GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Risarcimento del danno da ritardo della P.A. CONSIGLIO DI STATO SEZ. V - sentenza 21 marzo 2011, n. 1739 - Pres. Baccarini, Est. Chieppa - Servizi Ecologici Scanferla Srl (Avv. I. Cacciavillani) c. Regione Veneto (Avv.ti Costa, Zanlucchi e Zanon) e Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv.ra Stato) - (annulla in parte T.A.R. Veneto, Sez. III, sentenza n. 327 del 2010) (sulla possibilità o meno di accogliere una domanda di risarcimento del danno derivante dal fatto che il provvedimento della P.A., favorevole al richiedente, è stato rilasciato con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento amministrativo). 1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Ricorso cumulativo Proposizione con lo stesso ricorso di una azione avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione e di una azione di risarcimento del danno - Ammissibilità Condizioni - Individuazione. 2. Pubblica amministrazione - Generalità - Diritto dei cittadini e delle imprese ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato - Sussiste - Ragioni. 3. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Danno da ritardo - Nel rilascio di una autorizzazione (nella specie per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti speciali, lavaggio e bonifica autocisterne) - Ove l’autorizzazione sia stata rilasciata con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento amministrativo - Domanda - Può essere accolta Ragioni. 1. E’ ammissibile un ricorso cumulativo contenente una domanda assoggettata a rito speciale, e, in particolare, proposta per ottenere l’annullamento del silenziorifiuto della P.A., e una domanda risarcitoria, non già in quanto l'azione risarcitoria possa essere ordinariamente proposta seguendo altro rito differente da quello ordinario, ma in quanto si deve ritenere ammissibile il cumulo delle due domande, a condizione che sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria, con conseguente conversione del rito; ciò in applicazione anche dei principi di effettività e concentrazione delle tutele. 2. Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato e ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti; un inatteso ritardo da parte della P.A. nel fornire una risposta può condizionare la convenienza economica di determinati investimenti, senza però che tali successive scelte possano incidere sulla risarcibilità di un danno già verificatosi. 3. Va accolta una domanda di risarcimento del danno avanzata da un privato nei confronti della P.A., derivante dal ritardo con il quale quest’ultima ha rilasciato una autorizzazione (nella specie per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti speciali, lavaggio e bonifica autocisterne); in tal caso, infatti, il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'Amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento, con la conseguenza che il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. "bene della vita" (costituito nel caso di specie dalla disponibilità dell’autorizzazione per l’esecuzioni di lavori di realizzazione di un impianto di gestione dei rifiuti) (1). ---------------------------------------------(1) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che, in questi casi, la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle P.A., stabilendo che le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (cfr. C.G.A., sent. 4 novembre 2010 n. 1368, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cga_2010-11-04-1.htm che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussiste anche se il procedimento autorizzatorio non si sia ancora concluso e finanche se l’esito sia stato in ipotesi negativo). Documenti correlati (solo Cassazione, Cons. Stato e C.G.A.): CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE, sentenza 31-3-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/casssu_2005-03-31-2.htm (sul giudice competente a decidere una azione di risarcimento del danno promossa per il colpevole ritardo del Comune nel rilascio di una concessione edilizia in sanatoria). CORTE DI CASSAZIONE SEZ. I CIVILE, sentenza 31-3-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cass1_2008-03-31.htm (sui presupposti necessari per il risarcimento di danni derivanti dal ritardo con il quale il Comune, a seguito della decadenza dei vincoli espropriativi, ha impresso una nuova destinazione alla zona e sull’applicabilità anche ai giudizi pendenti dei principi affermati dalla Corte Cost. con sent. n. 349 del 2007 e dell’art. 2 co. 89 della legge finanziaria 2008 per la determinazione dell’indennizzo dovuto nel caso di occupazione acquisitiva). CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA, sentenza 15-9-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cdsap_2005-09-15.htm (sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa per un ricorso con il quale si chiede il risarcimento del danno da ritardo nel rilascio di autorizzazioni edilizie e sui presupposti necessari per il risarcimento del danno da ritardo). CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 2-3-2011, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds4_2011-03-02.htm (sulla possibilità o meno di accordare un risarcimento del danno derivante da ritardato rilascio di un permesso di costruire, nel caso in cui il ritardo sia imputabile esclusivamente al dipendente dell’ufficio tecnico dell’ente locale e sulla configurabilità o meno di una "colpa dell’apparato amministrativo"). CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 18-3-2011, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds6_2011-03-18-2.htm (sulla possibilità o meno di accogliere una domanda di risarcimento del danno esistenziale, derivante dal ritardo della P.A., nel caso in cui l’interessato non abbia fornito la concreta prova del danno). CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 30-6-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/cds5_2009-06-30-9.htm (sulle differenze tra danno "da ritardo" e danno "da disturbo", sul presupposto della colpa grave della P.A. e sulla quantificazione del danno "da disturbo"; fattispecie relativa ad illegittima risoluzione del rapporto di convenzionamento di una Casa di cura disposta da una ASL). CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 2-3-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cds5_2009-02-3.htm (sui casi in cui il danno da inerzia della P.A. può essere risarcito e sulla natura giuridica del danno da ritardo). CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 5-1-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cds4_2009-01-2.htm (sulle condizioni necessarie per il risarcimento dei danni derivanti dall’annullamento in s.g. di un provvedimento negativo per difetto di motivazione e dal ritardo della P.A.). CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 21-2-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cds6_2008-02-21-4.htm (sull’impossibilità di disporre la ricostruzione agli effetti giuridici ed economici della posizione di impiego nel caso in cui non vi sia stata una interruzione di un rapporto già costituito e di riconoscere i danni derivanti da ritardata assunzione nel caso in cui il ritardo derivi da incertezze interpretative). CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 6-11-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cds4_2008-11-5.htm (sul giudice competente a decidere una azione risarcitoria proposta nei confronti della P.A. per i danni derivanti dal ritardo nel rilascio di titoli autorizzativi edilizi che abbia determinato l’impossibilità di costruire). CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 29-1-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cds4_2008-01-29-4.htm (sui presupposti necessari per accordare il risarcimento dei danni da ritardo della P.A. ed in particolare sulla natura o meno di atto dovuto della delibera di approvazione da parte del Consiglio comunale di un piano di lottizzazione conforme allo strumento urbanistico). CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 8-2-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/cds6_2007-02-08-6.htm (sugli effetti giuridici e non anche economici della sentenza che annulla il diniego di nomina e sulla possibilità di chiedere il risarcimento del danno causato dal ritardo nella nomina, anche nel caso in cui la nomina sia avvenuta mediante estensione del giudicato, senza un atto giurisdizionale di annullamento). CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, ordinanza 7-3-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds4_2005-03-07o.htm (rimette all’Adunanza Plenaria le questioni circa la sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa in materia di risarcimento del danno da ritardo della P.A. e la determinazione dei presupposti per la sua configurabilità). CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 12-3-2004, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds6_2004-03-12-4.htm (sulle differenze tra danno "da ritardo" e danno "da disturbo", sui presupposti dell’ingiustizia del danno e della colpa grave e sulla quantificazione del danno "da disturbo"), con commento di O. CARPARELLI. CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 4-11-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cga_2010-11-04-1.htm (sulla configurabilità di un danno risarcibile nel caso in cui il ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo incida su interessi pretensivi agganciati a programmi di investimento di cittadini o imprese). CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 21-9-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/cga_2006-09-21-2.htm (sui casi in cui è da ritenere ammissibile un ricorso proposto direttamente contro un atto endoprocedimentale e sui presupposti per il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo con il quale la P.A. provvede su di una istanza). REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5005 del 2010, proposto da: Servizi Ecologici Scanferla Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Ivone Cacciavillani, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5; contro Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. Michele Costa, Francesco Zanlucchi, Ezio Zanon, con domicilio eletto presso Michele Costa in Roma, via Bassano del Grappa, 24; Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; per la riforma della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA :SEZIONE III n. 00327/2010, resa tra le parti, concernente RISARCIMENTO DEL DANNO SUBITO PER RITARDATA CONCESSIONE AUTORIZZAZIONE STOCCAGGIO RIFIUTI SPECIALI. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2010 il Cons. Roberto Chieppa e uditi per le parti gli avvocati Cacciavillani, Costa e l' avv. dello Stato Venturini; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. presentava in data 30 aprile 2008 alla Regione Veneto istanza di autorizzazione per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti speciali, lavaggio e bonifica autocisterne nel Comune di Camponogara. Non avendo ricevuto una risposta dall’amministrazione la società proponeva davanti al Tar per il Veneto un ricorso avverso il silenzio, con cui veniva anche richiesto il risarcimento dei danni. La Regione Veneto si costituiva in giudizio, depositando la deliberazione della Giunta regionale n. 3178 del 27 ottobre 2009, n. 3178, con cui era stato approvato l’intervento richiesto. Con sentenza n. 327/2010 il Tar dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al ricorso avverso il silenzio e dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento perché incompatibile con la natura accelerata e semplificata del rito di cui all’art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971. La Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza, contestando la declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria. La Regione Veneto e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio si sono costituiti in giudizio, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, comunque, respinto. Alla camera di consiglio del 20 luglio 2010, questa Sezione – con ordinanza n. 276/2010 – ha rilevato che il giudizio verte sul solo risarcimento del danno e ha disposto la trattazione del ricorso in udienza pubblica, come anche chiesto in via subordinata dalla parte appellata, oltre a richiedere alle parti adempimenti istruttori. All’odierna udienza la causa stata trattenuta in decisione. 2. L’oggetto del giudizio di appello è limitato alla domanda di risarcimento del danno proposta dalla Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. nei confronti della Regione Veneto e le prime questioni da esaminare concernono la ricevibilità dell’appello e l’ammissibilità della domanda proposta in primo grado. In relazione all’eccezione di irricevibilità dell’appello per tardività, si rileva che la sentenza di primo grado è stata impugnata nella sola parte relativa al risarcimento del danno e, di conseguenza, non trovano applicazione i termini previsti per il rito speciale avverso il silenzio, nonostante il ricorso sia stato impropriamente intitolato "appello civico nel rito avverso il silenzio". La disposta trattazione in udienza pubblica e le considerazioni che seguiranno sull’ammissibilità della domanda di risarcimento proposta in primo grado confermano l’applicazione per tale domanda delle regole del rito ordinario. Una diversa interpretazione condurrebbe comunque alla concessione dell’errore scusabile, tenuto conto dell’incertezza giurisprudenziale sia sull’ammissibilità della proposizione di una domanda risarcitoria unitamente ad un ricorso avverso il silenzio, sia sul rito applicabile in tale ipotesi. 3. Il Tar ha dichiarato la domanda di risarcimento inammissibile, facendo applicazione di quella giurisprudenza restrittiva nei confronti dell’ammissibilità del cumulo di domande, specie se assoggettate a diversi riti, come nel caso di azione avverso il silenzio e domanda di risarcimento del danno (Consiglio Stato , sez. IV, 28 aprile 2008 , n. 1873, secondo cui è inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta nell'ambito del rito speciale previsto dall'art. 21-bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034, poiché con tale rito può essere unicamente impugnato il silenzio serbato dall'amministrazione su un'istanza, ma non è possibile formulare alcuna altra domanda; v. anche Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2010 n. 773 sull’inammissibilità dell’impugnazione del provvedimento sopravvenuto nell’ambito di un giudizio avverso il silenzio). In contrapposizione a tale orientamento formalista si è sviluppata altra tesi, che ha valorizzato, rispetto al mero dato della proposizione di una domanda di cognizione nell’ambito di un rito speciale, l’ammissibilità del cumulo oggettivo di domande, proposte con lo stesso atto introduttivo, come espressamente previsto dall’art. 104 del c.p.c., salvo verificare la necessità di conversione del rito (Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3332, che ha ritenuto ammissibile un ricorso cumulativo, proposto in primo grado, contenente sia la richiesta di esecuzione del giudicato sia la domanda risarcitoria a condizione che, in applicazione del principio di conservazione e di conversione degli atti processuali, sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria). La tesi presuppone che un ricorso cumulativo contenente una domanda assoggettata a rito speciale e una domanda risarcitoria sia ammissibile, non in quanto l'azione risarcitoria possa essere ordinariamente proposta seguendo altro rito, ma in quanto si deve ritenere ammissibile il cumulo delle due domande a condizione che sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria, con conseguente conversione del rito; ciò in applicazione anche dei principi di effettività e concentrazione delle tutele. In conformità con tali principi, l’art. 32 del codice del processo amministrativo ha stabilito che è sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale, facendo cadere ogni dubbio sull’ammissibilità del cumulo e prevedendo che il cumulo di più domande assoggettate a riti diversi comporta solo l’applicazione del rito ordinario, ad eccezione delle controversie cui si applica il rito abbreviato, che prevalgono in ogni caso sugli altri riti. Il principio del cumulo delle domande ha poi trovato nello stesso Codice un concreta e speciale attuazione proprio con riferimento ai casi controversi, venuti in passato all’esame della giurisprudenza. In particolare, l’art. 117, comma 6, del Codice ha previsto che, se l’azione di risarcimento del danno è proposta congiuntamente a quella avverso il silenzio, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria. La disposizione in primo luogo ammette la proponibilità contestuale delle due domande, e, a differenza di quanto previsto per l’impugnazione del provvedimento sopravvenuto, non stabilisce una conversione obbligatoria del rito, ma lascia al giudice il potere di decidere con rito camerale l’azione avverso il silenzio, rinviando al rito ordinario la trattazione della domanda risarcitoria. Tale disposizione, in parte innovativa su tale ultimo punto, ha codificato quell’orientamento favorevole all’ammissibilità del cumulo di domande, già presente prima dell’entrata in vigore del Codice e, sotto tale profilo, la norma assume una natura interpretativa circa l’ammissibilità del cumulo, che va quindi riconosciuta anche con riferimento ai giudizi già pendenti al momento dell’entrata in vigore del Codice (Cons. Stato, IV, 27 novembre 2010 n. 8251). La domanda di risarcimento proposta unitamente al ricorso avverso il silenzio deve, quindi, essere ritenuta ammissibile e ha errato il giudice di primo grado nel non esaminarla; tale errore non determina il rinvio del giudizio in primo grado, non rientrando tale ipotesi tra i casi di rimessione al primo giudice di cui all’art. 105 cod. proc. amm. e restando, quindi, devoluto al giudice di appello l’esame nel merito della domanda di risarcimento. 4. Accertata l’ammissibilità della domanda, va quindi verificata la sussistenza dei presupposti per disporre il risarcimento del danno da ritardo. Non vi è dubbio sulla sussistenza di un ritardo nel provvedere addebitabile alla regione Veneto: l’istanza di autorizzazione è stata presentata in data 30 aprile 2008 e il termine per provvedere era di 150 giorni ai sensi degli artt. 18 e 19 della L.R. n. 10/1999, la cui applicabilità non è contestata dalla stessa Regione. Tale termine scadeva, quindi, il 27 settembre 2008, mentre il provvedimento regionale è intervenuto solo in data 27 ottobre 2009 con oltre un anno di ritardo. La Regione invoca a proprio favore la richiesta della società ricorrente di ottenere il rilascio dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) unitamente alla VIA, ma al riguardo è sufficiente rilevare che tale richiesta è stata presentata – secondo la stessa Regione - in data 20 ottobre 2008, quando quindi il termine per provvedere era già scaduto e che l’integrazione della domanda non giustifica certo il decorso di un ulteriore anno prima di provvedere. In realtà, la Regione ha definito il procedimento solo dopo la proposizione del ricorso avverso il silenzio da parte della società Scanferla, senza che vi fosse alcun elemento idoneo a giustificare il ritardo. Non sono idonee a giustificare il ritardo nè le asserite difficoltà derivanti dalla normativa in materia, richiamate in modo del tutto generico dalla Regione, nè un presunto comportamento negligente dell’impresa, non essendo stata fornita adeguata dimostrazione di carenze istruttorie imputabili alla ricorrente e preclusive per la definizione del procedimento (la regione richiama non precise sue richieste istruttorie idonee a interrompere i termini del procedimento, ma alcuni passaggi dei verbali della Commissione, che hanno comunque condotto a superare ogni problema). Deve, quindi, ritenersi che il ritardo nel rilascio dell’autorizzazione è imputabile soggettivamente alla regione Veneto e che non sussiste alcun valido elemento idoneo a escludere la colpa dell’amministrazione per il ritardo. 5. L’accertamento della sussistenza di un ritardo di oltre un anno nel rilascio dell’autorizzazione e l’imputabilità del ritardo al Comune non risolvono tutte le problematiche della presente controversia, che attiene al risarcimento del danno subito dalla ricorrente a causa di tale ritardo. Nel caso di specie, ricorre l’ipotesi in cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento. Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. "bene della vita", costituito nel caso di specie dalla disponibilità dell’autorizzazione per l’esecuzioni di lavori di realizzazione di un impianto di gestione dei rifiuti. In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre 2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato in ipotesi negativo). Nel caso di specie, non rileva la questione della risarcibilità del danno da ritardo in caso di non spettanza del c.d. "bene della vita" e della compatibilità dei principi affermati dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 7/2005 con il nuovo art. 2-bis della legge n. 241/90, avendo la stessa amministrazione riconosciuto tale spettanza con il (tardivo) rilascio dell’autorizzazione. 6. Si deve, quindi, passare a verificare gli elementi probatori in ordine all’esistenza del danno e al rapporto di causalità con il menzionato ritardo. La società ricorrente ha prodotto in primo grado una perizia di parte sul danno subito e ha chiesto in via principale di applicare l’art. 35, comma 2, del d. Lgs. n. 80/1998 (ora art. 34, comma 4, cod. proc. amm.), assegnando alla regione un termine per formulare proposte transattive sul risarcimento del danno. Una tale modalità di determinazione del danno non può essere condivisa, in quanto risulterebbe idonea ad esonerare la parte ricorrente dagli oneri probatori su di essa gravanti, rimettendo la concreta determinazione del danno ad un mero accordo con l’amministrazione, senza neanche la fissazione di puntuali criteri, che, invece, la norma invocata impone. Va ricordato che, per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l’illegittimo esercizio (o, come nel caso di specie, mancato esercizio) dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, nè può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato (Cons. Stato,. V, 13 giugno 2008 n. 2967; VI, 12 marzo 2004, n. 1261, secondo cui la consulenza tecnica, pur disposta d'ufficio, non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste, fatti che devono essere dimostrati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova posti dall'art. 2697 c.c., ma ha la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche non possedute). Si ritiene, pertanto, di dover esaminare la domanda di risarcimento del danno sulla base delle prove fornite dall’appellante e, in particolare, della già richiamata perizia disposta in primo grado. I successivi documenti prodotti in appello e in particolare, l’aggiornamento della perizia non sono, invece, utilizzabili, stante il divieto di nuove prove in appello, codificato oggi dall’art. 104, comma 2, cod. proc. amm., già vigente nel processo amministrativo, avendo la giurisprudenza ritenuto l’applicabilità dell’art. 345 c.p.c., in base al quale non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (Cons. Stato, IV, 13 gennaio 2010 , n. 90; VI, 17 settembre 2009 , n. 5546). Nel caso di specie, oltre alla assoluta insussistenza della prova da parte dell’appellante di non aver potuto produrre gli atti per causa ad essa non imputabile, gli aggiornamenti della perizia non tendono a dimostrare il danno successivo alla proposizione del ricorso provocato dal ritardo della p.a., ma sono diretti a rimettere in discussione il quantum della pretesa risarcitoria, che inspiegabilmente aumenta ad ogni aggiornamento, senza che tale aumento sia collegato con fatti sopravvenuti (in tal senso, anche l’aggiornamento della perizia del febbraio 2010 non è supportato da alcuna adeguata giustificazione dell’aumento delle somme richieste a titolo di risarcimento del danno). Va poi tenuto conto che la stessa società ricorrente ha posto in dubbio la realizzabilità dell’intervento, affermando che "l’intrapresa in allora promettente ora, a parere dello stesso tecnico, è diventata irrealizzabile perché spinta fuori mercato nell’attuale contesto imprenditoriale locale" (pag. 3 della relazione illustrativa della società appellante prodotta in risposta all’ordinanza di questa Sezione). Tale posizione della società ricorrente non assume alcun effetto preclusivo sulla richiesta di risarcimento del danno, in quanto, un volta accertato che una determinata autorizzazione doveva essere tempestivamente rilasciata e che è invece stata rilasciata con ritardo, i danni eventualmente causati dall’inerzia della p.a. sono risarcibili senza che possa assumere carattere condizionante l’effettivo utilizzo dell’autorizzazione al fine di eseguire i lavori e iniziare l’attività in questione. Proprio il ritardo può costituire un fatto sopravvenuto che disincentiva l’effettivo inizio dell’attività, senza però precludere i danni effettivamente determinati da quel ritardo. Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato e ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti; un inatteso ritardo da parte della p.a. nel fornire una risposta può condizionare la convenienza economica di determinati investimenti, senza però che tali successive scelte possano incidere sulla risarcibilità di un danno già verificatosi. Per questi motivi sono irrilevanti le obiezioni mosse dalla Regione in ordine ad una asserita assenza del nesso causale per non essere stata ancora iniziata l’attività e neanche chiesto il rilascio dell’AIA per l’esercizio dell’attività; non può neppure essere accolta la richiesta di sospensione del giudizio in attesa della definizione di altre controversie, che hanno ad oggetto la contestazione dell’autorizzazione rilasciata con ritardo. Passando alla prova del danno, si rileva che la perizia prodotta in primo grado tende a dimostrare un danno derivante dal tardivo rilascio dell’autorizzazione per interessi passivi (euro 52.000), per costi relativi a consulenze (euro 50.000) e per gli utili non realizzati (euro 150.000). Al riguardo, si osserva come sia insussistente alcun rapporto di causalità tra asseriti costi sostenuti per consulenze e il ritardo dell’amministrazione nel provvedere, non avendo la ricorrente fornito alcuna giustificazione in relazione a tale nesso e neanche la prova dei costi sostenuti. Anche gli utili non percepiti non possono essere riconosciuti a titolo di risarcimento, perchè sono indicati tramite un richiamo ai bilanci di altre imprese senza la produzione di un serio piano industriale tendente a dimostrare la convenienza economica dell’investimento, il punto di pareggio tra costi e ricavi e la presumibile data di conseguimento di utili. In relazione agli interessi passivi corrisposti, i dati forniti dalla ricorrente non sono stati adeguatamente contrastati dalla regione e deve ritenersi che in questo caso vi sia il nesso causale tra il ritardo e tali costi. Infatti, proprio sulla base della possibilità prospettata di non dare corso all’investimento, il tempestivo rilascio dell’autorizzazione avrebbe messo in condizione l’impresa di rispettare il proprio programma di investimento, mentre il ritardo ha determinato uno sfasamento tra ricorso al credito e attuazione dell’intervento, che ha certamente determinato un danno all’impresa ricorrente, che – ove avesse conosciuto i reali tempi di durata del procedimento amministrativo – avrebbe potuto desistere dall’investimento o comunque non ricorrere subito al finanziamento, non pagando in entrambi i casi gli interessi passivi in questione. Va, quindi, riconosciuto il risarcimento del danno per una somma corrispondente a tali interessi, pagati dal settembre 2008 ad ottobre 2009 (euro 52.000). Il complessivo danno subito dalla società ricorrente per le conseguenze del ritardo nel rilascio dell’autorizzazione ammonta, dunque, complessivamente ad euro 52.000,00. Su quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno, costituente debito di valore, spettano la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dal 27 ottobre 2009 ad oggi e gli interessi compensativi calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze mensili fino al soddisfo (Cass. civ., III, n. 5671/2010; Cons. Stato, IV, n. 2983/06). 7. In conclusione, il ricorso in appello deve essere in parte accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, va in parte accolto il ricorso di primo grado con condanna della regione Veneto al risarcimento del danno della complessiva somma di euro 52.000,00. oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dal 27 ottobre 2009 ad oggi e gli interessi compensativi calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze mensili fino al soddisfo. Alla sostanziale soccombenza della Regione seguono le spese del doppio grado di giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo (tenuto anche conto che – come correttamente sostenuto dall’appellante – la cessazione della materia del contendere sul ricorso avverso il silenzio è stata pronunciata dal Tar solo dopo il provvedimento sopravvenuto a seguito di un colpevole ritardo, che ha comunque costretto la società al ricorso); ricorrono, invece, i presupposti per la compensazione delle spese nei confronti del Ministero dell’ambiente. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso proposto in primo grado, condannando la regione Veneto al pagamento in favore della società appellante, a titolo di risarcimento del danno, del complessivo importo di euro 52.000,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali secondo i criteri di cui in parte motiva. Condanna la regione Veneto alla rifusione, in favore dell’appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate nella complessiva somma di Euro 8.000,00, oltre Iva e C.P., compensando le spese con il Ministero dell’ambiente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati: Stefano Baccarini, Presidente Carlo Saltelli, Consigliere Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore Angelica Dell'Utri, Consigliere Antonio Amicuzzi, Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 21/03/2011