La bilancia dei pagamenti e l`economia aperta

Capitolo 7
La bilancia dei pagamenti e
l’economia aperta
Sulla base del rapporto export - PIL gli USA sono un’economia quasi chiusa:
Stato
USA
GERMANIA
G.B.
BELGIO
LUSSEMBURGO
SINGAPORE
GIAPPONE
FRANCIA
ITALIA
CANADA
Export/Pil %
10
32
25
73
89
140
8
23
23
32
Ricordiamo, di nuovo, l’identità contabile Y = C + I + G + N X, posti
N X = X − Z e Z = C f + I f + Gf , acquisti all’estero di beni e servizi per
consumi, investimenti, e consumi pubblici.
7.1
Bilancia dei pagamenti
Bilancia delle partite correnti (N X) X(+) Z(−): Bilancia Commerciale
(beni materiali) + Bilancia delle partite invisibili (servizi, trasferimenti).
Movimenti di capitale (BK) : variazione delle attività o passività sull’estero: aumento passività o riduzione di attività (+), acquisto attività estere
o aumento di passività (-)
69
Poi ci sono le variazioni delle riserve ufficiali (acquisti e cessioni di attività o passività da parte della Banca Centrale). Vale perciò la seguente
uguaglianza:
N X + BK = BP = ∆RU
Esempio: ditta esporta per 100$ (+100 Bil Commerciale); li deposita in
banca che a sua volta va alla B.C e si fa dare il controvalore in euro al posto
dei 100$ (+100 var Riserve Ufficiali). Acquisto di titoli per 100$: -100 C.F.
In un modo o nell’altro la B. dei Pagamenti è contabilmente in pareggio o
dovrebbe esserlo; per far tornare i conti c’è la voce errori e omissioni. Se:
Saldo positivo B.C. ⇒valore degli incassi > valore esborsi; saldo positivo
C.F. ⇒ afflusso netto di capitali dall’estero. Vale N X +BK −∆RU = 0. Se
∆RU = 0 ⇒ N X = −BK = N F I, cioè le esportazioni nette eguagliano i
movimenti di capitale o investimenti esteri netti. Se N X > 0, anche −BK >
0, cioè BK < 0, e in effetti se la la bilancia commerciale è attiva vuol dire che
il risparimo aggregato è superiore alla spesa per investimenti e al disavanzo
pubblico interni (S−I −(G−T ) = N X), quindi concediamo fondi in prestito
all’estero. Al contrario, se NX < 0, allora S − I − (G − T ) < 0, quindi
abbiamo bisogno di prestiti esteri per pagarci l’eccesso delle importazioni
sulle esportazioni. (Negli USA gli investimenti netti esteri sono negativi,
così come le esportazioni nette. Deficit di Bilancia Commerciale e avanzo
di BK. per risparimo aggregato negativo (Deficit di Bilancio Pubblico).
7.2
Tassi di cambio nominali e reali
Tasso di cambio nominale (e): unità di valuta nazionale per unità di valuta
estera: quanti =
C per un $?; quanti C
= per una £?1 . Se per acquistare una
unità di valuta estera ci vogliono meno euro, l’euro si apprezza; nel caso
contrario si deprezza. Il tasso di cambio reale (ε) è il rapporto tra i livelli
Pf
generali dei prezzi in due paesi diversi ε = e , Pf =prezzo estero.
P
Un semplice esempio, relativo a un solo bene aiuta a capire il significato
di tasso di cambio reale. Si supponga che la birra in Europa costi 1 =
C /litro,
la stessa birra in USA costa 0,8 $/litro. Qual’è il tasso di cambio reale?
0, 8
, se e = 0.93 allora ε = 0, 744 litri di birra europea per litro di
ε = e
1
birra americana ⇒ la birra americana è più conveniente (competitiva) di
1
Il tasso di cambio può anche essere espresso come unità di valuta estera per una unità
di valuta nazionale. In questo caso, il tasso di cambio risponde alla domanda Quanti
dollari per un euro, oppure quante sterline per un euro. Denominando E il tasso di
1
cambio così definito avremo, naturalmente: E = .
e
70
quella europea. Se P e Pf indicano i livelli generali dei prezzi europei e
Pf
americani rispettivamente, allora ε = e
sarà il tasso di cambio reale tra
P
= e $.2 . Un suo aumento indica che le merci americane sono diventate più
C
costose rispetto a quelle europee, perché l’C
= si è deprezzato, ci vogliono più
euro per un dollaro. Una sua diminuzione, al contrario indica una perdità
di competitività delle merci europee rispetto a quelle americane.
Da qunato appena detto, è lecito supporre che le esportazioni europee
aumentino all’aumentare del tasso di cambio reale, cioè man mano che le
0
merci europee diventano più convenienti rispetto a quelle estere: X (ε) >
0. Al contrario le importazioni europee diminuiranno all’ aumentare del
tasso di cambio reale, perché le merci estere diventano meno convenienti
0
(più costose in termini di moneta europea): Z (ε) < 0. Ne segue che le
esportazioni nette, cioè il saldo tra X e Z, sarà una funzione crescente di ε:
N X 0 (ε) > 0.
ε
NX
0
Figura 7.1:
2
Con la definizione di tasso di cambio fornita nella nota precedente il tasso di cambio
1
P
reale sarà calcolabile come = E ; di conseguenza ε = .
Pf
71
7.3
Una grande economia aperta nel lungo periodo
7.3.1
Investimenti esteri netti ed esportazioni nette
-Il livello del PIL è dato dall’offerta di fattori produttivi e dalla loro produttività, cioè dalla curva AS;
-L’occupazione è data dal livello del PIL e dalle condizioni prevalenti nel
mercato del lavoro.
-Il livello dei prezzi interni è determinato dall’equilibrio tra domanda
e offerta di moneta nazionale (non influenzata da variazioni delle riserve
ufficiali)
Gli investimenti netti esteri sono una funzione della differenza tra tassi
reali interni ed esteri:
N F I = φ(r − rf )
0
0
N F I (r) < 0, dato rf medio mondiale. Quindi, N F I = φ(r), con φ <
0.N F I > 0 implica una domanda complessiva di fondi mutuabili più elevata
della sola domanda interna. La domanda complessiva di fondi all’interno di
un paese sarà datta dalla somma della domanda di fondi per investimenti
interni e della domanda di fondi per investimenti all’estero meno l’offerta di
fondi esteri, cioè, appunto N F I.
Sul mercato dei cambi si scambia valuta nazionale con valuta estera.
Rivolgiamo la nostra attenzione aglla “merce” valuta estera. La domanda
di valuta estera da parte dei residenti europei sarà uguale all’offerta di moneta europea. E l’offerta di moneta europea sarà pari ai fondi che i residenti
europei vogliono investire all’estero al netto degli investimenti che i residenti
esteri vogliono effettuare in Europa. In sintesi, la domanda di valuta estera
sarà pari a N F I. Per converso, l’offerta di valuta estera si identifica con le
esportazioni nette (N X). Queste ultime sono dipendenti da tasso di cambio, mentre N F I sono indipendenti dal tasso di cambio. Eppure, come si
è detto, deve realizzarsi N X = N F I. Quindi il tasso di cambio reale sarà
determinato dall’incontro tra una retta verticale che rappresenta N F I (domanda di valuta estera) e una retta crescente che rappresenta NX (offerta
di valuta estera)3 .
Rimane da vedere come si determini il tasso di cambio nominale. SappiPf
P
amo che ε = e ; quindi e = ε . Dato il valore del tasso di cambio reale,
P
Pf
un aumento dei prezzi interni relativamente a quelli esteri fa aumentare il
3
Si noti che (a parità di prezzi interni ed esteri) l’offerta di valuta estera cresce con il
deprezzamento dell’euro, cioè al crescere del prezzo della valuta estera.
72
r
r
r
Iint
NFI
Itot
Figura 7.2:
tasso di cambio nominale, quindi fa deprezzare la moneta europea rispetto
a quelle estere. Passando ai tassi di variazione, avremo:
ẽ = ε̃ + P̃ − P̃f
dove P̃ rappresenta il tasso di inflazione europeo e P̃f il tasso di inflazione
medio dei paesi esteri. Dal che si vede che (a parità di tasso di cambio
reale) il tasso di cambio nominale cresce (l’euro si deprezza) se il tasso di
inflazione europeo è superiore al tasso di inflazione medio dei paesi esteri.
Poiché, come si è visto nel capitolo precedente, nel lungo periodo il tasso
di inflazione è uguale al tasso di crescita della quantità di moneta, avremo
che variazioni del tasso di cambio nominale sono determinate dalle diverse
politiche monetarie dei diversi paesi.
Fin qui si è visto che il tasso di cambio nominale è determinato dato il
tasso di cambio reale. Ci si può chiedere se esiste un particolare valore di
quest’ultimo da prendere in considerazione. Una teoria risponde alla domanda che i tassi di cambio sono determinati dalla parità dei poteri d’acquisto.
Secondo tale teoria, il tasso di cambio nominale assume quel valore tale che
una unità di merci costi lo stesso prezzo (una volta espressi i prezzi in valuta
comune) in ogni paese. L’idea non è differente da quella sottostante la legge
73
NFI
ε
NX
NX
0
Figura 7.3:
del prezzo unico, o condizione di non arbitraggio. Se una merce costa 100
a Milano e 50 a Roma, conviene acquistare a Roma (sostenendo costi di
trasporto pari a 25) e rivendere a Milano. Ciò fa aumentare la domanda e
il prezzo a Roma, e fa aumentare l’offerta e diminuire il prezzo a Milano.
Fino a quando? Fino a quando il prezzo sarà in tutte e due le città (compresi i costi di trasporto) uguali: es. Roma 62 (+25), Milano 87. Lo stesso
dovrebbe valere a livello internazionale (trascuriamo i costi di trasporto):
se un chilo di caffè costa 500 yen in giappone e 5 euro in Italia il tasso di
1
5
=
cambio, secondo la teoria della parità dei poteri d’acquisto, sarà
500
100
di euro per uno yen. Infatti tale tasso di cambio nominale garantisce che il
1 500
=1
tasso di cambio reale sia: ε =
100 5
Per questa teoria, dunque, il tasso di cambio reale deve esser pari ad
1, perciò il tasso di cambio nominale varia esclusivamente in funzione del
livello dei prezzi nei due paesi. In effetti, tra il 1970 e il 1995 il tasso di
cambio nominale tra dollaro e marco si è dimezzato, e tra dollaro e lira
è più che raddoppiat, mentre il tasso di inflazione medio è stato 3,7% in
Germania, del 5,6% negli Usa e del 10,5% in Italia.
Limiti della teoria della parità dei poteri d’acquisto:
74
1) non tutte le merci sono facilmente commerciabili: si pensi ai servizi
alla persona; servizi di pubblica utilità; servizi sociali, e quindi l’arbitraggio
non è perfetto.
2) anche i beni facilmente commerciabili non sono perfetti sostituti;
quindi il principio di arbitraggio non sempre si applica.
7.3.2
Equilibrio nell’economia aperta
Le equazioni relative all’equilibrio in un’economia aperta nel lungo periodo
sono le seguenti:
S(r) = I(r) + N F I(r)
(7.1)
N F I(r) = N X(ε)
e=ε
P
Pf
(7.2)
(7.3)
La prima equazione descrive l’equilibrio sul mercato dei fondi (supponiamo
che S comprenda anche il “risparmio pubblico”); la seconda esprime l’equilibrio esterno: essa esprime infatti la condizione di equilibrio della bilancia
dei pagamenti (BC ≡ N X = N F I ≡ −BK); la terza esprime il tasso di
cambio nominale.
Come si è visto appena sopra, variazioni della quantità di moneta hanno
effetto sui prezzi interni e sul tasso di cambio nominale a parità di tasso di
cambio reale, determinato dalla condizione (7.2). Perciò, per il momento
ignoreremo l’equazione (7.3), che non ha alcuna influenza sulle variabili che
ci interessano qui.
Vediamo ora le conseguenze di cambiamenti nei comportamenti dei privati sull’equilibrio e nelle politiche pubbliche sull’equilibrio di un’economia
aperta. Ricordiamo che, nel lungo periodo, tali cambiamenti non hanno
effetti sul livello di produzione, a meno che non riguardino il mercato del
lavoro e la tecnologia. Cominciamo da un aumento del disavanzo pubblico.
Possiamo rappresentare questo fernomeno come una riduzione del risparmio
nazionale, ovvero come uno spostamento verso sinistra della retta S nella
figura seguente. Data la domanda privata di fondi (Itot), si avrà un aumento del tasso di interesse interno, che provocherà tanto una riduzione
di investimenti interni quanto una riduzione degli investimenti esteri netti. L’equilibrio della bilancia dei pagamenti richiederà allora una riduzione
delle esportazioni nette, ovvero una riduzione dell’attivo di bilancia delle
partite correnti. Ciò si realizzerà grazie a una riduzione di ε, cioè a una
minor convenienza delle merci nazionali rispetto a quelle estere (si ricordi
che N X 0 (ε) > 0). Un effetto analogo avrà un aumento della domanda di
75
r
r
S
NFI
Itot
ε
NFI
NX
Figura 7.4:
fondi per investimenti interni. La differenza, ovviamente è che a spostarsi
(verso nord-est), stavolta sarà la curva Itot.
Politiche commerciali volte a restringere le importazioni di merci dall’estero, se efficaci, avranno l’effetto di far spostare verso destra la curva
N X(ε): a parità di tasso di cambio reale, diminuiscono le importazioni e
quindi migliora la bilancia delle partite correnti. Dati gli investimenti esteri netti, però, il tasso di cambio reale si riduce e la bilancia delle partite
correnti torna ad essere quella precedente alla manovra. Ciò si spiega con
il fatto che le minori importazioni dovute alla politica di contingentamento
sono compensate dalle minori esportazioni, dovute alla minor competitività
delle merci nazionali rispetto a quelle estere.
Le conseguenze di una fuga di capitali, ovvero di un aumento degli investimenti esteri netti sono un po’ più complesse. Graficamente, avremo
uno spostamento a destra di N F I e, di conseguenza anche di Itot. Infatti la domanda di fondi sarà complessivamente aumentata. La conseguenza
interna sarà un aumento del taqsso di interesse (il che frenerà la fuga di capitali). Sul mercato dei cambi, lo spostamento a destra di N F I implicherà
un aumento del tasso di cambio reale. Infatti, per compensare l’aumento
di investimenti esteri netti dovranno aumentare anche le esportazioni nette
76
r
r
S
NFI
Itot
ε
NFI
NX
Figura 7.5:
e ciò richiede che le merci nazionali divengano più convenienti rispetto a
quelle estere, cioè, appunto, un aumento del tasso di cambio reale.
7.4
Un modello completo di lungo periodo
Prima di abbandonare l’analisi del lungo periodo è forse utile mettere insieme tutte le equazioni che descrivono il funzionamento dei vari mercati
esaminati. Per comodità assumeremo tutte relazioni log-lineari. Presenteremo il modello “a blocchi”, dal momento che - come vedremo - è possibile risolvere diverse parti di esso separatamente. Abbiamo innanzitutto il blocco
che descrive l’offerta aggregata:
y =f +n
ωD = f − z
ωS = b̄ + γn
Queste tre equazioni consentono di determinare l’occupazione, il prodotto
aggregato e il salario reale di equilibrio in logaritmi. Per passare dai valori
77
r
r
S
NFI
Itot
ε
NFI
NX
Figura 7.6:
in logaritmi trovati ai valori in numeri naturali è sufficiente ricordarsi la
definizione di logaritmo, per cui Y = eln Y = ey .
Il secondo blocco è costituito dalla parte “finanziaria” del modello. Ne
presenteremo una versione lineare (nei numeri naturali):
S = κr + λ
Questa è la funzione del risparmio complessivo o dell’offerta di fondi, dove
λ rappresenta il risparmio della pubblica amministrazione (può ovviamente
essere negativo in presenza di disavanzo del bilancio pubblico).
I = φ0 + φ1 − φ2 r − φ3 ln r
N F I = φ1 + φ3 r
La prima è la funzione che descrive la domanda di fondi, ovvero la funzione
dell’investimento totale, composta dalla somma di investimenti interni (φ0 −
φ2 r) e investimenti netti esteri, descritti dalla seconda equazione. A queste
bisogna aggiungere l’equazione delle esportazioni nette, funzione positiva
del tasso di cambio reale.
N X = −χ + βε
78
r
r
S
NFI
Itot
ε
NFI
NX
Figura 7.7:
Utilizzando la condizione di equilibrio
I =S
è possibile determinare il tasso di interesse equilibrio il volume dei fondi
scambiati e il volume degli investimenti esteri netti. Inserendo questi ultimi
nella condizione di equilibrio della bilancia dei pagamenti
NX = N F I
si ottiene il tasso di cambio reale di equilibrio.
A questo punto possiamo aggiungere due equazioni che consentono di
determinare le variabili nominali: prezzi (interni) tasso di cambio nominale
e salari nominali:
VM
Y =
P
P
e=ε
Pf
Naturalmente, per rendere compatibili i risultati ottenuti in quest’ultimo
blocco di equazioni con quelli del primo blocco, è necessario applicare la
79
definizione di logaritmo naturale, per cui Y = eln Y = ey ; P = ep ; Ω = eω ;
w = ln W , ecc.
7.5
Esercizi
Esercizio 1 Supponete che un grammo di uranio costi $ 200,3 negli USA; =
C
201,5 in Eurolandia e £ 97,4 in Gran Bretagna. Il tasso di cambio tra Euro
e Dollaro (e$ ) è pari a 1,08, mentre il tasso di cambio tra Euro e Sterlina
(e$ ) è pari a 0,69. La legge del prezzo unico è rispettata?
Esercizio 2 Supponete che il risparmio di un paese sia dato dalla relazione S = −50+ 35 r, mentre gli investimenti interni sono espressi da 20− 25 r
e gli investimenti netti all’estero da −10000(r − rf ), con rf = 0, 05. Calcolate il tasso di interesse interno di equilibrio e il valore di N F I. Data la
relazione tra esportazioni nette e tasso di cambio reale 210 − 20ε, calcolate
il tasso di cambio reale di equilibrio.
Esercizio 3 Supponendo che il risparmio nazionale sia rimasto invariato a seguito di un aumento del 10% degli investimenti privati e di una
diminuzione del 10% dei trasferimenti alle famiglie, di quanto sono variate
le esportazioni nette?
Esercizio 4 Siano date le seguenti funzioni del risparmio totale e dell’investimento interno:
S = 60 + 800r
I = 80 − 950r
L’investimento estero netto è dato dalla funzione N F I = 8000(rf − r),
con rf = 0, 1.
(a) Determinate il tasso di interesse interno compatibile con l’equilibrio
del mercato dei fondi mutuabili.
(b) Sapendo che il tasso di cambio reale è dato da: ε = 100 − 0, 5N X:
determinate il valore del tasso di cambio reale.
(c) Per quale valore del tasso di cambio reale la bilancia delle partite
correnti è in equilibrio?
(d) Per quale valore del tasso d’interesse interno i movimenti di capitale
sono in equilibrio?
Esercizio 5 a) Spiegate che cosa si intende per tasso di cambio nominale.
b) I tassi di cambio nominali per l’euro (valuta estera per unità di valuta
nazionale) sui mercati europei sono i seguenti: 119,60 contro lo Yen giapponese e 0,9848 per il Dollaro USA. Calcolate il tasso di cambio nominale
teorico Yen/Dollaro.
80
c) Immaginate che, per qualche ragione, il tasso di cambio Yen/Dollaro
sui mercati asiatici sia pari a 200 Yen per dollaro USA. Esistono opportunità
di arbitraggio? Spiegate.
Esercizio 6 (a) Definite il tasso di cambio nominale ed il tasso di cambio
reale.
(b) Se un quotidiano costa 1 euro in Europa e il tasso di cambio dollaro/euro è 0,94 quanto dovrebbe costare negli USA sulla base della teoria
della parità dei poteri d’acquisto? Perché?
(c) Visti gli scarsi profitti registrati dalle imprese americane e la perdita di fiducia conseguente allo scandalo Enron, gli investitori decidono di
spostare i loro investimenti finanziari nei paesi dell’area Euro. Spiegate che
cosa accade al cambio dollaro/euro aiutandovi con grafici appropriati.
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