BREVIARIO DI TOPOLOGIA GENERALE Lucio Guerra Prefazione. Questo breviario è una successione di enunciati, presentati senza dimostrazione. Il linguaggio della topologia generale viene introdotto come linguaggio di base della matematica, a livello del primo o secondo anno di studi universitari, seguendo il criterio di non eccedere in quel tipo di approfondimenti cosı̀ generali che non si incontrano poi nelle altre materie. Gli argomenti in questo breviario formavano una parte preliminare del corso (annuale) di Geometria II che ho tenuto presso l’Università di Camerino negli anni dal 1994 al 1997. Il testo è stato in qualche punto rimaneggiato. (marzo 2011) Indice. I. Funzioni Continue. 1. Spazi topologici. 2. Spazi metrici. 3. Funzioni continue. 4. Metriche equivalenti - Topologie metrizzabili. 5. Basi - Basi locali. 6. Interno, Chiusura, Frontiera. 7. Omeomorfismi. 8. Sottospazi. 9. Prodotti. 10. Quozienti. 11. Spazi di orbite. II. Connessione e Compattezza. 1. Spazi connessi. 2. Componenti connesse. 3. Spazi connessi per archi. 4. Componenti connesse per archi. 5. Archi poligonali in Rn . 6. Spazi compatti. 7. Compattezza e successioni. 8. Compattificazioni. I. FUNZIONI CONTINUE 1. Spazi topologici 1.1. Una collezione T di sottoinsiemi di un insieme X che soddisfa gli assiomi: 1. ∅, X ∈ T , 2. l’unione di una famiglia di insiemi di T è ancora elemento di T , 3. l’intersezione di una famiglia finita di insiemi di T è ancora elemento di T , si dice una topologia su X, i suoi elementi si dicono insiemi aperti, e la coppia (X, T ) si dice uno spazio topologico. Si dice intorno di un punto x ∈ X ogni insieme aperto che contiene x. Si denota con Tx la collezione di tutti gli intorni di x. 1.2. Esempi. Esistono topologie su qualsiasi insieme X. La topologia discreta P(X) è la massima, la topologia banale {∅, X} è la minima. La collezione che comprende gli insiemi ∅, X e tutti i sottoinsiemi il cui complementare è un insieme finito, è una topologia intermedia che si chiama cofinita. 1.3. La collezione F = X − T dei complementari degli elementi di T , che si dicono insiemi chiusi, soddisfa gli assiomi: 1. ∅, X ∈ F, 2. l’intersezione di una famiglia di insiemi di F è ancora elemento di F, 3. l’unione di una famiglia finita di insiemi di F è ancora elemento di F. Viceversa, data una famiglia F che soddisfa i precedenti assiomi, la collezione T = X − F è una topologia. 2. Spazi metrici 2.1. Una applicazione d : X × X → R≥0 che soddisfa gli assiomi: 1. d(x, x′ ) = 0 ⇔ x = x′ ; 2. d(x, x′ ) = d(x′ , x) (proprietà simmetrica); 3. d(x, x′ ) ≤ d(x, x′′ ) + d(x′′ , x′ ) (proprietà triangolare); si dice una metrica sull’insieme X, e la coppia (X, d) si dice uno spazio metrico. Rispetto a una metrica d si introducono gli insiemi: Dd (x, r) = {x′ ∈ X : d(x, x′ ) < r}, d-disco aperto, ′ ′ D d (x, r) = {x ∈ X : d(x, x ) ≤ r}, d-disco chiuso, Sd (x, r) = {x′ ∈ X : d(x, x′ ) = r}, d-sfera. 1 2 2.2. Esempi. 1. Esistono metriche su qualsiasi insieme X. La metrica discreta è l’applicazione tale che d(x, x′ ) vale 0,1 a seconda che x = x′ oppure x 6= x′ . 2. Se d è una metrica e c ∈ R>0 anche l’applicazione cd è una metrica. 3. Su Rn p sono Pnmetriche le2 seguenti: (ordinaria o standard), d(x, y) = i=1 (xi − yi ) n |x − y |, d′ (x, y) = max i P i=1 i d′′ (x, y) = ni=1 |xi − yi |. I dischi della metrica ordinaria sono i dischi usuali della geometria euclidea, si dicono anche semplicemente n-dischi. I dischi della metrica d′ sono gli n-cubi, prodotti di intervalli di R. I dischi di d′′ sono rombi. 2.3. Su ogni spazio metrico (X, d) la collezione T (d), che contiene un sottoinsieme U ⊂ X se e solo se per ogni x ∈ U esiste un disco Dd (x, r) contenuto in U , è una topologia sull’insieme X. I d-dischi sono elementi di T (d). 3. Funzioni continue 3.1. Siano (X, T ), (X ′ , T ′ ) due spazi topologici. Una applicazione f : X → X ′ si dice continua rispetto alle topologie T , T ′ se f −1 (T ′ ) ⊂ T ovvero, equivalentemente, se f −1 (F ′ ) ⊂ F, essendo F, F ′ le rispettive famiglie di insiemi chiusi. Si scrive anche f : (X, T ) → (X ′ , T ′ ). Si dice che f è continua nel punto x ∈ X se f −1 (Tf′(x) ) ⊂ Tx . 1. Una f : X → X ′ è continua se e solo se è continua in ogni punto x ∈ X. 2. Se f : X → X ′ e g : X ′ → X ′′ sono continue anche g ◦ f : X → X ′′ è continua. 3.2. Se (X, d), (X ′ , d′ ) sono spazi metrici, una applicazione f : X → X ′ è continua rispetto alle topologie T (d), T (d′ ) se e solo se soddisfa la consueta proprietà ǫ-δ: per ogni x ∈ X e per ogni ǫ ∈ R>0 esiste δ ∈ R>0 tale che d(x, x′ ) < δ ⇒ d′ (f (x), f (x′ )) < ǫ. 4. Metriche equivalenti - Topologie metrizzabili 4.1. Si dicono topologicamente equivalenti due metriche d, d′ su un insieme X se generano la stessa topologia T (d) = T (d′ ). 1. Se esiste c ∈ R>0 tale che d′ ≤ cd allora T (d′ ) ⊆ T (d). 2. Se esistono c1 , c2 ∈ R>0 tali che c1 d ≤ d′ ≤ c2 d, allora T (d′ ) = T (d). 3. Le metriche d, d′ , d′′ introdotte su Rn nel n.2 generano tutte la stessa topologia. Perchè soddisfano: d′ ≤ d ≤ d′′ ≤ nd′ . 3 4.2. Una topologia T su un insieme X si dice metrizzabile se esiste una metrica d su X tale che T = T (d). Si dice separata o di Hausdorff se due punti distinti di X hanno intorni disgiunti. Ogni topologia metrizzabile T (d) è di Hausdorff. 4.3. Esempi. Su qualsiasi insieme la topologia discreta è generata dalla metrica discreta. Su un insieme finito l’unica topologia metrizzabile è quella discreta. Su un insieme infinito la topologia cofinita non è di Hausdorff, quindi non è metrizzabile. 5. Basi - Basi locali 5.1. Se T è una topologia su un insieme X, si dice base per T ogni sottoinsieme B ⊂ T tale che ogni elemento di T è unione di elementi di B. Ne segue che B soddisfa: 1. l’unione degli insiemi di B è l’intero X; 2. dati due insiemi U, U ′ ∈ B ed un punto x ∈ U ∩ U ′ esiste un terzo insieme V ∈ B tale che x ∈ V ⊂ U ∩ U ′ . Viceversa, se B è una collezione di sottoinsiemi di X che soddisfa gli assiomi precedenti, allora la collezione T (B), che comprende tutti quei sottoinsiemi di X che sono unione di elementi di B, è una topologia su X per la quale B è una base. Si dice base locale per la topologia T nel punto x ∈ X ogni sottoinsieme B ⊂ Tx tale che ogni elemento di Tx contiene qualche elemento di B. 5.2. Esempio. In uno spazio metrico (X, d) i d-dischi formano una base per la topologia T (d). I d-dischi con centro nel punto x e raggio r ∈ Q>0 formano una base locale in x, di cardinalità numerabile. 5.3. Uno spazio topologico si dice I-numerabile se ha per ogni punto una base locale numerabile, si dice II-numerabile se ha una base numerabile. 1. Ogni spazio metrizzabile è I-numerabile. 2. Ogni spazio II-numerabile è I-numerabile. 5.4. Esempio. La collezione degli intervalli semi-aperti (a, b ] è una base per una topologia su R, che denotiamo Ts , che contiene la topologia standard. Questa topologia è I-numerabile, non è II-numerabile. Inoltre è separata, non è metrizzabile. 5.5. Uno spazio topologico si dice separabile se ha un sottoinsieme denso numerabile. 1. Ogni spazio II-numerabile è separabile. 2. Ogni spazio metrizzabile separabile è II-numerabile. 4 6. Interno, Chiusura, Frontiera 6.1. Sia A un sottoinsieme dello spazio topologico X. Un punto x ∈ X si dice rispetto ad A: interno ⇔ A contiene un intorno di x (quindi x ∈ A); aderente ⇔ ogni intorno di x incontra A; di accumulazione ⇔ ogni intorno di x incontra A − {x}; di frontiera ⇔ ogni intorno di x incontra sia A sia X − A. Gli insiemi costituiti rispettivamente dai punti interni, aderenti, di accumulazione, di frontiera per A si indicano con i simboli: A◦ , Ā, A′ , ∂A, oppure con le locuzioni: interno(A), chiusura(A), derivato(A), frontiera(A). 6.2. 1. L’interno A◦ è il massimo sottoinsieme aperto di X contenuto in A. 2. Quindi A è aperto ⇔ A = A◦ . 3. La chiusura Ā è il minimo sottoinsieme chiuso di X che contiene A, e si ha: 4. A = A ∪ A′ = A◦ ∪˙ ∂A. 5. Quindi A è chiuso ⇔ A = A ⇔ A′ ⊂ A ⇔ ∂A ⊂ A. 6. La frontiera ∂A si descrive come: ∂A = A ∩ X − A. 6.3. Una funzione f : X → X ′ tra spazi topologici è continua se e soltanto se per ogni sottoinsieme A ⊂ X si ha f (Ā) ⊂ f (A). 6.4. Esempio. In Rn la chiusura del disco aperto Dn = {x21 + · · · + x2n < 1} è il disco chiuso D̄ n = {x21 + · · · + x2n ≤ 1}, la frontiera è la sfera S n−1 = {x21 + · · · + x2n = 1}. Nota. Si usa spesso denotare uno spazio topologico con il solo nome dell’insieme X senza quello della topologia, indicata semplicemente come la famiglia dei sottoinsiemi aperti di X. 7. Omeomorfismi 7.1. Una applicazione continua e biiettiva f : X → X ′ si dice un omeomorfismo se l’applicazione inversa f −1 : X ′ → X è continua. Si dicono omeomorfi due spazi X, X ′ , e si scrive X ∼ = X ′ , se esiste un omeomorfismo ′ ′ X → X (e quindi anche uno X → X). La relazione di omeomorfismo è una relazione di equivalenza nella classe degli spazi topologici. 7.2. Esempi. 1. Se T , T ′ sono due topologie su un insieme X, l’applicazione identica 1X : (X, T ′ ) → (X, T ) è continua se e solo se T ⊂ T ′ , è un omeomorfismo se e solo se T = T ′ . Questo produce esempi di applicazioni continue, biiettive, non omeomorfismi. 2. Tutti gli intervalli aperti di R, limitati o illimitati, sono omeomorfi all’intero R. 5 3. Un n-cubo aperto, un n-disco aperto, sono omeomorfi all’intero Rn . 7.3. Una applicazione continua f : X → X ′ si dice aperta se f (T ) ⊂ T ′ , si dice chiusa se f (F) ⊂ F ′ . Una applicazione continua e biiettiva è un omeomorfismo ⇔ è aperta ⇔ è chiusa. 8. Sottospazi 8.1. Sia (X, T ) uno spazio topologico, sia Y ⊂ X un sottoinsieme. La famiglia T ∩ Y = {U ∩ Y : U ∈ T } è una topologia su Y , che si dice indotta da T , tale che l’applicazione di inclusione i : (Y, T ∩ Y ) → (X, T ) è continua. Infatti T ∩ Y è la minima topologia su Y rispetto alla quale l’inclusione risulta continua. Lo spazio topologico (Y, T ∩ Y ) si dice sottospazio dello spazio (X, T ). 8.2. Restrizioni. Sia f : X → X ′ una applicazione continua. 1. Se Y è un sottospazio di X, la restrizione f¯ = f |Y : Y → X ′ è continua. 2. Se Y ′ è un sottospazio di X ′ che contiene l’immagine f (X), la restrizione f ′ : X → Y ′ è continua. 8.3. Principio di identità. Siano f, g : X → X ′ due applicazioni continue. Se Y ⊂ X è un sottoinsieme denso, se X ′ è di Hausdorff, allora f |Y = g|Y ⇒ f = g. 8.4. Problema di estensione. Un esempio. Ogni applicazione continua f¯ : S n−1 → Rm è restrizione di qualche applicazione continua f : D̄ n → Rm . 8.5. Se la topologia dello spazio X è generata da una metrica d, la topologia indotta sul sottospazio Y ⊂ X è generata dalla metrica indotta d|Y × Y . 9. Prodotti 9.1. Siano (X, T ), (X ′ , T ′ ) due spazi topologici. La famiglia di sottoinsiemi del prodotto cartesiano X × X ′ B = {U × U ′ : U ∈ T , U ′ ∈ T ′ } è una base, e la topologia T ×T ′ = T (B) si dice topologia prodotto. Rispetto a questa topologia, le proiezioni X × X′ pւ X ցp ′ X′ sono continue. Infatti T × T ′ è la minima topologia su X × X ′ che rende continue le due proiezioni p, p′ . 9.2. Applicazioni continue a valori in un prodotto. Una applicazione f : Y → X × X ′ è data da una coppia di applicazioni g : Y → X, g′ : Y → X ′ e si scrive anche f = (g, g′ ). Allora f è continua se e solo se g, g′ sono continue. 6 9.3. In modo analogo si introduce una topologia prodotto su un prodotto finito di spazi topologici X1 × · · · × Xn , minima tra quelle che rendono continue tutte le proiezioni pi : X1 × · · · × Xn → Xi . Con qualche accortezza si introduce la topologia su un prodotto infinito. 9.4. Se la topologia pPn dello spazio Xi è generata dalla metrica di , le seguenti 2 d(x, y) = i=1 di (xi , yi ) , ′ n d (x, y) = max Pn i=1 {di (xi , yi )}, ′′ d (x, y) = i=1 di (xi , yi ), sono metriche sul prodotto X1 × · · · × Xn , che generano tutte la topologia prodotto T (d1 ) × · · · × T (dn ) = T (d) = T (d′ ) = T (d′′ ). In particolare, la topologia ordinaria di Rn è prodotto di n volte la topologia di R. 10. Quozienti 10.1. Una relazione di equivalenza ∼ su un insieme X determina un insieme quoziente X/∼ e una proiezione canonica p : X → X/∼. Un sottoinsieme U ⊂ X si dice saturo rispetto a ∼ se è unione di classi di ∼. Esiste una corrispondenza biunivoca: sottoinsiemi U ⊂ X sottoinsiemi ←→ saturi rispetto a ∼ V ⊂ X/∼ data da U 7→ p(U ) e inversamente V 7→ p−1 (V ). 10.2. Se (X, T ) è uno spazio topologico, la famiglia T /∼ = {V ⊂ X/∼ : p−1 (V ) ∈ T } è una topologia sull’insieme X/∼, che si dice quoziente di T , rispetto alla quale la proiezione p è continua. Infatti è la massima topologia sull’insieme quoziente che rende continua la proiezione p. 10.3. Applicazioni continue definite su un quoziente. 1. Se f : X/∼ → Y è una applicazione continua di spazi topologici, la composizione g = f ◦ p : X → X/∼ → Y è una applicazione continua, costante sulle classi di ∼, vale a dire: x ∼ x′ ⇒ g(x) = g(x′ ). 2. Viceversa, se g : X → Y è una applicazione continua, costante sulle classi di ∼, esiste una unica applicazione f : X/∼ → Y tale che g = f ◦ p, e questa f è continua. g X p −→ Y ց րf X/∼ 7 10.4. Nel diagramma precedente, f è iniettiva se e solo se: x ∼ x′ ⇔ g(x) = g(x′ ). Dunque una applicazione continua g determina la relazione di equivalenza ∼ per cui l’applicazione indotta f è iniettiva. Se f è un omeomorfismo si dice che g è una applicazione quoziente. Una proiezione canonica p : X → X/∼ è una applicazione quoziente, ovvio. Ogni applicazione continua suriettiva che sia aperta oppure chiusa è una applicazione quoziente. 10.5. Esempi. Superfici costruite come quozienti. 10.5.1. Il cilindro. Una equivalenza sul quadrato unitario I 2 è definita ponendo (x, y) ∼ (x′ , y ′ ) se e solo se x = x′ e y − y ′ ∈ {−1, 0, 1}. Lo spazio quoziente I 2 /∼ è omeomorfo al cilindro I × S 1 in R3 . Questo omeomorfismo è indotto dalla applicazione I 2 → R3 data da (u, v) 7→ (u, cos 2πv, sin 2πv). 10.5.2. Il toro. Una seconda equivalenza su I 2 è definita ponendo (x, y) ∼ (x′ , y ′ ) se e solo se x − x′ , y − y ′ ∈ {−1, 0, 1}. Lo spazio quoziente si immerge in R3 sotto forma di un toro. Questo omeomorfismo è indotto dalla applicazione (u, v) 7→ ((2 + cos 2πu) cos 2πv, (2 + cos 2πu) sin 2πv, sin 2πu). 10.5.3. Esercizio. Sul disco chiuso D2 si definisce una relazione di equivalenza ponendo P ∼ Q se e solo se P = Q oppure P, Q ∈ S 1 hanno la stessa ordinata. Dimostrare che il quoziente D2 /∼ è omeomorfo alla sfera S 2 . 10.6. Uno spazio topologico X si dice soddisfa la proprietà T1 se per ogni coppia di punti distinti x 6= x′ esistono un intorno di x che non contiene x′ ed un intorno di x′ che non contiene x. Equivalentemente, se i punti {x} sono insiemi chiusi. La proprietà di Hausdorff si dice anche T2 , ed implica T1 . La topologia cofinita su un insieme infinito è T1 ma non T2 . Esercizio. Uno spazio quoziente X/∼ soddisfa T1 se e solo se le classi di ∼ sono insiemi chiusi di X. Questo produce esempi di spazi di Hausdorff, o anche metrizzabili, con quozienti che non soddisfano T1 . 11. spazi di orbite 11.1. Una azione di un gruppo G su un insieme X è una applicazione G × X → X (g, x) 7→ g · x che soddisfa le proprietà 1. g · (h · x) = (gh) · x 2. 1 · x = x Per ogni g ∈ G si ha una biiezione g̃ : X → X x 7→ g · x, la cui inversa è −1 . L’applicazione G → S(X) g 7→ g̃ è un omomorfismo di gruppi g̃−1 = gg a valori nel gruppo delle permutazioni dell’insieme. 11.2. Una azione determina una relazione di equivalenza x ∼ y ⇔ y = g·x per qualche g ∈ G. La classe di equivalenza, detta anche orbita, di un elemento x è l’immagine della applicazione G → X g 7→ g · x, e si denota con il simbolo G · x. Il sottogruppo Gx ⊂ G formato dagli elementi g tali che g · x = x si dice lo stabilizzatore di x, e si ha una biiezione G/Gx → G · x. 8 L’insieme delle orbite dell’azione si indica con il simbolo X/G, e si ha una proiezione canonica p : X → X/G. 11.3. Se X è uno spazio topologico si richiede che l’applicazione G × X → X sia continua rispetto a X, i.e. che ogni applicazione g̃ sia continua, dunque un omeomorfismo. Si ha allora un omomorfismo G → Aut(X) a valori nel gruppo degli automorfismi dello spazio topologico. L’insieme X/G dotato della topologia quoziente si dice lo spazio delle orbite dell’azione. Esercizio: la proiezione p : X → X/G è una applicazione continua e aperta. 11.4. Applicazioni continue definite su uno spazio di orbite. 1. Se f : X/G → Y è una applicazione continua, la composizione f ◦ p : X → X/G → Y è una applicazione continua, G-invariante. Una applicazione f ′ : X → Y si dice G-invariante se f ′ (g · x) = f ′ (x). 2. Viceversa, se f ′ : X → Y è una applicazione continua G-invariante esiste un’unica applicazione continua f : X/G → Y tale che f ′ = f ◦ p. f′ X p −→ Y ց րf X/G 11.5. La circonferenza. Il gruppo Z agisce sulla retta R per traslazione: (n, x) 7→ x + n. Lo spazio quoziente R/Z è omeomorfo a S 1 . L’omeomorfismo è indotto dalla applicazione esponenziale e : R → S 1 definita da e(θ) = (cos 2πθ, sin 2πθ). Infatti e è un’applicazione aperta. 11.6. Spazi proiettivi. Su Rn+1 −{0} agisce il gruppo R∗ , mediante la moltiplicazione per scalari: (c, v) 7→ cv. L’equivalenza associata è la relazione di proporzionalità tra vettori. Lo spazio quoziente Pn := Rn+1 −{0}/ R∗ si dice lo spazio proiettivo reale di dimensione n. I sottoinsiemi di Rn+1 − {0} saturi rispetto a R∗ sono gli insiemi del tipo U − {0} dove U ⊂ Rn+1 è un cono con vertice 0. Sulla sfera S n ⊂ Rn+1 − {0} agisce il sottogruppo {±1} ⊂ R∗ . Si ha un omeomorfismo S n /{±1} ∼ = Pn . Lo spazio Pn è connesso e compatto. Inoltre è separato, a base numerabile. Per n = 1 si ha P1 ∼ = S 1. 11.7. Esercizio. Se lo spazio quoziente X/∼ è separato allora il sottoinsieme R ⊂ X × X grafico della relazione ∼ è un sottoinsieme chiuso. Questo implica che le classi di ∼ sono insiemi chiusi di X. Viceversa se R ⊂ X × X è chiuso e se la proiezione X → X/∼ è aperta (per esempio per uno spazio di orbite X/G) allora il quoziente X/∼ è separato. II. CONNESSIONE E COMPATTEZZA 1. Spazi connessi 1.1. Una sconnessione di uno spazio X è una coppia di sottoinsiemi aperti non vuoti A, B tali che A∩B = ∅ e A∪B = X. Notare che i due sottoinsiemi sono ciascuno sia aperto sia chiuso, uno complementare dell’altro. Uno spazio topologico si dice connesso se non ha sconnessioni. Equivalentemente, se non contiene alcun sottoinsieme A che sia contemporaneamente aperto e chiuso, diverso da ∅, X. 1.2. Sia X uno spazio connesso. Se f : X → X ′ è continua, allora f (X) è connesso. In particolare, ogni spazio quoziente X/∼ è connesso. 1.3. Se X, X ′ sono spazi connessi, allora X × X ′ è connesso. Si deduce che è connesso ogni prodotto finito di spazi connessi. 1.4. Se uno spazio X è unione di una famiglia di sottospazi connessi Ci avente ∩Ci 6= ∅, allora X è connesso. 1.5. Se uno spazio X ha un sottospazio connesso C tale che C = X, allora X è connesso. Si deduce che, in generale, se C è un sottospazio connesso di X, ogni sottospazio C ′ tale che C ⊆ C ′ ⊆ C è anche connesso, in particolare C è connesso. 1.6. Esempi. 1. Tutti gli intervalli di R sono connessi (ANALISI I). 2. Rn ed ogni n-cubo aperto o chiuso (prodotto di intervalli) sono connessi. 3. La circonferenza, il cilindro, il toro sono connessi. 4. Ogni n-disco aperto o chiuso è connesso (unione di raggi). 5. Ogni n-sfera è connessa (unione di calotte). 2. Componenti connesse 2.1. Sia X uno spazio topologico. Si dicono componenti connesse di X i suoi sottospazi connessi massimali. Segue da 1.4 che: 1. Due distinte componenti connesse sono disgiunte. 2. Per ogni x ∈ X l’insieme C(x) unione di tutti i sottospazi connessi di X che contengono x è una componente connessa di X. Quindi la collezione delle componenti connesse di X costituisce una partizione di X, il cui spazio quoziente denotiamo C(X). 2.2. Segue da 1.5 che le componenti connesse sono sottoinsiemi chiusi di X. Quindi lo spazio C(X) soddisfa T1 . Non necessariamente soddisfa T2 . La topologia quoziente su C(X) è discreta se e solo se le componenti connesse sono sottoinsiemi aperti di X. Per esempio se sono in numero finito. 2.3. Uno spazio X si dice localmente connesso se ha una base di aperti connessi. Esempi. Sono localmente connessi: Rn , ogni aperto di Rn , più in generale ogni aperto di uno spazio localmente connesso. 9 10 2.4. Se X è localmente connesso, ogni componente connessa di X è un aperto. 2.5. Se X è localmente connesso e II-numerabile, le componenti connesse di X sono al massimo una infinità numerabile. 3. Spazi connessi per archi 3.1. Una applicazione continua α : [a, b] → X si dice un cammino o arco in X. L’immagine α[a, b] è un sottospazio connesso di X, che si dice la traiettoria del cammino, a volte anche una curva in X. Se u : [0, 1] → [a, b] è un omeomorfismo, il cammino α′ = α ◦ u : [0, 1] → X si dice una riparametrizzazione di α e percorre la stessa traiettoria α′ [0, 1] = α[a, b]. Perciò ci si può limitare a considerare solo cammini [0, 1] → X. 3.2. Si dice connesso per archi uno spazio X se per ogni coppia di punti x0 , x1 ∈ X esiste un arco α : [0, 1] → X tale che α(0) = x0 , α(1) = x1 . Uno spazio connesso per archi è connesso. 3.3. Sia X uno spazio connesso per archi. Se f : X → X ′ è continua, allora f (X) è connesso per archi. In particolare, ogni spazio quoziente X/∼ è connesso per archi. 3.4. Se X, X ′ sono spazi connessi per archi, allora X × X ′ è connesso per archi. Si deduce che è connesso per archi ogni prodotto finito di spazi connessi per archi. 3.5. Per ogni cammino α in X, si definisce un cammino inverso α−1 : [0, 1] → X, α−1 (t) = α(1 − t), che percorre la stessa traiettoria. Se α, β sono due cammini in X con α(1) = β(0), si definisce un cammino prodotto α • β : [0, 1] → X, α(2t) 0 ≤ t ≤ 21 , (α • β)(t) = β(2t − 1) 21 ≤ t ≤ 1 che percorre la traiettoria unione delle due. 3.6. Se uno spazio X è unione di una famiglia di sottospazi connessi per archi Ci avente ∩Ci ∅, allora X è connesso per archi. 3.7. Esempi. 1. Sono connessi per archi: Rn , i cubi, i dischi, le sfere, ogni sottoinsieme convesso di Rn . 2. I sottospazi di R2 F = {(x, sin x1 ) : x > 0}, G = {(0, y) : −1 ≤ y ≤ 1}, sono connessi per archi, F = F ∪ G è connesso ma non connesso per archi. Lo spazio F è anche un esempio di uno spazio connesso non localmente connesso. 11 4. Componenti connesse per archi 4.1. Sia X uno spazio topologico. Si dicono componenti connesse per archi di X i suoi sottospazi connessi per archi massimali. Segue da 3.6 che: 1. Due distinte componenti connesse per archi sono disgiunte. 2. Per ogni x ∈ X l’insieme Ca (x) unione di tutti i sottospazi connessi per archi di X che contengono x è una componente connessa per archi di X. Quindi la collezione delle componenti connesse per archi di X costituisce una partizione di X, il cui spazio quoziente denotiamo Ca (X). Esempio. Le componenti connesse per archi non necessariamente sono chiuse. Nell’esempio 3.7.2 la componente F di F non è chiusa. 4.2. Per ogni componente connessa per archi C ′ esiste una unica componente connessa C tale che C ′ ⊂ C. Questo definisce una applicazione continua Ca (X) → C(X). 4.3. Uno spazio X si dice localmente connesso per archi se ha una base di aperti connessi per archi. Esempi. Sono localmente connessi per archi: Rn , ogni aperto di Rn , più in generale ogni aperto di uno spazio localmente connesso per archi. 4.4. Se X è localmente connesso per archi, ogni componente connessa di X è aperta ed è connessa per archi. Quindi Ca (X) = C(X). 5. Archi poligonali in Rn 5.1. In Rn sono archi speciali i segmenti α(t) = (1 − t)x + ty e gli archi poligonali α1 • · · · • αp , prodotto di segmenti αi con αi−1 (1) = αi (0). 5.2. Diciamo che un sottospazio X ⊂ Rn è connesso per archi poligonali se per ogni coppia di punti x0 , x1 ∈ X esiste un arco poligonale α con α(0) = x0 , α(1) = x1 e tale che α[0, 1] ⊂ X. Tale è ogni sottoinsieme convesso. Un sottospazio connesso per archi poligonali è anche connesso. 5.3. Se U ⊂ Rn è un aperto connesso, allora U è connesso per archi poligonali. 5.4. Se n ≥ 2, se U ⊂ Rn è un aperto connesso, per ogni x ∈ U l’aperto U − {x} è ancora connesso. Questo implica che per ogni insieme finito di punti x1 , . . . , xk ∈ U l’aperto U − {x1 , . . . , xk } è ancora connesso. 5.5. Invarianza della dimensione 1. Un aperto di R e un aperto di Rn , n ≥ 2, non sono omeomorfi. 12 6. Spazi compatti 6.1. Uno spazio X si dice compatto (secondo Heine-Borel) se ogni ricoprimento aperto R di X ha un sottoricoprimento finito R′ ⊂ R. 6.2. Ogni sottospazio chiuso di uno spazio compatto è compatto. 6.3. Ogni sottospazio compatto di uno spazio di Hausdorff è chiuso. 6.4. Sia X uno spazio compatto. Se f : X → X ′ è continua, allora f (X) è compatto. In particolare, ogni spazio quoziente X/∼ è compatto. 6.5. Siano X uno spazio compatto, X ′ uno spazio di Hausdorff. Ogni applicazione continua f : X → X ′ è chiusa. In particolare ogni f continua e biiettiva è un omeomorfismo. 6.6. Se X, X ′ sono spazi compatti, allora X × X ′ è compatto. Si deduce che è compatto ogni prodotto finito di spazi compatti. Si dimostra infatti che è compatto qualsiasi prodotto di spazi compatti (Tychonoff). 6.7. Esempi. 1. R non è compatto. 2. Ogni intervallo chiuso di R è compatto (ANALISI I). 3. Ogni n-cubo chiuso è compatto. 4. Ogni n-disco chiuso, n-sfera, sono compatti. 5. La circonferenza, il cilindro, il toro sono compatti. 6.8. Un sottospazio di Rn è compatto se e solo se è chiuso e limitato. 6.9. Ogni sottospazio compatto di uno spazio metrico è chiuso e limitato. Esempio. Rispetto alla metrica discreta su un insieme infinito, ogni sottoinsieme è chiuso e limitato, solo i sottoinsiemi finiti sono compatti. 7. Compattezza e successioni 7.1. Uno spazio X si dice compatto per punti di accumulazione (o anche compatto secondo Bolzano-Weierstrass) se ogni sottoinsieme infinito A di X ha qualche punto di accumulazione x ∈ A′ . Si dice compatto per successioni se ogni successione (xn )n∈N in X ha una sottosuccessione (xni )i∈N convergente a qualche punto x ∈ X. 7.2. 1. 2. 3. Per uno spazio metrico (X, d) sono proprietà equivalenti: compattezza; compattezza per punti di accumulazione; compattezza per successioni. 7.3. Lemma di Lebesgue. Sia (X, d) uno spazio metrico compatto per successioni. Per ogni ricoprimento aperto R di X esiste un δ ∈ R>0 tale che ogni sottoinsieme A di X con diametro < δ è contenuto in qualche aperto ∈ R. 13 7.4. 1. Ogni spazio compatto è anche compatto per punti di accumulazione. 2. Uno spazio di Hausdorff, I-numerabile, compatto per punti di accumulazione è compatto per successioni. 3. Ogni spazio compatto per successioni è anche compatto per punti di accumulazione. 4. Esempio. Se X è lo spazio con due punti e con la topologia banale, lo spazio prodotto X × N è compatto per punti di accumulazione, non è compatto, nè compatto per successioni. 7.5. Sia (X, d) uno spazio metrico. Una successione (xn )n∈N in X si dice di Cauchy (rispetto alla metrica d) se per ogni ǫ ∈ R>0 esiste N ∈ N tale che n, m ≥ N ⇒ d(xn , xm ) ≤ ǫ. Una successione convergente è di Cauchy. Uno spazio metrico (X, d) si dice completo se ogni successione di Cauchy in X converge. 7.6. Uno spazio metrico compatto è completo. 7.7. Esempi. 1. R è completo (ANALISI I), Q no. 2. Ogni Rn è completo. 8. Compattificazioni 8.1. Una compattificazione di uno spazio X è una immersione i : X → X̄ in uno spazio compatto X̄ tale che i(X) è denso in X̄. Se f : X → Y è una immersione in uno spazio compatto Y , la restrizione f : X → f (X) è una compattificazione. 8.2. Esempi. 1. R con aggiunti −∞, +∞, oppure con un solo ∞. 2. L’applicazione i : Rn → S n che inverte la proiezione stereografica π : S n − {p} → Rn è una compattificazione di Rn . 3. Esiste una compattificazione i : Rn → Pn tale che Pn − i(Rn ) ∼ = Pn−1 . 8.3. Se X è uno spazio topologico, consideriamo l’insieme X̂ = X ∪ {∞}. E’ una topologia su X̂ la collezione che comprende tutti i sottoinsiemi aperti di X più tutti gli insiemi del tipo (X − K) ∪ {∞} dove K ⊂ X è chiuso e compatto. Lo spazio X̂ è compatto rispetto a questa topologia. L’inclusione i : X ֒→ X̂ è una immersione. Risulta che X è denso in X̂ se e solo se X non è già compatto. In questo caso, l’inclusione i : X → X̂ si dice la compattificazione di Alexandroff di X. cn è omeomorfo a S n . Esempio. Lo spazio R 8.4. Uno spazio X si dice localmente compatto se ogni punto x ∈ X ha un intorno U tale che Ū è compatto. Un aperto con chiusura compatta si dice anche relativamente compatto. Se X è di Hausdorff, una proprietà equivalente richiede che per ogni punto x ∈ X e per ogni intorno V di x esista un intorno U di x tale che Ū è compatto e Ū ⊂ V . In particolare, uno spazio localmente compatto di Hausdorff ha in ogni punto una base locale di intorni relativamente compatti. 14 8.5. Affinchè lo spazio X̂ sia di Hausdorff è necessario che X sia localmente compatto. Se X è localmente compatto e di Hausdorff allora X̂ è di Hausdorff. 8.6. Una applicazione continua f : X → Y si dice propria se è chiusa ed ha fibre compatte. 1. Continuità delle fibre. Se f è una applicazione chiusa, per ogni y ∈ Y ed ogni intorno U di f −1 (y) esiste un intorno V di y tale che f −1 (V ) ⊂ U . 2. Se f è una applicazione propria, allora f −1 (K) è compatto per ogni compatto K ⊂ Y . (Viceversa, se Y è di Hausdorff e localmente compatto, se f è tale che f −1 (K) ⊂ X è compatto per ogni compatto K ⊂ Y , allora f è propria.) 3. Se X è compatto, se Y è di Hausdorff, ogni f : X → Y continua è propria. 8.7. Se f : X → Y è una applicazione propria esiste una (unica) estensione continua fˆ : X̂ → Ŷ tale che fˆ(∞) = ∞. Viceversa, se Ŷ è di Hausdorff, affinchè una applicazione continua f abbia una estensione continua fˆ tale che fˆ(∞) = ∞ è necessario che f sia una applicazione propria. Di conseguenza spazi omeomorfi X ∼ = Y hanno X̂ ∼ = Ŷ . 8.8. Esempio. Ogni applicazione polinomiale f : C → C ammette una b→C b tale che fˆ(∞) = ∞. Di conseguenza f è una estensione continua fˆ : C applicazione propria.