessun atleta è Asterix che con la pozione magica diventa un super atleta, siamo esseri umani governati da risposte fisiologiche di apporti calorici, di ossigeno, di nutrienti, da adattamenti a determinati stimoli, ecc... La nutrizione sportiva è un argomento talmente vasto e pieno di correlazioni che piuttosto che trovarsi in una sfilza di “dipende”, è bene essere padroni dei concetti e non schiavi delle mode del momento. QUARTA PARTE La misura di forza, velocità e potenza Il movimento è una tra le funzioni più importanti del corpo che si manifesta, impercettibilmente, anche nel momento in cui si è fermi per compensare la forza di gravità che agisce sul nostro corpo. Macroscopicamente è una sequenza di azioni che controlla la nostra posizione nello spazio, mantiene e corregge la postura, ci consente di parlare, di nutrirci ed è programmato, controllato e regolato da un complesso di sistemi motori in connessione fra loro che ci consente di metterci in rapporto con l’ambiente e di manipolarlo. Queste azioni che il corpo compie sono sotto i nostri occhi quotidianamente e le percepiamo su noi stessi dandone una descrizione ogni qualvolta ci si trovi a doversi confrontare con un’altra persona o semplicemente per capire cosa accade in quel momento al nostro corpo. Non è però semplice quantificare e trasferire queste informazioni che soggettivamente riusciamo a cogliere con la nostra esperienza, sensibilità e capacità a qualcun altro che abbia non tanto qualità inferiori o superiori, ma semplicemente una percezione diversa delle cose. E’ in questo frangente che la misura fornisce un’oggettivazione di ciò che il nostro corpo percepisce e rende quell’informazione leggibile e interpretabile a tutti. Poter misurare i movimenti del corpo umano, sottoposto sostanzialmente alla forza di gravità, offre l’opportunità di capire meglio chi si ha di fronte e come svolga una determinata azione. Per contrapporsi e quindi muoversi contro questa forza che agisce su di noi siamo noi stessi a generare delle forze che esprimiamo in modalità differenti…con velocità differenti. Forza, velocità e potenza sono parametri fondamentali da valutare per qualsiasi soggetto che utilizzi una massa da muovere per poter migliorare le proprie capacità fisiche sia che vengano esse sviluppate in un ambito prestativo che in un ambito di benessere e salute. Poter misurare e di conseguenza valutare nel tempo questi aspetti di un dato movimento permette al professionista di monitorare i risultati ottenuti dal soggetto seguendo la sua evoluzione. Ciò permette all’operatore di somministrare i carichi di lavoro più appropriati in base alla tipologia di allenamento da svolgere migliorando quindi la qualità del proprio lavoro e quella del soggetto che si sta allenando. Lo scopo ultimo è il raggiungimento dei propri obbiettivi che siano essi prestativi o soltanto di migliorare la qualità della vita, senza tralasciare la prevenzione evitando quindi possibili problematiche che rallenterebbero il lavoro o addirittura causerebbero la fine dell’attività fisica da parte del soggetto e un fallimento lavorativo da parte del professionista. Esistono diverse tecnologie in grado di poter misurare, ognuno in maniera diversa, questi parametri. Il gold standard per l’analisi del movimento umano sono i sistemi stereofotogrammetrici. Questi sistemi sono precisi e accurati e riescono a misurare molteplici aspetti di un movimento fornendo una grossa mole di informazioni, al tempo stesso però presentano dei costi molto elevati, sono sensibili a fonti di illuminazione esterne ed alla perdita dei marker, richiedono preparazioni sperimentali non sempre semplici e sono confinati all’interno di un laboratorio. Una tecnologia molto più semplice e molto conosciuta per l’allenamento con i sovraccarichi è l’encoder a filo, il quale misurando lo spostamento di un cavo collegato ad un bilanciere che si muove in verticale calcola la velocità e, risalendo all’accelerazione tramite un’ulteriore operazione di derivazione, fornisce la potenza espressa. Il limite è proprio quello della linearità del movimento in quanto l’errore che si avrebbe nella misura sarebbe direttamente proporzionale all’angolo creato dallo spostamento del filo rispetto alla verticale; il che vincola l’utilizzo di questo strumento ai soli esercizi alla multipower o comunque dove è presente un carico che si muove perfettamente verticale. Per la misura della potenza degli arti inferiori durante i test di salto è possibile utilizzare i tappetini a conduttanza i quali misurando i tempi di volo e di contatto riescono a fornire una stima della potenza espressa, in questo caso però non si sa nulla sulla dinamica del movimento in quanto è ipotizzato che il soggetto si muova come una sfera (un corpo rigido) che sale e scende. Le pedane di forza, a differenza dei tappetini a conduttanza, possono associare anche le misure di reazioni vincolari al terreno e dare quindi informazioni in più senza però superare quel limite di un utilizzo in laboratorio o comunque l’esigenza di avere una superficie piana d’appoggio per la strumentazione. Esistono poi sistemi in grado di misurare direttamente la forza come ad esempio i dinamometri o le celle di carico ma soltanto per quanto riguarda espressioni di forza isometrica. Negli ultimi anni si è sviluppata un’innovativa tecnologia, quella dei sensori inerziali, che permette di sopperire alle carenze e limiti delle strumentazioni so- pracitate [Figura 1]. Questi sensori, composti da un accelerometro, un giroscopio ed un magnetometro, sono in grado di misurare direttamente le accelerazioni, le velocità angolari e l’intensità del campo magnetico durante il movimento. Sono facilmente fissabili sul soggetto che esegue il gesto o sul carico che sta sollevando. In questa maniera non si è più vincolati alla misura di un movimento che debba essere perfettamente verticale o addirittura isometrico potendo quindi valutare quei gesti dinamici che più si avvicinano a quella che è la realtà del movimento umano. Bisogna porre attenzione però alla qualità di questi strumenti in quanto, ad oggi, anche un semplice smartphone possiede un accelerometro ed un giroscopio che con una applicazione si propone in grado di misurare gesti anche molto complessi. La differenza sostanziale, oltre che nel grado di affidabilità e di accuratezza del comparto hardware, risiede nel software e quindi negli algoritmi di calcolo in grado di filtrare ed elaborare segnali molto complessi provenienti dai componenti e renderli utilizzabili per il professionista. Figura 1. I Sensori Inerziali. I sensori inerziali, integrando la misura dell’accelerazione sui tre piani x, y, e z con quelle di velocità angolare e intensità del campo magnetico, sempre sui tre assi, forniscono la misura diretta dell’accelerazione verticale a_v [m/s2] durante ad esempio il sollevamento di un carico o durante il salto. Conoscendo la massa del carico che il soggetto sta sollevando si è in grado di calcolare la forza a × m = F [N]. Dall’accelerazione, a seguito di un’operazione matematica di integrazione numerica associata ad un’opportuna elaborazione del segnale si ha la velocità del movimento ∫ adt = v [m/s]. A questo punto moltiplicando la forza per la velocità si ottiene la potenza F × v = P [W]. Una rappresentazione grafica degli andamenti dei tre parametri in una ripetizione svolta alla panca piana con un carico pari a 20kg è rappresentata nello schema di seguito [Figura 2]: Figura 2. Andamenti dei parametri di forza, velocità e potenza per una ripetizione alla panca piana. N.B. La forza è traslata verso il basso ad un valore pari a 0 per questioni grafiche. Come si evince dalla Figura 2 essendo la potenza il prodotto tra forza e velocità essa ha il proprio valore massimo in un punto in cui è il prodotto tra i due parametri ad essere massimo e non dove si ha il valore massimo di forza e/o di velocità. Per facilitare l’interpretazione di questi parametri sia all’operatore che al soggetto che svolge l’esercizio i sistemi utilizzanti la sensoristica inerziale offrono come output dati molto più facilmente interpretabili come ad esempio valori massimi e medi di forza, velocità e potenza nelle singole ripetizioni di un dato esercizio o la possibilità di costruire una curva potenza-carico e velocità-carico [Figura 3]. Questi parametri facilmente interpretabili diventano di aiuto al professionista che può monitorare e al tempo stesso migliorare la propria strategia di lavoro coinvolgendo ancora di più il soggetto che effettua l’esercizio dandogli dei riferimenti oggettivi con cui potersi anche confrontare. E’ importante sottolinea- re il concetto di “aiuto” al professionista e non di “sostituzione” in quanto, essendo specificatamente strumenti di misura e non di valutazione né tanto meno di diagnosi, si rendono molto utili per misurare e quindi oggettivare aspetti che fino a pochi anni fa erano lasciati soltanto alle capacità e sensibilità di chi guardava eseguire quei movimenti, e quindi anche difficilmente trasferibili a terzi, per poi permetterne la valutazione in base alla propria esperienza e conoscenza. Figura 3. Output dati di diverse sessioni di lavoro alla panca piana. Continua ad aggiornarti! Le domande e gli approfondimenti su questo libro sono sul Gruppo Privato di Facebook. Potrai accedere facendo la scansione di questo QrCode e sarai portato alla pagina del gruppo, sarà fatta una verifica sull’acquisto e quindi sarai abilitato. Come usare il QrCode? 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