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Biocarburanti, un business con il Brasile in pole position,
ma il Sud-Est asiatico sta conquistando terreno
Tra i settori mondiali emergenti, c’è sicuramente quello della produzione dei carburanti
biologici, destinati ad avere un grandissimo sviluppo nel futuro. Con oltre 15,9 miliardi di
litri di etanolo distillati ogni anno dalla canna da zucchero, il Brasile continua ad essere il
Paese più prolifico nella produzione dei carburanti biologici e anche del loro utilizzo, visto
che l’80% delle auto circolanti in quel Paese è predisposto per funzionare ad etanolo.
Il grande rivale, in questo senso, del Brasile è il Sud-Est asiatico. Il quale sul fronte delle
esportazione è sempre più intraprendente. Si tratta di un gruppo di terre tropicali, tra
l’Oceano Pacifino e quello Indiano, in grado di produrre grandi quantità di materia prima,
essendo, per altro, dotato di impianti di lavorazione e anche dei contatti giusti per
esportare il prodotto finito.
Insomma, si sta delineando una sfida internazionale tra canna da zucchero sudamericana
e olio di palma asiatico.
Certo, il business dei carburanti biologici è solo agli inizi, ma ogni giorno conquista
terreno, complice anche l’inarrestabile salita del prezzo del petrolio.
Secondo gli ultimi dati, il caro-greggio porterà la produzione di oli per carburante a
crescere sia in quantità, sia in prezzo. Senza contare il fatto che l’Unione Europea
obbligherà i suoi membri, entro il 2010, a riservare al biodisel il 5,75% dei consumi di
carburante.
Sul fronte Case automobilistiche, per altro, giungono segnali molto importanti di apertura,
tanto che la Renault ha già fatto sapere che entro il 2009 il 50% delle sue auto prodotte
potranno funzionare con una miscela mista di benzina ed etanolo.
Il tutto, precisano i francesi, a patto che i biocarburanti siano ampiamente disponibili sul
mercato e che esista una rete efficiente per la loro distribuzione.
In Brasile oggi vende il suo etanolo a India, Usa, Venezuela, Cina ed Europa. La Malaysia
(primo Paese produttore del Sud-Est asiatico) esporta in Australia, Europa (soprattutto in
Germania) e in Cina, dove nel 2005 le quantità di olio di palma malesiano sono aumentate
del 20%.
Già, perché la Malaysia prima è diventata il maggior produttore mondiale di olio di palma,
uno degli ingredienti da cui si può ricavare il biodisel, poi ha puntato sulla creazione di
impianti di trasformazione, grazie anche all’intervento di investitori stranieri, inglesi in
testa. Per il 2006 il governo di Kuala Lumpur ha approvato 32 nuovi progetti per
stabilimenti di biodisel.
Inoltre, il nascente business dei carburanti ha spinto la Malaysia a investire all’estero. In
Indonesia, in particolare, il 25% di tutte le piantagioni di palma da olio sono di proprietà
malesiana e i due Paesi insieme controllano l’88% di tutto l’export mondiale di questo
biocombustibile.
Crescono le produzioni anche a Giakarta, in Indonesia e in Thailandia. Ultime, ma non
per i numeri, sono le Filippine: nella primavera di quest’anno lì è stato inaugurato uno dei
più grandi impianti asiatici per biodisel, con l’obiettivo di esportare in Europa almeno l’80%
dei 60 milioni di litri l’anno che verranno prodotti sul posto.
Maurizio Scuccato
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