Biocarburanti di seconda generazione, c’è un futuro anche in Italia I biocarburanti di seconda generazione potrebbero diventare presto una realtà interessante anche nel nostro Paese. Lo dimostra il recente annuncio dell’imminente apertura di un impianto (il primo) di produzione biofuel-etanolo derivato esclusivamente da materie agricole non alimentari. Impianto voluto dal gruppo M&G Mossi e Ghisolfi che costruirà una struttura alimentata da biomasse lignocellulosiche, le quali consentiranno di produrre bioetanolo, carburante di origine vegetale alternativo alla benzina, utilizzando come materia prima la biomassa lignocellulosica anziché la canna da zucchero o il mais. L’uso della biomassa lignocellulosica permette alla filiera biofuel di non avere impatti sulla filiera agroalimentare. Il biocarburante di seconda generazione conserva i vantaggi della prima generazione, ha un minore impatto inquinante rispetto ai carburanti fossili (in termini di emissioni di gas serra) e si presenta competitivo sotto il profilo dei costi. L’impianto annunciato avrà caratteristiche semi-industriali e potrebbe essere il primo di una lunga serie. Ma vediamo nello specifico cosa cambia rispetto ai biocarburanti di prima generazione. Intanto, i biocarburanti di prima generazione sono generati da materie prime agroalimentari. L’etanolo, ossia il carburante d’origine vegetale alternativo alla benzina, viene prodotto utilizzando mais o canna da zucchero come materie prime. Il ciclo produttivo non esclude però un impatto sulla produzione agroalimentare, riducendo pericolosamente la produzione verso i mercati alimentari a vantaggio del settore agroenergetico. Sul tema si è acceso un ampio dibattito su scala mondiale a partire dal 2006. Cosa cambia con i carburanti di seconda generazione? A differenza di quelli di prima generazione, i biocarburanti di seconda generazione sono prodotti da materie prime non alimentari e con scarso impatto sull’utilizzo del fattore terra (es. alghe, biomasse ecc). Le biomasse lignocellulosiche utilizzate nel progetto del Gruppo M&G Mossi e Ghisolfi sono quindi da interpretarsi come biocarburanti di seconda generazione. Non impattano sulla filiera alimentare e non influenzano eccessivamente la destinazione del fattore terra da parte delle aziende agroalimentari. Per il resto, anche i biocarburanti di seconda generazione conservano il vantaggio ambientale in termini di minore emissione dei gas serra rispetto ai carburanti tradizionali d’origine fossile. Maurizio Scuccato