giustizia amministrativa - Dipartimento di Giurisprudenza

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GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Risarcimento del danno da ritardo della P.A.
CONSIGLIO DI STATO SEZ. V - sentenza 21 marzo 2011, n. 1739 - Pres. Baccarini,
Est. Chieppa - Servizi Ecologici Scanferla Srl (Avv. I. Cacciavillani) c. Regione Veneto (Avv.ti
Costa, Zanlucchi e Zanon) e Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv.ra Stato)
- (annulla in parte T.A.R. Veneto, Sez. III, sentenza n. 327 del 2010) (sulla possibilità o meno
di accogliere una domanda di risarcimento del danno derivante dal fatto che il provvedimento
della P.A., favorevole al richiedente, è stato rilasciato con ritardo rispetto al termine previsto
per quel determinato procedimento amministrativo).
1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Ricorso cumulativo Proposizione con lo stesso ricorso di una azione avverso il silenzio-rifiuto
dell’Amministrazione e di una azione di risarcimento del danno - Ammissibilità Condizioni - Individuazione.
2. Pubblica amministrazione - Generalità - Diritto dei cittadini e delle imprese ad
avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine
normativamente determinato - Sussiste - Ragioni.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Danno da ritardo - Nel
rilascio di una autorizzazione (nella specie per la realizzazione di un impianto di
stoccaggio e recupero di rifiuti speciali, lavaggio e bonifica autocisterne) - Ove
l’autorizzazione sia stata rilasciata con ritardo rispetto al termine previsto per
quel determinato procedimento amministrativo - Domanda - Può essere accolta Ragioni.
1. E’ ammissibile un ricorso cumulativo contenente una domanda assoggettata a
rito speciale, e, in particolare, proposta per ottenere l’annullamento del silenziorifiuto della P.A., e una domanda risarcitoria, non già in quanto l'azione
risarcitoria possa essere ordinariamente proposta seguendo altro rito differente
da quello ordinario, ma in quanto si deve ritenere ammissibile il cumulo delle
due domande, a condizione che sussistano i presupposti di contenuto e forma
previsti per un'ordinaria azione cognitoria, con conseguente conversione del
rito; ciò in applicazione anche dei principi di effettività e concentrazione delle
tutele.
2. Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle
amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato e
ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti; un
inatteso ritardo da parte della P.A. nel fornire una risposta può condizionare la
convenienza economica di determinati investimenti, senza però che tali
successive scelte possano incidere sulla risarcibilità di un danno già verificatosi.
3. Va accolta una domanda di risarcimento del danno avanzata da un privato nei
confronti della P.A., derivante dal ritardo con il quale quest’ultima ha rilasciato
una autorizzazione (nella specie per la realizzazione di un impianto di stoccaggio
e recupero di rifiuti speciali, lavaggio e bonifica autocisterne); in tal caso, infatti,
il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui
l'Amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato
con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento, con
la conseguenza che il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo
nell’attribuzione del c.d. "bene della vita" (costituito nel caso di specie dalla
disponibilità dell’autorizzazione per l’esecuzioni di lavori di realizzazione di un
impianto di gestione dei rifiuti) (1).
---------------------------------------------(1) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che, in questi casi, la giurisprudenza è pacifica
nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno
sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto
dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei
ritardi delle P.A., stabilendo che le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti equiparati sono
tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o
colposa del termine di conclusione del procedimento.
La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la
giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento,
è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella
predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento,
condizionandone la relativa convenienza economica (cfr. C.G.A., sent. 4 novembre 2010 n.
1368, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cga_2010-11-04-1.htm che, traendo
argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussiste anche se il procedimento
autorizzatorio non si sia ancora concluso e finanche se l’esito sia stato in ipotesi negativo).
Documenti correlati (solo Cassazione, Cons. Stato e C.G.A.):
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE, sentenza 31-3-2005, pag.
http://www.lexitalia.it/p/51/casssu_2005-03-31-2.htm (sul giudice competente a decidere
una azione di risarcimento del danno promossa per il colpevole ritardo del Comune nel rilascio
di una concessione edilizia in sanatoria).
CORTE DI CASSAZIONE SEZ. I CIVILE, sentenza 31-3-2008, pag.
http://www.lexitalia.it/p/81/cass1_2008-03-31.htm (sui presupposti necessari per il
risarcimento di danni derivanti dal ritardo con il quale il Comune, a seguito della decadenza
dei vincoli espropriativi, ha impresso una nuova destinazione alla zona e sull’applicabilità
anche ai giudizi pendenti dei principi affermati dalla Corte Cost. con sent. n. 349 del 2007 e
dell’art. 2 co. 89 della legge finanziaria 2008 per la determinazione dell’indennizzo dovuto nel
caso di occupazione acquisitiva).
CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA, sentenza 15-9-2005, pag.
http://www.lexitalia.it/p/52/cdsap_2005-09-15.htm (sulla sussistenza della giurisdizione
amministrativa per un ricorso con il quale si chiede il risarcimento del danno da ritardo nel
rilascio di autorizzazioni edilizie e sui presupposti necessari per il risarcimento del danno da
ritardo).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 2-3-2011, pag.
http://www.lexitalia.it/p/11/cds4_2011-03-02.htm (sulla possibilità o meno di accordare un
risarcimento del danno derivante da ritardato rilascio di un permesso di costruire, nel caso in
cui il ritardo sia imputabile esclusivamente al dipendente dell’ufficio tecnico dell’ente locale e
sulla configurabilità o meno di una "colpa dell’apparato amministrativo").
CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 18-3-2011, pag.
http://www.lexitalia.it/p/11/cds6_2011-03-18-2.htm (sulla possibilità o meno di accogliere
una domanda di risarcimento del danno esistenziale, derivante dal ritardo della P.A., nel caso
in cui l’interessato non abbia fornito la concreta prova del danno).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 30-6-2009, pag.
http://www.lexitalia.it/p/92/cds5_2009-06-30-9.htm (sulle differenze tra danno "da ritardo"
e danno "da disturbo", sul presupposto della colpa grave della P.A. e sulla quantificazione del
danno "da disturbo"; fattispecie relativa ad illegittima risoluzione del rapporto di
convenzionamento di una Casa di cura disposta da una ASL).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 2-3-2009, pag.
http://www.lexitalia.it/p/91/cds5_2009-02-3.htm (sui casi in cui il danno da inerzia della P.A.
può essere risarcito e sulla natura giuridica del danno da ritardo).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 5-1-2009, pag.
http://www.lexitalia.it/p/91/cds4_2009-01-2.htm (sulle condizioni necessarie per il
risarcimento dei danni derivanti dall’annullamento in s.g. di un provvedimento negativo per
difetto di motivazione e dal ritardo della P.A.).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 21-2-2008, pag.
http://www.lexitalia.it/p/81/cds6_2008-02-21-4.htm (sull’impossibilità di disporre la
ricostruzione agli effetti giuridici ed economici della posizione di impiego nel caso in cui non vi
sia stata una interruzione di un rapporto già costituito e di riconoscere i danni derivanti da
ritardata assunzione nel caso in cui il ritardo derivi da incertezze interpretative).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 6-11-2008, pag.
http://www.lexitalia.it/p/82/cds4_2008-11-5.htm (sul giudice competente a decidere una
azione risarcitoria proposta nei confronti della P.A. per i danni derivanti dal ritardo nel rilascio
di titoli autorizzativi edilizi che abbia determinato l’impossibilità di costruire).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 29-1-2008, pag.
http://www.lexitalia.it/p/81/cds4_2008-01-29-4.htm (sui presupposti necessari per
accordare il risarcimento dei danni da ritardo della P.A. ed in particolare sulla natura o meno
di atto dovuto della delibera di approvazione da parte del Consiglio comunale di un piano di
lottizzazione conforme allo strumento urbanistico).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 8-2-2007, pag.
http://www.lexitalia.it/p/71/cds6_2007-02-08-6.htm (sugli effetti giuridici e non anche
economici della sentenza che annulla il diniego di nomina e sulla possibilità di chiedere il
risarcimento del danno causato dal ritardo nella nomina, anche nel caso in cui la nomina sia
avvenuta mediante estensione del giudicato, senza un atto giurisdizionale di annullamento).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, ordinanza 7-3-2005, pag.
http://www.lexitalia.it/p/51/cds4_2005-03-07o.htm (rimette all’Adunanza Plenaria le
questioni circa la sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa in materia di
risarcimento del danno da ritardo della P.A. e la determinazione dei presupposti per la sua
configurabilità).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 12-3-2004, pag.
http://www.lexitalia.it/p/cds/cds6_2004-03-12-4.htm (sulle differenze tra danno "da ritardo"
e danno "da disturbo", sui presupposti dell’ingiustizia del danno e della colpa grave e sulla
quantificazione del danno "da disturbo"), con commento di O. CARPARELLI.
CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 4-11-2010, pag.
http://www.lexitalia.it/p/10/cga_2010-11-04-1.htm (sulla configurabilità di un danno
risarcibile nel caso in cui il ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo incida
su interessi pretensivi agganciati a programmi di investimento di cittadini o imprese).
CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 21-9-2006, pag.
http://www.lexitalia.it/p/62/cga_2006-09-21-2.htm (sui casi in cui è da ritenere ammissibile
un ricorso proposto direttamente contro un atto endoprocedimentale e sui presupposti per il
risarcimento dei danni derivanti dal ritardo con il quale la P.A. provvede su di una istanza).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5005 del 2010, proposto da:
Servizi Ecologici Scanferla Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Ivone Cacciavillani, con
domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. Michele Costa, Francesco Zanlucchi, Ezio
Zanon, con domicilio eletto presso Michele Costa in Roma, via Bassano del Grappa, 24;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA :SEZIONE III n. 00327/2010, resa tra le parti,
concernente RISARCIMENTO DEL DANNO SUBITO PER RITARDATA CONCESSIONE
AUTORIZZAZIONE STOCCAGGIO RIFIUTI SPECIALI.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2010 il Cons. Roberto Chieppa e uditi per
le parti gli avvocati Cacciavillani, Costa e l' avv. dello Stato Venturini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. presentava in data 30 aprile 2008 alla Regione Veneto
istanza di autorizzazione per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti
speciali, lavaggio e bonifica autocisterne nel Comune di Camponogara.
Non avendo ricevuto una risposta dall’amministrazione la società proponeva davanti al Tar per
il Veneto un ricorso avverso il silenzio, con cui veniva anche richiesto il risarcimento dei danni.
La Regione Veneto si costituiva in giudizio, depositando la deliberazione della Giunta regionale
n. 3178 del 27 ottobre 2009, n. 3178, con cui era stato approvato l’intervento richiesto.
Con sentenza n. 327/2010 il Tar dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al
ricorso avverso il silenzio e dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento perché
incompatibile con la natura accelerata e semplificata del rito di cui all’art. 21-bis della legge n.
1034 del 1971.
La Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza,
contestando la declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria.
La Regione Veneto e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio si sono costituiti in
giudizio, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, comunque, respinto.
Alla camera di consiglio del 20 luglio 2010, questa Sezione – con ordinanza n. 276/2010 – ha
rilevato che il giudizio verte sul solo risarcimento del danno e ha disposto la trattazione del
ricorso in udienza pubblica, come anche chiesto in via subordinata dalla parte appellata, oltre a
richiedere alle parti adempimenti istruttori.
All’odierna udienza la causa stata trattenuta in decisione.
2. L’oggetto del giudizio di appello è limitato alla domanda di risarcimento del danno proposta
dalla Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. nei confronti della Regione Veneto e le prime questioni
da esaminare concernono la ricevibilità dell’appello e l’ammissibilità della domanda proposta
in primo grado.
In relazione all’eccezione di irricevibilità dell’appello per tardività, si rileva che la sentenza di
primo grado è stata impugnata nella sola parte relativa al risarcimento del danno e, di
conseguenza, non trovano applicazione i termini previsti per il rito speciale avverso il silenzio,
nonostante il ricorso sia stato impropriamente intitolato "appello civico nel rito avverso il
silenzio".
La disposta trattazione in udienza pubblica e le considerazioni che seguiranno
sull’ammissibilità della domanda di risarcimento proposta in primo grado confermano
l’applicazione per tale domanda delle regole del rito ordinario.
Una diversa interpretazione condurrebbe comunque alla concessione dell’errore scusabile,
tenuto conto dell’incertezza giurisprudenziale sia sull’ammissibilità della proposizione di una
domanda risarcitoria unitamente ad un ricorso avverso il silenzio, sia sul rito applicabile in tale
ipotesi.
3. Il Tar ha dichiarato la domanda di risarcimento inammissibile, facendo applicazione di
quella giurisprudenza restrittiva nei confronti dell’ammissibilità del cumulo di domande,
specie se assoggettate a diversi riti, come nel caso di azione avverso il silenzio e domanda di
risarcimento del danno (Consiglio Stato , sez. IV, 28 aprile 2008 , n. 1873, secondo cui è
inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta nell'ambito del rito speciale
previsto dall'art. 21-bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034, poiché con tale rito può essere unicamente
impugnato il silenzio serbato dall'amministrazione su un'istanza, ma non è possibile formulare
alcuna altra domanda; v. anche Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2010 n. 773 sull’inammissibilità
dell’impugnazione del provvedimento sopravvenuto nell’ambito di un giudizio avverso il
silenzio).
In contrapposizione a tale orientamento formalista si è sviluppata altra tesi, che ha valorizzato,
rispetto al mero dato della proposizione di una domanda di cognizione nell’ambito di un rito
speciale, l’ammissibilità del cumulo oggettivo di domande, proposte con lo stesso atto
introduttivo, come espressamente previsto dall’art. 104 del c.p.c., salvo verificare la necessità
di conversione del rito (Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3332, che ha ritenuto
ammissibile un ricorso cumulativo, proposto in primo grado, contenente sia la richiesta di
esecuzione del giudicato sia la domanda risarcitoria a condizione che, in applicazione del
principio di conservazione e di conversione degli atti processuali, sussistano i presupposti di
contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria).
La tesi presuppone che un ricorso cumulativo contenente una domanda assoggettata a rito
speciale e una domanda risarcitoria sia ammissibile, non in quanto l'azione risarcitoria possa
essere ordinariamente proposta seguendo altro rito, ma in quanto si deve ritenere ammissibile
il cumulo delle due domande a condizione che sussistano i presupposti di contenuto e forma
previsti per un'ordinaria azione cognitoria, con conseguente conversione del rito; ciò in
applicazione anche dei principi di effettività e concentrazione delle tutele.
In conformità con tali principi, l’art. 32 del codice del processo amministrativo ha stabilito che
è sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via
principale o incidentale, facendo cadere ogni dubbio sull’ammissibilità del cumulo e
prevedendo che il cumulo di più domande assoggettate a riti diversi comporta solo
l’applicazione del rito ordinario, ad eccezione delle controversie cui si applica il rito abbreviato,
che prevalgono in ogni caso sugli altri riti.
Il principio del cumulo delle domande ha poi trovato nello stesso Codice un concreta e speciale
attuazione proprio con riferimento ai casi controversi, venuti in passato all’esame della
giurisprudenza.
In particolare, l’art. 117, comma 6, del Codice ha previsto che, se l’azione di risarcimento del
danno è proposta congiuntamente a quella avverso il silenzio, il giudice può definire con il rito
camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.
La disposizione in primo luogo ammette la proponibilità contestuale delle due domande, e, a
differenza di quanto previsto per l’impugnazione del provvedimento sopravvenuto, non
stabilisce una conversione obbligatoria del rito, ma lascia al giudice il potere di decidere con
rito camerale l’azione avverso il silenzio, rinviando al rito ordinario la trattazione della
domanda risarcitoria.
Tale disposizione, in parte innovativa su tale ultimo punto, ha codificato quell’orientamento
favorevole all’ammissibilità del cumulo di domande, già presente prima dell’entrata in vigore
del Codice e, sotto tale profilo, la norma assume una natura interpretativa circa l’ammissibilità
del cumulo, che va quindi riconosciuta anche con riferimento ai giudizi già pendenti al
momento dell’entrata in vigore del Codice (Cons. Stato, IV, 27 novembre 2010 n. 8251).
La domanda di risarcimento proposta unitamente al ricorso avverso il silenzio deve, quindi,
essere ritenuta ammissibile e ha errato il giudice di primo grado nel non esaminarla; tale
errore non determina il rinvio del giudizio in primo grado, non rientrando tale ipotesi tra i casi
di rimessione al primo giudice di cui all’art. 105 cod. proc. amm. e restando, quindi, devoluto al
giudice di appello l’esame nel merito della domanda di risarcimento.
4. Accertata l’ammissibilità della domanda, va quindi verificata la sussistenza dei presupposti
per disporre il risarcimento del danno da ritardo.
Non vi è dubbio sulla sussistenza di un ritardo nel provvedere addebitabile alla regione Veneto:
l’istanza di autorizzazione è stata presentata in data 30 aprile 2008 e il termine per provvedere
era di 150 giorni ai sensi degli artt. 18 e 19 della L.R. n. 10/1999, la cui applicabilità non è
contestata dalla stessa Regione.
Tale termine scadeva, quindi, il 27 settembre 2008, mentre il provvedimento regionale è
intervenuto solo in data 27 ottobre 2009 con oltre un anno di ritardo.
La Regione invoca a proprio favore la richiesta della società ricorrente di ottenere il rilascio
dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) unitamente alla VIA, ma al riguardo è
sufficiente rilevare che tale richiesta è stata presentata – secondo la stessa Regione - in data 20
ottobre 2008, quando quindi il termine per provvedere era già scaduto e che l’integrazione
della domanda non giustifica certo il decorso di un ulteriore anno prima di provvedere.
In realtà, la Regione ha definito il procedimento solo dopo la proposizione del ricorso avverso
il silenzio da parte della società Scanferla, senza che vi fosse alcun elemento idoneo a
giustificare il ritardo.
Non sono idonee a giustificare il ritardo nè le asserite difficoltà derivanti dalla normativa in
materia, richiamate in modo del tutto generico dalla Regione, nè un presunto comportamento
negligente dell’impresa, non essendo stata fornita adeguata dimostrazione di carenze
istruttorie imputabili alla ricorrente e preclusive per la definizione del procedimento (la
regione richiama non precise sue richieste istruttorie idonee a interrompere i termini del
procedimento, ma alcuni passaggi dei verbali della Commissione, che hanno comunque
condotto a superare ogni problema).
Deve, quindi, ritenersi che il ritardo nel rilascio dell’autorizzazione è imputabile
soggettivamente alla regione Veneto e che non sussiste alcun valido elemento idoneo a
escludere la colpa dell’amministrazione per il ritardo.
5. L’accertamento della sussistenza di un ritardo di oltre un anno nel rilascio
dell’autorizzazione e l’imputabilità del ritardo al Comune non risolvono tutte le problematiche
della presente controversia, che attiene al risarcimento del danno subito dalla ricorrente a
causa di tale ritardo.
Nel caso di specie, ricorre l’ipotesi in cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni
conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione ha adottato un provvedimento a lui
favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato
procedimento.
Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. "bene
della vita", costituito nel caso di specie dalla disponibilità dell’autorizzazione per l’esecuzioni di
lavori di realizzazione di un impianto di gestione dei rifiuti.
In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo
(a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis,
comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela
risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche
amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto
cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del
procedimento.
La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la
giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento,
è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella
predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento,
condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre
2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno
sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche
se l’esito fosse stato in ipotesi negativo).
Nel caso di specie, non rileva la questione della risarcibilità del danno da ritardo in caso di non
spettanza del c.d. "bene della vita" e della compatibilità dei principi affermati dalla decisione
dell’Adunanza plenaria n. 7/2005 con il nuovo art. 2-bis della legge n. 241/90, avendo la stessa
amministrazione riconosciuto tale spettanza con il (tardivo) rilascio dell’autorizzazione.
6. Si deve, quindi, passare a verificare gli elementi probatori in ordine all’esistenza del danno e
al rapporto di causalità con il menzionato ritardo.
La società ricorrente ha prodotto in primo grado una perizia di parte sul danno subito e ha
chiesto in via principale di applicare l’art. 35, comma 2, del d. Lgs. n. 80/1998 (ora art. 34,
comma 4, cod. proc. amm.), assegnando alla regione un termine per formulare proposte
transattive sul risarcimento del danno.
Una tale modalità di determinazione del danno non può essere condivisa, in quanto
risulterebbe idonea ad esonerare la parte ricorrente dagli oneri probatori su di essa gravanti,
rimettendo la concreta determinazione del danno ad un mero accordo con l’amministrazione,
senza neanche la fissazione di puntuali criteri, che, invece, la norma invocata impone.
Va ricordato che, per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l’illegittimo
esercizio (o, come nel caso di specie, mancato esercizio) dell’attività amministrativa, spetta al
ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il
c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non
all'allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art.
2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile
l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e
della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del
danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare
preciso del pregiudizio subito, nè può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a
supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato (Cons. Stato,. V, 13
giugno 2008 n. 2967; VI, 12 marzo 2004, n. 1261, secondo cui la consulenza tecnica, pur
disposta d'ufficio, non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa
dedotti e posti a base delle proprie richieste, fatti che devono essere dimostrati dalla medesima
parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova posti dall'art. 2697 c.c., ma ha
la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche non
possedute).
Si ritiene, pertanto, di dover esaminare la domanda di risarcimento del danno sulla base delle
prove fornite dall’appellante e, in particolare, della già richiamata perizia disposta in primo
grado.
I successivi documenti prodotti in appello e in particolare, l’aggiornamento della perizia non
sono, invece, utilizzabili, stante il divieto di nuove prove in appello, codificato oggi dall’art.
104, comma 2, cod. proc. amm., già vigente nel processo amministrativo, avendo la
giurisprudenza ritenuto l’applicabilità dell’art. 345 c.p.c., in base al quale non sono ammessi
nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione
della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado
per causa ad essa non imputabile (Cons. Stato, IV, 13 gennaio 2010 , n. 90; VI, 17 settembre
2009 , n. 5546).
Nel caso di specie, oltre alla assoluta insussistenza della prova da parte dell’appellante di non
aver potuto produrre gli atti per causa ad essa non imputabile, gli aggiornamenti della perizia
non tendono a dimostrare il danno successivo alla proposizione del ricorso provocato dal
ritardo della p.a., ma sono diretti a rimettere in discussione il quantum della pretesa
risarcitoria, che inspiegabilmente aumenta ad ogni aggiornamento, senza che tale aumento sia
collegato con fatti sopravvenuti (in tal senso, anche l’aggiornamento della perizia del febbraio
2010 non è supportato da alcuna adeguata giustificazione dell’aumento delle somme richieste a
titolo di risarcimento del danno).
Va poi tenuto conto che la stessa società ricorrente ha posto in dubbio la realizzabilità
dell’intervento, affermando che "l’intrapresa in allora promettente ora, a parere dello stesso
tecnico, è diventata irrealizzabile perché spinta fuori mercato nell’attuale contesto
imprenditoriale locale" (pag. 3 della relazione illustrativa della società appellante prodotta in
risposta all’ordinanza di questa Sezione).
Tale posizione della società ricorrente non assume alcun effetto preclusivo sulla richiesta di
risarcimento del danno, in quanto, un volta accertato che una determinata autorizzazione
doveva essere tempestivamente rilasciata e che è invece stata rilasciata con ritardo, i danni
eventualmente causati dall’inerzia della p.a. sono risarcibili senza che possa assumere carattere
condizionante l’effettivo utilizzo dell’autorizzazione al fine di eseguire i lavori e iniziare
l’attività in questione.
Proprio il ritardo può costituire un fatto sopravvenuto che disincentiva l’effettivo inizio
dell’attività, senza però precludere i danni effettivamente determinati da quel ritardo.
Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle amministrazioni alle
proprie istanze nel termine normativamente determinato e ciò proprio al fine di programmare
le proprie attività e i propri investimenti; un inatteso ritardo da parte della p.a. nel fornire una
risposta può condizionare la convenienza economica di determinati investimenti, senza però
che tali successive scelte possano incidere sulla risarcibilità di un danno già verificatosi.
Per questi motivi sono irrilevanti le obiezioni mosse dalla Regione in ordine ad una asserita
assenza del nesso causale per non essere stata ancora iniziata l’attività e neanche chiesto il
rilascio dell’AIA per l’esercizio dell’attività; non può neppure essere accolta la richiesta di
sospensione del giudizio in attesa della definizione di altre controversie, che hanno ad oggetto
la contestazione dell’autorizzazione rilasciata con ritardo.
Passando alla prova del danno, si rileva che la perizia prodotta in primo grado tende a
dimostrare un danno derivante dal tardivo rilascio dell’autorizzazione per interessi passivi
(euro 52.000), per costi relativi a consulenze (euro 50.000) e per gli utili non realizzati (euro
150.000).
Al riguardo, si osserva come sia insussistente alcun rapporto di causalità tra asseriti costi
sostenuti per consulenze e il ritardo dell’amministrazione nel provvedere, non avendo la
ricorrente fornito alcuna giustificazione in relazione a tale nesso e neanche la prova dei costi
sostenuti.
Anche gli utili non percepiti non possono essere riconosciuti a titolo di risarcimento, perchè
sono indicati tramite un richiamo ai bilanci di altre imprese senza la produzione di un serio
piano industriale tendente a dimostrare la convenienza economica dell’investimento, il punto
di pareggio tra costi e ricavi e la presumibile data di conseguimento di utili.
In relazione agli interessi passivi corrisposti, i dati forniti dalla ricorrente non sono stati
adeguatamente contrastati dalla regione e deve ritenersi che in questo caso vi sia il nesso
causale tra il ritardo e tali costi.
Infatti, proprio sulla base della possibilità prospettata di non dare corso all’investimento, il
tempestivo rilascio dell’autorizzazione avrebbe messo in condizione l’impresa di rispettare il
proprio programma di investimento, mentre il ritardo ha determinato uno sfasamento tra
ricorso al credito e attuazione dell’intervento, che ha certamente determinato un danno
all’impresa ricorrente, che – ove avesse conosciuto i reali tempi di durata del procedimento
amministrativo – avrebbe potuto desistere dall’investimento o comunque non ricorrere subito
al finanziamento, non pagando in entrambi i casi gli interessi passivi in questione.
Va, quindi, riconosciuto il risarcimento del danno per una somma corrispondente a tali
interessi, pagati dal settembre 2008 ad ottobre 2009 (euro 52.000).
Il complessivo danno subito dalla società ricorrente per le conseguenze del ritardo nel rilascio
dell’autorizzazione ammonta, dunque, complessivamente ad euro 52.000,00.
Su quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno, costituente debito di valore, spettano la
rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dal 27 ottobre 2009 ad oggi e gli interessi
compensativi calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle
singole scadenze mensili fino al soddisfo (Cass. civ., III, n. 5671/2010; Cons. Stato, IV, n.
2983/06).
7. In conclusione, il ricorso in appello deve essere in parte accolto e, in riforma dell’impugnata
sentenza, va in parte accolto il ricorso di primo grado con condanna della regione Veneto al
risarcimento del danno della complessiva somma di euro 52.000,00. oltre a rivalutazione
monetaria secondo gli indici Istat dal 27 ottobre 2009 ad oggi e gli interessi compensativi
calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze
mensili fino al soddisfo.
Alla sostanziale soccombenza della Regione seguono le spese del doppio grado di giudizio,
liquidate nella misura indicata in dispositivo (tenuto anche conto che – come correttamente
sostenuto dall’appellante – la cessazione della materia del contendere sul ricorso avverso il
silenzio è stata pronunciata dal Tar solo dopo il provvedimento sopravvenuto a seguito di un
colpevole ritardo, che ha comunque costretto la società al ricorso); ricorrono, invece, i
presupposti per la compensazione delle spese nei confronti del Ministero dell’ambiente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), accoglie in parte il ricorso in
appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in
parte il ricorso proposto in primo grado, condannando la regione Veneto al pagamento in
favore della società appellante, a titolo di risarcimento del danno, del complessivo importo di
euro 52.000,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali secondo i criteri di cui in parte
motiva.
Condanna la regione Veneto alla rifusione, in favore dell’appellante, delle spese del doppio
grado di giudizio, liquidate nella complessiva somma di Euro 8.000,00, oltre Iva e C.P.,
compensando le spese con il Ministero dell’ambiente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2010 con l'intervento dei
magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 21/03/2011
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